150626 - Giugno

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Pegaso Inserto di cultura politica e di politica culturale

Politica Alla scoperta del sistema maggioritario

Personaggio Tina Anslemi, prima donna italiana ministro del Lavoro

Approfondimento L’enciclica “Laudato si’, mi’ Signore” di papa Francesco

Clima Anche le religioni devono salvare l’ecosistema

Pegaso Inserto mensile di Popolo e Libertà

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no. 104 - 26 giugno 2015

Editoriale

PPD: un partito con una marcia in più Gli “Stati generali del PPD”, seduta allargata del Comitato cantonale, svoltisi a Sant’Antonino nella mattinata di sabato 6 giugno, hanno conosciuto uno svolgimento vivace e saranno da considerare una tappa importante nella procedura di reazione che il partito ha avviato dopo la sconfitta elettorale dello scorso aprile e le conseguenti dimissioni anticipate del presidente cantonale, Giovanni Jelmini. Proprio per questa ragione, mi sarei aspettato una attenzione maggiore e più precisa rispetto a quella che vi ha dedicato il Popolo e Libertà del 12 giugno scorso: la relazione scientifica del prof. Oscar Mazzoleni è stata pubblicata solo parzialmente e in particolare priva della parte documentaria che ne costituiva la base; l’imponente discussione sullo stato del partito dopo le elezioni (oltre trenta interventi), giustamente indicata come segno di “amore e attaccamento al partito” e come indice di “forte voglia di ripartire”, è stata drasticamente riassunta. Non solo infatti sono stati omessi i nomi degli interlocutori (scelta che può anche essere condivisa), ma soprattutto sono state riportate in larga maggioranza le critiche e/o le proposte di carattere generale, tutte legittime certo, ma trascurando le proposte (positive e negative) di carattere più concreto, quelle di fronte alle quali il partito dovrà dire un Sì oppure un No. In questo campo, fra quelle più concrete, mi limito a citarne alcune: la proposta di una “congiunzione al centro”, quella di puntare sul sistema maggioritario, la critica ai nostri militanti che “cedono la loro penna al Mattino della Domenica”, l’esigenza di valorizzare e usare meglio il settimanale del partito, di potenziare il segretariato, e così via. Senza dire che gli elettori e i militanti non presenti alla riunione avrebbero magari interesse a conoscere anche qualche panno sporco che è stato lavato durante la seduta: per esempio la vicenza di un municipale PPD che ha diffuso per iscritto tra i suoi sostenitori consigli di

voto stranamente “ecumenici”. È vero, nel giornale si informava che il verbale della seduta è disponibile e può essere consultato in segretariato. Ma continuo a pensare che le persone interessate ai destini futuri del PPD siano molto più numerose di quelle che avranno la possibilità e il tempo di recarsi a Bellinzona per consultare il verbale: e inoltre occorre distinguere fra le esigenze di chi deve avere una documentazione precisa (per esempio per approvare un verbale) e coloro che sono semplicemente assetati di informazione.

Il nome del partito Su un punto particolare il discorso che ho condotto fin qui non è applicabile, ed è la questione del nome del partito: con toni più o meno decisi e ultimativi, la proposta di cambiare il nome del partito è stata sostenuta in parecchi interventi durante la discussione e il giornale ne ha correttamente dato notizia. Si tratta, in questo caso sì, di una proposta estremamente concreta (ed anche, aggiungo subito, estremamente pericolosa). Spiego in breve la mia opinione. Ho notato che ogni accenno di questo tipo era accolto in aula da battimani, più o meno caldi, che possono far pensare ad una esigenza molto sentita: una parte dei presenti probabilmente condivideva l’opinione di chi ha affermato che bisogna cercare un nome che “porti qualche vantaggio al partito”. A conti fatti, i suggerimenti avanzati erano però di due tipi: c’è chi avanza l’idea di ridare al partito il suo vecchio nome di “Partito conservatore” e chi invece ritiene utile una denominazione che metta l’accento sulla sua ispirazione di base e propone il nome di “Partito democratico cristiano”. È facile pensare che le persone che hanno applaudito alla proposta di cambiamento si distribuissero fra queste due soluzioni e di questo occorre tener conto. Dirò subito che considero sbagliata l’idea di cambiare il nome e giudico una pericolosa illusione l’idea che ciò possa portare dei vantaggi al partito. Occorre ricordare alcune cose importanti. Fino al 1970 il partito si chiamava “con-

servatore democratico”: il secondo aggettivo aveva un valore importante, perché esprimeva (ed esprime ancora oggi) una scelta precisa, per un partito che aveva superato le tentazioni autoritarie, di destra e di sinistra, che avevano marcato il secolo. Ma il termine “conservatore” era ancora un residuo dell’Ottocento, quanto le contrapposizioni erano soprattutto ideologiche e impostate quasi unicamente sulla opposizione al partito liberale, in cui prevaleva un indirizzo radicale. Oggi il termine “conservatore” avrebbe una forte valenza di arretratezza che i giovani non sarebbero i soli a rifiutare; per di più una politica del genere è ampiamente sfruttata dall’Unione Democratica di Centro per una presenza che esclude uno dei punti forti del partito, quello della solidarietà. Se guardiamo le cose dall’altro lato, le considerazioni da fare sono diverse, ma portano alla stessa conclusione. Nella sua storia (di ormai un secolo e mezzo) il nostro partito si è sempre definito come “partito di ispirazione cristiana”ma non ha mai avuto questo termine nel suo nome. Ciò non gli ha impedito di essere fedele alla sua ispirazione originaria e soprattutto di prendere delle decisioni ispirate alla visione cristiana del mondo. Per dirla con un termine ben preciso, non “il partito dei cat-

tolici”, ma un partito laico che riunisce quei cattolici (oggi si potrebbe dire cristiani) ma anche quei non credenti che ne condividono la visione pubblica. Introdurre oggi, nella temperie culturale in cui viviamo, il termine “cristiano” nel nome del partito ci porterebbe indietro nella storia, tanto più che i cittadini sono abituati a giudicare i partiti non secondo il loro nome ma secondo le loro decisioni e la loro coerenza ai principi. Da questo punto di vista, mi pare importante portare un esempio. Al livello federale, il nostro partito porta ancora il nome di “Partito Democratico Cristiano” : tuttavia è evidente che in numerose occasioni, le sue decisioni si sono allontanate da una visione coerente con la visione cristiana. Più coerente è certamente il PPD, anche se non ne porta il nome: ma chi sa leggere le “Lettere dei lettori” ai quotidiani, si sarà già accorto che anche noi, senza averne responsabilità, paghiamo talora lo scotto di decisioni prese dalla maggioranza del partito a livello nazionale, decisioni che non condividiamo. Mi auguro che il PPD conservi il suo nome attuale e rafforzi la sua vocazione di lottare per una politica fedele alle proprie radici cristiane. Giorgio Zappa


II Pegaso

Veenrdì 26 giugno 2015

Politica

Maggioritario: che cos’è mai? Un sistema sovente “invocato” da politici e giornalisti Parecchie volte in passato (e con più frequenza nel passato quadriennio) politici e giornalisti più o meno illuminati e autorevoli, hanno ventilato l’opportunità di introdurre (o reintrodurre, come insegna la storia anche ticinese) il sistema maggioritario per l’elezione del governo cantonale, applicato con modalità diverse in molti Cantoni svizzeri. Le ultime elezioni cantonali hanno confermato un governo ancora composto di rappresentanti di quattro partiti (due leghisti e uno ciascuno a liberali radicali, popolari democratici e socialisti), mentre nel Gran Consiglio due partiti (Lega e liberali radicali uniti) raggiungono la maggioranza (metà più uno dei deputati, cioè 46), per cui tutti gli altri partiti, senza uno di loro, sarebbero condannati ad essere sempre in minoranza. Questo ovviamente, quando tutti i deputati sono presenti e nessuno...cambia marsina! In attesa di verificare se i due partiti maggiori formeranno una maggioranza stabile in governo e/o in Gran Consiglio, torniamo al sistema maggioritario, ovviamente da eventualmente applicarsi solo alla nomina del Consiglio di Stato. Perché per il Gran Consiglio l’adozione di tale sistema di assegnazione dei seggi imporrebbe la creazione di novanta circondari per l’elezione di singoli deputati, oppure (sistema già applicato nell’Ottocento ticinese) di circondari con più seggi da assegnare, in proporzione alla relativa popolazione. Ma una maggioranza stabile sarebbe garantita solo se un partito vincesse nella maggioranza dei circondari. È anche possibile applicare un “maggioritario di lista”, assegnando alla lista che raggiunge la maggioranza assoluta (o una maggioranza prestabilita) la maggioranza dei seggi in palio, o un numero maggiore della metà più uno (il cosiddetto “premio di maggioranza”) per assicurare maggiore stabilità al governo o al parlamento. È il sistema recentemente adottato in Italia, con l’Italicum di Renzi, che prevede che il partito che raccoglie almeno il 40% dei voti avrà 340 deputati, mentre tutti gli altri partiti assieme ne avranno 277; se nessun

partito raggiunge il 40% si procederà ad una nuova votazione (ballottaggio) tra i due partiti che avranno ricevuto più voti, e il vincente avrà ancora 340 deputati. La maggioranza parlamentare così assicurata, sosterrà il governo e assicurerà l’approvazione dei progetti da lui presentati, a meno che...una quarantina di deputati della maggioranza non passino all’opposizione! Per assicurarsi in Ticino che la stessa maggioranza sia conseguita dal medesimo partito in governo e in Gran Consiglio, sarebbe necessario votare in solo circondario cantonale con una sola scheda per i due poteri, e vietare agli elettori il voto per i candidati di tutte le liste (il “panachâge”). Proposte difficilmente realizzabili in un Cantone, dove si è persino introdotta la “lista non intestata”, per l’elettore che vuole votare le persone e non i partiti. Se tutto è umanamente, e specialmente fantasticamente possibile (la storia ticinese non manca di proposte e di realizzazioni perlomeno singolari), ricordo che il maggioritario è applicato in Ticino almeno per due elezioni politiche: quella dei deputati al Consiglio degli Stati e quella per il sindaco. Infatti l’art. 88 della Legge sull’esercizio dei diritti politici del 7 ottobre 1998 prescrive che “i deputati sono eletti dal popolo con il sistema della maggioranza assoluta al primo turno”; l’art. 101 invece recita: “il sindaco viene eletto tra i municipali col sistema della maggioranza assoluta”. La legge poi, all’art. 105 indica che “La maggioranza assoluta equivale al numero di voti che raddoppiato da un totale superiore di almeno una unità a quello delle schede valide e computabili”, essendo escluse le bianche e le nulle. I candidati che raggiungono il numero di voti prescritti sono eletti; se restassero seggi da attribuire, si ripete l’elezione col sistema della maggioranza relativa”, esclusi dal ballottaggio i candidati che hanno raccolto meno del 5% delle schede valide (art. 106). Se si applicasse il sistema sopra descritto per l’elezione del Consiglio di Stato ticinese, contando per l’elezione il numero dei voti (preferenze) ottenuti, è ovvio

