160429 - Aprile

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Pegaso Inserto di cultura politica e di politica culturale

Sondaggio PPD E se discutessimo sulla salute del Partito?

Personaggi Il cardinale svizzero Georges Marie Cottier

Economia Il Ticino all’ultimo posto nella competitività

Argomento Papa Francesco per una politica Pro Familia

Pegaso Inserto mensile di Popolo e Libertà

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no. 112 - 29 aprile 2016

Un impegno per il Partito Lo scorso 28 febbraio il popolo svizzero è stato invitato a pronunciarsi su 4 oggetti : tre iniziative popolari e un referendum su una decisione del parlamento (il secondo traforo del San Gottardo); il prossimo 5 giugno i quesiti sottoposti al popolo saranno addirittura cinque: tre iniziative popolari e due referendum su leggi federali, tra cui quella sulla medicina bioetica e nuovamente la legge sull’asilo. Inoltre , a livello cantonale, ai quesiti federali si assommano generalmente diversi quesiti cantonali e persino comunali; per i ticinesi in giugno si aggiungeranno quattro oggetti, due iniziative (su ospedali e scuola) e due referendum (sul piano ospedaliero e sulla tassa posteggi). Di solito gli osservatori stranieri commentano questa abbondanza di decisioni sottoposte al popolo come un segno di democrazia: ma è realmente così? Intanto il “popolo” che si pronuncia è generalmente ridotto alla metà: nella recente consultazione di fine febbraio, la partecipazione fu eccezionalmente alta, raggiungendo il 63,1%, il più alto dal 1992 (sic!) e sempre minore dei tre quarti di aventi diritto; inoltre la maggioranza che determina il risultato può essere molto ridotta, come fu, appunto ancora lo scorso febbraio, quella che respinse l’iniziativa promossa dal Partito democristiano svizzero a proposito della fiscalità dei coniugi con appena 55’000 voti su oltre tre milioni di votanti . Questi sono gli inconvenienti della nostra democrazia, il migliore sistema politico, disse Wiston Churchill, tra tutti i peggiori. Ciò premesso (e non escludendo anche possibilità future di miglioramenti) mi pare che sia opportuno fare due considerazioni generali: sulla scelta del Consiglio federale di proporre simultaneamente molti quesiti ai cittadini, e sulle conseguenze che ne devono trarre i partiti politici, in primis il Partito popolare democratico per la democrazia del nostro Cantone. La necessità per il cittadino di pronunciarsi simultaneamente su diversi (troppi!) quesiti, spesso di non facile interpretazione, costituisce un eviden-

te limite per la democrazia, se vuol essere l’interpretazione vera del volere dei cittadini. Per potersi pronunciare con cognizione di causa, scegliendo la soluzione che maggiormente realizza il “bene comune”, il cittadino deve essere adeguatamente informato. È vero che il Consiglio federale invia, con le schede di voto, un fascicoletto di “spiegazioni”, ma è lecito dubitare che siano molti i cittadini diligenti che lo leggano e lo meditano: per la votazione del 28 febbraio le “spiegazioni del Consiglio federale” si diffondevano su 50 pagine, cui seguivano 4 pagine in bianco , indicate come “ note” e forse destinate al cittadino diligente (appassionato o pensionato) per le sue osservazioni. E poi ci saranno state le spiegazioni relative alle altre eventuali votazioni, pure da consultare. È vero che al cittadino sono offerte anche numerose altre fonti di informazione, specie tramite radio e televisione, i giornali e i cartelloni e i fogli di propaganda di sostenitori ed avversari delle proposte. Ma con l’eccezione di quanto trasmettono i media pubblici (quando non si limitano allo “spettacolo”), l’altra informazione è in gran parte propaganda, non sempre “onesta” negli argomenti e condizionata dalla maggiore o minore possibilità finanziaria di chi la propone. Per ridurre le domande poste di volta in volta al “popolo sovrano”, si potrebbero aumentare le giornate per le consultazioni (oggi facilitate dal voto per corrispondenza), oppure inasprire le condizioni per iniziative e referendum, soluzione che tuttavia limiterebbe i diritti democratici. Un aiuto e un indirizzo sulle scelte dovrebbero venire dai partiti politici che, specialmente quando si tratta di referendum contro decisioni prese dai parlamenti (federale o cantonale), dovrebbero essere “interessati” a dare indicazioni per le scelte dei cittadini. Infatti i partiti e i candidati si sono impegnati (spesso con spese di centinaia di migliaia di franchi) per essere presenti coi loro rappresentanti al momento di formulare leggi o decisioni, e dovrebbero con altrettanto impegno sostenere (o combattere se del caso) le decisioni prese dalla maggioranza parlamentare. Il compito dei partiti su questo fronte

è tuttavia estremamente arduo: in primo luogo per la mancanza di adeguati mezzi finanziari a sostenere una efficace propaganda a favore, o contro, gli oggetti sottoposti al voto popolare; poi per la mancanza di una “parità di armi” non essendo in Svizzera alcuna pubblicità “ufficiale” né sui bilanci dei partiti né sui mezzi finanziari utilizzati nelle singole consultazioni (quantità dei mezzi impiegati e loro provenienza). Per queste lacune legislative, la Svizzera viene condannata a livello europeo tra i paesi maggiormente corrotti: le “decisioni democratiche” dei cittadini svizzeri sono spesso influenzati dagli interessi dei potentati economici. Ma i partiti che avrebbero tutto l’interesse a far conoscere quali sia la provenienza dei mezzi finanziari a disposizione dei loro avversari (leggi in particolare l’Unione democratica di centro), fin qui si sono sempre rifiutati di stabilire regole efficaci al proposito: una iniziativa popolare è attualmente all’esame delle Camere. Alla mancanza spesso dei mezzi finanziari, si aggiunga poi che di fronte ad una pluralità di oggetti in votazione, ogni partito deve fare delle scelte: se pure prende posizione su tutti gli argomenti, dando le cosiddette “indicazioni di voto” (confidando che i propri aderenti le seguano), spesso alcuni quesiti sono particolarmente importanti o sensibili per un determinato partito, e le forze disponibili devono essere concentrate sui temi di maggiore significato. È quanto forzatamente si è verificato in occasione della giornata di consultazione del 28 febbraio, e ciò ha certamente influito sui risultati: per il Ticino il quesito di maggiore interesse (positivo o negativo) era la decisione sul nuovo traforo stradale del San Gottardo, e qui carta e pareri si sono sprecati. Ma due temi avrebbero dovuto impegnare il Partito popolare democratico: quello della tassazione dei coniugi, a sostegno preferenziale della famiglia (e qui il risultato cantonale, diversamente di quello federale, è stato un successo, la proposta avendo nel Cantone raccolto il 55% dei voti), e quello sulla “espulsione degli stranieri delinquenti”, dove il risultato ticinese è stato una “clamorosa” (… vergognosa!) eccezione in Svizzera con oltre il 55 % di voti fa-

vorevoli alla inaccettabile proposta dell’Unione democratica di centro. Le motivazioni del risultato ticinese sono da ricercare probabilmente al di là della proposta giuridica (che avrebbe scoraggiato chi l’avesse letta nel fascicolo delle “spiegazioni” …), è tuttavia da considerare negativo anche per il Partito popolare democratico che in occasione del suo Comitato cantonale (vedi Popolo e Libertà del 29 gennaio) aveva invitato a respingere l’iniziativa. È condivisibile perciò la critica, fatta ai partiti ed ai politici ticinesi (vedi Corriere del Ticino del 8 marzo, a firma Beat Allenbach) di non essersi decisamente impegnati per il rifiuto dell’iniziativa, sostenuta ufficialmente solo dalla Lega, e che in Svizzera è risultata soccombente in tutti gli altri Cantoni, con il 60% di No per l’intera Confederazione, grazie ad un impegno eccezionale della cosiddetta “società civile”. Ha osservato Maurizio Agustoni (Popolo e Libertà del 4 marzo): “Credo che soprattutto per un partito d’ispirazione cristiana, sia fondamentale chinarsi sul nostro rapporto con l’altro, anche per disinnescare tensioni che, alla lunga, rischiano di degenerare e diventare insanabili”. Per evitare altre possibili “sorprese”, e per non essere rimproverati di un mancato adeguato impegno a sostegno dei propri principi, ritengo che il Partito (ogni partito) dovrebbe anche a livello cantonale promuovere, come generalmente vien fatto a livello nazionale, un apposito “comitato ”, da solo o in unione ad altri, che si faccia carico della informazione e della propaganda a sostegno della “indicazione di voto” del partito, sia con proprie pubblicazioni o manifesti (in collegamento con il comitato nazionale), sia sollecitando l’impegno delle sezioni locali e degli aderenti e sostenitori. Non credo che possa bastare, per avere la coscienza di aver fatto il proprio dovere, limitarsi a quanto pubblicato sul settimanale del partito. Il prossimo 5 giugno il Partito dovrà dimostrarsi veramente capace di sostenere le sue scelte programmatiche indirizzando il voto dei cittadini ticinesi nelle scelte fondamentali. Alberto Lepori


II Pegaso

Venerdì 29 aprile 2016

Sondaggio PPD

E se discutessimo sulla salute del Partito?

