



Un rientro al lavoro ricco di spunti interessanti quello che proponiamo su questo numero di settembre/ottobre. Iniziamo subito con TANEXPO 2026 che scalda i motori con il catalogo espositori: svelati i primi nomi dei protagonisti della fiera internazionale che si terrà dal 7 al 9 maggio a Bologna.
Per le News aziende, Vezzani Forni presenta un nuovo modo di pensare il commiato grazie alla progettazione e realizzazione di impianti affidabili e completi; scopriamo la Casa Funeraria srl di Aversa, un esempio di efficienza, eleganza e professionalità che si avvale della collaborazione di Ceabis.
Tariffe sulla cremazione: dati antiquati, occorre rivederle in fretta mentre la Regione Piemonte stravolge la legge regionale sulla realizzazione degli impianti. Focus sugli operatori funebri: Calvin M. Amato, professionista, celebrante e brain recovery specialist, parla del futuro del settore; operatori e comunicazione: l’importanza del non verbale. Nella rubrica marketing aziendale impariamo a creare un piano editoriale intelligente; nel Focus donna raccontiamo l’esperienza femminile nel settore funebre.
Infine: torna il festival Il Rumore del Lutto sul tema dell’invisibile; antico Egitto, scopriamo il libro dei morti per attraversare l’aldilà; fantasmi e storie del terrore, un mezzo per elaborare ansie e paure. Buona lettura!
www.oltremagazine.com
Direzione, Redazione, Amministrazione: Bexpo srl Via Alfieri Maserati, 20 - 40128 Bologna tel. 051 282611 redazione@oltremagazine.com
Direttore Responsabile: Alberto Leanza redazione@oltremagazine.com
Segreteria di Redazione: Camilla Savelli camilla.savelli@oltremagazine.com
Pubblicità: sales@oltremagazine.com
DIFFUSIONE
Diffusione in 8.000 copie, inviato a tutti gli operatori italiani del settore.
Registrazione: Tribunale di Bologna n° 7053 del 23/10/2000
Copyright:
Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, seppure parziale, di testi e fotografie, se non con autorizzazione scritta e citando la fonte. La responsabilità di quanto espresso negli articoli firmati rimane esclusivamente agli autori. Manoscritti e foto originali, anche se non pubblicati, non si restituiscono.
Fonti Iconografiche:
Adobe Stock, Elena Caradonna, Creative Commons, Dreamstime, Dymon, Flickr.com, Freepik, Massimo Gennari, Raffaella Segantin, Wikipedia Commons
impaginazione:
Pixel Advertising di Elena Caradonna - Zola Predosa (BO)
Stampa:
Mediaprint srl - Via Brenta 7 - 37057 San Giovanni Lupatoto (VR)
TANEXPO
Si accendono i motori per maggio 2026
NEWS AZIENDE
Vezzani Forni. Un nuovo modo di pensare il commiato
CASE FUNERARIE
Efficienza, eleganza e professionalità
legale, fiscale Localizzazione dei nuovi crematori
ATTUALITà
Tariffe di cremazione: occorre rivederle
MARKETING AZIENDALE Il piano editoriale
INTERVISTA A... «Siamo i custodi di storie e legami»
PARLIAMO DI... L’operatore e la comunicazione non verbale
FOCUS DONNa Donne e settore funerario: esperienze a confronto
PSiCOLOGIA I bambini e la morte dell’animale domestico
EVENTI
Saper cogliere l’invisibile
CULTURA Il Duat e il libro dei morti
CURIOSITà I fantasmi, questi sconosciuti
4 12 16 40 46 52 34 10 28 22 58 62 68
di Alessandra Natalini
Dal 7 al 9 maggio 2026, Bologna sarà nuovamente la capitale della funeraria.
Tutta l’industria del settore riunita per la tre giorni di business, incontri e aggiornamento.
La principale fiera internazionale e punto di riferimento per il mondo dell’onoranza si prepara per un'altra imperdibile edizione, dove professionisti e buyer potranno trovare
ispirazione e modelli originali per ampliare la propria offerta di qualità al servizio delle famiglie, oltre a tecnologie all'avanguardia per il lavoro quotidiano.
Articoli per la cerimonia funebre, strumenti e tecnologie per il servizio, arredo e strumentazioni tecniche per la casa funeraria, monumenti, fotoporcellane e accessori artistici per il cimitero: a TANEXPO l’eccellenza è in mostra.
Tutte le soluzioni e i servizi più esclusivi per il futuro della professione in un appuntamento unico, che offre opportunità preziose e occasioni di business senza pari!
Lo scorso anno TANEXPO ha registrato 14.500 presenze, creando un evento straordinario con un flusso di business e networking continuo in un’atmosfera conviviale, come solo a Bologna è possibile.
Non stupisce quindi che, quando mancano ancora diversi mesi alla manifestazione, il 65% degli spazi espositivi sia già prenotato; cresce ogni giorno il numero dei produttori che a maggio ci aspettano per presentare le loro novità.
È ora possibile scoprire una anteprima dei protagonisti che hanno voluto assicurarsi il posto migliore nella vetrina più prestigiosa del settore. Su www.tanexpo.com è da poco online una preview degli Espositori che hanno già scelto TANEXPO Il nuovo Catalogo, sempre disponibile e in costante aggiornamento, consentirà di scoprire via via tutte le firme e le innovazioni che faranno di TANEXPO 2026 una nuova, esclusiva esperienza!
Anche per la prossima edizione TANEXPO riserverà un’attenzione particolare alle tecnologie al servizio del settore funerario. Si conferma infatti l’iniziativa TANEXPO Tech, l'area speciale che accende i riflettori su aziende tecnologiche e fornitori di servizi informatici per la digitalizzazione della nostra filiera. Innovazione e soluzioni all’avanguardia, ma anche tante presentazioni al pubblico in visita che si susseguiranno nello spazio Arena, per un confronto diretto con le software house specializzate in gestionali per imprese, crematori e cimiteri e con gli sviluppatori di servizi tech sempre più necessari per l’organizzazione della cerimonia, tra cui piattaforme
online e app di streaming e di condivisione della memoria del defunto.
Non mancheranno poi i TANEXPO Awards, i riconoscimenti del contest che premia l’eccellenza nella produzione funeraria. Ancora una volta in gara le aziende espositrici. La terza edizione dei TANEXPO Awards celebrerà le aziende che si distingueranno nelle categorie: Innovazione, Qualità e Design, Comunicazione, Sostenibilità Green, Best Stand Experience e Tech.
Il tour autunnale in vista dell’appuntamento di maggio 2026 vede l’organizzazione di TANEXPO impegnata prima in Spagna, per la fiera Funermostra dal 14 al 16 ottobre a Valencia, poi negli Stati Uniti, dal 27 al 29
ottobre a Chicago. Gli appuntamenti internazionali 2025 si concluderanno a fine novembre nella capitale francese con la partecipazione al Salon Funéraire Paris.
Come sempre lo staff di TANEXPO sarà presente per promuovere di persona la manifestazione e incentivare la partecipazione a Bologna di imprese e buyer internazionali, cifra e valore aggiunto della kermesse bolognese.
TANEXPO è la piattaforma più rinomata e amata per esplorare nuove opportunità e scoprire soluzioni all'avanguardia; il punto di riferimento globale, dove il meglio del Made in Italy e della produzione internazionale si incontrano per dare forma al futuro.
A Bologna dal 7 al 9 maggio 2026!
Da sempre puntiamo sull’eccellenza. I nostri prodotti di punta non sono solo i più richiesti; sono il frutto di esperienza, ricerca, passione e innovazione. Creati per superare le aspettative, sono testati quotidianamente dai nostri Clienti. Che si tratti del nostro prodotto più iconico o dell’ultima novità, quando scegli Coccato & Mezzetti, scegli sempre il meglio. Prova ora la qualità garantita!
di Ufficio Stampa Vezzani Forni
Negli ultimi anni la cremazione ha smesso di essere un’opzione marginale per diventare una scelta sempre più diffusa, compresa e accettata. I numeri parlano chiaro: in Italia e in Europa, il numero di cremazioni cresce ogni anno, spinto da una nuova consapevolezza e da un cambiamento culturale profondo.
Scegliere la cremazione oggi significa scegliere un rito dignitoso e rispettoso. Non è più, come a volte si teme, un processo impersonale e freddo; al contrario, è possibile costruire attorno alla cremazione un momento di commiato autentico, curato, carico di significato. L’architettura dei nuovi templi crematori ne è la prova.
Sempre più realtà stanno investendo nella creazione di spazi che coniu-
ghino funzionalità e bellezza. Sale per le cerimonie, ambienti accoglienti e ben organizzati, possibilità di celebrare riti laici in un contesto sereno e raccolto: questi sono gli elementi che stanno ridefinendo il concetto di crematorio. Anche la sala forni oggi può essere parte integrante del momento di commiato, grazie ad ambienti moderni, ordinati e tecnologicamente avanzati, dove i familiari – se lo desiderano – possono essere presenti per l’ultimo saluto.
Investire in un crematorio moderno oggi non è solo una scelta utile, ma una scelta di visione. Un crematorio ben progettato può diventare un punto di riferimento per il territorio, offrire un servizio essenziale e rispondere ai bisogni – sempre più diffusi – di una comunità in trasformazione.
In questo scenario, Vezzani Forni è il partner ideale per progettare e realizzare impianti crematori completi, efficienti e curati in ogni dettaglio. L’esperienza nel settore, la capacità di seguire ogni fase – dalla progettazione all’installazione – e la continua innovazione tecnologica fanno di Vezzani Forni un riferimento in tutta Europa.
Tutti gli impianti sono progettati nel pieno rispetto delle normative vigenti in materia di emissioni atmosferiche, con tecnologie di controllo e abbattimento costantemente aggiornate. A tutto questo si affianca un solido servizio post-vendita, con programmi di manutenzione pensati per garantire efficienza, sicurezza e continuità operativa nel tempo.
La crescente apertura culturale verso la cremazione si estende anche agli animali d’affezione, ormai considerati parte integrante della famiglia. Sempre più persone desiderano un ultimo saluto rispettoso e consapevole, affidandosi a strutture che offrano servizi dedicati e ambienti adeguati. La cremazione animale non è più un
tabù, ma un gesto sentito, richiesto, spesso accompagnato dalla volontà di custodire o disperdere le ceneri del proprio amico a quattro zampe.
Anche in questo ambito, Vezzani Forni propone soluzioni specifiche: impianti progettati per garantire affidabilità e continuità di servizio, nel pieno rispetto dell’ambiente. Compattezza, efficienza energetica e facilità di gestione sono al centro di ogni progetto, per offrire strutture funzionali e all’altezza di un servizio sempre più richiesto.
Grazie all’esperienza maturata nel settore, Vezzani Forni affianca il cliente anche nelle fasi preliminari, mettendo a disposizione la propria esperienza per contribuire alla definizione del layout ideale: un crematorio ben organizzato, efficiente e coerente con le esigenze operative e normative.
Il contesto sta cambiando. Strutture adeguate, tecnologicamente affidabili e progettate con criterio rappresentano la risposta più concreta a una domanda sempre più ampia e consapevole.