che i partiti presenterebbero un numero ridotto di candidati e non certamente liste complete, come attualmente di cinque nomi, e ciò per evitare la dispersione dei voti e concentrare le preferenze sui nomi di candidati in grado di superare i candidati degli altri partiti. Quale seconda diretta conseguenza di una scelta limitata di candidati, è l’aumento del numero degli astensionisti (si vedano i tassi di partecipazione già al primo turno in molti Cantoni svizzeri e ancora più modesti in caso di ballottaggio). Terza conseguenza quando più di due partiti si contengono i seggi, si costituiscono alleanze più o meno esplicite tra partiti (è il minor male) e tra i candidati, alla barba di ideali e principi, con esito perlomeno incerto sulla coesione del governo uscito dalle urne. Il recente caso del municipio della città di Zurigo è esemplare: tra i sette eletti figura la municipale popolare de-

mocratica, quando il suo partito di provenienza ha raccolto solo il 4,88% dei voti per il Consiglio comunale e 9 seggi, mentre il partito dei Verdi, escluso dal Municipio, ha raccolto il 7.22% dei voti ed ottenuto 13 seggi in Consiglio comunale. Certamente si può ovviare alla difficoltà di un esecutivo pluralistico e senza chiara predominanza di un partito (e cioè per formare un’alleanza stabile) con accordi più o meno espliciti prima della votazione, persino attorno a programmi ben definiti che gli eletti si impegnano a realizzare; ma ciò si può fare (ed è già stato fatto, con la cosiddetta alleanza di sinistra, operante per circa vent’anni, dal “martedì grasso del 1947”). Una proposta di “governo di programma” era stata formulata, e proprio dall’allora partito conservatore, alla fine degli anni Trenta! Alberto Lepori


Pegaso III

Venerdì 26 giugno 2015

Personaggio

Tina Anselmi: una vita spesa in favore della libertà Nel ‘76 è stata nominata, prima donna in Italia, ministro del Lavoro Tina Anselmi è nata a Castelfranco Veneto nel 1927 in una famiglia cattolica antifascista. Il suo impegno civile e politico è iniziato con la Resistenza e proseguito, dopo la guerra, nel sindacato e all'interno della Democrazia Cristiana. Eletta alla Camera dei deputati per la prima volta nel 1968, è stata riconfermata fino al 1992, anno in cui si è ritirata dalla vita parlamentare. Nel 1976 è stata nominata, prima donna in Italia, ministro del Lavoro. Ha retto in seguito per due volte anche il ministero della Sanità. È stata inoltre presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2 e della Commissione nazionale sulle conseguenze delle leggi razziali sulla comunità ebraica. Donna coraggiosa, giovane staffetta partigiana, sindacalista, formatasi nelle file dell' Azione Cattolica e dell'Università Cattolica, parlamentare della Democrazia Cristiana e prima donna Ministro, costruisce lo stato sociale con il servizio sanitario nazionale e la legge che chiude i manicomi. Con la sua forte cultura democratica opera decisamente per il cambiamento sociale e culturale del Paese. Con questa storia alle spalle, Tina Anselmi affrontò la sfida della Commissione d'inchiesta sulla P2 di Licio Gelli, sapendo che avrebbe pagato dei prezzi. "Passavo in Parlamento e non mi salutavano". Altri dicevano: "Ma cosa vuole questa Tina".

Un documento drammatico sulla democrazia italiana Istituita nel settembre 1981, dopo le carte rinvenute negli uffici di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi (Arezzo), negli anni in cui l'Italia era sconvolta da uccisioni e stragi (prima Mattarella, Bachelet, Ustica, Bologna, poi Pio La Torre, il Prefetto Dalla Chiesa, e altri), la Commissione indagò, fino al luglio 1984 su! potere occulto, ramificato, parallelo che tentava di condizionare la vita politica italiana. Quando, il 6 gennaio 1986, Tina Ansehni intervenne a Montecitorio in un'Aula

semideserta per la discussione e l'approvazione della sua relazione, così definì il "Piano di rinascita democratica" di Licio Gelli: "il più dotato arsenale di pericolosi e validi strumenti di eversione politica e morale". La Loggia Propaganda 2 , ispirata e guidata da Licio Gelli. fu operante dal 1965 al 1981. Risulteranno coinvolti tre Ministri della Repubblica, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, i capi dei Servizi Segreti, ventiquattro generali e ammiragli, cinque generali della Finanza, compreso il Comandante, parlamentari, imprenditori, il direttore del Corriere della Sera, il direttore del TG I, banchieri, diciotto magistrati. La P2 ha gestito il caso Sindona, risulterà responsabile di depistaggi e coperture, era massicciamente presente nel Comitato di crisi del Viminale al tempo del rapimento Moro. Colpisce e spaventa l'intreccio con i fatti oscuri della Repubblica in quegli anni, tra il mondo politico, gli affari, la strategia della tensione. Ricordare quell'evento significa assumere il coraggio di guardare fino in fondo i rischi che ha corso la giovane democrazia italiana, i lutti e le stragi che hanno accompagnato quegli anni a partire dal rapimento e dall'uccisione di Aldo Moro, le mutazioni dei decenni successivi che lo stesso Piano di rinascita sembrò ispirare. Dopo il crollo della Democrazia Cristiana, andava al governo Silvio Berlusconi, tessera n. 1816 della Loggia P2. Da allora l'Italia ha vissuto lunghi anni oscillando tra la rassegnata assuefazione ad una “visione politica che tende a situare il potere negli apparati e non nella comunità dei cittadini politicamente intesa”, e la spinta a riprendere lo slancio democratico della Costituzione italiana.

Un cancro della democrazia La relazione Ansehni resta la voce di un popolo che chiede di sapere, di sapere di sé . Mettendo in luce il progetto politico eversivo contro la democrazia messo in atto in quegli anni, quel documento svela la grande ambiguità che ha consentito, e può ancora consentire, al potere di apparati oligarchici e occulti di tenere

in pugno un Paese sottraendolo alla sovranità dei cittadini. Una metastasi, come la definì Tina Anselmi, che colpiva le istituzioni, una insidia “per tutti noi perché essa colpisce il sistema nella sua intima ragione di esistere, la sovranità dei cittadini, ultima e definitiva sede del potere che governa la Repubblica”. Per Tina Anselmi era in gioco, in quegli anni, qualcosa di definitivo, cioè la democrazia. In quel passaggio drammatico per la vita del Paese, in quella “notte della Repubblica”, la coscienza civile dell'Italia è tutta racchiusa nella relazione della Anselmi. Quella relazione attendeva risposte, che non ci furono in misura adeguata. “Aspetto ancora risposte”, dirà più tardi Tina: sapeva che senza quelle risposte il fenomeno poteva ripresentarsi. Molti anni dopo si parlò di P3 e P4. Più tardi a Tina è stata affidata la Commissione d'inchiesta sui fatti accaduti in Somalia, e poi quella sulle conseguenze delle leggi razziali sulla comunità ebraica.

Il prezzo della libertà Una mattina trovò un pacco bomba sulla finestra della sua casa a Castelfranco Veneto. Una pubblicazione di Palazzo Chigi, “Le Italiane”, nel 2004, tentò di ferirla e di distruggerne il profilo. Non fu più rieletta in Parlamento; nel suo collegio elettorale in campagna elettorale circolava un foglio, “Il Piave” di Licio Gelli. Ha pagato con una parte della sua vita. Solo una grande passione democratica poteva far luce sulle doppiezze, i ri-

catti, le opacità, l'illegalità e la corruzione che la Loggia P2 aveva alimentato. Ricordando gli anni della sua adolescenza impegnata per la libertà, staffetta partigiana con il nome di Gabriella, era solita ripetere: “Capii allora che per cambiare il mondo bisogna esserci”. Tina ha saputo resistere, durante la guerra, di fronte ai partigiani impiccati agli alberi della piazza di Bassano del Grappa, sul crinale tra civiltà e barbarie, e quarant'anni dopo di fronte al potere di pochi che insidiavano la sovranità del popolo. Una donna a servizio del Paese e alla difesa della Repubblica. Una donna che ha dato forza alle donne italiane. Aveva il senso molto lucido della democrazia come impegno di ciascuno, soprattutto dei giovani. Sapeva che la democrazia può vivere e può morire, e che non è una stagione di pochi giorni. Mi disse a Milano, alcuni anni fa: “La nostra storia di italiani ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati. E concimati attraverso l'assunzione di responsabilità di tutto un popolo”. La lezione di Tina è ben viva. Tina ha vinto perché la sua speranza vive. Oggi ottantottenne, vive nella coscienza vigile degli italiani. La sua vita solare è lo specchio dell'Italia migliore, dell'Italia delle donne. Albertina Seliani, già senatrice, socio fondatore dell’Associazione “Viandanti”, Parma


IV Pegaso

Venerdì 26 giugno 2015

Principia

Dall’enciclica di papa Francesco “Laudato si’, mi’ Signore” A favore della Terra, sorella e madre e casa di tutti gli uomini Sorella e madre Terra 1) “Laudato si’, mi’ Signore”, cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”. 2) Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla

Peccati contro la Creazione 8) Il Patriarca Bartolomeo si è riferito particolarmente alla necessità che ognuno si penta del proprio modo di maltrattare il pianeta, perché “nella misura in cui tutti noi causiamo piccoli danni ecologici”, siamo chiamati a riconoscere “il nostro apporto, piccolo o grande, allo stravolgimento e alla distruzione dell’ambiente”. Su questo punto, egli si è espresso ripetutamente in maniera ferma e stimolante, invitandoci a riconoscere i peccati contro la creazione: “Che gli esseri umani distruggano la diversità biologica nella creazione di Dio; che gli esseri umani compromettano l’integrità della terra e contribuiscano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide; che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati”. Perché «un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio”.

Invito alla solidarietà 14) Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci

toccano tutti. Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale.

