







Torna TANEXPO, la fiera internazionale più attesa dall’intero comparto funerario e cimiteriale. Scopriamo le prime novità della kermesse che si terrà dal 7 al 9 maggio a Bologna Fiere. Cavalcando il successo della scorsa edizione, la fiera si ripromette di potenziare il business e la visibilità delle aziende di settore.
In questo numero parliamo di: suicidio assistito, la Toscana è la prima regione italiana ad approvare una legge sul delicato tema; cremazioni 2023, l’analisi e l’andamento in Italia secondo i dati Sefit; lutto, l’importanza degli operatori funebri nell’accompagnamento alle famiglie; cambiamento climatico, mortalità in aumento nel Mediterraneo, Italia ai primi posti.
Abbiamo seguito il viaggio di Treviso’ndar, il progetto di ConsiderAfrica per la consegna di due autofunebri a Ndar Guedi in Senegal grazie all’impegno dei suoi fondatori e alle donazioni di importanti aziende del settore.
Infine, tante curiosità: perché si muore? La filosofia prova a rispondere alla domanda che affligge l’umanità; riti e tradizioni, le bare appese di Luzon, piccola isola delle Filippine; l’analisi delle nuove linee guida per le esequie dei pontefici; un ricordo di Oliviero Toscani e la sua fotografia che diventa arte. E poi l’importanza della formazione, convegno nella sede della Scuola Superiore di Formazione per la Funeraria.
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TANEXPO
7.8.9 maggio 2026 La Fiera
FIERE
Zoomark ti aspetta!
LEGALE, FISCALE
Svolta nel suicidio assistito
attualità
Le cremazioni in Italia nel 2023
ATTUALITà
Funerali papali più snelli e più sobri
ATTUALITà
Cambiamento climatico: mortalità in aumento entro la fine del secolo
INTERVISTA a... Due carri funebri per il Senegal
PARLIAMO DI...
L’importanza degli operatori funebri
FILOSOFIA
La filosofia e il morire
costumi e curiosità
Un singolare cimitero verticale
FORMAZIONE
L'importanza della formazione in ricordo di... Quando la pubblicità diventa arte 4 12 18 42 48 54 60 36 10 32 26 66
di ALESSANDRA NATALINI
Con la conferma delle aziende produttrici che hanno dato vita al successo della passata edizione si sono aperte le iscrizioni a TANEXPO 2026.
Tutte in prima fila per accogliere il mondo della funeraria e offrire una nuova stimolante tre-giorni, ricca di novità e di qualità.
Si entra ora nella fase più vivace con la definizione degli spazi e la composizione della pianta degli storici padiglioni 21-22-16, pronti a ricevere
ancora una volta le migliaia di operatori, imprese funebri e professionisti del mondo cimiteriale, che ogni due anni si danno appuntamento a Bologna.
Lo scorso anno abbiamo vissuto tre giornate piene di fermento, business e colore; stand e corridoi gremiti da 14.500 operatori professionali, arrivati da tutta Italia e da 65 Paesi del mondo intero, che a Bologna hanno trovato 23.500 metri quadrati di prodotti e servizi e 225 Produttori ad accoglierli.
A questi, ne siamo certi, si aggiungeranno numerosi nuovi protagonisti per fare di TANEXPO 2026 una vetrina espositiva sempre più completa e una piattaforma d’affari imperdibile.
Ritornerà poi TANEXPO TECH, l’iniziativa speciale che guarda al futuro puntando i riflettori sulle aziende che offrono software e servizi tecnologici per la digitalizzazione del settore. Non solo un’area dedicata che darà risalto alle TECH companies, ma tante presentazioni al pubblico
nello spazio Arena per un confronto diretto, dal vivo, con le software house specializzate in gestionali per imprese, templi crematori e cimiteri e con gli sviluppatori di molteplici tecnologie al servizio dell’organizzazione della cerimonia: streaming del funerale, piattaforme online e app di condivisione della memoria del defunto, oltre a tutti i più recenti applicativi.
E non mancherà l’appuntamento con i TANEXPO AWARDS, l’ormai attesissimo contest che premia le aziende espositrici, giunto alla sua terza edizione.
Sei i premi a celebrazione dei protagonisti che si distingueranno in altrettanti ambiti di eccellenza:
Perchè un fiore artificiale?
Un fiore artificiale offre una qualità visiva ormai indistinguibile dal vero.
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Dai un valore sociale ai tuoi acquisti; sul nostro sito nella sezione MISSION.
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TANEXPO è la vetrina d’eccellenza per esplorare nuove opportunità, ampliare il proprio mercato e scoprire soluzioni all’avanguardia; il punto di riferimento mondiale dove innovazione, formazione e business si fondono per disegnare il futuro dell’industria funeraria e del settore cimiteriale.
La macchina organizzativa è già al lavoro per dare vita ad un nuovo irrinunciabile evento e per offrire a professionisti e buyer un’esperienza esclusiva tra prodotti, tecnologie, servizi e idee inedite per un aggiornamento a 360 gradi, in grado di valorizzare le migliori proposte e stimolare la crescita di un settore in costante evoluzione.
LIGHT UP è il leitmotiv della campagna di comunicazione che ci accompagnerà fino a maggio del prossimo anno, a sottolineare l’unicità di TANEXPO nel mettere in risalto maestria, genio e qualità dei protagonisti che compongono lo sfaccettato universo della funeraria.
TANEXPO 2026 si prepara a stupire ancora una volta con tante novità. Seguiteci nei prossimi mesi, ve le sveleremo!
Sinistri Stradali
Infortuni sul Lavoro
Malasanità
RC Natanti
RC Civile Generale
Polizze e Garanzie dirette
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I pet sempre più
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di avv. Alice Merletti e avv. Elena Alfero
La Regione Toscana ha compiuto un passo storico nel panorama legislativo italiano approvando la legge che regola il suicidio medicalmente assistito.
Il provvedimento, approvato l’11 febbraio 2025 dal Consiglio regionale a larga maggioranza, rappresenta la prima iniziativa regionale a disciplinare in modo chiaro e dettagliato le procedure per l’accesso al fine vita, colmando un vuoto normativo lasciato dall’assenza di una legge nazionale sul tema. La proposta di legge, denominata " Liberi Subito",
è stata promossa dall’Associazione Luca Coscioni e sostenuta da oltre diecimila firme di cittadini, testimoniando il forte interesse pubblico per una regolamentazione chiara e accessibile in materia di autodeterminazione.
L’iniziativa della Toscana risponde all’urgenza di garantire ai pazienti che soffrono di patologie irreversibili e di gravi sofferenze, un percorso certo evitando le difficoltà e le lungaggini che in passato hanno costretto i malati a battaglie giudiziarie per veder riconosciuto il proprio diritto a una morte dignitosa.
L’iter stabilito dalla nuova normativa prevede tempi definiti, con un massimo di quarantasette giorni dalla richiesta del paziente alla somministrazione del farmaco letale. Il processo inizia con la verifica da parte dell’ASL della sussistenza dei requisiti richiesti dalla Corte Costituzionale, che deve avvenire entro venti giorni.
Nei quattro giorni successivi l’azienda sanitaria deve convocare la Commissione medica multidisciplinare che valuta il caso e trasmette la propria relazione al Comitato Etico Territoriale, il quale ha cinque giorni per esprimere un parere e inviarlo all’ASL competente. Quest’ultima comunica l’esito della verifica al paziente entro tre giorni e, se la
richiesta viene accolta, il farmaco necessario all’autosomministrazione è reso disponibile entro una settimana. Un aspetto fondamentale della legge è che le prestazioni e i trattamenti connessi al suicidio assistito sono garantiti dal Servizio Sanitario Regionale e interamente gratuiti
Questa nuova normativa si inserisce in un contesto giuridico in cui il dibattito sul fine vita è stato al centro di scontri politici e giuridici per anni. L’approvazione della Legge 22.12.2017 n. 219 ha rappresentato un primo passo verso il riconoscimento dell’autodeterminazione del paziente, introducendo il diritto alle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) e la possibilità di rifiutare cure anche salvavita. Tuttavia, la
normativa italiana non regolamenta espressamente il suicidio assistito, limitandosi a riconoscere il diritto a interrompere trattamenti medici già in corso.
La Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 242 del 2019, ha stabilito che il suicidio assistito non è punibile quando il paziente è affetto da una patologia irreversibile che gli causa sofferenze fisiche o psicologiche insopportabili ed è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. In assenza di una legge nazionale, fino a oggi l’accesso a questa pratica è rimasto incerto e frammentario, con iter lunghi e complessi che spesso hanno costretto i pazienti a ricorrere ai tribunali per far valere il proprio diritto a una morte dignitosa.
e
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L’approvazione della legge in Toscana ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, i promotori del provvedimento e le associazioni per i diritti civili la hanno salutata come un passo di civiltà, in grado di garantire dignità ai malati che desiderano porre fine alle proprie sofferenze in modo consapevole e assistito. Dall’altro, le opposizioni politiche e la Conferenza Episcopale Toscana hanno espresso forti perplessità, definendo il provvedimento una sconfitta per la società e mettendo in dubbio la competenza regionale a legiferare su una materia così delicata. Alcuni giuristi hanno sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della legge, sottolineando che il Codice Penale punisce l’istigazione e l’aiuto al suicidio e che un intervento normativo su questo tema dovrebbe essere di competenza esclusiva dello Stato. Tuttavia, la Regione ha ribadito che il provvedimento si muove all’interno delle linee tracciate dalla Consulta e che non introduce nuove ipotesi di non punibilità, ma si limita a stabilire un percorso chiaro per l’attuazione di un diritto già riconosciuto dalla Corte Costituzionale.
