Molto Meyer Anno 3, N. 2 – 2015

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Stato dell’arte del trapianto allogenico oggi INTRODUZIONE

Il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (CSE), ottenute da midollo osseo, sangue periferico o cordone ombelicale, ha contribuito enormemente negli ultimi anni a migliorare la prognosi di malattie emolinfoproliferative1, in particolare leucemie e linfomi ad alto rischio o ricaduti e ha permesso di curare in modo definitivo patologie non neoplastiche come le aplasie midollari, le immunodeficienze primitive, gli errori congeniti del metabolismo o le emoglobinopatie severe (figura 1). Nel primo caso l’effetto terapeutico del trapianto è principalmente attribuibile all’azione delle cellule linfocitarie del donatore che contribuiscono in maniera determinante all’eradicazione delle cellule tumorali del ricevente sopravvissute alla chemio/radioterapia effettuata in preparazione al trapianto (regime di condizionamento), il cosiddetto Graft versus Leukemia (GVL) . Nel secondo caso l’effetto terapeutico è essenzialmente dovuto alla sostituzione delle cellule staminali “malate”del ricevente con quelle “sane”del donatore. CENNI STORICI

Sono passati quasi 60 anni da quando nel 1957 a Seattle Donnall Thomas, Premio Nobel per la Medicina nel 1990, eseguì il primo pionieristico trapianto di midollo osseo da gemello identico in un paziente affetto da leucemia. Ci vollero però quasi 10 anni perché il francese Georges Mathè nel 1965 ottenesse il primo attecchimento duraturo in un trapianto da 4

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fratello, in quanto fino ad allora i pochi trapianti effettuati avevano dato risultati scoraggianti a causa del rigetto o del fenomeno opposto, la cosiddetta “Reazione del Trapianto” contro l’ospite, comunemente nota come Graft versus Host Disease, entrambe mediate da cellule immunocompetenti rispettivamente del ricevente o del donatore. Solo negli anni ‘70 l’identificazione del Complesso Maggiore di Istocompatibilità (MHC), cioè quel complesso di geni che regola la compatibilità tessutale e che nell’uomo viene siglato come HLA, Human Leukocyte Antigen, ha permesso di selezionare più accuratamente i donatori, sia all’interno del nucleo familiare, sia al di fuori di esso e precisamente nell’ambito di Registri di Donatori Volontari di midollo osseo (BMDW, Bone Marrow Donor Worldwide), nati giustappunto in quegli anni allo scopo di allargare il pool dei potenziali donatori per quei pazienti che, privi di donatore Veronica Tintori, Stefano Frenos, Eleonora Gambineri, Chiara Sanvito, Elena Sieni, Francesca Brugnolo, Mariacristina Menconi, Franco Bambi, Claudio Favre Dipartimento di Oncoematologia, AOU Meyer, Firenze veronica.tintori@meyer.it

Il Dipartimento di Oncoematologia del Meyer comprende due strutture complesse, rispettivamente la SODC tumori pediatrici

e trapianto cellule staminali e quella di immunoematologia, medicina trasfusionale e laboratorio terapie cellulari.

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