Pizza e Pasta Italiana - Maggio 2022

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maggio


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2022

AZIENDE Albinea Canali

p. 87

Brimi

p. 29

cameo

p. 33

Casa Penelope

p. 81

Castelli Forni

p. 17

Cerutti Inox

p. 131

Cibus - Fiere Parma

p. 46

Conserve Italia

p. 99

Cuppone

p. 47

Di Marco Corrado Srl

p. 27

Dr Schaer

p. 95

Effedue

p. 2

— Sommario — 6

di Antonio Puzzi

8-10

prima pagina a cura della redazione

12-14-16

pizza news

a cura della redazione

Farmfrites

p. 69

Gam International

p. 57

Gi Metal

p. 89

ristorazione domani

Greci

p. 45

Gruppo Cellino

p. 105

Hotelex Fiera Shanghai

p. 101

Iffco

p. 109

Industria Alimentare Tanagrina Italforni Kuma Forni

p. 41

La Torrente

p. 59

Mam - Eredi Malaguti

p. 39

Metro Cash & Carry

p. 13

Millberg

p. 127

Molecola

p. 21

Molino Agugiaro e Figna

p. 67

Molino Colombo

p. 53

Molino Dallagiovanna

p. 15

l’altro lato dell’industria i territori, l’autoctonia,

l’altro lato dell’industria

p. 3

Molino Pasini

p. 7

a cura della redazione

Sacar Forni

p. 93

Sanfelici

p. 11

Sitta

p. 91

Solania

p. 113

Sprayleggero

p. 25

Vinoforum

p. 100

42 i territori, l’autoctonia,

Molino Naldoni

p. 35

Si fa presto a dire pallet. Palm, la sostenibilità che passa dal legno a cura della redazione

Il lato buono dell’industria. Viaggio nel made in Italy

Mulino Padano

l’altro lato dell’industria

24

p. 9

Latteria Montanari

i territori, l’autoctonia,

di Giampiero Rorato

p. 23, 132

p. 79

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L’innovativa linea italiana

p. 51

Lactalis Galbani

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editoriale

30

Il futuro parte dalla mensa. L’esperienza della ristorazione collettiva di Qualità e servizi. di A.P.

Il mondo dell’ industria si collega al territorio

Novamont, l’industria vicina al territorio

di Domenico Maria Jacobone

di D.M.

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sommario

80

I vini rosati

54

di Luciano Cescon

84

La parola ai pizzaioli

106 Tecnica e sentimento. La pizza secondo Davide Civitiello di A.P.

a cura della redazione

i territori, l’autoctonia,

l’altro lato dell’industria

a scuola di pinsa,

Valorizzare le differenze. La ricetta di Eataly

88

2° parte

I segreti del topping di Marco Montuori

Nonsologlutine contest 2022

di Antonio Puzzi

94

110 A Genova la pizza è giovane… anche se ha 600 anni. Denis Pirrello e la sua Zena Zuena di A.P.

a cura della redazione

non di solo pizza

60

Palazzolo, 100 anni di pasticceria siciliana

Vincisgrassi alla Maceratese. Domande

e risposte al servizio della ristorazione per conoscere una nuova STG

a cura della redazione

le aziende informano

MTP Forni

Le verdure di maggio: viaggio nel cuore della primavera

63 64

di Caterina Vianello

Stagionalità, Territorialità, Salute

70

di Marisa Cammarano

le spezie

Le fave di Tonka di Giampiero Rorato

76

114

di Antonio Puzzi

SPECIALE CAMPIONATO MONDIALE DELLA PIZZA

96 Paolo Moccia. Sul gradino più alto del podio un pizzaiolo “normale” di Antonio Puzzi

102 Testarda io. Camelia Rusu, campionessa del mondo di David Mandolin

116 Ripartenza all’insegna del Fair Play speciale campionato

a cura della redazione

124

Quando pizza e birra incontrano la primavera di Alfonso Del Forno

128 Atlante gastronomico dei Presìdi Slow Food un libro al mese

a cura della redazione

Scuola Italiana Pizzaioli

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pizza e pasta italiana maggio

2022

Editoriale Antonio Puzzi

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ientrare dopo due anni di assenza nel Palaverdi di Parma e respirare l’aria del Campionato del Mondo della Pizza ha rappresentato un’emozione indescrivibile. Per me, certamente. Ma – credo – ancor di più per tutti gli “atleti” che sono intervenuti, si sono confrontati e hanno lottato per conquistare il gradino più alto del podio. Con una differenza rispetto agli anni precedenti: quest’anno tutti eravamo lì soprattutto per riprenderci la socialità: noi, che abbiamo vissuto questo tempo per raccontarlo e voi che avete gareggiato o che avete accompagnato il vostro “pizzaiolo del cuore”. Mi resteranno impresse le immagini dei bambini che accompagnavano i papà e le mamme, le coppie di giovani innamorati che si confortavano a vicenda, le pizzaiole e i pizzaioli che, nel corso della serata delle premiazioni, hanno scelto la giubba migliore o il vestito delle grandi occasioni. Mi ha commosso l’esultanza di chi è stato chiamato sul palco, incredulo, chiedendosi se fosse vero che avevano pronunciato proprio il suo nome. Sono stati loro, siete stati voi, a rendere indimenticabile questo Campionato, raccontando, senza bisogno di tante parole, la ricchezza di biodiversità di cui il mondo pizza è foriero. Perché la pizza è per tutti noi il piacere di una serata (o un pranzo) informale ma è per ciascuno di voi la passione più grande. Ed è a voi che questa rivista è dedicata da oltre trent’anni. Parlare di pizza però vuol dire molto più che parlare di pizzaioli e impasti. Credo sia infatti chiaro che dietro al bancone di una pizzeria si trovano non solo i pizzaioli e i fornai (nei casi più fortunati) ma anche i produttori, i mugnai, le aziende che realizzano gli strumenti e le attrezzature: la pizza è il simbolo perfetto di un’economia circolare. Ed è di questa economia sana che si parlerà a maggio in due importanti appuntamenti, di natura diversa ma entrambi per noi di straordinaria importanza. Sto parlando ovviamente di Cibus che torna a Parma dal 3 al 6 maggio e di Tuttopizza, a Napoli dal 23 al 25 maggio. Pizza e Pasta Italiana sarà presente a entrambi perché, laddove si celebra l’eccellenza produttiva del Made in Italy, noi ci siamo. Per essere pronti e prepararci al meglio a questi due eventi, abbiamo scelto di dedicare il numero che avete tra le mani al “lato buono” dell’industria, provando a raccontare quelle esperienze che attivano percorsi di responsabilità civica, che scelgono di trasformare il territorio in cui operano in terroir, che sanno creare legami con le persone con cui condividono un pezzo di strada. Quelli che troverete nelle pagine che seguono sono solo alcuni casi, una visione parziale. E, come di consueto, vi chiediamo di segnalarci tutti coloro che – a vostro avviso – abbiamo incautamente dimenticato. Mentre scrivo, non vi celo che continuo a sognare che la guerra diventi presto un brutto ricordo per lasciarci alle spalle, oltre alla pandemia, anche le brutture a cui il mondo intende abituarci. Ed è per questo che, auspicando venti di pace, vi lascio alla lettura del numero di maggio. Un affettuoso saluto, nio

COLOPHON

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PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura Edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n.1019 del 02/04/1990 Anno XXXIII - n.5 maggio 2022 - Repertorio ROC n. 5768 DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina

DIRETTORE ONORARIO Giampiero Rorato

DIRETTORE RESPONSABILE Antonio Puzzi RESPONSABILE DI REDAZIONE E DI PROGETTO David Mandolin SEGRETERIA DI REDAZIONE Caterina Orlandi PUBBLICITÀ David Mandolin, Caterina Orlandi REDAZIONE Via Sansonessa, 49 - 30021 CAORLE (VE) Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 - E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

PROGETTO GRAFICO Manuel Rigo, Paola Dus, Elena Cazzuffi — Mediagraf lab DIGITAL PUBLISHING Maura Trolese — Mediagraf lab IN COPERTINA illustrazione di Valentina Bongiovanni STAMPA MEDIAGRAF S.p.A. Noventa Padovana (Pd) COMITATO TECNICO E REDAZIONALE Marisa Cammarano, David Mandolin, Gianandrea Rorato, Caterina Vianello, Caterina Orlandi, Alfonso Del Forno, Luciano Cescon. AFFILIAZIONI INTERNAZIONALI Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.), P.M.Q. Russia, P.M.Q. Cina.

PER INFORMAZIONI, SOTTOSCRIVERE UN ABBONAMENTO O RICHIEDERE UN ARRETRATO: TELEFONARE AL NUMERO 0421 212348 dal lun. al ven.: 10:00 – 12:00 / 15:00 – 17:00 INVIARE UN FAX A 0421 83178 Servizio abbonamenti Pizza e Pasta Italiana INVIARE UNA MAIL A: abbonamenti@pizzaepastaitaliana.it L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi momento dell’anno e dà diritto a ricevere 11 numeri della rivista. L’abbonamento andrà in corso dal primo numero raggiungibile.

PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE: ITALIA Pizza e Pasta Italiana; U.S.A. Pizza Today, P.M.Q. TEL 0421.83148 — FAX 0421.81007


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pizza e pasta italiana maggio

2022

PRIMA PAGINA a cura della redazione

Premio Nazionale Ercole Olivario 2022 – XXX edizione Premiati in Umbria i 12 vincitori della 30esima edizione del concorso

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edicato alle eccellenze olearie italiane, organizzato dall’Unione Italiana delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, in collaborazione con la Camera di Commercio dell’Umbria, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il Ministero dello Sviluppo Economico, ed il sostegno di UNAPROL Consorzio Olivicolo Italiano ed Italia Olivicola. 12 le etichette premiate, in rappresentanza delle migliori produzioni di tutta Italia, che hanno brillato nelle due distinte categorie previste, Extravergine e oli extravergini certificati DOP, IGP: Per la Categoria Dop /IGP Fruttato Medio 1° Classificato – De Carlo Dop Terra di Bari – Bitonto dell’Azienda Agricola De Carlo di Bitritto (BA), Puglia

Per la categoria Dop /IGP Fruttato Intenso

1° Classificato – Cagnara Dop, Dop Terra di Bari – Bitonto dell’azienda Ciccolella Soc. Agr. Arl di Molfetta (BA), Puglia

Per la categoria Extravergine Fruttato Leggero 1° Classificato – Lelais dell’Azienda Moretti LAURA di Ittiri (SS), Sardegna

Per la categoria Extravergine Fruttato Medio

1° Classificato – Iliò della Olivicoltori Oliena S.C.A. di Oliena (NU), Sardegna 2° Classificato – CM Centoleum dell’Azienda CM srl di Agello, Magione (Pg), Umbria

Per la categoria Extravergine Fruttato Intenso 1° Classificato – BIO dell’azienda Intini srl di Alberobello (BA), Puglia

Alla cerimonia, in virtù della nuova Menzione di Merito “Giorgio Phellas - Turismo dell’olio” introdotta in occasione dei trenta anni del concorso è intervenuta la Dott.ssa Roberta Garibaldi, Amministratore Delegato ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo: “L’olio di oliva è, insieme al vino, fra i prodotti più rappresentativi del patrimonio agroalimentare italiano. Qualità, biodiversità e legame con il territorio sono elementi che possono rappresentare un valore aggiunto non solo dal punto di vista produttivo, ma anche turistico. L’Italia ha un grande potenziale e potrà giocare un ruolo di primo piano negli anni a venire. Le proposte legate al turismo dell’olio stanno riscontrando un sempre maggiore apprezzamento fra il grande pubblico e molto si sta facendo per incentivarne lo sviluppo tra le aziende della filiera. L’esperienza oleoturistica non si limita all’oleificio o al frantoio, ma si allarga all’intero territorio. Il turista ricerca stimoli continui, che lo possono invogliare ad approfondire questo suo desiderio di scoperta. È fondamentale costruire esperienze che possano permettere di vivere appieno il prodotto, la cultura, le persone e il territorio. Le parole chiave, che emergono con forza dalle ricerche che ho condotto in questi anni, sono tre: storia, benessere, coinvolgimento.” In collaborazione con gli uffici ICE e Assocamerestero, sono stati proclamati assegnatari del Premio Leikithos, a due “ambasciatori” dell’olio e della cultura dell’olio italiano di qualità all’estero: Miciyo Yamada, giapponese, assaggiatrice di olio e.v.o. e giornalista di importanti magazine di livello internazionale che da grande appassionata di olio, partecipa nella giuria a concorsi internazionali ed al noto ristoratore Massimo Mori che ha in Francia tre ristoranti, grande promotore dei prodotti italiani in generale e dell’olio in particolare.



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pizza e pasta italiana maggio

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PRIMA PAGINA a cura della redazione

Al via la call per Startup di In Cibum Lab - incubatore certificato in Italia dedicato al Foodtech

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ino a lunedì 30 maggio 2022 sarà possibile partecipare alla Call “Io Ci Credo”, il progetto promosso dall’incubatore In Cibum Lab a sostegno dei giovani innovatori italiani impegnati nel food e nel foodtech. La Call è alla terza edizione ed è destinata all’accelerazione e al finanziamento sia di progetti in fase di costituzione sia di imprese già operative in ambito food. L’opportunità è aperta alle imprese che presentano progetti food-related con esplicita priorità a quelle costruiti su soluzioni digitali e innovazioni relative a economia circolare, nutraceutica, innovazioni in ambito agricolo, soluzioni di packaging bio-based e soluzioni innovative per la Grande Distribuzione Organizzata (GDO). In Cibum Lab è il primo incubatore certificato dal Ministero dello Sviluppo Economico focalizzato sulle startup food-related. Fondato nel 2020, ad oggi conta più di 100 aziende coinvolte nell’ecosistema, oltre 500 progetti candidati e 5 brevetti depositati. “Da tre anni lavoriamo al fianco delle più interessanti startup innovative italiane del foodtech. Avere poi raggiunto il traguardo della certificazione è per noi un importante risultato, frutto di mesi di duro lavoro e continua ricerca – spiega Deborah Morriello, direttrice di In Cibum Lab –. COME PARTECIPARE Per partecipare è necessario accedere alla pagina dedicata https:// foodtech.incibumlab.it/iocicredo (BIT.LY https://bit.ly/3O8s958) Le candidature potranno essere inviate dalle ore 13:00 del 22 aprile 2022 ed entro ma non oltre le ore 12:00 del giorno 30 maggio 2022.

Tornano ad animarsi gli oliveti della Fascia Olivata di Trevi (Pg), in Umbria con “Pic & Nic a Trevi. Arte, musica e merende tra gli ulivi”

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ornano finalmente ad animarsi gli oliveti di Trevi (Pg), in Umbria con il Pic&Nic più famoso d’Italia. Sabato 14 e domenica 15 maggio 2022 infatti, dopo lo stop forzato a causa della pandemia, a Trevi, per festeggiare l’arrivo della primavera e la fioritura degli olivi della Fascia Olivata “Assisi – Spoleto”, sarà di nuovo “Pic&Nic. Arte, musica e merende tra gli ulivi”. L’evento, promosso dal Comune di Trevi ed organizzato da ADD Comunicazione ed eventi, giunge così alla XIII edizione. Un evento semplice per tornare bambini mangiando e giocando tra gli ulivi, godendo dei percorsi gastronomici proposti all’insegna dell’olio e.v.o., degli itinerari naturalistici, delle passeggiate lungo i sentieri e tra gli ulivi della Fascia Olivata, delle camminate alla scoperta delle erbe spontanee, delle visite guidate alle emergenze culturali del centro storico; un’occasione di incontro con i tanti artigiani che saranno presenti con i loro manufatti all’8° edizione della rassegna #Artigianinnovatori, una selezione accorta di artigiani, creativi, crafter, maker, di ambiti molto differenti, che uniscono il saper fare, al design, all’arte, all’architettura, all’illustrazione che saranno riuniti per l’occasione presso la seicentesca Villa Fabri. “Promuovere il nostro borgo e le sue eccellenze culturali, enogastronomiche e naturalistiche - commenta l'Assessora al turismo Stefania Moccoli - è l'obiettivo di questo evento di marketing territoriale che punta da anni con successo sull'oleoturismo”.


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pizza e pasta italiana maggio

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PIZZA NEWS a cura della redazione

50 TOP EUROPE 2022: l’evento di premiazione delle migliori pizzerie europee 50 Kalò London si aggiudica il nuovo premio Made in Italy Mammafiore Award

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Mozzarella Julienne Senza

L’annuncio è stato fatto il 5 aprile a Madrid durante Alimentaria; nella stessa importante cornice, è stato rivelato, in anteprima, anche il vincitore proprio del premio speciale Made in Italy - Mammafiore Award conquistato dalla pizzeria 50 Kalò London che si era già distinta negli anni precedenti aggiudicandosi due volte il primo posto della classifica 50 Top Europe.

Con latte 100% dell’Alto Adige

nnunciata dai curatori di 50 Top Pizza la nuova partnership tra 50 Top Pizza e Mammafiore, realtà di rilievo nella distribuzione della gastronomia italiana in numerose nazioni europee.

Lattosio di Brimi e meno dello 0,01% di lattosio

Il premio sarà consegnato ufficialmente il 12 maggio 2022 al Teatro San Babila di Milano dove si terrà la cerimonia di premiazione della classifica 50 Top Europe 2022 in cui sono racchiuse le migliori pizzerie d’Europa (Italia esclusa).

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Durante la cerimonia del 12 maggio saranno assegnati i Green Oven (Forno Verde), riconoscimento che premia la Sostenibilità ambientale in pizzeria (lotta agli sprechi, impatto energetico, rispetto per l’ambiente etc…) e numerosi premi speciali, tra cui il Made in Italy - Mammafiore Award.

Nel pratico formato da 1000g è pensata per venire incontro alle esigenze di bar, pizzerie e ristoranti: è un formaggio fresco a pasta filata, morbida ed elastica, ottenuto per coagulazione enzimatica di latte vaccino pastorizzato delattosato.

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Tutti i prodotti Brimi sono realizzati con il latte altoatesino 100% dell’Alto Adige senza OGM proveniente dai masi di montagna altoatesini, dove i soci-contadini di Brimi allevano il bestiame con cura e attenzione in poche unità. Sensibile alle tematiche ambientali, l’azienda Brimi si impegna ad avere imballaggi sempre più sostenibili, arrivando a raggiungere nel nuovo pack viola della mozzarella Julienne Senza Lattosio ben l’80% in meno di plastica rispetto all’utilizzo delle vaschette comuni. Per maggiori informazioni: www.brimi.it



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PIZZA NEWS a cura della redazione

D’Amico partner del Padiglione della Repubblica di San Marino alla 59^ Esposizione internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia

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Amico, da sempre sostiene l’arte, la cultura e la bellezza e riconferma il proprio impegno diventando partner del Padiglione della Repubblica di San Marino alla 59. Esposizione internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, ospitato dal 23 aprile al 27 novembre 2022 negli spazi rinascimentali di Palazzo Donà dalle Rose a Venezia. Il progetto, supervisionato dal commissario Riccardo Varini, curato da Vincenzo Rotondo e organizzato da FR Istituto d’Arte Contemporanea in collaborazione con Cris Contini Contemporary, è intitolato Postumano Metamorfico in riferimento alla naturale tensione dell’uomo verso il futuro, tra possibili trasformazioni e nuove forme di esistenza e coesistenza. Il Padiglione ospiterà contributi di artisti sammarinesi, italiani, francesi e inglesi, per promuovere D’Amico, azienda legata al mondo dell’arte e sostenitrice di diversi progetti culturali, scegliendo di appoggiare tale iniziativa in qualità di sponsor, investe ancora una volta nella cultura e nell’arte supportando così la creatività e la bellezza. “Amiamo l’arte in tutte le sue forme e siamo orgogliosi di essere partner di questo progetto artistico così importante – afferma Sabato D’Amico, Amministratore Delegato dell’omonima Azienda – L’arte contemporanea è una delle nostre più grandi passioni, tanto che l’abbiamo introdotta anche nella nostra produzione con il progetto “Vasi D’Autore”. È una collezione in Limited Edition per la quale ogni anno coinvolgiamo un artista differente chiedendogli di trasferire il suo pensiero artistico sui nostri prodotti. Siamo felici di supportare costantemente l’arte, la cultura e la bellezza, beni comuni da continuare a custodire e tutelare ogni giorno”.

Pomodoro, Cirio presenta nel Regno Unitola prima polpa “Climate Neutral”

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na polpa di pomodoro 100% sostenibile perché a emissioni neutralizzate. È la novità che Cirio ha introdotto nel mercato britannico, dove a partire da gennaio tutte le confezioni di lattine da 400 grammi di Polpa Cirio Chopped Tomatoes – 100% Pomodoro Italiano possono fregiarsi del riconoscimento (ben evidenziato in etichetta) di “Climate Neutral”, cioè con impatto completamente compensato sul cambiamento climatico. “Ci siamo posti l’ambizioso obiettivo di neutralizzare completamente gli effetti sul Pianeta di un prodotto di punta come la Polpa di Pomodoro Cirio, che rappresenta la maggior parte delle nostre vendite nel Regno Unito” dichiara Diego Pariotti, direttore commerciale estero di Conserve Italia, il Gruppo cooperativo che detiene il marchio Cirio. “Con questa iniziativa non ci limitiamo a migliorare una o più fasi del processo produttivo, bensì neutralizziamo del tutto le emissioni di anidride carbonica in atmosfera legate alla Polpa Cirio venduta in UK, portando il nostro impegno green direttamente sulle tavole di milioni di consumatori – aggiunge Pariotti -. Cirio, lo specialista del pomodoro 100% italiano presente dal 1856, valorizza così la sua base sociale composta da oltre 14.000 agricoltori italiani, prendendosi cura dei territori in cui vengono coltivati i pomodori con l’impegno per una sostenibilità integrale della filiera: ambientale, sociale, etica ed economica”. “Questo importante risultato – spiega Pietro Crudele, responsabile ambientale di Conserve Italia – è reso possibile dal percorso avviato in collaborazione con l’Università di Genova, che ci ha consentito di ottenere la certificazione EPD Process (Environmental Product Declaration) e pubblicare le Dichiarazioni Ambientali, ossia la rendicontazione dell’impatto ambientale dei nostri prodotti. Possiamo così individuare le fasi del processo produttivo in cui intervenire per aumentare i benefici sull’ecosistema”.



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PIZZA NEWS a cura della redazione

A Cibus Molino Pasini e la iGeneration

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Parma il molino di Cesole ha presentato tutte le anime dell’azienda: spazio dunque alla pasticceria, alla pizzeria, alla panificazione e alla pasta fresca, ognuna con la sua identità e la sua immagine. Uno spunto anche visuale e di design per tutti i professionisti, un modo per offrire a un consumatore sempre più esigente e competente materie prime sempre più performanti oltre che un’immagine multiforme a conferma dell’anima ancorata alla tradizione ma con una forte spinta verso il futuro. Il Cibus 2022 è stato anche l’occasione per presentare live il progetto dedicato alla iGeneration che il Molino ha realizzato nei primi mesi dell’anno e che avrà il suo compimento con la pubblicazione del nuovo magazine “Il Mugnaio”, alla sua nona uscita, e completamente dedicato ai giovani e alle loro abitudini alimentari. Il design è stato affidato a Lissoni GraphX, mentre le illustrazioni che caratterizzano la pubblicazione sono state ideate da Anna Resmini, grande interprete dal tratto fortemente identitario. Il magazine è parte di un progetto integrato di brand journalism, parte della narrazione dedicata alla iGeneration, per provare a capire i giovani che stanno costruendo il futuro del nostro settore. A questo magazine cartaceo si uniscono una nuova serie di podcast e tanti reel: questi sono gli elementi di "Germogli, seminiamo il futuro” il primo think tank dedicato ai giovani che mangiano, scelgono, lavorano nel mondo del cibo. I clienti del futuro, sui quali il Molino ha deciso di puntare e che stanno con la loro energia e le loro idee cambiando le sorti del settore. «Sono felice di questo lancio, e di questo progetto nel quale ho creduto molto e che ho costruito insieme a un gruppo dinamico di professionisti della comunicazione. Dall’idea alla sua concretizzazione, il tempo che passa sembra infinito, ma quando finalmente si vedono i primi frutti è sempre emozionante. Il risultato è una bellissima fotografia dei ragazzi di oggi. In bocca al lupo a loro e a noi, che cerchiamo con questo progetto di spronarli a fare sempre meglio.», spiega Gianluca Pasini.

