Il pegaso 2° trimestre 2013

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IL PEGASO ORGANO UFFICIALE DELLA CASA EDITRICE STUDIOMUSICALICATA EDIZIONI MUSICALI

DIRETTORE RESPONSABILE: GAETANO ALICATA

servizio a pag. 14

LA GRANDE BELLEZZA l’ultimo film di Paolo Serrentino

recensione pag. 19-20


SOMMARIO Pag. 1

Origini … a cura di Gaetano Alicata

Pag. 17 Infinito Leopardi di Francesco D’Isa (1)

Pag. 2

La vocalità.. . a cura di Gianni Venuti

Pag. 18 Infinito Leopardi di Francesco D’Isa (2)

Pag. 3

La banda… di Giancarlo Aleppo

Pag. 19 La Grande Bellezza, ultimo film, di Paolo

Pag. 4

Musica e immagine di Luigi Fiorentini

Pag. 20

Pag. 5

Zum… papa… di Michele Pupillo

Pag. 21

Pag. 6

Banda musicale di Scopello-Pila (Ve)

Pag. 22

Pag. 7

Banda musicale Città di Paternò (Ct)

Pag. 23

Pag. 8

Banda musicale Città di Palazzolo (Sr)

Pag. 24

Marco Garro

Pag. 25

Pag. 9

La crisi delle… di Sebastiano Grasso

Pag. 26

Pag. 10

Cavalleria Rusticana, il musical

Pag. 27

Pag. 11

Orchestra di fiati Città di Modica (Rg)

Pag. 28

Pag. 12

Concorso “Città di Allumiere” (Ro)

Sorrentino; recensione a cura di F. D’Isa L’insostituibile piacere… di Corrado Calvo Agriturismo “Il Giardino del Sole” Per un’antropopoiesi… di Salvo Grillo (2) La mente modulare di Stefania Leone Issma, tipologie delle aree e dei corsi Uomini che odiano… di Lucia Franzò Cultura… Quo Vadis di Rosaria Rotondo I cento linguaggi… di Graziella Calabrese Copiafacile… fotocopiatori, carta, servizi

IN QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATO Antonino Azzaro

Graziella Calabrese

Michele Pupillo

Cinzia Spadola

Giancarlo Aleppo

Oriana Montoneri

Corrado Calvo

Giovanni Venuti

Rosaria Rotondo

Francesca Lo Savio

Lucia Franzò

Salvatore Grillo

DIREZIONE, REDAZIONE, GRAFICA,

STUDIOMUSICALICATA Edizioni Musicali di Alicata Gaetano

IN REDAZIONE FRANCESCO D’ISA (caporedattore)

Sede Legale: C. da San Giovanni Lardia - 96017 Noto

LUIGI FIORENTINI

Sede Commerciale: Via A. Brancati,106 - 96018 Pachino

PIERO MONACO

Tel: 328.4650606 Fax: 0931.1846143

ROSSANA CAMPISI

E-Mail: studiomusicalicata@katamail.com Registrazione: Tribunale di Siracusa n.° 16 del 23.12.2008


MUSICA

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IL PEGASO, ORGANO UFFICIALE DELLA CASA EDITRICE “STUDIOMUSICALICATA - EDIZIONI MUSICALI”

ORIGINI DELLA POLIFONIA, IL CONTRAPPUNTO, COMPOSITORI E TEORICI Gli argomenti trattati non sostituiscono quelli dei testi usati nelle istituzioni musicali, ma possono essere un valore aggiunto ed un utile coadiuvante per coloro che si preparano per gli esami di storia della musica, di abilitazione in musica e nello strumento musicale o per simpatizzanti della nobile arte.

La polifonia è un canto a più voci e con diverse linee melodiche. Nata, presumibilmente, intorno al IX sec. costituisce un momento di importanza vitale per tutta la musica occidentale. A mio avviso, una delle prime forme di polifonia, si nota quando i cristiani, costretti a predicare di nascosto nelle catacombe, intonavano canti sacri all’unisono. Ora, basta pensare che una melodia eseguita tra un uomo e una donna, tra le voci, crea un intervallo di ottava già pone il problema che duemila anni fa si evidenziava una primitiva forma polifonica. In ogni caso, il merito di aver sviluppato tale sistema polifonico e di averlo potuto scrivere, spetta alla nostra civiltà. La prima forma polifonica prende il nome di òrganum: la voce superiore va dall’unisono alla 4^ e ritorna all’unisono; la voce inferiore svolge il canto piano. Di norma, la voce che esegue il canto piano si chiama vox principalis mentre la voce che intona gli intervalli di 4^ o di 5^ si chiama vox organàlis. L’organum può essere: semplice, se le due parti si muovono in modo parallelo fino all’intervallo di 4^ e 5^; composto, se le voci salgono a 4 parti. In questo caso, le due nuove parti raddoppiano all’8^ sopra o sotto le precedenti; libero, se si sviluppa una certa indipendenza melodica tra le parti; purum, se le parti sono ritmicamente indipendenti, ovvero, mentre il canto piano è affidato ad uno strumento, le altre parti si dispongono in liberi melismi. Dell’organum, in origine, se né parlò in un volume anonimo intitolato Musica Enchiriadis del IX sec. e nel Tropario di

Winchester, antico manoscritto dell’XI sec. I maggiori teorici furono: Aldelmo, Vescovo di Sherborne, il primo ad interessarsi della forma (VII sec.); Ubaldo, monaco che scrisse il volume De Harmònica Institutione e John Cotton, inglese, che nel XII sec. diede una descrizione molto dettagliata e avanzata della tecnica dell’organum libero. Altre forme di polifonia che succedettero all’organum furono il discantus, il gìmel, e il falso bordòne. Quest’ultima, in Europa Occidentale, non fu subito accettata perché originava intervalli di 3^ e 6^ considerati dissonanze. Tra il XII e XIII secolo ebbe origine e si sviluppò l’Ars Antiqua. Nacque nella Basilica di San Marziale di Limoges e nella Cattedrale di Chartres per poi passare alla Cattedrale di Nòtre Dame a Parigi. Con questo stile di polifonia, si completa l’indipendenza delle parti, vengono adoperati tutti gli intervalli e gli intervalli di terza e sesta rientrano nelle consonanze. Uno dei primi compositori dell’Ars Antiqua fu il M° Leonino, canonico di Notre Dame. Seguirono: Perotino, Francone Di Colonia e Petrus De Cruce. L’Ars Antiqua raggiunse il suo massimo splendore con la Clausola, il Conductus Polifonico, il Mottetto e il Rondellus (perfezione del contrappunto e base dell’imitazione). L’evoluzione della polifonia, attraverso un ragionamento artistico, portò tale forma a diventare perfetta o, meglio dire, Dotta, dando origine al Contrappunto, ovvero, Punctum Contra Punctum o Nota Contro Nota.

a cura del Direttore Gaetano Alicata


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LA VOCALITA' DEL SETTECENTO Continuando il nostro percorso vocale-musicale, come concordato col direttore, parlerò in questo numero del canto del XVIII secolo. Questo, sicuramente, è il secolo più prolifico per il gran numero di compositori, maestri e cantanti presenti. In questo periodo, tra i più fecondi musicalmente, nasce l'opera buffa che trae i soggetti dagli aspetti caricaturali del vivere quotidiano, quindi, accentra l'attenzione su personaggi borghesi, su vicende che coinvolgono vecchi balordi, tutori che s'innamorano di furbe servette o di giovani pupille. Classica è la vicenda de "La Serva Padrona", di G.B. Pergolesi, capolavoro del melodramma giocoso italiano. In queste opere i ruoli maschili vengono affidati al "basso buffo". Tale personaggio doveva essere un bravo cantante, un bravo attore comico e alla vocalità doveva unire movenza scenica per sollecitare ilarità. Il canto spesso è sillabico e quasi parlante o, per meglio dire, a mo’ di recitativo. La scena è dominata, in particolar modo, da ruoli femminili. Questi ruoli, per la maggior parte, erano affidati a soprani o contralti, ed i personaggi dovevano evidenziare caricature false e ingenue. Di solito erano furbe servette con una vocalità che alternavano canto spianato a canto fiorettato con tessiture acute per sottolineare comportamenti briosi e frizzanti. Le composizioni erano create con il così detto "pezzo chiuso" intercalato dai recitativi che portavano avanti l’azione. La vocalità è morbida e non eccessivamente corposa, potremmo definirla quasi "falsettata" o "di testa". Largo è l'uso del disegno vocale melismatico unitamente al canto sillabico. Tra i grandi compositori di questo secolo: Scarlatti, Handel, Vivaldi, Pergolesi, Galuppi, Gluck, Paisiello e Cimarosa. Alla fine del secolo s'impone, all'attenzione dell'Europa

e del mondo, una nuova figura musicale: un genio, un "bimbo prodigio", un compositore a "tutto tondo", ovvero il musicista di corte, di chiesa o di teatro. La sua produzione è poliedrica e va dalle sonate ai concerti e dalle sinfonie alle opere, nel genere "Singspiel", che intercala parti cantate con parti recitate e prelude all’”Opera-Comique" francese. Stilare una cronologia delle opere di questo secolo è quasi impossibile, ma elenco, di seguito, quelle che ancora oggi entrano nei cartelloni dei grandi e piccoli teatri mondiali: ANNO

OPERA

AUTORE

1701 1706 1708 1709 1711 1711 1713 1714 1714 1716 1718 1720 1721 1724 1726 1729 1732 1733 1733 1736 1738 1749 1756 1762 1768 1768 1789 1790 1792 1798 1799 1800

Laodicea e Berenice Almira Il figlio delle selve Agrippina Il Ciro Il pastor fido Ottone in villa Amor generoso Orlando furioso La virtù trionfante Il trionfo dell'onore Radamisto Antioco Giulio Cesare Cunegonda Tigrane Lo frate 'nnammuratu Il prigionier superbo La serva padrona La bottega del caffè Serse L' Arcadia in Brenta IL filosofo di campagna Orfeo ed Euridice Bastiano e Bastiana Ifigenia in Tauride Nina ossia la pazza… Così fan tutte Il matrimonio segreto Le cantatrici villane Falstaff Les deux journées

A. Scarlatti G. F. Haendel A. Scarlatti G. F. Haendel A. Scarlatti G. F. Haendel A. Vivaldi A. Scarlatti A. Vivaldi A. Scarlatti A. Scarlatti G.F. Haendel J. A. Hasse G. F. Haendel A. Vivaldi J. A. Hasse G. B. Pergolesi G. B. Pergolesi G. B. Pergolesi G. B. Pergolesi G.F. Haendel B. Galuppi B. Galuppi C. W. Gluck W. A. Mozart B. Galuppi G. Paisiello W. A. Mozart D. Cimarosa V. Fioravanti A. Salieri L. M. Cherubini

Gianni Venuti


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LA BANDA NEL PANORAMA MUSICALE NAZIONALE La banda, intesa come gruppo strumentale, nella realtà musicale italiana, presenta un quadro complesso ed eterogeneo ma, anche, molto interessante. La sua collocazione non è però facilmente individuabile complessi, anche se per fortuna in creper cause e ragioni di vario genere. Il scita, di livello musicale apprezzabile, problema, va ricercato, soprattutto, nel insieme a troppi altri ai limiti della basso livello culturale musicale genera- tolleranza. Questa situazione, purle presente nel paese e distinto per la troppo incredibilmente trascurata dalarghissima fascia di diversità qualitati- to che nessuno rischia l’ impopolarità va dell’ insieme delle bande italiane. Il per affrontarla, ha generato, e via via ruolo che essa dovrebbe svolgere nel consolidato, un generale senso di sfipanorama musicale della nostra peniso- ducia e di deprezzamento, tale da ola è esattamente quello che ha sempre scurare completamente anche il riscatcaratterizzato la sua presenza, ovvero, to d’immagine che personaggi entuun ruolo che è andato modificandosi siasti e complessi eccellenti stanno nel tempo insieme alle esigenze cultura- perseguendo. li e sociali caratteristiche e tipiche delle diverse realtà e nel contesto generale. La sua presenza, tra la gente, quando è dignitosa, esercita una funzione importante, educativa, culturale e sociale. Attualmente in Italia, purtroppo agli ultimi posti per quanto riguarda la cultura musicale bandistica, coesistono pochi Giancarlo Aleppo


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MUSICA E IMMAGINE Chissà quante volte ci sarà capitato di assistere alla visione di film, documentari o programmi televisivi di vario genere e riuscire a cogliere nella sequenza delle immagini l’indescrivibile magia che inebria le nostre menti e le nostre orecchie: la musica! In molti casi, è talmente coinvolgente ciò che vediamo da non ricordarci più della musica che abbiamo appena finito di ascoltare; in altre circostanze, al contrario, i suoni che accompagnano l’azione scenica emanano una forza talmente carica di energia da eclissare quello che, almeno, avrebbe dovuto essere il soggetto della questione: l’immagine! Questo genere musicale, sia relativo al cinema – e comunemente chiamato “colonna sonora” – che al teatro di prosa – definito “musica di scena” -, si differenzia dagli altri in quanto svolge il compito di servire umilmente tanto la drammaticità dell’azione quanto la scenografia, i dialoghi e la mimica, e per tale motivo “musica comparata” è il termine che maggiormente le si addice. Quando la musica viene concepita con l’intento di essere ascoltata da un uditorio attento o, comunque, viene composta con l’obiettivo di stare di primo piano, si può parlare di “musica assoluta”.