Il rapporto del prof. Mazzoleni non deve finire in un cassetto

L’indagine intesa a fotografare le opinioni della base del PPD, che il partito ha affidato lo scorso anno al prof. Mazzoleni, allo scopo di raccogliere dati utili per affrontare la “crisi” causata dai cattivi risultati delle ultime elezioni cantonali e dalle conseguenti dimissioni del presidente Giovanni Jelmini, ha suscitato in un primo momento un grande interesse. E, per cominciare, una risposta scritta di oltre mille persone su circa tremila formulari inviati. A distanza di oltre sei mesi dalla raccolta dei dati, è lecito affermare che le possibilità offerte da tutto quel lavoro non sono state ancora adeguatamente sfruttate. L’importante analisi compiuta dal prof. Mazzoleni e dai suoi collaboratori, con tutti i dati e i calcoli minuziosi delle percentuali, porta la data del dicembre 2015: è disponibile per la consultazione in segretariato, ma purtroppo non è stata diffusa a stampa. All’ordine del giorno del Comitato allargato il 22 dicembre scorso a Sementina, il sondaggio è stato presentato dal coordinatore Filippo Lombardi e dallo stesso prof. Mazzoleni: se dobbiamo stare alla cronaca pubblicata dal PEL, il primo ha illustrato la situazione dei lavori in corso in seno al GOP ( gruppo operativo provvisorio ) ed ha chiesto e ottenuto il prolungamento dell’incarico, spostando l’indicazione del nuovo presidente a dopo le elezioni comunali. Il secondo invece ha parlato dei risultati del sondaggio, limitandosi tuttavia a due temi particolarmente sensibili, e cioè la questione del nome del partito e quella della collaborazione con le altre formazioni politiche. Da allora non si è più parlato di quell’indagine: anche il Congresso cantonale, svolto al Conza di Lugano il 21 febbraio, aveva altri argomenti all’ordine del giorno, sia di attualità (l’esito delle elezioni comunali), sia di approfondimento (i rapporti Cantone-Comuni). Può quindi nascere il dubbio che l’operazione stia per essere archiviata.

Sono ben convinto che i vertici del partito avranno debitamente “macinato” i dati raccolti e che si apprestino a tradurne in atto le esigenze esplicite e implicite: ma una larga discussione con la base non è ancora stata proposta. Eppure, sarebbe lecito pensare che almeno i mille militanti che hanno risposto (ma certo non solo loro) saranno interessati a conoscerne i risultati e anche a confrontarsi con i dati scaturiti. Sulle pagine di Pegaso, per la verità, c’è stato qualche tentativo di suscitare l’interesse verso il tema, in particolare per la penna di Al-

berto Lepori. Ma neppure i contributi scritti sono stati numerosi e in sostanza non sembra che l’esame di quei dati sia andata molto al di là di una sede ristretta di addetti ai lavori. Dobbiamo pensare che il motivo sia da ricercare nell’impegno che le elezioni comunali hanno richiesto ai militanti e agli esponenti del partito a tutti i livelli nei mesi appena trascorsi. E allora possiamo concludere che proprio i risultati, non magri in generale ma comunque altalenanti, conseguiti in questa occasione, rendono necessario che una riflessione sulla salute del partito ven-

ga programmata prima o almeno in parallelo con il rinnovo delle cariche interne annunciato dal coordinatore Filippo Lombardi, nel suo recente editoriale del PEL. È utile infatti ricordare che, oltre ai due argomenti già segnalati, molti altri sono in attesa di confronto: la struttura e il funzionamento del partito, i mezzi di comunicazione, la collocazione nello scacchiere politico, i principi fondamentali, gli interrogativi attuali della politica ticinese. Qualcuno batterà un colpo? Giorgio Zappa


Pegaso III

Venerdì 29 aprile 2016

Principia

Le Chiese e i rifugiati: constatazioni politiche I risultati di una consultazione sulla migrazione Il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEE e la Chiesa evangelica luterana hanno ospitato congiuntamente una consultazione di responsabili ecclesiali sulla crisi europea per i rifugiati, a Monaco di Baviera il 29 ottobre 2015. I 35 partecipanti provenivano da Chiese e organizzazioni ecumeniche del Medio Oriente, Europa e Africa. L’incontro è stato un'occasione per uno scambio di informazioni sui paesi di origine dei rifugiati, sui paesi di transito e sui paesi ospitanti. Le discussioni si sono focalizzate sulla tragica situazione del Medio Oriente e sui profughi provenienti da Medio Oriente e Africa. In questo processo abbiamo sentito le seguenti affermazioni: 1. Come cristiani condividiamo la convinzione che nell'altro vediamo l’immagine di Cristo stesso. (Matteo 25,31-46), e che tutti gli esseri umani sono creati a immagine di Dio (Genesi 1, 26-27). 2. L’esperienza della migrazione e dell’attraversamento delle frontiere è conosciuta dalla Chiesa di Cristo. La Sacra Famiglia si era rifugiata in Egitto; l'incarnazione di Nostro Signore è un attraversamento del confine tra l'umano e il divino. 3. Mentre deploriamo profondamente le crisi che costringono le persone a lasciare le loro case, accogliamo con favore tutti i rifugiati in Europa, poiché vediamo in loro l'immagine di Dio, e come figli di Dio portano i loro doni al nostro continente. 4. Oggi ci sono segni di una rinazionalizzazione della politica. Tuttavia la Chiesa è al tempo stesso locale e universale, e nella vita delle Chiese resistiamo alla tendenza a lavorare in isolamento e affermiamo il nostro profondo impegno per un orizzonte universale

ed ecumenico. 5. Molti in Europa sono disposti a fornire assistenza e aiuto a tutti i rifugiati. Allo stesso tempo vi è un alto grado di paura e di ansia. Inoltre osserviamo tendenze polarizzanti che causano instabilità. Di fronte a questa sfida, la Chiesa promuove la collaborazione, la cooperazione e la solidarietà. 6. La necessità di sostenibilità dei sistemi di supporto era evidente in molti rapporti. La crisi dei rifugiati non è solo un problema di breve termine. La Chiesa guarda sempre lontano; siamo pronti ad accompagnare le persone nel loro futuro. Un nuovo paradigma sta emergendo in Europa, che convive con la fragilità, ma come cristiani capiamo che la nostra fragilità può anche diventare la nostra forza. 7. I governi stanno riconoscendo che le Chiese possono offrire in più fresca saggezza, e alcuni si rivolgono alle Chiese per avere idee, visione e partenariato. L’ONU intende esercitare un dialogo più stretto con il CEe. Diamo il benvenuto a questa cooperazione più profonda che è in via di sviluppo. 8. Il messaggio forte sentito nelle relazioni è stato un appello a fermare la guerra, la persecuzione e l’ingiustizia. Queste sono le principali cause che costringono le persone ad abbandonare le loro terre. 9. Resistiamo alla tendenza di guardare la crisi dei rifugiati solo in termini di numeri e statistiche. Questo viola il valore cristiano del rispetto per la dignità di ogni essere umano. Queste, sono persone con le loro vite, famiglie, case e giovani. 1O. Riconosciamo gli effetti devastanti. sulle loro terre d’origine, della fuga di molte persone giovani, qualificate e istruite.