The World’s 50 Best Restaurants: i Vincitori dei Premi Champions of Change 2022

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iunto alla sua seconda edizione, il riconoscimento internazionale celebra i protagonisti del mondo dell’hospitality che attraverso le loro azioni innovano e guidano il cambiamento nella società e nel settore. Dieuveil Malonga, Koh Seng Choon, Olia Hercules e Alissa Timoshkina sono i quattro vincitori della seconda edizione di Champions of Change 2022, il riconoscimento promosso da 50 Best, l’organizzazione internazionale che premia i 50 migliori ristoranti del mondo. L’iniziativa, lanciata l'anno scorso, ha conferito 3 premi a 4 persone che grazie ai loro progetti stanno contribuendo a creare un impatto positivo per le comunità di riferimento, rendendo il settore dell’ospitalità sempre più inclusivo e innovativo. Premio speciale che precede l’evento The World's 50 Best Restaurants 2022 previsto per il prossimo luglio, Champions of Change, sponsorizzato da S.Pellegrino & Acqua Panna, è uno dei pilastri del programma 50 Best for Recovery, sempre più conosciuto a livello mondiale. Nato nel 2021 in risposta alla necessità di ricostruire e rimodellare il settore dopo 18 mesi difficili, il premio continua anche quest'anno a sostenere l’efficace lavoro di protagonisti del settore che hanno mutato il corso degli eventi con cambiamenti positivi. 50 Best for Recovery finanzierà con una donazione importante ciascuna delle cause supportate dai vincitori, assicurando nuova linfa ai loro progetti e stimolando un progresso di lungo termine nell’ambito del food e della ristorazione. "Dopo aver lanciato Champions of Change lo scorso anno, siamo entusiasti di riconoscere l'incredibile lavoro che Dieuveil, Koh Seng, Olia e Alissa stanno realizzando per le loro comunità di riferimento”, racconta William Drew, Director of Content per The World's 50 Best Restaurants. “Abbiamo il massimo rispetto per la determinazione e la passione che hanno dimostrato nel creare cambiamenti significativi e siamo onorati di poter supportare il loro brillante lavoro”.


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pizza e pasta italiana maggio

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Ristorazione domani

A V I T NOVA

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A E LIN A N A I L ITA Una recente fase storica molto importante nell’evoluzione della cucina che ha interessato di Giampiero Rorato anche la pizza


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Mentre nell’alta ristorazione internazionale furoreggiava la linea fusion, in Italia si scopre la qualità dei prodotti di casa

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bbiamo visto il mese scorso come negli anni '80 del secolo scorso si sia andata imponendo nella grande ristorazione internazionale la “cucina fusion”, in verità già sperimentata a Venezia cinque secoli prima, poiché allora, nelle case patrizie, si utilizzavano in cucina, oltre ai prodotti del territorio – il pesce della laguna e del mar Adriatico e carni, ortaggi, cereali, salumi e formaggi della vicina terraferma – anche le spezie orientali, lo stoccafisso della Norvegia, il mais, il cacao e gli altri prodotti arrivati dalle Americhe. Venezia allora fece conoscere al mondo una cucina straordinaria, la cui base era rappresentata dai prodotti locali. Ispirandosi a questo criterio – sapiente valorizzazione dei prodotti del territorio – nel corso degli anni 80 del secolo scorso alcuni cuochi italiani si fecero conoscere a

livello internazionale grazie a una linea di cucina “nuova e creativa”, come venne definita, anche se poco studiata nei decenni seguenti. Per far capire le novità e l’importanza che hanno avuto le scelte di alcuni cuochi ci soffermiamo per ora su tre personaggi, anche se numerosi altri hanno operato sulla medesima linea innovativa, come vedremo il prossimo mese.

Angelo Paracucchi Ecco un grande cuoco che ha aperto una strada tipicamente italiana seguendo una regola operativa che ritroveremo anche negli altri due personaggi che ricorderò qui di seguito. Paracucchi s’era fatto un’esperienza importante in Italia e all’estero, lanciando poi la cucina dei Motel Agip dove conobbe Luigi Carnacina, uno dei massimi gastronomi italiani del secolo scorso. Nel 1974 apre un ristorante proprio, la “Locanda dell’Angelo” ad Ameglia, vicino a La Spezia, dove inizia un percorso tutto suo, che avrà ulteriori affinamenti nel 1984 quando sarà invitato a gestire a Parigi il ristorante Carpaccio, dell’Hotel Royal Monceau, in Avenue Hoche, che diventerà il punto più alto della cucina italiana in Francia, tanto da meritare poi la stella Michelin. All’inaugurazione del 1984 era presente anche chi scrive che ha seguito poi il percorso di Paracucchi che si prefisse di valorizzare al meglio i prodotti del territorio, senza cercare di introdurre quelli, pur buoni, di altre parti del mondo, come era nella cucina fusion. Ad Ameglia, vicino al mar Ligure, usava il pescato locale, il migliore, freschissimo, così

come i migliori prodotti degli orti, i fagioli, i carciofi e poi il miglior olio extravergine ligure. toscano ed umbro, la sua terra d’origine. Conosceva bene la cucina tradizionale, infatti partì da questa per realizzare nuovi accostamenti e nuove cotture, ottenendo nuovi gusti e sapori, tanto da attirare nel suo ristorante buongustai da tutto il mondo. Angelo Paracucchi amava la semplicità, la purezza, l’autenticità di una cucina nata dalla tradizione e innovata dalla sua grande esperienza e dal suo genio. È stato un vero maestro che nel corso degli anni '80 ha aperto una nuova strada davvero straordinaria e felice alla cucin a italiana.


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Ristorazione domani

Gianni Cosetti In quegli stessi anni a Tolmezzo, capoluogo della Carnia, arrivavano buongustai dall’Europa e anche da più lontano attirati dalla fama della cucina del Ristorante Roma dove operava Gianni Cosetti. Questo cuoco, amico di Luigi Veronelli e di molti altri importanti personaggi della gastronomia italiana, s’era imposto di impiegare i tanti prodotti agroalimentari della Carnia – dalle erbe spontanee, ai funghi, ai formaggi di pecora e di capra, alla frutta tradizionale, ecc. - partendo dai piatti poveri della tradizione, valorizzandoli con preparazioni, accostamenti, cotture anche nuove, espressione sia di un grande amore per la sua terra che di una genialità, sottolineata più volte dai gastronomi più importanti di quegli anni. Quindi non cucina fusion, ma, come Paracucchi, conoscendo

gli insegnamenti della Nouvelle Cuisine - che invitava a semplificare, sgrassare, cuocere correttamente e presentare in modo piacevole i piatti pronti - Gianni Cosetti fu uno dei protagonisti di quel movimento che fu definito “cucina nuova e creativa”, figlia della tradizione e legata al territorio. Di questa linea che contribuì a rinnovare silenziosamente la cucina italiana si parla troppo poco, nonostante abbia apportato un forte contributo alla tipizzazione e valorizzazione della cucina italiana, oggi apprezzata in tutto il mondo.



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Ristorazione domani

Alfonso Iaccarino Negli ultimi due decenni del secolo scorso e nei primi due del presente Alfonso Iaccarino è stato - e il suo ristorante continua ad essere - la punta di diamante della cucina meridionale italiana che ha saputo valorizzare con una sapienza incredibile. Nel 1980, assieme alla moglie Lidia, dopo aver gestito per anni l’albergo di famiglia, a Sant’Agata sui Due Golfi, in comune di Massa Lubrense, si dedica al ristorante, che in onore del nonno che l’aveva fondato denominò Don Alfonso 1890. Ricco di entusiasmo e di nuove idee, Iaccarino è convinto che i prodotti della Campania siano straordinari, sia quelli che arrivano dal mar Tirreno che quelli della pianura e della montagna. Occorre sceglierli bene, i migliori e saperli poi accostare anche in modo nuovo e insaporirli con il grande olio extravergine d’oliva del territorio e poi cuocerli nel modo giusto, quello che li esalta meglio e regala a chi li degusta sensazioni nuove, facendo scoprire la grande bontà e ricchezza delle produzioni

agroalimentari e del pescato del territorio. Non servono miracoli, la Campania offre tutto, a cominciare da una cucina tradizionale che non va assolutamente eliminata, semmai ripensata e aggiornata e Iaccarino, provando e sperimentando, ha imparato bene come valorizzare i vecchi piatti e i prodotti del territorio, regalando tante emozioni ai clienti del suo ristorante dove si incontrano via via sempre più persone d’ogni parte del mondo. Sono ospiti che arrivano da lontano apposta per sedere alle tavole del Don Alfonso 1890, un ristorante che ha interpretato al meglio la line aperta da Paracucchi, realizzando una “cucina nuova e creativa”, con i prodotti del territorio, fra i migliori del mondo.

ON N DA .. . E R CA I T N E M I D

Questi cuochi, ed altri come loro, ci hanno insegnato che l’Italia ha prodotti agroalimentari straordinari e la cucina italiana si è imposta a livello internazionale usando con sapienza questi prodotti, evolvendosi via via secondo il cambiare dei gusti senza però allontanarsi dal territorio. Perché la cucina italiana ha già tutto, basta non dimenticare che il bello e il buono è attorno a noi.



IL LATO “BUONO” DELL’INTERRIDUSTRIA TORIO 24

pizza e pasta italiana maggio

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VIAGGIO NEL MADE IN ITALY a cura della redazione

UNA DELLE FRASI PIÙ CELEBRI

Nel nostro Paese,

AT T R I B U I T E A H E N R Y F O R D È :

s o n o o l t r e 70.0 0 0 l e

“ Q U A L I TÀ S I G N I F I C A FA R E L E C O S E B E N E Q U A N D O N E S S U N O T I S TA

a zi e n d e ch e o p e r a n o in

GUARDAN D O”. E , Q UAN D O SI PARL A

q u e s to c a m p o, il q u a l e

D I Q U A L I TÀ , C O N T U T T O I L R I S P E T T O

r a p p r e s e n t a il p r im o p e r

P E R Q U A N T I R I T E N G O N O S U P E R AT E

f a t tu r a to, a t te s t a n d o s i

L E TEORIE FORDISTE , CREDIAMO C H E Q U E S TA D E F I N I Z I O N E S I A T R A

a cir c a 14 0 m ilia r di d i

L E P I Ù AT T U A L I , S O P R AT T U T T O

e ur o l’a n n o

P E R I L S E T T O R E D E L L’ I N D U S T R I A

(rapporto Luiss Business School, 2020).

A L I M E N TA R E I TA L I A N A .


25 Dopo una leggera flessione, che ha ridotto il fatturato di circa il 3% nel 2020, il 2021 ha segnato invece un +4% per la produzione italiana del settore agroalimentare, la quale, secondo le stime, è destinata a crescere ulteriormente nell’anno che stiamo vivendo. Come dimostra Federalimentare alla vigilia di Cibus (elaborando dati Istat) tra gennaio e novembre 2021, per rendersene conto basta scorrere le statistiche dell’export dell’industria alimentare italiana: +14,3% negli USA, +32,7% in Cina, +30,7% in Corea del Sud, +50,5% in Cile e ancora +21,2% in Sud Africa. L’Italia però va fortissimo anche nei Paesi dell’Unione Europea, facendo registrare una crescita del +21,4% in Polonia, del +19,6% in Spagna, del +7,1% in Francia e del +6,7% in Germania. Nel corso della Conferenza stampa di presentazione di Cibus 2022, il Presidente di ICE – Agenzia, Carlo Ferro, ha sottolineato poi:

L’ITALIA VANTA UN PRIMATO MONDIALE SULLE PRODUZIONI BIOLOGICHE


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“L’ex p o r t d e l n o s t r o P a e s e è r ip a r ti to n e l 20 21 e c o s ì l’a g r o a lim e n t a r e i t a lia n o ch e h a r e g i s t r a to un a cr e s ci t a d e l +14 ,7 % r i s p e t to a l 2019. A ll e n u ove s f i d e d e i m e r c a ti in te r n a zi o n a li p o s tC ov i d , s i a g g i un g e , tu t t av ia , un o s c e n a r i o in te r n a zi o n a l e d o m in a to d a in a t te s e e d r a m m a t i ch e c o m p l e s s i t à g e o p o li ti ch e . In q u e s to q u a dr o f a r e s i s te m a è a n c o r p i ù im p o r t a n te”.

Ecco, dunque, una delle parole del ventesimo secolo:

FA RE SIS TEM A Ma perché? Anche in questo caso la risposta arriva dai numeri. Per avere un’idea di quanto sia forte il "brand Italia", basta pensare infatti al valore dell’Italian sounding. Federalimentare lo ha stimato a 54 miliardi di euro nel 2021 (erano 90 nel 2018), mentre Coldiretti ha parlato di 60 miliardi di euro nel 2015 e 100 miliardi nel 2021. Questo incremento delle falsificazioni alimentari (in alcuni casi vere e proprie frodi) è sicuramente dovuto a una importante affermazione dei prodotti italiani sul panorama internazionale ma anche a normative di protezione dei marchi poco efficaci. Sarebbe dunque opportuno formare una coscienza dei consumatori più viva, anche a livello comunitario ed extracomunitario, riuscendo così a mettere in relazione chi pratica e predica la qualtà e chi la ricerca nella sua spesa quotidiana. E, a proposito di qualità e di cosa si intenda con questa parola, appare utile dare uno sguardo allo studio che - come ogni anno, da 7 anni - anche lo scorso settembre l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha pubblicato in collaborazione con il gruppo bancario svizzero Ceresio Investors. È il Food Industry Monitor. Per il 2021, sono state prese in esame 854 aziende con un fatturato aggregato di 66 miliardi di euro. Tra queste, l’81% afferma di essere un’impresa sostenibile, il 78% offre almeno un prodotto sostenibile, il 44% sceglie i proprio fornitori anche in base alla loro sostenibilità e il 44% ha rivisto il packaging in ottica green. Appare dunque ancora più importante quanto ha affermato Manlio Di Stefano, Sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, in occasione della presentazione di Cibus 2022: “Ricordiamo che l’Italia vanta un primato mondiale sulle produzioni biologiche, il record per le produzioni agroalimentari a denominazione d’origine, e una varietà produttiva unica”.

FOOD FOOD INDUSTRY INDUSTRY MONITOR MONITOR 854 aziende fatturato aggregato: 66 miliardi 

afferma di essere un'impresa sostenibile

offre almeno un prodotto sostenibile

sceglie i propri fornitori anche in base alla loro sostenibilità

ha rivisto il packaging in ottica green

Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo Ceresio Investors



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FARE INDUSTRIA OGGI VUOL DIRE DUNQUE ANCORA UNA VOLTA FARE QUALITÀ maggio

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La parte più cospicua di questa edizione entra però nell’analisi più complessa di alcune grandi realtà dell’industria alimentare.

Perché lo f acciamo?

Parliamo inf at ti di E at aly,

l’indus tria buona e sis te?

nat a da un’ide a di Osc ar

E , se sì, dove si trova?

Farinet ti nel 20 02 ,

C os a dis tin gue una buona

inaugur at a nel 20 07

indus tria da un’altr a

ne gli spazi indus triali più

meno v ir tuos a? Noi

f amosi d’It alia , quelli del

alcune idee ce le siamo

Lin got to di Torino e og gi

f at te. Ci auguriamo che la

pre sente nel mondo con

let tur a delle pagine che

22 punti vendit a , di cui la

se guono pos s a por t are

met à in It alia . Andiamo

alle dov ute rifle s sioni

poi a scoprire chi ha

tut te e tut ti voi.

ri voluzionato il mondo del monouso, consentendoci S a r à q u e s to il s e g r e to

di dire addio alla plas tic a

d e l s u c c e s s o d e ll’ex p o r t

at tr aver so il brevet to del

d e ll’a lim e n t a r e i t a lia n o

Mater - Bi, Novamont .

n e l m o n d o?

Ed entriamo anche nel comple s so mondo delle

Probabilmente sì, perché fare industria oggi vuol dire dunque ancora una volta fare qualità, partendo dalla sostenibilità. È per questo che in questo numero la redazione di Pizza e Pasta Italiana ha allargato lo sguardo al mondo dell’industria alimentare, andando oltre gli artigiani del cibo ma per parlare a loro e con loro. Lo abbiamo fatto ricercando quelle grandi realtà produttive del Paese Italia. Il numero si apre infatti come di consueto con la “Prima Pagina”, ossia con notizie provenienti direttamente da quelle imprese che operano nel mondo dell’alimentare, fornendo prodotti e servizi agli operatori.

cer tif ic azioni del le gno con Palm .

Facile a dir si! Siamo par titi da una domanda:


Südtirol

È nell a nostra natura

Mozzarella Brimi.

100% Latte Alto Adige.

Dalla nostra natura incontaminata, dalla semplicità delle lavorazioni, dalla cura rispettosa nasce l’unica linea con latte 100% Alto Adige. Per pizze e piatti gourmet unici e irresistibili. www.brimi.it


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di Domenico Maria Jacobone

In un mondo fatto di connessioni sempre più spinte, globalizzazione, aziende che pubblicizzano prodotti che dovranno essere distribuiti su mercati internazionali, assistiamo ad una comunicazione che soprattutto nell’ultimissimo periodo sta andando nella direzione opposta: connettere aziende internazionali e territori sempre meglio definiti per avvicinare ed attrarre nuovi clienti.

Il mondo dell'industria si collega al territorio La presa di coscienza dell’importanza degli ingredienti e della provenienza della materia prima, dei cicli di lavorazione che portano al prodotto finito, la costruzione del difficilissimo legame di fiducia tra aziende, intermediari e consumatori fa sì che anche il modo di porsi sul mercato si sia negli anni modificato ed adattato ai nuovi scenari a livello globale, ma anche verticale per nazione ed in qualche caso locale per provincia!

Nel mondo della ristorazione abbiamo assistito alla grande valorizzazione delle micro-produzioni e dei prodotti di nicchia operata da organizzazioni come Slow Food che propongono un vero e proprio percorso educazionale che tange tanto la ristorazione quanto i consumer.

Un vero e proprio movimento di cultura del cibo e dell’approccio consapevole. Sempre più spesso troviamo in carta, al ristorante come in pizzeria, ingredienti del territorio scelti tra i vari Presidi Slowfood. La lavorazione di un prodotto di nicchia, una micro-produzione che porta avanti una tradizione familiare, magari raccontata in modo diretto e social, colpisce e valorizza con simpatia e realismo il consumatore sempre più consapevole ed attento, ma immaginate di dover fare questo percorso con alle spalle una multinazionale i cui prodotti sono venduti e magari prodotti ai quattro angoli del globo:

come si costruisce l’immagine e soprattutto come si consolida l’appartenenza ad un territorio?


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In Italia difendiamo da anni la produzione autoctona

globalizzazione e da ciò che in

Questa campagna è stata pensata per essere strumento sia di valorizzazione del Made in Italy ma anche di promozione del prodotto in sé:

gergo tecnico viene chiamato

"L'obiettivo è veicolare l'imma-

“Italian Sounding”.

gine del Parmigiano Reggiano

Dietro il nome apparentemente italiano, si nascondono produzioni fake che scimmiottano nella definizione prodotti DOC o DOP senza alcuna attinenza ai disciplinari che il consumatore straniero non sempre è in grado di riconoscere!

e la sua autenticità in oltre 250

sempre più aggredita dalla

Mi sovviene mentre scrivo una campagna pubblicitaria che probabilmente avete visto almeno una volta negli ultimi mesi: il progetto di un “mediometraggio” commissionato dal Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano (regia di Genovese, attore protagonista Paolo Fresi, guest star lo Chef Massimo Bottura: un cast di tutto rispetto). Una storia con un sottile fil rouge che ci ha portati attraverso uno storytelling circolare, partito e finito nella cucina dello Chef Bottura, a conoscere il Parmigiano Reggiano. Un viaggio nel ciclo produttivo dal campo di frumento dove si produce il mangime alle stalle, dal caseificio nel quale si specificano i tre ingredienti “Latte, sale e Caglio” (con il povero Renatino che lavora 365 giorni l’anno...), ai magazzini di stagionatura dove le forme stagionano e vengono curate fino alla maturazione. Conclusione della campagna pubblicitaria nel ristorante dello chef Bottura che parla della sua percezione del Parmigiano Reggiano al quale è indissolubilmente legato per la sua famosa ricetta «Le cinque stagionature del Parmigiano Reggiano in diverse consistenze e temperature».

Paesi nel mondo" ha specificato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio durante la presentazione. Insomma, una storia nella storia che lega prodotto e made in Italy attraverso territorio e protagonisti del territorio per un marchio che a livello nazionale non ha bisogno di presentazione; eppure, il Consorzio ha sentito la necessità di riavvicinare ed avvicinarsi a territorio e consumatori. Passando dal food al beverage la Peroni con i suoi marchi prodotti in Italia come Peroni (nelle varie declinazioni) e Nastro Azzurro (ad oggi la birra premium italiana più esportata al mondo) è sin dai primi anni del 2000 di proprietà straniera. Attualmente parte del gruppo Asahi, il più grande produttore di birra giapponese. Quale credibilità si può dare ad un marchio locale, che pur vantando più di 150 anni di storia a livello locale, da anni è parte di una multinazionale con la casa madre dall’altro lato del mondo? In Peroni/Asahi hanno fatto una scelta di valorizzazione del territorio attraverso la materia prima: orzo e malto prodotti in Italia e certificati in Blockchain (di cui abbiamo parlato nel numero di marzo 2022 se vi fosse sfuggito ed aveste curiosità di approfondire cosa sia e come si possa applicare al nostro mondo!).

Nel caso di Peroni sono stati identificati tutti gli attori della filiera del malto 100% italiano ed i dati identificativi che costituiscono il patrimonio informativo del processo produttivo della birra. Questo patrimonio è stato acquisito e registrato grazie a rigidi protocolli di blockchain: alcune informazioni in chiaro, altre criptate perché commercialmente sensibili. Le informazioni in chiaro sono rappresentate attraverso uno storytelling multimediale reso fruibile al consumatore attraverso un QR Code presente sull’etichetta delle bottiglie che rimanda ad una landing page personalizzata, che geolocalizza anche il momento ed il luogo in cui viene effettuata la scansione.

L’esperienza è immersiva, anche grazie all’impiego di soluzioni di realtà virtuale, un percorso esperienziale di grande impatto, arricchito da immagini, testi e suoni alla scoperta del viaggio del malto 100% italiano con una comunicazione che ci fa viaggiare dal “campo al bicchiere”. Il mio invito è quello di testarlo direttamente anche nel vostro locale e comprendere attraverso la vostra esperienza la potenza di questo nuovo approccio!


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Cosa rimane di tutto questo lavoro di comunicazione e connessione come valore sul territorio? Che si parli di una campagna pubblicitaria piuttosto che di una valorizzazione di protocollo, per quanto possa essere diverso l’approccio, si punta a valorizzare il territorio e stimolare il consumatore a conoscerlo.

Ulteriore traino, questa volta con un risvolto sociale: valorizzare il territorio e le sue produzioni significa valorizzare la filiera della materia prima e mettere anche agricoltori e produttori diretti nella posizione di essere remunerati meglio e quindi vivere una condizione di maggiore agio rispetto a quanto riscontrato solo pochi anni fa. La tecnologia e la comunicazione stanno anche disintermediando le filiere, le stanno mettendo in relazione fra produzione e lavorazioni, consumer e distribuzione, ristorazione e cliente finale.