Oltre alle implicazioni giuridiche, la legge toscana riporta in primo piano una riflessione etica e sociale sulla gestione del fine vita. Il tema è estremamente divisivo, coinvolgendo questioni legate alla libertà individuale, al ruolo della medicina e ai valori culturali e religiosi. Per molti, la possibilità di accedere al suicidio assistito rappresenta una forma di autodeterminazione e di rispetto della dignità umana, garantendo che le persone possano scegliere liberamente e senza ostacoli burocratici il momento e le modalità della propria morte. Per altri, invece, l’introduzione di una normativa regionale su questo tema rischia di minare il principio della tutela della vita e di
indebolire l’idea stessa di assistenza sanitaria come strumento volto a preservare e migliorare la qualità della vita, piuttosto che a facilitarne la fine.
Con questa iniziativa, la Toscana potrebbe aprire la strada ad altre regioni italiane. Il Veneto ha già espresso interesse a seguire l’esempio, mentre in Emilia-Romagna, Puglia e Friuli Venezia Giulia sono in corso discussioni sulla possibilità di regolamentare il suicidio assistito a livello locale.
L’approvazione di questa legge aumenta la pressione sul Parlamento affinché si arrivi a una normativa nazionale che garantisca uniformità sul territorio e offra ai cittadini una tutela chiara e omogenea. Al momento, l’Italia resta priva di una legge organica sul fine vita e le richieste di intervento da parte della politica si fanno sempre più pressanti, soprattutto dopo il fallimento di diversi tentativi di regolamentazione parlamentare negli ultimi anni.
L’approvazione della legge toscana sul suicidio assistito segna un momento cruciale nel dibattito italiano sul fine vita. Se da un lato rappresenta una risposta concreta a chi soffre e chiede di poter scegliere in autonomia quando e come porre fine alla propria esistenza, dall’altro evidenzia l’assenza di una visione unitaria da parte delle istituzioni nazionali su un tema che coinvolge diritti fondamentali della persona. La questione rimane aperta e sarà interessante osservare se altre regioni seguiranno l’esempio della Toscana e, soprattutto, se il legislatore nazionale sarà finalmente in grado di affrontare il tema con una legge chiara e definitiva, in grado di tutelare al contempo la libertà individuale, la dignità dei malati e il ruolo del medico e della sanità pubblica.
In 30 anni di attività abbiamo risarcito con successo più di 6.600 casi di perdite di congiunti: nessun altro in Italia ha raggiunto una simile competenza.
di Daniele Fogli
SEFIT Utilitalia ha diffuso qualche mese or sono i dati raccolti ed elaborati sulle cremazioni effettuate in Italia nel 2023, accompagnati da una analisi sulla evoluzione della mortalità nel nostro Paese su base di dati ISTAT, sempre per l’anno preso in esame.
Come al solito, saccheggiamo a piene mani i dati dalle tabelle di SEFIT per dar conto ai lettori di Oltre Magazine di ciò che è successo lo scorso anno e tentare di delineare uno scenario per il futuro a breve termine.
Quanti sono i crematori in funzione in Italia e quante cremazioni svolgono?
Nel 2023 risultano autorizzati ed operanti in Italia n. 91 impianti di cremazione, lo stesso numero del 2022.
Sembra così essersi fermata la spinta a realizzarne di nuovi, probabilmente per la contrarietà delle popolazioni interessate dalla localizzazione dei nuovi forni da un lato e dall’altro dagli stop normativi dati da alcune regioni a nuove installazioni, se prima non viene approvato il piano
regolatore dei crematori regionale. In questi 91 impianti, nel 2023, si sono effettuate 252.075 cremazioni di cadaveri (259.915 nel 2022).
A tali valori sono da sommare 44.210 cremazioni di resti mortali nel 2023 (a fronte di 45.986 nel 2022). Pertanto, nei crematori italiani si è effettuato nel 2023 un totale di 296.285 cremazioni (305.901 nel 2022).
La cremazione di resti mortali è variata di poco rispetto all’anno precedente (- 1.776) e, per l’anno 2023, incide per poco meno del 15% sul totale delle cremazioni effettuate.
Cosa è successo nel 2023, rispetto all’anno precedente?
Numericamente le cremazioni di soli feretri effettuate in Italia nel corso del 2023 sono diminuite del 3,0% rispetto all’anno precedente, con un decremento numerico corrispondente a -7.840 unità.
In presenza del forte calo di mortalità nel 2023 rispetto all’anno precedente (- 7,41% pari a -52.899 morti annui), la cremazione è però aumentata percentualmente come scelta delle famiglie, e senza crescita di nuovi impianti, segno del consolidarsi di scelte della popolazione nei confronti di questa pratica funebre, a scapito soprattutto della tumulazione.
Difatti l’incidenza della cremazione sul totale dei decessi passa dal 36,43% del 2022 al 38,16% nel 2023 Si è sempre più vicini all’anno nel quale registrare il sorpasso della scelta della cremazione rispetto a quella della tumulazione, che potrebbe essere già nel 2024 o nel 2025. L’aumento rispetto alle serie passate è dovuto principalmente alla sensibile crescita della cremazione soprattutto al Nord e, in misura più contenuta, al Centro e al Sud e isole (soprattutto la Sicilia).
Di particolare interesse l’annotazione che le regioni maggiormente
dotate di impianti di cremazione (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana) mantengono anche nel 2023 un importante ruolo crematorio, ma è altresì interessante notare l’effetto della carenza di spazi e sepolture cimiteriali che hanno trainato la forte crescita, negli ultimi anni, della cremazione in Campania e, ultimamente, in Sicilia.
La nuova organizzazione gestionale degli impianti e il numero maggiore di forni in servizio ha permesso sia di garantire adeguati standard di cremazione di cadaveri al decesso, sia di permettere la cremazione di importanti quantità di resti mortali (fenomeno decisamente italiano, principalmente per la nota incongruenza del sistema di tumulazione stagno); si pensi che la cremazione di resti mortali nel 2019 era stimata in 38.000 unità, mentre nel 2023 si è ormai su valori di 44.210, con una tendenza all’aumento per almeno i prossimi due decenni.
Ma che sta succedendo nel settore della cremazione in Italia?
Stanno evidenziandosi alcuni fatti, taluni anche in aggiunta o modifica di quanto percepibile nel passato:
• l’attivazione di “services” per trasporto feretri, cioè operatori specializzati
nel trasferimento, principalmente se non esclusivamente, di feretri e/o contenitori di resti mortali da certi territori in altri dove si possono ottenere tempi di effettuazione del servizio più contenuti e spesso sconti tariffari; si tratta di una tendenza che, pur dimostrando la sua utilità, sta sicuramente portando un’alterazione del mercato, generando una sorta di “guerra dei prezzi” mettendo a rischio la qualità dei servizi. Sarebbe forse utile a tutti chiarire la normativa per il trasporto plurimo di feretri.
• la creazione di network organizzati di gestori di impianti di cremazione, che possono contare non su un singolo crematorio, ma su una rete di questi. Tendenza interessante da un lato, perché permette la specializzazione gestionale e la possibilità di operare in rete per ottimizzare i carichi di mortalità e i tempi di esecuzione dei servizi. È però da annotare che in pochi anni si è determinata una situazione con un player dominante (perché gestisce qualche decina di crematori in Italia) nel mercato dei crematori e dei player “di contorno” che stanno organizzando reti più modeste, ma certamente utili;
con i restanti impianti singoli che faticano a trovare una propria collocazione di mercato. In sostanza, anche in questo settore, ha preso il via un processo di concentrazione,
che probabilmente si accentuerà nel tempo;
• Una tendenza (avvertibile in alcuni disegni di legge presentati in Parlamento e sponsorizzata da parte dell’imprenditoria funebre) di poter disporre all’interno di case funerarie anche dell’impianto di cremazione. Contemporaneamente (e non si sa per reazione o per quale altro motivo) con alcuni player operanti nel settore della cremazione che si sono societariamente collegati con la gestione di reti di imprese funebri. Una situazione anch’essa con effetti di mercato di non poco conto, che rende necessario – ad avviso di chi scrive - l’abbandono di tendenze monopolistiche dei settori l’uno sull’altro e quindi: ognuno cerchi di fare bene il proprio mestiere, senza
invasioni di campo nell’altro.