Nel primo tipo, però, il compositore rimane spesso nell’ombra e il suo nome non viene quasi mai ricordato – è già tanto se compare in sovrimpressione una sola volta, all’inizio, anche se la sua musica continuerà ad accompagnare tutto il corso delle sequenze visive che appariranno. Sì, magari state già pensando a personaggi spicco come nel caso di Morricone, Williams, Rota, Zimmer e altri ancora, ma quale marea di musicisti rimangono nell’oblio? Se consideriamo che quasi la totalità delle emittenti televisive trasmettono 24 ore su 24 documentari, film, pubblicità, cartoni animati, e tutti non privi della musica che li affianca fedelmente, quali e quanti autori di quest’ultima conosciamo o crediamo di ricordare? L’arte sonora, purtroppo, se non lo ha ancora fatto, starà sicuramente imboccando la medesima strada che ha già imboccato la nostra società, che è quella che conduce al netto divario tra le classi sociali: chi troppo, chi niente!

Luigi Fiorentini


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ZUM… PAPA… ZUM… PAPA… ZUM... Nel bicentenario della nascita del grande Maestro Giuseppe Verdi (1813-2013), in tutti i palcoscenici del mondo si rappresenteranno, a giusta ragione, le opere del grande, affettuosamente, “Peppino”. Lontano dal parlare della sua grandiosa produzione, soprattutto operistica, mi soffermerei su un ritmo ternario, come da titolo, così usato e osannato dai più e bistrattato dai “geniacci” della musica. Sta di fatto che dopo la rappresentazione delle prime due opere, “Oberto Conte di San Bonifacio” con esito discreto, e “Un Giorno di Regno” che fu un fiasco, il grande successo trionfale arrivò con “Nabucodonosor”. Ma, guarda un po’, chi rispunta?: il zum...papa... zum...pa nel famoso va’ pensiero del Nabucco, che tutto il mondo canticchia. Vorrei tanto dire su questo ritmo (che fortunatamente esiste) ma in un altra occasione. Faccio notare però che tanti grandi e piccoli musicisti e teorici, nonché letterati, compreso e soprattutto Arrigo Boito, si scagliarono contro la cosiddetta “banalità” dello zumpapa... di Verdi, tanto da metterlo al confronto e in rivalità con l’altra stella nascente dell’opera tedesca: Richard Wagner. Il nostro grande Peppino, però, sapeva dove metteva le “note” e a cosa servissero, meglio se con l’accompagnamento ternario. Perché? facile a dirsi, perché era il ritmo del momento, e tutti ne erano ammaliati. Il Valzer, signori miei, era la danza non solo del momento ma, come forma, molto cara al Maestro, tanto che nel Rigoletto la utilizzò come Perigordino. Svelato il mistero, non c’e’ quasi opera d’arte, in cui Il Re dell’opera lirica romantica non faccia uso di una danza o di un ritmo di danza. Arrigo Boito, compreso

ciò che accadeva in quel determinato momento, ritornò sui suoi passi, si scusò col maestro e divenne librettista ufficiale di Giuseppe Verdi. Ma veniamo ora alla parte tecnica. Sembra semplice fare uno zumpapa... e, in effetti, così è, se no, non sarebbe popolare. Ma stranamente, quando a volte ascoltiamo orchestre, bande musicali o svariati gruppi strumentali non riusciamo a sentire bene questo ritmo. Vuoi perché l’accento è più lungo sul secondo o terzo tempo, tanto da farlo diventare un ritmo sincopato, o vuoi perché il movimento ternario dopo l’accento forte in battere viene troppo allargato; insomma, viene da dire... povero Verdi! E sì, un Grande Giuseppe Verdi Bicentenario, ma è nella semplicità dei suoi capolavori che si evince la sua grande genialità di compositore. E nella storia d’Italia non dimentichiamolo rimarrà sempre: VIVA VERDI...

Michele Pupillo


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BANDA MUSICALE SCOPELLO - PILA (Vercelli)

La nostra banda nacque ufficialmente il 24 novembre 1906 con la denominazione di Unione Musicale di Scopello per mezzo dei soci fondatori: Cattarelli Giuseppe capo-musica, Anderi Giovanni cassiere, Novarina Adolfo segretario e dai membri effettivi Viotti Antonio, Gianotti Adolfo, Duberti Fortunato, Pareti Emilio e Novarina Giovanni. L’attività si è protratta quasi ininterrottamente fino ai giorni nostri prima sotto la direzione dei signori Pareti Emilio e Novarina Martino, nel periodo interposto alle due guerre mondiali, e successivamente del signor Antonini Valentino. Nel 1976, dopo circa quindici anni in cui si alternarono scioglimenti e ricostituzioni, si riunì un considerevole numero di amanti della musica che, assistiti dal signor Antonini Valentino e coadiuvati da alcuni musici della banda precedente, riportarono in auge l’antico corpo bandistico sotto la denominazione di BANDA MUSICALE SCOPELLO – PILA. Grazie al sostegno finanziario ell’Amministrazione Comunale e di diverse persone tra cui in particolare il signor Cottura Dino, fu possibile l’acquisto di nuove partiture musicali, il riassetto di alcuni strumenti musicali e

l’acquisto della prima divisa. Nel 1986 al maestro Antonini subentrò l’attuale direttore, il maestro Dario Colombo di Varallo, che già dirigeva e dirige le bande musicali di Varallo e di Alagna. Nei primi anni ‘90 per mezzo dei corsi finanziati dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Vercelli e grazie alla preparazione musicale e alla grande passione per la banda del nuovo maestro, una dozzina di giovani ragazzi rafforzarono l’organico e rivitalizzarono il corpo musicale. La “nuova” banda ha così potuto intraprendere un cammino di crescita musicale molto importante, che ha permesso di formare un vasto repertorio sia di musica prettamente bandistica che da concerto. Attualmente la Banda Musicale Scopello - Pila è composta da circa 25 elementi, di cui molti under 18, con una strumentazione pressoché completa nell’ambito dei brani proposti, e può vantare un’attività continuativa e costante che le permette di essere presente non solo ai concerti, ma soprattutto alle feste locali e alle ricorrenze civili e religiose nell’ ambito della vita del paese e dei comuni dell’ Alta Valsesia.

Foto: in alto a sinistra, la banda musicale Scopello-Pila, oggi; in alto a destra fine anni ‘20 e in basso a destra anni ‘30


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COMPLESSO BANDISTICO CITTA’ DI PATERNO’ (CT)

L’Associazione Culturale Musicale, “Complesso Bandistico Città di Paternò”, con annessa scuola di musica, in occasione del Natale 2012, a chiusura dell’anno didattico musicale strumentale, ha presentato tre concertini il 26 – 27 – 30 – dicembre 2012, con i ragazzi minori della banda, presso le chiese: SS. Sacramento (Caritas parrocchiale), SS. Salvatore e Santa Caterina. Il 5 gennaio, con il patrocinio dell’Assessorato Regionale del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo, la banda,

composta da 35 elementi ha tenuto il “IX concerto natalizio”, presso la chiesa di San Domenico (Rosario). Durante il concerto, oltre che un vasto repertorio natalizio, sono stati eseguiti i seguenti brani : “La vita è bella” dall’omonimo film; “l’Angelus”, dalle Scene pittoresche di Jules Massenet e la fantasia “Canti d’Italia”, con motivi militari e civili che vanno dal 1830 al 1950. In omaggio a Giuseppe Verdi, nel bicentenario della sua nascita, sono stati eseguiti: “Va Pensiero”, “La Vergine degli Angeli” (Preghiera) e “l’Inno delle Nazioni”. Hanno diretto i maestri Barbaro M. Finocchiaro e il figlio Antonio vice maestro. Quest’ultimo si è abilitato alla direzione con il maestro Della Fonte ed è insegnante di tromba presso la scuola di musica della banda di Cordignano (TV) e della banda di San Vito al Tagliamento (PN). Ogni brano eseguito è stato lungamente applaudito ed apprezzato dal folto pubblico presente in chiesa.

EVENTI 28° Concorso Internazionale di Composizione Originale per Banda di Corciano

XIV FESTIVAL INTERNAZIONALE DELLA MUSICA “MALGRAT DE MAR”, BARCELLONA (SPAGNA) DALL’8 AL 13 OTTOBRE 2013 http://www.euroartproduction.it/festival-spagna.html

1° premio: € 4.000 2° premio: € 1.000 Segnalazioni e menzioni d'onore. Scadenza: 30 novembre 2013 www.corcianoinbanda.com

IV FESTIVAL INTERNAZIONALE PER BANDE MUSICALI “MALTA 2013” DAL 02 ALL’08 SETTEMBRE 2013

http://www.euroartproduction.it/festival-malta- music.html


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BANDA MUSICALE “AKRAY” CITTA’ DI PALAZZOLO A. (SR)

L'Associazione Culturale Musicale, Complesso Bandistico “Akray” Città di Palazzolo Acreide, nasce: per la volontà e la comune passione della musica bandistica di sette amici (Marco Garro, Giorgio Gugliotta, Daniele Bruno, Soraya Sbriglio, Barbara Bandiera, Giovanni Intravaia e Mirko Sapia), per l’impegno dell’ amministrazione comunale di Palazzolo (deliberandola a tutti gli effetti banda cittadina) e per la determinazione dei comitati dei quartieri. Molte sono state le discussioni, in itinere, per costruire questo progetto sin dall'inizio ambizioso. Di comune accordo si è pensato subito di costituire l'associazione musicale presso il comune di Palazzolo Acreide in provincia di Siracusa, per dar vita nel paese ibleo di un qualcosa che mancava (avendo avuto in passato un glorioso concerto municipale). Il 21 Agosto 2011 nasce, così, la nuova realtà palazzolese. Una banda giovane che già conta circa 20 prestazioni nel 2012 e la soddisfazione di aver realizzato tre divise (estiva, invernale e gala) grazie, anche, all’impegno e sacrificio del direttivo. L’ associazione, oltre alla banda, istituisce, anche, una scuola musicale, punto di partenza per tutti quei giovani che vogliono intraprendere il percorso a carattere bandistico. Attualmente, il gruppo strumentale, è composto da circa 35 elementi, esegue musica prettamente per banda e valorizza i compositori locali e contemporanei. Anche se di giovane costituzione, la banda, è apprezzata e richiesta principalmente a Palazzolo e poi nei comuni limitrofi. È diretta, con vera passione e animo, dal giovane maestro Marco Garro.