Un movimento che potrebbe ave-

Pensate a quante volte un

re un ritorno turistico attraverso

cliente vi ha domandato la

l’enogastronomia, uno “strumen-

provenienza di un prodotto che

to di viaggio” sempre più utilizza-

ha particolarmente apprezzato?

to da chi sceglie una vacanza alla

Rispondendo alla sua domanda

scoperta di nuovi territori.

avrete agevolato un vostro forni-

La valorizzazione del “Made in Italy” rappresenta una promozione territoriale ampia, che aggancia il filone che lega indissolubilmente nel mondo le nostre prelibatezze con la penisola geografica e produttiva. Il Made in Italy ha il potere di connettere eccellenze che vanno dal food ai motori, passando per moda e produzione enologica.

tore o portato dei complimenti in cucina, ma soprattutto avrete incassato dal vostro cliente il biglietto che vale di più nonostante sia quello meno tangibile: la fiducia!

Per una grande industria la creazione di questa connessione richiede un processo di adattamento e di continua e mutevole comunicazione, uno sforzo che spesso le realtà più piccole o meno aggiornate non riescono nemmeno a cogliere come opportunità di crescita.


Scopri la nuova gamma e tutti i suoi Vantaggi !


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I tragici eventi di guerra che da più di un mese ci mostrano uno scenario che pensavamo fosse relegato ad un lontano ricordo di racconti sentiti dai nonni, ci ha mostrato per la prima volta anche la fragilità della globalizzazione: componenti elettronici, costo dell’energia e materie prime (come il grano e l’olio) con i prezzi schizzati alle stelle. Molti beni di consumo sono lievitati vertiginosamente andando ad impattare un’economia già pesantemente provata dalla pandemia da Covid19, i consumatori hanno un potere di spesa sempre più ridotto, ma mai come in questo periodo cercano meno immagine e più contenuto, valorizzazione dei localismi, marchi di riferimento solidi nei quali riversare la propria fiducia.

Vedranno un domani più fiorente quelle industrie e le tante PMI che decideranno di investire nel territorio in comunicazione, partecipazione ad eventi locali e globali, sponsorizzeranno attività volte alla sostenibilità economica, a quella sociale ed alla circolarità (ad esempio con il riciclo spinto di imballaggi e scarti) dei rifiuti, con un’impronta CO2 compensata da altre attività. Indubbiamente uno degli obiettivi a livello nazionale e globale potrebbe anche essere quello di creare un legame tra aziende e consorzi e riprendere a cercare partner e fornitori nel mercato interno/nazionale per garantire e garantirsi una solidità che in questo momento nessun confine geografico definisce e tutela.

Sfruttare questo momento per costruire delle solide partnership potrebbe rappresentare anche per le attività ristorative un approccio innovativo, quanto semplice, per tutelare ed accrescere le proprie quote di mercato e sfruttare gli sforzi dell’industria per ottenere del comarketing spendibile nel proprio locale in un’ottica di collaborazione verso un comune obiettivo.



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SI FA PRESTO A DIRE

a cura della redazione


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PALM,

LA SOSTENIBILITÀ CHE PASSA DAL LEGNO

Palm è un’azienda artigianale, fondata negli anni ‘60 ed impegnata nella lavorazione del legno. È una realtà del panorama imprenditoriale italiano che punta sulla progettazione e realizzazione dei suoi prodotti (pallet ed imballaggi in legno), caratterizzati da due concetti apparentemente semplici: il minor impiego di materia prima utilizzata possibile ed il minor impatto ambientale possibile. Ne parliamo con Matteo Consolini, area commerciale nonché ricerca e sviluppo dell’azienda.

UNA AZIENDA FAMILIARE O UNA GRANDE IMPRESA: CHI È PALM? Siamo una impresa familiare con un grande cuore. Nati nel 1980, abbiamo da sempre avuto grande rispetto nell’etica del lavoro, nelle persone e nell’ambiente che ci circonda, integrando questi principi nella nostra produzione di pallet ed imballaggi in legno ed evolvendo il concetto stesso di sostenibilità su tutto il settore. Dalla manualità della sola fase produttiva, la famiglia Barzoni ha trasformato il modo di vedere il pallet, guardandolo con occhi nuovi, definendo la riprogettazione ambientale e sostenibile del pallet, per noi chiamato ‘eco-design del pallet’. In collaborazione con l’Università di Torino e di Scienze Gastronomiche di Pollenzo abbiamo sviluppato un LCA ed un Disciplinare Sistemico dello stesso, che declina un approccio che definisce i criteri da rispettare nella sua realizzazione: sano, sistemico, etico. La nostra


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filiera virtuosa ed evolutiva, coinvolgendo sempre più processi di economia circolare e rigenerativa, ha insita nel suo profondo una sostenibilità sociale e ambientale, da cui abbiamo preso forza ed energia per diventare la prima Società Benefit e B-Corp al mondo in questo settore.

COSA VUOL DIRE PER VOI SOSTENIBILITÀ? La sostenibilità è per noi un concetto evoluto di impresa: un’impresa sostenibile genera per l’ambiente e per le persone risultati positivi nel benessere comune e del pianeta. Previene e difende la comunità ed il territorio, operando per il bene e la giustizia sociale ed ambientale nello svolgimento della sua attività. Produrre pallet sostenibili significa anche porre valore ed attenzione a tutti gli aspetti sottovalutati e nascosti che si celano nella gestione d’impresa. L’utilizzo di pallet Palm consente ai nostri partner di integrarsi ad una logistica sostenibile e a valorizzare la loro catena di fornitura.

INDUSTRIA E RISPETTO/ VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO: È UN CONNUBIO POSSIBILE? Siamo in un’epoca in cui le nuove generazioni di consumatori con il passare del tempo saranno sempre più attente nello scegliere responsabilmente i loro prodotti di uso quotidiano, orientandosi su prodotti derivanti da filiere virtuose e responsabili e dunque indirizzandosi ad un consumo responsabile che valorizzi le risorse territoriali ed il rispetto sociale. Una vera industria 4.0 pone al centro del suo cambiamento tutte le ingiustizie sociali ed ambientali, gestendo pienamente la sua attività in modo efficiente sono tutti i punti di vista, non più solo economicamente.



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COME LA VOSTRA IMPRESA VALORIZZA IL TERRITORIO? Partiamo con la valorizzazione del territorio a partire dai nostri rapporti con le filiere di legno italiane, al fine di poter creare valore alle nostre terre e risorse boschive. Attraverso l’utilizzo di legno di pioppo locale alimentiamo una corretta filiera ed un approvvigionamento certificato e legale delle risorse. La valorizzazione del territorio non si ferma solamente al rispetto per l’ambienta che ci circonda, ma anche alla comunità che ci ospita. Durante tutto il periodo annuale lavoriamo coinvolgendo studenti, scuole e università per operare in simbiosi con le istituzioni e porre valore alla cultura della del nostro settore e della gestione sostenibile delle risorse forestali nelle nuove generazioni.

QUALI SONO I PROGETTI DI CUI PALM È MAGGIORMENTE ORGOGLIOSA? L’eco progettazione condivisa con i nostri partner di pallet in legno su misura, ci rende fieri e orgogliosi del nostro modo di fare impresa. Con i nostri partner più consolidati ridefiniamo la struttura dei pallet in legno riducendo lo spreco di materia prima legno al loro interno per adeguarli alla loro corretta utilità logistica. Riducendo l’impatto ambientale degli imballaggi in legno dei nostri partner, ci rendiamo strumenti di sostenibilità per i loro criteri ESG (Enviromental, Social, Governance) ed artefici di un passaggio generativo che trasporta un’ottica sempre più sostenibile dal punto di vista ambientale. Grazie ai progetti di ecodesign, siamo stati pluripremiati come una Supply Chain sostenibile da diversi nostri importanti partner strategici. Queste operazioni rendono Palm unica nel settore dei pallet ed imballaggi in legno a condividere importanti percorsi di sostenibilità nel reparto logistico dell’imballaggio terziario.

sotto

premio Sustainability Award da Chiesi Farmaceutici

sopra

Matteo Consolini, Area Ricerca e Sviluppo e Commerciale



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Il futuro parte dalla

L’esperienza della ristorazione collettiva di QUALITÀ E SERVIZI

di A.P.


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S

olitamente si pensa che nelle mense ci finiscano i cuochi “di categoria inferiore” e che per rispondere alle esigenze dei committenti, nella refezione scolastica e aziendale non autogestita si fanno troppi “sconti sulla qualità”. Sono questi i due falsi miti che Qualità e Servizi ha deciso di sfatare, partendo dalla Toscana e combattendo contro i colossi della ristorazione collettiva. Pensate però per un attimo ai vantaggi di fare bene questo lavoro: gli orari di operatività sono spesso quelli di tutti gli altri lavoratori e, nei giorni festivi, si “rischia” addirittura di potere avere una giornata di riposo. Inoltre, sono milioni i pasti serviti quotidianamente in scuole, ospedali, case di riposo, carceri e ovviamente luoghi di lavoro, quindi il mercato potenziale è davvero ampio.

Credits fotografici e dati: Archivio Slow Food / sito web Qualità e Servizi

Qualità e Servizi è nata nel 1996 dal rapporto tra Pedus Service P. Dussmann Srl e le amministrazioni comunali di Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio. Nell’anno 2003 è entrato a far parte del gruppo anche il Comune di Signa. Dal 2005 l’azienda è di proprietà dei Comuni di Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio e Signa, diventando completamente pubblica. In seguito, sono entrati a far parte della società altri tre Comuni: nel 2018 il Comune di Calenzano, nel 2021 i Comuni di Carmignano e di Barberino di Mugello. I pasti preparati sono circa 9.000 ogni giorno e sono destinati principalmente alle scuole. Il bilancio 2019 (l’ultimo pubblicato prima del periodo pandemico) è stato di poco inferiore a 7,5 milioni di € con un utile superiore ai 250 mila € e un patrimonio che supera i 2 milioni. Numeri importanti, dunque, anche se si parla di alti standard nella scelta dei fornitori, produttori locali, stagionalità, soddisfazione di bambini, genitori e insegnanti a livelli invidiabili. Qualità e Servizi possiede un centro principale di cottura situato a Calenzano, nel quale vengono preparati e poi spediti circa 7.500 pasti al giorno, i quali vengono somministrati nelle circa 70 scuole dei Comuni di Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Signa e Barberino di Mugello (nidi, scuole d’infanzia, primarie). Oltre a questo centro, ne gestisce altri 11, di dimensioni ridotte: 8 cucine presso gli asili nido comunali di Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Signa e Barberino di Mugello; un’altra cucina sita a Calenzano per i pasti delle scuole del Comune, una cucina a Carmignano, per gli 800 pasti degli istituti


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del territorio e una cucina a servizio della RSA “Villa Solaria” sita nel comune di Sesto Fiorentino. L’amministratore unico aziendale è Filippo Fossati, responsabile dell’area qualità è Eleonora Tancredi mentre la direzione della produzione è affidata a Francesco Dini. Circa 200 sono gli operatori professionali assunti dall’azienda. Qualità e Servizi si appoggia a 27 fornitori locali da cui si acquistano prodotti per circa un milione di euro. Per rispettare le normative vigenti e al contempo costruire e consolidare una rete di fornitori locali di eccellenza, la società fa ricorso a bandi pubblici, all’interno dei quali il peso è fortemente spostato su criteri di qualità che sono stati definiti per ciascun prodotto con estrema cura e attenzione. I costi di struttura che la società ha condiviso nel 2019 sono i seguenti:

TABELLA STRUTTURA DEI COSTI Voce

2016

entro 3 anni

Materia prima food Materia prima non food Produzione Ammortamenti Somministrazione Costi generali

1,56 0,16 0,85 0,25 1,20 0,96

1,52 0,11 0,96 0,25 1,24 0,92

1,55 0,10 0,93 0,25 1,22 0,99

totale

4,98

5,00

5,04

Qualità e Servizi si è dotata di un codice etico, i cui valori sono principalmente: l’integrità morale, l’onestà personale e la correttezza nei rapporti interni ed esterni; la trasparenza nei confronti degli azionisti, dei portatori di interessi correlati e del mercato; il rispetto dei dipendenti e l’impegno a valorizzarne le capacità professionali; l’impegno sociale; la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente. “Qualità e Servizi – dichiarano gli amministratori della società – è impegnata non solo a distribuire cibo ma ad innescare, grazie e proprio in virtù del cibo, un processo di educazione continua alla sana alimentazione, alla salute e alla consapevolezza, per crescere buoni cittadini. Qualità e Servizi sceglie le materie prime secondo rigidi criteri di qualità, ma anche in base a valori di responsabilità socio-ambientale. Favorisce l’incontro diretto tra chi produce alimenti e chi li acquista e li consuma, prediligendo sempre i prodotti locali, se coerenti con gli standard qualitativi. Questo stimola un’economia locale circolare e riversa ricchezza e valore sul territorio circostante, riducendo l’impatto ambientale legato al trasporto dei prodotti. Genera un circolo virtuoso dove le risorse e i prodotti “più vicini” sono massimamente impiegati e valorizzati, prediligendo le colture locali, ma anche incentivandone la diversificazione. Genera, in ultima analisi, un processo di miglioramento continuo, sostenendo, e insieme orientando, la produzione locale”. Dal 2021, Qualità e Servizi ha deciso di aderire anche al rinnovato progetto dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi. Il motivo? “Crediamo che la ristorazione scolastica sia uno strumento grazie al quale applicare i concetti dell’agroecologia e promuovere un diverso modello di sviluppo affidato ad agricoltori e allevatori di piccola scala”. Una mensa sana è dunque possibile e sostenibile, anche economicamente.





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Novamont, l'industria vicina al territorio di D.M.

N

ovamont è l’azienda leader a livello internazionale nel settore delle bioplastiche e dei biochemicals. Questa realtà industriale affonda le sue radici nella Scuola di Scienza dei Materiali Montedison, quando circa trent’anni fa alcuni ricercatori iniziarono a sviluppare il progetto ambizioso di integrazione tra chimica, ambiente e agricoltura ovvero la “Chimica vivente per la qualità della vita”. Oggi Novamont è un gruppo composto da quattro siti produttivi, quattro centri di ricerca, sedi commerciali in Germania, Francia, Spagna e Stati Uniti e un ufficio di rappresentanza a Bruxelles (Belgio). Nel 2021 ha acquisito BioBag International, gruppo leader a livello mondiale nello sviluppo, produzione e commercializzazione di applicazioni biodegradabili e compostabili certificate, con sede a Askim (Norvegia), uno stabilimento produttivo a Dagö (Estonia) e presenza in altri 9 Paesi in tutto il mondo.


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ABBIAMO INCONTRATO ANDREA DI STEFANO, RESPONSABILE PROGETTI SPECIALI E COMUNICAZIONE DI BUSINESS PER L’AZIENDA, PER CAPIRE COME UN’AZIENDA DI TALI DIMENSIONI E IN UN SETTORE COSÌ DELICATO POSSA INTEGRARSI CON IL TERRITORIO IN CUI OPERA.

accanto

Andrea Di Stefano

LA PAROLA INDUSTRIA FA SPESSO STORCERE IL NASO AGLI AMBIENTALISTI. COME HA FATTO NOVAMONT A ENTRARE IN SINERGIA CON LE ASSOCIAZIONI PIÙ IMPORTANTI DEL TERZO SETTORE IMPEGNATE NELLA DIFESA DEL PIANETA?

“Con una chiara condivisione sugli obiettivi ambientali e la massima trasparenza sull'impatto non dei propri prodotti ma delle soluzioni sistemiche proposte. L'approccio, ben prima che diventasse di moda, è stato quello di condividere solo progetti che fossero: • • •

misurabili concreti coinvolgenti

partendo da una mappatura degli stakeholders, un ascolto delle esigenze e non cercando di vendere un prodotto fine a sè stesso.”


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COS’È IL MATER-BI? COME NASCE QUESTA IDEA E QUALI SONO I SUOI PUNTI DI FORZA? “Il Mater-Bi è una famiglia di bioplastiche biodegradabili e compostabili, sviluppate grazie a trent’anni anni di ricerca e innovazione per offrire soluzioni a specifici problemi ambientali, conciliando qualità e performance dei prodotti con l’efficienza dell’uso delle risorse. Il Mater-Bi è ottenuto da una serie di tecnologie proprietarie e prime al mondo nel campo degli amidi, delle cellulose, degli oli vegetali e delle loro combinazioni. Grazie alle sue caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità e all’alto contenuto di materie

prime rinnovabili, consente di ottimizzare la gestione dei rifiuti organici, ridurre l’impatto ambientale e contribuire allo sviluppo di sistemi virtuosi con vantaggi significativi lungo tutto il ciclo produzione-consumosmaltimento. Presenta caratteristiche e proprietà d’uso del tutto simili alle plastiche tradizionali ma, è al tempo stesso, biodegradabile e compostabile ai sensi della norma europea EN 13432, il più importante riferimento tecnico per i produttori di materiali, le autorità pubbliche, i compostatori, i certificatori e i consumatori.”

NOVAMONT HA MOLTE SEDI IN ITALIA: COME SCEGLIE I LUOGHI IN CUI APRIRE I PROPRI STABILIMENTI? “In base alle caratteristiche industriali e territoriali, soprattutto in un’ottica di rigenerazione territoriale, sia economica che sociale, di tutela e di riduzione del consumo del suolo. Temi fondamentali cui si ispira la nostra politica di riconversione di impianti tradizionali non più competitivi o in crisi: Bottrighe era un impianto di fermentazione in via di dismissione, Patrica un impianto per la produzione di PET per bottiglie prossimo alla chiusura, Piana di Monte Verna un centro di ricerche destinato alla cessazione. Novamont è una Società Benefit e B Corp: noi guardiamo al business come forza di rigenerazione, ripensiamo il ruolo dell'impresa nella società e vogliamo andare oltre le logiche del profitto dell’oggi, garantendo trasparenza e valore diffuso per i territori.”

sopra

la sede di Novara

accanto

la sede di Terni



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QUALI SONO I PROGETTI DI CUI NOVAMONT È MAGGIORMENTE ORGOGLIOSA? “Oltre ai progetti industriali, siamo molto fieri delle iniziative cui diamo vita nei territori con i nostri partner, tutti finalizzati a coniugare benefici ambientali a benefici sociali. Penso, per esempio, ai progetti con la città di Milano per lo sviluppo della raccolta differenziata della frazione organica dei cittadini, a “RePopp”, sviluppato con la Città di Torino, che ha l’obiettivo di avviare un efficiente sistema di raccolta dei rifiuti organici e dei prodotti ortofrutticoli ancora valorizzabili nel mercato alimentare di Porta Palazzo, il più grande e culturalmente diversificato della città di Torino, recuperare e ridistribuire le eccedenze alimentari, alle sperimentazioni relative agli strumenti a basso impatto per la pesca marina (retine e galleggianti), a quelle per l’utilizzo dei bioerbicidi in alternativa ai fitofarmaci tradizionali con il Consorzio di tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG, ai progetti di agricoltura sostenibile in Mozambico.”

INDUSTRIA E RISPETTO / VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO: È UN CONNUBIO POSSIBILE? “Assolutamente! Anzi, può essere volano di innovazione e sviluppo. Oggi ci troviamo a fronteggiare la devastazione del capitale naturale, viviamo le pesanti conseguenze della globalizzazione senza radici, della delocalizzazione, di un inquinamento pesante e di un tessuto sociale in crescente sofferenza. Occorre un diverso modello di economia e società per orientare il nostro sviluppo. Novamont è in qualche modo un dimostratore di questo concetto: mettiamo al centro i territori, reindustrializziamo siti chimici dismessi, con le nostre tecnologie disegniamo bioprodotti in grado di non accumularsi nell’ambiente, mettiamo al centro il suolo e la rigenerazione delle aree marginali attraverso aridocolture e materia organica riportata in suolo, contrastando la perdita di biodiversità e fertilità e il cambiamento climatico.”



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Valorizzare le differenze.

La ricetta di

di Antonio Puzzi


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Nata da un’idea di Oscar Farinetti nel 2002, Eataly ha aperto a Torino nel 2007 il suo primo punto vendita, nell’ex stabilimento del vermouth Carpano (ancora oggi parzialmente visitabile nei locali della struttura) al Lingotto. Farinetti e il suo staff hanno dedicato 5 anni prima dell’apertura alla ricerca dei prodotti simbolo dell’italianità, una ricerca che da quel momento non si è mai fermata. Oggi l’azienda conta 40 negozi nel mondo. Da quel primo insediamento nella città del cioccolato,

il mondo enogastronomico è cambiato radicalmente: in quel tempo infatti erano in pochi a parlare di prodotti ricercati, identità locali e valorizzazione delle culture territoriali attraverso il cibo e agricoltura, tant’è che – come si legge sullo stesso sito – la spinta iniziale fu resa possibile solo grazie a Slow Food che già qualche anno prima aveva lanciato il progetto dei Presìdi. Di certo, è innegabile che è stato lo stesso Farinetti ad avere contribuito in maniera decisiva a sviluppare questo “nuovo mondo”.

A cosa si deve il successo planetario di Eataly? Lo abbiamo chiesto non al suo fondatore o a uno dei suoi dirigenti ma al responsabile internazionale del comparto pizza, Francesco Pompilio. Di origini pugliesi, Francesco riconosce la diversità delle tradizioni “pizzose”

Quali sono i piatti simbolo

del Belpaese.

dell’Italia e di Eataly?

Come si racconta al mondo la cucina italiana? “Trait d’unione fondamentale è che la cucina italiana è vasta ma semplice. A noi viene molto facile far conoscere la cucina italiana agli Italiani. E non lo diciamo per arroganza ma perché attraverso il grande esercizio che facciamo quotidianamente da sempre, confrontandoci con prodotti tipici di tutta Italia, riusciamo a riconoscere le pluralità della cultura enogastronomica italiana, e a formulare una proposta, anzi, delle proposte, in grado di portare al mondo il meglio della nostra cultura.

“La nostra è una cucina con tante differenze e tante uguaglianze: a distanza di pochi chilometri ci sono differenze apparentemente sostanziali ma il piatto resta quello. Così, se è essenziale cogliere le differenze e saperle valorizzare, allo stesso modo è estremamente importante saper semplificare portando a fattor comune gli elementi comuni che contraddistinguono i piatti più iconici. Abbiamo fatto questo esercizio su pizza, spaghetto al pomodoro, tiramisù, patata fritta, dando a ciascuno di questi piatti una sua "identità Eataly",uguale in tutti i nostri ristoranti. Per completare l’offerta e gratificare il desiderio dei clienti in ogni città, facciamo poi un esame più approfondito delle ricette locali e sviluppiamo un connubio che è la nostra cifra distintiva: locale e globale insieme”.


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C’è una differenza tra la Margherita che si mangia nel punto vendita di Milano e quella che si può degustare ad esempio nel negozio di Roma? “Fondamentalmente la Margherita di Milano e quella di Roma sono la stessa pizza ma c’è comunque un’attenzione legata al territorio: uso gli stessi ingredienti ma modifico alcuni topping delle pizze per avvicinarmi di più al territorio

e ai prodotti più tipici e simbolici. Tutto questo tenendo sempre in considerazione la stagionalità, che è un elemento per noi molto importante. Nelle pizzerie, ad esempio, i menu cambiano ogni 3 o 4 mesi per inglobare ingredienti suggeriti dalla stagione in corso.

E all’estero cosa accade? All’estero amano i nostri piatti iconici (la Margherita, la patata fritta secondo la nostra ricetta e lo spaghetto al pomodoro). Sono i più amati per la loro riconoscibilità, semplicità e gusto. A Londra per esempio, il grande amore per la cucina italiana è compensato da una grande offerta da parte di ristoranti italiani o che promettono l’esperienza italiana. In un mercato del genere occorre distinguersi per autenticità, oltre che per la qualità del prodotto venduto.