Vezzani Forni
Via Mazzacurati 14 - 42122 Reggio Emilia (RE) - Italy Tel 0522 946036 - info@vezzaniforni.it www.vezzaniforni.it
Casa Funeraria srl di Aversa si avvale della preziosa collaborazione di Ceabis ed è in grado di soddisfare
La Casa Funeraria di Aversa (CE) gestita dalle onoranze funebri consorziate Casa funeraria srl, è stata inaugurata nel 2019 e, ad oggi, fornisce una serie di servizi di prima qualità alla cittadinanza.
Si tratta di un’impresa in grado di soddisfare qualsiasi esigenza in tempi rapidi, con la massima efficienza, professionalità e discrezione, su tutto il territorio nazionale ed estero.
La Casa Funeraria è una struttura elegante e discreta, progettata in modo da dare fin da subito la certezza di trovarsi in un luogo intimo ed accogliente. Gli ambienti dell’edificio, dalle stanze comuni fino alle sale per il commiato, consentono a parenti ed amici dei defunti di trascorrere in serenità e totale privacy gli ultimi momenti con il proprio caro.
La struttura ha scelto di affidarsi ai
prodotti Ceabis per l’arredamento dei propri ambienti, trasformando ogni singola sala in un luogo unico e accogliente. Tutti gli spazi sono eleganti e moderni e garantiscono la massima sicurezza grazie all’utilizzo dei sistemi refrigeranti Ibernsmart in legno con illuminazione a led e Ibernfluid in finitura Corten.
Un tocco di raffinatezza è dato dall’arredo Gemini in versione grey e natural con reggibara, piedistallo Cristo e piedistallo fioriera.
I servizi offerti dalla struttura sono numerosi e danno la possibilità ai clienti di gestire tutte le fasi del commiato potendo contare su professionisti preparati.
Tra i vari servizi troviamo:
• una vasta gamma di cofani, tutti realizzati con materiali di alta qualità, tra cui poter scegliere quello più adeguato;
• servizi di trasporto funebre che garantiscono il massimo rispetto e grande professionalità nel trasferimento del defunto;
• servizio di cremazione completo e rispettoso, assicurando supporto professionale durante tutto il processo;
• quattro sale, di cui una sala progettata e dedicata per ospitare riti religiosi nel rispetto delle diverse tradizioni e i credo di ogni famiglia;
• servizi di inumazione e tumulazione che rispondano alle richieste delle singole famiglie in accordo con le normative vigenti.
Pasquale Cerullo, tra i direttori tecnici che dirigono l’azienda, ci racconta la storia della Casa Funeraria e del consorzio familiare che la gestisce.
«La nostra Casa Funeraria nasce dal progetto di un gruppo di imprese che operano nel settore dagli anni ‘70.
È stato negli anni ‘80 che questo gruppo di operatori composto dalle famiglie Cerullo, Citarella, Vecchione, Corvino, Iavarone e Messina, ha deciso di creare un consorzio e, nel 2017, di lavorare al progetto di una casa funeraria» spiega.
La struttura viene ultimata nel 2019 e parte a pieno regime agli inizi del 2020, nel periodo peggiore del Covid. «Ci siamo subito attrezzati ma è stato un momento difficile per tutti gli operatori del nostro settore: per i visitatori era previsto l'obbligo di mascherina e le salme catalogate come Covid venivano chiuse rispettando minuziosamente tutte le direttive del Governo. Per fortuna quel periodo è ormai passato». Oggi, infatti, gli operatori che lavorano all’interno della Casa Funeraria possono svolgere le proprie mansioni con tranquillità: «La legge regionale della Campania 12-2011/7-2013 con cui è disciplinato il settore in merito all’istituzione e uso delle case funerarie ci consente di prelevare la salma nel momento in cui il medico ne abbia constatato il decesso per cause naturali, sia che si trovi in abitazione, istituto di cura o ospedale. Una volta prelevata, la trasportiamo per il periodo di osservazione presso le sale della nostra
casa funeraria – continua Cerullo – ce ne occupiamo sotto tutti gli aspetti: la laviamo, pratichiamo la tanatoprassi, nei casi in cui ce ne sia necessità e richiesta, e la vestiamo. Una volta che la salma è pronta, la esponiamo nella sala dedicata ai parenti».
«Le sale vengono allestite secondo le richieste delle famiglie in merito alle decorazioni floreali e altre disposizioni specifiche. Inoltre, nell’orario del pranzo, in caso i familiari ne facciano richiesta, abbiamo un’area dedicata alla ristorazione di cui si occupa un catering esterno. Per tutto il resto, abbiamo scelto di arredare la struttura con i prodotti Ceabis perché hanno articoli di alta qualità e sono fornitori a 360 gradi per tutte le esigenze dell’impresa funebre. La collaborazione con loro parte nel 2021 e si protrae negli anni fino ad oggi» conclude Cerullo.
La Casa Funeraria lavora anche nell’ambito pet per la cremazione degli animali da affezione, avvalendosi di un forno dedicato in provincia di Caserta. Una struttura completa ed efficiente, quella di Aversa, capace di rispondere alle esigenze di famiglie e dolenti di ogni diversa religione e cultura.
legale, fiscale
di Avv. Alice Merletti
Con la Legge Regionale 8 luglio 2025, n. 9, recante il riordino dell’ordinamento regionale per l’anno 2025, la Regione Piemonte è intervenuta sulla disciplina dei servizi necroscopici, funebri e cimiteriali, apportando modifiche significative alla legge regionale 3 agosto 2011, n. 15.
Le innovazioni normative, introdotte negli articoli da 99 a 101 della legge di riordino, interessano, da un lato, l’ampliamento dei luoghi idonei alla prima osservazione della salma,
dall’altro, con un impatto ben più dirompente, i criteri di autorizzazione e localizzazione dei nuovi impianti crematori. È proprio su questo secondo aspetto che si concentrano le principali criticità della nuova disciplina, per l’incidenza che essa determina sull’intero assetto programmatorio costruito nel tempo dalla Regione e sulla tenuta del principio fondamentale, di matrice statale, della pianificazione regionale vincolante.
Per comprendere la portata delle modifiche introdotte nel 2025, è necessario ricostruire brevemente il quadro normativo antecedente.
La legge n. 130 del 30 marzo 2001 ha segnato una svolta nella regolazione dei servizi di cremazione, individuando nelle Regioni i soggetti titolari della pianificazione degli impianti crematori. L’art. 6 della legge statale impone, invero, alle Regioni di adottare un piano di coordinamento per la realizzazione dei crematori da parte dei Comuni, sulla base di criteri oggettivi come la popolazione residente, l’indice di mortalità e le scelte locali in materia di cremazione.
La funzione programmatoria regionale è quindi presupposto indefettibile per la legittima attivazione di nuovi impianti da parte dei Comuni. La Regione Piemonte, una delle
prime in Italia, ha dato attuazione a questa previsione con un percorso normativo articolato e coerente. Dopo una prima disciplina contenuta nella L.R. 31 ottobre 2007, n. 20, è intervenuta la L.R. 15/2011, la quale ha demandato all’art. 14 la definizione, da parte della Giunta regionale e previa approvazione del Consiglio, di un Piano regionale di coordinamento per i crematori, cui è seguita, nel 2012, l’adozione del regolamento attuativo (D.P.G.R. 8 agosto 2012, n. 7/R) e, infine, nel 2015, l’approvazione del Piano vero e proprio, con deliberazione del Consiglio Regionale n. 61 del 17 marzo 2015.
Tale piano ha introdotto criteri rigorosi per la realizzazione di nuovi impianti, imponendo condizioni minime finalizzate a garantire l’efficienza, la sostenibilità economica e ambientale e la corretta distribuzio-
ne territoriale degli impianti. In particolare, il Piano regionale del 2015 ha previsto:
1. una soglia di efficienza pari ad almeno 1200/1300 cremazioni annue per impianto o linea, in funzione della tecnologia impiegata;
2. un bacino di riferimento minimo di 5000 decessi annui, corrispondenti a circa 500.000 abitanti, eventualmente raggiungibile tramite forme di cooperazione tra Comuni;
3. una distanza minima di almeno 50 chilometri da un altro impianto già esistente, salvo eccezioni per il territorio della Città Metropolitana di Torino;
4. la localizzazione in aree metanizzate, al fine di ridurre l’impatto ambientale derivante dai processi di combustione.
La ratio del sistema era evidente: evitare la frammentazione dell’offerta, contenere gli impatti ambientali, assicurare il pieno utilizzo degli impianti autorizzati e, in ultima analisi, garantire una pianificazione coerente con l’interesse pubblico e la domanda reale del servizio. Questo impianto normativo è stato più volte confermato anche dalla giurisprudenza amministrativa, che ha chiarito come i criteri del piano regionale non costituiscano semplici linee guida, bensì vincoli cogenti da recepire negli strumenti urbanistici comunali e nei piani regolatori cimiteriali
In particolare, il TAR Piemonte con la sentenza n. 642 del 2021, sentenza poi confermata in sede di Appello, ha annullato gli atti di approvazione di un nuovo crematorio nel Comune di Livorno Ferraris, rilevando l’assenza
del presupposto essenziale costituito dal bacino minimo di 5000 decessi annui, che non risultava raggiunto neppure considerando l’intera popolazione della Provincia. In quella sede, il Tribunale ha ribadito che la deroga al criterio della distanza minima può trovare giustificazione solo per garantire un impianto per ogni territorio provinciale, ma non è ammesso eludere altri requisiti fondamentali come l’adeguatezza del bacino o la sostenibilità dell’impianto. In questo contesto, l’intervento legislativo del 2025 si presenta come una vera e propria “svolta” sistemica.
Il nuovo comma 2-bis dell’art. 14 della L.R. 15/2011 introduce criteri radicalmente differenti rispetto ai precedenti:
1. la soglia di efficienza viene abbassata a sole 200 cremazioni annue per impianto o linea;
2. il bacino di riferimento richiesto scende a 300 decessi annui, pari a circa 30.000 abitanti;
3. la distanza minima tra impianti si riduce a 3 chilometri.
Tali soglie, estremamente inferiori rispetto a quelle in precedenza fissate, cambiano completamente l’approccio al tema della localizzazione dei crematori, abbandonando la logica della programmazione per abbracciare un modello potenzialmente espansivo in cui diventerebbe, ad una prima lettura, tecnicamente possibile autorizzare nuovi impianti anche in territori già adeguatamente serviti.
Ma ciò che desta le maggiori perplessità è il disposto del nuovo
comma 5-bis, che stabilisce l’applicabilità immediata di tali criteri “nelle more dell’adeguamento del Piano regionale di coordinamento”. Con tale disposizione, la legge introduce una deroga di fatto al principio di pianificazione, consentendo che l’attuazione delle nuove soglie preceda (e non segua) l’aggiornamento del Piano, lasciando intendere che i Comuni possano proporre e ottenere autorizzazioni per nuovi impianti anche in assenza di coerenza con il piano vigente.
Questa previsione parrebbe porsi in contrasto non solo con l’impianto logico del sistema regionale precedente, ma anche con la previsione dell’art. 6 della legge statale n. 130/2001, secondo cui il Comune è tenuto a realizzare gli impianti “nel
rispetto” del piano regionale. A voler ragionare diversamente, il Piano da vincolo diverrebbe un mero riferimento facoltativo, con gravi rischi di frammentazione normativa e territoriale.
I profili critici della riforma si evidenziano anche sotto l’aspetto tecnico-gestionale. L’abbassamento delle soglie minime di efficienza espone il sistema al rischio di autorizzare impianti economicamente insostenibili, che non raggiungono il livello minimo di utilizzo necessario a coprire i costi di gestione, con conseguente rischio di ricadute economiche sull’ente locale e/o sul gestore del servizio (e sui singoli business plan).
