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LO STEREOTIPO CHE SI FA PERSONAGGIO

La descrizione nei risultati della ricerca di Toll Free Forwarding

di Chiara Andreotti

Atteso, chiacchierato e discusso sin dalle primissime immagini, il film su Barbie scritto e diretto da Greta Gerwig (Lady Bird, Piccole Donne) è diventato un fenomeno di massa ben prima di approdare nelle sale cinematografiche. I social sono stati invasi da una campagna marketing che ha dell’incredibile, tanto che solo nel primo giorno la pellicola ha incassato oltre 2 milioni di euro solo in Italia, segnando un nuovo record.

Già dal primo trailer era evidente che non sarebbe stata una frivola commedia sulla bambola più iconica di sempre, ma che nascondeva qualcosa di più profondo: così, omaggiando Kubrick, il monolite di “2001: Odissea nello spazio” diventa una gigantesca Barbie in costume da bagno pronta a trasformare l’immaginario delle bambine di tutto il mondo.

È proprio con questa scena che viene presentata la Barbie. Arrivata per distruggere i bambolotti che consentivano alle bambine di giocare solo a fare la mamma, ha uno scopo ben preciso: insegnare loro ad essere chiunque desiderino.

Così ogni mattina Barbie si sveglia nella sua casa dei sogni con la consapevolezza di aver creato un mondo dove la parità e la libertà delle donne è diventata un’assodata realtà.

Barbieland è un parco giochi immenso, tutto rosa e lustrini, dove le Barbie vivono ogni dì il giorno più bello di sempre mentre Ken è “soltanto Ken”, come a dimostrare la sua utilità solo in funzione di Barbie. La vita fantastica della nostra Barbie protagonista, chiamata semplicemente Barbie Stereotipo per incarnare la bambola dell’immaginario comune, viene stravolta quando i suoi piedi sempre sulle punte crollano piatti a terra, compare la cellulite e nella sua mente fanno capolino pensieri di morte. Preoccupata che il suo mondo si distrugga, capisce che l’unico modo per torna - re alla vita perfetta è quello di andare nel mondo reale per aiutare la bambina che sta giocando con lei ad essere di nuovo felice. Inizia così un viaggio verso il mondo reale in cui Barbie, accompagnata da Ken, si accorge che gli ideali di femminismo che era convinta fossero ormai radicati non sono così reali e che la bambola in sé è vista più come un ostacolo all’accettazione femminile che un supporto alla realizzazione personale. D’altro canto Ken comprende come nel mondo reale sia l’uomo a detenere il potere. E così per la prima volta non si sente inutile ma visto e ascoltato, tanto da decidere di importare il patriarcato (parola che non capisce realmente e che ridicolizza suo malgrado nel corso della storia) nel mondo di Barbie. Barbie Stereotipo, portata sullo schermo da una credibilissima Margot Robbie (The Wolf of Wall Street, Tonya), incarna ovviamente gli ideali di perfezione dettati dalla Mattel con la creazione di Barbie, ma affronta anche sentimenti sconosciuti: paura, ansia, depressione la accompagnano in un difficile percorso di riscoperta e di accettazione.

Se tutte le altre Barbie hanno un ruolo nella società in cui vivono (Presidente, Dottoressa, Scrittrice), lei è solamente Barbie Stereotipo e questa mancanza di un obiettivo nella sua vita la mette davanti a scelte sempre più difficili. Un film divertente e profondo allo stesso tempo, intriso di riferimenti alla cultura pop che strizzano l’occhio a generazioni diverse, un mix perfetto tra The Truman Show, Il mago di Oz e Toy Story, un road movie per parlare di femminismo a tutti in maniera necessaria per quanto didascalica, una satira della società patriarcale in cui viviamo nel mondo reale e del suo opposto a Barbieland. La regista Greta Gerwig ha spiegato di essere interessata “a storie dove la questione essenziale non è se la tua vita è confermata e dipende da qualcuno che ha scelto te. Ci sono molti altri problemi esistenziali in ballo e queste sono le storie che mi interessa trattare.” Questa volta, dopo due pellicole interessanti ma che non hanno colto pienamente nel segno quali i suoi precedenti film, possiamo dire che ci è riuscita per davvero.

Già dal primo trailer era evidente che non sarebbe stata una frivola commedia sulla bambola più iconica di sempre, ma che nascondeva qualcosa di più profondo.

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