È cambiata negli anni l’attenzione della clientela? “C’è da fare un distinguo: quando parliamo di prodotti lievitati, è cresciuta molto l’attenzione e la cultura dei clienti rispetto a quello che stanno mangiando. In tema di pizza, ad esempio, i clienti sono molto più attenti e desiderano sapere da dove viene ogni prodotto: come viene fatto il pomodoro, come la mozzarella, come la farina e la lievitazione… Un po’ meno attenti invece su altri piatti e i loro rispettivi ingredienti. Va anche

detto che mediamente gli italiani sono più preparati rispetti ai clienti all’estero, ma questo è normale. A Londra e negli USA noi abbiamo il caseificio che prepara la mozzarella per la pizza fresca tutti i giorni: in quel caso il valore aggiunto non è la bandiera di provenienza del prodotto ma l’artigiano, davanti al quale le persone si fermano ammirate”.


PIZZERIA? GASTRONOMIA? FORNERIA?

Qualsiasi cosa tu faccia, mettici l’arte. Al resto ci pensiamo noi.

KING, l’unico forno che cuoce con l’innovativo IWOS™ System (Italian Wood Oven Substitute). Riproduce meccanicamente il movimento circolatorio dell’aria del forno a legna. AZZURRO, il forno ideale per il pizzaiolo che ha un locale di dimensioni ridotte. Permette di lavorare con pale corte ed è fornito di un robusto tavolo estraibile opzionale utilizzabile come piano di lavoro supplementare.

AZZURRO TRAY, pensato per la cottura in teglie 60x40 per la realizzazione di pizze e focaccie. Importante isolamento termico e meno 30% di consumi energetici.

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Professional catering equipment

Via dell’Orzo 15 – 17 47822 SANTARCANGELO DI ROMAGNA (RN) - ITALY

tel. 0541 332343 info@gaminternational.it www.gaminternational.it


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Eataly ha realizzato qualche anno fa un Manifesto della Pizza, della sua pizza: perché?

“L’esperienza della Pizza Eataly è stata formativa, mi ha consentito di capire e studiare a fondo la materia prima e il prodotto finito. Realizzare il Manifesto della Pizza ci ha portato ad avere un nostro disciplinare interno che oggi è parte del nostro DNA in tema di pizza. Avevamo bisogno di creare una nostra identità e di renderci distinguibili: esiste una tradizione dalla quale attingiamo a piene mani e, nel contempo, abbiamo lavorato per avere una ricetta che è

stata premiata dal pubblico e che riesce a offrire un prodotto costante in tutte le sedi. Lo scorso anno abbiamo realizzato anche una evoluzione della Pizza Eataly (più vicina allo stile napoletano, anche se comunque diversa) e ne abbiamo fatta una più simile allo stile romano, più croccante, sottile e tirata con il mattarello e fatta con farine di grani antichi come enkir, farro, segale e kamut.

Possiamo quindi parlare di un prodotto standardizzato o no? “La parola standard non ci piace molto. Ma abbiamo lavorato per elevare la qualità delle nostre pizzerie ad un livello che vogliamo sia lo stesso in ognuna delle nostre pizzerie. Facendo un lavoro così artigianale, ci sono sempre degli elementi che non possiamo controllare e che sono in balia delle variabili esterne: l’umidità, la temperatura, la mano del pizzaiolo. In una parola, possiamo dire che abbiamo dato un’identità alla nostra pizza, ma senza renderla un prodotto sempre uguale a se stesso, e di questo ne sono felice!”. In queste ultime parole, vi è forse tutto il segreto del successo di Eataly.


la torrente nuova manca

il buon pomodoro italiano

La freschezza dell’estate tutto l’anno Sarà un anno da leccarsi i baffi. C’è una ghiotta novità che darà più sapore al nuovo anno, un calendario che porterà la giusta nota di colore. Tante idee da assaporare ogni mese con i nostri dodici “Artisti della pizza”. Maggio è stato dedicato al nostro caro pizzaiolo Gennaro Primicerio che con la sua pizza ai “Filetti con basilico” ha lasciato tutti a bocca aperta.

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Vincisgrassi alla Maceratese Domande e risposte al servizio della ristorazione per conoscere una nuova STG a cura della redazione

Q

uale Regione italiana ha cotto per prima al forno la lasagna all’uovo? Difficile a dirsi, potremmo rischiare nuove lotte intestine all’interno dello Stivale. Ciò che sappiamo per certo, però, è che la prima ricetta di pasta al

forno a essere tutelata dall’Unione Europea con il marchio STG è marchigiana, per la precisione di Macerata. Si tratta infatti dei Vincisgrassi alla Maceratese che, dallo scorso 31 marzo, possono fregiarsi del prestigioso marchio di origine.


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Cosa sono i Vincisgrassi alla Maceratese? Come si legge nel Disciplinare di Produzione approvato dall’UE, si tratta di una pasta al forno realizzata principalmente nella provincia di Macerata da oltre 90 anni, costantemente tramandata nella tradizione orale e codificata per la prima volta in un ricettario da Cesare Tirabasso nel 1927. Il piatto è realizzato con almeno 7 sfoglie di pasta all’uovo, alternate a sugo ricco di carni di animali da cortile e loro frattaglie, di maiale e vitello, con besciamella e formaggio grattugiato. In passato, la preparazione del piatto era molto costosa e per questo realizzata nelle occasioni speciali e nelle famiglie nobili. A partire dal secondo dopoguerra, il miglioramento delle condizioni economiche della classe media ne ha però consentito la diffusione. SOPRA La città di Macerata

Cos’è una STG? STG è l’acronimo di Specialità Tradizionale Garantita. A differenza di DOP e IGP, le STG non prevedono una delimitazione territoriale ma, con esse, hanno in comune la tutela del nome contro le usurpazioni, la garanzia del rispetto del disciplinare di produzione e la certificazione da parte di un organismo indipendente.

Cosa vuol dire diventare STG? Le preparazioni tutelate con questo marchio (come appunto i "Vincisgrassi alla Maceratese") potranno essere così denominate solo dopo che un organismo di controllo incaricato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali abbia verificato che la preparazione sia stata ottenuta solo con le materie prime e gli ingredienti utilizzati tradizionalmente e nel rispetto del procedimento tradizionale codificato dal disciplinare.


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SOPRA

Quanti prodotti tipici

La città di Macerata

abbiamo in Italia? Di questo parleremo più diffusamente nel numero “doppio” della prossima estate dedicato proprio alla geografia delle tipicità. Per ora, ci basti sapere che sono 316 le indicazioni geografiche agroalimentari del nostro Paese. Di queste, però, le STG sono soltanto 4 e il loro riconoscimento è avvenuto lungo un periodo durato quasi 25 anni. La prima Specialità Tradizionale Garantita a essere stata riconosciuta è stata nel 1998 la Mozzarella (da non confondere con la Mozzarella di Bufala Campana DOP e la

Mozzarella di Gioia del Colle DOP) con cui si identifica un formaggio a pasta filata prodotto in vari Paesi dell’UE. In seguito, nel 2010, per volontà dell’allora Ministro dell’Agricoltura, Alfonso Pecoraro Scanio, tale riconoscimento andò alla pizza napoletana. Dieci anni dopo, nel 2020, non poteva mancare un sugo storico (attenzione: non tutto il piatto ma solo il sugo) e cioè l’amatriciana tradizionale. Il primo piatto completo a essere inserito è stato invece proprio quello dei Vincisgrassi.

E allora buona lasagna a tutti!


LE AZIENDE INFORMANO

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MTP Forni presenta MODULAR, il forno statico multifunzione che porta la cottura perfetta in panetteria, pasticceria e pizzeria TECNO A S.R.L. Sede Legale Via del Lavoro 4 - Loc. Canavaccio, 61029 - Urbino (PU) Italy Sede Operativa Via dell’Industria 23 Loc. Canavaccio, 61029 - Urbino (PU) Italy T. +39 0722 042005 F. +39 0722 354049 info@mtpforni.it

N

ella line-up di MTP Forni, occupa un’importante posizione Modular, il forno statico elettrico che è stato progettato appositamente per permettere all’utilizzatore di cuocere alla perfezione prodotti di piccola panetteria, pasticceria e pizza in teglia, dando la possibilità di estendere l’offerta e raggiungere nuovi clienti.

MY BAKING, si possono configurare fino a 99 ricette ottenendo una programmazione personalizzata dei processi di cottura, permettendo di cuocere con uno stile unico e inconfondibile. Con la tecnologia 4.0 Ready inoltre, il forno diventa gestibile nelle sue varie funzioni da remoto, rendendo sempre più connesso e controllato il lavoro.

Grazie al DIFFUSION CONTROL nel cielo, che permette di sfruttare l’irraggiamento indiretto, il forno riesce a raggiungere le più alte performance di produttività in ogni tipo di prodotto, mantenendo un risparmio energetico del 40% supportato dalla coibentazione ad alto potere isolante Air-Jacket che caratterizza il sistema ECO-POWER, il quale posiziona i nostri forni tra i più efficienti al mondo.

Il Modular è disponibile nelle camere di altezza 18 o 28 cm, per la cottura di piccoli e grandi lievitati e per chi vuole offrire anche la pizza ai propri clienti. È dotato di POWER CONTROL nella parte frontale della camera per uniformare il calore al suo interno e ottenere sempre una cottura perfetta.

L’innovativa tecnologia di MTP, ha dotato il forno di un quadro comandi touch screen da 5’’ con il quale si può gestire ogni parametro di cottura e, con la funzione www.mtpforni.it

Da ultimo, essendo un forno statico, riesce ad essere un fondamentale alleato nella pasticceria, garantendo un perfetto controllo nella produzione di prodotti unici ed inimitabili.


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Le verdure di maggio: viaggio nel cuore della primavera di Caterina Vianello

piselli e fave

Il mese di maggio rappresenta il cuore della primavera, con una vera e propria esplosione di prodotti orticoli e primizie tali da accendere la nostra tavola di tutte le sfumature di verde. Ecco una breve rassegna dei prodotti di cui è bene approfittare nel corso di questo mese, tra legumi, verdure ed erbe spontanee. Migliaia di cultivar differenti (il Catalogo europeo delle specie e varietà autorizzate per la coltura ne conta 1390 varietà), diverse forme, strutture (lisce o rugose) e colore dei semi, dei baccelli, delle foglie, dei fusti, di altezza delle piante.

Poche varietà come i piselli rimandano alla primavera e alle primizie. Legumi appartenenti alla famiglia delle Fabaceae, la stessa di fave, lenticchie, fagioli e lupini, sono un concentrato di proprietà: sono ricchi di vitamina B1 e vitamina A, acido folico, sali minerali (soprattutto fosforo, potassio, sodio, magnesio e ferro, presenti principalmente nei baccelli). Poveri di amido, e quindi più digeribili di altri legumi, rispetto al resto dei componenti della famiglia hanno il tasso più alto in assoluto - tra i legumi - di proteine. I primi piselli della stagione hanno la riconoscibile caratteristica di essere teneri, succosi e molto dolci, con il baccello liscio di un bel colore verde brillante, pieno e con le punte dritte. Abituati a consumarli surgelati e ad una stagionalità pressoché inesistente, si dovrebbe invece approfittare della primavera come stagione privilegiata in cui poterli gustare per godere del loro sapore più intenso e un maggior contenu-

to di sostanze nutritive. In cucina rivelano una grande versatilità: dai primi a base di pasta o riso, possono accompagnare pesce e carne come contorno, o ancora essere e protagonisti di torte rustiche e sformati. Dai risi e bisi e dalle seppie coi piselli, agli arancini al ragù, da nord a sud i piselli rivelano una trasversalità interregionale ghiottissima. Rimaniamo nel mondo dei legumi con le fave. Da alimento poverissimo in passato, associato alla condizione dei contadini, le fave sono diventate protagoniste di una riscoperta, complici anche le loro molte proprietà benefiche: ricche di vitamine A, C, B (B1, B2, B3), fibre, ferro, aminoacidi e proteine. Originarie dell’Asia Minore, sono uno dei legumi più antichi della storia. La cucina meridionale le ha elette ad ingrediente principe di molti piatti. Se sono assai versatili – ottime per zuppe, vellutate, come condimento per la pasta, ma anche abbinate al pesce – l’accostamento con pecorino, in purezza, dove la loro dolcezza si combina con la sapidità del formaggio, resta uno dei modi migliori per gustarle.


titolo della rubrica

fagiolini, taccole e piattoni

La famiglia dei legumi vede altre delizie, declinazione di dimensioni diverse di un legume simile: parliamo di fagiolini, taccole e piattoni. Chiamati anche cornetti o tegoline, i fagiolini sono il baccello immaturo del fagiolo, del quale vengono mangiati sia la buccia sia il frutto. A metà strada tra il legume e l’ortaggio, sono ricchi di vitamine A e C, minerali e fibre. Le varietà sono molteplici e oltre classici verdi (Cleo, Festina, Virgilio), ce ne sono anche di gialli e viola. In cucina, bolliti, cotti al vapore o saltati direttamente in padella da semplice contorno, conditi con olio e limone, diventano ingrediente per insalatone. Imprescindibile il condimento per la pasta al pesto. Strette, lunghe e piatte, di un bel verde brillante, anche le taccole si mangiano intere. Distinguerle dai piattoni non è semplice ma reperibilità e occhio allenato aiutano. Se le taccole sono meno reperibili e non superano i 10 cm di lunghezza per 3 cm di larghezza, i piattoni sono lunghi quasi il doppio ma più stretti. Il sapore, infine: i piattoni sono carnosi e neutri, mentre le taccole sono croccanti, dolci e saporite. Poco caloriche, vanno cotte il meno possibile (al vapore, lessate o saltate in padella), meglio ancora se mangiate crude in insalata.

spinaci Per gli Arabi, che lo introdussero in Europa tra il 1200 ed il 1300, lo spinacio era “il principe degli ortaggi”, probabilmente per le molte proprietà nutrizionali all’inizio del ventesimo secolo. Se quello del contenuto di ferro resta più un mito, è pur vero che la quantità di vitamine e minerali contenuti dagli spinaci è notevole. In cucina, gli spinaci hanno molti utilizzi e si dimostrano estremamente versatili. Si possono mangiare crudi in insalata, lessati o saltati in padella. Ben oltre il semplice contorno, sono un ottimo ingrediente per primi piatti (paste ripiene, torte salate, zuppe) e secondi (farcitura di involtini o arrosti). Da non dimenticare il ruolo di colorante naturale per la pasta fresca (tagliatelle e sfoglie).

erbette La primavera è la stagione ideale per andare a accogliere erbe selvatiche, tra campi e prati. Piante, germogli e fiori sono un patrimonio di sapori e profumi che arricchisce la tavola e lo spirito. Ecco allora grespino e ramolaccio, cardogna e acetosella, cicorietta e ortica (queste ultime due ideali per torte, minestre e risotti); e ancora finocchietto selvatico e nepitella. Per la raccolta vale un’unica precauzione: raccogliere solo ciò di cui si è sicuri o farsi accompagnare da un esperto.

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carciofi L’Italia detiene il primato mondiale per produzione di carciofi: le zone di maggior produzione sono Sicilia, Sardegna e Puglia. Le varietà che si coltivano in Italia possono essere classificate, in base alle caratteristiche agronomico-commerciali, in due grandi gruppi: uno autunnale, la cui produzione si estende in primavera fino a maggio, ed uno primaverile, da febbraio-marzo fino a maggio-giugno, coltivato nelle aree costiere dell’Italia centro-settentrionale. Ecco qualche varietà da conoscere e assaggiare, tra sapori più o meno accesi e toni di verde e viola. Si va dal Carciofo spinoso di Sardegna Dop dalla cima violetta, forma tipicamente allungata, e foglie carnose di consistenza croccante, con sapore dolciastro e amarognolo, al Carciofo romanesco del Lazio Igp, la mammola, inconfondibile per le dimensioni e la forma tonda; dal Carciofo di Paestum Igp, sferico, compatto e senza spine, dal sapore dolce al Carciofo violetto di Castellammare, Presidio Slow Food, ottimo alla brace; dal Carciofo violetto di Sant’Erasmo, veneziano dal colore cupo e dalla sapidità unica, al Carciofo di Pietrelcina, tenero, carnoso e decisamente colorato. In cucina, anche se ogni varietà ha le sue specificità, la versatilità del carciofo è eccezionale. Flan, sformati, vellutate, torte salate, paste, fritture, cotture alla brace o al forno: con il carciofo è possibile fare praticamente tutto.



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asparagi Chiudiamo con la dolcezza, quella degli asparagi. Le varietà di asparago sono moltissime, oltre 200. Le differenze sono cromatiche e di gusto. A seconda infatti che il turione sia o meno venuto a contatto con la luce del sole si sviluppano colori e sapori differenti: ecco allora l’asparago verde, bianco, violetto. L’asparago verde è quello più diffuso: germoglia alla luce del sole come quello violetto, dal quale si distingue per un sapore meno marcato e amarognolo. Il violetto è più deciso e amaro, mentre il bianco è molto più delicato. Le principali varietà vedono il bianco di Bassano DOP dalla forma allungata, ben formata, dritta, con apice serrato, delicato e dolce, perfetto per il risotto, il bianco di Cimadolmo, coltivato in 11 comuni attraversati dal fiume Piave, con sapore rotondo e delicato, perfetto per creme, vellutate, ma soprattutto per i piatti a base di uova. Colore bianco e verde per l’asparago di Badoere coltivato tra Treviso, Padova e Venezia. La versione bianca è dolce, non salata e tenera mentre la verde ha sapore marcato, dall’aroma fruttato ed erbaceo. In cucina, i primi piatti sono quelli che lo valorizzano al meglio. Ad Albenga ecco il violetto: Presidio Slow Food, viene coltivato su terreni alluvionali. Ha consistenza morbida e gusto dolce e burroso, qualità che lo rendono molto pregiato, ma anche estremamente delicato. Preferisce cotture minime, preferibilmente al vapore, e condimenti poco coprenti. Si va in Emilia per l’asparago verde di Altedo, dal colore e sapore decisamente intensi: ha consistenza tenera e gusto dolciastro ma ben definito: in cucina si consuma lessato, con l’aggiunta di olio e sale, gratinato oppure come ingrediente per

la preparazione di minestre, zuppe, risotti, frittate. Eccellenza orticola di Varese, l’asparago di Cantello è bianco, interamente commestibile, con profumo intenso e delicato allo stesso tempo, e sapore dolce, con un retrogusto solo leggermente amaro. Si abbina a formaggi freschi, specie di capra, e pesce crudo e marinato. Dalla specialità De.Co. lombarda come l’asparago rosa di Mezzago, dal gambo bianchissimo e punta rosa, con gusto delicato, ci spostiamo in Friuli per l’asparago rosa di Nogaredo al Torre. Più sottile degli altri asparagi, ha un colore verde tenue sul gambo, tendente al rosa sulla punta. I turioni vengono consumati anche crudi poiché molto teneri. In cucina è perfetto per creme di verdure e risotti. Andiamo in Trentino per l’asparago bianco di Zambana. Coltivato sui terreni sabbiosi che furono il letto del fiume Adige, ha colore che varia a seconda del momento della raccolta. Può essere infatti bianco se la testa non fuoriesce dal terreno, oppure assumere i toni del rosa, blu e violetto a seconda dell’esposizione alla luce del sole. Se lasciato maturare, diventa verde. Anche il sapore cambia: più delicato o più marcato ed erbaceo Chiudiamo con l’asparago montine, che si coltiva da secoli sulla sottile striscia di terra che si trova tra il mare e la laguna nord di Venezia, in un’area che comprende le isole di Treporti, Lio Piccolo e Mesole. Deriva da un incrocio tra quello selvatico e quello più comune: è inconfondibile per gusto amarotico e rusticità. Ha color verde intenso con sfumature violacee, e si consuma crudo in insalate, lessato, in minestre, zuppe o creme. Ottimo per i risotti o come condimento per pasta e frittate.


L’emozione nel piatto...

Sei pronto per il miglior gusto del mondo? Farm Frites International | www.farmfrites.it

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Stagionalità, Territorialità, Salute della Dott.ssa Marisa Cammarano, biologa nutrizionista


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on è un mistero che i cicli stagionali siano sconosciuti a molti. Come consumatori, infatti, non sempre siamo in grado di fare una scelta critica. La settorializzazione dei compiti sociali ci ha portato a perdere di vista le prassi che la terra ci imponeva fino a qualche decennio fa, meccanismo naturale che in realtà offriva un vantaggio nutrizionale oggi, purtroppo, troppo sottovalutato. L’uomo si è inevitabilmente co-evoluto per essere complementare con la flora che lo circonda. Questa interdipendenza ha permesso che le esigenze di una specie fossero soddisfatte durante i cicli stagionali dell’anno. Naturalmente con l’agricoltura questo aspetto è meno evidente e decisivo ma non per questo irrilevante, e

la stagionalità impone prassi agricole che tengano conto dei giusti momenti di semina e raccolta. Quando, invece, forziamo queste cadenze per la nostra esigenza otteniamo prodotti meno nutrienti e chiaramente meno palatabili. Uno dei metodi per favorire una raccolta fuori stagione è l’utilizzo di serre, frequentemente adottato all’uso parallelo di fitocomposti azotati, nello sforzo di ottenere il massimo da una pianta eludendo il suo ciclo naturale. La scarsa insolazione nelle serre limita, però, la produzione di alcuni nutrienti benefici e, al contempo, la capacità della pianta di organicare l’azoto, con conseguente accumulo di nitriti e nitrati nelle strutture vegetali. Non a caso la maturazione al sole viene vantata come

valore aggiunto per un prodotto ortofrutticolo. Anche l’uomo è soggetto alle stagioni ed è innegabile l’evidenza tra le nostre esigenze ed i doni che la terra ci propone ciclicamente durante l’anno, il motivo, infatti, risiede nel sincronismo uomo-natura. In effetti non è solo una casualità se in natura i pomodori crescono in estate, le fragole e gli asparagi a primavera e la zucca in autunno. Difatti, in natura tutto ha un senso e tutto è stato creato e concepito per uno scopo. Il nostro organismo modifica le sue esigenze e necessità al cambiare della temperatura e delle condizioni ambientali ed è, per questa ragione, che il regime dietetico che seguiamo deve mutare in favore degli alimenti di stagione. In autunno, con l’inizio dell’abbassamento delle temperature il nostro organismo spende più energia, di conseguenza frutta e verdura come uva, cachi, mele, pere, castagne e frutta secca, che predominano in questa stagione, tornano utili essendo molto energetici grazie al loro contenuto in zuccheri, associato alla ricchezza in vitamine e minerali, nonché di acidi grassi essenziali. In autunno diminuisce, anche, la radiazione solare e con questa la sintesi della vitamina D. Con le prime piogge autunnali si possono raccogliere i funghi spontanei, molti dei quali sono ricchissimi di vitamina D come fonte alimentare che supplisce alla mancata sintesi endogena.

In inverno le nostre difese immunitarie si indeboliscono e, per proteggerci, un grande aiuto ci viene dato dagli agrumi, ricchissimi di vitamina C e dalle crucifere, le verdure della famiglia dei cavoli come broccoli e verze, che possono aiutarci ad affrontare meglio il freddo grazie all’alto contenuto nutritivo, prezioso sia per la maggiore richiesta energetica dovuta al freddo, sia per l’azione disintossicante. In primavera è importante depurare l’organismo e, a questo scopo, utili sono i carciofi, gli asparagi, le insalate amare, le fragole, le ciliegie, grazie alle loro proprietà disintossicanti e diuretiche. In estate il nostro corpo ha bisogno di un’adeguata idratazione nonché di protezione dai raggi ultravioletti del sole. Ecco quindi che la natura, per esempio, ci fa dono di frutti come l’anguria ed il melone e di ortaggi come i pomodori ed i peperoni: questi sono infatti ricchissimi di acqua, di sostanze antiossidanti e di sali minerali indispensabili per proteggere l’organismo dalle alte temperature. In particolare, i pomodori contengono il licopene il quale riduce il danno causato dalle radiazioni solari sulla pelle. Rispettare la stagionalità significa nutrirsi in modo più sicuro e gustoso ma anche più ecologico, senza comunque farci mancare nulla.