I contenuti dell’Enciclica 15) In primo luogo, farò un breve percorso attraverso vari aspetti dell’attuale crisi ecologica allo scopo di assumere i migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile, lasciarcene toccare in profondità e dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale che segue. A partire da questa panoramica, riprenderò alcune argomentazioni che scaturiscono

dalla tradizione giudeo-cristiana, al fine di dare maggiore coerenza al nostro impegno per l’ambiente. Poi proverò ad arrivare alle radici della situazione attuale, in modo da coglierne non solo i sintomi ma anche le cause più profonde. Così potremo proporre un’ecologia che, nelle sue diverse dimensioni, integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda. Alla luce di tale riflessione vorrei fare un passo avanti in alcune ampie linee di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale. Infine, poiché sono convinto che ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo, proporrò alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell’esperienza spirituale cristiana.

Alcuni assi importanti 16) Ogni capitolo, sebbene abbia una sua tematica propria e una metodologia specifica, riprende a sua volta, da una nuova prospettiva,

questioni importanti affrontate nei capitoli precedenti. Questo riguarda specialmente alcuni assi portanti che attraversano tutta l’Enciclica. Per esempio: l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita. Questi temi non vengono mai chiusi o abbandonati, ma anzi costantemente ripresi e arricchiti.

L’intero testo è visibile al sito: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclicalaudato-si.html


Pegaso

Venerdì 26 giugno 2015

V

Clima

Vaticano e ambiente Non solo il cittadino è chiamato alle sue responsabilità, anche le religioni hanno un ruolo determinante nella salvaguardia del pianeta Se è vero che nella lotta al riscaldamento globale ogni cittadino può “fare la differenza”, come ha evidenziato il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, il contributo che possono offrire le religioni è realmente determinante. A ribadirlo è stato anche il seminario “Proteggere la terra, nobilitare l'umanità: le dimensioni morali del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile", promosso il 28 aprile scorso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali congiuntamente a Religions for Peace e a United Nations Sustainable Development Solutions Nerwork. Organizzato per approfondire, prima della pubblicazione dell’enciclica di papa Francesco, il tema delle dimensioni morali della protezione dell'ambiente e per “consolidare un movimento mondiale interreligioso a favore dello sviluppo sostenibile per combattere i cambiamen-

ti climatici nel 2015 e oltre”, l'incontro ha potuto contare sulla presenza di scienziati, leader religiosi ed esponenti politici, tra cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e lo stesso Ban Ki-rnoon, il quale, dopo essersi incontrato con il Papa, ha posto l'accento sull'importanza “che i leader religiosi si mobilitino contro i cambiamenti climatici”, di fronte alla necessità di “cambiare atteggiamenti umani e stili di vita per incidere sul global warming”. Non è mancato, durante il seminario, neppure qualche accenno di autocritica, espressa dal segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese Olav Fykse Tveit, secondo cui nel passato le Chiese hanno contribuito a “una comprensione rneccanicistica della natura” che ne ha agevolato lo sfruttamento in funzione di meri interessi umani: le Chiese, ha detto. “non hanno messo in discussione' il

cammino di sviluppo insostenibile seguito dalle società industrializzate con il loro sconsiderato uso delle risorse naturali e il loro crescente utilizzo dei combustibili fossili. Dobbiamo ricono-

scere questi peccati del passato per essere credibili oggi”. Claudia Fanti, da ADISTA 16 maggio 2015

PROTEGGERE LA TERRA: IL RUOLO VITALE DELLE RELIGIONI Ci siamo riuniti presso la Pontificia Accademia delle Scienze per affrontare le sfide che, nel quadro di uno sviluppo sostenibile, sono poste dal cambiamento climatico provocato dall'essere umano, dalla povertà estrema e dall'emarginazione sociale, incluso il traffico di esseri umani. Proveniamo da diverse fedi e da distinti percorsi di vita, riflettendo l'anelito comune dell'umanità alla pace, alla felicità, alla prosperità, alla giustizia e alla sostenibilità ambientale. Abbiamo considerato le schiaccianti prove scientifiche riguardanti il riscaldamento globale prodotto dagli esseri umani, la perdita di biodiversità e la vulnerabilità del poveri di fronte ai cambiamenti economici, sociali e ambientali. Di fronte alle emergenze del cambiamento climatico indotto dall'essere umano, dell'esclusione sociale e della povertà estrema, dichiariamo congiuntamente che: • il cambiamento climatico di origine antropica è una realtà scientifica e la sua decisiva mitigazione è un imperativo morale e religioso per l'umanità; • le religioni giocano in questo contesto un ruolo vitale. Tutte le tradizioni affermano l'intrinseca dignità di ogni individuo collegata al bene comune di tutta l'umanità. Affermano la bellezza, la meraviglia, la bontà intrinseca del mondo naturale e lo considerano un dono prezioso affidato alle nostre cure, ritenendo un do-vere morale il rispetto per questo giardino che è la nostra casa: • il povero e l’escluso subiscono le minacce più pesanti legate alle perturbazioni climatiche, inclusa la maggiore frequenza di siccità, di tempeste estreme, le ondate di caldo e l’aumento del livello dei mari; • il mondo dispone dei mezzi finanziari e delle conoscenze per mitigare il cambiamento climatico e per porre fine alla povertà estrema, attraverso l'applicazione di soluzioni sostenibili, come l'adozione di sistemi energetici a bassa emissione di carbonio supportati dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione; • il finanziamento di un modello di mitigazione del riscaldamento climatico dovrebbe essere aumentato attraverso nuovi incentivi all'energia a bassa emissione di carbonio e attraverso una ricerca incessante della pace, che consentirà inoltre di deviare i finanziamenti pubblici dalle spese militari agli urgenti investimenti per uno sviluppo sostenibile; • il mondo deve prendere atto che il Vertice sul clima di Parigi del prossimo dicembre (Cop21) potrebbe essere l'ultima vera opportunità per giungere a un accordo che mantenga il riscaldamento globale di origine antropica al di sotto dei 2 gradi centigradi, a fronte di una traiettoria attuale che porterebbe a un aumento devastante di 4 o più gradi centigradi; • ricade sui leader politici di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite la responsabilità particolare di raggiungere, durante la Cop21, un coraggioso accordo sul clima che limiti il riscaldamento globale entro standard sicuri per l'umanità, tutelando i più poveri e vulnerabili dalla mortale minaccia del cambiamento climatico. I Paesi ad alto reddito dovrebbero mantenere la promessa di contribuire a finanziare i costi della mitigazione del cambiamento climatico nei Paesi a basso reddito; • la mitigazione del cambiamento climatico richiederà una rapida trasformazione in direzione di un mondo alimentato da energie rinnovabili e a bassa emissione di carbonio e di una gestione sostenibile degli ecosistemi. Tali trasformazioni dovrebbero essere effettuate nel quadro degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile concordati, mirati a porre fine alla povertà estrema, ad assicurare l'accesso universale alla salute, a un'educazione di qualità, all’acqua, all'energia sostenibile; a cooperare nell'eliminazione del traffico di esseri umani e di ogni forma di moderna schiavitù. Tutti devono fare la loro parte: un impegno che assumiamo completamente a partire dalle nostre capacità individuali. Dichiarazione congiunta diffusa al termine del seminario del 28 aprile, svolto in Vaticano (traduzione italiana da ADISTA, 16 maggio 2015).


VI Pegaso

Pegaso VII

Venerdì 26 giugno 2015

Argomento

La Chiesa svizzera e gli interrogativi sui Lineamenta Il percorso sinodale della Chiesa cattolica trova largo eco in Svizzera Il percorso sinodale della Chiesa cattolica trova larga eco in Svizzera. In preparazione al Sinodo straordinario del Vescovi del 2014, 25’000 persone hanno partecipato a un sondaggio della Chiesa cattolica (vedi PEGASO, 14 marzo 2014 ndr). Anche i preparativi al Sinodo ordinario dei Vescovi del prossimo ottobre 2015 hanno ottenuto un ampio interesse. A fine gennaio 2015, la Conferenza dei vescovi svizzeri ha invitato i fedeli a condurre dei dibattiti presinodali, che sono stati organizzati fino alla fine di marzo in diversi luoghi e in seno a numerosi gruppi della Chiesa cattolica in Svizzera. La Segreteria ha ricevuto circa 570 relazioni sugli esiti. Oltre 50 riscontri sono stati inviati da singole persone o da coppie. In questo modo, stando ai dati forniti relativamente al numero di partecipanti ai dibattiti, sono circa 6’000 le persone coinvolte nel percorso sinodale - un buon successo, se si pensa anche al poco tempo a disposizione. Ciò dimostra come l'interesse dei cattolici per il Sinodo continui a essere grande in Svizzera. Per molti fedeli il tema della coppia, del matrimonio e della famiglia è molto importante. A completamento è stato chiesto a due ulteriori gruppi di persone di fornire delle risposte agli interrogativi sollevati nei Lineamenta: esperti in materia di pastorale di coppia, matrimonio e famiglia (in breve, di pastorale familiare), nonché teologhe e teologi delle facoltà di teologia in Svizzera, hanno fornito il proprio parere sui Li-

neamenta. Durante la Settimana Santa è stata formulata la bozza del rapporto, redatto e ultimato nella settimana di Pasqua assieme ai vescovi responsabili - il Vescovo per la famiglia e Presidente della Commissione pastorale della CVS, mons. Pierre Farine (Ginevra) e il Vescovo di Sion, mons. Jean Marie Lovey (delegato della Conferenza dei vescovi svizzeri al Sinodo 2015 a Roma) - per poter essere presentato a Roma entro il 15 aprile 2015.

Grande consenso nella maggioranza delle risposte

Nonostante che i testi della maggior parte dei fedeli, degli esperti e dei teologi non siano unanimi su tutti i punti, emergono grandi affinità e tendenze generali. Ciò potrebbe essere riconducibile al metodo sinodale scelto per il sondaggio (esiti delle discussioni di gruppo). Sono soprattutto i punti di grande consenso e le comuni richieste rispetto alla dottrina della Chiesa a essere state inoltrate come risultati del dibattito. La stragrande maggioranza dei gruppi è rappresentata dai collaboratori della Chiesa, dagli agenti pastorali e dai catechisti, ma soprattutto dai fedeli impegnati nelle parrocchie, nelle comunità e nelle associazioni ecclesiastiche (p.es. associazioni femminili e giovanili) o in altrigruppi e comunità. Questi gruppi riuniscono sicuramente la parte più grande dei partecipanti e rappresentano piuttosto bene il grosso dei cattolici, uomini e donne, che contribuiscono a far vivere la Chiesa in Svizzera. I loro riscontri esprimono, in larga parte,

tendenze generali simili tra loro. Quando, dunque, nel seguente rapporto si parlerà "dei fedeli" o "della maggioranza dei fedeli", questa formulazione farà riferimento alla grande maggioranza dei pareri espressi sui relativi temi sinodali.