Marco Garro nasce a Siracusa nel ‘85. Giovanissimo, appassionato di musica e della vita bandistica, inizia gli studi col M° Nino Cirinnà. Nel ‘93, entra a far parte del complesso strumentale “Orfeo” di Siracusa in qualità di percussionista e clarinettista. Con il gruppo Orfeo, partecipa a numerose tournèe e a concorsi nazionali ed internazionali conseguendo successi e favorevoli consensi di pubblico e di critica. Nel 2000 presta la sua opera in qualità di 1° clarinetto nel Corpo Musicale Città di Siracusa, sotto la direzione del M° Michele Pupillo. In possesso del Diploma di Istruzione Secondaria Superiore, ha studiato clarinetto, prima, con il Prof. Fulvio Bazzano e, attualmente, con il Prof. Luigi Zimmitti. Dal 2010 è iscritto, alla s.i.a.e., in qualità di autore-compositore. Ha creato i primi lavori all’età di 7 anni e, oggi, alcuni suoi brani (“Musicalità” e “Soraya”) sono richiesti ed eseguiti da diversi gruppi strumentali. Ha composto ed elaborato opere apprezzate per l’originalità, la semplicità e la fantasia: marce per banda; musica new age; duetti per clarinetto e pianoforte; musica per ensemble vari e canti religiosi.

Foto, in alto a sinistra, la banda Akray. In alto, a destra, il M° Marco Garro


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LA CRISI DELLE NOSTRE BANDE MUSICALI La bande musicali, nel nostro territorio, sono una realtà importante perché rappresentano luoghi di socializzazione e di crescita culturale, simbolo di passione e partecipazione, ma anche di molte delle nostre tradizioni, religiose e non. Oggi, tuttavia, è innegabile la crisi che esse stanno attraversando. Da un lato, sicuramente, un elemento di forte criticità è rappresentato dalla crisi economica, che fa sentire i suoi effetti in due modi: in modo diretto, con i consistenti tagli ai fondi destinati ai corpi musicali, alle manifestazioni e, non ultimo, alle feste patronali che assieme ai raduni bandistici sono le più popolari attività bandistiche; in modo indiretto, accentuando il fenomeno della disoccupazione che porta molti giovani e meno giovani, spesso musicisti e componenti di bande musicali, ad emigrare. Ma c’è un altro aspetto di questa crisi, che non ha a che fare con aspetti economici, ed è rappresentata dal modo di gestire molte realtà bandistiche. Spesso, infatti, fare musica, al meglio delle possibilità di ognuno ovviamente, sembra essere solo un contorno a tutt’altre finalità di chi dirige o gestisce un corpo musicale. Personalismi, ricerca di visibilità e interessi economici sono un deterrente per chi, soprattutto tra i giovani, vorrebbe avvicinarsi ad una banda musicale. Col risultato che oggi molte delle nostre bande hanno difficoltà a mettere insieme un organico, se non completo, almeno stabile, ovvero un gruppo di musicisti che cresce musicalmente insieme, affiatato, solido e, perché no, competitivo. La soluzione più ricercata a questo problema è spesso il ricorso a professionisti esterni. Il che rappresenta sicuramente un’occasione di arricchimento sia per il professionista che ha modo di confrontarsi con realtà diverse, sia per la banda che favori-

sce lo scambio di esperienze e conoscenze fra i propri musicisti e quelli esterni. Ma da solo, nel lungo periodo, questo fenomeno ha però delle conseguenze negative perché per molte bande spesso è l’unico modo per poter continuare a sopravvivere. Il problema non è ovviamente fare ricorso o meno a professionisti esterni, ma fare in modo che essi siano un’opportunità e non una necessità. Un risultato che si può raggiungere mettendo da parte tutte le finalità che non siano fare musica, ovvero attirando ragazzi e ragazze a far parte di una banda musicale che sia anche una comunità in cui si cresce e ci si diverte, come succede in molte delle realtà della nostra regione. Infine, è vero che fare musica costa, che i soldi scarseggiano e che bisogna tenerne conto. Ma forse proprio in questo momento c’è bisogno di tornare agli aspetti più alti della musica e della sua vocazione, sociale e culturale prima ancora che economica, per salvare un patrimonio inestimabile per il nostro territorio. Dobbiamo farlo per le centinaia di giovani e meno giovani che vivono questa esperienza con passione, per il piacere di sentirsi parte di qualcosa di bello, che si divertono a suonare e in ultimo magari, quando è possibile, guadagnare qualcosa per potersi pagare una divisa o uno strumento nuovo. Perché non si suona con l’euro… ma con il cuore.

Sebastiano Grasso


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CAVALLERIA RUSTICANA, il musical

Domenica 23 giugno, presso il “Palmento Rudinì” di Marzamemi, col patrocinio del Comune di Pachino, è andato in scena il musical Cavalleria Rusticana. Scopo primario della manifestazione era quello di organizzare una serata di beneficenza per conto della Croce Rossa Italiana (sede di Pachino). L’opera, eccelsa, che è stata presentata con il testo elaborato da Carmela e Elbana Pantano e musiche e canti prettamente inerenti alla tradizione siciliana, ha dato origine ad una performance di alto spessore culturale e musicale. Tutti i protagonisti, dilettanti (medici, docenti, studenti, manager, etc.), ci hanno messo il cuore ottenendo un successo che è andato oltre ogni più rosea aspettativa. Il connubio, storia-canti siciliani, ha dato quel tocco "speciale" al musical, evidenziando ancor di più il carattere tipico della sicilianità. Il pubblico presente ha apprezzato la manifestazione sia nell’aspetto culturale-

musicale sia nell’aspetto sociale. Gli interpreti, con i costumi di scena e i canti, propri, dell’isola, hanno trasportato i presenti in un mondo antico fatto di ricordi e amabili nostalgie. Un plauso per la buona riuscita della manifestazione va all'intero staff che, con enormi sacrifici, spirito d'iniziativa e duro lavoro, ha fatto prevalere, sopra ogni cosa, il cuore. Dando a Cesare quel che è di Cesare, si ringraziano coloro i quali per circa due ore hanno permesso al pubblico presente di passare una serata all'insegna del divertimento e della piacevolezza. Di seguito, si ringraziano i personaggi e gli interpreti: dai carrettieri, Fabio Novello e Sergio Mizzi, all’oste, Enzo Berretta; da Sarina, Denise Aruta, a Pippina, Irene Colombo; dalla cantastorie, Margherita Rocchetti, al venditore ambulante, Bartolo Barone; dalla bimba dei palloncini, Gaia Caldera, a M’pa Cola, Giovanni Sammito e M’pa Luigghi, Gigi Spicuglia; da Gna Vastiana, Elbana Pantano e Gna Nunzia, Carmela Pantano, a Lola, Marilena Mizzi; da Alfio, Peppe Bordieri, a Turi, Davide Ferrara; da Santuzza, Denise Spicuglia, al regista Salvo Lucchesi.

Cinzia Spadola


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ORCHESTRA DI FIATI “CITTA’ DI MODICA” RG

La Civica Filarmonica Città di Modica (Rg), diretta magistralmente dal M° Francesco Dipietro, al XIV Festival Nazionale delle Banda Musicali, a Giulianova (Te), lo scorso 2 giugno, è stata premiata quale Migliore Banda D’ Italia. La manifestazione, indetta e promossa dall’associazione culturale Padre Candido Donatelli di Giulianova, ha visto esibirsi gruppi strumentali provenienti, oltre che dalla nostra penisola, dall’America, dal Giappone, dalla Cina, dal Messico, dalla Malesia, dalla Polinesia, dai Caraibi e dal Sudafrica. Dato importante è che, quest’anno, gli organizzatori si sono avvalsi della collaborazione delle Bande Militari di Stato Nazionali Italiane. L’orchestra di Fiati “Città di Modica”, proponendo brani di elevata qualità e difficoltà tecnica, ha incantato la giuria e il pubblico presente, che ha manifestato

interesse per le esecuzioni, con significativi e incessanti applausi. Personalità del campo artistico si sono complimentate con il Maestro Dipietro (foto in basso) e tutto il gruppo di strumentisti, non solo per come hanno eseguito i brani ma anche per l’eleganza della divisa e la compostezza dei singoli, durante la gara musicale.

Rossana Campisi


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CONCORSO NAZIONALE DI COMPOSIZIONE PER MARCE BRILLANTI “CITTA’ DI ALLUMIERE” (RO) pegnata alla pubblicazione della marcia vincente, della 2^ classificata e di quelle meritevoli di attenzione. La giuria, composta da esperti nel campo della musica, Angelo De Paola, docente di Strumentazione per Banda presso il Conservatorio ‘‘Giacomantonio’’di Cosenza, Mario Gagliani, docente di Composizione presso il Conservatorio ‘‘Martucci’’ di Salerno, e Marco Somadossi, docente di Composizione e Direzione per Orchestra di Fiati presso il Conservatorio ‘‘Tomadini’’ di Udine, ha esaminato le opere di maestri compositori che provenivano da ogni parte d’Italia. Il ruolo primario è stato svolto dalla Banda Musicale di Allumiere, diretta da Rossano Cardinali, che ha eseguito le 10 marce finaliste. Nella cornice del Palazzo Camerale di Allumiere, alla presenza di compositori, esecutori e ascoltatori, si è tenuta una serata di grande cultura musicale in cui è stato decretato il vincitore della II edizione del Concorso di Composizione di Marce brillanti ‘‘Città di Allumiere’’ (uno dei maggiori appuntamenti culturali e musicali a livello nazionale) promosso e indetto dagli ‘‘Amici della Musica’’ con il contributo della Fondazione Cariciv e il patrocinio del Comune di Allumiere. La Scomegna Edizioni Musicali (una delle importanti case editrici a livello nazionale) si è im-

CLASSIFICA FINALE

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1° classificato, M° Michele Netti di Siracusa; (foto a sinistra)

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2° classificato, M° Marco Tamanini di Verona; (foto in centro)

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3° classificato, M° Giuseppe Lotario di Enna. (foto a destra)

Francesca Lo Savio


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RELAZIONE ANNUALE DEL DIRETTORE DELL’ISSMA L’ISSMA, istituto di studi strumentali musicali, istituito dall’Associazione “Ente Lirico Archimede” di Siracusa, nasce nel novembre del 2012, con il chiaro obiettivo di divulgare una realtà musicale che da parecchi anni ha messo a dura prova la cultura dell’arte in genere (in special modo della musica) nel capoluogo siracusano. Il lavoro, svolto dai professionisti nominati, ha portato a risultati di notevole rilevanza sia sotto l’aspetto organizzativo sia sotto l’aspetto didattico. La nostra struttura, grazie ad un corpo docenti di chiara fama e di notevole spessore artistico-musicale, è da considerarsi di pari livello con Licei, Istituti e Conservatori musicali parificati. Convenzionato con il Conservatorio Tchaikovsky con protocollo n. 1931 ISE12, ha già mostrato il suo valore con la prima sessione d’esami (periodo estivo) presentando 25 candidati che, all’ unisono, hanno superato le prove in modo egregio, impeccabile e con ottime valutazioni. Per questo motivo, il C.D. dell’Ente, ha inviato nota di merito al Presidente dell’Associazione “Archimede” e al sottoscritto e il Direttore del Conservatorio, M° Pier Francesco Pulia, ha comunicato che darà mandato assoluto, sull’ esclusiva convenzione per la Sicilia orientale, solo alla nostra istituzione. L’anno accademico 2013/14 porterà l’apertura di un distaccamento della sede a Ragusa, dove sarà possibile edificare e sviluppare una nuova realtà musicale sia in città che in provincia. Ad oggi, sono pervenute in sede istanze da parte di associazioni cultural-musicali e gruppi strumentali a livello nazionale, quali richieste per stipulare collaborazioni e convenzioni col nostro istituto. Tali

richieste, al vaglio del personale delegato, permetteranno, ai richiedenti, di raggiungere determinati scopi, ovvero, certificazioni didattiche riconosciute e attivazione di una rete musicale nazionale senza confini. Un obiettivo importante che per l’anno 2013/14 intendiamo raggiungere è l’istituzione di un gruppo corale e strumentale costituito dagli alunni e dai docenti della scuola per una crescita artistica, culturale e formativa. L’ Issma, che ha proposto all’ utenza un percorso didattico personalizzato e basato sulla diversificazione delle discipline musicali e umanistiche, ha consentito ai propri alunni, anche, di approfondire e accrescere una cultura classica con l’ausilio di nuove tecnologie applicate alla musica. Un altro progetto, di notevole importanza, a cui i responsabili delegati stanno lavorando e programmando, è la realizzazione di “master class”. L’attivazione di tali corsi, di alto perfezionamento, consentirà alla scuola di aprire nuovi canali, contatti e orizzonti con artisti di chiara fama di livello nazionale ed internazionale.