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Dal punto di vista ecologico ed economico, acquistare frutta e verdura fuori stagione significa sfruttare maggiormente la terra, utilizzare fitosanitari e pagare il grosso sforzo con rincari che inevitabilmente si ripercuotono sul costo finale del prodotto. Impariamo quindi a riscoprire le stagioni ed a usufruire degli alimenti più adatti alle nostre esigenze nel giusto periodo di raccolto. I cambi stagionali sono sempre momenti particolari dove i profumi ed i gusti mutano, donandoci la possibilità di assaporare al meglio ogni momento dell’anno. Scegliere bene e consapevolmente gli alimenti da portare a tavola è il primo passo fondamentale verso un’alimentazione salutare. Molte persone, purtroppo, pensano cosa sarà mai mangiare pomodori in inverno o broccoli in estate, al supermercato si trovano da un anno all’altro, quindi perché privarsene? Ed è proprio qui la contraddizione, magari si sta attenti a destra e a manca, si ricerca il pelo nell’uovo, per poi perdersi proprio con frutta e verdura.

È bene, dunque, ribadire che frutta e verdura di stagione sono più: SALUTARI: si sviluppano naturalmente di conseguenza sono meno ricchi di pesticidi comunemente utilizzati in agricoltura GENUINI: sia nel sapore che nell’apporto nutrizionale e nella composizione organolettica essendo più ricchi di vitamine e sali minerali ECONOMICI: dunque acquistando e consumando frutta e verdura di stagione uniamo costi e benefici, cioè godiamo appieno dal valore nutritivo e del sapore dell’alimento, risparmiando nell’acquisto. Alimenti primaticci e tardivi sono, di contro e solitamente, più costosi ed inferiori in qualità rispetto a quelli di stagione. Inoltre, in molti casi frutta e verdura fuori stagione provengono da paesi extracomunitari dove la legge in materia di prodotti fitosanitari ha regole meno rigide che ne consente il più largo utilizzo rispetto all’Italia, quindi BISOGNA leggere o chiedere SEMPRE la provenienza, prima di acquistare.

La scelta di un prodotto locale a filiera corta è di sicuro più conveniente e vantaggiosa in quanto la merce viaggia di meno e quindi, di conseguenza, inquina di meno, sostiene le piccole realtà produttive locali ed il loro sostentamento; ci consente l’acquisto di alimenti al giusto punto di maturazione;



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nella produzione su lunga filiera, invece, i produttori sono quasi obbligati a raccogliere frutta e verdura anticipatamente quindi quando non ha ancora raggiunto la giusta maturazione ed il giusto sviluppo, e lontano dalla sua pianta o radice quell’alimento non riuscirà a completare in maniera adeguata la maturazione come quella naturale; sulla filiera corta la freschezza dell’alimento è più garantita e preservata così come la salubrità, in quanto dal raccolto al consumatore finale il viaggio è breve e, quindi, minore è il rischio di sviluppo di microrganismi contaminanti. Di conseguenza l’alimento non sarà trattato con prodotti chimici a vantaggio anche della qualità nutrizionale ed organolettica. Mangiare un alimento fuori stagione, quindi, non serve a nulla perché non fornisce al nostro organismo quelle vitamine e quei minerali di cui ha bisogno in quel determinato periodo dell’anno. La natura, dunque, ci dona gli alimenti giusti al momento giusto, rispettiamo questo equilibrio: solo così gioveremo dei benefici

Stagionalità dei prodotti che gli alimenti apportano al nostro corpo. La stagionalità non si limita solo alla frutta e alla verdura, ma può estendersi anche al pesce. Consumare pesci di stagione vuol dire scegliere quelli che non si trovano in fase riproduttiva, permettendo loro di riprodursi e crescere secondo i propri tempi. Anche la provenienza conta se vogliamo rispettare l’ambiente, perché non provare il pesce azzurro del Mediterraneo anziché i gamberetti che troviamo surgelati ma che provengono dal lontano Oceano Indiano? Quindi rispettare la stagionalità degli alimenti fa parte del viaggio chiamato educazione alimentare ed è la base per un percorso nutrizionale di cambiamento duraturo e reale. Mai come adesso abbiamo il dovere morale di ritrovare quel giusto equilibrio naturale tale da rendere l’uomo parte integrante del sistema natura e non più come colui il quale va ad osteggiare il naturale ciclo del mondo.


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frutta Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

Arance

Arance

Arance

Arance

Arance

Albicocche

Albicocche

Angurie

Anguria

Castagne

Arance

Arance

Clementine

Clementine

Clementine

Fragole

Albicocche

Amarene

Amarene

Fichi

Fichi

Clementine

Castagne

Castagne

Kiwi

Kiwi

Kiwi

Kiwi

Ciliegie

Ciliegie

Angurie

Fragole

Fichi india

Cachi

Clementine

Clementine

Limoni

Limoni

Limoni

Limoni

Fragole

Fichi

Ciliegie

Fichi india

Lamponi

Corbezzoli

Cachi

Cachi

Mandarini

Mandarini

Mele

Mele

Kiwi

Fragole

Fichi

Lamponi

Limoni

Lamponi

Kiwi

Kiwi

Pompelmi

Nespole

Lamponi

Lamponi

Fragole

Mele

Mele

Limoni

Limoni

Limoni

Pere

Limoni

Meloni

Lamponi

Meloni

Meloni

Mele

Mandarini

Mandarini

Mele

Mele

Mandaranci

Melone

Pompelmi

Pompelmi

invernale Pompelmi

Pere

Mele

More

Meloni

Mirtilli

Mandorle

Meloni

Mele

Melograno

Meloni

Pesche

Mirtilli

More

Mirtilli

Noci

Melograno

Mele

More

Nocciole

Nocciole

Nocciole

Pere

Pere

Susine

Pesche

Pere

Pere

Pere

Pompelmi

Pompelmi

Pere

Pesche

Pesche

Prugne

Uva

Uva

Prugne

Prugne

Prugne

Uva

Susine

Susine

Susine

Uva

Uva

Uva

Luglio

Agosto

Settembre

Novembre

Dicembre Bietole

Nespole Pere Pompelmi

verdura Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Ottobre

Aglio

Aglio

Aglio

Aglio

Aglio

Aglio

Aglio

Aglio

Aglio

Aglio

Aglio

Bietole

Bietole

Asparagi

Asparagi

Asparagi

Basilico

Basilico

Basilico

Basilico

Insalate

Insalate

Carote

Broccoli

Broccoli

Bietole

Bietole

Bietole

Bietole

Bietole

Bietole

Bietole

Bietole

Bietole

Broccoli Cavolfiore

Carote

Carote

Broccoli

Carciofi

Carciofi

Carote

Carote

Carote

Carote

Carote

Carote

Cavolfiore

Cavolfiore

Carote

Carote

Carote

Cetrioli

Cetrioli

Cetrioli

Broccoli

Broccoli

Broccoli

Cavoli

Cavoli

Cavoli

Cavolfiore

Cavolfiore

Cavoli

Fagiolo

Cipolle

Cipolle

Cavoli

Cavoli

Cavoli

Cicoria

Cicoria

Carciofi

Cavoli

Cavoli

Cipolline

Fagiolini

Fagiolini

Fagiolini

Cetrioli

Finocchi

Finocchi

Cipolle

Cicoria

Melanzane

Peperoni

Peperoni

Cipolle

Cipolle

Cipolle

Finocchi

Patate

Patate

Cicoria

Cicoria

Cicoria

Insalate miste

Cipolle

Cicoria

Carciofi

Insalate miste

Cime di rapa

Cime di rapa

Cicoria

Cicoria

Fagioli

Peperoni

Carciofi

Cardi

Cipollotti

Cipollotti

Fagiolini

Pomodori

Pomodori

Pomodori

Fagioli

Fagioli

Fagioli

Patate

Cardi

Finocchi

Finocchi

Spinaci

Fave

Ravanelli

Prezzemolo

Prezzemolo

Fagiolini

Fagiolini

Fagiolini

Porri

Patate

Finocchietto

Radicchio

Patate

Finocchi

Prezzemolo

Ravanelli

Ravanelli

Melanzane

Melanzane

Melanzane

Radicchio

Porri

Patate

Rughetta

Sedano

Patate

Sedano

Sedano

Sedano

Peperoni

Peperoni

Peperoni

Rape

Finocchi

Porri

Rape rosse

Prezzemolo

Piselli

Cicoria

Zucche

Zucche

Pomodori

Pomodori

Pomodori

Spinaci

Radicchio

Radicchio

Spinaci

Rape rosse

Pomodori

Zucchine

Zucchine

Zucchine

Prezzemolo

Prezzemolo

Prezzemolo

Zucche

Rape rosse

Rughetta

Sedano

Finocchi

Prezzemolo

Radicchio

Radicchio

Radicchio

Cime di rapa

Spinaci

Rape rosse

Verza

Fave

Ravanelli

Ravanelli

Ravanelli

Ravanelli

Cardi

Zucchine

Spinaci

Porri

Piselli

Peperoni

Sedano

Sedano

Sedano

Carciofi

Verza

Sedano

Insalate

Ravanelli

Zucchine

Spinaci

Spinaci

Spinaci

Verza

Patate

Carciofi

Rughetta

Zucche

Rape

Rape

Rughetta

Cetrioli

Zucchine

Zucchine

Zucchine

Finocchietto

Radicchio

Olive

Olive

Cavoli rossi

Bietole

Insalate miste

Melanzane

Zucca


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Le Fave di Tonka 27 di Giampiero Rorato


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M

olti pasticcieri le conoscono bene, anche se in Italia e in Europa sono scarsamente usate, eppure le Fave di Tonka con il loro gusto che s’avvicina a quello della vaniglia apportano ai cibi e ai dolci un contributo fruttato ed ancor più floreale, per cui queste fave appartengono al gruppo delle spezie che si possono definire dolci. Ma vediamo di cosa di tratta. Le Fave di Tonka sono i semi di un albero che fa parte della medesima famiglia dei piselli e delle fave, quindi una leguminosa, più precisamente la famiglia delle fabacee. Si tratta di una pianta molto bella che può raggiungere l’altezza di oltre 20 metri. È tipica dell’America centro meridionale e cresce principalmente sui versanti della valle di Caura in Colombia, oltre che in Amazzonia, in Guyana e nell’isola di Trinidad. L'albero viene chiamato cumaru dalla popolazione locale. Nella lingua Galibi della Guinea francese, è chiamato Tonka, ed è con questo nome che i semi sono conosciuti commercialmente. Il nome scientifico della pianta è Dipteryz, parola che significa “con due ali”, come la forma dei frutti del cumaru.

I nemici maggiori di questi frutti sono i pipistrelli, che ne sono ghiotti e ne mangiano una buona parte, quelli che rimangono vengono raccolti, essiccati e lasciati a bagno nel rum per 24 ore, quindi nuovamente essiccati. In seguito a queste operazioni, il seme diventa rugoso, di color nero e assomiglia ad un’uvetta lunga e legnosa. I semi così lavorati vengono chiamati “fave”: essi contengono “glicosidi cumarinici” che conferiscono loro un profumo piuttosto ipnotico che fa pensare al fieno dolce e alla vernice per mobili. Ed ecco qui sorgere un problema sul quale si è molto discusso anche a livello scientifico. Si dice, infatti, che la cumarina può provocare danni al fegato e per tal motivo negli USA è stata proibita, tuttavia l’utilizzo di quantitativi piccolissimi per cucinare è considerato senza rischi. E sembra ci sia chi afferma che le Fave di Tonka non sono per nulla pericolose, comunque sono proibite negli USA e pochissimo presenti in Europa. Attualmente l’albero del cumaru che le produce è molto coltivato in Venezuela e in Nigeria.


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Gli impieghi Non sembri strano, ma in passato le Fave di Tonka erano molto impiegate per aromatizzare il tabacco da pipa ed erano usate in profumeria. In cucina le Fave Tonka si utilizzano come la noce moscata, quindi grattugiate in piccole quantità: il basso “dosaggio” è molto consigliato per l’elevato potere aromatico della sua polvere. Si può utilizzarle per aromatizzare biscotti, muffin e torte, tenendo conto che si sposano benissimo con il cioccolato; sono ottime anche per aromatizzare il latte o il tè. Inoltre si sposano bene anche con degli abbinamenti salati, per esempio in un risotto con la polpa di zucca. Si possono grattugiare nelle creme, nei biscotti come si fa con la noce moscata. Ma attenzione a non esagerare, bastano piccole quantità e una fava è sufficiente per diverse preparazioni.

L’aroma intenso e dolce di queste fave le rende ottime in abbinamento alla vaniglia, alla cannella, allo zafferano. Chi desidera assaggiarle può aggiungere una piccola grattugiata sul gelato, naturalmente da mescolare bene, su un dessert alla frutta, sulla panna cotta, nei macaron, nelle torte alle mandorle e al cioccolato e poi dove esperienza e fantasia ve lo consigliano. L’estate è ormai alle porte: si possono provare anche nelle pizzerie nella preparazione dei dessert, sulla linea di quelli appena indicati. Sarà per i clienti una interessante e sicuramente gradita sorpresa. Quindi da provare.



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I vini

Rosati

T

utti conoscono e parlano di vini bianchi e di vini rossi ma hanno una scarsa considerazione dei vini rosati. Anche l’autorevole OIV (Organisation Mondial de la Vigne et du Vin), ad oggi, non ha emanato norme specifiche per distinguere i vini in funzione del loro colore e pertanto i vini rosati sono statisticamente compresi assieme ai vini rossi. Il vino rosato è amato dai Millennials per la sua freschezza e la sua bevibilità ma come si produce un vino rosato? Innanzitutto la legge proibisce il “Blend” fra vini bianchi e vini rossi (ciò è ammesso solo per produrre vini Spumanti) per cui il vino rosato si può ottenere da: • uve a bacca nera con poca tonalità colorante; • uve a bacca nera con breve contatto tra mosto e bucce (la sostanza colorante viene estratta dalla buccia); • mescolando prima della vinificazione uve a bacca bianca e uve a bacca nera; • per salasso (estrazione di una certa quantità di mosto a inizio fermentazione) durante la vinificazione delle uve nere con macerazione sulle bucce.

Luigi Veronelli nel

è il personaggio

suo libro “La vita è

più capace di

troppo corta per

raccontare storie,

bere vini cattivi”

di lanciare messaggi

affermava:

vasti e antichi,

“Il vino, dopo l’uomo,

di presentarsi con i suoi documenti di

di Luciano Cescon

identità completi”.


LABORATORIO ARTIGIANALE

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Il vino rosato è un prodotto dal colore molto "attraente" che si inserisce tra un bianco ed un rosso ma con caratteristiche visive ed organolettiche differenti; si suppone che il suo nome derivi dal tipico colore rosa riscontrabile in tonalità e sfumature molto diverse. Stabilire una scala di colori per i vini rosati è molto difficile in quanto il loro colore è determinato da diversi fattori, in particolare dalla tecnica di vinificazione, dal tempo di macerazione sulle bucce e dalla varietà di uve utilizzate. Dal grigio al clairet, la tavolozza dei colori dei vini rosati è molto ampia ed il colore di questi vini ha un impatto innegabile sull’apprezzamento generale da parte del consumatore; i colori tipici possono essere compresi fra il rosa tenue e chiaro (tipico dei rosati della Provenza), al rosa cerasuolo, rosa chiaretto, buccia di cipolla con una gamma molto vasta di sfumature intermedie. Qualunque sia la loro sfumatura (colori decisamente aranciati, gialli e marroni) e considerato che viene commercializzato in bottiglie bianche che non hanno protezione contro i raggi UV della luce, i vini rosati saranno sempre vulnerabili alle ossidazioni e quindi la presenza di questi colori é un chiaro indice che il vino ha perso le sue migliori proprietà organolettiche. Non potendolo paragonare ai fratelli maggiori (bianchi e rossi) possiamo dire che un vino rosato ricorda visivamente i vini rossi, dai quali eredita una parte del colore, mentre organoletticamente è molto simile ad un vino bianco. Si evidenzia come in questo periodo i vini rosati stanno avendo un notevole successo con un discreto incremento delle vendite. Sono infatti sempre più apprezzati sia come aperitivo sia in abbinamento a cibi non molto strutturati e, in particolare, durante il periodo estivo per la loro freschezza e leggerezza.

come si prepara un vino rosato

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La fase iniziale di produzione di un vino rosato è simile a quella della vinificazione per produrre un vino rosso: l’uva raccolta viene immediatamente pigiata e diraspata facendo attenzione a non estrarre troppi tannini, poco adatti a questa tipologia di vino.

un’ idea di GIANNI CALAON


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pressatura delle uve nere: con questo sistema ci sarà contatto tra mosto e bucce per brevissimo tempo con conseguente scarso rilascio del colore – il colore del vino così ottenuto sarà quello naturale derivato dall’uva di origine.

breve macerazione delle vinacce: Innanzitutto bisogna considerare la durata della macerazione delle bucce con il mosto per non estrarre troppe sostanze coloranti (da poche ore ad una giornata); così facendo, si possono ottenere sfumature di diverso colore, variabili dal rosa pallido al rosa molto intenso tanto da ricordare un vino rosso chiaro.

il salasso o Saignée: È una tecnica molto usata in Francia (soprattutto nella Champagne) che consiste nel prelevare una certa quantità di mosto dai serbatoi di macerazione dove si sta preparando un vino rosso (in genere 20-30% del totale) e vinificarlo come si trattasse di un vino bianco. In questo modo si otterrà un vino rosso con maggiore concentrazione di aromi, polifenoli e struttura ed un vino rosato leggero e fruttato.

com’è nato il vino rosato? Tra storia e leggenda… Molte sono le storie che si raccontano su questo vino, così come numerose sono le leggende e curiosità. La leggenda più accreditata, e forse più veritiera, ha per protagonista un prete che abitava in un piccolissimo paesino di campagna sulle rive del Lago di Garda. Costui viveva accontentandosi di quel poco che gli donavano i suoi compaesani; principalmente si cibava dei frutti della terra, di verdure e qualche oliva. Era troppo pigro per coltivare in modo adeguato il piccolo orto adiacente alla Casa Canonica, tanto da spingere gli abitanti del villaggio a prendersi cura del terreno gratuitamente, donando al curato il cibo e, soprattutto, il vino che non doveva mancare per la celebrazione della S. Messa. Questa situazione però non durò molto a lungo e i compaesani lasciarono il prete da solo a provvedere al suo sostentamento e a quello della chiesa. Il prete però non si scoraggiò e trovò un modo alternativo e poco lecito per procurarsi il vino. Era il periodo della vendemmia e a quel tempo l’uva pigiata si metteva in tini posti sopra dei grandi carri che la sera venivano messi nell’aia padronale dove aveva inizio la fermentazione del mosto. Era in questo momento che il prete mise in atto il suo astuto piano. Nascosto sotto ad un carro riuscì infatti a forare un tino ed a riempire un recipiente con un vino che era rimasto per poco tempo a contatto con le bucce e non aveva pertanto ancora iniziato la fermentazione. Il vino così ottenuto non era né bianco né rosso, il colore era bensì una via di mezzo: era rosato. Grazie alla sua azione furtiva, questo prete che viveva sul lago di Garda creò il vino rosato. Storia o leggenda? Secondo gli studiosi il vino rosato nasce in Francia, dove attualmente gode di notevole considerazione.

la produzione dei vini rosati. La produzione mondiale del vino rosato nel 2020 è stata di circa 25 milioni di ettolitri ( il 10% della produzione totale di vino); paese leader è la Francia con 7 milioni di Hl, seguita dalla Spagna con 5 milioni, dagli Stati Uniti con 3,4 milioni e dall’Italia con 2,2 milioni di Hl – a seguire Sudafrica, Germania e Cile. Per quanto riguarda l’Italia, nel 2019 c’è stata una produzione di 110 milioni di bottiglie salite nel 2021 a 185 milioni e via via ad aumentare nei prossimi anni. Ciò è sicuramente dovuto al fenomeno del Prosecco Rosè.

Dove si consuma il vino rosato: Il paese con maggiore consumo è la Francia con una media di 15 litri/anno per abitante, seguita da Uruguay (9,7 litri), Cipro, Belgio e Svizzera.

QUALE ABBINAMENTO CON I VINI ROSATI? I vini rosati non vengono sempre capiti o valorizzati (spesso sono messi in secondo piano rispetto ai vini rossi o bianchi). L’idea che un vino rosato non raggiunga i livelli qualitativi di un grande rosso o bianco fa sì che spesso venga declassato come "vino da aperitivo"; in realtà risulta essere molto dinamico negli abbinamenti. Delicati e fruttati, poco tannici ma senza l’astringenza dei vini rossi, freschi come i vini bianchi (vengono serviti a 10°C come i bianchi), spesso hanno una struttura in grado di reggere abbinamenti più consistenti che molti vini bianchi non reggerebbero. Grazie alla loro piacevolezza sono l’ideale accompagnamento di pranzi e cene nelle giornate più calde di primavera ed estate quando i vini rossi risultano un po’ meno adatti e si ha voglia di cambiare rispetto al solito vino bianco.


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Pizza e Pasta Italiana

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pizza e pasta italiana maggio

2022

a cura della redazione

La parola ai pizzaioli Il “segnalatore” Nome: Marzia Cognome: Buzzanca Città di nascita: Tripoli – Libia Ristorante pizzeria: Hofstatter Garten, Enoteca Ristorante Weinbar Piazza Municipio, 7a, 39040 Termeno sulla Strada del Vino BZ

Storia professionale “Sono stata cresciuta nella cultura della tavola e dell’accoglienza, educata a pensare che il cibo è sacro da un papà ex maggiordomo. Il mio percorso nella ristorazione è a 360 gradi: ho fatto da lavapiatti, ideatrice, gestrice, sommelier e sono arrivata agli impasti a causa di una necessità post terremoto che è diventata una virtù. E, così, da 13 anni sono orgogliosamente pizzaiola. Da due anni e mezzo, mi sono trasferita in Sudtirol e gestisco Il Ristorante Hofstätter Garten a Termeno nell’omonima cantina Hofstätter di Martin Foradori, proposta a cui non sono riuscita a rinunciare, essendo la mia cantina preferita dell’Alto Adige. Nata a Tripoli ed arrivata nel ’70 in Italia, “grazie” al colpo di stato di Gheddafi, considero l’Intero Stivale la mia terra e cerco di unire (nel mio piccolo) i territori. Il mio lavoro l’ho scelto ed è per questo che continuerò a farlo fino a che ne avrò la forza.

La pizza di Marzia “Per fare una buona pizza, la cosa fondamentale è scegliere farine di buona qualità; i tempi di lievitazione sono importanti quanto gli ingredienti. Partendo da queste due nozioni, possiamo poi sperimentare all’infinito fra grani, semi e tutto ciò che ci incuriosisce. Utilizzo un blend di farine e grani con prevalenza enkir, il grano più antico al mondo, povero di glutine. Porzionando la mia pizza in otto o sei spicchi, essa diventa il supporto di veri e propri piatti, senza dimenticare le ricette tradizionali.”

La pizzeria consigliata I Tigli di Simone Padoan


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Il “segnalato” Nome: Simone Cognome: Padoan Città di nascita: Verona Pizzeria: I Tigli, Via Camporosolo 11 37047 San Bonifacio, Verona https://www.pizzeriaitigli.it/

Perché? Perché è colui che mi ha fatto innamorare della pizza e mi ha insegnato un mestiere. Degustare la sua pizza è un’emozione ed un’esperienza.

La ricetta Questa pizza è dedicata all’unione dei territori, perché la pizza è unione e convivialità. Ho assemblato enkir e semi perché la farcitura si esprime al meglio fondendosi in bocca con il topping adagiato a fine cottura: • • • •

burrata di Andria, la dolcezza prosciutto cotto lievemente affumicato, cristalli di sale al Montepulciano Marina Cvetic e spezie, che danno profumi ed un gusto elegantemente deciso formaggio di mucca stagionato in grotta del Veronese che dà succulenza ed il tartufo che lega con toni di terra ed un profumo deciso ed inconfondibile.