La nuova disciplina presenta, infine,
un’ulteriore ambiguità interpretativa, concernente l’applicabilità dei nuovi criteri agli ampliamenti di impianti esistenti. Se da un lato il testo normativo sembra riferirsi solo alla realizzazione di “nuovi impianti”, dall’altro la mancata distinzione esplicita potrebbe indurre letture estensive che ne consentano l’applicazione anche alla realizzazione di nuove linee in strutture già operative.
In assenza di chiarimenti ufficiali o di una revisione contestuale del Piano, si apre così una fase di incertezza interpretativa e applicativa che potrebbe rischiare di compromettere l’equilibrio e la coerenza del sistema piemontese, o quantomeno l’equilibrio delle singole concessioni aggiudicate a fronte di presupposti normativi decisamente differenti.
Stampanti per MANIFESTI
Stampanti per MANIFESTI
Stampanti per ricordini
Stampanti per ricordini
FRONTERETRO
AUTOMATICO
FRONTERETRO AUTOMATICO
Stampanti
Stampanti per NASTRI CORONA
Fotoincisore per TARGHETTE e MEDAGLIETTE
Fotoincisore per TARGHETTE e MEDAGLIETTE
di Daniele Fogli
Un'analisi sulla situazione attuale evidenzia la necessità di mettere mano in fretta ai costi.
Allo stato attuale la tariffa di cremazione nel singolo impianto è fissata da ogni Comune, in misura inferiore o al limite eguale alla tariffa massima stabilita con decreto del Ministero dell’interno di concerto con la salute del 1° luglio 2002, come modificato con DM interministeriale del 16 maggio 2006 e successivi adeguamenti.
Come noto, i decreti ministeriali stabiliscono a cosa corrisponde la tariffa:
a) quali sono i beni e servizi che vengono pagati con quel corrispettivo;
b) il meccanismo annuale di revisione del tetto massimo, collegato all’andamento dell’inflazione prevista dal Governo e a periodici riallineamenti triennali.
Questo sistema tariffario ha retto per oltre un ventennio, ma da qualche anno è soggetto a diverse critiche
da parte degli esperti della materia. Le critiche si concentrano su diversi aspetti tecnici:
a) I calcoli che erano alla base della tariffa di riferimento all’inizio degli anni Duemila sono da rivedere: ormai ogni crematorio che si rispetti ha almeno 2 linee di cremazione, mentre la media di forni per crematorio, un tempo, era di 1 unità. Ciò determina un maggior investimento in attrezzature tecnologiche. Allo stesso tempo le norme ambientali per realizzare nuovi impianti sono sempre più restrittive in materia di controllo delle emissioni, con maggiori costi iniziali di investimento in sistemi filtranti (che incidono ben più che la realizzazione del forno) e importanti costi gestionali e manutentivi.
b) La quantità media di cremazioni annuali di cadaveri per impianto
in Italia nel Duemila era 862 con 35 impianti e l’incidenza della cremazione sul totale dei decessi era attorno al 5%. Nel 2023, ultimi dati disponibili, gli impianti sono diventati 91, l’incidenza della cremazione è ormai vicina al 38% e le cremazioni medie annue di cadaveri per impianto sono ora 2.777. Ciò significa che è aumentato significativamente il ricavo medio annuo per singolo impianto di cremazione e si è avuta una riduzione dei costi unitari per cremazione, a parità di condizioni, per le ovvie economie di scala.
c) La variazione della tariffa massima ministeriale per cremazione di cadavere cresce in riferimento al valor medio dell’inflazione indice FOI, esclusi i tabacchi, (calcolato dall’ISTAT) e quindi non è connesso all’andamento specifico del mercato delle costruzioni (per la realizzazione dell’edificio di contenimento), e nemmeno dei
prezzi degli apparati tecnologici (forni, sistemi filtranti), che dipendono da variabili diverse, come ad esempio il costo dell’acciaio, dei rivestimenti refrattari, dei sistemi di controllo informatico dei processi, ecc.
d) Gli shock energetici connessi al periodo dapprima pandemico e poi dovuti alla guerra in Ucraina, hanno inciso su talune necessità prima non significative, come ad esempio l’obbligo di garantire un certo numero di posti refrigerati in attesa di cremazione e poi la grande variabilità del prezzo del gas metano.
Elementi ben poco rappresentati da un adeguamento tariffario annuo collegato all’inflazione programmata dal Governo per famiglie e collettività!
A queste critiche si possono ag giungere diversi ragionamenti che
sono propri dei cambiamenti di mercato intervenuti, dei ritardi di molte regioni a definire i piani di coordinamento dei crematori nel loro territorio, al rifiuto di molte popolazioni per la installazione di nuovi impianti, al disinteresse dei Ministeri competenti a dare attuazione all’articolo 8 della legge 30 marzo 2001, n. 130 (cioè le caratteristiche tecniche dei crematori e delle bare da cremare).
Già questi sarebbero stati motivi più che sufficienti per cambiare da tempo il sistema tariffario italiano per la cremazione.
Ora però il problema maggiore è dato dall’entrata in vigore del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201 “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”.
si ritenga che il servizio di cremazione sia considerabile tra i servizi pubblici locali di rilevanza economica a rete o meno
In altri termini se la previsione di cui all’articolo 6 della L. 130/2001 (che impone almeno un crematorio in ogni regione e assegna il compito di definire con un piano regionale la collocazione dei crematori in funzione dello sviluppo locale della cremazione), è già tale da considerarli servizi pubblici locali a rete, essendo “suscettibili di essere organizzati tramite reti strutturali” (di cui all’art. 2 comma 1, lett. d) D. Lgs.vo 201/2022).
Se così fosse, la competenza in materia tariffaria (e non solo), in virtù dell’art. 7 D.Lgs.vo 201/2022, non è più del Ministero dell’interno di concerto con la salute, bensì dell’Autorità di regolazione.
In tal caso è necessario un provvedimento che dapprima assegni
questo settore alle competenze di una Autorità esistente e poi quest’ultima prenda conoscenza del settore e infine intervenga per regolarlo. Se, invece, si ritenesse che il servizio di cremazione è attualmente servizio a rilevanza economica non a rete, senza Autorità di regolazione, sempre il D. Lgs.vo 201/2022 prevede altra competenza e cioè del Ministero delle imprese e del made in Italy, il MIMIT, (per quanto previsto all’art. 8 D. Lgs.vo 201/2022), che dovrebbe provvedere di conseguenza, tra l’altro anche in materia tariffaria. Il MIMIT ha però emanato fino ad ora per i servizi pubblici locali a rilevanza economica non a rete, due soli decreti direttoriali (il primo DD 31/8/2023 riguardanti le linee guida per la redazione del piano economico finanziario e gli indici di qualità
dei servizi; il secondo DD 16/5/2025 relativo a schema di bando e di contratto tipo).
E il sistema tariffario della cremazione, ad avviso di chi scrive, non è più riconducibile ai Ministri dell’interno, di concerto con la salute, per effetto dell’articolo 4 del D.Lgs. 201/2002 che così recita: “Art. 4 - Ambito di applicazione e normative di settore
1. Le disposizioni del presente decreto si applicano a tutti i servizi di interesse economico generale prestati a livello locale, integrano le normative di settore e, in caso di contrasto, prevalgono su di esse, nel rispetto del diritto dell'Unione Europea e salvo che non siano previste nel presente decreto specifiche norme di salvaguardia e prevalenza della disciplina di settore.”
Inoltre, al momento in cui si scrive, il MIMIT non solo non ha ancora emanato alcuna norma tariffaria per il settore della cremazione, ma con i decreti sopra citati ha inciso profondamente nella formazione del costo di produzione del servizio e sulle modalità di gestione dello stesso.
E allora si pone un nuovo problema: quale sarà il tetto massimo tariffario per la cremazione in Italia fino alla emanazione dei nuovi criteri coerenti col D.Lgs. 201/2022? Resteranno fermi i valori tariffari oggi esistenti o, nelle more della emanazione dei nuovi testi, si procederà seguendo i vecchi criteri?
Forse è il caso di pensarci per tempo e che il Governo intervenga con un provvedimento urgente per dipanare la ingarbugliata matassa!
SEMPLICI DA COMPORRE, IMPOSSIBILI DA DIMENTICARE.
Vezzani trasforma ogni omaggio floreale in un gesto personale: scegli la base verde, arricchiscila con i fiori che preferisci. Innovazione e bellezza, al servizio del ricordo.
la nuova linea di gioielli in ceramica infrangibile personalizzabili
di Serena Spitaleri
Uno strumento fondamentale per sviluppare la comunicazione più adeguata al tuo business.
Mi occupo di comunicazione da oltre dieci anni, un lasso di tempo nel quale la comunicazione digitale è stata caratterizzata da mutamenti profondi, costanti e repentini.
Tutte dinamiche che hanno avuto un impatto impetuoso non solo sulle modalità con le quali le aziende comunicano, ma anche sui mercati in cui operano, oltreché sul potere, sempre più grande, assunto
dai potenziali acquirenti. Su questa rivista abbiamo dato in precedenza, ampio spazio alle possibilità offerte da un utilizzo coerente dei contenuti, nella comunicazione, intesi come materiale creato ad hoc per raggiungere specifici obiettivi di business. Abbiamo ragionato su come un messaggio può raccontare l’azienda e i servizi offerti, fino a discutere della capacità che hanno i contenuti di plasmare significati condivisi,
capaci di dare impulso a un senso di aggregazione che fino a pochi anni fa era difficile da costruire in tempi così brevi.
Ma cosa succede alle aziende che non colgono i segni di questo enorme cambiamento? Sono soggette a subire ripercussioni economiche perché, se è vero che la qualità del prodotto e servizio offerto rappresenta una condizione prioritaria necessaria per crescere dal punto di vista economico, da sola non basta. Comunicare in modo coerente e affine alle necessità del proprio pubblico è un bisogno che le aziende non possono disattendere. Soprattutto tu, che operi nel mercato funebre, dovresti restare al passo con i tempi poiché operi in un contesto legato a doppio filo a concetti come cultura, aspetti sociali e impatto emotivo. Spunti di riflessione che sembrano ribadire l’ovvio, starai pensando. In realtà le criticità emergono quando si passa dalla teoria alla pratica, rendendo concreta la possibilità di studiare, creare e distribuire messaggi in grado di generare impatto sul business.
In particolare, quando si parla di contenuti e piano editoriale, tantissime aziende sono accomunate dalla medesima difficoltà: “Mi pare di parlare sempre della stessa cosa… credo che il mio piano editoriale sia monotono”. Nonostante nell’ultimo periodo tantissime realtà si siano avvalse dell’aiuto delle AI, si ritrovano ad affrontare la stessa difficoltà ogni volta che si apprestano a costruire un piano editoriale di valore. Perché le AI sono strumenti utilissimi, se usati con consapevolezza e all’interno di un piano strategico predefinito a monte; divengono invece una perdita di tempo se utilizzati come “panacea di tutti i mali”. Ho pensato dunque in questo intervento di fornire alcuni consigli
pratici e utili per facilitare il flusso di costruzione e stesura del tuo piano editoriale, a prescindere dalla piattaforma che lo ospiterà, per aiutarti a restare al passo con il cambiamento e far sentire la voce del tuo brand, fare in modo che si distingua dalle altre.