Sulla base di queste affermazioni facciamo le seguenti raccomandazioni: 1. Ci rendiamo conto che non ci sono soluzioni rapide ed esortiamo i leader politici a riconoscere che sono necessari sforzi a lungo termine persistenti, coerenti e come Chiese vogliamo accompagnare i nostri governi nell’affrontare queste soluzioni sostenibili. 2. Come dirigenti delle Chiese, consigliamo ai governi e partiti politici ad astenersi da qualsiasi sfruttamento di questa crisi umana per ambizione o interesse politico. Esortiamo i leader politici a non lasciare che tali timori modellino la loro politica. 3. Abbiamo anche sentito i timori dei cristiani e non solo nella società: la paura della perdita della sicurezza materiale e del lavoro, la paura di essere in competizione con gli altri e la perdita d’identità. Esortiamo i cristiani a non lasciare che la paura significhi un rifiuto dei rifugiati. Siamo consapevoli che l’integrazione dei nuovi arrivati sia un lavoro duro. Tuttavia i cristiani sono un popolo di speranza e possiamo vedere l'arrivo di profughi in mezzo a noi come una potenziale benedizione, che porta nuova vita ed energia per le nostre comunità. 4. Facciamo un appello a tutti i governi in Europa per sostenere i nostri valori comuni e la condivisione delle responsabilità per la vita della comunità che vive in questo continente. Ciò significa affrontare in uno spirito di solidarietà, di cooperazione e di comunione, non solo la situazione di emergenza, ma le prossime sfide correlate di integrazione nella società, di istruzione, e la progettazione di politiche di inclusione. 5. Come Chiese pensiamo che questo incontro sia l’occasione per condividere più ampiamente esperienze e competenze di cooperazione nell'offrire assistenza spirituale e pastorale, ecumenica e interreligiosa e per costruire ponti tra le diverse comunità. 6. Sollecitiamo i leader politici, al fine di garantire un approccio equilibrato, affrontando le cause alla radice della crisi dei rifugiati, sostenendo i campi profughi nei paesi vicini, e ricevendo i rifugiati nei nostri paesi. Li esortiamo ad affrontare questi problemi in modo complementare. Come dirigenti della Chiesa, tutte le situazioni sono ugualmente importanti per noi. 7. Come dirigenti della Chiesa, consigliamo a tutte le persone di buona volontà un profondo impegno per comunicare la verità, evitando distorsioni ed esagerazioni. 8. Si consiglia di investire in passaggi sicuri, assistendo le regioni che ricevono la maggior parte dei rifugiati, come: la Grecia, l’Italia e altri paesi di transito. Siamo impegnati a continuare il nostro dialogo ecumenico sulla crisi dei rifugiati in Europa. Abbiamo trovato essere di valore questo spazio libero per le discussioni tra i leader della Chiesa in Europa, in collaborazione con CEC, KEK, CCME e altri partner ecumenici. Che il nostro Signore Gesù Cristo, il Dio della vita, della speranza e della compassione, continui a concedere il suo Spirito e ad accogliere tutti nella sua grazia.


IV Pegaso

Venerdì 29 aprile 2016

Personaggi

Il cardinale svizzero Georges Marie Cottier Un ricordo del domenicano ginevrino

Il cardinale svizzero Georges Marie Cottier è morto a Roma nella notte del 31 marzo 2016 all’età di 93 anni; già teologo della Casa pontificia, il domenicano ginevrino ha avuto una vita piena e appassionante Nato a Carouge il 25 aprile 1922, dopo studi a Ginevra e il conseguimento della licenza in lettere classiche, è entrato nell’Ordine dei domenicani nel 1945, e l’anno seguente è partito per Roma dove ha studiato filosofia e teologia ed è stato ordinato prete nel 1951. A partire dal 1960 ha insegnato storia della filosofia all’università di Ginevra; con l’inizio del Concilio Vaticano II diventa esperto di Mons. Charles Provencères, arcivescovo di Aix- en- provence, e poi del cardinale svizzero Charles Journé , in occasione della quarta e ultima sessione del concilio. A partire dal 1960 è incaricato di tenere corsi all’università di Friburgo. Nel dicembre 1989 è scelto da papa Giovanni Paolo II per essere teologo della Casa pontificia. Il suo compito principale, in collaborazione con la Segreteria di Stato, consisteva nel rivedere, dal punto di vista teologico, tutti i testi che pronunciava o pubblicava il Papa, salvo i testi di natura diplomatica. Dopo 14 anni passati al servizio di Giovanni Paolo, padre Georges Marie Cottier fu creato cardinale durante il Concistoro del 20 ottobre 2003. Regolarmente richiesto per corsi, conferenze o pubblicazioni, ha vissuto una pensione molto attiva, divisa tra Ginevra e Roma. È autore di numerose opere di filosofia, teologia e spiritualità. I funerali del domenicano sono stati celebrati il 2 aprile alle 8.30 nella basilica di San Pietro a Roma con la presenza di cardinali, arcivescovi e vescovi della curia romana: al termine della messa funebre, papa Francesco ha presieduto il rito di commiato. Il domenicano ginevrino era una figura rispettata e conosciuta tanto nella Svizzera romanda come in Vaticano, è stato uno dei testimoni privilegiati del periodo del Concilio Va-

ticano II e poi uno dei collaboratori diretti di Papa Giovanni Paolo II. In un libro pubblicato nel 2007 intitolato “itinerario di un credente”, Patrice Favre, allora giornalista a “La liberté”, aveva descritto ampiamente il percorso personale, intellettuale e spirituale di padre Cottier. L’analisi del giornalista elenca una serie di temi e argomenti di cui si è occupato padre Cottier che vanno dalle ideologie politiche (comunismo, marxismo, nazismo), al dialogo interreligioso, alla Teologia della liberazione, al sincretismo. Il domenicano osservò che “questo libro mi ha permesso di scoprire tutte le attività che ho svolto durante la mia vita.” I motivi, gli impegni e i soggetti studiati in profondità da padre Cottier durante la vita coprono un ampio territorio. Nessuna vicenda che ha scosso il mondo politico durante il secolo ventesimo, nessuna corrente che ha attraversato la Chiesa in profondità, nessuna iniziativa importante interecclesiale o interreligiosa condotta dalla Santa Sede è sfuggita all’analisi approfondita del professore di filosofia, diventato teologo del papa a 67 anni, quando i suoi

contemporanei godono già la pensione. Gli anni passati in Vaticano sono stati in particolare caratterizzati dagli sforzi di avvicinamento con gli ebrei e al tema del pentimento della Chiesa rispetto all’inquisizione o alla condanna di alcuni teologi moderni. Per quanto riguarda la sua vita in-

teriore, si tratta di una personalità molto vicina al cardinale friburghese Charles Jeournet, col quale ha condiviso fin dall’inizio il rifiuto senza equivoci della ideologia nazista, in tempi in cui molti rappresentati della Chiesa erano tentati di vedervi una barriera contro il comunismo.


Pegaso

Venerdì 29 aprile 2016

V

Economia

Il Ticino all’ultimo posto nella competitività svizzera

Secondo l’IRE, ma uno studio parallelo di UBS lo valuta un po’ meglio

Il quarto rapporto annuale sulla struttura economica del Ticino, allestito dall’Istituto di ricerche economiche dell’Università della Svizzera italiana, pone il cantone all’ultimo posto della graduatoria dei cantoni svizzeri, per quanto concerne la competitività economica. Per questo rapporto l’IRE utilizza il modello piramidale dell’indice della competitività cantonale, nel quale il Ticino viene caratterizzato da una crescita inferiore alla media nazionale (0,2% contro 0,7%) e da una produttività pure inferiore alla media nazionale. Se si aggiunge un tasso di disoccupazione, generalmente superiore alla media nazionale, si sono presto trovati i motivi per il quali il nostro cantone è in questa poco invidiabile situazione. Il Ticino risulta però dinamico nella creazione di nuove imprese (soprattutto nel terziario) e con una buona tendenza all’internazionalizzazione. I settori che meglio contribuiscono alla creazione di valore aggiunto e all’occupazione sono la moda, l’industria di precisione, la finanza e le banche, il turismo e il campo chimico – farmaceutico. Una palla al piede dell’economia ticinese rimane però il livello salariale. Lo stipendio mediano mensile in Ticino, nel settore privato, nel 2014 era di 5'125 franchi, mentre a livello svizzero era di circa mille franchi superiore. La somma algebrica di queste condizioni fanno in modo che il Ticino si trovi ancora all’ultimo posto fra i cantoni per quanto concerne la competitività. Tuttavia, uno studio di UBS, che utilizza il medesimo metodo d’indagine, e che analizza la competitività di tutti i cantoni svizzeri, giudica un po’ meglio la posizione del Ticino, che viene situato al 21esimo posto. Divergenze di un certo rilievo si rilevano anche nell’alto della classifica: Basilea-Città inequivocabilmente in testa per l’IRE, preceduto invece da Zugo e Zurigo per l’UBS. Singolare anche la posizione del canton Grigioni che per l’IRE è a un ottimo nono posto su 26, mentre per l’UBS è solo al terzultimo,

