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Leucemia. Serve sostegno psicologico

Criticità e soluzioni di un male che colpisce 2mila persone ogni anno

di Antonio Acerbis

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In Italia vivono quasi 19.400 persone dopo la diagnosi di Leucemia mieloide acuta. E, ogni anno, si stimano poco più di 2.000 nuovi casi di questo tumore del sangue, che ha origine nel midollo osseo e che progredisce velocemente. Vanno risolte quanto prima le criticità nel percorso di cura: è cruciale il nodo dei test genetici da effettuare non solo al momento della diagnosi, ma in tutto il percorso di malattia; va potenziato il modello di gestione basato su centri di riferimento (Hub) intorno a cui “ruotano” i centri periferici (Spoke) superando le attuali difformità territoriali; e deve essere implementato il sostegno psicologico, visto che ben il 64% dei pazienti non ha mai ricevuto assistenza di questo tipo, anche se può dare importanti benefici. La presa in carico del paziente, la diagnosi molecolare, il percorso di cure integrate e l’assistenza psicologica sono i temi su cui vuole indagare il progetto HemaNet, promosso ed organizzato da ISHEO (Integrated Solutions of Health Economics and Organizations) con la partecipazione di F.A.V.O. (Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) Gruppo Neoplasie Ematologiche, e con il contributo incondizionato di Astellas Pharma.

I progressi della ricerca hanno reso disponibili nuovi approcci terapeutici mirati che rappresentano opportunità di cura preziose per i pazienti colpiti forme neoplastiche particolarmente aggressive come la Leucemia mieloide acuta. Le mutazioni a carico del gene FLT3 sono tra le più comuni alla base della Leucemia mieloide acuta, perché sono riscontrate in circa il 30% dei casi. Per garantire la migliore presa in carico del paziente è importante che i centri

siano adeguatamente attrezzati e dotati delle tecnologie necessarie. Vi è però una grande difformità tra le Regioni e a livello territoriale, perché non tutti i centri hanno la possibilità di effettuare gli esami diagnostici e molecolari richiesti. “È il motivo per cui - afferma la senatrice Maria Domenica Castellone, Membro della 12ª Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato - il Decreto Ristori del 24 Dicembre 2020 ha istituito un fondo di 5 milioni di euro per il potenziamento dei test di Next Generation Sequencing per consentire il miglioramento dell’efficacia degli interventi di cura e delle relative procedure, anche alla luce degli sviluppi e dei progressi della ricerca scientifica applicata con specifico riguardo alla prevenzione e alla terapia delle alterazioni molecolari che originano i tumori”. L’istituzione di questo fondo, anche se rappresenta un segnale important, non risulta sufficiente ed è evidente la necessità di centralizzare la gestione della malattia. “È importante affidare la gestione dei pazienti con Leucemia mieloide acuta ai centri Hub - spiega il Prof. Gianluca Gaidano, Professore Ordinario di Ematologia, Direttore Divisione di Ematologia, Dipartimento di Medicina Traslazionale Università degli Studi del Piemonte Orientale, Novara -, definendo un modello di stretta collaborazione e co-gestione con i centri Spoke presenti sul territorio per garantire continuità assistenziale al paziente”. È necessario inoltre potenziare il modello Hub&Spoke per consentire ai centri Hub di accogliere tutti pazienti che ne hanno bisogno ed “educare” allo stesso tempo i centri Spoke alla gestione di alcuni aspetti della terapia da espletare localmente.

Altro aspetto fondamentale riguarda la cura della sfera psicologica del paziente, sempre più parte integrante e indispensabile del percorso terapeutico. Ad oggi, però, il sostegno psicologico ai pazienti oncoematologici rappresenta una realtà frammentata in Italia. In alcuni centri è presente un servizio strutturato di psicologia clinica ed uno psiconcologo dedicato, mentre in altre strutture questo aspetto è demandato alle associazioni di pazienti che non riescono a soddisfare la richiesta, data la sua entità. Da uno studio effettuato dalla F.A.V.O. il 64% degli intervistati ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna proposta di assistenza psicologica, e coloro che ne avevano usufruito hanno dichiarato di averne tratto grandi benefici. La diagnosi oncoematologica rappresenta un evento estremamente stressante per paziente e caregiver ed è spesso seguita da un periodo di instabilità emotiva, caratterizzato da un aumento dello stato ansioso, depressivo e da una diminuzione delle attività quotidiane. La presenza dello psicologo nel team di cura al fianco del paziente e dei familiari è quindi indispensabile, come affermano gli stessi clinici che durante la pandemia si sono dovuti confrontare ancor più con l’aspetto comunicativo verso i pazienti che, mai come in questo periodo storico, hanno dovuto affrontare la malattia in completa solitudine.

Ad oggi il sostegno psicologico ai pazienti oncoematologici rappresenta una realtà frammentata in Italia. In alcuni centri è presente un servizio strutturato di psicologia clinica ed uno psiconcologo dedicato, mentre in altre strutture questo aspetto è demandato alle associazioni di pazienti che non riescono a soddisfare la richiesta, data la sua entità. Da uno studio effettuato dalla F.A.V.O. il 64% degli intervistati ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna proposta di assistenza psicologica, e coloro che ne avevano usufruito hanno dichiarato di averne tratto grandi benefici.

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