Volontà e richieste espresse nella minoranza delle risposte

Esistono tuttavia dei pareri, che sostanzialmente divergono dai primi e che rappresentano una minoranza: questi sono stati espressi solo in minima parte dai gruppi parrocchiali e sempre solo in minima parte dalle cerchia degli agenti pastorali. A prendere la parola sono stati, invece, dei raggruppamenti, il cui carisma va individuato proprio nella cura per preservare la vigente dottrina della Chiesa. Questi raggruppamenti non sono affatto omogenei, ma vanno dalle cerchie più tradizionaliste (Fraternità Sacerdotale San Pio X), passando per quelle che s'impegnano fortemente per una fedele applicazione della vigente dottrina della Chiesa (soprattutto in riferimento alla Humanae Vitae e all'atteggiamento nei confronti dei divorziati risposati), fino ad arrivare a gruppi, che si sentono particolarmente legati al e influenzati dal programma teologico di Giovanni Paolo Il (teologia del corpo). A seconda dello specifico orientamento di questi gruppi, variano anche gli interventi, soprattutto in base alla tematica (immutabilità della dottrina e della legge divina, regolazione naturale della fertilità, teologia del corpo, più stretta osservanza del giudizio canonico prima del matrimonio e un maggior impegno

nei percorsi di preparazione al matrimonio). La maggior parte delle voci appartenenti a questi gruppi comunica, inoltre, di non essere semplicemente d'accordo con la situazione attuale della dottrina cattolica, ma di cercare anche dei modi per radicare questa dottrina ancor più profondamente nella teologia e trasmetterla in maniera pastoralmente opportuna (con rispetto, amore, attraverso la testimonianza e senza giudicare). Rispetto alla società e alle tendenze culturali che caratterizzano il nostro tempo, questi gruppi si dichiarano spesso alquanto pessimisti. Secondo loro è sempre più difficile vivere la fede nella cultura dominante e auspicano che la Chiesa rafforzi proprio quelle strutture in cui poter, nonostante le numerose avversità esterne, vivere la fede (e l'ideale ecclesiale del matrimonio e della famiglia).

Differenza tra Lineamenta e fedeli

Sulla base del materiale ricevuto (comprensivo dei riscontri da parte degli esperti di pastorale e teologia) non è stato semplice rispondere alle domande facendo riferimento ai Lineamenta. Il motivo principale va riconosciuto nel fatto che rispetto alla concezione della coppia, del matrimonio e della famiglia nonché all'accesso a queste realtà, il testo e gli interrogativi posti dai Lineamenta, da un lato, e i contributi dati dalla maggior parte dei fedeli, dall'altro, differiscono sostanzialmente fra di loro. Per questo il seguente rapporto cerca di illustrare in modo quanto più preciso "l'altro punto di vista" della maggioranza dei cattolici in Svizzera, che hanno parte-

cipato ai dibattiti presinodali, partendo poi da qui per occuparsi delle singole questioni. Domanda previa riferita a tutte le sezioni della Relatio Synodi: La descrizione della realtà della famiglia presente nella Relatio Synodi corrisponde a quanto si rileva nella Chiesa e nella società di oggi? Quali aspetti mancanti si possono integrare?

Un diverso approccio

Il Sinodo dei Vescovi e i fedeli in Svizzera continuano a condurre un "dialogo tra sordi". Si potrebbe riassumere così il messaggio emerso dai numerosi dibattiti presinodali condotti in seno alla Chiesa cattolica in Svizzera. Ciò risulta evidente se si guarda, per esempio, al modello della Santa Famiglia. La proposta dei Lineamenta, di prendere la Santa Famiglia a modello per le famiglie di oggi, è ampiamente dibattuta. La discussione mostra le notevoli difficoltà che, a detta dei fedeli, caratterizzano l'accesso alla realtà matrimoniale e familiare presentata dai Lineamenta. Mentre i Lineamenta, muovendosi all'interno della dottrina della Chiesa, partono da un'ininterrotta continuità della tipologia e dell'ideale di famiglia e individuano nella Santa Famiglia un modello ideale (un approccio, dunque, "top-down" al matrimonio e alla famiglia), i fedeli partono nelle loro considerazioni dalle sfaccettate, contraddittorie, vivaci, interrotte, curate, gioiose e dolorose esperienze familiari che hanno vissuto. Sulla base di queste premesse, essi cercano e trovano un'altra posizio-

ne, un approccio "bottom-up" rispetto alla Santa Famiglia, che non appare affatto come modello ideale, ma viene vista nella sua precarietà, così come descritta nella Bibbia. Agli occhi di molti fedeli essa si avvicina, così, alle diverse realtà della famiglia d'oggi, senza tuttavia poter essere considerata un modello. Proprio la Santa Famiglia non corrisponde agli ideali familiari della dottrina della Chiesa, eppure va giudicata positivamente in quanto, nonostante tutta la precarietà, gli evidenti problemi e le tensioni, indica i valori della vita, della comunione, della solidarietà e del reciproco sostegno. I fedeli fanno, dunque, proprio il modello della Santa Famiglia, ma lo fanno in una maniera che è contraria alla posizione dei Lineamenta e alla loro rappresentazione ideale della famiglia. Questo diverso approccio all'ideale ecclesiale di famiglia, indicato dalla stragrande maggioranza dei cattolici svizzeri che hanno partecipato alla discussione presinodale, può essere utilizzato come chiave di lettura delle seguenti affermazioni relative alle diverse tematiche e questioni poste dai Lineamenta. Per la maggior parte dei fedeli, infatti, il punto di partenza e di riferimento non è l'ideale dottrinale, ovvero, non sono le indicazioni della dottrina rispetto a chiare normative matrimoniali, familiari e sessuali che si fondano, a loro volta, su indicazioni divine presumibilmente oggettive, bensì è il proprio ambito di esperienza e percezione soggettivo. L'esperienza relazionale, sessuale, matrimoniale e familiare fatta nella propria vita o nella vita delle persone vicine è il cardine su cui poggiano i riscontri della maggior parte dei fede-

li. Quest'esperienza viene dischiusa, interpretata e giudicata grazie a posizioni spirituali, religiose e morali, che ragguagliano sul distinto discernimento etico, spirituale e religioso dei fedeli. In questo si possono riconoscere i principi di una teologia matrimoniale e familiare che proviene “dal basso”. I fedeli dibattono e criticano, dal loro punto di vista, le affermazioni sulla famiglia presentate nei Lineamenta. Ciononostante, si riscontra una certa sovrapposizione tra le esperienze e il vissuto dei fedeli, da un lato, e le affermazioni dottrinali della Chiesa dall'altro. Le affermazioni dottrinali non sono, tuttavia, (più) considerate degli orientamenti vincolanti, né delle in contestate indicazioni normative. Le affermazioni dottrinali devono, piuttosto, sapersi affermare rispetto ai criteri sviluppati in virtù dell'esperienza di vita e di fede delle persone, cosa che riesce loro, evidentemente, solo in minima misura. Per questo sono chiare le critiche alle diverse posizioni dei Lineamenta. A ragione, dunque, tali critiche possono essere considerate fondamentali e pretendono che il Sinodo dei Vescovi adotti un approccio sostanzialmente diverso rispetto alle tematiche inerenti la coppia, la sessualità, il matrimonio e la famiglia. In questo contesto si dice che l'allontanamento tra i fedeli e la dottrina della Chiesa possa essere visto come segno dei tempi e vada usato come punto di partenza per uno sviluppo e un rinnovamento della tradizione.

Linguaggio

Molti interventi criticano il linguaggio con cui i Lineamenta descrivono le realtà familiari. Nonostante i percetti-

bili tentativi di aderire alla realtà, si vede una forte divergenza fra ideale e realtà e un allontanamento reciproco fra il punto di vista canonico e l'esperienza vissuta dalla maggior parte dei fedeli. Le critiche si riferiscono, non da ultimo, a passi del testo ritenuti incomprensibili, offensivi, arroganti e presuntuosi. Balza agli occhi come le citazioni di Papa Francesco siano spesso giudicate positivamente. Da queste considerazioni traspaiono anche delle controversie all'interno dei Lineamenta. Rispetto alla qualità comunicativa del Magistero della Chiesa, molto fedeli auspicano che lo stile della comunicazione possa esprime meglio la stima e il riconoscimento di tutte le persone, rinunciando a condanne o emarginazioni. Molti fedeli deplorano l'assenza di un linguaggio comprensibile, che sappia trasmettere la lieta novella della Chiesa in modo credibile.

Teologia

Molte delle argomentazioni fondamentali orientate alla teologia e al diritto naturale incontrano incomprensione. Spesso sono considerate complicate, incomprensibili, idealiste e senza alcun rapporto con le esperienze reali fatte dai fedeli. Per questo anche le affermazioni sulla vocazione e la missione della famiglia non vengono comprese, in quanto, spesso, non corrispondono alla percezione delle famiglie. Le dichiarazioni teologiche sono come macigni per i fedeli, che si aspettano del pane. Si deplora la mancanza di approcci alla spiritualità matrimoniale e familiare che siano aderenti alla vita e alle esperienze. . continua a pagina VIII


VI Pegaso

Pegaso VII

Venerdì 26 giugno 2015

Argomento

La Chiesa svizzera e gli interrogativi sui Lineamenta Il percorso sinodale della Chiesa cattolica trova largo eco in Svizzera Il percorso sinodale della Chiesa cattolica trova larga eco in Svizzera. In preparazione al Sinodo straordinario del Vescovi del 2014, 25’000 persone hanno partecipato a un sondaggio della Chiesa cattolica (vedi PEGASO, 14 marzo 2014 ndr). Anche i preparativi al Sinodo ordinario dei Vescovi del prossimo ottobre 2015 hanno ottenuto un ampio interesse. A fine gennaio 2015, la Conferenza dei vescovi svizzeri ha invitato i fedeli a condurre dei dibattiti presinodali, che sono stati organizzati fino alla fine di marzo in diversi luoghi e in seno a numerosi gruppi della Chiesa cattolica in Svizzera. La Segreteria ha ricevuto circa 570 relazioni sugli esiti. Oltre 50 riscontri sono stati inviati da singole persone o da coppie. In questo modo, stando ai dati forniti relativamente al numero di partecipanti ai dibattiti, sono circa 6’000 le persone coinvolte nel percorso sinodale - un buon successo, se si pensa anche al poco tempo a disposizione. Ciò dimostra come l'interesse dei cattolici per il Sinodo continui a essere grande in Svizzera. Per molti fedeli il tema della coppia, del matrimonio e della famiglia è molto importante. A completamento è stato chiesto a due ulteriori gruppi di persone di fornire delle risposte agli interrogativi sollevati nei Lineamenta: esperti in materia di pastorale di coppia, matrimonio e famiglia (in breve, di pastorale familiare), nonché teologhe e teologi delle facoltà di teologia in Svizzera, hanno fornito il proprio parere sui Li-

neamenta. Durante la Settimana Santa è stata formulata la bozza del rapporto, redatto e ultimato nella settimana di Pasqua assieme ai vescovi responsabili - il Vescovo per la famiglia e Presidente della Commissione pastorale della CVS, mons. Pierre Farine (Ginevra) e il Vescovo di Sion, mons. Jean Marie Lovey (delegato della Conferenza dei vescovi svizzeri al Sinodo 2015 a Roma) - per poter essere presentato a Roma entro il 15 aprile 2015.