Piero Monaco


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CINE TEATRO “CANNATA” CITTA’ DELLA NOTTE

Il Cine Teatro Città Della Notte è un’opera moderna che, a completamento dei lavori, venne inaugurato nel maggio del 2008. L’imponente architettura dalle forme intriganti è una struttura multifunzionale, voluta fortemente dalla famiglia Cannata, unica proprietaria che, a tutt’oggi, la gestisce e la promuove. La famiglia Cannata, possedendo una chiara idea di modernità, pensò fosse necessario dotare la città di Augusta e i comuni limitrofi di un nuovo servizio a passo coi tempi. In tal contesto, grazie ad una adeguata progettazione, dà vita ad una struttura polifunzionale capace di interpretare le aspettative civili e culturali, prima, a carattere provinciale e regionale e, dopo, a carattere nazionale. (la struttura sorge a cavallo tra le provincie di Siracusa, Catania e Ragusa) Il fiore all’occhiello del teatro è la Sala Cannata che, dotata di circa mille posti, è un inno all’arte, alla bellezza,

all’eleganza e alla maestosità. La struttura polifunzionale prevede, anche, un albergo, una discoteca e un ristorante con cucina tipica siciliana (non tralasciando quella nazionale) arricchita con squisiti prodotti tipici locali. Ogni settimana, tra i film in programma, i cineforum, e le rassegne teatrali, c'è sempre qualcosa di nuovo ed interessante da vedere. La famiglia Cannata pone il cine teatro come un luogo di conoscenza, cultura e confronto, offrendo, al pubblico, stile di accoglienza, disponibilità e professionalità, doti, che permettono di guardare al futuro con fiducia e attenzione.

Gaetano Alicata


FOLKLORE

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INFIORATA 2013 A NOTO (XXXIV^) La tradizione delle decorazioni floreali è nata a Roma nella prima metà del XVII secolo come espressione della cosiddetta festa barocca. Si ritiene che l’arte di creare quadri per mezzo di fiori fosse nata nella Basilica Vaticana ad opera di Benedetto Drei, responsabile della Floreria vaticana, e di suo figlio Pietro, i quali avevano usato "fiori frondati e minuzzati ad emulazione delle opere del mosaico" il 29 giugno 1625, festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma. Sicuramente non si pensava che questa brillante originale e geniale trovata avrebbe avuto una così lunga vita. Evidentemente l’idea piacque poiché è giunta ai nostri giorni e non accenna ad arrestarsi. Nel 1980, Noto pensa di valorizzare le risorse del suo territorio con una manifestazione che richiami visitatori. Così un artista genzanese visita Noto, ne ammira lo stupendo barocco e decide di fare una infiorata in Via Nicolaci, fiancheggiata da Palazzi barocchi e chiusa alla sommità dalla facciata concava della chiesa di Montevergini. E’ la prima infiorata. Da allora sono trascorsi trentaquattro anni e, puntualmente, la terza domenica di Maggio, Noto saluta la primavera con questa manifestazione. L’omaggio al Giappone è stato il tema centrale di questa XXXIV^ edizione dell'Infiorata 2013. Un coloratissimo tappeto di fiori (lungo 122 metri e largo 4) ha racchiuso 16 stupendi bozzetti. Ogni quadro aveva una dimensione di 7 X 4 metri. Un festoso e colorato tappeto di fiori che, nella notte del venerdì, ha preso forma dal lavoro di numerosi artisti locali e nipponici che, come laboriose formiche, hanno dato vita a vere e proprie opere d’arte sotto lo sguardo superbo ma compiaciuto delle sirene, delle chimere, dei grifoni, degli ippogrifi, dei centauri e delle sfingi, che sorreggono gli incantevoli balconi di Via Nicolaci, mentre una marea interminabile di visitatori,

curiosi ed increduli, scorreva incessantemente ai lati della strada formando un’esuberante cornice umana. Fiori, tanti fiori, ma non solo fiori sono stati i protagonisti di questa manifestazione. Oltre l'Infiorata, manifestazione oggi conosciuta in molte parti del mondo, anche geishe, samurai, artisti e musicisti nipponici, ci hanno coinvolto in una atmosfera affascinante; basti pensare ai 110 quadri realizzati esclusivamente per Noto nell’antica arte dell’Oshibana ed esposti presso “CASA GIAPPONE”, nell’ex Collegio dei Gesuiti, nonché alla mostra di bambole e antichi kimono, alla calligrafa che si è esibita direttamente per noi netini e per i turisti ed infine all’incredibile musicista nipponica Anyango che ci ha fatto emozionare con la sua musica. Anche per tale manifestazione il tema era “Omaggio al Giappone: i manga e i cartoni giapponesi”, sono stati coinvolti tutti gli Istituti di Noto, un Istituto di Militello e uno di Siracusa. Centinaia e centinaia di bambini hanno realizzato nove splendidi tappeti floreali che sono stati visibili a turisti e visitatori la settimana antecedente l’infiorata di Via Nicolaci.

Oriana Montoneri


PRESENTIAMO UN ARTISTA

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GIUSEPPE BLANDINO  Targa di riconoscimento come partecipante fuori concorso con una poesia in lingua su Marzamemi al concorso “Sicilia in versi” a Marzamemi –agosto 2010  Primo classificato al Premio Letterario Internazionale Lilly Brogi la Pergola Arte 2010 III Edizione–FirenzeSezione Silloge di poesie  Terzo classificato alla terza edizione 2011 del Premio Internazionale “Parole & Poesia” di Formigene – Modena – Sezione Silloge di poesie  Secondo classificato al Premio di poesia “Franco Rosa” Edizione 2011 - Sezione 150 anni Unità d’Italia Pozzallo  Segnalazione di merito al “Premio Poesia Prosa e Arti Figurative 2011 Il Convivio – Giardini Naxos – Sezione Silloge di poesie  Primo classificato alla Seconda Edizione del Premio Internazionale di Poesia "SELLION" 2011, Sellia (Catanzaro)  Terzo classificato Premio Internazionale di Poesia Maria, Madre del Buon Cammino IV Edizione- Trappitello – Taormina  Premiato al “Premio Nazionale di poesia 2012 “Raffaello Cioni” 10° Edizione Barberino di Mugello (Firenze).  Premiato al concorso “Premio Poesia Prosa e Arti Figurative 2012 Il Convivio – Giardini Naxos – Sezione Silloge di poesie  Premio Sicilia XX Edizione 2013 “Poeti di Sicilia” – Messina  Riconoscimenti in diversi altri concorsi nazionali ed internazionali  Pubblicazione di alcune poesie su giornali locali e su diverse antologie  Pubblicazione di una raccolta di poesie “ LEMBI d’AMORE” - Armando Siciliano Editore - Gennaio 2011. *****************************************

Giuseppe Blandino è nato a Modica (RG). Laureatosi all’Università di Catania in Lingue e Letterature Straniere Moderne, comincia la carriera di docente in Francia, successivamente si trasferisce a Torino dove rimane per sette anni. Sposato con due figli, adesso vive e lavora a Rosolini come docente di lingua Inglese in un Istituto Superiore. Ama lo sport, la musica, i viaggi. La sensibilità poetica ha radici lontane, solo da qualche anno compone poesie che, sin da subito, hanno ottenuto riconoscimenti in diversi concorsi nazionali a cui ha partecipato. Nelle sue poesie predilige trattare ataviche problematiche sulla vita, il tempo, l’uomo Leggendo “L’amore Immenso” uno degli ultie non trascura le contraddizioni e le ferite mi lavori di Giuseppe Blandino, poesia partecipante al concorso – Vette Poetiche – promosdell’uomo di oggi.

Premi e Riconoscimenti  3° classificato al “Premio Letterario Nazionale 2009 – Cerchiara di Calabria al concorso nazionale “Poetare è d’amore” 2009 (Puglia)  Segnalato al Concorso Internazionale G.G.Belli 2009 Roma  Premiato al Concorso Nazionale di poesia Ragusa “Simone Cavarra” maggio 2010

 Segnalato

so e indetto da Ma. Gi Editore di Luigi Ruggeri, si nota come l’ opera assume una forma quasi colloquiale e di spirito libero ma nel contempo ferrea ed autorevole. A mò di meditazione e contemplazione, mostra uno spettacolo naturale dell’amore che, sembra quasi percepire i segni di un qualcosa di divino e di trascendentale. Gaetano Alicata

La Redazione


CINEMA, CULTURA, RELIGIONE e STORIA

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INFINITO LEOPARDI a cura di Francesco D’Isa Nella poesia sull'infinito Leopardi, all'inizio della sua carriera poetica, fissa le linee guida che accompagneranno la sua ricerca letteraria, filosofica e storica, per tutto l'arco della sua carriera. La cosiddetta poetica del vago e dell'indefinito, che caratterizza la migliore stagione leopardiana, prende già le mosse da questo componimento giovanile. L'Infinito è un "canto" composto da 15 endecasillabi sciolti, dove in un miracolo di equilibrio stilistico e concettuale il giovane Leopardi riesce ad attraversare velocemente le tracce del pensiero filosofico dominante fra il Sette e l'Ottocento, rifacendo in pochi versi quel percorso altrettanto complesso dal punto di vista concettuale che Foscolo aveva compiuto nei 295 endecasillabi sciolti dei Sepolcri. Alla vastità del percorso foscoliano, che interseca l'assunto filosofico di base agli assi portanti massimi della storia recente e di quella remotissima, agganciando anche la mitologia classica, convertita in neoclassica, corrisponde l'estrema densità della sintesi filosofica leopardiana, che in pochi versi sembra ricapitolare la fenomenologia della ragione di Kant e anticipare la fenomenologia dello spirito di Hegel. Anche la prospettiva filosofica di Foscolo è di tipo fenomenologico e considera il tempo una forma apriori della sensibilità, nella quale viene o verrebbe, a patto che ci siano determinate condizioni storiche ed esistenziali, a configurarsi una "celeste" quindi spirituale, ma nello stesso tempo materialistica e potenziale, corrispondenza ("d'amorosi sensi") fra soggetti. L'Infinito di Leopardi, invece, sembra prescindere dalla storia più recente e strettamente cronachistica (vedi il valore che assume per Fosco-

lo l'editto napoleonico di Saint Cloud sulla illegittimità delle sepolture intra moenia) per analizzare la propria microstoria individuale, finanche intima, la storia della propria anima, in corrispondenza alla macrostoria universale umana e finanche antropologica: Leopardi lega strettamente il proprio personale vivere alla storia del genere umano attraverso le epoche e attraverso gli spazi, fino ai limiti del possibile. Viene o verrebbe così a prefigurarsi ancora una volta una corrispondenza di sensi, non sempre amorosi, fra l'individuo e una collettività che spesso non è altro che il riflesso vago e indefinito della stessa individualità, cioè di Giacomo Leopardi stesso. Analizzando infatti l'Infinito ci troviamo a fare i conti con un asse portante minimo, il perno dell'intero componimento posto praticamente nel cuore della poesia e corrispondente al io penso kantiano, reso immaginifico dalla letteratura: "io nel pensier mi fingo"; l'oggetto, creato o ordinato dal pensiero immaginifico del'io poetico, si triplica, sondando ai livelli estremi della sensazione estetica ed esondando da essi, e si parla di "sovrumani silenzi", "sterminati spazi", "profondissima quiete". In altre parole lo spirito soggettivo del poeta compie il suo necessario itinerario, sviluppa la propria intima essenza, oggettivandosi oltre i limiti estetici della sensorialità e analitici dell'intellettualità, per approdare a quei confini di sé stesso, a quei limiti della conoscenza, in cui avviene