Quando non gestisco operativamente la stesura del piano editoriale e accompagno in veste di consulente le risorse interne all’azienda, mi sento dire spesso: “questo mese non so cosa scrivere, il piano sarà identico a quello precedente” Beh, è vero, sei un’azienda funebre e i prodotti e i servizi, anche se migliorati, sono a grandi linee gli stessi, ma lo stesso servizio che eroghi è destinato a pubblici diversi, per esempio per fascia di età, per stili di
vita, approccio al concetto di cerimonia funebre, etc. Lo stesso messaggio deve essere dunque declinato in un modo affine alla percezione del singolo segmento di pubblico, se vuoi che faccia breccia nel mare dei messaggi che lo bombardano ogni giorno.
Prima di pensare a cosa vuoi dire, pensa a chi vuoi rivolgerti con quel singolo messaggio
Contemporaneamente si definisce l’obiettivo di comunicazione: quale scopo ha il mio messaggio? Promuovere un nuovo servizio, raccontare i miei valori, esprimere il mio punto di vista su un accadimento, fungere da conforto a chi sta vivendo un momento di dolore, fornire consigli sulla gestione di questioni burocratiche in caso di lutto, etc.
Per ogni singolo messaggio, a prescindere dal formato, devi avere chiaro l’obiettivo di comunicazione: segnatelo sul tuo documento. La fase di creazione può anche attendere, non sempre siamo tutti ispirati e creativi, anzi!
Ti manca l’ispirazione? Io penso che la creatività sia ben distante da quel guizzo che ti fa urlare Eureka e ti fa buttare giù il tuo piano di comunicazione tutto d’un fiato. Deve essere coltivata, ragionata, necessita di elementi di contesto che possano ispirare, di raccolta di informazioni e capacità di immaginare scenari. È certamente un guizzo, ma se non lo si accompagna ad altri elementi non genera scintille.
Osserva i competitor: come co-
municano? Che obiettivi vogliono raggiungere con la loro comunicazione? Come puoi distinguerti da loro? Osserva settori differenti dal tuo, esci dagli schemi: il tuo cervello si adagia sugli stessi pattern e fatica a trovare cose nuove se non guardi al di là del tuo naso. E ultimo, ma non per importanza: vesti panni diversi. Quelli di una specifica fetta di pubblico: cosa vuoi che percepiscano gli utenti attraverso il tuo messaggio?
Ormai tutte le piattaforme forniscono dati utili ai fini dell’analisi. Che il tuo intento sia creare un messaggio per i social media, per il tuo sito web o per una newsletter, troverai dati quantitativi e qualitativi sul traffico generato dai tuoi contenuti. Click, impression, sorgenti di traffico, etc rappresentano un patrimonio importantissimo per il tuo piano editoriale. Analizzare aiuta anche
in termini di creatività: quante volte hai notato che un determinato tipo di contenuto, significato o formato stimola engagement e ottiene un gradimento di gran lunga superiore rispetto a un altro? Allora, prendi quel contenuto e cerca di capire come puoi migliorarlo: un altro formato potrebbe essere più gradevole? Osservare quello stesso concetto da un altro punto di vista potrebbe essere più utile ad una specifica fascia di utenti? Esplora ogni possibilità, azzarda. Senza forzature, con coerenza rispetto ai valori del tuo brand.
E, ultimo consiglio, dialoga! Monitora i commenti della tua community e valorizzali.
Il pubblico è capace di offrire un sacco di spunti utili: possono aiutarti a migliorare i servizi offerti o a scoprire nuove nicchie.
Inizia subito, da domani. E fammi sapere come è andata!
di Tanja Pinzauti
Calvin M. Amato, professionista funerario, celebrante e brain recovery specialist, parla del presente e del futuro dell’operatore funebre.
Quali sono le nuove tendenze e le sfide degli operatori funerari per il futuro? Come cambierà la professione negli anni?
Ne abbiamo parlato con Calvin M. Amato, professionista del mondo funerario che ricopre il ruolo di impresario funebre, death doula, celebrante presso la Jacob Shoen & Son Funeral Home di New Orleans e che lavora in campo autoptico al
recupero dei tessuti cerebrali per le Università di Harvard, Georgetown, Boston e Miami. Amato è anche vice presidente del Center for Death Education e autore internazionale.
Come riesce a integrare tutti questi ruoli?
«Può sembrare che questi ruoli siano molto diversi tra loro e nel nostro mondo vengono spesso considerati separati: il recupero degli organi e
dei tessuti è visto come un lavoro clinico mentre l’imbalsamazione e la preparazione della salma come lavoro tecnico; la parte della celebrazione viene vista come cerimoniale mentre il nuovo approccio del death doula viene classificato come alternativo. Io invece non considero questi aspetti separati: sono tutti diverse espressioni della stessa professione che richiede presenza dove gli altri si fanno indietro e si propone di riportare dignità al defunto.
Quando sono nella stanza dell’imbalsamazione porto con me la mia educazione mortuaria, ma anche la conoscenza anatomica acquisita durante le autopsie. Quando attendo una veglia o aiuto una famiglia durante un elogio funebre, porto con me gli insegnamenti imparati come celebrante, ma anche l’esperienza vissuta nei corridoi degli ospedali.
Quando parlo con una madre che ha perso un figlio il cui cervello aiuterà la ricerca sulle malattie neurodegenerative, le parlo con le competenze scientifiche per guidarla, ma anche con la compassione umana per sup-
portare il suo lutto. Il lavoro di death doula mi ha insegnato l’importanza del silenzio, quello di recupero dei tessuti, la precisione».
In che modo il suo lavoro supporta le famiglie in lutto?
«Il lutto raramente arriva nella forma che ci aspettiamo. Non segue sempre gli step descritti nei manuali. Interrompe, distorce e svuota tutto ciò che è la quotidianità. Quando una famiglia entra nei nostri uffici o ci chiama dall’ospedale, non cerca soltanto un servizio, cerca qualcuno che possa prendersi carico dell’insostenibile senza battere ciglio
Ed è quello che provo a offrire ai miei clienti: presenza, fermezza che non mette fretta, che non cerca di riempire i silenzi e che non si ritira
quando le cose diventano complicate. La famiglia potrà non ricordare quello che hai detto ma ricorderà di essersi sentita ascoltata, vista.
Il mio lavoro è notare quando un membro della famiglia esita ad avvicinarsi alla cassa o quando qualcuno resta a lungo vicino all’urna ma non riesce a parlare; quando una vedova tocca un fiore non perché è bello ma perché era il preferito del marito. Il supporto non è passivo, è un lavoro silenzioso ma attivo. Qualche volta significa difendere i diritti della famiglia di vedere il proprio caro, altre volte è l’importanza di riconoscere quando rimanere in silenzio oppure proporre un semplice rituale prima della cremazione o scrivere una lettera da deporre di fianco alla salma. Significa anche fare spazio per la complessità del momento: per il senso di colpa, per la rabbia, per la
risata che sembra sbagliata in quel momento e per le lacrime che arrivano in ritardo».
Il suo lavoro punta all’innovazione senza dimenticare la tradizione: come riesce a farlo e quali sono le nuove tendenze negli U.S.A.? «Tradizione e innovazione sono spesso viste come opposti ma io non credo lo siano. Io credo che siano due modi per porsi la stessa domanda: “Come possiamo onorare la vita?”. La tradizione offre la continuità: ci dà le fondamenta. L’innovazione, se portata avanti con intento, adatta l’antico alla vita moderna. Nel mio lavoro non cerco mai di modernizzare le cose in base ai trend. Quello che faccio invece è interpellare la famiglia in merito a quali fossero le cose che il loro caro amava. In questo modo realizziamo
una cerimonia personalizzata che può includere un servizio religioso tradizionale seguito da una processione a tempo di Jazz di una band di New Orleans, oppure un funerale cattolico seguito da una cremazione o ancora una celebrazione della vita trasmessa in live stream nel giardino sul retro della casa di famiglia.
Negli Stati Uniti c’è fame di autenticità. Le persone sono stanche di servizi tutti uguali, chiedono personalizzazione, trasparenza e opzioni. Sta crescendo l’interesse per le disposizioni eco-sostenibili come l’idrolisi alcalina e le tecniche di tumulazione naturale. Stanno crescendo le case funerarie, i celebranti, i rituali e il recupero di pratiche specifiche che erano state soppresse per generazioni. Allo stesso tempo, molti vogliono ancora la formalità di una chiesa, la poesia delle scritture
e la solennità degli inni. Il futuro non è binario, è sfumato. Le nuove generazioni non vogliono acquistare un funerale, vogliono essere guidate, capire cosa è possibile e perché è importante. Tutto questo richiede un diverso approccio da parte nostra. L’innovazione significa creare spazio per il lutto in tutte le sue forme e il ricordo in tutte le sue lingue. Si tratta di dare modo alle persone di piangere i propri cari nel modo a loro più consono, non come è sempre stato fatto, ma tenendo vivo il rispetto che la tradizione ha portato per generazioni».
Quale crede che sia l’evoluzione del lavoro degli operatori?
«Il futuro del nostro lavoro è in un nuovo modo di pensare e agire. Per troppo tempo gli operatori funebri sono stati istruiti a impersonare un ruolo. Ci hanno insegnato come
imbalsamare, come riempire i documenti, come officiare un servizio ma non ci hanno insegnato come essere presenti, come ascoltare o come agire quando il lutto non rientra negli schemi. L’evoluzione ci chiede di essere qualcosa di più: dovremo diventare educatori, avvocati, punti di riferimento. L’operatore funebre del futuro deve possedere intelligenza emotiva, cultura e la capacità di dialogo sul fine vita
Dovremo essere capaci di gestire un trauma, di conoscere le disposizioni green da proporre, realizzare uno storytelling personalizzato, mantenendo la precisione clinica e logistica del nostro ruolo. Ci saranno sempre meno divisioni tra i ruoli, la nostra presenza sarà necessaria nelle case, negli ospedali, sulle piattaforme. La tecnologia continuerà a cambiare le aspettative: le famiglie
parteciperanno ai rituali virtualmente, potranno creare video memoriali con l’Intelligenza Artificiale, scansionare una lapide e ascoltare una storia, ma la cosa che non potrà mai essere rimpiazzata è l’essere umano dietro a quella esperienza. Credo anche che il futuro richiederà coraggio etico. Dovremo sfidare modelli di business datati, difendere un accesso equo e dignità per tutti, non solo per chi può permetterselo. Più di tutto credo che la nostra professione debba tornare alle origini: servire, non mostrare.
Non siamo solo coloro che si prendono cura del defunto, noi siamo i custodi di storie, silenzi e legami. Il nostro lavoro sta cambiando e coloro che avranno voglia di evolversi e operare con competenze e cuore scopriranno che la nostra professione sta venendo riscoperta».
di Elisa Mencacci
Il linguaggio che abita il vuoto
C'è un momento, subito dopo la notizia della morte, in cui le parole diventano monete fuori corso. Le frasi si sgretolano prima di raggiungere le labbra e il silenzio si trasforma nell'unica lingua capace di ospitare lo strappo della perdita. È in questo spazio liminale che il corpo dell'operatore funebre diventa un traduttore emotivo, una presenza che comunica ben oltre le parole.
La psicologia del lutto ci ricorda
che nelle prime fasi dello shock, la mente regredisce a uno stato pre-verbale. Le ricerche di Bowlby sugli attaccamenti primari rivelano come, di fronte al trauma, gli esseri umani cerchino istintivamente segnali corporei di sicurezza prima ancora di poter elaborare concetti. È una danza antica: i neuroni specchio registrano la calma nell'andatura dell'operatore e traducono quel ritmo in un messaggio biologico fondamentale: "Qui puoi cadere, la terra ti regge".
Quando la morte irrompe, l'esistenza umana attraversa una soglia antropologica che le culture hanno sempre ritualizzato. Gli studi di Arnold van Gennep rivelano come i riti di passaggio strutturino questo transito in tre fasi sacre: separazione, margine (o limen) e riaggregazione. È nella fase liminale – quel "territorio di nessuno" tra morte e reintegrazione sociale – che la comunicazione non verbale diventa lingua franca.
Le neuroscienze spiegano la sua efficacia: durante lo shock traumatico, l'amigdala diventa iperattiva, mentre la corteccia prefrontale si indebolisce. I gesti calmi e prevedibili degli operatori inviano segnali direttamente al sistema limbico, riducendo significativamente i livelli di cortisolo e favorendo una graduale regolazione emotiva del dolente.
La comunicazione non verbale nel lutto coinvolge diversi elementi interconnessi:
• La prossemica del dolore: La gestione dello spazio fisico diventa cruciale. Una distanza di circa un metro e mezzo – quella che Edward Hall definisce "distanza di ascolto" – permette di offrire vicinanza senza invadere il territorio emotivo del dolente. È lo spazio in cui la presenza si fa sentire senza opprimere.
• La cinesica del rispetto: Ogni movimento del corpo racconta una storia. Le spalle leggermente curve in segno di umiltà, le mani visibili e aperte che comunicano trasparenza, i passi rallentati che rispettano il tempo del dolore. Questi segnali corporei creano un ambiente sicuro dove il lutto può esprimersi liberamente.
• Il ritmo della transizione: Nell'antica Roma, i parentalia prevedevano movimenti rallentati durante i riti funebri. In Giappone, la cerimonia tsuya trasforma la lentezza in medicina per l'anima. La scienza moderna conferma questa saggezza ancestrale: il corpo apprende il lutto prima della mente.
Gli operatori funebri sono i moderni psychopompói (dal greco: "guide di anime"), figure che accompagnano attraverso i territori liminali della morte. La loro maestria nel gestire la comunicazione non verbale ridisegna le frontiere tra vita e morte, creando quello "spazio sacro di transizione" che le culture antiche proteggevano con riti collettivi.
Non si tratta di utilizzare tecniche da applicare meccanicamente, ma di
sviluppare una presenza autentica che sappia "stare" nella morte senza evitarla o temerla. È un'arte che richiede:
• Consapevolezza corporea: ogni gesto deve essere intenzionale, ogni movimento calibrato sulla sensibilità del momento.
• Regolazione emotiva: la capacità di mantenere la propria stabilità emotiva per offrire un punto di riferimento sicuro.
• Sensibilità rituale: comprendere che ogni famiglia porta con sé una storia unica che merita rispetto e attenzione.
Per coltivare questa presenza terapeutica, gli operatori funebri possono sviluppare alcune pratiche, semplici ma efficaci:
Camminare come un fiume:
praticare passi di tre secondi ciascuno, immaginando di muoversi in acqua. Questa lentezza diventerà il ritmo terapeutico naturale.
Lo specchio delle mani: osservare i propri gesti durante le attività quotidiane del lavoro. Le mani parlano di fretta o di reverenza?
La pausa sacra: prima di rispondere a una domanda carica di dolore, contare mentalmente alcuni respiri. Quel vuoto diventa spazio per l'anima del dolente.
Conclusioni: l’operatore come architetto di transiti
"Non ricordo le parole della preghiera al funerale di mio figlio" , scrive un padre, "ma ricordo che l'operatore tenne una mano appoggiata sul carro durante tutta la discesa al cimitero.
In un'epoca che ha smarrito i rituali di passaggio, la presenza consapevole degli operatori funebri diventa il testimone silenzioso che permette alla comunità di attraversare la soglia più oscura senza smarrire la propria umanità. Il loro corpo diventa ponte tra i mondi, la loro presenza un dizionario silenzioso capace di tradurre il linguaggio universale del dolore in gesti di cura e accompagnamento.
Ogni movimento calibrato, ogni distanza calcolata, ogni sguardo intenzionale ricrea quell'esperienza di contenimento sicuro di cui ogni essere umano ha bisogno per attraversare l'abisso della perdita. È in questa danza silenziosa tra presenza e rispetto che si manifesta l'arte più antica dell'umanità: quella di accompagnare i propri simili attraverso i passaggi più difficili dell'esistenza.
Bibliografia
• Bowlby, J. (1980). Loss: Sadness and Depression. New York: Basic Books
• Hall, E.T. (1966). La Dimensione Nascosta. Milano: Bompiani
• Levine, P.A. (2018). Trauma e Memoria. Una guida pratica per capire ed elaborare i ricordi traumatici. Casa Editrice Astrolabio.
• Van Gennep, A. (1909). I Riti di Passaggio. Torino: Bollati Boringhieri
• Mencacci E. (2015). Dalla malattia al lutto. Bologna: Zanichelli
di Alice Spiga
Organizzato da NIMO Network, l’evento “Donne nell’industria funebre: Prospettive, Esperienze, Futuro” ha coinvolto:
1) Camelia Drăguşin, tanatoesteta abilitata e autrice del podcast "Crimini, macabro e poesia". Oggi lavora come operatrice in un impianto per la cremazione.
2) Simona Paganessi, impiegata nell’agenzia funebre di famiglia.
3) Liliana Allaria, direttore tecnico di
un’onoranza funebre, tanatoesteta, ha ricoperto molteplici cariche in Federcofit.
4) Anna De Venz, operatrice e cerimoniera funebre.
Una tavola rotonda online che ha fatto emergere problemi, soluzioni e strumenti utili per far crescere il nostro settore. Per me, è un vero piacere poter sintetizzare i punti più importanti emersi da questo confronto al femminile.
Argomento spinoso e sempre all’ordine del giorno, quello normativo, che affligge il settore da tempi immemorabili. Liliana Allaria ricorda ancora un intervento del dott. Cerato che, partecipando a un TANEXPO per parlare della legge nazionale, urlò tutto il suo disappunto: “Il motivo per cui a Roma non viene dato spazio al nostro settore è la superstizione!”. «Questo accadeva 30 anni fa – racconta Liliana – però non stento a credere che sia lo stesso motivo per cui ad oggi non abbiamo una nuova legge. In Liguria poi ci sono voluti anni per arrivare a una legge regionale, emanata nel 2020, più altri tre per il regolamento attuativo. Con il risultato che quando la legge è diventata operativa era già vecchia; basti pensare che nel mezzo c’è stato il Covid, con tutte le problematiche che ha evidenziato». Dello stesso avviso anche Simona Paganessi che, appena entrata nell’azienda di famiglia, si è impegnata a studiare a fondo la legislazione vigente: «C’è un mondo di cose che andrebbero cambiate! La legge nazionale è vecchissima e le leggi regionali cambiano completamente da una regione all’altra e non danno l’opportunità di lavorare in maniera sinergica e integrata». Sinergia e integrazione mancano poi completamente tra il settore funerario e quello cimiteriale, come
racconta Camelia Drăguşin che, per ragioni di sostentamento economico, ha scelto di accettare un impiego presso un polo crematorio e si è trovata costretta ad abbandonare la professione davvero molto amata di tanatoesteta: «In virtù di un “conflitto di interessi” – tiene a precisare – di cui si parla tantissimo nei due settori e che non trova fondamento in alcuna norma vigente applicabile ai lavoratori subordinati. Personalmente avverto l’urgenza di una legislazione più ch iara e più evoluta, più attenta al singolo: una normativa capace di comprendere che, nel 2025, la figura del lavoratore
Nel corso della tavola rotonda “Donne nell’industria funebre: Prospettive, Esperienze, Futuro” sono emersi alcuni desiderata, che le donne hanno voluto porre all’attenzione dei partecipanti. Ci tengo a metterli qui in evidenza, perché penso che possano tracciare un percorso utile a traghettare il nostro settore verso un nuovo futuro.
Ecco, di seguito, i sei desideri espressi:
1) Un maggiore dialogo tra settore cimiteriale e funerario, non per sovvertire le regole, ma per evolverle, dando spazio alla figura del lavoratore pluricompetente, che può rappresentare una grande risorsa.
2) Un ruolo più attivo e fattivo per le donne, affinché non siano più una presenza marginale, relegata all’ambito amministrativo, ma in prima linea, a prendersi cura delle persone in lutto e dei defunti stessi.
3) Una formazione che permetta di conoscere a fondo tanto la legislazione quanto gli aspetti psicologici, perché non è innato sapersi rapportare con persone che affrontano il dolore del lutto.
4) L’introduzione della figura dello psicologo ad uso di tutto il personale, perché chi è in prima linea, quando si affrontano picchi di tre/quattro ragazzi giovani in pochi mesi, ci si ritrova davvero in grande difficoltà.
5) Sarebbe auspicabile qualche incentivo statale che possa dare un sostegno alle imprese che vogliono investire nell’innovazione.
6) E per chi ha l’entusiasmo e la voglia di migliorare questo settore invitiamo ad unirsi alle Federazioni del comparto, perché c’è tanto lavoro da fare e possiamo farlo solo collaborando.
funebre pluricompetente non è solo possibile, ma auspicabile, perché può essere una risorsa, non un rischio, un ponte tra mondi che al contrario avrebbero bisogno di parlarsi di più, di cooperare e di guardarsi non con sospetto, ma con rispetto reciproco. Se non impariamo a guardarci come alleati, nel rispetto del lutto, allora anche la più rigorosa regolamentazione rischia di tradursi in una sorta di miopia amministrativa e burocratica e la legge in una gabbia, non in una guida».
Per fare in modo che il settore funerario possa progredire e migliorare, le donne coinvolte nella tavola rotonda sono concordi che la formazione sia la strada maestra da percorrere: «Anche se la legge lombarda è una di quelle più esigenti – racconta Simona Paganessi – siamo lontani anni luce da una preparazione che ci permetta di conoscere non solo la legislazione, ma anche gli aspetti psicologici, perché non è innato sapersi rapportare con persone che affrontano il dolore del lutto. Personalmente, mi ha aiutata tantissimo partecipare al Master Endlife a Padova, dove ho imparato moltissimo».
Anche Anna De Venz ha frequentato lo stesso master e lo descrive come un corso altamente professionaliz-
zante, che le ha lasciato tanto: «Ho fatto diversi corsi di aggiornamento – specifica – in particolare con la Scuola Superiore di Formazione per la Funeraria. Quello di cui ho fatto maggior tesoro è il percorso di cerimoniere funebre per umani e per animali di Maria Angela Gelati. È stata un’esperienza bellissima e incredibilmente formativa».
La formazione viene vista anche come strumento per affrontare un problema sempre più sentito nel settore: il cambio generazionale «In Federazione si dibatte costantemente su questo punto – interviene in proposito Liliana Allaria – Le nuove generazioni, per varie motivazioni, non sembrano interessate a subentrare nelle nostre attività di famiglia e ho più volte suggerito quanto sia vitale investire nella formazione, affinché possano nascere nuovi manager del funerario».
Sintetizzando i problemi emersi fino a qui: la mancanza di integrazione tra settore funerario e cimiteriale, il sempre più difficile ricambio generazionale e una normativa che non è assolutamente adeguata alle esigenze del settore.
Che altro? «La figura del tanato esteta – racconta Camelia Drăguşin – è ancora troppo trascurata nel lessico normativo e
un po’ mitologica nel linguaggio comune. Poche persone sanno di che cosa si tratti realmente: non truccare, ricomporre e abbellire, ma restituire dignità al defunto, accompagnando la famiglia in un processo psicologico tanto invisibile quanto essenziale». Inoltre, tutte e quattro le donne avvertono e riportano il senso di trascuratezza di cui il settore continua ad essere vittima. Come sintetizza molto bene Simona Paganessi: « Il nostro settore è costantemente ignorato e messo alla berlina Vivo e lavoro in Valle Seriana, fra le più colpite dal Covid, e mi duole dover dire che non c’è stato nessun tipo di riconoscimento per il disagio psicologico subito dagli operatori. In quel periodo, gli unici commenti che ho sentito è che abbiamo guadagnato tanto. Nessuno ha speso parole per ricordare i morti del nostro settore e quelli che si sono ammalati, o per ringraziarci del nostro impegno e dei rischi che abbiamo corso».
E, infine, Anna De Venz si fa portavoce della diffidenza verso i giovani: «Nella mia piccola realtà, non ho mai sentito come un problema, ad esempio, il fatto di essere una donna, probabilmente perché mia mamma ha fatto da spartiacque e mi ha aperto la strada, visto che lavora in azienda come direttrice da oltre 25 anni. Quello che invece sento di più è lo stigma del giovane inesperto: le persone spesso stentano a fidarsi e chiedono la presenza dei membri storici, e questo nonostante la scuola, l’università, i master e i corsi che abbiamo svolto».
Anche se le cose stanno cambiando (come Anna De Venz ha testimoniato, tante donne hanno aperto
la strada), succede ancora troppo spesso di essere relegate dietro una scrivania: « Spesso siamo una presenza marginale – tiene a precisare Simona Paganessi – chiuse in un ufficio a occuparci di gestione amministrativa, a preparare necrologi e santini. Dovremmo avere un ruolo più attivo: prenderci cura delle persone in lutto e dei defunti stessi, con la delicatezza e l’empatia che ci contraddistinguono».
E infatti, come testimonia Liliana Allaria: «Io vesto, trucco, sposto, carico e scarico, oltre a occuparmi dei documenti. E in alcuni casi essere una donna è stato decisivo. Ricordo una bimba di 2 anni e mezzo: sono arrivata in camera mortuaria e nessuno si era sentito di vestirla. Me ne sono occupata io, come dei 1000 ragazzi che ho accompagnato,
vittime di incidenti stradali. Tra l’altro la mamma della bambina aveva chiesto proprio ai carabinieri se c’era una donna che potesse fare questo lavoro».
Un’esperienza molto simile a quella vissuta da Simona Paganessi: «Fui io a occuparmi di un bambino morto appena nato. La madre mi chiese se avessi figli e quando le risposi che avevo una bambina, mi disse: ‘Allora solo tu puoi occuparti del mio bambino, perché solo tu puoi capire’. È stato difficile, però mi sono sentita di avere un ruolo importante, che i miei fratelli non avrebbero potuto ricoprire».
Per approfondire
Il video dell’evento può essere visto, in versione integrale, sul sito di NIMO Network.
di Raffaella Segantin
La presenza nelle nostre case di animali da compagnia è assai diffusa, tanto che in almeno una abitazione su quattro si trovano uno o più piccoli amici, considerati a tutti gli effetti componenti del nucleo familiare.
Che siano cani o gatti (in testa alla classifica delle preferenze) oppure conigli, uccellini, tartarughe, pesciolini o piccoli roditori, fatto certo è che con loro si instaura fin da subito un rapporto di reciproco affetto. Particolarmente profonda e in parte misteriosa è la relazione che si viene
a stabilire con i bambini per cui il pet diventa spesso un compagno di giochi irrinunciabile o l’amico perfetto a cui confidare i propri dubbi e i propri segreti.
Un animale domestico ci regala tanta gioia, che purtroppo si accompagna alla consapevolezza che non starà con noi per sempre, perché si sa che la durata media di vita di questi amici speciali è di gran lunga inferiore rispetto a quella umana. E se, nonostante l’inevitabile sofferenza, gli adulti sono più o meno
attrezzati psicologicamente per venire a patti con questo lutto, per i piccoli di casa il discorso si fa più complesso e delicato.
Come si deve comportare un genitore in questi casi? La scomparsa di un animale domestico per molti bambini rappresenta la prima esperienza diretta con la morte di qualcuno a cui si vuole bene, una sorta di iniziazione nello sperimentare il dolore della perdita. È un evento che scatena una varietà di emozioni: oltre alla tristezza, si può provare rabbia, un senso di solitudine e di frustrazione. La presenza dell’adulto diventa quanto mai necessaria per incanalare questi sentimenti negativi nella giusta direzione. Una triste evenienza che per un genitore può diventare una vera opportunità per introdurre il tema della morte e insegnare ai figli le regole del ciclo della vita
Ma quali sono le modalità di approccio e il giusto linguaggio da adottare? Innanzitutto bisogna considerare l’età: fino ai 5 anni i bambini hanno un’idea vaga della morte e fino all’incirca agli 8 anni non la percepiscono come una condizione permanete e quindi può essere che
si aspettino che l’animale torni. La notizia deve dunque essere data con un linguaggio adeguato all’età e al grado di maturità del singolo bambino. In ogni caso gli psicologi sono tutti concordi sul fatto di non aver paura di usare il termine “morte” e di affrontare la situazione senza mentire. I bambini sono attenti, intuitivi, curiosi, non hanno imbarazzo a parlare di qualsiasi argomento e pretendono risposte sincere. Bugie come “Buddy è scappato" o "è andato a fare un viaggio” provocano solo sensi di colpa e di abbandono (se n’è andato perché
con noi non sta bene? Gli ho fatto qualcosa che l’ha fatto arrabbiare?) e generano false speranze circa un possibile ritorno. Anche frasi che tendono ad addolcire l’evento come “Lola si è addormentata per sempre” possono essere fraintese perché per sua esperienza il bambino sa che chi dorme prima o poi si risveglia o, nel peggiore dei casi, potrebbero causare crisi d’ansia quando è il momento di andare a dormire. Meglio dunque non essere evasivi e non usare eufemismi o giri di parole, perché è proprio della morte che si tratta e i piccoli devono imparare a riconoscerla, accettarla e inquadrarla tra le esperienze della vita.
La morte va spiegata ai bambini indipendentemente dall’età, i modi sono tanti e, se può essere di aiuto, ci si può anche avvalere di favole o di analogie a quanto succede in natura durante il ciclo delle stagioni. È possibile che a domande precise sulla morte non si abbia sempre una risposta. In questi casi un sincero “nessuno lo sa, lo potremo scoprire solo dopo” è una replica più che soddisfacente. In ogni caso la mancanza di spiegazioni alimenta solo frustrazioni, nuove paure ed interferisce con il processo di elaborazione del lutto
La Figura Professionale del Tanatoesteta
• I livello 27 settembre - 1 ottobre 2025
• I livello 23-27 ottobre 2025
• II livello 28-30 ottobre 2025
• III livello 18-22 ottobre 2025
Docente Javier Eduardo Chávez Inzunza
La Figura Professionale del Cerimoniere
• I livello 14-16 novembre 2025
Docente Maria Angela Gelati
Sede dei corsi: Casa Funeraria Croce Verde Reggio Emilia
L’Accompagnamento dei Giovani in Lutto
• 5-6 dicembre 2025
La Perdita dell’Animale domestico
• Prossimamente
Docente Maria Angela Gelati
PER INFORMAZIONI: Tel. 051 4086458 - Cell. 375 81 04 806 info@formazionefuneraria.it
Per maggiori informazioni visita il sito www.formazionefuneraria.it
MODALITÀ DI ISCRIZIONE
ONLINE: seleziona il corso e clicca su “iscriviti”
MODULO CARTACEO: scrivi a info@formazionefuneraria.it per ricevere il form di partecipazione
In collaborazione con:
È anche fondamentale non minimizzare l’accaduto (“ma dai, in fondo era solo un gatto!”, “Coraggio, vedrai che presto ti passa!”): il bambino deve essere libero di esprimere le proprie emozioni e di sentirsi compreso. Un altro errore assolutamente da evitare è quello di prendere subito un altro animale nella convinzione che così il bambino si consolerà in fretta. Ancora più inopportuna è una eventuale sostituzione, cosa che a volte avviene con criceti o uccellini cercando un esemplare che assomigli il più possibile a quello morto, sperando che il bambino non se ne accorga. Cosa che puntualmente non accade e che arreca un doppio danno perché al dispiacere per la perdita si aggiunge il disappunto o la rabbia per essere stati ingannati. Quindi mai sottovalutare la perspicacia e la sensibilità dei piccoli di casa, è come se avessero delle antenne speciali in grado di captare qualsiasi cambiamento, anche se accuratamente nascosto.
Se l’animale è vecchio o malato è consigliabile preparare la prole per tempo e se decidiamo di ricorrere all’eutanasia è bene coinvolgerla anche in questa circostanza, spiegando che il nostro amico sta soffrendo e siccome gli vogliamo tanto bene è meglio lasciarlo andare. In questa maniera nel bambino si farà strada la consapevolezza che quel simpatico animaletto non è un oggetto di sua proprietà, ma un essere vivente altro da sé, da amare e da rispettare nei suoi bisogni. Lo incoraggeremo a stargli vicino, a fargli sentire tutto il suo affetto e a salutarlo per l’ultima volta. Un’esperienza forte che svilupperà in lui il sentimento di compassione e la capacità di provare empatia verso il prossimo.
Ora che abbiamo fatto comprendere al nostro piccolo che il suo benia-
mino è morto e che non tornerà più, il nostro prossimo compito sarà quello di aiutarlo nell’elaborare il lutto, che nell’infanzia non si delinea attraverso le classiche 5 fasi che interessano l’adulto, ma si manifesta più che altro nei comportamenti. Innanzitutto, come già accennato, dovremo permettergli di manifestare apertamente la sua sofferenza. In quei momenti gli staremo vicino abbracciandolo o dispensando altri gesti amorevoli che lo faranno sentire rassicurato. E se anche noi adulti siamo afflitti per questa scomparsa non dobbiamo reprimere i nostri sentimenti, non è necessario apparire forti ad ogni costo: mostrare la nostra tristezza e condividerla con i figli non può che aumentare il reciproco affetto e rafforzare i legami familiari.
È facile che il bambino chieda dove si trovi ora il suo amico. Dare una collocazione fisica è importante, e le risposte possono essere molteplici anche rispetto ai valori della famiglia. Si può, ad esempio, raccontare la storia del “Ponte dell’arcobaleno” o dire che è in cielo a giocare con gli angeli o a fare compagnia al nonno. Cercheremo di portare il discorso su argomenti positivi parlando di quanto ci ha resi felici e quanto anche lui sia stato bene con noi
Racconteremo gli episodi più belli o divertenti che abbiamo vissuto con il nostro animale domestico, incoraggiando il bambino a fare altrettanto. Le cerimonie funebri per gli animali da compagnia non sono ancora molto diffuse, ma non per questo non si possono stabilire dei rituali familiari fondamentali nel superamento del lutto. Passare accanto alla sua foto ogni mattina e mandagli un bacino, portare un disegno nella cuccia vuota, dedicargli una poesia, condividerne un ricordo sui social… ogni bambino grazie alla sua fantasia e al nostro appoggio troverà le forme che gli sono più congeniali. Il dolore a poco a poco si attenuerà e solo allora, se la famiglia lo riterrà opportuno, sarà pronto ad accogliere e ad amare un nuovo amico a quattro zampe.