Grande consenso nella maggioranza delle risposte

Nonostante che i testi della maggior parte dei fedeli, degli esperti e dei teologi non siano unanimi su tutti i punti, emergono grandi affinità e tendenze generali. Ciò potrebbe essere riconducibile al metodo sinodale scelto per il sondaggio (esiti delle discussioni di gruppo). Sono soprattutto i punti di grande consenso e le comuni richieste rispetto alla dottrina della Chiesa a essere state inoltrate come risultati del dibattito. La stragrande maggioranza dei gruppi è rappresentata dai collaboratori della Chiesa, dagli agenti pastorali e dai catechisti, ma soprattutto dai fedeli impegnati nelle parrocchie, nelle comunità e nelle associazioni ecclesiastiche (p.es. associazioni femminili e giovanili) o in altrigruppi e comunità. Questi gruppi riuniscono sicuramente la parte più grande dei partecipanti e rappresentano piuttosto bene il grosso dei cattolici, uomini e donne, che contribuiscono a far vivere la Chiesa in Svizzera. I loro riscontri esprimono, in larga parte,

tendenze generali simili tra loro. Quando, dunque, nel seguente rapporto si parlerà "dei fedeli" o "della maggioranza dei fedeli", questa formulazione farà riferimento alla grande maggioranza dei pareri espressi sui relativi temi sinodali.

Volontà e richieste espresse nella minoranza delle risposte

Esistono tuttavia dei pareri, che sostanzialmente divergono dai primi e che rappresentano una minoranza: questi sono stati espressi solo in minima parte dai gruppi parrocchiali e sempre solo in minima parte dalle cerchia degli agenti pastorali. A prendere la parola sono stati, invece, dei raggruppamenti, il cui carisma va individuato proprio nella cura per preservare la vigente dottrina della Chiesa. Questi raggruppamenti non sono affatto omogenei, ma vanno dalle cerchie più tradizionaliste (Fraternità Sacerdotale San Pio X), passando per quelle che s'impegnano fortemente per una fedele applicazione della vigente dottrina della Chiesa (soprattutto in riferimento alla Humanae Vitae e all'atteggiamento nei confronti dei divorziati risposati), fino ad arrivare a gruppi, che si sentono particolarmente legati al e influenzati dal programma teologico di Giovanni Paolo Il (teologia del corpo). A seconda dello specifico orientamento di questi gruppi, variano anche gli interventi, soprattutto in base alla tematica (immutabilità della dottrina e della legge divina, regolazione naturale della fertilità, teologia del corpo, più stretta osservanza del giudizio canonico prima del matrimonio e un maggior impegno

nei percorsi di preparazione al matrimonio). La maggior parte delle voci appartenenti a questi gruppi comunica, inoltre, di non essere semplicemente d'accordo con la situazione attuale della dottrina cattolica, ma di cercare anche dei modi per radicare questa dottrina ancor più profondamente nella teologia e trasmetterla in maniera pastoralmente opportuna (con rispetto, amore, attraverso la testimonianza e senza giudicare). Rispetto alla società e alle tendenze culturali che caratterizzano il nostro tempo, questi gruppi si dichiarano spesso alquanto pessimisti. Secondo loro è sempre più difficile vivere la fede nella cultura dominante e auspicano che la Chiesa rafforzi proprio quelle strutture in cui poter, nonostante le numerose avversità esterne, vivere la fede (e l'ideale ecclesiale del matrimonio e della famiglia).

Differenza tra Lineamenta e fedeli

Sulla base del materiale ricevuto (comprensivo dei riscontri da parte degli esperti di pastorale e teologia) non è stato semplice rispondere alle domande facendo riferimento ai Lineamenta. Il motivo principale va riconosciuto nel fatto che rispetto alla concezione della coppia, del matrimonio e della famiglia nonché all'accesso a queste realtà, il testo e gli interrogativi posti dai Lineamenta, da un lato, e i contributi dati dalla maggior parte dei fedeli, dall'altro, differiscono sostanzialmente fra di loro. Per questo il seguente rapporto cerca di illustrare in modo quanto più preciso "l'altro punto di vista" della maggioranza dei cattolici in Svizzera, che hanno parte-

cipato ai dibattiti presinodali, partendo poi da qui per occuparsi delle singole questioni. Domanda previa riferita a tutte le sezioni della Relatio Synodi: La descrizione della realtà della famiglia presente nella Relatio Synodi corrisponde a quanto si rileva nella Chiesa e nella società di oggi? Quali aspetti mancanti si possono integrare?

Un diverso approccio

Il Sinodo dei Vescovi e i fedeli in Svizzera continuano a condurre un "dialogo tra sordi". Si potrebbe riassumere così il messaggio emerso dai numerosi dibattiti presinodali condotti in seno alla Chiesa cattolica in Svizzera. Ciò risulta evidente se si guarda, per esempio, al modello della Santa Famiglia. La proposta dei Lineamenta, di prendere la Santa Famiglia a modello per le famiglie di oggi, è ampiamente dibattuta. La discussione mostra le notevoli difficoltà che, a detta dei fedeli, caratterizzano l'accesso alla realtà matrimoniale e familiare presentata dai Lineamenta. Mentre i Lineamenta, muovendosi all'interno della dottrina della Chiesa, partono da un'ininterrotta continuità della tipologia e dell'ideale di famiglia e individuano nella Santa Famiglia un modello ideale (un approccio, dunque, "top-down" al matrimonio e alla famiglia), i fedeli partono nelle loro considerazioni dalle sfaccettate, contraddittorie, vivaci, interrotte, curate, gioiose e dolorose esperienze familiari che hanno vissuto. Sulla base di queste premesse, essi cercano e trovano un'altra posizio-

ne, un approccio "bottom-up" rispetto alla Santa Famiglia, che non appare affatto come modello ideale, ma viene vista nella sua precarietà, così come descritta nella Bibbia. Agli occhi di molti fedeli essa si avvicina, così, alle diverse realtà della famiglia d'oggi, senza tuttavia poter essere considerata un modello. Proprio la Santa Famiglia non corrisponde agli ideali familiari della dottrina della Chiesa, eppure va giudicata positivamente in quanto, nonostante tutta la precarietà, gli evidenti problemi e le tensioni, indica i valori della vita, della comunione, della solidarietà e del reciproco sostegno. I fedeli fanno, dunque, proprio il modello della Santa Famiglia, ma lo fanno in una maniera che è contraria alla posizione dei Lineamenta e alla loro rappresentazione ideale della famiglia. Questo diverso approccio all'ideale ecclesiale di famiglia, indicato dalla stragrande maggioranza dei cattolici svizzeri che hanno partecipato alla discussione presinodale, può essere utilizzato come chiave di lettura delle seguenti affermazioni relative alle diverse tematiche e questioni poste dai Lineamenta. Per la maggior parte dei fedeli, infatti, il punto di partenza e di riferimento non è l'ideale dottrinale, ovvero, non sono le indicazioni della dottrina rispetto a chiare normative matrimoniali, familiari e sessuali che si fondano, a loro volta, su indicazioni divine presumibilmente oggettive, bensì è il proprio ambito di esperienza e percezione soggettivo. L'esperienza relazionale, sessuale, matrimoniale e familiare fatta nella propria vita o nella vita delle persone vicine è il cardine su cui poggiano i riscontri della maggior parte dei fede-

li. Quest'esperienza viene dischiusa, interpretata e giudicata grazie a posizioni spirituali, religiose e morali, che ragguagliano sul distinto discernimento etico, spirituale e religioso dei fedeli. In questo si possono riconoscere i principi di una teologia matrimoniale e familiare che proviene “dal basso”. I fedeli dibattono e criticano, dal loro punto di vista, le affermazioni sulla famiglia presentate nei Lineamenta. Ciononostante, si riscontra una certa sovrapposizione tra le esperienze e il vissuto dei fedeli, da un lato, e le affermazioni dottrinali della Chiesa dall'altro. Le affermazioni dottrinali non sono, tuttavia, (più) considerate degli orientamenti vincolanti, né delle in contestate indicazioni normative. Le affermazioni dottrinali devono, piuttosto, sapersi affermare rispetto ai criteri sviluppati in virtù dell'esperienza di vita e di fede delle persone, cosa che riesce loro, evidentemente, solo in minima misura. Per questo sono chiare le critiche alle diverse posizioni dei Lineamenta. A ragione, dunque, tali critiche possono essere considerate fondamentali e pretendono che il Sinodo dei Vescovi adotti un approccio sostanzialmente diverso rispetto alle tematiche inerenti la coppia, la sessualità, il matrimonio e la famiglia. In questo contesto si dice che l'allontanamento tra i fedeli e la dottrina della Chiesa possa essere visto come segno dei tempi e vada usato come punto di partenza per uno sviluppo e un rinnovamento della tradizione.

Linguaggio

Molti interventi criticano il linguaggio con cui i Lineamenta descrivono le realtà familiari. Nonostante i percetti-

bili tentativi di aderire alla realtà, si vede una forte divergenza fra ideale e realtà e un allontanamento reciproco fra il punto di vista canonico e l'esperienza vissuta dalla maggior parte dei fedeli. Le critiche si riferiscono, non da ultimo, a passi del testo ritenuti incomprensibili, offensivi, arroganti e presuntuosi. Balza agli occhi come le citazioni di Papa Francesco siano spesso giudicate positivamente. Da queste considerazioni traspaiono anche delle controversie all'interno dei Lineamenta. Rispetto alla qualità comunicativa del Magistero della Chiesa, molto fedeli auspicano che lo stile della comunicazione possa esprime meglio la stima e il riconoscimento di tutte le persone, rinunciando a condanne o emarginazioni. Molti fedeli deplorano l'assenza di un linguaggio comprensibile, che sappia trasmettere la lieta novella della Chiesa in modo credibile.