Foto in basso a destra, Giacomo Leopardi, olio su tela


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INFINITO LEOPARDI

l'auto-riconoscimento: lo spirito si riconosce ai limiti della propria essenziale ricerca; ai limiti della ricerca l'oggettività e la soggettività dello spirito coincidono e quindi, tornando al testo leopardiano, l'io è tale, quindi si pone, auto-riconoscendosi, soltanto approdando agli estremi limiti della propria soggettività, cioè oggettivandosi in modo estremo, oltre la sfera dei sensi e dell'intelletto, e a quel punto esso può anche morire, cioè "naufragare", e tale morte risulta essere dolce in quanto rappresenta il supremo atto della ricerca spirituale che, come tale, si compie, provocando l'auto-riconoscimento: lo spirito è tale quando muore; solo a quel punto, il punto della morte e del naufragio, può dirsi avvenuta la vita, che è anche ricerca dello spirito. La morte dello spirito farebbe ascrivere Leopardi a una ipotetica linea cavalcantiana del pensiero letterario italiano. Risalendo infatti alle origini della letteratura italiana, ancora in volgare, cioè alla seconda metà del Duecento e all'ambiente comunale toscano, in particolare fiorentino e senese, potremmo ravvisare tre ascendenze poetiche, da cui si dipartano altrettanti fili conduttori, che fanno capo a Dante, Guido Cavalcanti e Cecco Angiolieri. Una prima separazione distinguerebbe una linea tragico idealistica, di

cui fanno parte Dante e Guido Cavalcanti, in quanto poeti stilnovisti, da una linea comico-realista, della quale è esponente significativo Cecco Angiolieri. La linea idealista e stilnovista ha alle spalle come modello letterario immediato il volgare umbro del "cantico" di Francesco d'Assisi, mentre il versante comico realistico vede come modello precedente immediato il volgare meridionale (siculo-salernitano) del "contrasto" di Cielo d'Alcamo. All'interno della linea stilnovistica e idealistica, poi, potremmo ulteriormente distinguere fra una linea spiritualistica ulteriormente idealistica e una linea spiritualistica materialista: la prima fa capo a Dante e la seconda a Cavalcanti. Per entrambi la ricerca spirituale è massima e porta lo spirito agli estremi confini di sé stesso, fino ad autoriconoscersi, con la differenza che, in Cavalcanti, lo spirito, compiuta ed esaurita la propria ricerca, può morire (morte spirituale), mentre, per Dante, lo spirito continua la propria vita non più nel divenire della ricerca razionale ma nell'essere trascendente della fede. Da quest'ultima linea poetica, filosofica e religiosa, partono quei poeti e prosatori che hanno fatto aperta professione di fede nella trascendenza, in particolare, per quanto riguarda l'Ottocento e il Novecento, Alessandro Manzoni e Giuseppe Ungaretti. Alla immagine della morte spirituale presente in Cavalcanti, invece, possiamo legare quei poeti e prosatori che non disgiungono mai lo spirito dalla materia, come Giacomo Leopardi (e naturalmente Ugo Foscolo) e Eugenio Montale, rimanendo sempre nel periodo otto-novecentesco.

Foto: in alto a sinistra, la biblioteca di casa Leopardi; in basso a destra, primi due volumi di opere


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INFINITO LEOPARDI Da Cecco Angiolieri, invece, partirebbe e continuerebbe almeno per due secoli, una linea inizialmente parodica, cioè di rovesciamento sarcastico e ironico della letteratura dominante, fino al Cinquecento inoltrato, quando questa linea poetica comico-realista produce una svolta, introducendo due elementi nuovi e originali: il primo sarà la letteratura barocca che darà nuove dignità al brutto e al reale, senza intenti parodici; l'altra linea, in qualche maniera debitrice anche di quella barocca, sarà quella che intro-

duce il romanzo moderno settecentesco, soprattutto anglo-francese, empirista proto-industriale e illuminista, che avrà come primo modello un romanzo assolutamente miracoloso pubblicato nel Seicento e in ambito spagnolo: il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes. Tale linea del pensiero letterario approderà in Italia, un'Italia provinciale e prefascista, al romanzo del tardo Ottocento e del primo Novecento, di cui è Luigi Pirandello a interpretare pienamente il relativo sentimento comico-realistico.

in alto a sinistra, manoscritto autografo de L'infinito ; foto in alto a destra, la casa natale di Leopardi

LA GRANDE BELLEZZA (l’ultimo film di Paolo Sorrentino) Una prima parte fra Scola, Altman e Fellini, un finale con primissimo piano bergmaniano nel film sulla grande bellezza che non è che si celi dietro, o dentro, declini e decadenze ma semmai innerva questi ultimi di tensione passiva e li innesta nella bellezza che è tale solo se è in limine vitae ovvero in articulo mortis. Negli artigli feroci e carezzevoli della morte si staglia epica e satirica la vicenda del fantasticante Jep Gambardella, un Toni Servillo nell’ulteriore ruolo da perdente di lusso che Paolo Sorrentino gli ha cucito addosso, proprio come gli splendidi abiti che Jep indossa. I protagonisti che Servillo ha impersonato per Sorrentino, a cominciare dallo strepitoso cantante Tony Pisapia de L’uomo in più, film d’esordio della coppia, o il Titta Di Girolamo di Le conseguenze dell’amore, sono dei perdenti in un universo in cui vincere è peggio che perdere e in cui l’unica grande bellezza che a loro tocca e a cui tocca di assistere passa attraverso i sensi umiliati, offesi e poi ritrovati nel compiacimento che dà proprio la loro umiliazione. Anche l’Andreotti de Il divo è un perdente chiuso nella sua epica maledizione di esistere. Quest’ultimo esiste e perde per lo Stato, la Roma postimperiale, la macrostruttura del potere che maschera la microstruttura individuale, mentre Titta esporta e neutralizza la sua esistenza deviata in Svizzera, neutralissima e asettica, e infine Tony Pisapia è l’apoteosi della disgregazione superindividuale, peraltro predisposta in un alter che esala


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LA GRANDE BELLEZZA gli ultimi respiri della sua carriera tramontante di calciatore nel destino compiuto dell’uomo (Andrea Renzi, l’altro, l’omonimo Tony Pisapia, suicida per mancanza di ruoli ed eccesso di idee, un “uomo in più” appunto). Sorrentino snida dal teatro sperimentale napoletano questi due fuoriclasse, ma sceglie solo Servillo a proseguirne il percorso filmico, liberando Renzi al suo destino epico di attore teatrale, e assumendo il suo suicidio - parafrasi per molti del caso reale di suicidio occorso al calciatore romano Agostino Di Bartolomei, campione degli anni Ottanta, nei quali è tra l’altro ambientato quel film - come uscita di scena dal suo cinema a venire. Serve Servillo e nessun altro al suo cinema, malgrado le incursioni svianti di Giacomo Rizzo, l’usuraio blasfemo de L’amico di famiglia, e finanche di Sean Penn, il variopinto outsider di This Must Be the Place, gli altri due film eterogenei del regista napoletano. “La grande bellezza” di Servillo invece è omogenea al cinema di Sorrentino e diventa epica, satirica e ovviamente tragica in questo film, ultimo e per ora estremo, dove Roma riposa nell’indecorosa, gratuita e stravagante bellezza della sua arte e del suo presente, notturno e sotterraneo. There must be the place, nella inevitabile città eterna e eternante, e le anime morte della vita notturna romana esemplificano, grottesche come maschere gogoliane, il messaggio dostoevskijano che emana dai grandi classici dell’autore de “Il sosia” (non a caso viene citata Polina, l’eroina de “Il giocatore” di Dostoevskij), nelle “notti bianche” dove Roma si sovrappone a San Pietroburgo, con i suoi “demoni” in equilibrio fra la notte sacra e il giorno profano, fra la morte attiva e la vita passiva, nel presente oltrepassato, oltre ogni storia, al di là di ogni mito, dove anche il Colosseo diventa lo sfondo pretestuoso di orgiastici e nello stesso tempo asessuati menage ditirambici di gruppo e i quadri dei grandi palazzi romani riflettono con austerità e bellezza la bellezza orrenda di chi vi è di fronte, entrambi a rappresentare simbologie e fenomenologie di sopravvivenza. “La bellezza salverà il mondo” era il proposito che da Griboedov giunge fino a noi attraverso lo scrittore pietroburghese, ma il mondo della necropoli romana è tetragono a ogni forma di salvazione, risiedendo nella irreversibile decomposta e decomponente sua estinzione proprio la sua inestinguibile e indistinguibile bellezza, dove bellezza è anche tristezza e purezza, e Jep, nuovo “idiota” della romanità finita, un po’ Miskin e un po’ Romolo Augustolo, sacrifica ai barbari gli estremi, esultanti, diademi della sua vita vivente. Francesco D’Isa


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L’INSOSTITUIBILE PIACERE DEL RAGIONAR DI DONNE NELL’UNIVERSO BRANCATIANO

Canta ancora il gallo dalle nostre parti? L’imperativo di “farsi onore con una donna” e di non confessare mai un fiasco in una notte d’amore.

In una mia novella, “L’amorosa notte”, riprendevo il concetto di Vitaliano Brancati che per noi Siciliani è più importante parlare di donne che andare a donne. E nel farlo accennavo alle mie notti di giovanotto di paese, trascorse con gli amici nel chiuso di un’auto, popolate di volti femminili e dei segni impercettibili che da essi nella giornata i nostri cuori credevano di aver captato: era tipico del nostro universo mitizzare gesti usuali, rivestirli e caricarli di desiderio. Senza saperlo, io e i miei amici, confermavamo la teoria brancatiana del gallismo. Un altro siciliano, Leonardo Sciascia, definisce “l’insostituibile piacere del discorrere sulla donna”, non sostituibile dalla donna stessa, sino al punto che ancor più dell’incontro d’amore, conta il parlare di esso e delle donne che ne sono o potrebbero esserne protagoniste. Quel “ragionar d’amore” che per Leopardi è una delle singolari gioie dell’adolescenza e che i poeti dello Stil novo consideravano il vertice dell’esperienza amorosa, per i personaggi del gallismo brancatiano è esclusivamente “un ragionar di donne”, sia se si tratta di quella che passa all’istante, che di quella che occupa il pensiero di tutti. Nel “Don Giovanni in Sicilia” la donna di cui tutti gli uomini parlano è Ninetta dei Marconella, quella col tuppo, la superba, che “una mattina presso il cancello del giardino pubblico, aveva guardato, per un minuto di seguito, Giovanni Percolla”. I piaceri del gallismo, spiega lo stesso Brancati, non consistono tanto nell’usare “la forza gagliarda, la veemenza superiore alla normale di cui gli uomini del sud credono di essere forniti”, quanto nel credere di possederla e nel confondere a tal punto le carte dei ricordi, spesso poveri e me-

schini, da costruire a se stessi uno strano passato pieno di “successi con le donne”. Per questo molti uomini preferirebbero come oggetto di rimorso “un furto in una chiesa piuttosto che un fiasco in una notte d’amore”. La dignità maschile della famiglia verrà colpita al cuore e nelle tombe si rivolteranno i gallici antenati, se l’ultimo rampollo avrà dichiarato che non si sente “bravo nelle faccende amorose”. D’altronde Mussolini sarebbe durato pochi mesi, se fosse stato impotente o un casto. Hitler non fu preso sul serio per parecchio tempo in Italia, a causa principalmente di una voce che correva sulle sue prerogative maschili. Nella scala degli insulti la qualifica di non gallo è la più grave di tutti. Anche i vecchi cadenti la respingono con orrore. Di converso, la parola onore assume il suo più alto significato nella frase “farsi onore con una donna”. Il protagonista del “Bell’Antonio”, desiderio non tanto nascosto di tutta la gioventù femminile catanese, è afflitto dalla carenza fallica della “impotentia coeundi”, ma cedendo alle pressioni dei familiari e volendo tacitare voci inopportune, sposa la bella e ricca Barbara. Quando dopo tre anni di matrimonio bianco viene a galla la verità, il dramma travolge il povero Antonio e i suoi genitori. Per riscattare la disgrazia, Alfio, il padre di Antonio, andrà a morire sotto un bombardamento in una casa di tolleranza ove si è recato per affermare (lui, da vecchio!) la virilità della famiglia. Il gallismo è sicuramente l’invenzione più originale della narrativa brancatiana e la personalità di questo scrittore ne esce più complessa e contrastata, sempre densa di vita intima e sofferta. (continua pag.22)

