6 minute read

SHOTTINI, MIX DI ALCOOL

Superalcolici In Discoteca O Nelle Periferie

Lo sballo è sempre più rischioso e tocca sempre più spesso i giovanissimi. Inchiesta nel divertificio del momento

Advertisement

di Flavia Piccinni

«Di questi shottini ieri me ne sono fatti dieci. Provalo». Mi dice così Vincenzo mentre in un attimo tira giù l’ennesimo bicchierino di superalcolico. Non ci sarebbe nulla da obiettare, se non fosse che Vincenzo di anni ne ha appena quindici.

E che, prima della fine della nostra conversazione, ne berrà altri sette.

Alle nostre spalle si dipana il caos di Piazza Bellini, cuore pulsante di Napoli e del divertimento, fra studenti dell’Università e delle superiori, che cercano lo sballo a basso costo. Si tratta però di uno scenario comune al nostro Paese. Mutando luogo, infatti, la sceneggiatura resta la medesima: bicchierini di super alcolici a prezzi ridotti, tracannati fino a perdere il control- lo (e, nei casi peggiori, addirittura i sensi). Durante il fine settimana, poi, basta addentrarsi per le vie e i vicoli del capoluogo campano per rendersi conto di quanto birre e alcolici abbiano prezzi bassissimi: spritz a due euro, shot a uno, cocktail massimo a quattro.

In piazza San Giovanni Maggiore - dove arrivo sempre in compagnia di Vincenzo - un gruppo di ragazzi, di età compresa fra i dieci e i sedici anni, mi racconta che è qui da metà pomeriggio: «Giusto qualche birretta per accendere la serata, e prepararsi ad alzare il livello», spiega Giorgio che di anni ne ha 14. Quando gli domando come facciano a essere serviti, considerato il divieto per legge di vendere alcolici ai minori, sorride: «Ma figurati se qualcuno ti chiede l’età!».

Sono queste le notti brave all’ombra del Vesuvio, così simili a quelle delle periferie e delle metropoli italiane, delle province e dei paesi, dove sempre più giovani iniziano il loro sabato - e una qualsiasi serata fra amici d’estate - con cocktail, birre e shot.

I dati dell’Istituto superiore di sanità (ISS) stimano che nel 2020 quasi il 50% dei ragazzi e il 45% delle ragazze tra gli undici e i 25 anni abbia consumato almeno una bevanda alcolica. Nello specifico, sono 750mila i minorenni tra gli 11 e i 17 anni che hanno consumato alcolici nello stesso anno. Dato ancora più allarmante poiché, alla luce del divieto assoluto di vendita a minori di bevande alcoliche, i valori dovrebbero essere pari a zero. Ma c’è di più: secondo le ultime rilevazio- ni, i binge drinker - ovvero coloro che letteralmente fanno abbuffate di alcol - tra gli 11 e i 17 anni sono 120mila. Un numero impressionante, che mostra come il fenomeno sia diffuso. Da Sud a Nord.

Un esempio? Nella Capitale, anche in luoghi di ritrovo centralissimi come Trastevere, gli interventi del 118 sono ormai all’ordine del giorno. «La maggior parte dei soccorsi per abuso di alcol - mi spiega un operatore attivo sulle ambulanze capitoline - riguarda proprio minorenni. In alcuni casi è sufficiente una coperta termica e un minimo di attenzione, in altri invece è necessario correre in ospedale e procedere a lavanda gastrica perché si sfiora il coma etilico».

Altrettanto preoccupante la situazione a Genova, dove il sindaco

I dati dell’Istituto superiore di sanità (ISS) stimano che nel 2020 quasi il 50% dei ragazzi e il 45% delle ragazze tra gli undici e i 25 anni abbia consumato almeno una bevanda alcolica.

Un esempio? Nella Capitale, anche in luoghi di ritrovo centralissimi come

Trastevere, gli interventi del 118 sono ormai all’ordine del giorno. «La maggior parte dei soccorsi per abuso di alcol - spiega un operatore attivo sulle ambulanze capitolineriguarda proprio minorenni.

Marco Bucci aveva vietato il consumo di alcolici fuori da bar e dehors dalle 16:00. La decisione ha provocato durissime critiche e manifestazioni, tanto che il Comune ha rivisto l’orario del coprifuoco alcolico, portandolo dalle 22:00 alle 8:00 del mattino.

Situazione ugualmente allarmante neanche a Milano. È sufficiente stazionare davanti alle discoteche più periferiche per trovare orde di ragazzi con bicchieri e bottiglie a seguito. «Non consumiamo all’interno - racconta Sabrina, appena diciottenne, di Rozzano - Ci portiamo tutto dietro: compriamo ai supermercati bottiglie di vodka, gin e poi acqua tonica o limonata. E ci prepariamo i cocktail alla buona, prima di entrare. Così lo sballo è garantito, e la spesa meno di un terzo». È la stessa Sabrina a raccontarmi un episodio che le è rimasto scolpito nella mente: «Qualche mese fa sono andata con i miei amici ad un party in un palazzo occupato di Milano. A un certo punto un tizio, poco più grande di me, si è sentito male e abbiamo dovuto chiamare il 118. Era andato in coma etilico. Si è ripreso solo al mattino, in ospedale, davanti ai genitori imbestialiti».