Il filo d’olio extravergine di Sicilia nel finale ed una tritata di pepe Oro di Sarawak chiudono il tutto in un’esplosione di profumi e sapori decisi ma che non si sovrappongono gli uni con gli altri bensì fondono fra loro con equilibrio.


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Storia professionale

La parola ai pizzaioli La ricetta del mese: Focaccia all’orzo con anguilla laccata per la focaccia: Biga: 800 g farina tipo 1 per pane, 360 g acqua, 4 g lievito compresso Infuso: 30 g orzo tostato, 100 g acqua calda Impasto Finale: Biga, infuso, 200 g farina tipo 1 per dolce, 320 g acqua, 5 g malto, 20 g sale di Maldon, 20 g olio extra vergine di oliva ingredienti per una pizza: 1 anguilla (da circa 500 g), fior di latte 90 g, agretti 100 g, carote marinate, olio extravergine di oliva, sale di Maldon per la laccatura dell’anguilla: Mirin 300 g, salsa di soia 350 g, sakè 100 g, zucchero di canna 200 g per liquido in carpione: zucchero di canna 13 g, vino bianco secco 200 g, aceto di mele 200 g, marsala 200 g, 1 spicchio di aglio, 1 mazzetto di profumi, 1 scorza di 1 arancia non trattata, scorza di 1 limone non trattato per la cottura dell’anguilla: olio extravergine di oliva 1 litro per le carote marinate: 1 carota gialla, 1 carota viola, acqua 600 g, aceto di vino bianco 20 g, zucchero 20 g, sale di Maldon 20 g

Simone Padoan nasce a Verona nel 1971 ed entra nel mondo della pizza non ancora maggiorenne, nell’attività aperta da uno dei suoi nove fratelli. Nel 1994, decide di aprire una propria insegna: I Tigli, nell’attuale locale di San Bonifacio. Ad alcuni anni dall’apertura cominciano le prime difficoltà, che innescano il meccanismo di una lenta rivoluzione. Ricerca, approfondimento sulla materia prima di estrema qualità e studio della panificazione da lievito madre conducono il pizzaiolo alla creazione di un concetto contemporaneo di pizza, che fonde la pizza tradizionale con il piatto di alta cucina. La scena gastronomica italiana è incuriosita e accende i riflettori su Simone, nominandolo pioniere di una nuova corrente. Ad oggi, Simone Padoan continua a sorprendere con la qualità delle sue creazioni e per le sue idee visionarie, come il moderno shop online che permette di ordinare e consegnare in tutta Italia la pizza de I Tigli nell’arco di 48 ore. Nel 2022 ottiene numerosi riconoscimenti dalle principali guide di settore: 50TopPizza pone I Tigli al 4° posto assoluto, come prima pizzeria nel Nord Italia. Il Gambero Rosso gli conferisce i 3 Spicchi nella Guida Pizzerie d’Italia e Golosaria lo premia con la Corona Radiosa.

La pizza di Simone “L’aspetto sperimentale è essenziale: per realizzare una pizza, parto sempre da quello che voglio ottenere e, a ritroso, costruisco il percorso. L’idea della ricetta parte dalla base, dall’impasto stesso: a seconda di com’è, mi fornisce un ventaglio di prodotti da abbinare. Logicamente, la stagionalità detta legge: scelgo un elemento principale, che deve essere il protagonista. L’ingrediente deve emergere in quanto tale, indipendentemente dalla sua lavorazione. Per la realizzazione delle basi, il mio metodo è abbastanza tecnico, tutto è codificato e i procedimenti vengono seguiti alla lettera, senza dimenticare che la sensibilità e la manualità diventano elementi fondamentali. La ricetta serve per creare punti di riferimento fissi che però non bastano, poi entrano in gioco gli aspetti naturali – come la stagione, la temperatura, l’umidità – che l’esperienza ti insegna a conoscere e a rispettare. È un sistema personale di lavoro che ti dà la possibilità di creare un impasto o una ricetta. L’importante è non pensare che ne esista uno giusto o uno sbagliato. Il risultato sarà una base, soffice o croccante, sottile o più alveolata, in relazione alla farcitura che decideremo di abbinare. Più semplicemente, è il saper costruire il percorso per mettere sul piatto un’idea.”


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I SEGRETI DEL TOPPING

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A SCUOLA DI PINSA

di Marco Montuori

A SCUOLA DI PINSA parte 2 di 4

Condire pizze e pinse è certamente una questione di gusti e di abbinamento ingredienti ma, per un risultato sempre perfetto, ci sono quattro regole che è bene rispettare.

Consiglio 1. Condire fino ai bordi. Il condimento va distribuito sulla superficie dell’impasto in modo omogeneo e con particolare attenzione ai bordi, facendo attenzione che non ve ne sia troppo al centro. La parte centrale infatti è quella più complicata da cuocere e si rischia che rimanga molle o addirittura cruda. I bordi invece tendono a perdere la loro idratazione asciugandosi subito ed è per questo che è importante stendere bene i condimenti su tutta la superficie disponibile.

Consiglio 2.

Chiediamo perdono ai professionisti che forse troveranno nelle prossime righe concetti apparentemente ovvi e banali, tuttavia siamo certi che ribadire alcuni piccoli consigli da tenere presenti quando ci si appresta a condire una pizza o una pinsa può essere utile per ottenere un risultato perfetto.

Fare attenzione ai colori. Il cromatismo, ovvero l’abbinamento dei colori degli ingredienti è fondamentale a livello estetico, in modo particolare per le pizze al taglio che devono attirare lo sguardo e stimolare l’appetito da dietro una vetrina. Talvolta accade però che ad un corretto abbinamento cromatico non corrisponda un mix adeguato a livello di gusto. Gli ingredienti devono stare bene insieme sia a livello estetico sia come sapori e, per quanto si rientri qui in una dimensione soggettiva, ricordiamoci che una pizza deve sempre essere una gioia per gli occhi e per il palato.


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A SCUOLA DI PINSA

Consiglio 3. Dare importanza al condimento principale. Capita a volte di vedere “pizze ai carciofi” dove il carciofo è quasi invisibile, oppure appoggiato lì, senza alcuna attenzione per la composizione generale. Secondo noi l’ingrediente principale deve essere il protagonista, sia nella scelta di prodotti di alta qualità (e questo vale per tutti gli ingredienti), sia per la quantità che deve essere generosa. Lo stesso vale per il taglio o per la composizione del topping che deve sempre valorizzare l’ingrediente principale. In questo modo rimarrà impressa nella memoria e, se gradita da parte del cliente, sarà semplice da richiedere.

Consiglio 4. Partire dalla base. Il condimento dovrebbe sempre partire dalla scelta di una base a cui abbinare, per strati successivi, i vari ingredienti del nostro topping. Le basi più frequenti sono il pomodoro, la mozzarella, le creme di formaggio o le creme vegetali. Scelta la base, si procede con il primo ingrediente che di solito è un vegetale, poi si mette la proteina (affettato, carne o pesce) e “in uscita” dal forno si aggiunge il tocco raffinato da dare alla composizione per bilanciare i sapori o i colori. Volendo fare un esempio possiamo citare una classica sequenza con base di mozzarella, sulla quale andremo ad adagiare sottili strisce di zucchine condite, a seguire la pancetta arrotolata e, in uscita, un po’ di crema di pecorino con pepe nero macinato fresco: bella da vedere e con una sapidità equilibrata.

I quattro consigli non sono “rigidi” e, con l’esperienza, possono senz’altro essere bypassati in funzione di particolari obiettivi che si intende raggiungere, soprattutto nell’ambito della nouvelle cuisine o delle preparazioni creative/gourmet. Quella che però risulta essere una regola trasversale e sempre valida è quella di tenere in grande considerazione il grado di umidità degli ingredienti da cui dipende il risultato finale in termini di croccantezza dell’impasto. Quando il cliente chiede doppio pomodoro o doppia mozzarella, se stiamo usando un impasto molto idratato come quello per la Pinsa Romana, dovremo limitarci ad un’aggiunta che non potrà superare il 15% per non compromettere l’alveolatura della base lievitata. Con altri ingredienti più asciutti come i fiori di zucca, o i carciofi ecco che possiamo invece essere di manica larga e arricchire per bene il nostro topping.

In pillole: • Condire fino ai bordi • Colori e sapori in equilibrio • L’umidità nemica della croccantezza


Mantenimento ad alto


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IHome Gluten Free Pizza,

Nonsologlutine, in occasione dei dieci anni di attività, festeggia con un nuovo contest dedicato alla pizza senza glutine fatta in casa: Home Gluten Free Pizza. L’invito a partecipare è stato rivolto a blogger e appassionati, che si sono cimentati con tanta passione nella realizzazione di pizze senza glutine amatoriali. Il concorso si è svolto tutto online, su Instagram, dove i pizzaioli casalinghi si sono divertiti a proporre le loro pizze complete di ricetta e procedimento.

la prima edizione del contest firmato Nonsologlutine A cura della redazione


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Nella fase iniziale sono state selezionate le migliori quattro pizze da una giuria d'eccezione composta da tre grandi pizzaioli: Francesco Martucci de I Masanielli (Caserta), Diego Vitagliano di 10 Diego Vitagliano (Napoli e Pozzuoli) e Federico De Silvestri di Quattrocento (Marzana – Verona). I tre top player della pizza senza glutine hanno esaminato in maniera scrupolosa le quattordici pizze partecipanti, scegliendo le migliori quattro, realizzate da @dolci_pasticci, @mamma_glutenfree, @ dolcepassioneglutenfree e @glutenoutlab. Il voto per eleggere la pizza vincitrice si è tenuto online, attraverso le storie pubblicate sul profilo Instagram di Nonsologlutine, dove i follower hanno determinato prima i vincitori delle due semifinali e poi il vincitore assoluto nella finalissima, che sono risultati Anthea e Giacomo di @glutenoutlab. La coppia pisana, come da regolamento, ha quindi partecipato allo show cooking che si è tenuto nell’area Pizza World Forum, in occasione del Campionato Mondiale della Pizza a Parma. Grande afflusso di pubblico all’esibizione parmense della coppia vincitrice, a dimostrazione del grande interesse che riscuote questo argomento tra gli addetti ai lavori e gli appassionati. Ma vediamo nel dettaglio le ricette dei quattro finalisti, partendo da quella dei vincitori.

C

M

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@glutenoutlab Pizza con crema di zucchine, stracciatella alla barbabietola, gamberi e mandorle a lamelle. INGREDIENTI Pre-impasto della sera prima (biga) 150 gr di mix senza glutine 150 gr di acqua 3 gr lievito di birra fresco

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Impasto completo 180 gr di Mix Jolly 30 gr di farina di mais finissima 3 grammi di curcuma 10 grammi di semi di papavero 200 gr di acqua 10 gr di olio EVO 10 gr di sale PROCEDIMENTO La sera prima si prepara il pre-impasto: sciogliere il lievito nell'acqua, unire al Mix e impastare un paio di minuti. Coprire con pellicola e lasciar lievitare a temperatura ambiente per tutta la notte. La mattina versare nella planetaria l'acqua e aggiungere la biga. Quindi versare il Mix, la curcuma e iniziare ad impastare. Dopo un paio di minuti aggiungere i semi, il sale ed infine olio. Dividere l'impasto in due, formare due palline ben lisce e posizionarle in due ciotole leggermente unte. Far lievitare fino a raddoppio, per circa 4 ore.

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Accendere il forno al massimo in modalità statica con la leccarda rovesciata e portalo a temperatura. Stendere il panetto su un foglio di carta forno spolverato con del semolino di riso, con movimenti delicati partendo dal centro verso l'esterno. Versare un filo di olio sulla superficie ed infornare. Sfornare non appena la superficie inizierà a dorarsi, aggiungere la mozzarella ed infornare nuovamente. Quando la mozzarella si sarà sciolta sfornare la pizza e completare il condimento.

@dolci_pasticci INGREDIENTI IMPASTO 320g mix per pizza 300g acqua tiepida 1g lievito di birra secco 1 cucchiaino di miele 1 cucchiaio d'olio sale

@mamma_glutenfree INGREDIENTI 320gr farina senza glutine 290gr acqua 1gr lievito di birra secco o 2 di quello fresco 15gr lievito madre essiccato 1 cucchiaino di zucchero 8gr olio 8gr sale PROCEDIMENTO Olio e sale vanno messi sempre alla fine dopo aver impastato bene gli altri ingredienti. Per il lievito secco, controllare sulla bustina se va attivato nell'acqua o può essere messo direttamente nella farina. Dopo aver impastato tutti gli ingredienti, lasciar lievitare l’impasto cinque ore coperto con pellicola. Dividere in due i panetti e lasciar lievitare altre cinque ore. Stendete l’impasto e infornare solo con mozzarella. In uscita aggiungere la rucola, il salmone e la stracciata.

PROCEDIMENTO Sciogliere il lievito secco nell'acqua prevista, insieme al miele e mescolare bene con la forchetta fino a far formare la schiuma. Versare tutto nella planetaria, aggiungere il mix e azionare il gancio a velocità bassa. Appena la farina ha assorbito l'acqua aggiungere il sale e aumentare un po' la velocità. Infine, unire l'olio e lavorare l'impasto per una decina di minuti. Trasferire tutto in una ciotola unta d'olio e lavorare con la spatola per ottenere una palla liscia e omogenea. Coprire con pellicola e un canovaccio e lasciarlo riposare per un'oretta. Riprendere l'impasto, dividerlo in due panetti e far lievitare fino al raddoppio. Stendere l’impasto, aggiungere il pomodoro e la mozzarella e infornare. In uscita, completare con bufala, pomodorini e basilico a crudo.

@dolcepassioneglutenfree Montanarine con pomodoro e basilico RICETTA 200 g di mix senza glutine 190 g di acqua mezzo cucchiaio di zucchero 4 g di lievito di birra mezzo cucchiaio di sale 12 g di olio PROCEDIMENTO Una volta lievitato l’impasto, formare delle piccole palline e friggerle in olio. In uscita, condire con del sugo semplice fatto in padella con cipolla e olio più basilico.


LE AZIENDE INFORMANO

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Schär: qualità e varietà senza glutine a casa e fuori casa SCHÄR foodservice.it@drschaer.com www.schaer-foodservice.it tel. 0473 293595

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igliorare la vita delle persone con specifiche esigenze alimentari: è questa la mission di Dr. Schär, leader europeo nel mercato del senza glutine. Un impegno che l’azienda porta avanti da sempre, e che la spinge a migliorare costantemente per soddisfare le crescenti esigenze dei propri consumatori, a casa e nel fuoricasa, con il brand Schär e la divisione Schär Foodservice.

La strategia va verso lo sviluppo di nuovi prodotti con ottime caratteristiche sensoriali legate al sapore e alla texture, tenendo anche conto degli aspetti salutistici, per assicurare sempre un’esperienza gustativa di alto livello: negli ultimi anni l’azienda sta lavorando per offrire prodotti sempre più bilanciati, che contengano sostanze benefiche per l’organismo, utilizzando ad esempio cereali e pseudo-cereali naturalmente senza glutine. A questo si aggiunge la proposta di referenze sempre più inclusive: molti prodotti sono infatti formulati anche senza lattosio, per rispondere alle necessità dell’ampio target dato da chi soffre di disturbi correlati al glutine ed al contempo al lattosio.


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Paolo Moccia Sul gradino più alto del podio, un pizzaiolo “normale” di Antonio Puzzi

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Quando lo sento al telefono, è “il giorno dopo”, “the day after”, come si dice in gergo. I chilometri che separano Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, da Parma sono pochi ma gli anni per arrivare dalla sua pizzeria al gradino più alto del podio per la pizza classica non si contano. “Adesso sta venendo fuori un putiferio”, mi dice. E aggiunge: “Il Presidente della Regione Emilia – Romagna, Stefano Bonaccini mi ha fatto i complimenti, così come pure l’Assessore all’agricoltura Mammi e il Sindaco di Scandiano”.

Sui giornali della zona lo definiscono “scandianese” (facendo andare su tutte le furie gli emigranti, ancorati alle loro origini) mentre in quelli che escono più a Sud si parla di “napoletano”. Vincenzo Savino, Vicesindaco di Tramonti e Presidente dell’Associazione Pizza Tramonti, ha dichiarato: “Il trionfo di Paolo ci rende estremamente orgogliosi, il suo successo è un po’ anche il nostro, sia come cittadini di Tramonti sia come membri dell’associazione. La vittoria di Paolo testimonia un impegno costante. Una continua ricerca di tecniche e di nuovi processi di lievitazione degli impasti realizzati con farine macinate a pietra rendono la nostra Scuola di Tramonti una eccellenza nella gastronomia nazionale”.


97 Ma chi è veramente Paolo Moccia? “Paolo Moccia è un pizzaiolo che viene da una famiglia numerosa di Tramonti. Mi sono trasferito al Nord in via definitiva nel 1985 ma avevo 14 anni quando sono arrivato a lavorare a Verona per la prima volta ed è lì che ho tratto l’ispirazione per fare la pizza, un lavoro che mi era già stato messo nel sangue da mio zio materno, Mattia. Era lui che sotto casa aveva il forno e faceva il pane biscottato. Poi, da Verona, sono passato a Casale Monferrato (in provincia di Alessandria) dove Marcello Ferrara mi ha insegnato i primi impasti nella pizzeria Marechiaro. Da lì, ho girovagato per altre pizzerie del Nord: a Sassuolo, a Maranello e nel 1985 mi son fermato a Reggio Emilia. Qui si è trasferita con me tutta la famiglia e abbiamo gestito la pizzeria Conchiglia fino al 2001. Successivamente, ognuno ha trovato la sua strada: io e i miei fratelli Francesco e Fabio siamo rimasti nel mondo delle pizzerie. Per dieci anni ho fatto esperienza come pizzaiolo in altri locali della zona finché nel 2011 abbiamo rilevato una pizzeria d’asporto a Ca’ De’ Caroli (frazione di Scandiano) e oggi sono qui con Stefania Cecchetti, la mia socia nonché mamma del mio secondo figlio. Il mio primo figlio, invece, ha studiato in Russia e ora lavora in Belgio, ad Anversa, come pizzaiolo. A breve spero di portarlo a lavorare con me”.

Come descrive se stesso il Campione del Mondo? “Sono un pizzaiolo normale. Fino a sei anni fa ero un pizzaiolo “statico”: facevo la pizza classica con impasto tradizionale. Poi, iniziando a confrontarmi con altri pizzaioli, anche nelle manifestazioni, ho deciso di non essere più statico. Oggi mi piace cambiare, abbinare gusti nuovi, azzardare e invitare i miei clienti a raccogliere la sfida”.

"Paolo Moccia è un pizzaiolo che viene da una famiglia numerosa di Tramonti"

Perché hai partecipato al Campionato mondiale della pizza di Parma? “A dire il vero, ho partecipato per la prima volta al Campionato negli anni ’90, a Salsomaggiore Terme, con mio fratello Fabio. Era un altro contesto, però. Nel 2016 sono ritornato al Campionato con la pizza “Terra mia” e mi sono piazzato all’ottantesimo posto su circa 450 concorrenti.

"Terra Mia" voleva essere una dedica a Pino Daniele ma anche alla mia terra: aveva una base bianca di fior di latte, pomodorini gialli e rossi del Vesuvio, basilico, Parmigiano Reggiano, origano, olio extravergine di oliva e, in uscita, della mozzarella di bufala casertana. Anche quella gara mi aveva dato tante soddisfazioni, al punto da spingermi a tornare spesso al Campionato come visitatore. Ogni volta però guardavo il podio e mi dicevo: chissà se ci arrivo!”.


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Cosa significa per te aver vinto? "Non ho ancora realizzato di aver vinto. Sicuramente è uno sprone a essere più bravi, a perfezionarsi, tenendo fede a quanto proposto. Dobbiamo trovare stimoli per migliorarci, sempre. Se devo pensare a qualcosa di concreto, però, ti dico che già nel 2020 avevamo in progetto di spostare la nostra attività in un’altra zona della città e ora con questa bellissima vittoria dobbiamo finalmente fare questo passo".

Qual è la pizza con cui hai vinto? "È la "Mantovana". È una rivisitazione del tortello di zucca che fanno a Reggio Emilia e che io ho ricreato, avvicinandolo a quello mantovano, per come lo gradisco io. Quando io e la mia famiglia siamo arrivati al Nord, non avevamo nessuno particolarmente bravo a cucinare, così abbiamo assunto due rezdore (donne emiliane particolarmente abili nella pasta fresca, ndr), le quali ci hanno fatto assaggiare i piatti locali che avremmo potuto mettere in menù. Tra le varie cose, le signore ci proposero i tortelli verdi fatti con spinaci ed erbetta e anche i tortelli di zucca.

E, a quanto pare, i giudici hanno gradito.

Quando abbiamo assaggiato i tortelli di zucca, noi tutti eravamo giovani e il nostro senso del gusto era chiaramente diverso da quello della terra che ci stava ospitando. Così, ci siamo guardati in faccia e ci siamo chiesti: “ma questi cosa mangiano?”. Poi, con il passare degli anni, abbiamo assaggiato i tortelli di zucca in un altro locale specializzato nella loro produzione e lì mi sono ricreduto. L’impasto della mia pizza mantovana è composto da un mix di farina 0 forte, miscelato con della farina integrale, idratato al 75%. Ho fatto una lavorazione secondo lo stile di Tramonti e ho praticato una autolisi per due ore con una chiusura impasto in massa messa in frigo a 24 ore. Poi, ho stagliato e ho lasciato in frigo per altre 12 ore."



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Testarda, io.

Camelia Rusu,

campionessa del mondo di David Mandolin

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Si definisce testarda Camelia Rusu, vincitrice nella gara di pizza in teglia al Campionato Mondiale 2022. Camelia è una pizzaiola con le idee chiare, determinata e con un obiettivo professionale all’apparenza semplice ma difficile da conquistare giorno per giorno: crescere ed imparare costantemente. L’abbiamo intervistata pochi giorni dopo la vittoria, giunta per lei inaspettata.


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Perché hai partecipato al Campionato Mondiale della Pizza? Chi è Camelia? Come ti descriveresti? “Mi considero una ragazza semplice, abbastanza umile e con uno spiccato senso di responsabilità. L’intraprendenza e la determinazione a volte si uniscono con la testardaggine, che mi aiuta a seguire con passione gli obiettivi da raggiungere.”

In che modo ti avvicini al settore e chi sono i tuoi maestri? “Ho iniziato da giovanissima nell’attività di famiglia. Mia suocera, nonché il mio pilastro, Elena Rusu mi ha introdotto al mondo della pizza in teglia, grazie alla quale ho appreso il mestiere a tutto tondo. All’insorgere della pandemia ho conosciuto Tony Scalioti, che è diventato il mio secondo insegnante, collaboratore, mentore e soprattutto amico. Grazie a lui (e insieme a lui) e a tanti corsi di formazione, sono riuscita ad esprimere l’amore è la passione per questo lavoro.”

“Ho partecipato grazie a Tony, che ha creduto nelle mie capacità fin dal principio e mi ha incoraggiato a mettermi in discussione, non tanto per lo spirito di competizione che mi appartiene poco, bensì come sfida personale.”

Cosa significa per te essere campionessa del mondo? “Prima di tutto fatico ancora a rendermene conto pienamente, è stata sicuramente una grande sorpresa ed un’esperienza più stimolante del previsto. Mi ha permesso di ottenere più consapevolezza verso ciò che sono. Essendo la mia prima gara in assoluto, mi ha dato più certezze e ha premiato l’amore e la passione che metto ogni giorno in questo lavoro. È una vittoria non soltanto mia ma anche della mia famiglia e delle persone a me care, perché da soli non si arriva da nessuna parte. È stata un’emozione bellissima vincere un premio così prestigioso del tutto inaspettato, e lo voglio dedicare a tutte le donne che ogni giorno svolgono questo mestiere con tanta dedizione.”