• Una questione ancora irrisolta sull’IVA per i servizi di cremazione. Come noto si applica l’IVA all’aliquota massima per la gran parte degli impianti. Invece, per una parte numericamente molto limitata, quando vi sia ancora la gestione in economia diretta del crematorio da parte del Comune, il servizio viene ritenuto fuori campo d’imposta in base ad una circolare ministeriale, nella presunzione che esso sia fornito come Pubblica Autorità.
Sinceramente la cosa è scorretta, sia per l’evidente alterazione di mercati contermini, ove vi fossero, sia perché l’attività di pubblica autorità del Comune non è nel servizio di cremazione (che è da classificare servizio pubblico locale), ma nel rilascio delle autorizzazioni connesse alla cremazione (all’esecuzione, alla dispersione delle ceneri, all’affidamento dell’urna, ecc.).
Come si diffonde nel territorio la cremazione?
La cremazione è ormai pratica funebre maggioritaria e la scelta normale delle popolazioni in ampie zone d’Italia. Dopo qualche ritardo iniziale, ora cresce sempre più anche nel Centro e nel Sud, a causa di carenze di posti feretro e per economicità del costo complessivo di un funerale. Ma nel 2023 si è fermata la realizzazione di nuovi impianti. I motivi sembrano principalmente:
• l’avvio di numerose pratiche per la realizzazione di impianti nel Centro e Sud Italia, in buona parte fermati dal rifiuto, spesso immotivato, delle popolazioni interessate dalle nuove localizzazioni (fenomeno cosiddetto NIMBY, not in my back yard) e un conseguente stop alla installazione di nuovi impianti. In qualche caso con normative regionali non solo al Sud, che hanno temporaneamente bloccato la realizzazione di altri
impianti oltre gli esistenti o creato barriere legislative particolarmente pesanti all’ingresso di nuovi soggetti;
• l’aumento di potenzialità di crematori già autorizzati (con aumento delle linee operative), favorito dal crescere della cremazione e dalla necessità di garanzia di continuità nella operatività di un servizio ormai essenziale per la collettività. Situazione semplificata perché è più semplice investire in un impianto esistente che in uno di nuova realizzazione e potenzialmente soggetto a veti delle popolazioni territorialmente interessate.
Occorre quindi, a mio avviso, che lo Stato approvi al più presto quello che avrebbe dovuto emanare venti e più anni fa (essendo previsto dall’articolo 8 della L. 30/3/2001), cioè la normativa tecnica per impiantare e gestire un crematorio, nonché l’aggiornamento dei suoi limiti massimi di emissione, in modo che ogni popolazione si senta tutelata dall’osservanza stretta di queste norme e non abbia paura di installazione di impianti che, per loro natura, sono già costruiti in maniera da dare ampie garanzie circa il limitato inquinamento che producono.
Se poi aggiungessimo a questa normativa tecnica anche un quadro di riferimento per come pianificare la installazione dei crematori nel territorio statale istituendo un criterio per individuare i bacini ottimali per il servizio di cremazione e, perché no, l’aggiornamento dei parametri di determinazione delle tariffe di cremazione, ad esempio seguendo il metodo di calcolo di altri servizi pubblici locali già oggetto di pronunciamento da parte di ARERA, avremmo raggiunto, probabilmente, l’obiettivo di far sviluppare una rete di impianti sul suolo nazionale là dove servono, e rispettosi dell’ambiente oltre che del servizio da dare alle popolazioni.
di Raffaella Segantin
Ciò che ha contraddistinto Papa Bergoglio rispetto ai predecessori, fin dal primo momento della sua salita al soglio di Pietro, è stato il forte impegno volto ad instaurare un pontificato improntato sulla sobrietà e sulla vicinanza alla gente comune.
Lo si era capito già dalla scelta del nome, una evidente volontà ad ispirarsi al pensiero e allo stile di vita di San Francesco, che della povertà fece la sua bandiera. È in quest’ottica che il Santo Padre
ha rinunciato all’elegante residenza papale nel Palazzo Apostolico, optando per un piccolo appartamento nella struttura di Santa Marta. E sono molteplici i cambiamenti introdotti e i comportamenti che Francesco ha adottato nel nome della semplicità: dagli abiti meno sontuosi, dal modo diretto di porsi con i fedeli, fino ad infrangere i protocolli a favore di una maggiore libertà di movimento (è diventato storia l’essersi recato personalmente a ritirare un paio di occhiali in un negozio specializzato).
Anche pensando alle sue esequie, avendo egli stesso celebrato il complesso funerale di Benedetto XVI, in più occasioni ha espresso il desiderio e l’intenzione di semplificare il rito funebre dei pontefici, a cominciare dal proprio. E lo ha fatto approvando un documento redatto dall'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche che ha visto la pubblicazione ufficiale lo scorso mese di novembre con la seconda editio typica dell'Ordo Exsequiarum Romani Pontificis (la prima fu approvata da Giovanni Paolo II e pubblicata nel 2000).
Il motivo principale, come più volte dichiarato, è che la cerimonia deve essere rivolta ad un pastore e discepolo di Cristo, non a un potente della terra. Di qui la necessità di una più contenuta ostentazione della salma e di un rito più snello che esprima al meglio la fede della Chiesa in Cristo Risorto. Da queste indicazioni l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche, con l’aiuto di esperti, ha così provveduto ad una revisione dell’intero libro, intervenendo sui testi liturgici, sul lessico e sui singoli riti semplificandoli o eliminandoli completamente qualora ritenuti difficili da coordinare o oramai inadeguati. Allo stesso tempo sono state ridefinite le competenze e i ruoli di tutti i soggetti coinvolti nella preparazione e nello svolgimento dei riti.
Ma vediamo nel dettaglio le nuove regole. Un primo provvedimento ha interessato i titoli pontifici, cioè i vari modi in cui può essere chiamato il papa: termini pomposi come “Vescovo di Roma”, “Sommo Pontefice della Chiesa Universale” o “Sovrano dello Stato della Città del Vaticano” nei funerali saranno sostituiti da appellativi più semplici e diretti come “Papa”, “Episcopus”, “Pastor” o “Pontifex Romanus”.
L’impianto tradizionale dell’intera cerimonia, con la suddivisione in
tre fasi principali - le cosiddette “stazioni” (nella casa del defunto, nella Basilica Vaticana e al luogo della sepoltura) - è stato mantenuto, ma nell’ambito di ognuna di esse sono stati apportati importanti cambiamenti.
La prima stazione prevede che la constatazione della morte del Santo Padre avvenga nella sua cappella privata, anziché nella “Camera del Defunto”, e che, una volta accertata la morte, si proceda direttamente alla deposizione della salma nella bara, eliminando la traslazione nel Palazzo Apostolico. Novità anche per quanto riguarda il feretro: un’unica cassa di legno zincata all’interno, anziché le tre tradizionali rispettivamente in cipresso, piombo e rovere.
Un momento del funerale di Papa Giovanni Paolo II
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La seconda stazione è quella dedicata all’omaggio dei fedeli e alla messa esequiale. Il giorno successivo alla constatazione di morte, il feretro viene portato nella Basilica di San Pietro in Vaticano dove viene meno la deposizione nella bara in quanto già avvenuta nella precedente fase. L’esposizione avverrà direttamente nella bara aperta e non più su “un alto cataletto” (il catafalco che siamo abituati a vedere nei funerali papali) e accanto ad essa non sarà più posto il pastorale papale. Per quanto concerne la funzione funebre sono intervenuti significativi aggiornamenti sui testi dei vari riti, uniformando e in parte abbreviando alcune preghiere ed inoltre sono state eliminate alcune istruzioni sul repertorio musicale da eseguire per lasciare maggiore libertà di scelta.
La terza stazione riguarda il luogo della sepoltuQui la novità più importante consiste nella possibilità di essere tumulati in un luogo diverso dalla basilica di San Pietro, dove
da secoli i pontefici riposano nelle grotte vaticane. Sono state pertanto riportate le modalità per esprimere indicazioni per l’eventuale sepoltura in altro sito. Dal canto suo è già da tempo che Papa Francesco ha reso noto di non volere essere inumato in San Pietro, bensì nella Basilica di Santa Maria Maggiore, un luogo sacro a lui molto caro in cui è solito recarsi in preghiera prima e dopo ogni viaggio apostolico.
Nuove disposizioni anche per i “Novendiali”, cioè le Messe in suffragio del Pontefice defunto, celebrate, secondo un’antica consuetudine, per nove giorni consecutivi a partire dalla Messa esequiale. Anche in questo caso sono stati semplificati i formulari delle preghiere e ampliata la scelta degli stessi.
L’intero volume contiene inoltre altri aggiornamenti di tipo squisitamente tecnico rispetto all’edizione precedente come l’omissione di molti testi propri del rito esequiale con un rimando ai libri liturgici in uso. Il risultato è di un volume più agevole, più chiaro nella consultazione e più preciso nelle indicazioni da seguire.
di Tanja Pinzauti
“La morte arriverà con l’alito rovente del cambiamento climatico”.