Corrado Calvo


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L’INSOSTITUIBILE PIACERE DEL RAGIONAR DI DONNE NELL’UNIVERSO BRANCATIANO

Dopo il ripudio del fascismo in politica e del dannunzianesimo in letteratura, la sua produzione si mostra quale in effetti è, ribadendo di affondare le sue radici in un terreno culturale apparentemente provinciale e leggero, ma in realtà profondo e ampiamente intriso di fermenti europei. Da qui la sua lotta contro la censura fascista e l’apertura a temi per il tempo intoccabili come l’omosessualità femminile in “La governante”. Della sua giovanile adesione fascista dirà con vergogna: “in certe epoche non bisognerebbe avere mai vent’anni”. Per lo scrittore siciliano, scriverà Alberto Moravia, “si trattò di una vera e propria conversione, con tutti i caratteri tipici e storici della conversione”, che lo porterà a fuggire dalla Roma imperiale, dove avrebbe potuto far carriera, alla Catania provinciale dove l’aspettava l’insegnamento. Vitaliano (Salvatore Giuseppe) Brancati nasce a Pachino, la cittadina che

domina Capo Passero e che è battuta dal vento dei due mari, lo Jonio e il Mediterraneo, per le cui vie passeggia con il nonno paterno, “il bellissimo uomo dal pizzo grigio” autore di poesie in vernacolo. A Pachino vive solo la fanciullezza. Segue il padre nel suo vagabondare a Spaccaforno, Modica, Pozzallo, Paternò e infine Catania, città alla quale sarà sempre legato e a cui farà ritorno dopo l’illusoria parentesi romana. Leggere Brancati ci aiuta a trovare dentro di noi i legami indissolubili con la nostra terra, la sua mentalità e cultura, e con gli autori cui essa ha dato i natali. In ognuno di questi autori rinveniamo un pezzo di noi: da Verga a Brancati e a Patti, da Bufalino a Sciascia e a Consolo, per citare i maggiori, senza dimenticare Maria Messina e Maria Attanasio, o Sebastiano Addamo e tutti gli altri che rivelano l’anima profonda dei Siciliani.

L'agriturismo “Il Giardino del Sole” è un antico borgo ristrutturato, circondato da aranceti, uliveti e fichi d'India. Situato in una posizione ideale per raggiungere in breve tempo la maggior parte dei centri di interesse turistico della Sicilia Orientale (Catania, Siracusa, Lentini, Noto, Avola, Ragusa, Modica, Sortino, Taormina). Dista 15 minuti dall'aereoporto “Fontanarossa” di Catania e a 5 minuti dal bellissimo mare siciliano che offre vari scenari come i suggestivi scogli neri vulcanici, la fine sabbia gialla e gli scogli bianchi calcarei. Il Giardino del Sole, ubicato tra le città di Catania e Siracusa, gode di una fantastica veduta dell'Etna, che è possibile raggiungere in macchina in soli 45 minuti . La cucina tradizionale genuina, le nostre produzioni biologiche e la fattoria completano il quadro di questo luogo di pace che vi invitiamo a visitare.


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Per un'antropopoiesi del leggere: Il rapporto con il testo

A Roma i libri greci giungono come bottini di guerra e dapprima leggere si dimostra pratica esclusiva delle classi alte e del tutto privata. In età imperiale si ha una maggiore diffusione dell’alfabetismo. Il mondo greco-romano diventa un mondo di vasta circolazione di cultura scritta. Le biblioteche pubbliche non sono più riservate come in epoca ellenistica, erano aperte a chiunque volesse accedervi, anche se il pubblico di lettori apparteneva al ceto medio – alto. A volte le biblioteche erano volute dal princeps ed erano in realtà dei monumenti celebrativi. Era in atto nelle biblioteche pubbliche, comunque, una vera e propria censura di testi sgraditi al potere. Fu il caso di un autore come Ovidio. Ad una più larga domanda di lettura risponde il codice, la forma libraria diversa dal rotolo, che a quest’ultimo man mano viene a sostituirsi a partire dal II secolo d. C., divenendo il libro preferito per gli scritti. Il codice viene a porsi come lo strumento di passaggio alle maniere di leggere nel medioevo. Fu in questo periodo che istruzione letteraria ed educazione religiosa erano strettamente connesse ad ogni livello. Come Dhouda avrebbe osservato più avanti in un trattato scritto per suo figlio, leggere libri è una maniera per conoscere Dio. Un altro nuovo sviluppo consistette in un mutato atteggiamento nei confronti dell’atto stesso della lettura. Nell’antichità l’enfasi poggiava sulla trasmissione orale del testo, vale a dire la lettura ad alta voce con espressione appropriata del senso e del ritmo: un’enfasi che rifletteva l’ideale dell’oratore che aveva dominato la cultura antica. A partire dal VI secolo tuttavia il ruolo della lettura silenziosa è fatto oggetto

(2^ parte)

di una maggiore attenzione. Nella regola di San Benedetto troviamo riferimenti alla lettura individuale e all’esigenza di leggere a se stessi. La disposizione alla lettura silenziosa è anche a associare ad un mutamento di attitudine ben più fondamentale verso la natura della parola scritta. Mi riferisco alla mutata percezione di questa modalità della comunicazione come una diversa manifestazione del linguaggio, con una propria sostanza e uno statuto equivalente alla sua controparte orale, ma in fin dei conti autonomo. La parola scritta aveva giocato un ruolo fondamentale nella trasmissione delle auctoritates del passato, sicché mentre nel IV secolo S. Agostino aveva concepito le lettere come simboli dei suoni e i suoni come simboli delle cose pensate, nel VI secolo Isidoro considerava le lettere come dotate del potere di comunicarci sine voce, silenziosamente, l’opinione degli assenti. (continua)

Salvo Grillo


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LA MENTE MODULARE Jerry Fodor è considerato uno dei maggiori ricercatori nel campo delle scienze cognitive e della filosofia della mente. È nato a New York nel 1935. Allievo di Chomsky, inizialmente si è avvicinato alla psicolinguistica, per abbracciare in seguito la psicologia cognitiva. La teoria della mente di Fodor nasce all’interno del paradigma funzionalista, cioè della corrente di pensiero che considera la mente simile ad un elaboratore elettronico. Questa posizione si scontra, all’interno del dibattito sulla natura della mente e sul suo funzionamento, con il pensiero di altri autori, come ad esempio Searle, secondo il quale i computer sono in grado di manipolare simboli solo sintatticamente, senza comprenderne il significato. Al contrario Fodor riconduce la semantica alla sintassi, sostenendo che un calcolatore potrebbe effettuare delle diagnosi mediche solamente servendosi di una serie di regole, senza sapere nulla delle malattie o dei sintomi che presentano. Pur considerando i nostri processi mentali solamente da un punto di vista quantitativo, Fodor non accetta posizioni estreme come quelle riduzioniste poiché crede nell’esistenza degli atteggiamenti intenzionali e degli stati intenzionali, i quali a suo parere hanno un peso molto importante sul nostro comportamento. Ciò che elimina, invece, sono gli stati qualitativi del soggetto, gli stati riconducibili alla domanda:

“cosa si prova ad essere ciò che siamo?”. L’aspetto più originale della sua proposta consiste nell’architettura che sarebbe alla base del funzionamento della mente. Quella che viene chiamata la teoria modulare della mente è la tesi secondo la quale la nostra mente sarebbe formata da un insieme di strutture verticali (i moduli) che hanno il compito di analizzare gli input che provengono dall’esterno e di trasformare questi input in rappresentazioni che verranno utilizzate sia dagli output degli organi di senso, sia dai sistemi centrali che svolgono operazioni più complesse. La modularità non viene presentata omnicomprensiva della struttura della mente ma, al contrario, Fodor focalizza la sua attenzione sul fatto che i sistemi candidati alla modularità siano i sistemi periferici, in particolare quei meccanismi percettivi che hanno il compito di fornire ai sistemi cognitivi centrali informazioni sul mondo. Tali informazioni vengono espresse con simboli mentali, attraverso un linguaggio formale, in cui le rappresentazioni sono sotto forma di frasi, il “mentalese”, ovvero il linguaggio del pensiero.

Stefania Leone


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CORSI STRUMENTALI

AREA FORMATIVA

VIOLINO VIOLA VIOLONCELLO CONTRABBASSO ARPA CHITARRA FISARMONICA PIANOFORTE FLAUTO OBOE CLARINETTO SASSOFONO CORNO TROMBA TROMBONE TUBA PERCUSSIONI

TEORIA E LETTURA MUSICALE:

CORSI CORALI CANTO LIRICO CANTO MODERNO CANTO JAZZ CANTO POPOLARE CANTO SACRO (ambrosiano e gregoriano)

teoria, ritmica e percezione musicale LABORATORIO DI MUSICA D’ INSIEME:

coro, orchestra/musica da camera DISCIPLINE MUSICOLOGICHE:

storia della musica TECNOLOGIE MUSICALI:

informatica musicale TEORIA DELL’ARMONIA E ANALISI LINGUA STRANIERA

AREA SPECIALIZZAZIONE MUSICOTERAPIA DANZATERAPIA TEATROTERAPIA ATTIVITA’ DI SOSTEGNO

CORSI, PERFEZIONAMENTO e STAGE STRUMENTAZIONE PER BANDA DIREZIONE D’ ORCHESTRA DIREZIONE DI CORO


SOCIALE

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UOMINI CHE ODIANO LE DONNE “Picchiava me e mio figlio…” “La mia vita da serva isolata e umiliata…” “Accoltella la compagna incinta di nove mesi…” “Lasciata una volta incinta…”… Troppe volte sui giornali leggiamo articoli come questi, troppo spesso si sente di emergenza violenza alle donne, anche se sarebbe più opportuno non parlare di emergenza, ma di un fenomeno radicato, forte e strutturale. Per troppo tempo ci rimbomba nelle orecchie il termine femminicidio, un termine coniato in occasione di quello che può essere definito il caso più abominevole della storia criminale, la strage di donne di Giudad Juàrez, una cittadina di frontiera a Nord del Messico, dove in dieci anni, sempre con la stessa procedura le cui tappe sono il rapimento, la tortura, la violenza, la mutilazione e l’uccisione per strangolamento, trecento donne sono morte per mano di due anonimi serial killer psicopatici che da troppo tempo oramai sfidano con tali crimini i diritti umani. Femminicidio, un fenomeno da indagare con la consapevolezza che, come ha detto Massimo Recalcati, è una manifestazione di violenza che non è corretto vedere come una espressione della regressione dell’uomo all’animale perché in realtà accompagna da sempre, come un’ombra, la storia dell’uomo. La Psicanalisi ci spiega che lo si potrebbe interpretare come “una ferita narcisistica subita dall’immagine maschile” che, non riuscendo ad accettare i propri limiti, esplode in manifestazioni di narcisismo, depressione, vulnerabilità, esorcizzate dalla violenza. Femminicidio, un’emergenza sociale, quando le donne sono uccise in quanto e perché donne, troppo spesso ingiurate, offese da lesioni fisiche e psicologiche. Anna Costanza Boldry, Psicologa e responsabile degli sportelli anti-stolking dell’Associazione Differenza donna, ha parlato in particolare, della pratica, oggi purtroppo sempre più emulata, di utilizzare l’acido per detur-