Teologia

Molte delle argomentazioni fondamentali orientate alla teologia e al diritto naturale incontrano incomprensione. Spesso sono considerate complicate, incomprensibili, idealiste e senza alcun rapporto con le esperienze reali fatte dai fedeli. Per questo anche le affermazioni sulla vocazione e la missione della famiglia non vengono comprese, in quanto, spesso, non corrispondono alla percezione delle famiglie. Le dichiarazioni teologiche sono come macigni per i fedeli, che si aspettano del pane. Si deplora la mancanza di approcci alla spiritualità matrimoniale e familiare che siano aderenti alla vita e alle esperienze. . continua a pagina VIII


VIII Pegaso

Venerdì 26 giugno 2015

Argomento

.Allo stesso modo si auspica che la pastorale abbia un'attitudine nei confronti delle coppie orientata a quell'atteggiamento amico delle persone che è proprio di Gesù. La selezione e limitazione dei riferimenti biblici per la teologia del matrimonio è oggetto di un giudizio critico. La formulazione "vangelo della famiglia" è percepita come incomprensibile. Non è infatti chiaro, se si tratti del Vangelo per la famiglia oppure della dottrina sulla famiglia come vangelo o, ancora, della testimonianza di vita delle famiglie quale espressione del Vangelo.

Chiesa Netto è il rifiuto nei confronti di quelle affermazioni che la Chiesa fa su di sé, definendosi esperta in umanità o maestra e madre. Molti fedeli, al contrario, sono dell'avviso, che la Chiesa e la sua dottrina non mostrino affatto la loro vicinanza alle persone. Non si coglierebbe neanche questo ruolo di madre proprio della Chiesa, per colpa di una durezza profondamente percepita nei confronti delle persone, che non corrisponde certo alle caratteristiche proprie di una "madre". Si rifiuta anche il ruolo dei fedeli quali "figli", considerato, in questo contesto, un'infantilizzazione. Analizzando questa posizione alla luce del grande impegno dei partecipanti a favore della Chiesa e della loro identificazione con quest'ultima, le critiche alle affermazione che la Chiesa fa su di sé nei Lineamenta non vanno affatto intese come rifiuto della Chiesa. Benché la Chiesa venga vista come un luogo in cui comunicare attraverso il dialogo, ciò non la autorizza più a esercitare un potere autoritario sugli uomini rispetto alle questioni di fede e di vita.

Società La visione prevalentemente negativa dei Lìneamenta sul mondo, non viene così nettamente condivisa dalla maggioranza dei fedeli. L'analisi della cultura è percepita come troppo parziale e imprecisa. L'implicita interpretazione, quasi esclusivamente negativa, degli sviluppi socio-culturali non corrisponde all'autopercezione degli uomini e, dal loro punto di vista, non corrisponde neanche alla memoria storica che, in passato, non ha conosciuto affatto solo tempi migliori. AI contempo, però, i fedeli conoscono le sfide date dalla società e dalla cultura e sono alla ricerca di risposte.

Aspetti mancanti Sono soprattutto gli esperti di pastorale familiare ad auspicare un maggior coinvolgimento delle scienze sociali e umane, che permetterebbe di tracciare un'immagine realistica del matri-

monio e delle sue mutate richieste al rapporto di coppia. La pressoché totale mancanza nei Lìnemanta di una percezione della dimensione personale del matrimonio e della famiglia è motivo di forte irritazione. Manca, ugualmente, l'aspetto della coscienza e l'importanza delle decisioni prese con proprio discernimento. Inoltre si esprime l'opinione che i Lineamenta siano rimasti, nella loro comprensione del matrimonio, ben dietro al Concilio Vaticano Secondo. La definizione delle finalità del matrimonio, che all'epoca fu ampliata rafforzando la dimensione relazionale del matrimonio, passa nei Lìneamenta nuovamente in secondo piano. Infine si deplora la mancanza di un nuovo e appropriato esame da parte della Chiesa delle questioni inerenti la sessualità, che le permetterebbe di essere nuovamente considerata in Svizzera un'interlocutrice per le questioni relative a questo ambito della vita. Una nuova e fondamentale analisi, come questa, della sessualità, dovrebbe tuttavia astenersi dall'immischiarsi nella vita delle persone. Domande sulla prima parte: L'ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia. Il contesto socio-culturale (nn. 5-8) 1. Quali sono le iniziative in corso e quelle in programmo rispetto alle sfide che pongono alla famiglia le contraddizioni culturali (cfr. nn. 6-7): quelle orientate al risveglio della presenza di Dio nella vita delle famiglie; quelle volte a educare e stabilire solide relazioni interpersonali; quelle tese a favorire politiche sociali ed economiche utili alla famiglia; quelle per alleviare le difficoltà annesse all'attenzione dei bambini, anziani e familiari ammalati; quelle per affrontare il contesto culturale più specifico in cui è coinvolta la Chiesa locale? 2. Quali strumenti di analisi si stanno impiegando, e quali i risultati più rilevanti circa gli aspetti (positivi e non) del cambiamento antropologico culturale? (cfr. n.5). Tra i risultati si percepisce la possibilità di trovare elementi comuni nel pluralismo culturale? I Lineamenta dichiarano di voler “ascoltare" i contesti familiari. Tuttavia non si capisce chi siano gli “interlocutori”, chi si ascolti. I Lineamenta si limitano soltanto a tratteggiare un'immagine largamente negativa dei contesti familiari. Un simile modo di vedere, prevalentemente negativo e semplificatorio, che tende a porre in antitesi realtà ecclesiali idealizzate e sviluppi sociali e culturali, si scontra, in Svizzera, con il rifiuto da parte dei fedeli. Questi ultimi scorgono senz'altro, nella realtà sociale della Svizzera, sfide

difficili e complesse per le famiglie. Ma al tempo stesso vedono e apprezzano anche le libertà, i margini d'azione e le opportunità che la cultura odierna presenta per la vita e la riuscita delle famiglie. Non da ultimo, i fedeli formulano qui una critica nei confronti del magistero della Chiesa, accusata di avere prodotto, con le sue omissioni e per sua colpa, una visione dualistica del mondo. Così, l'ascolto dei contesti di ogni parte del mondo è ancora di là da venire, come anche l'apprendimento e l'esercizio di atteggiamenti comunicativi che rendano possibile un dialogo sincero con le persone, le società e le culture del presente. La critica sovente espressa nei confronti del linguaggio e dello stile comunicativo dei Lineamenta va vista in questo quadro. In molti suoi passi, il testo è percepito come sdegnoso, arrogante e giudicante. Le risposte delle cattoliche e dei cattolici svizzeri disegnano, rispetto ai Lineamenta, un quadro differenziato del matrimonio e della famiglia. I Lineamenta traggono la loro visione della famiglia essenzialmente dal matrimonio canonico. Questo matrimonio è visto in modo quasi esclusivo come fondamento della famiglia. Di conseguenza la dimensione relazionale di un matrimonio, ad esempio, quasi non è percepita come valore in sé e come compito proprio. D'altra parte, i fedeli dicono chiaramente che matrimonio e famiglia vanno ben distinti per evitare riduzioni di tipo teologico e pastorale. All'interno della Chiesa cattolica svizzera, le realtà familiari sono molteplici e vanno al di là del modello di famiglia costruito sul matrimonio sacramentale (pensiamo alle famiglie patchwork, alle famiglie monoparentali, alle famiglie di divorziati risposati, alle famiglie arcobaleno, ai matrimoni non celebrati in chiesa ... ). Riconoscere questa realtà, e quindi apprezzarla e rispettarla senza definirla semplicemente deficitaria, irregolare, debole o ferita, è un desiderio fortemente nutrito dai fedeli nei confronti della Chiesa e del Sinodo. Le risposte dei fedeli mostrano che dalla Chiesa essi si aspettano che apprezzi le diverse forme di famiglia. Tale apprezzamento non può essere legato esclusivamente al criterio del matrimonio canonico come fondamento della famiglia. Per contro, i fedeli e anche gli esperti di pastorale familiare dicono chiaramente, nelle loro risposte, che nei Lineamenta vedono troppo poco apprezzato il matrimonio stesso. Il valore della relazione coniugale, sostengono, quasi non è considerato, e si ha l'impressione di una strumentalizzazione del matrimonio stesso per gli scopi della procreazione e dell'educa-

zione della prole. Considerando che non di rado, in Svizzera, i matrimoni che non vengono sciolti possono durare anche 40-50 anni e più, i fedeli sono ben consapevoli che una relazione coniugale viene vissuta nello stadio di famiglia soltanto per un tempo assai breve. Di fronte a questo moderno sviluppo della società si avverte la mancanza di un'adeguata teologia del matrimonio. Ciò vale dal punto di vista teologico anche per la famiglia. Lo sguardo ristretto dei Lineamenta sulla famiglia ha finora impedito di sviluppare una teologia indipendente della famiglia. Una siffatta teologia della famiglia potrebbe da una parte schiudere opportunità di scoprire segni dei tempi nella vita delle famiglie, e d'altra parte potrebbe offrire un consolidamento dell'essere soggettivo delle famiglie nel quadro della vocazione e della missione pastorale della Chiesa. Su questo sfondo sarebbe auspicabile se il Sinodo trovasse approcci nuovi e aderenti alla vita reale nei confronti di una teologia del matrimonio e di una teologia della famiglia corrispondenti alle esperienze odierne delle persone. Esperti di pastorale della famiglia e di teologia ammoniscono che nei Lineamenta manca un confronto con le conoscenze nell'ambito delle scienze umane (sociologia, psicologia, sessuologia ... ). Senza tale confronto, sostengono, il discorso della Chiesa sul matrimonio e la famiglia corre il pericolo del fideismo, il che nuocerebbe gravemente alla testimonianza della Chiesa. Non da ultimo, gli specialisti richiamano anche l'attenzione sul fatto che i contesti mondiali per lo sviluppo e la valorizzazione delle diverse relazioni di coppia, dei diversi matrimoni e delle diverse famiglie sono talmente differenziati che il magistero della Chiesa difficilmente può evitare una contestualizzazione nel momento in cui discerne i suoi compiti. Molti fedeli chiedono insistentemente che le condizioni politiche, giuridiche, sociali ed economiche delle famiglie siano riesaminate e migliorate. In Svizzera la povertà viene additata come fattore decisivo per il fallimento di matrimoni e famiglie. La Chiesa è poi particolarmente esortata a trovare percorsi pastorali per la difficile situazione delle persone prive di permesso di soggiorno e di status giuridico (i sans papiers). NOTA: il Rapporto dei Vescovi svizzeri continua con le risposte sulla pastorale della Chiesa di fronte ai problemi della famiglia: sui temi più dibattuti nei media (situazione dei divorziati risposati, benedizione delle coppie omosessuali, regolamentazione delle nascite) il rapporto conferma le risposte “misericordiose” già date dai cattolici svizzeri nella consultazione del 2014 (v. Pegaso 14.03.2014)


