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PERSONALITÀ PATOLOGICHE UN MONDO COMPLESSO

di Antonio Tundo, Anita Parena, Roberta Necci*

La recente tristissima vicenda della dottoressa Barbara Capovani, la psichiatra di Pisa responsabile dell’SPDC dell’AUSL Toscana nord ovest uccisa all’uscita dal lavoro da un ex-paziente a cui aveva diagnosticato un disturbo narcisistico, antisociale e paranoico di personalità, ha portato all’attenzione del grande pubblico un’area delle patologie psichiatriche poco nota e di cui raramente si parla.

Si tratta dei Disturbi di Personalità che hanno una diffusione nella popolazione generale variabile tra lo 0.5 e il 2%, che influenzano in maniera importante le relazioni sociali e che, come vedremo a breve, rimangono spesso non diagnosticati e non trattati.

Cosa è la personalità?

Prima di entrare nell’ambito della patologia è utile chiarire cosa si intende per personalità. Questo termine indica quel particolare modo di essere di una persona frutto della combinazione di fattori biologici, come per esempio l’ereditarietà (la genetica), e ambientali, come per esempio il rapporto con i familiari, l’ambiente sociale e culturale in cui la persona è vissuta, le sue esperienze di vita.

Il risultato di questa combinazione è uno specifico e individuale sistema di valori che si esprime nel modo di pensare, di comportarsi, di dare una spiegazione a quello che succede, di relazionarsi con gli altri, di affrontare le esperienze della vita.

Per esempio, c’è chi vuole essere sempre al centro dell’attenzione e chi invece teme il giudizio degli altri e fa di tutto per non esporsi; chi ama stare sempre in compagnia e socializza facilmente e chi invece sta bene in solitudine; chi tiene tutto in ordine e chi si trova a proprio agio nel caos; chi si fida per principio degli altri e chi è sospettoso e vede complotti ovunque.

Cosa differenzia una personalità normale da una patologica?

Le caratteristiche di personalità sopra descritte si collocano lungo un continuum che va dalla massima flessibilità all’estrema rigidità. Quando sono tanto estreme e pervasive da interferire con la capacità di adattarsi alle esperienze della vita e condizionare i rapporti affettivi e lavorativi si parla di Disturbo della Personalità. Disturbo che in genere si manifesta nella tarda adolescenza o nella prima età adulta e si mantiene stabile nel corso della vita.

Chi ne soffre ha una visione di sé e degli altri distorta, poco aderente alla realtà e ha abitudini, comportamenti ed esperienze interiori che si discostano molto da quelle delle altre persone. Inoltre, non è consapevole che c’è qualcosa che non va nel proprio modo di pensare e di comportarsi ma è convinto che la sua insoddisfazione e la sua sofferenza siano oggettivamente causati dalle circostanze e dagli atteg- giamenti degli altri. Di conseguenza, nella maggior parte dei casi non pensa di aver bisogno di cure e si rivolge a uno specialista solo se la situazione si complica con un altro disturbo psichiatrico, come depressione o ansia, o con abuso di sostanze. Più spesso sono i familiari a chiedere aiuto per capire cosa accade al proprio caro e come aiutarlo oppure per avere dei consigli su come affrontate la situazione.

Quali sono i disturbi di personalità?

Nelle classificazioni ufficiali, come la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali, sono descritti dieci differenti disturbi di personalità raggruppati in tre blocchi (tecnicamente chiamati “cluster”) in base alla presenza di sintomi comuni.

Fanno parte del Cluster A i Disturbi Paranoide, Schizoide e Schizotipico in cui prevalgono i comportamenti “bizzarri”, “strani” o “eccentrici”.

Prima di entrare nell’ambito della patologia è utile chiarire cosa si intende per personalità. Questo termine indica quel particolare modo di essere di una persona frutto della combinazione di fattori biologici, come per esempio l’ereditarietà (la genetica), e ambientali, come per esempio il rapporto con i familiari, l’ambiente sociale e culturale in cui la persona è vissuta, le sue esperienze di vita.

Quando le manifestazioni sono tanto estreme e pervasive da interferire con la capacità di adattarsi alle esperienze della vita e condizionare i rapporti affettivi e lavorativi si parla di Disturbo della Personalità. Disturbo che in genere si manifesta nella tarda adolescenza o nella prima età adulta e si mantiene stabile nel corso della vita.

Chi presenta un disturbo paranoide di personalità è estremamente diffidente verso chiunque, compresi familiari e amici, e interpreta tutto quello che gli altri fanno o dicono come una minaccia o un’offesa nei suoi riguardi. Nelle relazioni sociali è freddo, distaccato ed evita di entrare in confidenza per paura di fornire informazioni che potrebbero ritorcersi contro di lui. Chi ha un disturbo schizoide di personalità si chiude in un proprio mondo di pensieri e fantasie, non accetta le regole sociali, è affettivamente “appiattito” e rimane indifferente a ciò che accade. Evita i rapporti con gli altri e preferisce svolgere lavori solitari e non competitivi. La persona con un disturbo schizotipico di personalità ha comportamenti bizzarri (per esempio, parla in pubblico da solo, ride o gesticola senza motivo), è stravagante nel parlare, vestirsi o confrontarsi con gli altri, ha un modo di pensare inusuale (per esempio crede nella telepatia, nella chiaroveggenza, nella levitazione). Nei rapporti sociali è diffidente e fa fatica ad avere relazioni intime.