Proteggere i propri figli dalla sofferenza non significa che non la debbano vivere. Il vero aiuto è stare loro accanto e gestire la situazione insieme con tatto e amore. In questo modo si contribuisce ad un corretto sviluppo emotivo della psiche, fornendo allo stesso tempo quegli strumenti che saranno utili in futuro per far fronte ad altre situazioni dolorose, evitando di rimanerne travolti.
FARE AFFARI pubblicando prodotti e servizi
RISPARMIARE TEMPO durante la ricerca
OTTENERE CONTATTI in qualsiasi momento
Il marketplace B2B del settore funerario e cimiteriale che fa incontrare produttori e buyer di tutto il mondo.
Il B2B che non fa vendita diretta, ma che crea un contatto immediato.
Un nuovo modo per connettere fornitori, distributori, grossisti, rivenditori ed imprese.
di Raffaella Segantin
“L’invisibile”
È il 27 settembre la data che segna l’inizio dell’edizione 2025 de Il Rumore del Lutto, il festival dedicato alle tematiche della perdita e della morte, che si protrarrà fino al 9 novembre.
Un format di grande successo, unico nel suo genere, nato 19 anni fa da un’intuizione di Maria Angela Gelati (tanatologa, formatrice e giornalista) e di Marco Pipitone (giornalista, critico musicale e fotografo) - oggi responsabili della direzione scientifica ed artistica della kermesse - che
si avvale dell’insostituibile collaborazione dell’associazione Segnali di Vita
Si tratta di una manifestazione culturale di forte impatto, rivolta al grande pubblico, che si prefigge un duplice obiettivo: superare il “tabù dei tabù” che circonda un argomento tanto scomodo quanto inquietante quale la morte e, al contempo, imparare a confrontarsi con essa in modo sereno e naturale.
è il tema della XIX edizione de Il Rumore del Lutto, in scena dal 27 settembre al 9 novembre. dal 27 settembre al 09 novembre 2025
Una rimarchevole opera di promozione sociale di death education che, attraverso modalità insolite e
originali, intende offrire opportunità di riflessione per arricchire il proprio percorso interiore e acquisire una maggiore consapevolezza del valore della vita, al fine di “Vivere intensamente e abbracciare ogni istante” come recita il claim che da sempre accompagna la rassegna.
Il punto di forza de Il Rumore del Lutto è quello di trattare l’argomento morte fuori dai confini del cimitero o delle chiese, prediligendo piuttosto luoghi significativi della “città dei vivi”; una scelta coraggiosa che è stata ampiamente compresa, rispondendo ad una richiesta collettiva inespressa, ma evidentemente reale. All’inizio il tutto si teneva unicamente nella città di Parma, che ancora oggi rimane la sede principale di svolgimento degli eventi. Tuttavia da qualche anno, con l’istituzione della sezione Il Rumore del Lutto Experience, il festival coinvolge anche altre città. Quest’anno le località che ospiteranno iniziative “satellite” sono: Prato, Bologna, Torino, Reggio Emilia, l’Appennino modenese, Genova, Firenze e, per la prima volta si andrà addirittura oltreoceano, nella mitica città californiana di Los Angeles!
Come di consueto, il programma prende forma partendo da un tema guida, un canovaccio su cui elaborare una serie di idee che rappresenteranno il filo conduttore di tutti gli eventi. “L’invisibile” è il concetto scelto per Il Rumore del Lutto 2025. «Invisibile» ci spiega Maria Angela Gelati « non significa assenza, ma è una forma diversa di presenza, sottile e interiore. Uno spazio fragile e potente, una dimensione intima del sentire, che non si può toccare ma può toccarci profondamente. È memoria, ricordo, emozione, visione, spiritualità. È il tempo che ascolta, il luogo che custodisce, il gesto che resta. È ciò che ci attraversa, ci connette, ci rende umani».
Il festival si aprirà a Parma con il tradizionale Gala in Nero che vuole rievocare le atmosfere del banchetto funebre vittoriano. È uno degli eventi più gettonati dell’intera manifestazione: in una suggestiva chiesa sconsacrata i partecipanti, attenendosi ad un dress code che richiama costumi d’epoca rigorosamente neri, diventano essi stessi protagonisti della scena, sperimentando una situazione assai singolare.
Seguiranno sei settimane ricche di iniziative di vario genere: concerti, incontri, death cafe, convegni, performance, presentazioni di libri, visite guidate, laboratori per le scuole e tanto altro. Un approccio multidisciplinare che tocca diversi ambiti culturali servendosi di linguaggi e di registri differenti: dalla musica all’architettura, dall’arte al teatro, dalla letteratura al cinema, dalla psicologia alla medicina; il tutto per esplorare l’argomento da ogni angolazione possibile in modo che ognuno possa trovare la chiave di lettura che gli è maggiormente congeniale.
Tra gli appuntamenti più significativi segnaliamo il Concerto al Buio
di Teho Teardo (31 ottobre), un’esperienza altamente coinvolgente dove il pubblico ascolta l’esibizione disteso a terra nell’oscurità totale, evitando così qualsiasi tipo di distrazione per potersi lasciar andare completamente al flusso di sensazioni e di pensieri generati dalla musica. Assolutamente da non perdere le lectio magistralis del teologo laico e filosofo Vito Mancuso (12 ottobre) e dello psicanalista Massimo Recalcati che con “Rendere sensibile l’invisibile”, concluderà le giornate di manifestazione. Per il programma completo consigliamo di consultare il sito www.ilrumoredellutto.com, in costante aggiornamento.
Partito come un progetto sperimentale, oggi il festival è una realtà consolidata, che gode del patrocinio e dell’appoggio della Regione Emilia Romagna e delle istituzioni locali che hanno compreso l’importanza sociale della manifestazione. Non manca poi la collaborazione e il supporto da parte di numerosi sostenitori privati che ne condividono il valore e gli scopi e che rendono possibile anno dopo anno la realizzazione di un evento davvero speciale e di cui andare orgogliosi.
il mercoledì dalle 10:00 alle 13:00 SECONDO SEMESTRE 2025
► CORSO BASE IN MATERIA DI SERVIZI CIMITERIALI
Elementi di diritto e buone pratiche
● docenti: Joseph Tassone e Valentina Pistolato ● 24 SET 2025
LA MEMORIA E IL LUTTO NELL’UNIVERSO DIGITALE ◄
1 OTT 2025 ● docenti: Elena Messina e Chiara Agamennone ●
RAPPORTO EMPATICO TRA OPERATORE E DOLENTE ◄
Indicazioni per l’umanizzazione nella gestione delle pratiche funebri e cimiteriali 8 OTT 2025 ● docente: Daniela Rossetti ●
VALORIZZAZIONE DEI CIMITERI ◄
Normativa vigente a supporto e proposte di legge avanzate 15 OTT 2025 ● docente: Renata Santoro ●
GLI IMPIANTI DI CREMAZIONE PER ANIMALI DOMESTICI ◄
22 OTT 2025 ● docente: Salvatore Mineo ●
► OBITORIO, DEPOSITO OSSERVAZIONE SALME E CAMERA MORTUARIA
Gestione operativa e documentale
● docenti: Chiara Masetti e Luca Zaccherini ● 12 NOV 2025
► TARIFFE CIMITERIALI E DIRITTI DI POLIZIA MORTUARIA
● docente: Daniele Fogli ● 19 NOV 2025
FOCUS SUI RIFIUTI DA CIMITERO E CREMATORIO ◄
Inquadramento normativo e identificazione dei codici EER relativi 3 DIC 2025 ● docente: Elisa Meneghini ●
E
di LINDA SAVELLI
Scritto in geroglifico oppure
in ieratico, il libro era una guida per il viaggio dell’anima per sopravvivere nell’aldilà nell’antico Egitto.
Gli antichi egizi, la cui misteriosa civiltà tanto ci affascina da sempre, avevano in grande considerazione il culto dei defunti – per questo motivo i corpi venivano imbalsamati con la più grande attenzione e sepolti con immense ricchezze e oggetti di utilizzo quotidiano – e avevano sviluppato credenze molto complesse in uno straordinario mondo dell’aldilà. Nell’antico Egitto, la morte era pensata come una prosecuzio-
Per aiutare il defunto ad affrontare il Duat senza soccombere ai suoi mille pericoli, dall’inizio del Nuovo Regno (circa 1550 a.C.), nelle tombe, insieCULTURA
ne gioiosa della vita terrena, ma per poter “vivere” in questo aldilà in cui scorreva il “Nilo celeste” bisognava che il defunto attestasse di aver condotto un’esistenza retta e onesta. Infatti, per raggiungere l’immortalità, il defunto doveva attraversare indenne il Duat, cioè il regno dei morti.
me agli oggetti preziosi e alle suppellettili, iniziarono a essere posti anche i cosiddetti Libri dei Morti, quando essi non erano direttamente affrescati sulle pareti.
Il Libro dei Morti, nella lingua dell’antico Egitto letteralmente “Libro per uscire nel giorno” (il nome odierno è stato dato dal famoso egittologo tedesco Richard Lepsius), era una sorta di manuale delle istruzioni indispensabile al defunto per districarsi con sicurezza nel tenebroso oltretomba che lo aspettava subito dopo la sua dipartita. Più che di un unico libro, in realtà, si tratta di una raccolta di testi: formule magiche e propiziatorie; preghiere religiose; incantesimi ecc. che dovevano proteggere l’anima nel suo viaggio dalle tenebre alla luce. Spesso annotati su papiro, questi testi possono anche divergere significativamente l’uno dall’altro, ad attestare che non esiste una “versione canonica” del Libro dei Morti e che ognuno poteva scegliere di portarsi nella tomba le sue formule preferite.
Scritto in geroglifico oppure in ieratico, il Libro dei Morti era anche magnificamente illustrato e fungeva da vera e propria guida, tappa per tappa, di tutto il viaggio che l’anima doveva affrontare. Ma chi è l’autore di queste suggestive formule propiziatorie che ebbero tanto successo tra gli antichi egizi?
La concezione religiosa dell’antico Egitto è piuttosto complessa e difficile da padroneggiare; senza entrare troppo a fondo in questa complessità, si può asserire che secondo la mitologia egizia era il dio della scrittura e della conoscenza Thot ad aver inventato formule, preghiere e incantesimi. Divinità lunare adorata in particolar modo dagli scribi, Thot è rappresentato con la testa di un babbuino o di un ibis e il corpo di un uomo ed è anche il dio della saggezza. Tuttavia, per gli
Libro dei morti di Kha, Papiro Torino 1791, Museo Egizio, Torino, dalla tomba di Khae Merit. In alto l'uccello Ba, anima del defunto Kha.
egizi, ogni defunto che recitava una formula o un incantesimo ne diventava immediatamente l’autore perché rendeva “vive” le parole pronunciandole. I testi del Libro dei Morti avevano una doppia valenza, religiosa e magica perché questi due aspetti erano inscindibili per l’antica cultura egizia. Pregare e praticare l’arte della magia per loro era un tutt’uno e nella loro concezione le divinità potevano addirittura essere influenzate tramite incantesimi e formule propiziatorie. Da tutto ciò si evince l’importanza a cui assurgeva la raccolta del Libro dei Morti, che era in grado di fornire la formula giusta per scongiurare qualsiasi pericolo e placare ogni divinità.