Pegaso IX

Venerdì 26 giugno 2015

Riflessione

“Ma qualcuno ci deve pensare e...provvedere” Il direttore della rivista “IL GALLO” invita a riflettere sulle migrazioni Cattiverie e sciocchezze, racconti e testimonianze laceranti, ricostruzioni competenti, solidarietà formali e sincere, allarmi motivati, sostanziale indifferenza, ma nessuna proposta strutturata e praticabile oltre le emergenze nelle informazioni e nelle dichiarazioni stampate o trasmesse in questi tempi a proposito di migranti. Nessuna, neppure dalla presidente Laura Boldrini che da anni si occupa del problema a livello internazionale. Davvero non sono possibili e c'è solo da aspettare e vedere che cosa succederà? I numeri possono essere diversi dalle previsioni, forse il quadro si assesta spontaneamente o forse le migrazioni di massa cresceranno fino a travolgere quella che chiamiamo la nostra civiltà. Compito della politica, non solo di casa nostra, sarebbe proprio affrontare e risolvere i grandi problemi di residenti e Immigrati perché siano ridotti timori e tensioni e, nel caso di trasformazioni epocali, siano il più possibile previste e governate. Resta vero che nella storia non è mai stato così: le grandi migrazioni e i crolli di sistemi politici - dall'impero di Roma a quello sovietico - hanno determinato trasformazioni drammatiche che si sono con il tempo auto strutturate producendo nuovi assestamenti con enormi sofferenze, probabilmente riducibili da interventi politici lungimiranti. Oggi la politica, fra corruzione e incompetenze, è in affanno a governare le emergenze e del tutto incapace di pensare a grandi progetti e al futuro delle generazioni. Naturalmente non ho soluzioni: solo un gruppo libero e pensante con la partecipazione di diverse competenze potrebbe affacciare qualche proposta da prendere in considerazione. Un’ opinione pubblica meglio informata e meno allarmata, fatta consapevole che qualcosa dovrà cambiare nel pensiero e almeno in parte negli stili di vita, dovrebbe essere chiamata a indirizzare le decisioni comuni verso il maggiore gradimento, non per trascinamenti emozionali e in-

teressati, ma a vantaggio dei più. Vorrei offrire una goccia di contributo individuando tre livelli nel problema migrazioni che ci coinvolge e probabilmente ancor più ci coinvolgerà. Il primo livello riguarda la tragedia delle traversate in con¬dizioni di estremo rischio. Accantoniamo le ipotesi militari, compresi i respingi menti e l'affondamento degli scafi in acque territoriali nazionali, che forse non sono neppure realizzabili e comunque, come stiamo vedendo, portano stragi e distruzioni e non certo stabilità politica e democrazia. Il problema quindi ha tre aspetti: evitare le partenze indiscriminate; garantire viaggi sicuri; distruggere le organizzazioni che gestiscono i viaggi, consapevoli che gli interessi che le governano sono enormi e controllati da mafie internazionali e di casa nostra. Il secondo livello è pensare alle cause che inducono agli esodi di massa. Noi siamo colpiti dalla traversata dal nord Africa alle coste dell'Europa mediterranea e soprattutto dell'Italia: se non partissero ci sentiremmo assolti. Ma nella grande maggioranza i migranti non sono libici e neppure nordafricani, ma hanno già compiuto un viaggio disperato attraverso il deserto che li ha decimati e in Libia vivono in condizione di semidetenzione, tra fame e talvolta torture. Non è quindi pensabile lasciarli “a casa loro”, perché non sono a casa loro. Occorre pensare alle ragioni per cui partono che sono varie, dalle guerre locali, alla negazione dei diritti, alla perdita della loro terra, cioè della possibilità di lavorare e mantenersi, per lo più a causa delle invadenti presenze straniere, siano americane o soprattutto cinesi. Terzo ordine di problemi: l'accoglienza. Innanzitutto l'urgenza allo sbarco: salute, alimentazione. Riconoscimento, alloggio provvisorio. Da farsi in rispetto della dignità e in tempi ragionevoli , evitando che il prolungamento dei tempi sia vantaggioso per chi ci guadagna: ricordiamo che qualcuno ha detto che i migranti in attesa di verifiche

rendono più del commercio della droga. In secondo luogo, con un piano europeo, la distribuzione nei diversi paesi dove spesso han¬no parenti già immigrati e la possibilità di attività e alloggio . Ancora più urgente è però che la popolazione europea riconosca il problema e, rimuovendo una forse istintiva, ma anche ben sostenuta ostilità, sia disponibile alle necessarie collaborazioni. È chiaro che i problemi sono immensi e elencarli non risolve proprio nulla: la soluzione potrebbe solo essere in un' autorità mondiale o almeno europea dotata di poteri e mezzi. Purtroppo oggi, e verosimilmente anche domani, impensabile e torniamo aIl’ ingovernabilità di questi problemi che tuttavia ci sono, e proviamo quindi a pensarli almeno in qualche segmento, con istituzioni pubbliche e volontarie e con il maggior coinvolgimento internazionale, come in parte già accade, aumentando l'efficienza delle organizzazioni e la correttezza delle spese. Magari anche pensando a organiz-

zare qualche campo alla partenza che offra istruzioni e alternative e viaggi sicuri a costi sostenibili. E un'ultima domanda da cittadino ingenuo: c'è qualcuno che con competenze, in Italia per quanto ci riguarda, in Europa inevitabilmente coinvolta, all'ONU per lo studio delle cause remote dei flussi, ci sta pensando e immaginando proposte? Ugo Basso Direttore de “Il Gallo”, Genova Giugno 2015 POSTSCRITTO DI A.L.: Il Consiglio federale, dopo aver tolta la possibilità di chiedere visti per l’immigrazioni nelle ambasciate (per mancanza di personale adeguato a far fronte alle richieste….), sta cercando una soluzione che salvi “capre e cavoli” (cioè interessi economici e tranquillità interna) nell’applicazione della “sacra” volontà popolare espressa il 9 febbraio 2014. Siamo svizzeri, cristiani o caporali?


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Recensioni

Lucia Ceci: Il Vaticano e il fascismo Dopo “Il Papa non deve parlare”, la storica torna con un nuovo libro Lucia Ceci, docente all'Università di Tor Vergata a Roma, è tra le più brillanti studiose di una nuova generazione, capace di confrontarsi con la storia del Novecento in modo originale e di sfruttare al meglio le nuove opportunità archivistiche, a cominciare da quelle offerte dagli archivi vaticani. Tra le sue opere più note sono quelle dedicate alla teologia della liberazione (La teologia della liberazione in America Latina. L'opera di Gustavo Gutierrez, 1999), al rapporto tra missioni e colonialismo (ll vessillo e la croce. Colonialismo, missioni cattoliche e islam in Somalia, 1903-1924, del 2006) e soprattutto al rapporto tra Chiesa e fascismo (ll papa non deve parlare. Chiesa, fascismo e guerra d'Etiopia, 2010). Questo suo nuovo libro costituisce una sintesi su tutto il periodo 1919-1945, aggiungendovi tuttavia all'indietro - un'analisi di come Mussolini, nella sua epoca formativa e in quella socialista, si riferì alla Chiesa e alla religione secondo uno smaccato atteggiamento anticlericale. Trattandosi di una sintesi proposta anche a un pubblico ampio, molte delle cose raccontata da Lucia Ceci sono già note agli studiosi, mentre altre costituiscono invece approfondimenti e talune riescono a proporsi come so-

stanzialmente inedite. Se si parte dalla conclusione del libro si trova una chiave di lettura che determina tutta l'impostazione del volume, ovvero la constatazione - ormai “classica” per la verità - che la Chiesa cattolica operò una sorta di manipolazione della storia per autoassolversi dalle plurime compromissioni con il fascismo e per ripresentarsi così come soggetto in grado di prendere in mano le redini della società italiana del dopoguerra (pp. 321-322). Questa affermazione - non nuova per gli studiosi - viene ben dimostrata dall' autrice attraverso tanti passaggi e l'uso di abbondante documentazione. Tra le pagine più suggestive segnaliamo, per esempio, quelle dedicate allo sviluppo del nazionalismo cattolico, che si concretizzò anche nella proposta editoriale di numerosi libri dedicati agli "eroi" cattolici caduti durante la Prima guerra mondiale (anzitutto con la collana "San Giorgio" dell'editrice Ave della GIAC, pp. 175 e ss.); o le pagine sulla politica delle beatificazioni e santificazioni seguita dalla Chiesa di Pio XI, che procedette parallela allo sforzo - si vorrebbe dire blasfemo - compiuto dal regime non solo di italianizzare in modo esclusivo la figura di san Francesco, ma persino di trac-

ciare una sorta di sovrapposizione tra il santo di Assisi e il duce del fascismo (pp. 108-113). Se sono ben note - grazie anche ai precedenti studi di Lucia Ceci - le (per noi: vergognose) convergenze tra Chiesa e fascismo al tempo della guerra d'Etiopia, meno conosciuti risultano essere gli appoggi della Chiesa al decreto del ministro dell'Africa italiana Lessona del 19 aprile 1937, che costituì di fatto la prima normativa razziale in Italia, dal momento che erogava pene severe per gli italiani maschi che avessero intrattenuto relazioni di tipo coniugale con donne africane. Malgrado le riserve di molti missionari, il decreto venne alla fine approvato dalla Santa Sede, sulla base di un testo preparato dal card. Jorio, con argomentazioni al limite della spregiudicatezza e della capziosità (pp. 194 e ss.). Bastano questi pochi esempi per far comprendere l'interesse del libro, che - ovviamente - si occupa anche di legislazione razziale, di “solitudine” di Pio XI (ben integrando gli studi di Emma Fattorini), di atteggiamento della Chiesa al tempo della Seconda guerra mondiale e dei rapporti con la RSI (in questo caso, per la verità, in modo un po' sbrigativo). Numerosi sono in questo libro i riferimenti e le

citazioni all' opera di don Primo Mazzolari, che anche per Lucia Ceci risulta essere un protagonista indiscusso e originale di questa stagione della Chiesa italiana. Del parroco di Bozzolo si ricordano le prese di posizione sul fascismo, i Patti Lateranensi, la guerra di Spagna, l'atteggiamento da tenere nella guerra mondiale (la famosa Lettera a un aviatore). Giorgio Vecchio da IMPEGNO, Bozzolo, aprile 2015

“Terra e cibo”: un contributo di G+P Nell'anno di Expo, ma soprattutto nell'anno in cui culmina la riflessione dell'ONU sui futuri obiettivi per lo sviluppo sostenibile, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace fa sentire la sua voce. L'agricoltura e la fame nel mondo sono sotto i riflettori, ma per far sì che tutti possano beneficiare dei frutti della terra occorre tornare a una visione di largo respiro, interdisciplinare e fondata su validi punti di riferimento etici. È questa la direzione in cui si colloca il presente volume, frutto di un sapiente lavoro di sintesi tra studi accademici, di organismi specializzati della comunità internazionale, del settore associativo e del magistero. La prima parte del testo affronta le

principali criticità tra le quali il non diritto al cibo e il suo rapporto con quello di proprietà del suolo o dell'accesso alle zone di pesca, l'uso insostenibile delle risorse naturali, le responsabilità di determinati attori economici. le speculazioni. “Parlando della fame nel mondo, non è possibile limitarsi ad una rassegna di cause congiunturali. per quanto rilevanti possano essere crisi, andamento del prezzi, siccità, inondazioni, corruzione, instabilità politica, conflitti. Va, Invece. preso atto che non si è riusciti a garantire a tutti l'accesso al cibo tramite la realizzazione di cambiamenti strutturali. Indispensabili per permettere sia lo sviluppo produttivo sia l'autonomia di tante

zone del mondo, ma neppure si è pervenuti ad eliminare quel meccanismi intrinseci che sono di ostacolo a tale evoluzione” (p 19). Dopo aver ripercorso il messaggio biblico ed ecclesiale sulla creazione e lo sviluppo agricolo nella seconda parte, il volume chiarisce alcune questioni etiche che potranno dare massima efficacia agli orientamenti pratici e alcuni termini a rischio di derive ideologiche, come “carità”, “agricoltura familiare”, “sicurezza e sovranità alimentare”. Inoltre si mette in guardia il lettore dall'abbracciare soluzioni fuorvianti come il neomaltusianismo - secondo il quale una popolazione numerosa o in forte crescita demografica “costituisca un handicap per lo sviluppo e un pericolo

per la sicurezza ali-mentare in un pianeta dalle risorse limitate” (pp. 105106) - o l'eccessiva ed esclusiva fiducia nella tecnologia. Il testo si conclude offrendo undici direttrici lungo le quali muoversi, focalizzando gli sforzi, investendo nell'educazione degli imprenditori, degli investitori e dei politici. L'attuale modello di sviluppo è insostenibile; “realizzare lo sviluppo di tutti gli Stati, di tutte le persone e di tutta la persona è un obiettivo fondamentale dalla priorità assoluta: è la priorità del bene comune universale della famiglia umana” (pp. 143-144). Chiara Tintor da Aggiornamenti sociali, Milano 4-2015


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Riviste

Rivista delle riviste AGGIORNAMENTI SOCIALI, mensile di ispirazione cristiana, redatto da un gruppo di gesuiti e di laici, Piazza S. Fedele 4, 20121 Milano Il numero doppio giugno-luglio illustra e commenta la nuova legge elettorale adottata dal Parlamento italiano, con un premio di maggioranza per il partito, eventualmente seguito dal ballottaggio tra i primi due classificati, e i possibili effetti sulla democrazia italiana. Un approfondimento è dedicato al centenario del genocidio armeno. AMNESTY INTERNATIONAL EN ACTION, AZB 3001 Berna Nel numero di giugno viene illustrata l’iniziativa costituzionale per rendere responsabili le multinazionali e ricordato ciò che è già promosso a livello internazionale, in particolare da parte dal Consiglio dei diritti dell’uomo. Per testare nuovi medicamenti in Svizzera si ricorre sempre più a “volontari” stranieri: una nuova forma di schiavitù. In India, sposarsi per amore, spesso finisce in una tragedia familiare. CHOISIR, rivista culturale dei gesuiti, rue Jacques-Dalphin 18, 1227 Carouge – Ginevra Il fascicolo n. 666 (giugno 2015) è aperto con il ricordo di due “giganti” della Chiesa: Teresa d’Avila (1515 – 1582) e Teilhard de Chardin (1881 – 1955), cui seguono due articoli sulla tragedia delle migrazioni. Viene presentata, con un inserto, l’organizzazione caritativa dei Gesuiti, Jesuitesinternational, attiva in 35 paesi con circa 100 progetti, e il “modello equatoriano “Ritrovare la patria”, per uscire dalla crisi. CIVITAS, Rivista di società e politica della Società degli studenti svizzeri, Gerliswilstrasse 71, 6020 Emmenbrücke Il numero 3-2015 reca un’ampia intervista allo storico Urs Altermatt sulla funzione patriottica della Società degli Studenti Svizzeri (SSS) che si appresta a festeggiare il 175° di fondazione (1841); viene pubblicato il discorso del Consigliere federale Simonetta Sommaruga, tenuto a Lucerna il 27 aprile 2015 sulla “democrazia diretta”, quasi una introduzione alla giornata di studio della SSS programmata per l’11 luglio prossimo a Berna su “Le nuove sfide della democrazia”. IL GALLO, quaderni mensili, casella postale 1242, 16100 Genova Nel n.757 (giugno 2015) il direttore Ugo Basso, commentando le folle che vanno a Torino a “vedere” la cosiddetta Sindone, ricorda che la fede non ha bisogno di “relique” più o meno autentiche e il cardinale Pellegrino vi riconosceva il simbolo dell’umana sofferenza: “a questa m’inginocchio”. Bruno Segre si complimenta con papa Francesco che ha riconosciuto lo Stato di Palestina: “due popoli, due Stati”. KOINONIA, periodico mensile Piazza S.Domenico 1, 51100 Pistoia Nel numero di aprile, uno studio di un sociologo di Lovanio su “Verso una Chiesa liquida”, per offrire occasioni non solo ai parrocchiani. Nel numero di maggio 2015 un ampio ricordo di Benedetto XV, il Papa che definì la guerra 1914-18 “inutile strage”, riproponendo ai cristiani e a tutto il mondo l’insegnamento evangelico di condanna radicale dei conflitti.

UN SOLO MONDO, rivista della DSC per lo sviluppo e la cooperazione, Berna Il numero 2-2015 (giugno) propone un servizio su “Nuove strategie a favore della nutrizione “ e segnala l’attività del Comitato per la sicurezza alimentare mondiale (CFS), “piattaforma mondiale per debellare la fame e la malnutrizione”. VERS UN DEVELOPPEMENT SOLIDAIRE , mensile della Dichiarazione di Berna, rue de Genève 52, 1004 Losanna Nel numero 241 ( giugno 2015 ) viene denunciato lo sfruttamento da parte delle case di moda del lavoro e l’insufficiente indennità versata dai giganti dell’industria tessile per risarcire le vittime della tragedia di Rana Plaza (Pakistan): Benetton , dopo due anni dalla strage ha versato 1,1 milioni di dollari contro i 5 milioni dovuti. VOCE EVANGELICA, mensile della Conferenza delle Chiese evangeliche di lingua italiana in Svizzera, via Landriani 10, 6900 Lugano Nel fascicolo di giugno 2015 un’intervista a Heiner Bielefeldt, 57 anni, teologo, filosofo e storico di Norimberga, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà religiosa: “Non ci sono dubbi che la situazione in Medio Oriente sia drammaticamente peggiorata negli ultimi anni. I cristiani sono soltanto uno dei gruppi oggetto di persecuzione”. Viene segnalata una iniziativa della comunità protestante di Bellinzona che propone a un gruppo di giovani dieci giorni di volontariato in Ucraina.

Segnalazioni BERNA, sabato 11 luglio, ore 13.30, Theatersaal dell’Hotel National, conferenza e dibattito su: “ La sfida per la democrazia”. Organizza la Società degli Studenti Svizzeri. ASSISI, dal 26 luglio al 1. Agosto 2015, 52. Sessione di formazione ecumenica, “In cammino verso un nuovo ecumenismo”, presso la Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli. Iscrizione : sessione.estivaQsae.notizie .it, tel. 373.5100524. GAZZADA (VARESE), dal 2 al 4 settembre 2015, alla Villa Cagnola, Convegno di studi su “L’evangelizzazione in Africa”. BEDRETTO, sabato 5 settembre, posa All’Acqua di una targa commemorativa in ricordo dei rifugiati , provenienti attraverso il Passo San Giacomo dalla Repubblica partigiana dell’Ossola (ottobre 1944) ROMA, 20-22 novembre 2015, Casa La Salle Aurelia 472 , COUNCIL 50: “Un futuro per il popolo di Dio, realtà ecclesiali di tutto il mondo celebrano il Concilio vaticano II”; organizza Noi siamo Chiesa (Italia) e International Movement We Are Church (IMWAC) (www.council50.org).

IL REGNO, quindicinale di attualità e documenti, Via Nosadella 6, Bologna Nel numero 1197 del 15 aprile 2015 viene riproposto il testo della Pontificia commissione biblica del 1976 secondo la quale “non pare che il Nuovo Testamento, preso da solo, permetta di risolvere in modo chiaro e definitivo il problema del possibile accesso delle donne al presbiterato”. RIVISTA DELLA DIOCESI DI LUGANO, mensile, Curia vescovile, 6901 Lugano Il numero di maggio pubblica la presa di posizione dei Vescovi svizzeri contro la modificazione della Costituzione che permetterebbe la diagnosi reimpianto; tre articoli seguono in appoggio all’invito al rifiuto della proposta in votazione, ma il popolo svizzero ( meno del 50 % …) ha deciso altrimenti.

Le edizioni passate dell’inserto di cultura politica e politica culturale Pegaso sono disponibili online sul sito internet dedicato alle riviste ticinesi

www.riviste-ticinesi.ch


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