quindi perfino dietro il canton Ticino. Queste differenze possono dipendere da molti fattori. Intanto dal tipo di indagine, dal metodo di valutazione e poi dalle ponderazioni (in punti) delle singole componenti della struttura dell’economia considerata, nonché dagli indicatori che ne derivano. Che cosa può quindi determinare forti differenze nel risultato finale? Nella realtà ticinese, per esempio, tre fattori hanno un peso determinante nell’indagine IRE: un tasso di occupazione che è generalmente più basso della media svizzera, un livello salariale inferiore a causa della struttura produttiva dell’economia; infine anche la struttura demografica, caratterizzata in Ticino da una popolazione invecchiata e da un debole rinnovo generazionale, dovuto a sua volta a un basso tasso di natalità. Tra i fattori positivi viene invece considerato il costo della vita inferiore alla media svizzera, il che compensa in parte i salari nominali inferiori, ma incide positivamente sul potere d’acquisto e indirettamente sul calcolo del PIL pro capite. Positivi sono anche l’import-export a livelli elevati, quindi l’apertura internazionale e, non da ultimo, la creazione di nuove imprese. Da tempo i cantoni di Zugo e Zurigo mostrano il maggior potenziale di crescita, mentre i cantoni di montagna continuano a mostrare un potenziale di crescita inferiore. Così Giura, Vallese, Grigioni, Uri e Glarona rimangono costantemente in fondo alla classifica. La struttura dell’economia - come nel caso del Ticino - l’innovazione, il capitale umano, il mercato del lavoro, i collegamenti, le zone di influenza, il costo della vita e anche le finanze cantonali sono i fattori determinanti. Questi ordini di grandezza vengono valutati in base a oltre 50 variabili. Il canton Zugo, per esempio, deve la sua forza all’elevato grado di formazione della popolazione. Zurigo approfitta invece di un vasto territorio a cui può attingere, mentre Basilea trae la sua forza nella

struttura dell’economia , nell’innovazione (soprattutto nel settore farmaceutico) e nelle agevoli comunicazioni. Il Giura e il Ticino soffrono invece di una debole partecipazione della popolazione locale al mercato del lavoro. Ginevra soffre di un alto livello fiscale, degli alti costi degli affitti e dei prezzi dell’energia. A Glarona e nei Grigioni la struttura economica rimane debole a causa del prevalere di rami poco redditizi e di scarse esportazioni. La Svizzera rimane, nel complesso, uno dei paesi con la migliore competitività al mondo. Di conseguenza, anche un cantone debole, a livello internazionale si situerebbe certamente in buona posizione.

Criteri determinanti in questi confronti potrebbero essere: il numero di brevetti annunciati, la fiscalità favorevole, la quota di indebitamento o la bassa disoccupazione giovanile. In Ticino, il cantone compie sforzi notevoli di sostegno alle attività, soprattutto industriali e, recentemente, ha varato una nuova legge sull’innovazione. Lo studio UBS conclude però che le migliori condizioni-quadro, la formazione e la politica fiscale sono generalmente più efficaci delle promozioni o degli aiuti, diretti o indiretti, da parte dell’ente pubblico. Ignazio Bonoli


VI Pegaso

Pegaso VII

Venerdì 29 aprile 2016

Argomento

Papa Francesco per una politica Pro Familia La realtà e le sfide della famiglia A conclusione dell’ampio dibattito svoltosi nella Chiesa cattolica, prima con due questionari offerti all’intero Popolo di Dio, poi in due sinodi che hanno riunito a Roma centinaia di vescovi (e qualche laico e poche donne ..), papa Francesco ha pubblicato il 19 marzo 2016 una Lettera apostolica, dal titolo “ottimista” “La gioia dell’amore”, in cui affronta i vari temi in discussione sulla famiglia, specialmente in relazione agli insegnamenti della Chiesa. Ma il futuro “felice” della famiglia (delle famiglie) non dipenderà solo dagli insegnamenti e dagli impegni della Chiesa cattolica e dei cattolici (clero e laicato), ma anche e specialmente dell’opera di tutti gli uomini, in particolare da quelli che sono impegnati nella vita politica a realizzare il bene comune. Per questo, lasciando a chi di dovere la riflessione sui temi di contenuto religioso, qui offriamo agli amici politici alcune riflessioni di papa Francesco che devono trovare attenzione e attuazione nella “costruzione della città dell’uomo” , per tutti gli uomini (donne comprese). I sottotitoli sono della redazione. (a.l.) PER IL FUTURO DEL MONDO E DELLA CHIESA 31. Il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa. Sono innumerevoli le analisi che si sono fatte sul matrimonio e la famiglia, sulle loro difficoltà e sfide attuali. È sano prestare attenzione alla realtà concreta, perché “le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia”, attraverso i quali “la Chiesa può essere

guidata ad una intelligenza più profonda dell'inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia”. Non pretendo di presentare qui tutto ciò che si potrebbe dire circa i diversi temi relativi alla famiglia nel contesto attuale. Ma poiché i Padri sinodali hanno apportato uno sguardo sulla realtà delle famiglie di tutto il mondo, ritengo opportuno raccogliere alcuni dei loro contributi pastorali, aggiungendo altre preoccupazioni che provengono dal mio proprio sguardo. LA COMPLESSITÀ DELLA FAMIGLIA 32. “Fedeli all’insegnamento di Cristo guardiamo alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre. [ ... J Il cambiamento antropologico-culturale influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato “. IL PERICOLO DELL’INDIVIDUALISMO 33. D’altra parte, “bisogna egualmente considerare il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un’isola, facendo prevalere, in certi casi, l'idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto “. NON BASTANO LE DENUNCE 35. Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il

mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire. Certo, non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa. Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità. Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro. LA CULTURA DEL PROVVISORIO 39. Questo non significa non riconoscere più la decadenza culturale che non promuove l’amore e la dedizione. Le consultazioni previe ai due ultimi Sinodi hanno fatto emergere diversi sintomi della “cultura del provvisorio”. Mi riferisco, per esempio, alla rapidità con cui le persone passano da una relazione affettiva ad un’altra. Credono che l’amore, come nelle reti sociali, si possa connettere o disconnettere a pia cimento del consumatore e anche bloccare velocemente. Penso anche al timore che suscita la prospettiva di un impegno permanente, all’ossessione per il tempo libero, alle relazioni che calcolano costi e benefici e si mantengono unicamente se sono un mezzo per rimediare alla solitudine, per avere protezione o per ricevere qualche servizio. Si trasferisce alle relazioni affettive quello che accade con gli oggetti e con l’ambiente: tutto è scartabile, ciascuno usa e getta, spreca e rompe, sfrutta e spreme finché serve. LE SCELTE DEI GIOVANI 40. “A rischio di banalizzare, potremmo dire che viviamo in una

cultura che spinge i giovani a non formare una famiglia, perché mancano loro possibilità per il futuro. Ma questa stessa cultura presenta ad altri così tante opzioni che anch’essi sono dissuasi dal formare una famiglia”. In alcuni paesi, molti giovani “spesso sono indotti a rimandare le none per problemi di tipo economico, lavorativo o di studio. FAMIGLIE ABBANDONATE 43 (…) Spesso le famiglie si sentono abbandonate per il disinteresse e la poca attenzione da parte delle istituzioni. Le conseguenze negative dal punto di vista dell’organizzazione sociale sono evidenti: dalla crisi demografica alle difficoltà educative, dalla fatica nell’accogliere la vita nascente all’avvertire la presenza degli anziani come un peso, fino al diffondersi di un disagio affettivo che arriva talvolta alla violenza. È responsabilità dello Stato creare le condizioni; legislative e di lavoro per garantire l’avvenire dei giovani e aiutarli a realiz-

zare il loro progetto di fondare una famiglia”. I DIRITTI DELLA FAMIGLIA 44. La mancanza di una abitazione dignitosa o adeguata porta spesso a rimandare la formalizzazione di una relazione. Occorre ricordare che “la famiglia ha il diritto a un’abitazione decente, adatta per la vita della famiglia e proporzionata al numero dei membri, in un ambiente che provveda i servizi di base per la vita della famiglia e della comunità”. Una famiglia e una casa sono due cose che si richiamano a vicenda. Questo esempio mostra che dobbiamo insistere sui diritti della famiglia, e non solo sui diritti individuali. La famiglia è un bene da cui la società non può prescindere, ma ha bisogno di essere protetta”. La difesa di questi diritti è “un appello profetico in favore dell’istituzione familiare, la quale deve essere rispettata e difesa da tutte le usurpazioni”, soprattutto nel contesto attuale dove solitamente occupa poco spazio nei progetti politici. Le famiglie hanno,