Infatti - mentre sempre più challenge spopolano su Instagram e TikTok, spesso tragicamente focalizzate sul bere fino a perdere i sensi - i genitori vengono tenuti all’oscuro, e coinvolti solo quando la situazione è fuori controllo. «Da sempre i ragazzi e le ragazze hanno bisogno di varcare i confini dettati dall’autorità per capire cosa succede concretamente e l’alcol è il mezzo più accessibile e socialmente più accettabile. Non dimentichiamoci però che la tutela passa sempre dal buon esempio. Soprattutto con gli adolescenti le parole non valgono nulla mentre i comportamenti, anche se non sempre nell’immediato, educano profondamente», riflette Alli Beltrame, conselour e autrice di “Arrabbiati per bene” (Mondadori). «Creare occasioni di dialogo sul tema - aggiunge - è importante se si riesce a mantenere la conversazione su dati certi, e non si scade nella sgridata e nella critica, soprattutto generazionale». Spesso però il confronto diretto salta. E altrettanto spesso il passo tra consumo di alcol e quello di sostanze stupefacenti diventa brevissimo.

Torniamo all’inizio del nostro viaggio, a Napoli. Vincenzo, il ragazzo 14enne degli shot bevuti in sequenza, mi fa conoscere il suo gruppo di amici. Ci ritroviamo in un vicoletto che costeggia la piazza in compagnia di altri 5 ragazzi, mentre uno spinello passa di mano in mano. Chiedo le varie età, scoppiano a ridere: «Tutti 14 anni, lui 13», rispondono. Quel lui racconta la sua storia. «Mia madre lavora tutto il giorno, fa le pulizie in un condominio al mattino e il pomeriggio fino a tarda notte sta a casa di una signora anziana che abita sempre in quel palazzo. Mio padre invece è in carcere». E quindi, dice, rimane fuori spesso e volentieri fino a tardi perché, rivolto agli amici, «questa è la mia famiglia».

Di storie così il mondo dello sballo low cost è affollatissimo. Molte rivelano situazioni di abbandono e di fragilità, altre il desiderio di divertirsi fino allo stremo - spendendo il meno possibile - per essere parte di un gruppo. Un gruppo che in questa zona grigia in un attimo si trasforma in branco, come racconta don Salvatore Giuliano, parroco della chiesa di San Giovanni Maggiore che affaccia proprio nell’omonima piazza. «Ho installato delle telecamere di sorveglianza perché non se ne poteva più dei continui atti van- dalici», racconta. Vedo le immagini insieme a lui. Ci sono ragazzi che abbattono fioriere e le prendono a calci, altri che imbrattano la facciata della chiesa. «E questo non è niente. Il problema è quando, senza rendersene conto, attentano alla loro stessa vita». Parla, don Salvatore Giuliano, di quanto accaduto solo pochi mesi fa, quando un ragazzino, ubriaco, si è spinto fin sul campanile con l’obiettivo di suonare le campane, con la folla di amici che da giù lo incitava. «Nel 2016 - aggiunge - poco lontano da qui un ragazzo di 23 anni si è arrampicato sull’obelisco in piazza San Domenico Maggiore, è caduto ed è morto. Chi ci dice che non potrebbe riaccadere di nuovo?». Per quanto il parroco abbia a più riprese richiesto l’intervento delle autorità, non ha avuto alcun sostegno. «Mi dicevano sempre la stessa cosa: non ci sono pattuglie disponibili. E così ho deciso una volta al mese di aprire le porte della chiesa proprio ai ragazzi. Per parlare, per discutere, per creare dialogo». Con il sostegno di alcune professioniste, i giovani hanno cominciato a parlare e sfogarsi. «Dai loro racconti, la prima tematica che emerge è un gran senso di solitudine. Sono bombardati dai social, sempre connessi, ma in realtà profondamente soli», spiega la psicologa Maria Francesca Cattaneo Della Volta, che qui presta servizio. Una solitudine che provano a spazzare via fra un bicchiere, e un altro, e un altro ancora. Magari con l’obiettivo dello smartphone piantato in faccia. Trangugiando alcol con il desiderio di arrivare allo sballo. «Bevendo non hai modo di pensare. Sembra assurdo», conclude Nazareno, uno dei ragazzi del quartiere, «ma a volte ci vuole più forza a parlare che a stare in silenzio e ubriacarsi».

LA PAROLA AL PROF. ICRO MAREMMANI

«Sono danni, quelli legati all’alcol, che possono pregiudicare una vita». Esordisce così il prof. Icro Maremmani, psichiatra ed esperto di dipendenze comportamentali. «Si tratta di danni molto simili a quelli prodotti dalle altre sostanze. La differenza sta nel fatto che l’alcool è più disponibile, si trova addirittura fra le mura domestiche senza alcun costo, quindi è più facile che i giovani vi abbiano accesso». L’elenco degli organi compromessi in modo insanabile dall’abuso è decisamente lungo. A cominciare dal fegato. «Ma sono le conseguenze sul cervello le più preoccupanti», sospira Maremmani. «Conseguenza primaria è un ritardo della maturazione della zona del controllo del cervello che si trova nella corteccia, e che gestisce gli istinti e le passioni. Sono attività presenti nel cervello primordiale, il primo che si sviluppa subito appena nati. L’uso di sostanze durante l’adolescenza rallenta le connessioni che ci sono fra la corteccia, che finisce la sua maturazione fra i 20 e i 30 anni, e il cervello più emotivo e affettivo».

This article is from: