Terapia “ponte” Malgrado l’assenza di studi clinici controllati, alcune linee guida o revisioni di esperti suggeriscono di considerare l’impiego di antagonisti delle glicoproteine (GP) IIb/IIIa con breve emivita nella fase perioperatoria di interventi ad alto rischio trombotico ed emorragico come un sostituto ragionevole della terapia antiaggregante orale. Il razionale per l’impiego di inibitori delle GPIIb/IIIa risiede nell’evidenza che l’interazione tra fibrinogeno e recettori GPIIb/IIIa della superficie piastrinica è la via finale comune dell’aggregazione piastrinica coinvolta nella ST. Il protocollo per la terapia “ponte” con inibitori dei recettori piastrinici GPIIb/IIIa per via endovenosa è riservato a pazienti ad alto rischio di ST, per i quali il chirurgo richieda la sospensione della terapia con inibitori del recettore P2Y12 a causa di un inaccettabile rischio emorragico. Savonitto et al. hanno realizzato uno studio prospettico di 60 pazienti portatori di stent medicato, ritenuti ad alto rischio di ST e candidati ad interventi di chirurgia maggiore o chirurgia oftalmologica. I pazienti sono stati sottoposti ad un nuovo protocollo, che prevedeva la somministrazione “ponte” dell’inibitore reversibile del recettore GPIIb/IIIa (tirofiban). Analoghi studi su casistiche numericamente limitate sono stati eseguiti impiegando eptifibatide. Sulla base di queste esperienze, si può suggerire la sospensione di clopidogrel e ticagrelor 5 giorni prima dell’intervento (sono raccomandabili 7 giorni di sospensione per prasugrel), sostituiti dall’infusione endovenosa di tirofiban o eptifibatide secondo le dosi riportate in scheda tecnica (ridotte del 50% nei pazienti con insufficienza renale e con maggiore rischio emorragico pre/postoperatorio), a partire dalla terza giornata prima dell’intervento. L’infusione dovrebbe essere interrotta almeno 4h prima dell’intervento (8h nei pazienti con clearance della creatinina <30 ml/min). Nel periodo postoperatorio, si raccomanda la ripresa della terapia con gli inibitori del recettore P2Y12 in prima giornata, e comunque il prima possibile, con relativa dose di carico (300 mg per clopidogrel, 60 mg per prasugrel e 180 mg per ticagrelor). In casi selezionati (specie se non si è ancora ripresa un’adeguata canalizzazione del tratto gastrointestinale, come accade dopo molti interventi addominali), può essere ripresa la somministrazione di tirofiban o eptifibatide (con la relativa dose di carico), tenendo presente, tuttavia, che si potrebbe osservare un aumentato rischio emorragico. In genere, si raccomanda che tale infusione venga ripresa poche ore dopo la chiusura del campo chirurgico. Una volta 46
che il paziente sarà nuovamente in grado di alimentarsi, potrà riprendere l’assunzione dell’inibitore del recettore P2Y12, sospendendo l’infusione di tirofiban o eptifibatide 2h dopo l’assunzione del carico orale. È fortemente raccomandata, quando possibile, la prosecuzione della terapia orale o endovenosa con aspirina. Poiché il periodo più critico per lo sviluppo di complicanze ischemiche è quello postoperatorio, è raccomandata un’attenta sorveglianza clinica ed elettrocardiografica del paziente, mediante ECG seriati (2-3 volte al giorno), o meglio con il monitoraggio continuo ECG. Infatti, una terapia antalgica postoperatoria potrebbe attenuare la sintomatologia anginosa nel caso di sindrome coronarica acuta, rendendo in tal modo più difficile una diagnosi tempestiva. L’associazione con eparina non frazionata non è raccomandata, mentre si può impiegare eparina a basso peso molecolare quando indicata per la profilassi del tromboembolismo venoso. Un nuovo scenario in questo ambito potrà forse realizzarsi quando saranno a disposizione maggiori dati clinici sulla terapia “ponte” utilizzando il cangrelor, un nuovo potente antiaggregante, che inibisce in modo competitivo il recettore piastrinico P2Y12. Sono stati recentemente pubblicati i risultati del trial BRIDGE che prevedeva la somministrazione endovenosa di cangrelor, come terapia “ponte”, in pazienti in terapia con tienopiridine candidati ad intervento di BPAC. Il trial, condotto su 210 pazienti, ha dimostrato che i pazienti trattati con cangrelor presentavano valori di reattività piastrinica significativamente più bassi rispetto ai pazienti trattati con placebo. Non si è osservato alcun aumento dei sanguinamenti relati al BPAC nel gruppo trattato con cangrelor rispetto al placebo. Sulla base di tali dati, seppur derivati da una popolazione ancora limitata, si potrebbe ipotizzare un impiego di questo farmaco come terapia “ponte” anche in pazienti, portatori di stent coronarici, candidati a chirurgia non cardiaca. Studi clinici ad hoc sono, comunque, necessari per supportare tale ipotesi.
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