tra gli altri diritti, quello di “poter fare assegnamento su una adeguata politica familiare da parte delle pubbliche autorità nell’ambito giuridico, economico, sociale e fiscale”. A volte sono drammatiche le angustie delle famiglie quando, in presenza della malattia di una persona cara, non hanno accesso a servizi sanitari adeguati, o quando si prolunga il tempo senza che si ottenga un impiego dignitoso. “Le coercizioni economiche escludono l’accesso delle famiglie all'educazione, alla vita culturale e alla vita sociale attiva. L’attuale sistema economico produce diverse forme di esclusione sociale. Le famiglie soffrono in modo particolare i problemi che riguardano il lavoro. Le possibilità per i giovani sono poche e l’offerta di lavoro è molto selettiva e precaria. Le giornate lavorative sono lunghe e spesso modo da alimentare quotidianamente le loro relazioni”. BAMBINI FUORI DEL MATRIMONIO 45. “Molti sono i bambini che nascono fuori dal matrimonio, specie

in alcuni Paesi, e molti quelli che poi crescono con uno solo dei genitori o in un contesto familiare allargato o ricostituito. Lo sfruttamento sessuale dell’infanzia costituisce poi una delle realtà più scandalose e perverse della società attuale. Anche le società attraversate dalla violenza a causa della guerra, dal terrorismo o della presenza della criminalità organizzata, vedono situazioni familiari deteriorate e soprattutto nelle grandi metropoli e nelle loro periferie cresce il cosiddetto fenomeno dei bambini di strada”. L’abuso sessuale dei bambini diventa ancora più scandaloso quando avviene in luoghi dove essi devono essere protetti, particolarmente nelle famiglie, nelle scuole e nelle comunità e istituzioni cristiane. MIGRAZIONI E FAMIGLIE 46. Le migrazioni “rappresentano un altro segno dei tempi da affrontare e comprendere con tutto il carico di conseguenze sulla vita familiare”. L'ultimo Sinodo ha da-

to una grande importanza a questa problematica, affermando che “tocca, con modalità differenti, intere popolazioni, in diverse parti del mondo. La Chiesa ha esercitato in questo campo un ruolo di primo piano. La necessità di mantenere e sviluppare questa testimonianza evangelica (cfr Mt 25,35) appare oggi più che mai urgente( ...). La mobilità umana, che corrisponde al naturale movimento storico dei popoli, può rivelarsi un'autentica ricchezza tanto per la famiglia che emigra quanto per il paese che la accoglie. Altra cosa è la migrazione forzata delle famiglie, frutto di situazioni di guerra, di persecuzione, di povertà, di ingiustizia, segnata dalle peripezie di un viaggio che mette spesso in pericolo la vita, traumatizza le persone e destabilizza le famiglie.

(continua a pag. XIII)


VI Pegaso

Pegaso VII

Venerdì 29 aprile 2016

Argomento

Papa Francesco per una politica Pro Familia La realtà e le sfide della famiglia A conclusione dell’ampio dibattito svoltosi nella Chiesa cattolica, prima con due questionari offerti all’intero Popolo di Dio, poi in due sinodi che hanno riunito a Roma centinaia di vescovi (e qualche laico e poche donne ..), papa Francesco ha pubblicato il 19 marzo 2016 una Lettera apostolica, dal titolo “ottimista” “La gioia dell’amore”, in cui affronta i vari temi in discussione sulla famiglia, specialmente in relazione agli insegnamenti della Chiesa. Ma il futuro “felice” della famiglia (delle famiglie) non dipenderà solo dagli insegnamenti e dagli impegni della Chiesa cattolica e dei cattolici (clero e laicato), ma anche e specialmente dell’opera di tutti gli uomini, in particolare da quelli che sono impegnati nella vita politica a realizzare il bene comune. Per questo, lasciando a chi di dovere la riflessione sui temi di contenuto religioso, qui offriamo agli amici politici alcune riflessioni di papa Francesco che devono trovare attenzione e attuazione nella “costruzione della città dell’uomo” , per tutti gli uomini (donne comprese). I sottotitoli sono della redazione. (a.l.) PER IL FUTURO DEL MONDO E DELLA CHIESA 31. Il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa. Sono innumerevoli le analisi che si sono fatte sul matrimonio e la famiglia, sulle loro difficoltà e sfide attuali. È sano prestare attenzione alla realtà concreta, perché “le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia”, attraverso i quali “la Chiesa può essere

guidata ad una intelligenza più profonda dell'inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia”. Non pretendo di presentare qui tutto ciò che si potrebbe dire circa i diversi temi relativi alla famiglia nel contesto attuale. Ma poiché i Padri sinodali hanno apportato uno sguardo sulla realtà delle famiglie di tutto il mondo, ritengo opportuno raccogliere alcuni dei loro contributi pastorali, aggiungendo altre preoccupazioni che provengono dal mio proprio sguardo. LA COMPLESSITÀ DELLA FAMIGLIA 32. “Fedeli all’insegnamento di Cristo guardiamo alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre. [ ... J Il cambiamento antropologico-culturale influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato “. IL PERICOLO DELL’INDIVIDUALISMO 33. D’altra parte, “bisogna egualmente considerare il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un’isola, facendo prevalere, in certi casi, l'idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto “. NON BASTANO LE DENUNCE 35. Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il

mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire. Certo, non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa. Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità. Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro. LA CULTURA DEL PROVVISORIO 39. Questo non significa non riconoscere più la decadenza culturale che non promuove l’amore e la dedizione. Le consultazioni previe ai due ultimi Sinodi hanno fatto emergere diversi sintomi della “cultura del provvisorio”. Mi riferisco, per esempio, alla rapidità con cui le persone passano da una relazione affettiva ad un’altra. Credono che l’amore, come nelle reti sociali, si possa connettere o disconnettere a pia cimento del consumatore e anche bloccare velocemente. Penso anche al timore che suscita la prospettiva di un impegno permanente, all’ossessione per il tempo libero, alle relazioni che calcolano costi e benefici e si mantengono unicamente se sono un mezzo per rimediare alla solitudine, per avere protezione o per ricevere qualche servizio. Si trasferisce alle relazioni affettive quello che accade con gli oggetti e con l’ambiente: tutto è scartabile, ciascuno usa e getta, spreca e rompe, sfrutta e spreme finché serve. LE SCELTE DEI GIOVANI 40. “A rischio di banalizzare, potremmo dire che viviamo in una

cultura che spinge i giovani a non formare una famiglia, perché mancano loro possibilità per il futuro. Ma questa stessa cultura presenta ad altri così tante opzioni che anch’essi sono dissuasi dal formare una famiglia”. In alcuni paesi, molti giovani “spesso sono indotti a rimandare le none per problemi di tipo economico, lavorativo o di studio. FAMIGLIE ABBANDONATE 43 (…) Spesso le famiglie si sentono abbandonate per il disinteresse e la poca attenzione da parte delle istituzioni. Le conseguenze negative dal punto di vista dell’organizzazione sociale sono evidenti: dalla crisi demografica alle difficoltà educative, dalla fatica nell’accogliere la vita nascente all’avvertire la presenza degli anziani come un peso, fino al diffondersi di un disagio affettivo che arriva talvolta alla violenza. È responsabilità dello Stato creare le condizioni; legislative e di lavoro per garantire l’avvenire dei giovani e aiutarli a realiz-

zare il loro progetto di fondare una famiglia”. I DIRITTI DELLA FAMIGLIA 44. La mancanza di una abitazione dignitosa o adeguata porta spesso a rimandare la formalizzazione di una relazione. Occorre ricordare che “la famiglia ha il diritto a un’abitazione decente, adatta per la vita della famiglia e proporzionata al numero dei membri, in un ambiente che provveda i servizi di base per la vita della famiglia e della comunità”. Una famiglia e una casa sono due cose che si richiamano a vicenda. Questo esempio mostra che dobbiamo insistere sui diritti della famiglia, e non solo sui diritti individuali. La famiglia è un bene da cui la società non può prescindere, ma ha bisogno di essere protetta”. La difesa di questi diritti è “un appello profetico in favore dell’istituzione familiare, la quale deve essere rispettata e difesa da tutte le usurpazioni”, soprattutto nel contesto attuale dove solitamente occupa poco spazio nei progetti politici. Le famiglie hanno,

tra gli altri diritti, quello di “poter fare assegnamento su una adeguata politica familiare da parte delle pubbliche autorità nell’ambito giuridico, economico, sociale e fiscale”. A volte sono drammatiche le angustie delle famiglie quando, in presenza della malattia di una persona cara, non hanno accesso a servizi sanitari adeguati, o quando si prolunga il tempo senza che si ottenga un impiego dignitoso. “Le coercizioni economiche escludono l’accesso delle famiglie all'educazione, alla vita culturale e alla vita sociale attiva. L’attuale sistema economico produce diverse forme di esclusione sociale. Le famiglie soffrono in modo particolare i problemi che riguardano il lavoro. Le possibilità per i giovani sono poche e l’offerta di lavoro è molto selettiva e precaria. Le giornate lavorative sono lunghe e spesso modo da alimentare quotidianamente le loro relazioni”. BAMBINI FUORI DEL MATRIMONIO 45. “Molti sono i bambini che nascono fuori dal matrimonio, specie

in alcuni Paesi, e molti quelli che poi crescono con uno solo dei genitori o in un contesto familiare allargato o ricostituito. Lo sfruttamento sessuale dell’infanzia costituisce poi una delle realtà più scandalose e perverse della società attuale. Anche le società attraversate dalla violenza a causa della guerra, dal terrorismo o della presenza della criminalità organizzata, vedono situazioni familiari deteriorate e soprattutto nelle grandi metropoli e nelle loro periferie cresce il cosiddetto fenomeno dei bambini di strada”. L’abuso sessuale dei bambini diventa ancora più scandaloso quando avviene in luoghi dove essi devono essere protetti, particolarmente nelle famiglie, nelle scuole e nelle comunità e istituzioni cristiane. MIGRAZIONI E FAMIGLIE 46. Le migrazioni “rappresentano un altro segno dei tempi da affrontare e comprendere con tutto il carico di conseguenze sulla vita familiare”. L'ultimo Sinodo ha da-

to una grande importanza a questa problematica, affermando che “tocca, con modalità differenti, intere popolazioni, in diverse parti del mondo. La Chiesa ha esercitato in questo campo un ruolo di primo piano. La necessità di mantenere e sviluppare questa testimonianza evangelica (cfr Mt 25,35) appare oggi più che mai urgente( ...). La mobilità umana, che corrisponde al naturale movimento storico dei popoli, può rivelarsi un'autentica ricchezza tanto per la famiglia che emigra quanto per il paese che la accoglie. Altra cosa è la migrazione forzata delle famiglie, frutto di situazioni di guerra, di persecuzione, di povertà, di ingiustizia, segnata dalle peripezie di un viaggio che mette spesso in pericolo la vita, traumatizza le persone e destabilizza le famiglie.

(continua a pag. XIII)


VIII Pegaso

Venerdì 29 aprile 2016

Argomento

(da pagina VI-VII) L’accompagnamento dei migranti esige una pastorale specifica rivolta alle famiglie in migrazione, ma anche ai membri dei nuclei familiari rimasti nei luoghi d’origine. Ciò deve essere attuato nel rispetto delle loro culture, della formazione religiosa ed umana da cui provengono, della ricchezza spirituale dei loro riti e tradizioni , anche mediante una cura pastorale specifica.

opportunità. Essa solleciterà servizi e cure, e promuoverà compagnia ed affetto, in ogni fase della vita”. Desidero sottolineare che l’attenzione dedicata tanto ai migranti guanto alle persone con disabilità è un segno dello Spirito. Infatti entrambe le situazioni sono paradigmatiche: mettono specialmente in gioco il modo in cui si vive oggi la logica dell’accoglienza misericordiosa e dell’integrazione delle persone fragili.

LE PERSONE DISABILI 47. I Padri hanno dedicato speciale attenzione anche “alle famiglie delle persone con disabilità, in cui l’handicap , come irrompe nella vita, genera una sfida, profonda e inattesa, e sconvolge gli equilibri, i desideri, le aspettative. Meritano grande ammirazione le famiglie che accettano con amore la difficile prova di un figlio disabile. (…)equilibri, i desideri, le aspettative. Meritano grande ammirazione le famiglie che accettano con amore la difficile prova di un figlio disabile. Esse danno alla Chiesa e alla società una testimonianza preziosa di fedeltà al dono della vita. La famiglia potrà scoprire, insieme alla comunità cristiana, nuovi gesti e linguaggi, forme di comprensione e di identità, nel cammino di accoglienza e cura del mistero della fragilità. Le persone con disabilità costituiscono per la famiglia un dono e un’opportunità per crescere nell'amore, nel reciproco aiuto e nell’unità l ... ]. La famiglia che accetta con lo sguardo della fede la presenza di persone con disabilità potrà riconoscere e garantire la qualità e il valore di ogni vita, con i suoi bisogni, i suoi diritti e le sue

ANZIANI E FAMIGLIA 48. “La maggior parte delle famiglie rispetta gli anziani, li circonda di affetto e li considera una benedizione. Un speciale apprezzamento va alle associazioni e ai movimenti familiari che operano in favore degli anziani, sotto l’aspetto spirituale e sociale. Nelle società altamente industrializzate, ove il loro numero tende ad aumentare mentre decresce la natalità, essi rischiano di essere percepiti come un peso. “La valorizzazione della fase conclusiva della vita è oggi tanto più necessaria quanto più si tenta di rimuovere in ogni modo il momento del trapasso. La fragilità e dipendenza dell’anziano talora vengono sfruttate iniquamente per mero vantaggio economico. Numerose famiglie ci insegnano che è possibile affrontare le ultime tappe della vita valorizzando il senso del compimento e dell’integrazione dell'intera esistenza nel mistero pasquale. Un gran numero di anziani è accolto in strutture ecclesiali dove possono vivere in un ambiente sereno e familiare sul piano materiale e spirituale. L'eutanasia e il suicidio assistito sono gravi minacce per le famiglie in tutto il mon-

do. La loro pratica è legale in molti Stati. La Chiesa, mentre contrasta fermamente queste prassi, sente il dovere di aiutare le famiglie che si prendono cura dei loro membri anziani e ammalati”. FAMIGLIE NELLA MISERIA 49. Voglio mettere in risalto la situazione delle famiglie schiacciate dalla miseria, penalizzate in tanti modi, dove i limiti della vita si vivono in maniera lacerante. Se tutti incontrano difficoltà, in una casa molto povera queste diventano più dure. Per esempio, se una donna deve allevare suo figlio da sola, per una separazione o per altre cause, e deve lavorare senza la possibilità di lasciarlo a un’altra

persona, lui cresce in un abbandono che lo espone ad ogni tipo di rischio, e la sua maturazione personale resta compromessa. Nelle difficili situazioni che vivono le persone più bisognose, la Chiesa deve avere una cura speciale per comprendere, consolare, integrare, evitando di imporre loro una serie di norme come se fossero delle pietre, ottenendo con ciò l’effetto di farle sentire giudicate e abbandonate proprio da quella Madre che è chiamata a portare loro la misericordia di Dio. In tal modo, invece di offrire la forza risanatrice della grazia e la luce del Vangelo, alcuni vogliono ”indottrinare” il Vangelo, trasformarlo in “pietre morte da scagliare contro gli altri”.

Famiglie e bene comune Dalla Relazione finale del Sinodo dei Vescovi del 4 - 25 ottobre 2015, punto 12: Le autorità responsabili del bene comune debbono sentirsi seriamente impegnate nei confronti di questo bene sociale primario che è la famiglia. La preoccupazione che deve guidare l'amministrazione della società civile è quella di permettere e promuovere politiche familiari che sostengano e incoraggino le famiglie, in primo luogo quelle più disagiate. È necessario riconoscere più concretamente l'azione compensativa della famiglia nel contesto dei moderni “sistemi di welfare”: essa ridistribuisce risorse e svolge compiti indispensabili al bene comune, contribuendo a riequilibrare gli effetti negativi della disequità sociale. Discorso di papa Francesco, all'aeroporto di El Alto in Bolivia: “La famiglia merita una speciale attenzione da parte dei responsabili del bene comune, perché è la cellula fondamentale della società, che apporta legami solidi di unione sui quali si basa la convivenza umana e, con la generazione e l'educazione dei suoi figli, assicura il rinnovamento e il futuro della società (8 luglio 2015).