"Essendo la mia prima gara in assoluto, mi ha dato più certezze e ha premiato l’amore e la passione che metto ogni giorno in questo lavoro."


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Con quale pizza hai vinto? “La pizza che mi ha portato sul gradino più alto del podio si intitola Essenza Primaverile. Ho utilizzato un impasto indiretto con metodo biga. Per quest’ultima ho usato una farina di forza 380W con una idratazione del 48% e 1% di lievito. Ho fatto fermentare la biga per 18 ore ad una temperatura di 18/19°C. In seguito ho completato l’impasto lavorando con un 75% di biga e per il restante 25% ho inserito farina integrale, associandovi una parte cruscale. Quindi ho completato l’impasto aggiungendo lo 0,8% di malto, il 25% di sale ed il 30% di olio con una idratazione finale del 87%. Ad impasto ultimato ho aspettato quasi il raddoppio del suo volume, ho effettuato la chiusura delle palline, senza mai dimenticare di tenere sotto controllo l’orario e le tempistiche dei vari passaggi della mia gara. Per la farcitura ho utilizzato dei prodotti agroalimentari di eccellenza bilanciati e decisi. Nel dettaglio, ho messo fiori di zucca femmina, mozzarella julienne, stracciatella di bufala, soffice di groppa di cintale e spuma di bazza di cintale, pepe nero Timut e olio al bergamotto.”

Camelia, quali sono i tuoi progetti futuri? “Tutto in un’unica parola: crescita! Continuare ad aggiornarmi su nuove tecniche di impasto e topping, per riuscire ad offrire un prodotto sempre al top e far vivere ai clienti un’esperienza culinaria per stupire ed emozionare il palato. Questo è solo l’inizio di tanto lavoro e - perché no - anche di nuove e future collaborazioni che portino alla condivisione delle relative esperienze. Penso che non ci siano veri segreti in questa professione ma ciò che serve veramente e la passione, l’amore è tanta curiosità.”

Essenza Primaverile, la pizza presentata al mondiale

Fantasia Primavera Ingredienti in cottura: pomodoro (base rossa).

Ingredienti fuori cottura:

misticanza a piacere, pomodorini di diversi colori conditi con sale e olio, bocconcini di bufala, olive taggiasche, pomodorini confit, fiori di campo essiccati.

La dolce Sicilia Ingredienti in cottura: base focaccia.

Ingredienti fuori cottura: marmellata di arance, arance tagliate a fette sottili, amarene, gocce di cioccolato fondente, zucchero a velo.



Tecnica e Sentimento. 106

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La pizza secondo Davide Civitiello di A.P.

Non è raro che le storie dei pizzaioli napoletani inizino con un: “la mia prima pizza l’ho fatta quando avevo 7 anni” oppure 9, al massimo 12. Perché la pizza per molti è una “questione di sangue”, deve maturare con te. Ed è per questo che non ci stupisce che anche una delle pizza-star più famose della napoletanità, Davide Civitiello, abbia iniziato a girovagare tra i banchi di una pizzeria a meno di 10 anni. Nel suo caso, si tratta della pizzeria “Da Gennaro” di Vincenzo Costa, storico locale aperto dal 1946 nella piazza Capuana del capoluogo partenopeo, a un paio di centinaia di metri dalla stazione di Napoli centrale. Da lì, Davide si sposterà al raggiungimento della maggiore età, incontrando a breve distanza l’uno dall’altro due brand con cui riuscirà a esprimersi al meglio professionalmente e umanamente: Rossopomodoro e Mulino Caputo.

“In un momento storico in cui la pizza era vista come un tabù inviolabile, qualcosa da mantenere quanto più possibile ancorato alla tradizione, Rossopomodoro sperimentava ricette e impasti completamente nuovi, ponendosi in modo fortemente innovativo all’interno di questo mondo”, dichiara Davide Civitiello sul proprio sito web.


Foto di Michelangelo Convertino

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Che tipo di formazione deve avere oggi un pizzaiolo, secondo te?

Cos’è cambiato negli anni, al punto da trasformare il mestiere del pizzaiolo da una professione di ripiego a un lavoro bramato anche dai più giovani? "Secondo il mio punto di vista, il pizzaiolo non è mai stato un mestiere di ripiego. È vero che c’erano i ristoranti con le pizzerie (dove quest’ultimo reparto era quello meno considerato) ma c’erano anche tante pizzerie che già offrivano dignità a questo lavoro. È vero che la professione del pizzaiolo è cresciuta negli anni: oggi c’è più informazione, ci sono più corsi, c’è più formazione. In passato invece imparavi direttamente “sul campo”: in pratica accadeva che tu andavi a lavorare in una pizzeria e apprendevi il mestiere dal pizzaiolo sessantenne che magari era in quel locale da cinquant’anni. Così, prima di arrivare a fare le pizze, facevi la cosiddetta “gavetta”. Oggi, con l’aiuto del web che consente di farsi conoscere ma anche grazie alle tantissime scuole di formazione, molte delle quali anche collegate a mulini, oggi ambire a diventare un grande pizzaiolo è molto più facile rispetto ad anni fa".

"Io partirei da una considerazione. Oggi il pizzaiolo non è e non può essere solo colui che stende la pizza. Il pizzaiolo è un vero leader di settore e deve conoscere non solo impasti, farine ma deve sapere molto altro: dalle stesure, ai prodotti, alla cottura. Su quest’ultimo punto, per esempio, molto si è perso perché è venuta meno la figura del fornaio, il quale era un pizzaiolo che decideva di stare al forno e che grazie alla sua bravura non bruciava una pizza! Oggi a rivestire il ruolo del fornaio è troppo spesso il “giovane apprendista” del pizzaiolo.

Ma c’è da chiedersi: chi è il pizzaiolo oggi? Per me è colui che gestisce il reparto pizza in un locale, che fa gli ordini, che tiene una squadra unita, esattamente come lo chef per la cucina. Ci sono tantissimi ragazzi bravi a stendere e cuocere le pizze ma magari per alcuni tra questi tenere un magazzino in ordine o fare degli ordini o gestire la materia prima, occuparsi di food cost, capire quanto prodotto va su una pizza è più difficile. Ecco, invece, il pizzaiolo deve sapere essere bravo a stendere quanto a gestire".


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Il pizzaiolo è un vero leader di settore Quali sono le difficoltà che incontri insegnando in tutto il mondo? E quali le soddisfazioni?

Come si fa a imparare il mestiere del pizzaiolo se molti “maestri” sono gelosi dei loro segreti? "La gelosia è un po’ una malattia. A dire il vero, la gelosia del mestiere la si vedeva molto di più quando ho iniziato io rispetto a oggi. Trent’anni fa un ragazzo per imparare doveva rubare il mestiere: doveva capire solo attraverso l’osservazione quanto lievito occorresse, quanto sale, quanta farina, quanta acqua, quanto tempo. Oggi ci sono tante accademie di formazione e ci sono anche tanti pizzaioli bravi che hanno capito che se sei geloso del tuo mestiere dovrai sempre fartele da solo le pizze. Sì, è vero che se formi dei giovani e li fai crescere, in molti casi andranno a lavorare altrove ma ti resterà sempre la soddisfazione di avere formato un altro pizzaiolo. Certo, chiariamo una cosa: pensare di arrivare in una pizzeria, affiancarti a un bravo pizzaiolo e pensare che l’indomani farai le pizze è qualcosa che difficilmente accadrà ma è molto più probabile che, facendo un percorso graduale, raggiungerai una buona crescita professionale".

"Ho insegnato e insegno ancora in ogni angolo del mondo: Argentina, Bolivia, Cile, Messico, Australia, Giappone, Cina e Corea sono tra i luoghi che ho frequentato. Sono pochi i Paesi che mi mancano realmente. La principale difficoltà in molti di questi luoghi consiste nel reperire delle buone materie prime che ti consentono di realizzare il prodotto come se fossi a casa, a Napoli, in Italia. Con quelle che trovi, poi, devi cercare di fare il prodotto più simile a quello che solitamente fai, quindi devi imparare per esempio a gestir bene la mozzarella, capire quale pomodoro è arrivato e come lavorarlo. Quando sono arrivato per la prima volta in Argentina, anni fa ho trovato farine molto diverse dalle nostre mentre oggi un po’ in tutto il mondo per fortuna arrivano le farine italiane. Non è il caso, però, dell’Iran, dove sono stato a gennaio: lì ci sono farine di grani locali, spesso modificate chimicamente, con del glutine aggiunto e fare la pizza così, con le lievitazioni a cui siamo abituati noi, è tutt’altro che facile. Le soddisfazioni maggiori le ottieni però proprio quando, nonostante tutte queste difficoltà, riesci a dare un buon prodotto e a trasferire la tua passione.

Spesso infatti si pensa alla pizza solo come a un piatto ma non dobbiamo dimenticare che dietro la pizza c’è il lavoro di chi produce farine, pomodori, mozzarella e di quei pizzaioli che da generazioni insegnano e tramandano la pizza. Non è quindi solo un piatto ma un sentimento. Vedere felici le persone con una pizza napoletana per me è la soddisfazione più grande al mondo".


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pizza e pasta italiana

A Genova la pizza è giovane… anche se ha 600 anni maggio

2022

Denis Pirrello e la sua Zena Zuena di A.P.

“Sono figlio d’arte, mio padre è mastro focacciaio a Genova dal 1963. Io ho iniziato con lui a 16 anni, poi a 18 ho aperto assieme ai miei genitori una pizzeria d’asporto ed infine nel 2006 è nato Zena Zuena, format che mi sono “inventato” lanciando una focacceria evoluta con caffetteria e posti a sedere (200) ed orari d’apertura più lunghi, fino a cena. Oltre alle innovazioni nell’orario e nelle dimensioni del locale, abbiamo introdotto tutte le specialità liguri come ad esempio le torte salate ed il pesce anche fritto. Dalla colazione fino a cena, tutto quello che viene servito è autoprodotto.”

Denis Pirrello è un artigiano che vive ed opera nel centro di Genova; con Zena Zuena – condotta assieme alla moglie Michela – offre alla città ligure una propria via alla focaccia genovese, fatta di ricerca ed innovazione costante. “In realtà avrei voluto fare il falegname, poiché ho estro e voglia di esprimermi: l’idea era quella di produrre pezzi e mobili unici e vendere dunque ad una clientela che ricercasse soluzioni pregiate. Sono andato in varie botteghe ma nessuno mi prese a fare da apprendista e dunque ho iniziato a fare il lavoro di mio padre, sviluppandolo poi con la mia visione ed interpretazione. Mi sono appassionato strada facendo, imparando sul campo, iniziando dalla gavetta: a 15 anni ungevo le focacce, tagliavo le cipolle, facevo il vero e proprio garzone.”


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Parlaci di Zena Zuena. “Tengo anzitutto a precisare il significato del nome: Zena Zuena sta per Genova giovane, in dialetto. Il mio obiettivo fin dall’inizio è stato quello di dare un messaggio alla città ovvero quello di mostrare il nostro lato giovane, sorridente, allegro, accogliente, dinamico, empatico. Insistiamo molto con i ragazzi che lavorano con noi su questi aspetti per presentare al pubblico una città giovane, nuova, diversa dagli stereotipi. Io sono innamorato della mia città, e lo manifesto anche in quello che prepariamo: alla base di tutto ci sono le ricette della tradizione di mio padre, rivisitate e modernizzate. Il locale l’ho pensato come una focacceria “evoluta”: i tempi cambiano e bisogna evolversi. A Genova la focacceria è solitamente banco di servizio e prodotto da asporto; io invece volevo il contatto con il cliente, al quale dare un prodotto diverso. Farine macinate a pietra, olio extravergine negli impasti; i miei colleghi mi consideravano quasi fuori di testa per l’olio extravergine messo nell’impasto della focaccia! Adesso lo si dà quasi per scontato, c’è più conoscenza da parte del ristoratore ed al contempo il cliente è preparato, esigente, affinato nei suoi gusti. Poi, nel tempo, abbiamo sviluppato anche prodotti “extra” come le colombe, i panettoni; anche in questo caso cerchiamo sempre di dare un pizzico di originalità al prodotto che proponiamo. Considera che da noi il panettone è quello basso, alla genovese, non lievitato.”

Perché l’esigenza di reinventare la focaccia? “Semplicemente, se vuoi servire buon cibo nonché sano devi usare buone materie prime (come le farine di filiera piemontese certificate che usiamo), ed io ho sempre puntato alla massima digeribilità del prodotto.”

Qual è il cliente tipo? “La clientela è davvero variegata: dai signori azzimati ai ragazzi giovani, senza contare gli uffici ed il flusso turistico: noi siamo in via XX settembre, nel corso principale della città.”

La farinata: come distinguerne una buona da una meno buona? “La materia prima fa tutto; vale lo stesso discorso fatto sopra. E poi qualche volta bisogna saper osare… all’ultima edizione dell’evento Cheese a cui ho partecipato ne ho portata una con gambero viola di Santa Margherita, stracciatella ed erba luigia, col filetto di orata e maggiorana. Permettimi invece una curiosità sull’origine del prodotto: sembra che dal ritorno di una guerra a Pisa non ci fosse più cibo e ci fosse stata una tempesta in mare; c’erano solo dei ceci schiacciati mischiati con sale marino. L’indomani, senza cibo, i marinai decisero di scaldare al sole il composto formatosi ed uscirono fuori queste frittelline di ceci. In seguito la ricetta venne affinata ed in omaggio alla sua scoperta casuale viene chiamata anche “L’oro di Pisa”.


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pizza e pasta italiana maggio

2022

"L'oro di Pisa" Denis, per concludere la ricetta della tua farinata “Cerco di ridurla nelle proporzioni perché ne produciamo davvero delle quantità enormi:

1, 2 lt d’acqua 2 etti di farina di ceci 15 gr di sale Va messo tutto assieme in un secchio, girato con una frusta fin che non vi sia più nemmeno un grumo. Far riposare mezz’ora quaranta minuti.

La tua pizza “Prepariamo una pizza molto bassa – come va qua – con poco cornicione, ed una varietà di impasti: integrali, ai cereali, senza lievito. Nel menù il cliente trova sia quelle più tradizionali che abbinamenti un po’ diversi come ad esempio fichi caramellati, culatello e stracciatella piuttosto che la linea delle “focacce del marinaio”. Mi sono immaginato un marinaio in mezzo al mare che avrebbe gradito una focaccia calda con il pescato appena preso e quindi da lì ho sviluppato una linea di focacce con il pesce. Nel locale le proponiamo con una forma simile alla pinsa – se vogliamo una specie di pinsa alla genovese –, rimane molto fragrante (quasi un biscotto) ma la chiamo “slerfa” ovvero l’unità di misura del pezzo grande di focaccia. Sono proprio le “slerfe di famiglia” – la nostra ovvero io, mia moglie Michela che lavora lato cliente e i nostri 4 bambini. E poi nonni, parenti, da cui le ricette prendono i nomi.”

La prima pizza: una ricostruzione storica narra sia nata a Genova. Cosa ci dici al riguardo? “Pizza vuol dire anche pezza, ovvero i primi pezzi di focaccia in tegame che venivano messi da parte dalle focacciaie per poi essere conditi alla sera. Già alla fine del ‘400 si faceva questo; il pomodoro non c’era e si usavano acciughe, aglio, olive di cui l’ammiraglio Andrea Doria andava ghiotto. Questa ricetta c’è ancora oggi, con l’aggiunta poi di pomodoro. Secondo me le prime tracce vengono da qui; noi genovesi valorizziamo ben poco le tradizioni anche se ne abbiamo diverse. Senza voler mettere in comparazione né contrapposizione la pizza napoletana che ha la sua origine, la sua tradizione e la sua identità culturale e gastronomica di altissimo livello, ed infatti lo sviluppo che c’è stato nel mondo è evidente.”

Poi prendere il testo in rame e cospargerlo abbondantemente d’olio sia perché non si attacchi sia affinché si integri con il composto. Mettere in forno a 400 gradi per 4 minuti: consiglio per chi la fa a casa di usare solo il grill perché deve cuocere dall’alto con temperature alte).”


" Per i Top IL TOP! IL MIO SAN MARZANO

1° classificato Francesco Martucci I MASANIELLI

2° classificato Diego Vitagliano DIECI


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pizza e pasta italiana maggio

2022

Non di solo pizza Sarà che, per me, Cinisi è la città di Peppino Impastato. Sarà pure che I cento passi ha segnato in modo indelebile la mia passione per l’attivismo civico ma quando, nel 2013, ho incontrato per la prima volta Santi Palazzolo ho capito davvero cosa significasse fare impresa, amando il territorio in cui si opera.

Palazzolo, 100 anni di pasticceria siciliana

Cinisi

di Antonio Puzzi

In un piccolo paese della provincia di Palermo, nel lontano 1920, un soldato tornato dalla guerra decise di aprire un laboratorio di dolcezze, per portare "più gusto alla vita". Si chiamava Santi Palazzolo e, con la moglie Pietrina, aprì a Cinisi, la prima dolceria del paese: oggi, dopo più di cento anni, quella pasticceria esiste ancora. Santi Palazzolo riconobbe nell’utilizzo esclusivo delle migliori materie prime siciliane il segreto per strutturare un’impresa artigiana di successo. Grazie a questa intuizione, vinse nel 1925 la medaglia d’ora all’Esposizione Internazionale di Montecatini, presentando il buccellato, un dolce tipico. Ben presto, con l’aiuto del figlio Vito, la Pasticceria Palazzolo divenne rinomata in tutta la provincia. Quel piccolo laboratorio di paese è diventata un’azienda solida con 45 dipendenti, ancora fortemente legata ai valori di qualità e tradizione sui quali è stata fondata. Oggi è guidata da Santi Palazzolo con la moglie Nunzia e dai figli Caterina, Laura e Vito. Insieme, uniti, hanno saputo nel tempo mantenere elevati standard di qualità e raggiungere importanti obbiettivi.

Santi Palazzolo è un rinomato maestro pasticcere italiano, vicepresidente dell’Accademia dei Maestri Pasticceri Italiani, di cui è membro sin dal 1998. È socio fondatore dell’Associazione culturale Ducezio che da anni si occupa della promozione e della salvaguardia della tradizione dolciaria siciliana. È stato Vicepresidente Fipe/Confcommercio di Palermo e membro del Consiglio d’amministrazione dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui il World Pastry Star nel 2015 e il Premio Miglior Pasticcere dell’Anno, conferito all’unanimità dai Maestri Pasticceri AMPI. Per il suo impegno sociale e le sue azioni etiche, ha ricevuto, tra gli altri, il premio Capitani dell’Anno nel 2015 e il Premio Imprenditore per il Bene Comune della Fondazione Cattolica per la Dottrina Sociale.


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Santi, può il cibo e nella fattispecie la pasticceria - essere veicolo per la conoscenza di un territorio? "La pasticceria siciliana è strettamente legata al territorio. Infatti è una delle poche che, oltre ad essere gustata, può essere raccontata. Ogni dolce della tradizione siciliana racchiude in sé una storia, a volte anche millenaria. Non esiste un dolce che non sia legato alla celebrazione di un rito, perché essi stessi hanno un’origine legata al culto. La pasticceria siciliana nasce, infatti, nei conventi, dove anticamente le suore si dedicavano a quest’arte. Dai conventi, la produzione dei dolci tipici si sposta poi anche nelle case nobiliari e da li esplode l’arte dolciaria siciliana in tutta la sua bontà."

Come un’impresa può valorizzare un territorio? "Rimanendo nell’ambito della pasticceria tipica siciliana, noi pasticceri ereditiamo oltre che “il sapere” anche un grande tesoro, rappresentato dalle tante eccellenze di materie prime che trovano nel clima mite e nei terreni dalle mille sfumature il loro habitat naturale. La Sicilia è ricca di prodotti che aiutano fortemente le aziende pasticcere ad esprimere al meglio le proprie potenzialità creative, perché se è vero che la pasticceria è arte, l’utilizzo di limoni, pistacchi, ricotte, mandorle e tanti altri ingredienti, fanno si che il risultato finale sia un dolce eccezionale sotto tutti i punti di vista."

Cosa rappresenta per lei la città di Cinisi, il vostro territorio? "Cinisi è il paese dove mio nonno, tornato dalla prima grande guerra, decise di aprire la sua dolceria. Il mio bisnonno non credeva, inizialmente, che questa decisione portasse dei frutti ma volle metterlo alla prova, donandogli come dote di nozze un chilo di farina, un chilo di zucchero, dieci uova e una bilancia. Da li partì quest’avventura che oggi ha superato i 100 anni di storia. Cinisi rappresenta le nostre radici e, se vogliamo avere consapevolezza del presente, volgendo anche lo sguardo vero il futuro, è necessario non dimenticare da dove veniamo."

Cosa assolutamente dobbiamo assaggiare presso la pasticceria Palazzolo? "In questi 100 anni la pasticceria si è molto evoluta. È risultato un fatto normale affiancare alla pasticceria tradizionale siciliana anche quello che consideriamo lo sviluppo e la necessità di adeguarsi a un nuovo tipo di pasticceria. Le persone cambiano, il modo di vivere cambia e, con esso, cambiano anche le abitudini alimentari. Ecco che i dolci sono sempre “meno” dolci e le porzioni, una volta abbondanti, diventano più piccole. Mangiare un dolce non è più considerato come un fabbisogno alimentare ma come un’esperienza sensoriale e anche un viaggio nella storia della nostra amata Sicilia."


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pizza e pasta italiana maggio

2022

Campionato Mondiale della Pizza ripartenza all’insegna del Fair Play

Q a cura della redazione

Quando lo scorso 7 aprile la cerimonia delle premiazioni ha decretato la chiusura del 29° Campionato Mondiale della Pizza, ci siamo resi conto di avere vissuto un’edizione “straordinaria”. Per diversi motivi. Innanzitutto è stata la prima competizione per i professionisti della pizza post periodo pandemico, con una partecipazione italiana ed internazionale davvero imponente ed ineguagliata: 760 concorrenti in rappresentanza di ben 40 nazioni. In seconda battuta, tutto si è svolto in un’atmosfera gioiosa e serena per la possibilità da parte dei partecipanti di ritrovarsi finalmente di persona e di confrontarsi dal vivo ma all’interno di una cornice di compostezza, dovuta alla delicata situazione internazionale alla quale il settore non è certo insensibile.

Tutti i concorrenti – cui va il ringraziamento di questa rivista che ha organizzato l’evento hanno partecipato con spirito sicuramente competitivo ma con l’obiettivo primario di stare assieme, di dialogare, di mettersi alla prova prima di tutto con se stessi, valorizzando i tanti mesi trascorsi tra prove, studio e ricerca sulle materie prime e gli abbinamenti in vista della gara. In una cornice che ha potuto vantare la presenza come sponsor di alcune tra le principali aziende produttrici e trasformatrici del settore i pizzaioli hanno dunque potuto esprimere competenza e creatività, stimolandosi reciprocamente a fare sempre meglio. I grandi media nazionali ed internazionali hanno potuto verificare direttamente al PalaVerdi – teatro della manifestazione - come il comparto pizza si stia confermando vivace, preparato, trainante e come la componente femminile sia tra i professionisti sempre più nutrita ed agguerrita, osservazione che ottiene conferma dando una scorsa alle classifiche finali.

Il Campionato Mondiale della Pizza non significa però solo gare, ma cultura e formazione: grande successo di pubblico ha ottenuto l’apposito spazio formativo gestito dalla nostra rivista denominato Pizza World Forum, che ha ospitato un nutrito parterre di professionisti di differenti estrazioni professionali i quali hanno condiviso con il pubblico presente esperienze, tecniche, racconti, testimonianze che hanno arricchito umanamente e professionalmente tutti, pubblico e relatori. Un arrivederci al prossimo anno, per la trentesima edizione del Campionato Mondiale della Pizza!


PREMI HEINZ BECK i primi piatti in pizzeria premi speciali della giuria

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Pizza più larga

Premio miglior abbinamento vino: Mattei Nicolai

Concorrente

Pizzeria

Località

Prov.