Sembra l’incipit di un libro post apocalittico e invece è quello che sta per accadere proprio qui, sul nostro Pianeta, entro la fine di questo secolo. Lasciando da parte le frasi ad effetto che ci ricordano i film catastrofici targati Hollywood, è ormai noto all’intera popolazione del Globo che il cambiamento climatico sta causando gravissimi danni al nostro ecosistema. Lunghi periodi di
siccità seguiti da fenomeni piovosi e burrasche di intensità e durata anomali stanno mettendo in ginocchio diverse parti della Terra e studiosi e ricercatori si affannano per trovare una soluzione che impedisca quella che sembra ormai una fine preannunciata e certa per il mondo come lo conosciamo.
Ma al di là dei problemi concreti che si stanno riscontrando a livello geologico un po’ ovunque, con frane, allagamenti, incendi e siccità che provocano danni alle vegetazioni,
alle colture e al mondo animale, il cambiamento climatico sta contribuendo alla crescita della mortalità in Europa e, neanche a dirlo, sembra che l’Italia sia il Paese in testa a questa drammatica classifica.
A dirlo sono le stime di una ricerca condotta dalla London School of Hygiene & Tropical Medicine a cui hanno partecipato l’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’Asl Roma 1 e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. La ricerca è poi stata pubblicata sulla rivista
Nature Medicine e la lettura dei dati riportati è sicuramente qualcosa di altamente preoccupante e che dovrebbe far riflettere.
La ricerca si concentra sui dati raccolti nell’area europea prendendo in esame l’evoluzione climatica e il rapporto con la mortalità di 854 città. Tra queste, sono 10 quelle in cui si stima avverrà il maggior numero di decessi causati dalle ondate di calore e dall’aumento della temperatura entro la fine del secolo; delle vere e proprie città da bollino nero tra le quali spiccano 4 italiane Roma, la nostra bellissima capitale, è al secondo posto nella classifica, subito sotto Barcellona che, tristemente, si aggiudica il gradino più alto del podio con una previsione di 246mila decessi. Nella città del Colosseo, infatti, le morti causate dall’aumento delle temperature entro la fine del secolo sono stimate intorno a 148mila. Dopo Roma troviamo Napoli al terzo posto con oltre 147mila decessi e Milano, storicamente una delle città più inquinate del nostro Paese, ma che “beneficia” della posizione a nord e quindi di temperature leggermente più contenute, attestandosi al quinto posto con oltre 110mila decessi previsti entro la fine del secolo. Per trovare la quarta città italiana in classifica, dobbiamo arrivare al decimo posto con Genova e la previsione delle sue oltre 36mila morti.
La ricerca è stata condotta su alcune tra le maggiori città europee ed ha rivelato come, anche mettendo in atto alcuni importanti interventi per “mitigare” l’impatto climatico sulla popolazione, sia urgente intervenire in modo drastico sulle emissioni di Co2 per ridurre del 70% le morti stimate a causa dell’aumento delle temperature nel continente.
Pierre Masselot, che ha guidato la ricerca, ha dichiarato che la situazione più critica si trova «nell'area del Mediterraneo dove, se non si interviene, le conseguenze potrebbero essere disastrose» e che un intervento immediato potrebbe risparmiare milioni di morti.
Come è facilmente immaginabile da questi dati, i Paesi del Mediterraneo sono particolarmente interessati da questa previsione: Italia, Malta, Spagna e Portogallo risentiranno in modo preoccupante di questo fenomeno atmosferico con l’Italia che potrebbe arrivare a un tasso medio di mortalità per aumento delle temperature di 91,2 abitanti su 100mila nel breve lasso di tempo 2050-54. Le stime arrivano a cifre davvero impressionanti se si guarda un lasso di tempo a medio termine: nel 2095-99 le morti per caldo potrebbero arrivare a 191,3 su 100mila abitanti.
Più ci si allontana dal Mediterraneo e più diminuisce l’impatto dell’aumento delle temperature sulla mortalità: città come Parigi, Londra e la gran parte dei Paesi scandinavi infatti subiranno in minor percentuale questo destino, anche se la mortalità per freddo diminuirà notevolmente.
Il co-autore della ricerca, Antonio Gasparrini dell’Istituto britannico, ha dichiarato in un’intervista riportata da Ansa.it che «i risultati (della ricerca) confutano le teorie sugli effetti benefici del cambiamento climatico spesso proposte per opporsi a politiche di mitigazione che invece dovrebbero essere implementate il prima possibile».
Quelle della ricerca sono previsioni a breve e medio termine ad alta probabilità, ma cosa sta accadendo in questi anni nel nostro Paese? Secondo l’ISTAT, i dati relativi all’estate 2024 non sarebbero così preoccupanti, con una mortalità causata dall’ondata di calore estiva «nei limiti ordinari nel mese di luglio». In realtà, leggendo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica, risulta che nel 2024 sia stato registrato un leggero calo nella mortalità rispet-
to al 2023. Ma si tratta di una naturale flessione che poco influenza le stime a lungo termine.
Gli studi in merito al cambiamento climatico e all’innalzamento della temperatura globale sono ormai numerosi e affidabili, oltre ad essere confermati da evidenti mutazioni geologiche sotto gli occhi dell’intera popolazione: dal restringimento dei ghiacciai e le difficoltà di sopravvivenza degli orsi polari e delle altre specie messe a rischio dalle anomalie climatiche, all’insistenza di fenomeni siccitosi che portano a incendi e carestie, fino alle alluvioni e burrasche imprevedibili che si abbattono ormai ogni anno anche sul nostro Paese. Il conto alla rovescia è cominciato: saremo abbastanza intelligenti da cercare di fermare la clessidra ormai ribaltata verso il punto di non ritorno?
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di Tanja Pinzauti
Due carri funebri per Ndar Guedj, prima capitale dell’Africa occidentale francese a nord del Senegal.
Grazie all’associazione di Treviso
ConsiderAfrica, a Federcofit, a Giesse Risarcimento Danni e ad Aqilan Asti, Francesca Brotto e Moustapha Fall sono riusciti a organizzare un viaggio di 6.000 chilometri che li ha visti partire da Treviso per consegnare due autofunebri alla città, dove non sono presenti mezzi adeguati per il trasporto delle salme e dove le famiglie più povere sono costrette a portare i propri cari a spalla fino al luogo della sepoltura.
Il progetto nasce dall’incontro tra
Francesca Brotto, scrittrice e attrice padovana, e Moustapha Fall, Senegalese di nascita, ma trevigiano d’adozione, presidente dell’associazione
ConsiderAfrica. «Le basi per questo progetto sono state gettate nel 2019, qualche anno prima che scrivessi il libro E vissero quasi tutti che parla di un gruppo di donne che gestisce un’impresa funebre tutta al femminile e per il quale avevo intervistato Ivan Trevisin, noto imprenditore funebre della zona, per avere informazioni in merito al mondo del funerario - spiega Francesca. In quel frangente mi avvicinai a questo tema, di cui non si parla quasi mai perché è ancora visto come un tabù. Così, quando nel 2022 Taphà (Moustapha n.d.r.) mi ha raccontato
della sua esperienza personale in Senegal, quando durante il funerale del padre, la sua famiglia ha dovuto portare a spalla il defunto perché non erano disponibili mezzi adeguati per il trasporto, ho capito la gravità della situazione».
È stato proprio durante quell’incontro che Moustapha Fall ha spiegato a Francesca le difficoltà che lui e la sua famiglia avevano trovato in quel momento drammatico in cui era venuto a mancare suo padre. Da allora Moustapha ha iniziato a sognare di portare a Ndar Guedj un carro funebre da mettere a disposizione della popolazione e, durante l’incontro con Francesca, le ha chiesto di dargli una mano nell’impresa.
Abbiamo intervistato Francesca durante una breve pausa del lungo viaggio da Treviso al Senegal e questo è quello che ci ha raccontato di questa nobile e incredibile avventura.
«Tutto è iniziato dall’idea di Moustapha di voler fare qualcosa per la popolazione di Ndar Guedj. La difficoltà trovata dalla sua famiglia durante il funerale del padre gli
ha fatto capire che c’era bisogno di fare qualcosa. In Senegal i defunti non vengono deposti dentro ai cofani ma semplicemente avvolti in un telo, come richiede la tradizione musulmana. A Ndar Guedj, dove non sono presenti carri funebri, si affittano carretti o pickup per caricare il corpo e portarlo fino al luogo di sepoltura. Nei casi in cui questo non sia possibile, il corpo viene portato a spalla dai parenti. Quando è venuto
a mancare il padre di Moustapha, in città c’era stato un grosso incidente e tutte le ambulanze e i pickup erano impegnati nel trasporto dei feriti presso gli ospedali. Per questo la sua famiglia ha dovuto portarlo in spalla per 5 chilometri sotto al sole».