Pegaso IX

Venerdì 29 aprile 2016

Economia

La teoria politica-economica del “gettare soldi dall’elicottero” L’ultima risorsa delle politiche monetarie espansive? “Gettare soldi dall’elicottero” può sembrare una banalità o una versione moderna della biblica “manna dal cielo”. È invece una frase, ma forse anche una teoria, che sta circolando con sempre maggior intensità, non solo fra i politici, ma anche fra i teorici di politica monetaria. Una frase che va presa alla lettera e non archiviata come una “boutade” dopo che per la prima volta l’aveva detta nientemeno che il celebre economista americano Milton Friedman, già nel 1969. L’idea ha poi preso piede - e anche credibilità - quando lo stesso presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, non l’ha esclusa a priori in occasione della conferenza stampa di presentazione della sua ultima mossa di “Quantitative Easing”. Sotto questo aspetto diventa però un’ammissione del fallimento della politica della BCE di fornire grandi quantità di denaro al mercato (essenzialmente acquistando titoli di scarso valore alle banche), per stimolare l’inflazione e provocare una risalita dei tassi di interesse. La “helicopter money” o “helicopter drop”, come la chiamano gli anglosassoni, consisterebbe nel gettare realmente banconote dall’alto, direttamente sulla gente, che però deve impegnarsi a spenderle subito. Chi oggi la propugna, anche fra i teorici, parte proprio dalla costatazione che i soldi oggi forniti alle banche non finiscono nelle mani dei consumatori o delle imprese e quindi non sono di stimolo né alla crescita dei consumi, né a quella degli investimenti. Tesi confermata dalla realtà: in Italia, paese che dovrebbe essere uno dei maggiori beneficiari della “QE” di Draghi, dall’inizio dell’anno i prestiti bancari sono diminuiti dello 0,5%, mentre è aumentata di poco la domanda di prestiti da parte delle imprese e delle famiglie. Il che significa che i consumi delle famiglie ristagnano e gli investimenti delle imprese non crescono abbastanza, di modo che la crescita del PIL resta inchiodata (se non

rallentata) a quello 0,7%, che rimane insufficiente per un vero rilancio dell’economia. Ma come giustificare un intervento “dall’elicottero”? Molti economisti lo definiscono un intervento dettato dalla disperazione, cioè dal non trovare rimedio oltre i provvedimenti adottati finora. Però è difficile pensare che un semplice distribuire moneta ai consumatori finali e alle aziende (non necessariamente dall’elicottero) possa produrre gli effetti sperati. È infatti molto più importante sapere dove andrà a cadere questa moneta. E oggi si vede appunto che il terreno atto a raccoglierla non è preparato. L’economia globale, a livello mondiale, è in rallentamento. Questo rallentamento è destinato a durare a lungo. L’OCSE prevede infatti una crescita della produzione globale nel 2016 pari a quella del 2015, che era già al livello più basso degli ultimi cinque anni. Perché? Ridotto all’osso, si può dire che è in aumento l’eccedenza di risparmi (nonostante i tassi negativi); cioè le intenzioni di risparmio crescono più in fretta delle intenzioni di investimento, men-

tre si aggrava quella che alcuni economisti definiscono “sindrome da deficienza cronica della domanda”. In realtà, con tassi negativi e acquisti sempre più copiosi di titoli alle banche, la politica monetaria delle banche centrali (Europa e Giappone) non ottiene il risultato sperato. D’altro canto il sempre più alto indebitamento di Stati, banche e privati sembra aver portato le banche centrali al “punto di non ritorno” della politica di tipo keynesiano, a partire dal quale la politica monetaria ultraespansiva non ha più effetto. Un taglio deciso ai debiti eccessivi sembra l’unica via d’uscita, prima di avviare una nuova politica monetaria. Ma la BCE (come ha già fatto la Banca centrale giapponese) persisterà nella sua scelta e potrebbe anche giungere alla politica “dell’elicottero”. Politica che può realizzarsi anche attraverso lo Stato, rifornendolo di denaro che potrebbe permettergli di aumentare le spese e/o di ridurre le imposte. Sempre a patto che il contribuente spenda il maggior denaro a disposizione. Ma lo farà? Uno studio del 2008

sulla diminuzione delle imposte, voluto dal presidente Bush negli USA, dimostra che solo un terzo dei contribuenti avrebbe usato questo denaro per maggiori spese. Una metà avrebbe rimborsato debiti precedenti. L’effetto congiunturale sarebbe stato molto modesto. Molto dipende dalla credibilità della scelta di politica monetaria, che non dovrebbe essere limitata nel tempo. Comporterebbe inoltre il grosso pericolo di costringere le banche nazionali a finanziare lo Stato, quindi, perdere la loro indipendenza e, per finire, anche il controllo della moneta in circolazione. Probabilmente si stimolerebbe l’inflazione, ma si perderebbe la fiducia nella stabilità della moneta. In altri termini, si potrebbe perpetuare la spirale dell’indebitamento. L’OCSE pensa di poterla evitare con un’espansione coordinata degli investimenti pubblici, accompagnata da riforme strutturali che, rilanciando l’economia, potrebbe ridurre il rapporto tra debito pubblico e PIL. Ma senza “l’elicottero”. Ignazio Bonoli


X

Pegaso

Venerdì 29 aprile 2016

Ecologia

Per una cultura della protezione e una ecologia integrale Una riflessione sull’enciclica di papa Francesco sulla casa comune “Laudato si’”: Le parole di San Francesco d’Assisi sono le prime e le ultime del testo. La lode della terra o, detto in termini cristiani, della creazione di Dio, costituisce il quadro, la motivazione e lo scopo della lettera enciclica di papa Francesco sulla salvaguardia della casa comune. La casa comune è la nostra terra. Essa è nostra sorella e nostra madre. Che sia lodata, Madre terra. L’enciclica tratta dell’ecologia in una prospettiva mondiale, parla dunque della casa che è la nostra terra. Il papa si rivolge espressamente a tutti gli uomini e non solamente ai cattolici. Perché la vita sul nostro pianeta e il futuro della terra sono affari di tutti. Come per la teologia della liberazione che ragiona a partire dai più sfavoriti, applicando la triade “ vedere-giudicare-agire” il papa si occupa per primo di ciò che è. Ripete ciò che ha scritto nella “Evangelii gaudium”: “la realtà è superiore all’idea”. La realtà è una crisi. Noi siamo attualmente nella crisi ecologica. I segni sono tra l’altro il cambiamento climatico, il riscaldamento climatico, l’esaurimento delle risorse vitali, la deforestazione tropicale, la pesca eccessiva, la polluzione dei mari, laghi e fiumi, la fusione dei ghiacciai ecc. Tutto questo riunito minaccia la vita futura sul nostro pianeta. La crisi ecologica ha pertanto conseguenze già oggi. Le vittime ne sono specialmente i poveri, soprattutto nei paesi del sud. Sono i più colpiti dalle catastrofi climatiche. Il papa lega così la questione ecologica alla questione sociale. L’intero testo richiama i lettori a vedere le conseguenze della crisi ecologica sulle popolazioni e soprattutto sui poveri. Questo legame è una parte essenziale dell’ecologia integrale; il testo nel suo insieme deve essere compreso come un’enciclica ecologicamente sociale. Diverse discipline e diversi autori devono analizzare e risolvere la crisi, le valutazioni fatte da parte di osservatori molto diversi aiutano a non di-

menticare che tutto è legato e interdipendente. Ciò garantisce anche l’implicazione del più gran numero possibile di attori. Il papa ringrazia diverse volte e in diversi momenti tutti coloro che si impegnano per risolvere i problemi ambientali. Rende anche omaggio in questo contesto alle convenzioni internazionali, ma mette in questione altrettanto chiaramente in maniera critica l’ordine economico mondiale attuale, la ricerca del profitto senza rispetto per l’uomo e per l’ambiente, l’indifferenza e il disimpegno di numerose autorità nello Stato, l’economia, la società e ugualmente nelle Chiese. Ne risulta una visione di un uomo che si isola nel suo ambiente, lo domina e cerca la felicità unicamente nel consumismo sempre più sfrenato. Il cristianesimo non vuole dominare la terra ma coltivarla, curarla e proteggerla. Il papa invita continuamente al dialogo, alla discussione e al di-

battito. Le soluzioni devono essere volute e elaborate insieme. Insieme vuol dire con le scienze e la ricerca, l’economia, la politica e le religioni. Bisogna tener conto delle culture e delle spiritualità. Il papa auspica infine il primato della politica sull’economia. Occorrono modelli e regole sul piano internazionale, assistite da meccanismi efficaci di controllo, particolarmente per la questione dell’acqua: l’accesso all’acqua potabile è un diritto umano fondamentale e non deve essere sottoposto alle leggi del mercato. Consiglia ad ogni individuo la decelerazione, la protezione dei suoi simili e della creazione, il risparmio nell’utilizzare le risorse. Occorre un nuovo modo di vita. Anche i piccoli gesti sono utili. Far prova di creatività per metodi ecologici di produzione, che creano nel medesimo tempo localmente posti di lavoro invece di distruggerli, paga ecologicamente e

socialmente. Il papa raccomanda continuamente ai cristiani una spiritualità francescana della creazione nella quale la protezione della natura è inseparabile dalla giustizia verso i poveri, dall’impegno per la società, inseparabile dalla lode a Dio e dalla preghiera per la pace interiore. Il testo termina con due belle suppliche. Spero che questa lettera enciclica spingerà a riconoscere la gravità della situazione e a intraprendere buone misure in futuro per la protezione del nostro pianeta. Che sia lodata la nostra sorella Terra. Felix Gmür, vescovo di Basilea, responsabile del dipartimento “Chiesa e società” della Conferenza dei vescovi Svizzeri. Da CIVITAS, 2015-2016, Emmenbrücke