NFDA’s Convention is the can’t miss event of the year for funeral service professionals.
Join 5,000 of your colleagues for:
• Networking Opportunities
• Inspirational Keynote Speakers
• Informative Workshops
• Meaningful Awards Recognition
• Service of Remembrance Ceremony
• 300+ Exhibitors in the Expo Hall
We can’t wait to see you in Chicago!
In epoca saitica, il Libro dei Morti trovò una sua strutturazione per fasi: i primi capitoli trattavano della fase iniziale del viaggio dopo la morte, in cui il defunto viene deposto nella sua tomba e la sua anima discende negli inferi ritrovando la facoltà di parlare e di muoversi; nella seconda parte l’osiride (il defunto prendeva questo nome dal dio Osiride, ucciso e fatto a pezzi dal fratello Seth, poi ricomposto nella prima mummia dalla moglie Iside) torna in vita; nella terza fase, l’osiride sale sulla barca del dio del sole Ra e su di essa raggiunge il Duat al tramonto, dove verrà giudicato dal tribunale di Osiride sulla sua vita terrena. Se verrà ritenuto onesto e retto, il defunto accederà finalmente all’immortalità, che condividerà con gli dèi. Al tribunale presieduto da Osiride, il defunto arriva accompagnato dal dio Anubi, divinità dei morti dalla testa di sciacallo. È qui che il defunto verrà giudicato da 42 giudici che dovranno valutare la sua rettitudine. Il dio Anubi metterà su un piatto della bilancia il cuore del morto e sull’altro piatto una piuma, che rappresenta Maat, la giustizia (ma anche l’ordine); se i due piatti rimangono in perfetto equilibrio, ciò significa che il defunto ha vissuto una vita onesta e ha seguito i precetti di Maat. Se, invece, il piatto che contiene il cuore è più pesante e si abbassa, questo significa che il defunto ha condotto una vita malvagia, in spregio alle regole e alle leggi cosmiche di Maat. Il dio Thot, in veste di cancelliere del tribunale divino, registra l’esito della pesatura del cuore. Se l’esito è negativo, l’anima del defunto viene data in pasto alla mostruosa dea Ammit e questo ne decreta la morte effettiva; se, al contrario, l’esito della pesatura risulta positivo, il defunto riceve l’immortalità. Per assicurarsi di passare indenne la prova della pesatura del cuore, il defunto ha a sua disposizione molte formule e incantesimi che possono aiutarlo a influenzare il suo cuore a non testimoniare contro di lui.
Affinché il defunto, però, potesse affrontare tutto questo dopo la sua morte terrena era necessario che il corpo fosse correttamente conservato: da qui la raffinata tecnica di imbalsamazione già affrontata in un precedente articolo. Il cuore, per esempio, per gli egizi l’organo sede dell’intelligenza e della memoria, doveva essere sostituito da un amuleto a forma di scarabeo ricoperto di formule magiche, nel caso non potesse essere ben conservato. Inoltre, per arginare il rischio che il Ka del defunto rimanesse senza cibo e acqua per la negligenza dei parenti o dei sacerdoti, nel Libro dei Morti esistevano formule
Thot, dio lunare della conoscenza, era ritenuto il mitico autore delle formule del Libro dei morti. Tempio di Ramses II, Abido.
che avrebbero materializzato il necessario. Esistono molti begli esemplari di papiri recanti il Libro dei Morti, tra cui uno lungo ben 19 metri e perfettamente conservato si trova al Museo Egizio di Torino, che merita sicuramente una visita.
Bibliografia di riferimento: Museo Egizio di Torino, Il libro dei Morti di Ka, ebook.
Quattro strutture innovative e professionali a disposizione di tutte le imprese funerarie italiane, per servizi di alta qualità. Gianni Gibellini
di Raffaella Segantin
Protagonisti di storie paurose e inquietanti, i fantasmi possono rivelarsi nostri alleati per elaborare ansie e paure inconsce.
Spesso sono spaventose, misteriose, destabilizzanti, a volte struggenti e, più raramente, persino divertenti.
Sono le storie di fantasmi, un soggetto letterario e cinematografico molto popolare e prolifico che conosce una particolare fortuna nel periodo di Halloween che ci apprestiamo a festeggiare. E nonostante lo scopo di queste narrazioni sia principalmente quello di suscitare paura o addirittura terrore, ne siamo irrimediabilmente attratti.
Presenze ultraterrene che si possono manifestare in luoghi di particolare impatto sono una credenza comune a tutte le culture fin dalla notte dei tempi e hanno dato vita ad un ricco
e variegato bagaglio di leggende e di racconti agghiaccianti che rinveniamo a qualsiasi latitudine. Si tratta certamente di elementi di folclore locale, tramandati per lo più in forma orale, ma tale è il loro fascino che hanno ben presto trovato spazio anche in opere letterarie. Gli spiriti dei morti compaiono, infatti, già nell’Odissea (IX secolo a.C.), quando Ulisse, durante il suo viaggio negli inferi, ha a che fare con il veggente Tiresia, da tempo defunto.
La descrizione dei fantasmi cambia nel tempo. Nel periodo classico apparivano per lo più sotto forma di fumo o di vapore, ma non era insolita una rappresentazione più
realistica, quando lo spirito manteneva le sembianze del corpo al momento della morte, comprese le eventuali ferite che ne avevano causato il decesso. Fu forse Plinio il Giovane, nel I secolo d.C., raccontando di una sinistra villa ad Atene presa in affitto dal filosofo Atenodoro, ad introdurre il mito della dimora infestata dove si aggira un fantasma legato in catene. Un archetipo destinato ad una enorme fortuna, rimanendo pressoché invariato fino ai giorni nostri e trovando terreno fertile in diverse culture (abitazioni popolate da spettri vengono citate nelle Mille e una notte così come in testi sacri buddisti e in alcuni racconti cinesi).
Le storie di fantasmi hanno dunque costellato tutte le epoche e sono state fonte di ispirazione anche di grandi scrittori come Edgard Allan Poe e drammaturgi del calibro di Seneca e Shakespeare. Possiamo però individuare nel Romanticismo il momento storico in cui hanno conosciuto un successo senza confronti, una vera e propria “epoca d’oro” del genere Sono gli anni che vanno tra il 1830 e l’inizio della I guerra mondiale dominati da un grande interesse verso tutto ciò che stupisce, che inquieta e che emoziona. Si tratta di una
corrente di pensiero ed artistica che si afferma soprattutto in Inghilterra e proprio qui le ghost stories diventano un grande classico. Una delle più famose è senz’altro il Canto di Natale di Charles Dickens, in cui il protagonista - l’avaro e crudele Ebenezer Scrooge – si deve confrontare con il fantasma di un suo defunto collega e con gli spiriti del Natale passato, presente e futuro, che insieme lo aiuteranno a fargli capire quanto sia sbagliato il suo stile di vita offrendogli così la possibilità di cambiare e di redimersi.
I racconti di fantasmi, soprattutto di questo periodo, ma non solo, presentano tratti comuni ben codificati: un castello o un’imponente dimora antica (meglio se isolata), strani rumori nel cuore della notte, un protagonista dal carattere chiuso e solitario, la scoperta di un oggetto simbolico o di un vecchio libro che può contenere un segreto, un’atmosfera proiettata in un crescendo di tensioni e di emozioni
È un genere che anche nella società contemporanea iper razionale non conosce crisi e, dalla carta stampata è approdato con successo al cinema e alla TV, declinato in diverse tipologie. Il filone horror, che conta
innumerevoli amatori, è forse quello che contempla il maggior numero di film con case infestate, teatro di antiche tragedie e di morti violente. Ma esistono pellicole dai risvolti romantici, di cui Ghost è senza dubbio la più famosa; altre invece, come Ghostbusters che ha divertito milioni di spettatori, assumono le caratteristiche della commedia. C’è poi una ampia serie, sia di libri che di film, dedicata ai bambini, dove prevale il lato giocoso, il senso di amicizia e lo spirito di avventura. Le storie di protagonisti soprannaturali portate sullo schermo possono però prendere anche strade insolite come in The Others o ne Il sesto senso, in cui il punto di vista è ribaltato poiché la narrazione avviene dalla prospettiva del fantasma e del suo complesso rapporto con i vivi.
Sono molteplici gli scopi per cui questi racconti sono stati concepiti: per spaventare, sicuramente, o più semplicemente per intrattenere, ma a volte hanno intenti morali, nel caso in cui le presenze si manifestano per indicarci la retta via, oppure per un senso di giustizia, come quando il fantasma è tale perché per poter essere libero di godersi la pace eterna deve ottenere la riparazione dei torti subiti e vedere punito il cattivo che ha causato la sua morte.
Ma perché queste macabre avventure che rischiano di non farci dormire alla notte le troviamo così avvincenti o addirittura irresistibili, tanto da essere disposti a pagare un biglietto per trascorrere un paio d’ore di puro terrore? Sono molti gli aspetti psicologici che spiegano questo interesse a prima vista assurdo o quantomeno del tutto illogico.
Lo psicoanalista Carl Gustav Jung sosteneva che le storie dell’orrore sono “collegate ad archetipi primordiali sepolti nel profondo del nostro subconscio collettivo” che a volte
sentiamo la necessità di riportare a galla. Ma il motivo più plausibile è il bisogno di vivere emozioni forti. Da un punto di vista puramente biologico quando abbiamo paura il cervello rilascia dopamina, endorfine e adrenalina, ormoni che generano sensazioni di forte benessere. È un po’ quello che succede a coloro che si dedicano a sport estremi o che si mettono volutamente in situazioni di grande pericolo per cui il piacere di affrontare il rischio è maggiore del rischio stesso. Analogo processo avviene quando leggiamo o guardiamo un horror, con la differenza che sappiamo di essere al sicuro perché non sta capitando a noi, pertanto la tensione e la paura che sperimentiamo si risolvono alla fine unicamente in stati d’animo positivi.
L’attrazione nei confronti delle storie di fantasmi è anche motivata dal desiderio di “sondare l’insondabile”, ossia di provare a capire o solo ad immaginare cosa ci possa essere dall’altra parte, e se sia possibile stabilire un contatto con gli spiriti dei defunti. Anche se sappiamo che si tratta di finzione non per questo l’argomento perde di fascinazione e di curiosità.
Ma forse su tutto prevale il bisogno inconscio di esorcizzare le nostre paure. Le storie raccapriccianti hanno infatti una funzione catartica permettendo a chi le segue di liberarsi delle proprie ansie ed emozioni negative represse in un contesto sicuro e controllato. E tra le paure che più angosciano l’uomo c’è naturalmente quella della morte che i fantasmi impersonificano. Immergerci in queste storie è come infrangere un tabù perché possiamo avvicinarci ad essa, entrare quasi in confidenza, rimanendo però a debita distanza. È un piccolo passo in un percorso di elaborazione e accettazione affinché la morte ci faccia un po’ meno paura.