Moustapha ha già portato altro materiale utile alla popolazione del Senegal…
«Sì, è molto impegnato socialmente. Con ConsiderAfrica ha già portato un mammografo, un ecografo e 100 letti di ospedale che sono stati donati da una casa di cura vicino a Treviso. Da qui l’idea di portare anche un carro funebre. All’inizio aveva pensato di farlo in modo canonico, tramite container, ma quando mi ha chiesto di aiutarlo a trovare chi avrebbe potuto donarci l’autofunebre, ho rilanciato con la proposta di portarlo noi, guidandolo e facendoci questa pazza avventura insieme. È stato grazie a questa idea che, quando abbiamo cominciato a raccontarlo, le persone hanno capito l’importanza di quello che stavamo facendo. Vogliamo dare dignità alla popolazione.
C’è qualcosa di molto profondo in
questo gesto: tutti vorremmo il meglio per i nostri cari anche nel momento in cui vengono a mancare. Tutti vogliono dare dignità, portare i fiori, realizzare una bella tomba etc. Ecco quindi che è importante poter avere anche un mezzo adeguato per il trasporto verso il luogo di sepoltura».
In realtà i carri donati sono due. Chi vi ha aiutato a trovare i mezzi?
«Sì, l’idea era di portarne uno solo ma alla fine ce ne sono stati donati due e ne siamo molto felici. Grazie al contatto con Ivan Trevisin e con la Federcofit siamo andati in visita a TANEXPO 2024 e lì abbiamo iniziato a prendere contatti con i vari espositori e produttori
Trevisin e Federcofit sono stati fondamentali per il nostro progetto. Un ruolo chiave l’ha avuto Giesse Risarcimento Danni che ci ha donato una delle due autofunebri, nuova e molto bella, che è il nostro mezzo principale. Poi abbiamo ricevuto anche una donazione da Aqilan che ha messo a disposizione un mezzo un po’ datato ma che siamo riusciti a revisionare e mettere in se-
sto. Quindi alla fine, dall’idea iniziale di trovare un carro per fare fronte a parte della richiesta, ne abbiamo trovati due!».
Parlaci del viaggio: come sta andando?
(al momento dell’intervista il gruppo era appena partito e aveva davanti molti giorni di viaggio)
«Il viaggio sta andando bene anche se con qualche imprevisto: si è rotto il finestrino della seconda autofunebre e una persona del gruppo non è stata bene per questo siamo in ritardo di un giorno. Siamo appena arrivati a Tarifa, oggi prendiamo il traghetto per la traversata per il Marocco. Siamo partiti il 19 gennaio e il viaggio durerà una decina di giorni. Una volta consegnate le auto, qualcuno tornerà a casa subito per motivi di lavoro mentre tre di noi, le donne del viaggio, si fermeranno per qualche giorno per salutare la comunità. Insieme ai carri stiamo portando anche materiale scolastico per i bambini del posto e una volta che saremo arrivate, acquisteremo un mulino per aiutare nella macinazione dei cereali. È uno strumento che doniamo alle donne della comunità in modo che possano anche loro impegnarsi in attività commerciali ed essere indipendenti economicamente dai mariti. Ci sarà anche un corso di formazione per queste donne e potremo individuare quelle che hanno bisogno di emanciparsi dalla famiglia e dagli uomini».
Chi sta viaggiando con te e Moustapha?
«Sui due carri siamo in sei. Con noi c’è anche una regista che riprende e documenta tutto per realizzare un docufilm che sarà la terza parte del progetto. Quando siamo partiti ci siamo accorti che il lavoro di questi due anni ci ha consentito di creare una vera comunità intorno a questo progetto. La gente ci saluta, ci scrive per sapere come va. Noi abbiamo
già vinto: abbiamo creato relazioni e connessioni tra persone che si sono appassionate a questo lungo progetto diviso in tre momenti: la prima parte è durata due anni tra lavoro, ricerca e la partenza; la seconda è composta dal viaggio e dalla consegna delle auto e la terza sono il rientro e il docufilm. È fondamentale per noi trovare sempre risorse economiche e confidiamo di trovarle».
Chi gestirà i mezzi una volta che sarete a Ndar Guedj?
«Doneremo i mezzi all’associazione Amis des Enfants de Sidone. È un’associazione senza scopo di lucro, quindi non faranno attività commerciale. Faremo una convenzione con loro e i due carri funebri verranno usati per la comunità, per tutte quelle famiglie che non si possono permettere altre soluzioni. I carri verranno forniti gratuitamente e sarà l’associazione che si occuperà delle spese di
manutenzione.
Ringraziamo per il supporto morale ed economico Ivan Trevisin, Federcofit, Giesse Risarcimento
Danni e Aqilan. Infine, grazie a tutta la comunità che ci sostiene e che ci ha confermato che anche le persone comuni possono fare grandi imprese per chi è in difficoltà».
un servizio funebre più decoroso e dignitoso - ha commentato Davide Veronese, presidente nazionale di Federcofit - Oltre alle aziende che hanno voluto contribuire fornendo i due carri funebri, desidero ringraziare in particolare il nostro associato Ivan Trevisin Onoranze Funebri di Treviso per aver creduto fin dall’inizio in questo progetto ed averci consentito di parteciparvi»
portante iniziativa – sottolinea Nicola Barchet, presidente di Giesse Risarcimento Danni – Francesca e Tapha sono persone speciali, di rara sensibilità, sempre alla ricerca di un modo per aiutare chi è maggiormente in difficoltà».
Il progetto di Moustapha e Francesca è stato realizzato grazie all’aiuto di molte realtà del settore e della comunità, ma l’associazione ConsiderAfrica ha bisogno dell’aiuto di tutti per poter proseguire nel proprio percorso di aiuto al Senegal.
Chi volesse sostenere il progetto può trovare tutte le informazioni inquadrando il qr code
Federcofit è stata fondamentale per la realizzazione di questo sogno: «Siamo lieti di aver contribuito in qualche modo alla realizzazione di questo progetto di solidarietà, che presto consentirà alle famiglie dolenti di ‘Ndar Guedj di poter usufruire di
Giesse Risarcimento Danni, che ha donato uno dei due carri. Ha dichiarato: «Rendersi conto che c’è ancora questo grande desiderio di accompagnare i propri defunti con amore, passione e dignità ci ha spinto con entusiasmo a sostenere questa im-
La spedizione:
Francesca Brotto, attrice e autrice, ideatrice del progetto
Moustapha Fall: impiegato e ispiratore del progetto
Giuliana Gallopin: assistente sociale e autista
Sara Fabris: regista che ha documentato l’impresa
Simone Canizzo: imprenditore appassionato di avventure e motori, autista e all’occorrenza meccanico
Diego Valentino Gubertini, detto Rama: tecnico del suono
Il viaggio è stato reso possibile da: Federcofit
Onoranze Funebri Ivan Trevisin
Giesse Risarcimento Danni
Aqilan Asti
Onoranze Funebri e Fiorerie Dario
Centro Ortopedico Veneto
Open Serramenti
Gallo Pubblicità
di Elisa Mencacci
La scelta degli ultimi riti per commemorare la vita e la morte di una persona può comprendere un funerale tradizionale o una cerimonia commemorativa, così come entrambe.
Ogni scelta, seppur diversa e unica, richiama l’importanza, per le persone in lutto, di onorare e rendere omaggio a chi non c’è più ed esprimere il proprio cordoglio attraverso un rito.
Dopo una morte, i sopravvissuti dovranno innanzitutto affrontare una serie di compiti per la preparazione degli ultimi riti. Questi compiti che
si trova ad affrontare la famiglia, in vista del funerale del proprio caro, sono numerosi ed emotivamente pesanti; diventa fondamentale poter contare sull’aiuto di un operatore professionale e con buone risorse empatiche che possa supportare la famiglia in ogni passo dell’organizzazione. Tra le cose che i dolenti dovranno affrontare e in cui l’operatore può fornire il proprio supporto psicologico e concreto citiamo: • fare un elenco di parenti, amici e colleghi del defunto e informarli il prima possibile dell’avvenuta morte.
Questo passaggio, apparentemente semplice, può essere inficiato dallo stato emotivo di disorientamento che il dolente sta vivendo e dalla ferita continua del ripetere tale comunicazione. Molte volte, allo stato di shock subentra un’incapacità a “trovare le parole giuste” per comunicarlo. A tal proposito diviene importante poter avere una figura di riferimento a cui affidare questo compito informativo e di grande supporto. La comunicazione può avvenire telefonicamente o personalmente nei casi di familiari o persone più vicine, ma questa non sempre può essere la prima e più efficace scelta.
Si può scegliere una modalità informativa meno impattante come la scrittura (come un messaggio), che sia breve, chiara e condivisibile a più persone, utilizzando parole semplici e concrete. Questo può essere visto come il primo passaggio da effettuare, da parte della figura delegata, lasciando poi spazio al conforto, al dialogo e alle parole in successivi momenti.