pare, con lucida ferocia, il volto di una donna. In questo modo è come uccidere una persona lasciandola in vita, affinché non possa dimenticare, costretta con quello sfregio a ricordare ogni giorno l’uomo che le ha rovinato la vita. In questo modo, cancellando i contorni e le forme, chi usa l’acido sul volto di una donna indica la volontà di cancellare la specificità di questa o quella donna, costringendola all’anonimato informe. Oggi è l’acido, ieri era il coltello. Il viso è la bellezza, la nostra identità, ciò che ci caratterizza, ciò che noi mostriamo di noi stessi e deturparlo, come purtroppo troppo spesso avviene, non è altro che il desiderio celato nella mente contorta di un uomo che sfregia, di distruggere in modo indelebile la pura armonia di una donna. Sarebbe più giusto definirla come un’esecuzione senza morte, come un gesto di violenza che, sfidando l’ordine, impone il disordine delle pulsioni. E’ difficile, parlando di questo problema, trovare un linguaggio distaccato, equilibrato; prevale sempre l’indignazione perché ci si accorge che l’aggressività e la misoginia non sono solo appannaggio dell’ignoranza e dell’abbrutimento. Spesso la violenza si cela dietro la parola…cultura di un popolo, di una civiltà…; si parla allora della pratica atroce dell’infibulazione, delle donne non libere, ma la violenza è violenza e non deve mai passare sotto silenzio né deve essere giustificata. Dobbiamo tutti impegnarci per tornare ad avere rispetto delle donne, tornare ad una naturale tendenza protettiva verso la donna;sarebbe opportuno fare tesoro delle parole, che io trovo molto, molto belle di Erri De Luca…” Un uomo, quando agisce a difesa di una donna, fa l’unico gesto che ne giustifica la forza.”

Lucia Franzò


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CULTURA… QUO VADIS Finalmente ci siamo. L' anno scolastico volge al termine e mentre alcuni pregustano già l'estate, le vacanze, il sole, il mare, i “miseri” pensano agli esami e come ogni anno, si verifica la solita bailamme scolastica. Ragazzi che dopo essere stati latitanti tutto l'anno, si impegnano alla stregua di uno stentore omerico per sanare le deficienze; ragazzi resipiscienti che pretendono di essere interrogati, magari proprio l'ultimo giorno, per l'agognata promozione o, i riottosi esigere un voto “alto” per il “famoso credito”. La scuola è malata, attaccata da virus che la infestano da tutte le parti, è agonizzante perché non ha l'unico antidoto che riuscirebbe a salvarla: la rivitalizzazione della cultura intesa sia nella sua accezione letteraria, come sapere e conoscenze basate sullo studio sia come conoscenze riferite ai comportamenti sociali, ai costumi e ai valori del gruppo in cui si vive. E' necessario investire sulla formazione delle coscienze, sulla cultura che è l'elemento distintivo, qualifi-

cante della società il cui punto di riferimento determinante è rappresentato dai giovani. Scuola, biblioteche, teatri etc... da noi non godono certo di buona salute, eppure senza di essi un paese è destinato inesorabilmente al declino e alla dissipazione. Occorre, quindi, ridare autorità alla scuola che deva appropriarsi di nuovo dei suoi compiti e adoperarsi per fornire modelli positivi da contrapporre a questa società volta al consumismo, dove tutto è condizionato dai mass media, e adoperarsi perché essi siano considerati strumenti al servizio dell'uomo, mezzi da dominare e non miti da cui essere dominati. Ciò che fa davvero paura, oltre la alla povertà economica, è soprattutto quella culturale come spiega Dario Fo nel sul ultimo libro “...occorre insegnare ai giovani che il patrimonio culturale non è un inutile fardello, ma un veicolo determinante per formare le coscienze...”.

Rosaria Rotondo


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I CENTO LINGUAGGI DEI BAMBINI DI LORIS MALAGUZZI I bambini hanno cento linguaggi e desiderano usarli tutti. Imparano presto quanto questo diritto sia difficile da apprendere e soprattutto rispettare. Invece… il cento c’è… Il bambino è fatto di cento, il bambino ha cento lingue, cento mani, cento pensieri, cento modi di pensare, cento modi di giocare e di parlare. Il bambino ha cento lingue (e poi cento... cento... cento...) ma gliene rubano novantanove. La scuola e la cultura gli separano la testa dal corpo. Gli dicono di pensare senza mani di fare senza testa di ascoltare e di non parlare di capire senza allegrie di amare e di stupirsi solo a Pasqua e a Natale… Il principio ispiratore di questa scuola, nata nel 1940 a Reggio Emilia, è

“niente senza gioia “. Gli educatori lavorano sollecitando la creatività dei bambini e l’impegno fa sì che essi diventino più competenti e orgogliosi di sé. La caratteristica di tale scuola è che i progetti attingono a diversi linguaggi: musicale, spaziale, corporeo e non solo. La nostra scuola si preoccupa di fornire vaste gamme di competenze, ma spesso, in realtà, invece di sollecitare la creatività nei bambini... la mortifica. (dedicato alla 5D del Liceo delle Scienze Umane del 1° Istituto “Archimede” di Rosolini)

Graziella Calabrese

Foto in alto a destra, Loris Malaguzzi

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LEGGERE, UN ANACRONISMO STORICO DAL SAPORE FILOSOFICO DELL’ETERNITÀ Oggi potrebbe sembrare assolutamente anacronistico leggere un libro. Forse aveva senso farlo fino a una ventina di anni fa al massimo. Oggi leggere significa fare un'esibizione radical chic, nella migliore delle ipotesi, nella peggiore serve a tenere in piedi la scuola e il suo mercato, con la minore spesa possibile. In mezzo c'è il nulla mischiato a tanta inestirpabile ipocrisia dabbene. Qualcuno potrebbe chiedermi conto del fatto che io mi ostini pervicacemente a lasciarmi andare all'anacronismo della lettura (e alla consequenziale narcisistica appendice della scrittura). Risponderei che non mi dispiace l'anacronisticità, che di ipocrisia dabbene è intessuto il buon vivere sociale e, terzo ma non ultimo, che non mi dispiacciono le esibizioni radical chic e che di esse è intessuto il buon vivere sociale di una parte minima ma notevole della società definita "ceto intellettuale". Gli optimates di ciceroniana memoria eleggevano e leggevano con uguale misura ed equilibrio ed erano coincidenti col ceto intellettuale della tarda e decadente Repubblica romana. La tarda e decadente Repubblica nostrana si balocca di elezioni e lezioni assolutamente destituite di fondamento, mentre, ottenebrante e ottundente, un tetro e protervo "fascismo culturale" si insinua nelle pieghe della società, mascherando ipotesi di un "fascismo sociale" mai domo e sempre ricorrente. Leggere con altri mezzi (ed eleggere altrettanto in modo alternativo) mi si dirà, o direbbe, essere la panacea di tanto fradicio selvaticume cultural-sociale. Risponderei con scarsa e neghittosa convinzione che non di sterili forzature alternative si pasce l'animo umano (e anche il corpo), ma di solide e convenienti consonanze con la classicità. Classico, ci insegna il presente se ben organizzato attraverso il cesello non effimero di una buona sintassi, non solo della parola, ma dei fatti, specie se reciprocamente concernenti in una mutua coesistenza fra antico e moderno, è tutto ciò che lascia residui operativi non eliminabili, non determinabili come scorie, non barattabili. In tutto questo, leggere, nel nostro evo, ha formato la nostra generazione ormai palesemente "fuori gioco" per raggiunti limiti

d'età non anagrafica, ma reale; per le nuovissime, arrembanti, ma non comunicative, seppur pluricomunicative generazioni, viceversa, che senso ha approdare, se non per intessere un benevolente contatto con i mores maiorum o per effimero orpello, alle rive acherontee dei "morti leggenti"? I nostri giovani eredi riusciranno da novelli Dante e Virgilio a introdursi vivi nel nostro estenuato e morente regno (della cultura, della politica o semplicemente della vita che è sinolo di tutt'e due?). Leggere oggi sembra essere un fatto formale, eventuale, ideale e platonico, mentre la realtà effettuale della "cosa", pubblica e non, ci insegnerebbe unendo Aristotele a Machiavelli che altri sono i mezzi della cultura vivente e affermativa. La lettura e la scrittura sono state l'organigramma delle società storiche antiche e moderne, dagli scriba egiziani o assirobabilonesi agli amanuensi, ai cultori di Gutenberg e del suo sistema di scrittura moderna. Oggi, come in ogni fase di transizione, il sistema operativo dominante in precedenza simula la propria esistenza dissimulandosi in una congerie infinita di filiazioni, che alla scrittura-lettura devono tutto, ma che della scrittura-lettura non conservano praticamente nulla: né i tempi o gli spazi estetici di riflessione, kantianamente parlando, né l'etica del non consumismo e quindi della persistenza dei fini come ci suggerirebbe il superamento hegeliano di Schopenhauer, né la deriva di essi intrapresa dal pragmatismo marxiano, diffusosi poi come marxismo per tutto il Novecento. Oggi il marxismo da salotto e quindi da sala di lettura si è pressoché estinto in tre quarti del pianeta, che rimontano la corrente della storia, rifacendola velocissimamente al contrario, come storioni impazzanti, senza averne né il senso, né la misura, né la temporalità. Non attraverso la lettura emergono le nuove storie che non avranno bisogno di storiografie a corredo, e la nostra vecchia storia è comunque destinata ad annegare, sia preservando il vecchio e sano leggere (e scrivere) come residuale ed elegante eticità, sia viceversa e più biecamente rincorrendo nuovi stilemi, con velocità ridottissima ed essendo partiti in notevole ritardo.

Francesco D’Isa


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LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE La "comunicazione interpersonale" è data da tutti gli elementi e fenomeni che intercorrono nello scambio di informazioni tra due o più persone sia attraverso il linguaggio verbale sia attraverso il linguaggio corporeo. Paul Watzlawick, filosofo e psicologo austriaco statunitense nonché seguace del costruttivismo, ha evidenziato una notevole differenza riguardo lo studio della comunicazione umana: da un lato essa è caratterizzata dal contenuto (cioè il significato delle parole), dall'altro dalla relazione (sulla qualità della relazione verbale o non verbale). Riferendoci all'etimologia del termine, "comunicare", dal latino "communis", significa “condividere” infatti lo scopo della comunicazione è quello di trasmettere a qualcuno messaggi e informazioni. Nella dimensione comunicativa emerge la centrale rilevanza della dimensione pragmatica del linguaggio e l'importanza dei significati che slittano attraverso tale azione. Infatti il significato viene definito lo "spessore dell'esistenza" in quanto non ci riferiamo solamente al senso concettuale delle parole ma anche al senso emozionale ed entrambi ricoprono la relazione interpersonale. A tal proposito desidero soffermarmi su una differenza: quella tra l'uomo e l'animale. Tale distinzione è data dalla presenza del linguaggio verbale nell'uomo ma anche dallo sviluppo di uno dei sensi in entrambi (ad esempio la vista per l'uomo, l'olfatto per il cane). Un altro aspetto fondamentale presente nell'uomo è la "capacità intuitiva". Lo scienziato Rizzolani ha scoperto i cosiddetti "neuroni specchio" i quali fanno da specchio con il comportamento dell'adulto e del bambino. L'intuizione è una capacità prettamente "umana". Un altro elemento che distingue l'uomo dall'animale e dal vegetale è la "percezione del tempo" ovvero la

sua capacità di progettare. Noi abbiamo due modi di vedere il tempo: quello misurabile e quello della relazione. Un altro elemento di rilievo dell'agire comunicativo è il "contesto" nel quale questo agire si esplica. Ad esempio nel contesto classe gli atteggiamenti di docenti e alunni fanno emergere la presenza di una relazione "asimmetrica”. Alcune ricerche hanno evidenziato come le modalità comunicative del docente possano influenzare il comportamento dell'alunno e il suo rendimento scolastico. Proprio per questo, un'ampia letteratura si incentra su come la qualità della relazione educativa sia indispensabile per l'acquisizione di capacità e competenze nei diversi ambiti del sapere. Tuttavia, i docenti non sempre vengono messi nella condizione di acquisire strumenti per monitorare, verificare e sviluppare la qualità della relazione educativa per questo che i comportamenti attesi si scostano dai comportamenti effettivi. L'obiettivo dell'istituzione scolastica non deve essere più letto in chiave istruttiva, come azione didattica, ma in chiave educativo-relazionale. Oggi parliamo della cosiddetta "relazione di aiuto" che consiste nel realizzare condizioni capaci di facilitare la crescita dell'altro. Nella relazione è fondamentale la condizione d'ascolto (il "dire" deve essere connesso all' "udire"). In definitiva l'approccio "sociocostruttivista" è l'obiettivo che il sistema scolastico deve porsi per i soggetti con bisogni educativi speciali.