1. Pasini Daniele

Pizza Acrobatica

Imola

BO

2. Nardin Dario

Aurora

Terrassa Padovana

PD

3. Borrelli Giorgio

L’Arte Bianca

Palermo

PA

Pizzaiolo più veloce

Premio speciale della giuria: ex aequo a Caliolo Alessandro e Striuli Elisa

Concorrente

CLASSIFICA HEINZ BECK

Concorrente Pizzeria

Pizzeria

Località

1. Zikulari Andi

D’Angelo Pizza

Padova – PD

2. Amendola Giuseppe

Ci vediamo da Mario

Reggio Emilia – RE

3. Gomez Suarez Carlos David

Riscaldato’s

Cartama (Malaga) – Spagna

Freestyle

Località

1. Mattei Nicolai

Il Locandiere de Core de Panza

Acuto (FR)

2. Gobeo Mattia

Zio Mo’ Pizza e Bistrot

3. Baraldo Manuel

7 Teste Pizza Concept

Concorrente

Pizzeria

Località

1. Matarazzo Nicola

Manuno

Brescia (BS)

Legnago (VR)

2. Martos Del Arbol Antonio

Lalbero Pizzerias

Malaga (Spagna)

Selvazzano Dentro (PD)

3. Falco Jerome

Falco Pizza

Sainte-Eulalieen-Born (Francia)


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pizza e pasta italiana maggio

2022

Pizza a due

Concorrente

Premio triathlon e premio speciale Parmigiano Reggiano Criminisi Giuseppe, “Il Carretto” a Racalmuto (AG)

Pizzeria

Località

Prov.

1. Maya Caroline con Fauconnet Alain Patrick

Les pizzas du puits viuex

Saint Priest (Francia)

2. Micheli Clara con Alberti Giovanna

Pizzeria Clara Micheli

Montignoso

MS

3. Conidi Piero e Cristian

Pizzeria locale Piero Conidi

Alba

CN

Pizza senza glutine

Best world pizza team Squadra Liguri Apuani Rossa Team Alberti Mario, Di Paola Cristoforo, Lombardo Daniele, Clara Micheli, Tonarelli Federico, Giovanna Alberti Concorrente

Pizzeria

Località

Prov.

1. Alveti Fabio

Altro che impasto

Ardea

RO

2. Franco Eleonora

Eleonora Franco Chef e Pasticcera

Codroipo

UD

3. Fontebasso Jenny

La strana coppia

Nervesa della Battaglia

TV

Pizza in pala

Concorrente

Pizzeria

Località

Prov.

1. Criminisi Giuseppe

Il Carretto

Racalmuto

AG

2. Di Stasio Raffaele

Verace Assaje

Bovisio Masciago

MB

3. Gallizzi Andrea

Pizza Re

Roviano

RM


119 I CONCORRENTI CON I PUNTEGGI PIU’ ALTI PER OGNI NAZIONE

Pizza Napoletana STG

Concorrente

Pizzeria

Località

1. Longobardi Manuel

O’ Sarracin pizzeria

Nocera Inferiore (SA)

2. Matarazzo Mario

Manuno bis

Brescia (BS)

3. De Palma Francesco

Pizzeria Crudo

Oslo (Norvegia)

Pizza in teglia

Concorrente

Pizzeria

Località

1. Rusu Camelia

T.S. Lunch pinseria

Anagni (FR)

2. Batzella Nicole

Manè sul mare

Viareggio (LI)

3. Di Pietro Alberto

Alberto’s Pizza

Cerveteri (RM)

Pizza classica

Concorrente

1. Moccia Paolo 2.

Favero Daniel

3. Vassallo Domenico 3. ____________________ Criminisi Giuseppe

Pizzeria

Località

Pizzeria da Orlando

Scandiano (RE)

Trattoria pizzeria Ometto

Carrara (MS)

Arte bianca _____________ Il Carretto

Monastier di Treviso (TV) _______________________ Racalmuto (AG)

Emirati Arabi Uniti

Point Dumont Armand

771

Albania

Aliaj Enerik

648

Argentina

Davila Gasco Mauro

824

Austria

Monaco Paolo

745

Australia

Bhatnagar Gagan

785

Belgio

Gueli Nicolo

703

Bulgaria

Michev Plamen

708

Brasile

Menk Tome' Frederico Jose'

791

Canada

D'Agata Mirko

777

Svizzera

Massafra Lucio

726

Colombia

Amaduzzi Davide

702

Germania

Santoro Giambattista

780

Danimarca

Muratti Giovanni

743

Egitto

Gerges Jozeph Atef Atta Soliman

645

Spagna

Bianchi Marco

767

Francia

Maya Caroline

799

Honduras

Hernandez Ludovico

725

Croazia

Podunavac Ognjen

712

Ungheria

Gaspar Krisztian

727

Israele

Khleif Ronen

676

India

Patwa Arvind

514

Libano

Sawwan Ziad

652

Marocco

Tika Hassan

733

Malta

Perniciaro Giovanni

728

Messico

Smith Cristina

714

Norvegia

Magotti Edi

736

Perù

Bertini Angello

686

Portogallo

Tozzi Carlini Pietro

741

Romania

Rusu Camelia

841

Svezia

Hamil Chuaib Jousef

719

Slovenia

Zoks Martin

663

Repubblica Slovacca

Rapacciuolo Luca

752

Tunisia

Sdiri Mazen

698

Turchia

Aydin Özgür

477

Stati Uniti d’America

Smith Lars

814

Sudafrica

Serfontein Juan

680


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pizza e pasta italiana maggio

2022

Premio Fair Play Pizza World Championship 2022 – fuori concorso

Concorrente

Leone Coppola

Pizzeria

Località

Prov.

Pizzeria Vecchio Ottocento

Gavirate

VA

Premio Spray Leggero – fuori concorso

Coppia di concorrenti

Pizzeria

Località

Marco Bianchi

Pizzeria il Cortile

La Canada – Valencia – Spagna

Rocio Marquina Martinez

Pizzeria Marquinetti

Tomelloso – Ciudad Real – Spagna


I PARTNER DEL CMP

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apprezzato anche dal consumatore finale, per comunicare e per sensibilizzare il pubblico sui segreti dei pizzaioli e della materia prima che essi utilizzano. In generale al Campionato del Mondo abbiamo registrato la profonda conoscenza da parte dei professionisti delle materie prime, la capacità di saperle usare trovando armonia tra la farina e gli altri ingredienti. Grandi protagoniste sono le pizze fritte, pizze in padellino e in teglia e viene dato grande valore alla semplicità delle proposte».

Le 5 stagioni AGUGIARO & FIGNA S.P.A. Via Monte Nero 111 - 35010 Curtarolo (PD) - Italy tel. +39 049 9624611

L

e riflessioni di Riccardo Agugiaro, Ceo di Agugiaro e Figna Molini, raccolte durante la manifestazione a Parma. Quali sono le sue riflessioni dopo la ripartenza del settore segnata dal Campionato Mondiale della Pizza? «Il Campionato è stato un importante palcoscenico per celebrare la passione e la dedizione dei pizzaioli. Racchiude una passione che unisce e non divide e Agugiaro & Figna Molini l’ha celebrata rendendo protagonista ogni singolo pizzaiolo che con amore, dedizione, impegno e passione si dedica allo studio, alla ricerca e alla preparazione del piatto simbolo del made in Italy». Che sensazioni ha avuto sullo “stato di salute” del comparto? «Il comparto dell’arte bianca e in particolar modo della pizzeria è in continua crescita dal punto di vista delle richieste, ma anche per la stessa capacità dei professionisti di elevare la qualità dei loro prodotti. Tuttavia non possiamo negare il momento delicato che sta affrontando il settore che dopo la pandemia, sta vivendo un nuovo momento di difficoltà derivato al conflitto in Ucraina. Il problema del blocco all’import da queste zone di per sé non incide molto per l’Italia poiché

www.le5stagioni.it

importa solamente il 5%: il problema reale consiste nella chiusura del porto sul Mar Nero che ha bloccato anche le forniture dal vicino Kazhakistan. Mancando quel grano, il resto del mondo ha cominciato a comprare dove compriamo noi, Austria e Francia, e questo ha fatto alzare in generale il prezzo del grano, non solo quello italiano, ma per tutte le altre nazioni. L’altro problema consiste nel fatto che l’Ucraina è il più grande produttore in Europa di mangimi per animali, soprattutto mais, di cui si nutrono in maniera massiccia, ad esempio, i bovini. E gli allevatori, temendo di rimanerne senza, hanno cominciato a comprare grandi quantità di grano, facendo schizzare i prezzi. Inoltre, l'aumento delle bollette dell'energia elettrica ha investito, per forza di cose, anche le attività commerciali. E sono questi i principali problemi che attualmente sta vivendo e affrontando il comparto della pizza». Quali invece le nuove tendenze che è riuscito a percepire? «Gli ultimi due anni hanno messo a dura prova il settore. Però in molti professionisti hanno avviato una riflessione interna sulle proposte e le metodologie di lavoro. Oltre alla grande attenzione per i prodotti stagionali i pizzaioli guardano e tendono a valorizzare la materia prima del loro territorio, comunicando la tracciabilità ad un cliente finale sempre più informato e attento. Si registra quindi una maggiore attenzione al tema della sostenibilità ambientale. C’è, inoltre, grande attenzione al tema della comunicazione con il cliente finale; anche per questo motivo abbiamo messo a disposizione il nostro box pizza ecosostenibile: la scatola in cartone che contiene l’alimento più amato e conosciuto al mondo, un modo creativo,

Un commento sui grandi protagonisti dell’evento, i pizzaioli. «I pizzaioli presenti al campionato hanno dimostrato grandi capacità professionali; abbiamo registrato una nuova evoluzione dei professionisti in gara non soltanto nelle conoscenze delle tecniche di lavorazione della materia prima, ma anche nella programmazione e nell’organizzazione; questi ultimi temi sono fondamentali in questo periodo per affrontare i continui cambiamenti a livello di richiesta da parte dei clienti e i cambiamenti economici e sociali. Come azienda sosteniamo quotidianamente il lavoro e la creatività dei pizzaioli con la nostra linea Le 5 Stagioni una gamma di farine, miscele e lieviti pensata e creata per adattarsi alle diverse esigenze dei professionisti, ottenuta dalla selezione dei grani delle migliori coltivazioni che vengono sottoposte a rigorosi controlli di qualità per offrire un prodotto sano, capace di garantire le migliori caratteristiche dei grani selezionati. Da sempre però, non è soltanto attraverso la materia prima che affianchiamo i pizzaioli. Quest’anno, ancor più che in passato, abbiamo celebrato i campioni in gara alle differenti competizioni della pizza attraverso la condivisione di una passione comune. Una passione che unisce e non divide. Punto di partenza della campagna “Pizzaioli fuoriclasse” è proprio lo sport che rappresenta il team, la magia della squadra ma anche la dedizione, l’impegno, la fatica e l’allenamento per ottenere risultati sempre migliori, valori comuni a quelli del pizzaiolo. Nello sport come nell’arte di preparare la pizza questi principi rappresentano le basi per raggiungere risultati ottimali, da veri pizzaioli fuoriclasse. Per questo motivo attraverso Le 5 Stagioni abbiamo raccolto le storie dei protagonisti del settore che hanno partecipato al Campionato Mondiale della Pizza raccontando i volti di chi ai personalismi ha preferito il gruppo. Perché è proprio nella capacità di fare squadra che è racchiuso il valore di un team di fuoriclasse».


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pizza e pasta italiana maggio

2022

I PARTNER DEL CAMPIONATO MONDIALE DELLA PIZZA

Galbani Professionale main partner del Campionato Mondiale della Pizza 2022 Via Flavio Gioia 8 - 20149 Milano - Italy tel. +39 029 5736270

www.galbaniprofessionale.it

G

albani Professionale, marca completamente dedicata al mercato out of home, nasce con l’obiettivo di fornire ai professionisti del fuori casa un ampio e profondo assortimento di prodotti caseari e salumi per rispondere a tutte le loro esigenze. I suoi prodotti di qualità costante garantita dall’esperienza di produzione della marca dal 1882, sono sviluppati insieme ai professionisti del settore, che conoscono profondamente i bisogni degli operatori della ristorazione. “Le principali soluzioni del portafoglio di Galbani Professionale sono rivolte al mondo delle pizze, è per questo che abbiamo deciso di sponsorizzare questo evento.” A parlare è Simona Fiorina, Foodservice Marketing Director del Gruppo Lactalis Italia. “Abbiamo un ampio portafoglio di formaggi per pizza e di salumi appositamente studiati per l’utilizzo a caldo sulla pizza in varie tipologie di forni ed in base al tipo di impasto. Per noi il Campionato Mondiale della Pizza è stata un’importante occasione di visibilità ai pizzaioli provenienti da tutto il mondo, offrendo loro la possibilità di provare i nostri prodotti, sia caseari che salumi, dedicati alla pizza. Tra questi anche alcuni nuovi lanci

come la mozzarella fresca Fiordilatte destinata ai pizzaioli fedeli alla tradizione della pizza cotta in forno a legna, il nuovo Gorgonzola, facile da cubettare e con la giusta fondibilità per essere messo sulla pizza e la Ricotta Bassa Umidità, anch’essa particolarmente indicata per guarnire la pizza in uscita dal forno. In particolare la gara di Pizza a Due, in cui Chef e Pizzaioli a quattro mani hanno potuto esprimere la loro creatività ed abilità, è stata una perfetta occasione per vedere i nostri prodotti sperimentati negli utilizzi più particolari ed è stata un’ulteriore conferma del fatto che la Pizza è diventata una specialità gastronomica al pari di qualsiasi altro piatto della nostra cucina. L’atmosfera che si è respirata nel corso della manifestazione è stata di grande passione, entusiasmo e voglia di ripartenza da parte di tutto il comparto, clienti e produttori, dopo due anni straordinariamente negativi per l’intero settore.”


I PARTNER DEL CMP

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Marana Forni MARANA FORNI SRL Via Turbina 98 - 37139 Verona - Italy tel. +39 045 8581500

www.maranaforni.it

N

el trentennale dalla sua fondazione Marana Forni, azienda di Verona, conferma la sua storica partecipazione al Campionato Mondiale della Pizza come technical supplier per i forni a legna. Ne parliamo con Elena Olivieri, export manager.

Un commento sui grandi protagonisti dell’evento, i pizzaioli. “Passione, creatività, entusiasmo: ecco quanto ho respirato durante i giorni del Campionato. Sensazioni trasmesse dai pizzaioli rappresentanti della “vecchia guardia” e dai tanti giovani partecipanti.”

Quali sono le vostre riflessioni dopo la ripartenza del settore segnata dal Campionato Mondiale della Pizza? “Anche se la situazione generale è ancora incerta, al Campionato si è respirata aria di ripresa, di fiducia nel futuro, di voglia di riprendere in mano la propria attività o di concretizzare il desiderio di nuovi acquisti, di nuove esperienza lavorative.” Che sensazioni avete avuto sullo “stato di salute” del comparto? “Uno stato di salute ferito dalla pandemia, colpito poi dalla crisi internazionale, che malgrado ciò si sta riprendendo.” Quali invece le nuove tendenze che siete riusciti a percepire? “Ho avuto l’ennesima conferma, dopo molti anni di attività in questo settore, che il “mondo pizza” così legato alle origini e alla tradizione, è in perenne ricerca e movimento verso nuove soluzioni e proposte culinarie, che nascono dalla creatività del pizzaiolo per soddisfare i gusti della propria clientela: grande importanza alla pizza napoletana e contemporaneamente proposte particolari con la pizza gourmet e attenzione al cliente con la senza glutine.”

La chiosa finale dell’esperienza è di Fausto Buglio, Responsabile Vendite Italia: “Posso aggiungere che in generale tutti hanno manifestato i disagi e lo scoramento vissuti nei due anni appena trascorsi, ma si sono ritrovati con entusiasmo e fiducia nel futuro vedendo così tanti colleghi. Ho percepito una sensazione di ottimismo anche se c’è consapevolezza che vi sia ancora molto da combattere, e che il lavoro abbia rappresentato un’ancora di salvezza anche mentale. La frase più sentita infatti è stata di questo tenore: “ne abbiamo viste di cose inaspettate, ma tutto ciò mi ha consentito di concentrarmi sul mio lavoro più di prima. Questo mi ha portato a Parma carico per partecipare.” Abbiamo visto tanti pizzaioli che si affacciavano per la prima volta in una competizione, presentando con sicurezza il loro prodotto. La competizione per loro era conoscere chi negli anni ha primeggiato e carpire qualcosa di utile, qualche suggerimento. E’ stata per tutti una bella soddisfazione!”


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Quando pizza e birra incontrano la primavera di Alfonso Del Forno

In

primavera comincia a crescere la voglia di leggerezza, sia in termini di relax mentale che di alimentazione. È proprio in questa stagione che si comincia ad uscire più spesso e ci si vede con le persone care, con le quali si condividono momenti di spensieratezza e di convivialità. Lo spirito di quest’ultima lo si trova nella voglia di uscire fuori casa e ritrovarsi magari a cena fuori in qualche località dove poter respirare la freschezza delle giornate primaverili. La coppia regina di queste serate tra amici è

di sicuro quella composta da pizza e birra. Il binomio gastronomico per eccellenza ha le sue regole anche in questo periodo dell’anno, quando le temperature cominciano a salire e la voglia di tenersi in forma prende piede, con il consumatore medio che tende a preferire pizze guarnite con materie prime di stagione, fresche e leggere. A queste pizze si associano le birre giuste per poterle apprezzare nel migliore dei modi, che seguono la filosofia della tavola primaverile. Vediamo insieme alcune ricette di pizze primaverili e le birre che meglio si sposano con esse.


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LA BIRRA

Nerano Pizza che vede protagonista le zucchine, che cominciano a fare la loro comparsa tra maggio e giugno. Questa ricetta trae origine dall’omonima ricetta realizzata con la pasta. Uno degli adattamenti previsti per la pizza prevede una crema di zucchine stesa sul disco della pizza, su cui sono poggiate delle zucchine fritte e il fiordilatte. In uscita viene grattugiato il Provolone del Monaco. Per esaltare le caratteristiche di questa pizza, consiglio di abbinare una Helles, birra di bassa fermentazione d’ispirazione tedesca, che al naso presenta note maltate che dominano su quelle luppolate. In bocca regna l'equilibro, con il dolce dei malti che bilancia perfettamente l'amaro dei luppoli. Il finale secco pulisce la bocca.

Fiori di zucca, alici e olive Questa pizza è complessa nella sua semplicità. I delicati fiori di zucca, che fanno capolino tra fine maggio e inizio giugno, sono adagiati sulla base di fiordilatte, a cui vengono aggiunte le olive. In uscita si dispongono i filetti di alici e il basilico. Il gusto generale è ben bilanciato, con la sapidità delle alici equilibrata dalla tendenza dolce del fiordilatte e dei fiori di zucca. Una Blonde Ale anglosassone è la birra che trovo meglio abbinata a questa pizza. Una birra fresca, grazie alle note erbacee e fruttate al naso. Il sorso è leggero, con grande equilibrio tra il dolce e l'amaro, che resta morbido sul finale. La buona secchezza finale contribuisce alla facile beva.

Salmone, stracciatella, rucola e zest di limone Una pizza che gioca le sue carte con il contrasto tra la grassezza di salmone e stracciatella da un lato, l’amaro della rucola e la freschezza delle bucce di limone. In forno si cuoce il disco guarnito di fiordilatte. Solo in uscita di aggiungono salmone, stracciatella, rucola e zest di limone. In abbinamento a questa pizza ho scelto una blanche, birra di ispirazione belga realizzata con frumento non maltato, bucce di arancia amara e coriandolo. La bella presenza delle speziature esprimono note citriche avvolgenti all’olfatto. Il sorso è fresco, dinamico, con l’ingresso dolce che lascia spazio ad una leggera acidità. Il finale è secco, con le note speziate che accompagnano il retrogusto.


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pizza e pasta italiana maggio

UN LIBRO AL MESE

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Casa editrice: Slow Food Editore Anno di edizione: 2021 Prezzo di copertina: € 29,00 Pagine: 448

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gastronomico dei presìdi

Slow Food

A cura della redazione

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UN LIBRO AL MESE

L’

idea di mobilitarsi per salvare la biodiversità alimentare prende forma nella mente di Slow Food nel 1996. Il primo progetto in tal senso si chiama Arca del Gusto ed è un catalogo (tuttora attivo e accessibile gratuitamente online sul sito web della Fondazione Slow Food per la Biodiversità) di migliaia di prodotti da salvare, identificati in tutto il mondo. Dopo pochi anni, è stata però evidente la necessità di andare oltre la segnalazione e di intervenire concretamente, coinvolgendo in primo luogo i produttori ma anche i cuochi, i tecnici, le istituzioni e gli appassionati, ovvero creando comunità legate da un obiettivo comune: sostenere un’economia locale virtuosa. Fu così che al Salone del Gusto del 2000 Slow Food presentò i primi 90 Presìdi italiani e, due anni dopo, il progetto acquisì una dimensione internazionale. Per celebrare i primi 20 anni di vita del progetto, Slow Food Editore ha dato vita a un volume in cui si raccontano tutti i Presìdi Slow Food italiani, ciascuno corredato da una foto e da una descrizione che ne valorizza anche l’utilizzo in cucina. Oggi nel mondo i Presìdi Slow Food sono oltre 600. I Paesi che hanno una rete significativa di Presìdi sono l’Italia, la Francia, la Svizzera, il Brasile e il Messico. In Italia i Presìdi Slow Food sono 349 e coinvolgono migliaia di produttori. Due Presìdi sono transregionali: l’olio extravergine di oliva italiano (su tutto il territorio nazionale) e i mieli di alta montagna alpina (nelle regioni settentrionali). I prodotti dei Presìdi hanno un marchio identificativo: la chiocciola rossa di Slow Food e l’indicazione “Slow Food Presidio”. Non solo: dal 2020, i produttori hanno iniziato ad adottare l’etichetta narrante, nella quale si racconta tutto quel che c’è dietro il

prodotto. L’etichetta narrante si affianca all’etichetta obbligatoria per legge e fornisce informazioni complete sui produttori, sulle loro aziende, sulle varietà vegetali o le razze animali impiegate, sulle tecniche di coltivazione, allevamento e lavorazione, sul benessere animale, sui territori di provenienza e molto altro. Il termine “presidio” può avere una connotazione militaresca (sta a indicare una guarnigione, un contingente di truppe), ma significa anche protezione, aiuto, tutela. Nel corso degli anni “Presidio Slow Food” è diventato un termine comune, tanto da entrare nell’Enciclopedia Treccani, in cui si legge: “Presidio Slow Food, istituzione promossa dall’associazione internazionale Slow Food, a tutela della biodiversità alimentare, per sostenere piccole produzioni eccellenti che rischiano di scomparire, recuperare tecniche di lavorazione tradizionali, salvare dall’estinzione razze autoctone e antiche varietà di ortaggi e frutta”. I produttori che fanno parte di un Presidio

sono dunque una “falange pacifica” che definisce le regole dello stare insieme, condividendo un disciplinare di produzione che descrive ogni fase del lavoro. Le linee guida dei Presìdi Slow Food prevedono forme di allevamento, agricoltura e pesca sostenibili, vietano l’uso di aromi di sintesi, conservanti e additivi chimici, richiedono di caseificare a latte crudo e senza l’aggiunta di fermenti industriali, e così via. Secondo Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità: “Il risultato più importante del progetto dei Presìdi è quello di essere partiti vent’anni fa da situazioni difficili, marginali (razze e varietà in via di estinzione, produttori anziani e sfiduciati, scarsa appetibilità commerciale) e averle trasformate, nella maggioranza dei casi, in realtà piene di speranza, a cui i giovani guardano con rinnovato interesse. Oggi i Presìdi testimoniano che un’agricoltura migliore è possibile, che un mondo migliore è possibile”.


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Photo credits @pizza1.de



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