• decidere se e quali contenuti pubblicare sui social media: si può pensare a indicare una persona vicina che si occupi di tale aspetto, riflettendo sulle parole più rappresentative e in linea con i desideri e la persona che era il defunto;
• scoprire se il defunto ha lasciato istruzioni riguardanti un funerale o una cerimonia commemorativa o per la disposizione del suo corpo, che sia sepoltura, cremazione o qualche forma di disposizione green;
• se non esiste già un programma, scoprire che tipo di funerale o di disposizione del corpo sarebbero adatte;
• considerare importanti fattori culturali o religiosi;
• raccogliere informazioni e scrivere il necrologio. Considerare l’idea di includere elementi quali: l’età del defunto, il luogo di nascita, la causa di morte, l’occupazione o il lavoro, i titoli accademici, l’adesione a circoli di associazioni, affiliazioni religiose, i nomi e la relazione col
defunto dei più stretti sopravvissuti, l’ora e il luogo del funerale o della commemorazione che si sta pianificando;
• chiedere agli amici di aiutare a organizzare i pasti dei familiari nei giorni successivi alla morte e di fornire un sostegno per altri compiti e per assistere i bambini, se necessario;
• se devono arrivare parenti o amici da fuori, chiedere a qualcuno vicino alla famiglia di dare una mano con l’organizzazione del viaggio, come i trasporti o l’alloggio;
• in merito alle direttive per il servizio funebre, è importante informare le persone che porteranno la bara o chi dovrà assumere altri ruoli nella cerimonia, come l’officiante, i sacerdoti, gli uscieri e persone che faranno l’elogio o gli elogi funebri:
• raccogliere fotografie e altri ricordi per un album, un pannello commemorativo (collage di fotografie del defunto) reale o virtuale, preparare un sito web o un post commemorativo;
• se la famiglia desidera avere un opuscolo con foto e informazioni sul defunto, suggerire di coinvolgere tutti i familiari per crearlo e stamparlo;
• i parenti e un affiatato sistema di sostegno sono utili quando si tratta di prendere delle decisioni;
• “ho fatto quello che voleva il mio caro o la mia cara? Ho fatto la cosa giusta?”. Spesso i familiari si pongono queste domande: è importante che l’operatore non tralasci nessun aspetto durante l’organizzazione della cerimonia e in merito alla disposizione del corpo.
Un aiuto professionale, che orienti e segua passo dopo passo le numerose decisioni, è la base da cui partire per poter affrontare i momenti difficili sia emotivamente che organizzativamente: contattare un’agenzia di pompe funebri, una camera mortuaria o un’associazione commemorativa è il primo passo che i familiari compiranno ed è per questo che l’operatore deve sapersi mettere a disposizione, sia per un
aiuto concreto ma anche per una rassicurazione emotiva degli stessi familiari, che potranno così concentrare le proprie energie personali su altri passaggi emotivi così delicati. Per sostenere la famiglia nel fare le scelte necessarie, può servire ricordare che ogni cerimonia può essere preparata in modi diversi seguendo le inclinazioni o direttive del defunto. Le decisioni in merito al rito, ad esempio, dovrebbero rispecchiare le volontà di chi è venuto a mancare e questo sarà sicuramente più facile se la persona in questione avrà lasciato delle indicazioni.
Alla luce della complessità dei passaggi richiesti dalla situazione, sappiamo che il funerale è una cornice per il dolore privato e la perdita pubblica, in cui il peso del dolore si riduce condividendolo con gli altri. I
rituali funebri sono una dichiarazione dei sopravvissuti alla comunità: “Abbiamo perso qualcuno e siamo in lutto”. Lo scopo del funerale si può raggiungere sia con una scenografia punteggiata di diamanti e rubini, sia con una poesia e una canzone. L’importante, forse, è poterlo fare sentendo di aver fatto tutto ciò che era possibile, avendo avuto la possibilità di essere se stessi, accompagnati passo dopo passo.
“Anche le migliori bare non hanno mai tutti i requisiti - non ci entra tutto quello che vorremmo seppellire con loro: il dolore e il perdono, la rabbia e la pena, gli elogi e i ringraziamenti, il vuoto e l’esaltazione, i sentimenti disordinati di quando uno muore” (Thomas Lynch).
Elisa Mencacci : Psicoterapeuta, tanatologa, perfezionata in bioetica e cure palliative.
Bibliografia di riferimento:
De Spelder, L.A. & Strickland, A.L. (2021). The last dance. Encountering death and dying
di Linda Savelli
L’essere umano ha cominciato a interrogarsi sulle fondamentali questioni esistenziali dall’alba dei tempi.
Da quando ha raggiunto la capacità espressiva delle proprie emozioni attraverso il gesto grafico (pensiamo, per esempio, alle famose grotte di Lascaux, con le loro pitture rupestri risalenti al Paleolitico superiore), l’uomo ha iniziato a guardare il mondo con occhi di meraviglia; con uno sguardo non più legato soltanto
alle necessità della sopravvivenza. Ecco che le domande sull’esistenza e sul suo significato e quelle sulla morte cominciano a diventare importanti per spiegare un mondo meraviglioso quanto terrifico; inospitale quanto generoso.
Se inizialmente le risposte che gli uomini si davano erano risposte mitologiche che attingevano al pensiero magico (il fulmine di Zeus; il martello di Thor ecc.) per
spiegare fenomeni inquietanti su cui gli uomini non avevano alcun controllo, con il fiorire della civiltà greca in Occidente si assiste alla nascita della filosofia e al primo tentativo di razionalizzare l’universo e offrire risposte soddisfacenti alle questioni sulla vita e sulla morte.
La morte è l’avvenimento naturale che più di ogni altro terrorizza l’uomo nel pieno della sua esistenza. Perché si muore? Cosa c’è dopo il trapasso? Già nell’antichità la morte poteva essere considerata qualcosa di accertabile che accomuna tutti gli esseri viventi, i quali esistono per un certo lasso di tempo e poi trapassano. In questo senso, dunque, la morte non soltanto ci accomuna, ma ci rende tutti uguali: muore il re come muore lo schiavo; muore il ricco come muore il povero; si tratta di un fenomeno che rientra nel ciclo della vita di tutti come evento destabilizzante e ineluttabile. Famosissimo e conosciuto ai più, il pensiero di Epicuro, filosofo di Samo, che fu fondatore nel IV secolo a.C. di una delle più importanti correnti filosofiche dell’epoca ellenistica, l ’epicureismo, appunto: "Quando ci siamo noi, la morte non c'è; quando c'è la morte non ci siamo noi" , intendendo, quindi, il morire come qualcosa di antitetico alla vita e di cui non dobbiamo temere perché finché siamo vivi, in grado di percepire dolore e piacere, di conoscere, di pensare, amare ecc. non ci tocca. La morte, in questo senso, non è altro che la conclusione dell’esistenza, allo stesso modo in cui la nascita è l’inizio del ciclo di vita di un individuo: non ci siamo più dopo il decesso, come non c’eravamo prima di nascere.
Per Platone, invece, dopo la morte, l’anima del defunto che è stato
Epicuro, busto marmoreo, copia romana dell'originale greco (III secolo-II secolo a.C.), Londra, British Museum
molto legato agli aspetti materiali dell’esistenza può reincarnarsi in un altro corpo (non necessariamente umano), secondo la dottrina della metempsicosi o trasmigrazione delle anime. Soltanto chi ha condotto una vita virtuosa avrà la possibilità di reincarnarsi in un uomo retto; solo i filosofi, invece (“coloro che amano il sapere” ), entreranno a far parte del consesso degli déi. Il pensiero di Aristotele, che si allontana da quello del suo maestro, Platone, è maggiormente legato al mondo così come esso appare agli occhi del filosofo interessato a scoprire le leggi che regolano il mondo; per Aristotele corpo e anima sono legati: l’anima è la forma del corpo, quella che gli permette di percepire, pensare ecc. Pertanto, non può esistere un corpo senz’anima, ma nemmeno un’anima senza un corpo.
L’imperatore romano e filosofo Marco Aurelio, considerava la morte come ciò che fa cessare tutte le pre-
occupazioni dell’uomo, quindi, nel suo pensiero, la morte intesa come quiete, riposo dagli affanni. Nell’ideologia cristiana, invece, la morte corporea apre all’anima la possibilità di accedere all’Aldilà che, per chi ha condotto una vita retta e pia, sarà il Paradiso, luogo di beatitudine in cui le anime dei trapassati possono godere del volto di Dio in compagnia delle schiere angeliche e dei santi, in attesa del Giudizio Universale, in cui ogni anima potrà finalmente accedere a un corpo incorruttibile. Alcuni filosofi, però, hanno inteso la morte e il morire in un’altra accezione, più moderna e maggiormente in grado di restituire alla vita quanto di più prezioso possiede: la sua finitudine. La morte, in questo senso, non è soltanto quell’evento ineluttabile che chiude il capitolo della vita di un individuo, ma è qualcosa a cui tutti soggiacciamo in ogni momento La morte è, dunque, una “possibilità esistenziale”, ciò che definisce la
La statua di Platone situata davanti all'Accademia di Atene, principale istituzione dedicata alla ricerca e agli studi nel Paese
"è l’evento del morire che definisce l’esistenza di una persona, che ammanta di valore ogni giorno vissuto"
vita giorno per giorno… una possibilità sempre aperta È l’evento del morire che definisce l’esistenza di una persona, che ammanta di valore ogni giorno vissuto. È la sua finitudine a rendere la vita preziosa da vivere in ogni suo attimo. La morte, infatti, incombe su ognuno di noi, è una minaccia sempre presente, anche quando siamo giovani e in salute, perché può sempre accadere.