Vera Accolla


MEDICINA

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SINDROME ASFITTICA DA ANNEGAMENTO: manovre di rianimazione L’annegamento è la protratta permanenza dell’intero corpo o comunque della testa dell’ infortunato in ambiente liquido, accompagnato dalla inalazione del liquido stesso e dal conseguente arresto della respirazione. L’ annegamento provoca uno stato ingravescente di ipercapnia ed ipossia (-O2) che può determinare anche la morte nello spazio di pochi minuti (3-6). L’annegamento è legato ad una vera e propria occupazione fisica delle vie respiratorie da parte del liquido inalato al posto dell’aria. In questo numero, tratteremo la sindrome asfittica da annegamento che è assai comune e frequente (specie in estate) dando dei consigli, utili, nel caso in cui, qualcuno, dovesse trovarsi nella delicata situazione di dover soccorrere un annegato. Ci occuperemo, quindi, delle due più importanti manovre da adottare in tal contesto: respirazione artificiale ed eventuale massaggio cardiaco. Interventi che, se fatti con dovuta perizia e immediatamente, possono salvare la vita al malcapitato. Tali manovre devono essere attuate il più rapidamente possibile (è stato calcolato che le possibilità di sopravvivenza possono annullarsi nello spazio di 20 sec) e, pertanto, devono iniziare sul luogo stesso. Si deve immediatamente e rapidamente ripristinare un sufficiente scambio gassoso mediante la respirazione artificiale e una efficiente circolazione sanguigna a mezzo del massaggio cardiaco esterno. L’ annegato viene dapprima posto con il torace rivolto in basso e l’operatore o soccorritore deve liberare la bocca da ogni corpo estraneo con il dito e, nel contempo, deve tenere la lingua premuta contro il pavimento della bocca in modo che essa non scivoli all’indietro bloccando le vie respiratorie. Con l’altra mano, si battono dei colpetti energici sulla schiena in modo da eliminare l’acqua dal sistema tracheo-bronchiale. Raccomando che, è inutile e dannoso cercare di facilitare la fuoriuscita all’esterno per gravità dei liquidi inalati mettendo l’annegato a testa in giù, perché, in questo modo, non si verifica alcun drenaggio

o fuoriuscita dei liquidi dai polmoni, anzi, ciò risulta molto dannoso perché porta verso l’esterno in faringe solo l’acqua contenuta nello stomaco che può, successivamente, penetrare in trachea e quindi nei polmoni. L’annegato viene posto a giacere in posizione supina o sulla schiena, su una superficie dura e resistente e con la testa orizzontale rispetto al tronco. Si passa, quindi, alla respirazione artificiale. Diversi sono i metodi per tale intervento, ma la più conveniente e la respirazione bocca a bocca: 1) si solleva con una mano la mandibola verso l’avanti e l’alto, cioè, la si spinge verso la mascella superiore e la si tiene in questa posizione durante tutto il tempo che dura la respirazione artificiale; 2) con l’altra mano si tiene chiuso il naso ; 3) si pone la bocca dell’ operatore sulla bocca del malcapitato e si soffia in maniera leggera, graduale e costante finché il petto dell’annegato non si riempie di aria e i polmoni si svuotano dei liquidi che fuoriescono dalla bocca. Tale manovra va ripetuta con frequenza 13-16 volte in un adulto e circa 20 volte in un bambino. Se nell’annegato è assente oltre al respiro, anche il battito cardiaco, si deve immediatamente praticare il massaggio cardiaco contemporaneamente alla respirazione bocca a bocca. Tenendo il malcapitato sempre in posizione supina, con le mani appoggiate una sopra l’altra e quasi al centro del torace, si effettuano movimenti di compressione in senso verticale ed energici. Tale movimento comprime il cuore svuotandolo dal sangue contenuto. Rilasciando rapidamente la pressione, il torace si riespande e i ventricoli si riempiono nuovamente. La frequenza dei movimenti di pressione e decompressione va mantenuta tra 60-80 al minuto.

Dott. Antonino Azzaro, Specialista in Pediatria, Puericultura, Medicina dello Sport e Cardiologia


SPORT

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1° TROFEO ZACCA’ SPORT tini dei partecipanti, l’ organizzatore della manifestazione, gli arbitri e i delegati hanno redatto, a termine di regolamento, la classifica generale che ha visto classificarsi fra i primi 3 in assoluto: Domenica 16 giugno, si è conclusa, con pieno successo presso i campi di tiro “San Demetrio” a Lentini, la prima edizione del trofeo Zaccà Sport. Gara di tiro con pistola, promossa dalla rinomata Armeria Zaccà di Catania, patrocinata dal Coni e organizzata da Massimiliano Monteleone. La manifestazione, che ha visto la partecipazione di professionisti, e non, del settore in possesso dei requisiti per l’uso delle armi, ha proposto concorrenti provenienti principalmente dalla Sicilia. Le varie fasi, che si sono alternate dal 30 marzo al 16 giugno, ultimi sabato e domeniche dei mesi, hanno permesso ai partecipanti di trascorrere un fine settimana all’insegna del divertimento e nel contempo di confrontarsi fra di loro in questa disciplina. La manifestazione, che è stata anche un pretesto per stare in buona compagnia, incontrare amici nuovi e vecchi e svagarsi un po’, ha permesso a tutti di “staccare la spina” dal lavoro quotidiano e dedicare le energie fisiche e mentali alla propria passione. Precisione, potenza e velocità, sono stati gli elementi di cui si sono avvalsi i tiratori (circa 150), doti che sono stati legate sia alle loro capacità fisiche sia al binomio arma - tiratore. Il campo utilizzato ha garantito sicurezza sia ai tiratori sia agli arbitri durante gli spostamenti. A fine gara, raccolti tutti gli sta-

PICCOLO CALIBRO 1. Monteleone 2. Martello 3. Musumeci

GROSSO CALIBRO 1. Monteleone 2. Annino 3. Pierino

La premiata Armeria Zaccà nasce nel 1896 ad opera di Vincenzo Zaccà, poi, in successione, di padre in figlio, si sono succeduti e alternati alla gestione dell’esercizio: Francesco Zaccà, Orazio Zaccà ed infine Francesco Zaccà, che insieme al padre, Orazio, l’hanno rinomata facendola conoscere e apprezzare per la competenza e l’affidabilità a livello regionale e nazionale. Attualmente, Francesco Zaccà, per quanto concerne il reparto armeria, si avvale della collaborazione di Massimiliano Monteleone, esperto e serio professionista nel settore delle armi. L’azienda, che non tratta solo ciò che concerne armi, ma soprattutto articoli sportivi, è l’unica in Sicilia ad importare articoli con marchio personale offrendo un ottimo rapporto qualità prezzo. Leadership indiscussa, per assortimento e convenienza, garantisce prezzi bassissimi. Dispone di oltre 4000 metri quadri di locali con punti vendita nei centri più prestigiosi di Catania, Misterbianco, San Giovanni la Punta e Messina.

Foto: in alto a sinistra, campo dei tiratori; in basso a sinistra, Massimiliano Monteleone (1classificato); in alto a destra, Orazio Zaccà; in centro, Francesco Zaccà.


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ORIZZONTALI

VERTICALI

1. Relativo al poeta di Recanati.

2. Genio, creatività.

11. Fiabe, racconti.

3. Un geloso sheakespeariano.

12. Il fiume dei faraoni .

4. Da…librettista di Mozart.

14. Tipo di pistola.

5. Vi nacque il Boccaccio (sigla).

15. Lo scrittore Fogazzaro.

6. Lo è la sorte…in poesia!.

17. Relatori senza pari.

7. Si toglie se è cariato.

19. Modula quella della voce, recitando.

8. Manoscritto senza nome.

20. Lo è la porta della città nell’Inferno dantesco.

9. Il drammaturgo Martoglio.

22. Dèi senza testa.

10. Lubrificano…e condiscono!

24. Della carta, lo fa buono il vero poeta.

13. Un tipo di farina.

25. Fa rima con cuore.

16. Vi è ambientato il libro Cuore (sigla).

27. Città della Valtellina (sigla).

18 Nell’Arno.

28. Il pittore Caldara… da Caravaggio!

20. Eleonora, grande attrice del passato.

31. Un Cesare letterato.

21. Le dipinge il pittore.

32. Divinità nordiche.

22. Cupido greco.

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TETE’

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Gaetano Alicata

VENT’ANNI DOPO

Giovanni Barone

180MO

Dario Colombo

NENA

Vito Giammarinaro

PRELUDE FOR BAND

Vincenzo Trovisi

LA BANDA IN PARATA

Vito Giammarinaro

GLI EROI D’ABRUZZO

Vincenzo Trovisi

SECOLO

Dario Colombo

L’OPERISTA

Francesco Dipietro

STEVEN

Gioacchino Ciavarello

IMPRESSIONI MOMENTANE

Francesco Dipietro

IN SILENZIO

Salvatore Miraglia

TANTUM ERGO

Luigi Fiorentini

MIGUEL

Francesco Dipietro

FORZA ALFIO

Matteo Finocchiaro

BARBERA IN GIUBILO

Matteo Finocchiaro

AMALGAMA

Giancarlo Aleppo

AL BUON VINO

Luigi Fiorentini

VOCUM SUAVITAS

Giancarlo Aleppo

PARATA DEI PUPI

Luigi Fiorentini

CONCERTINO

Gaetano Alicata

WITTY RAG

Concezio Leonzi

QUINTETTO

Rosario Fronte

HELIOS

Maria Sicari

SINFONICO

ENSEMBLE

AMORE PER LA MUSICA

Sebastiano Grasso

LA FRIULANA

Michele B. Finocchiaro

PERLA IBLEA

Francesco Fatuzzo

MEDITERRANEO

Giovanni Barone

MOMENT’S IMPRESSION’S

Francesco Dipietro

FASCINO LATINO

Giovanni Barone

QUINTETTO ...

Rosario Fronte

BRONTOLANDO

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PREGHIERA PER TROMBA

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AMICI DELL’ARTE

Nino Ippolito

METODO “ALEPPO”

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VOCALIZZI DA CONCERTO

Giovanni Venuti

TEMINO IN FA E GAVOTTA

Fabrizio Puglisi

FUNEBRE

DIDATTICA

I.N.R.I

Giovanni Barone

TRE PEZZI

Fabrizio Puglisi

SS. CROCIFISSO SUL CALV.

Giovanni Barone

3 PICCOLI PEZZI …

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WOJTYLA

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