Rientrano nel Cluster B i Disturbi Borderline, Antisociale, Istrionico e Narcisistico le cui caratteristiche comuni sono l’impulsività, l’estrema emotività e la drammaticità.

Chi è affetto da Disturbo Borderline di personalità ha una grande reattività agli stimoli esterni, continui e bruschi cambiamenti dell’umore (alterna esaltazione e abbattimento) e dell’autostima (passa da un’idea di sé grandiosa a tematiche autosvalutative), comportamenti impulsivi (promiscuità sessuale, spese compulsive, uso di droghe), esplosioni di rabbia e aggressività verso sé stesso (automutilazioni, progetti di suicidio) e verso gli altri. Ha relazioni sociali molto intense ma instabili e sul piano affettivo all’inizio della relazione idealizza il partner ma poi se ne sente deluso e lo svaluta. Le manifestazioni del disturbo si amplificano se percepisce la minaccia di un abbandono. Chi presenta un Disturbo Antisociale di personalità non rispetta le norme sociali (per esempio aggredisce, ruba, truffa, tortura gli animali), non prova rimorso per le conseguenze dei propri comportamenti, non considera i diritti degli altri. Nei rapporti di amicizia è incostante e ha difficoltà a portare avanti una relazione affettiva stabile. Spesso è infedele e aggressivo con il partner.

Chi soffre di Disturbo Istrionico di personalità è continuamente alla ricerca dell’attenzione e pur di ottenerla assume atteggiamenti teatrali e provocatori. Se non riesce a catturare l’attenzione può reagire con rabbia, aggressività e mettere in atto tentativi autolesivi spesso “dimostrativi”. Nelle relazioni con gli altri è egocentrico e manipolatore ed è interessato più ad avere riconoscimenti e lusinghe che alla relazione in sé. La persona con un Disturbo Narcisistico di personalità ha una stima di sé grandiosa, è convito di poter ottenere successi straordinari e potere, si aspetta di essere ammirato e considerato superiore agli altri e tutto questo gli sarebbe semplicemente dovuto. Si mostra egoista, arrogante e presuntuoso ma allo stesso tempo è anche fragile per cui basta una difficoltà, un fallimento, una frustrazione per determinare la perdita di autostima e la comparsa di sintomi depressivi. Nei rapporti interpersonali manca di empatia (cioè ha difficoltà a capire i bisogni degli altri) e tende a sfruttare le relazioni per raggiungere i propri obiettivi. All’inizio di una storia affettiva spesso idealizza il partner ma in un secondo momento ne rimarca i difetti e assume un atteggiamento umiliante e sprezzante.

Il Cluster C include i Disturbi Evitante, Dipendente e Ossessivo-Compulsivo in cui prevalgono ansia e paura.

La persona con Disturbo Evitante di personalità è timida, insicura, è convinta di valere poco e si sente inadeguata in qualsiasi situazione. Vorrebbe avere una vita sociale ma evita i rapporti con gli altri e, soprattutto, di stare al centro dell’attenzione per paura di risultare ridicola ed essere per questo criticata o umiliata. La persona con Disturbo Dipendente di personalità ha scarsa fiducia in sé stessa, si sente vulnerabile, indifesa, incapace di prendere una decisione autonoma e quindi chiede continuamente consigli e rassicurazioni. Per paura di essere abbandonata, nei rapporti con gli altri è passiva, sottomessa e pur di non rimanere sola tollera partner aggressivi o infedeli. Chi ha un Disturbo Ossessivo-Compulsivo di personalità è alla ricerca di una perfezione che non riesce mai a soddisfare, è estremamente attento ai dettagli, all’ordine e alle regole e non tollera l’incertezza. Qualsiasi decisione, qualsiasi scelta crea così tanti dubbi da causare passività a immobilismo. Le relazioni sono condizionate dall’intransigenza, dalla rigidità, dal bisogno di controllo, dalla difficoltà a dedicarsi realmente agli altri.

Perché parlare dei disturbi di personalità?

Coloro che presentano una personalità patologica spesso non sono consapevoli di soffrire di un disturbo o di avere bisogno di aiuto, conducono una vita che non li soddisfa, hanno difficoltà in ambito lavorativo e le loro modalità di relazione creano disagio e a volte sofferenza in chi ha rapporti con loro.

Parlarne è importante perché un’informazione scientificamente corretta potrebbe far capire a chi non sta bene di aver bisogno di un supporto professionale e a chi gli è vicino cosa c’è dietro alcuni comportamenti e reazioni emotive e come meglio gestirli. Parlarne correttamente significa anche evitare che si crei uno stigma verso queste persone, che sono le prime a subire le conseguenze della loro condizione, tenendo presente che quanto successo a Pisa è un caso estremo che potrebbe non essere giustificato solo da personalità patologica.

Coloro che presentano una personalità patologica spesso non sono consapevoli di soffrire di un disturbo o di avere bisogno di aiuto, conducono una vita che non li soddisfa, hanno difficoltà in ambito lavorativo e le loro modalità di relazione creano disagio e a volte sofferenza in chi ha rapporti con loro.

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