Questa possibilità della “nullificazione dell’esistenza” è ciò che definisce l’uomo come essere finito ma progettuale, come essere, cioè, che si pro-ietta nel futuro (finito) della sua vita, per farne una narrazione sensata. Non è un caso che si usi dire che
non si può giudicare la vita di una persona fintanto che non è finita. È con il sopraggiungere della morte, infatti, che quell’esistenza acquisirà il suo senso ultimo. Tuttavia, il senso di angoscia che proviamo quando pensiamo alla nostra futura morte è costitutivo del nostro essere nel mondo ed è ciò che ci spinge alla conservazione della vita.
Negli ultimi anni, sempre più accesi si fanno i dibattiti sulle questioni bioetiche, quasi a voler rimettere in controllo l’uomo della sua possibilità di vivere oppure di morire. Si tratta qui di una questione che va a toccare la “dignità del vivere” più che la “dignità del morire”, a ben guardare, perché anche gli ultimi istanti prima del decesso sono “vita”, sebbene si tratti, in questo caso, di un’esistenza ristretta ai minimi termini. Poter decidere quando mettere fine alla propria esistenza/sofferenza, allora, rende l’uomo padrone di tirare le fila della propria narrazione esistenziale.
Bibliografia di riferimento: Abbagnano, N. (2013), Dizionario di Filosofia, Utet.
Costumi e curiosità
di Raffaella Segantin
Nascoste tra le montagne dell’isola filippina di Luzon, in un luogo pressoché inaccessibile, si trovano inconsuete tombe sospese con bare incastonate nella roccia.
Si dice che la civiltà di un popolo si misuri da come rispetta i propri morti.
Per questo quando si vogliono esplorare terre e civiltà lontane è estremamente interessante conoscere come viene trattato il tema della morte e scoprire quali sono le consuetudini e le ritualità che accompagnano un evento luttuoso.
Sono tantissime le usanze che troviamo in giro per il mondo riguardo
alle cerimonie di addio, alcune davvero bizzarre o quantomeno insolite. Una di queste, la cui origine si perde nella notte dei tempi, si pratica in un’area delle Filippine.
La maggior parte di noi pensa alle Filippine come ad una lontana destinazione esotica in cui trascorrere una vacanza indimenticabile. Nulla di sbagliato, perché le oltre 7.500 isole che compongono l’arcipelago offrono infiniti litorali di sabbie
bianche lambite da acque cristalline, mentre l’interno, per lo più montuoso, è caratterizzato da vaste zone coperte da fitte foreste tropicali. Siamo nel sud est asiatico tra Taiwan e il Borneo, in una regione di origine vulcanica in cui fenomeni eruttivi e tellurici sono ancora molto attivi e proprio per questo le Filippine sono ricche di risorse naturali tanto da essere state un polo di attrazione fin dall’antichità. Ai primi insediamenti umani che datano probabilmente 30.000 anni fa, si sono susseguite nei secoli varie ondate migratorie di popoli provenienti da diverse parti dell’Asia, ognuno dei quali ha portato in dote le proprie peculiarità e le proprie credenze culturali e religiose. A metà del 1500 le Filippine divennero parte dell’Impero spagnolo che attuò l'unificazione politica dell'arcipelago, precedentemente costituito da isole indipendenti, e introdusse elementi di civiltà occidentale e la religione cattolica praticata tutt’oggi da larga parte della popolazione.
La Rivoluzione contro la Spagna al termine del 1800 mise fine al dominio iberico e sancì l’indipendenza e la costituzione della Repubblica delle Filippine, ma di fatto passò sotto il controllo degli Stati Uniti.
I numerosi afflussi di gruppi umani di diverse origini e le successive occupazioni da parte di potenze occidentali, unite al carattere insulare di quelle terre, hanno fatto sì che l’arcipelago filippino sia un crogiolo di etnie, di lingue, di religioni e di usanze, dove stili di vita moderni coesistono con tradizioni ancestrali che coinvolgono i vari aspetti dell’esistenza, compreso quello della morte.
Nell’isola di Luzon, la più grande e la più importante dell’arcipelago dove si trova anche la capitale Manila, a nord vi è la catena montuosa della Cordigliera Centrale. Qui vivono gli Igorot, letteralmente i “popoli delle montagne", concentrati soprattutto nell’aerea della località di Sagada. Il termine generico di Igorot definisce circa una decina di sottogruppi etnici, che sono di fatto gli aborigeni delle Filippine sopravvissuti a fatica ai secoli di dominazioni e sopraffazioni. Da cacciatori di teste sono oggi dediti all’agricoltura, in particolare alla coltivazione del riso introducendo la pratica di ricavare spettacolari e affascinanti terrazzamenti sui fianchi delle montagne Gli Igorot sono riusciti a mantenere intatte alcune delle loro più antiche tradizioni, come quella assai singolare che riguarda i defunti Vediamo di che si tratta.
Quando avviene un decesso queste comunità sono solite collocare il defunto davanti all’ingresso della propria abitazione, dopo averlo posizionato su una speciale sedia detta sangadil (la sedia del morto), legato con corde di bambù e coperto da un telo. È come se il deceduto stesso
Quattro strutture innovative e professionali a disposizione di tutte le imprese funerarie italiane, per servizi di alta qualità. Gianni Gibellini
volesse dare personalmente il benvenuto a tutti coloro che verranno ad onorarlo e a porgere le condoglianze alla famiglia. Poiché l’esposizione dura più giorni, per prevenire la decomposizione il corpo viene preventivamente trattato con un procedimento di affumicatura.
Trascorso il periodo di veglia il defunto viene collocato nella bara e portato in processione verso la destinazione finale. Attraverso un sentiero molto scosceso si raggiunge il fianco di una montagna dove il cofano viene lasciato in bella vista, appeso alla parete rocciosa che scende a picco. Tale pratica si è probabilmente consolidata per proteggere le spoglie dei propri cari dalle inondazioni e dagli animali selvatici, ma anche per rendere più agevole il
passaggio verso l'aldilà e più in alto si troverà il feretro, più facilmente la sua anima ascenderà al cielo per raggiungere quella degli antenati.
È consuetudine che gli abitanti anziani si preparino sia spiritualmente che materialmente alla morte costruendo personalmente la propria bara. Qualora non fossero in grado di farlo perché malati o troppo deboli, saranno i familiari a provvedere a tale compito. Si tratta di manufatti di dimensioni piuttosto contenute, in quanto i corpi vengono sistemati in posizione fetale, perché secondo il loro credo le persone devono lasciare questo mondo allo stesso modo in cui sono venute.
I feretri che si possono ammirare oggi nella Echo Valley hanno più
di un secolo ma è una tradizione ancora in uso, anche se si pratica sempre più raramente. È un cimitero verticale unico al mondo che attira l’attenzione degli antropologi e la curiosità di molti turisti, che però si devono accontentare di osservarlo da lontano perché solo la famiglia si può avvicinare e toccare le bare dei propri cari.
Ci troviamo in un mondo lontanissimo dai paradisi costieri costellati da moderni resort, ma per coloro che sono dotati di spirito di avventura e di una sana curiosità verso tutto ciò che ci circonda vale sicuramente la pena addentrarsi in queste zone per comprendere al meglio l’identità e i costumi di un popolo le cui radici sono assai profonde.
di Raffaella Segantin
Come sta cambiando la professione funebre? A Reggio Emilia un interessante convegno ha fatto il punto sullo stato delle cose e sulle opportunità di crescita.
Per ricordare Carmelo Pezzinodirettore e co-fondatore con Nino Leanza della Scuola Superiore di Formazione per la Funeraria (SSFF) - a un anno dalla scomparsa, Croce Verde di Reggio Emilia, in collaborazione con la Scuola stessa, ha organizzato un incontro dal titolo “La formazione specialistica: valorizzare le professioni del comparto fune-
bre”, che si è tenuto presso la propria sede lo scorso 25 febbraio.
L’evento, che ha ricevuto il sostegno di importanti aziende del settore quali Paolo Imeri Art Funeral Italy, Tossani Infortunistica, Scacf SpA nonché quello della nostra rivista, ha disquisito sulle competenze e sul ruolo degli operatori del comparto funebre e cimiteriale e sull’etica
e la professionalità dei servizi erogati, mettendo in luce quanto una costante e puntuale formazione, sia teorica che pratica, sia determinate per essere sempre all’altezza dei propri compiti
Sul tavolo dei relatori insieme ai vertici di Croce Verde - il presidente Attilio Brindani e il direttore generale Stefano Bigliardi - e al nuovo direttore della Scuola Laura Persico Pezzino, si sono alternati il sociologo e docente presso l’Università degli Studi di Bologna Asher Colombo, la tanatologa Maria Angela Gelati e il tanatoprattore Javier Chávez Inzunza, entrambi docenti della SSFF.