Pegaso XI

Venerdì 29 aprile 2016

Riviste

Rivista delle riviste AEC, Bollettino a cura dell’Amicizia Ebraico Cristiana di Firenze, casella postale 282, Firenze centro, 50123 Firenze. Nel numero 3-4 2015 è ricordato Elio Toaff, rabbino della comunità ebraica di Roma morto nell’aprile 2015 e che fu protagonista del dialogo ebraico – cristiano nella seconda metà del Novecento. AGGIORNAMENTI SOCIALI, mensile di ispirazione cristiana, redatto da un gruppo di gesuiti e di laici, Piazza S. Fedele 4, 20121 Milano. Nel numero di febbraio, una valutazione della situazione politica in Spagna, dopo le elezioni del dicembre 2015 che hanno creato uno scenario politico incerto, e un articolo sui rapporti tra le Chiese e le organizzazioni dell’ONU in materia sociale. Nel fascicolo di marzo, uno studio sulle divisioni nell’Islam, la partecipazione della Chiesa nella tutela del clima e un’analisi della ripartizione dei poteri territoriali nell’Unione Europea. AMNESTY, Le Magazine des droits humains, c.p. 3001 Berna. Il fascicolo di marzo 2016 è dedicato alla liberta di stampa, negata od ostacolata nella maggior parte dei paesi (ultimo clamoroso esempio la Turchia, candidata all’Europa?). Secondo Reporters sans frontières, nel 2015 nel mondo sono stati uccisi 110 giornalisti, di cui 67 mentre erano al lavoro, e 54 reporter sono stati rapiti e tenuti in ostaggio. APPUNTI DI CULTURA E DI POLITICA, bimensile, Editrice Morcelliana, Brescia. Il primo numero del 2016 (gennaio-febbraio) è dedicato al tema dell’immigrazione, con un ampio rapporto di mons. Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, sui cambiamenti di popolazione che sono avvenuti in Italia: oltre 5 milioni di persone, cioè oltre l’8 %, 2,4 milioni di lavoratori stranieri, 25.000 matrimoni tra italiani ed immigrati, 800.000 allievi stranieri nelle scuole (in molte scuole dell’Alta italia sono anche il 30%), 7300.000 cattolici stranieri e 2300 preti. Franco Monaco, parlamentare del Partito democratico, dice la sua sulla recente legge italiana sulle unioni civili omosessuali. IL CANTONETTO, Rassegna letteraria bimestrale, Via Antonio Ciseri 9, 6900 Lugano Il numero doppio di febbraio 2016 ( 84 pagine) si apre con una ricostruzione storica degli avvenimenti che hanno preseduto e seguito la “famosa” battaglia di Marignano (13-14 settembre del 1515). Articoli sono dedicati a Leo Manfrini, recentemente scomparso, ai rapporti tra Piero Chiara e Giuseppe Zoppi, ad Adriano Olivetti, rifugiato in Svizzera. Infine Ottavio Lurati ci erudisce sull’origine del vocabolo “mucca”, “una parola svizzera”! CARTA BIANCA, trimestrale di approfondimento interculturale, Piazza Governo 4, 6500 Bellinzona. Con il numero di febbraio 2016, la rivista si presenta in una versione nuova, in collegamento con le redazioni di Friburgo e Lucerna. Il tema del fascicolo di 20 pagine è quello dello sviluppo; Silvano Toppi constata che “sviluppo sostenibile” è un’espressione-valigia: “Delle varie dimensioni dello sviluppo sostenibile, quella sociale è rimasta poco esplorata”, “essenziale per sviluppare una coscienza critica”. CIVITAS, Rivista di società e politica della Società degli studenti svizzeri, Gerliswilstrasse 71, 6020 Emmenbrücke. La Società degli studenti svizzeri celebra quest’anno il 175.mo di attività e propone tre incontri di studio e discussione, mentre il redattore Thomas Gmür ricorda il Concilio vaticano II e il suo influsso sul cattolicesimo politico e commenta il nuovo corso impresso alla Chiesa da papa Francesco. CONFRONTI, mensile di religioni, politica società, via Firenze 38, 00184 Roma. Col numero di gennaio, CONFRONTI (rifondato nel 1989) esce a colori; un dossier è dedicato ai pentecostali che rappresentano un quarto della

cristianità, mettendo in crisi le Chiese storiche (la cattolica e quelle protestanti); in Italia contano 150.000 membri in 1200 Chiese o gruppi, il 72 % dei protestanti cittadini italiani. Nel fascicolo di febbraio due servizi sul Brasile e un dossier sulla scuola italiana. Nel numero di marzo, Paolo Naso presenta il neo costituito Consiglio per l’Islam in Italia; Luigi Sandri commenta l’incontro tra il Papa Francesco e il patriarca Kirill e il viaggio papale in Messico. Sempre ampia la panoramica di informazioni italiane ed estere nei fascicoli di 46 pagine. DIALOGHI di riflessione cristiana, bimestrale, tipografia Dado’, Locarno. Il fascicolo n.240 ( febbraio 2016 ) tratta il tema del rapporto tra religioni e violenza; Alberto Lepori illustra la varietà dei modelli di laicità dello Stato, presentata la campagna quaresimale “Non è tutto oro quello che lucica”, ampia documentazione sulle religioni nel mondo, da papa Francesco allo sviluppo dell’ecumenismo, alla vita di Chiese locali. IL DIALOGO, bimestrale d’informazione e di opinione delle ACLI Svizzere, Via Balestra 19/21, 6900 Lugano. Il numero di febbraio 2016 è in gran parte dedicato al “Giubileo della misericordia” , indetto da papa Francesco; sul tema delle migrazioni viene posto il problema del rispetto della libertà e dei diritti umani delle persone costrette a lasciare il loro paese, garantiti dalle Carte internazionali e prima ancora dal Vangelo. IL GALLO, quaderni mensili, casella postale 1242, 16100 Genova. Nel primo numero del 2016 (la rivista genovese inizia i 70 anni di pubblicazione: auguroni!) Bruno Segre invita ad uscire dalla contrapposizione ebrei-palestinesi, dando “speranza” a quest’ultimi; Dario Beruto presenta il tema del riscaldamento globale e la Conferenza di Parigi; le pagine centrali ospitano una scelta di poesie di Pier Paolo Pasolini, ucciso nel 1975, con l’elenco delle sue produzioni letterarie. Nel numero di marzo il direttore Ugo Basso presenta la “teologia del pluralismo” del gesuita Dupuis sulle “altre religioni via della salvezza”.

Appuntamenti MASSAGNO, giovedi 19 maggio 2016, Osservatore Democratico organizza una serata pubblica su “Il Ticino che verrà: le sfide dell'ambiente”. Moderatore Marcello Foa, giornalista e direttore generale del gruppo editoriale Media TI SA, con interventi del Prof. Salvatore Veca, filosofo, docente presso la Scuola Universitaria Superiore di Pavia; del Prof. Alberto Palese, teologo e biologo, Coordinatore dell’Istituto Religioni e Teologia della Facoltà dì Teologia di Lugano, di Beatrice Fasana, CEO Sandro Vanini SA e membro del Consiglio dei Politecnici federali. MASSAGNO, 21 maggio, chiesa avventista in via Cabione 18, ore 15,30, Festival della libertà religiosa nel mondo contemporaneo, relatori il pastore Paolo Tognina e il professore Vincenzo Pacillo, moderatore Bruno Boccaletti. MILANO, lunedì 30 maggio, GIUSTIZIA: CHE NE È NELLA REALTA ITALIANA? Gabrio Forti, Piercamillo Davigo, sala San Satira di Sant'Ambrogio (ore 1820) Piazza Sant'Ambrogio, 15 (MM2 - Sant'Ambrogio). MILANO, lunedì 3 ottobre, MISERICORDIA: IMPLICANZE SOCIO-POLITICHE DI UNA VIRTU TROPPO DIMENTICATA, Luigi Franco Pizzolato, Salvatore Natali; Sala San Satiro di Sant'Ambrogio (ore 18-20) Piazza Sant'Ambrogio, 15 (MM2 - Sant'Ambrogio). MILANO, Lunedì 14 novembre, GIUSTIZIA E MISERICORDIA. IL GIUBILEO NELLA CITTA’DELL’UOMO, mons. Pierangelo Sequeri; Sala San Satiro di Sant'Ambrogio (ore 18-20) Piazza Sant'Ambrogio, 15 (MM2 - Sant'Ambrogio).


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