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Ecco come l’ormone dell’amore potrebbe contrastare il Covid-19
Lo studio pubblicato su Clinical Neuropsychiatry: “Si misurino i livelli di ossitocina nei pazienti affetti dal coronavirus”
di Donatella Marazziti
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Ese fosse l’ossoticina, l’ormone dell’amore, una delle chiavi per combattere la pandemia da Covid-19? Pochi sanno, infatti, che i soggetti più colpiti dal coronavirus sono proprio quelli caratterizzati da bassi livelli di questo ormone che, tra le altre cose, è un potente anti-infiammatorio sistemico che non deprime il sistema immunitario, e di cui si dispone in grandi quantità e a basso costo. Nulla vieterebbe, dunque, di somministrarlo come terapia. L’interessante tesi è stata avanzata qualche mese fa all’interno della rivista Clinical Neuropsychiatry dalla sottoscritta insieme agli autori degli altri articoli pubblicati sulla rivista: Phuoc-Tan Diep, Benjamin Buemann, Kerstin Uvnäs-Moberg.
Attualmente non esistono spiegazioni convincenti sulla morbilità e mortalità associate alla pandemia da Covid-19. Per questo motivo le strategie terapeutiche sono perlopiù empiriche, derivate da esperienze con virus correlati come quello della SARS, o di supporto vitale nei casi più gravi. La momento sono stati autorizzati degli studi clinici controllati con farmaci antivirali o altri che, come tali, richiedono tempi tecnici lunghi. Intanto, ogni giorno assistiamo alla perdita di vite umane.
La nostra ipotesi parte da alcune semplici osservazioni che riportiamo di seguito: 1. Il coronavirus colpisce soprattutto gli anziani; 2. Colpisce gli uomini più delle donne; 3. Colpisce soprattutto soggetti che hanno altre patologie; 4. Infine, gli afro-americani.
L’ossitocina è un ormone peptidico prodotto nell’ipotalamo che svolge funzioni molteplici sia nel cervello che negli organi periferici. Se alcuni decenni fa le sue attività sembravano limitate alla facilitazione del parto e della lattazione, studi seguenti hanno evidenziato come svolga un ruolo chiave nella socializzazione tanto che viene definito l’ormone dell’amore.
Variazioni nei livelli di ossitocina potrebbero spiegare in parte la gravità diversa dell’ infezione da Covid-19 rilevata nei soggetti sopramenzionati, tutti caratterizzati da bassi livelli di ossitocina. Pertanto riteniamo che queste considerazioni rappresentino un valido motivo per proporre la somministrazione di ossitocina come terapia nei pazienti Covid-19. L’alta mortalità di questi soggetti è infatti dovuta una esagerata riposta infiammatoria che porta a sindrome respiratoria acuta (ARSD) a danni multiorgano generalizzati. È interessante sottolineare come l’ossitocina sia potente anti-infiammatorio sistemico che, al contrario dei glucocorticoidi, non deprime il sistema immunitario, e stimola i linfociti e i processi riparativi dell’organismo.
Va anche aggiunto che l’ossitocina è usata come induttore del parto in tutti gli ospedali del mondo, per cui è facilmente disponibile, è a bassissimo costo, e non provoca che effetti collaterali irrilevanti.
Riteniamo, dunque, che basterebbero poche settimane innanzitutto per misurare i livelli di ossitocina nei pazienti Covid-19, con diversi livelli di gravità; e poi per implementare studi clinici controllati per verificare l’effettiva efficacia dell’ossitocina stessa nei pazienti più gravi.

L’ossitocina è un ormone peptidico prodotto nell’ipotalamo che svolge funzioni molteplici sia nel cervello che negli organi periferici. Se alcuni decenni fa le sue attività sembravano limitate alla facilitazione del parto e della lattazione, studi seguenti hanno evidenziato come svolga un ruolo chiave nella socializzazione tanto che viene definito l’ormone dell’amore.