È chiaramente emerso come in questi ultimi tempi vi sia stato un radicale, quanto repentino, mutamento culturale nei confronti della morte. La vita si è notevolmente allungata ed è cambiata la struttura tradizionale della famiglia. Oggi molte persone sono senza figli o completamente sole: di qui la necessità di occuparsi in prima persona della fine della propria esistenza e anche del dopo. E in una società dove la qualità e la cura del dettaglio fanno la differenza, coloro che si rivolgono ad una impresa funebre, sia che si tratti di organizzare la propria dipartita o quella di un congiunto, sono alla ricerca di un interlocutore che non si limiti a “vendere” beni o prestazio-
ni, ma che sappia accompagnarli in un particolare momento di fragilità emotiva e che sia in grado di offrire un servizio accurato nel pieno rispetto del defunto e del dolore dei suoi cari.
Se fino a qualche tempo fa per fare questo mestiere erano sufficienti poche abilità di tipo quasi esclusivamente pratico e un po’ di esperienza maturata sul campo, ora la figura dell’impresario funebre sta evolvendo rapidamente, assumendo un ruolo cruciale di guida a cui i dolenti si affidano con fiducia per ricevere aiuto e sostegno È quindi necessaria una preparazione ben più profonda che investa diversi ambiti, (tecnico, comunicativo, psicologico, legale…) e che può essere raggiunta solo con una formazione adeguata.
Il fatto che, una volta ottenuta la licenza di necroforo o di direttore tecnico di un’agenzia, durante l’intero arco della vita lavorativa non vi sia l’obbligo di alcun tipo di ulteriore aggiornamento formativo (contrariamente a quanto avviene in molte nazioni estere) non significa che l’esigenza non sia sentita.
La Scuola Superiore di Formazione per la Funeraria è nata nel 2011 proprio per colmare questo gap e dare la possibilità agli operatori di accedere ad un più alto livello di
La Figura Professionale del Tanatoesteta I Livello (docente Javier Eduardo Chávez Inzunza)
‧ Croce Verde Reggio Emilia, 19-23 maggio 2025
La Figura Professionale del Tanatoesteta II Livello (docente Javier Eduardo Chávez Inzunza)
‧ Croce Verde Reggio Emilia, 24-26 maggio 2025
La Figura Professionale del Tanatoesteta III Livello (docente Javier Eduardo Chávez Inzunza)
‧ Croce Verde Reggio Emilia, 27-31 maggio 2025
La Figura Professionale del Cerimoniere I Livello (docente Maria Angela Gelati)
‧ Croce Verde Reggio Emilia, 18-20 giugno 2025
CORSI ONLINE:
L'Operatore Funerario e la Comunicazione Efficace (docente Maria Angela Gelati)
‧ 12-13 maggio 2025
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MODULO CARTACEO: inviare il form compilato a info@formazionefuneraria.it Pagamento della quota di partecipazione da effettuarsi con bonifico bancario, anche in due tranche. La prima da versare contestualmente all’iscrizione, mentre il saldo può essere effettuato prima dell’inizio del corso.
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professionalizzazione, contribuendo al tempo stesso ad elevare questo lavoro tanto delicato e indispensabile quanto al centro di pregiudizi o, peggio ancora, di insopportabili dileggi.
Un’offerta formativa variegata quella della SSFF, salutata fin da subito con grande entusiasmo come lo confermano i numeri: ad oggi gli oltre 175 corsi proposti negli anni sono stati frequentati da circa 1300 allievi, molti dei quali hanno presenziato l’evento del 25 febbraio congiuntamente a protagonisti ed esperti del settore.
Un’occasione di crescita che Croce Verde di Reggio Emilia ha compreso nell’immediato, iscrivendo ciclicamente risorse umane del proprio staff ai vari corsi. La sensibilità di Croce Verde nei confronti della formazione e la disponibilità di spazi appropriati grazie all’apertura nel 2022 di una casa funeraria all’avanguardia, ha fatto sì che si sia creata una naturale sinergia con la Scuola tanto da identificare nella struttura reggiana la sede ideale per le proprie attività e promuovere iniziative di approfondimento come questa giornata di incontri e confronti.
Il convegno si è concluso con la cerimonia degli Oscar della Scuola Superiore di Formazione Funeraria - Premio Carmelo Pezzino 2025, istituiti per rendere omaggio in modo tangibile ad una figura di primo piano per la Scuola e per il mon-
do della funeraria e allo stesso tempo per conferire un riconoscimento a coloro che hanno intrapreso un percorso di crescita professionale scegliendo i corsi specialistici della SSFF. Sono stati insigniti del premio per la categoria “Tanatoestica”: Rosalia Maimone, Antonello Murrocu, Andrea Scalari e Marco Valenti; per la categoria “Cerimoniere funebre”: Emanuela Antonelli, Simona Ferrari, Gaia Landini e Alessandro Storchi, mentre Oriana Sabatini Fulop ha ricevuto il premio speciale “Best friend” della Scuola.
Ricordiamo a tutti gli interessati che i corsi offerti dalla Scuola comprendono varie discipline e si svolgono sia in presenza a Reggio Emilia che online. Inoltre, su richiesta, possono essere organizzati anche presso le proprie sedi con programmi e orari ad hoc. Per informazioni sugli argomenti, le date e le modalità di iscrizione si prega di consultare il sito www.formazionefuneraria.it.
di Raffaella Segantin
Un ricordo di Oliviero Toscani, geniale provocatore che ha cambiato le regole della comunicazione e della pubblicità.
Lo scorso 13 gennaio ci ha lasciato Oliviero Toscani per una setticemia causata dall’amiloidosi, una malattia rara e incurabile che l’aveva colpito.
Si è spento a 82 anni in un ospedale della provincia toscana, terra dove aveva scelto di vivere oltre quarant’anni fa.
Figlio per così dire d’arte, essendo il padre un noto fotoreporter, Oliviero Toscani nasce a Milano nel febbraio
1942. Pubblica la sua prima foto sul Corriere della Sera, ripresa poi da testate internazionali, a soli 14 anni. È l’immagine che immortala il volto sofferente di Rachele Mussolini, durante la tumulazione del Duce. Il giovane Toscani, che stava solamente accompagnando il padre per un servizio sull’evento, era riuscito a condensare in un unico scatto la drammaticità del momento e della storia d’Italia del Ventennio.
Laureatosi in fotografia e grafica all’Università Delle Arti di Zurigo negli anni ’60, inizia molto presto a lavorare nel campo pubblicitario, distinguendosi fin da subito per la sua irruenza creativa. Dal primo spot per il cornetto Algida passa rapidamente a collaborare con le riviste di moda e costume più prestigiose a livello internazionale come Elle, Vogue, GQ, Harper's Bazaar, Esquire, Stern, l'Uomo Vogue e Donna e con le maggiori agenzie di comunicazione per cui realizzerà campagne pubblicitarie per grandi marchi del fashion e del design (Valentino, Esprit, Chanel, Robe di Kappa, Fiorucci, Prenatal, Jesus, Artemide, Woolworth, giusto per citarne alcuni) così come pure con istituzioni pubbliche quali il Ministero del Lavoro e il Ministero della Salute.
È stato un personaggio geniale e visionario fortemente controverso
e trasgressivo, come testimoniano le sue campagne di comunicazione
Una delle prime, e delle più famose per il clamore suscitato, è stata quella del 1973 che mostrava un primo
piano del “lato B” di una modella che indossa succinti pantaloncini del marchio Jesus accompagnati dallo slogan: “Chi mi ama, mi segua”. Intuibile che sia la Chiesa che la politica si dettero subito da fare per censurarla!
Inizia nel 1982 il sodalizio con Luciano Benetton, che durerà fino al 2000. Il suo apporto sarà fondamentale nel creare una forte identità aziendale e nel determinare strategie di comunicazione alternative, contribuendo in modo significativo all’affermazione e alla diffusione del brand United Colors of Benetton nel mondo. Le sue campagne, incentrate su tematiche sociali, sono innovative e dirompenti. Associare un marchio dell’industria della moda ad argomenti delicati e scomodi come il razzismo, la mafia, la malattia, l'omofobia, la guerra o la pena di morte, sembra inammissibile.
il mercoledì dalle 10:00 alle 13:00 PRIMO
► LA CREMAZIONE IN ITALIA
Documentazione e procedure
19 MAR 2025 ● docente: Sereno Scolaro
► LA CONDUZIONE TECNICA DEL FORNO CREMATORIO
Impiantistica, manutenzione e sicurezza
26 MAR 2025 ● docente: Salvatore Mineo
IL CREMATORIO ◄
Un approfondimento sugli aspetti funzionali del servizio offerto
2 APR 2025 ● docente: Luigino Alducci
OPERAZIONI CIMITERIALI ◄
Come operare correttamente, e in sicurezza, dentro al cimitero
9 APR 2025 ● docenti: Chiara Masetti e Luca Zaccherini
CERIMONIE E CONSUETUDINI DELLE RELIGIONI ACATTOLICHE ◄
Aspetti pratici e gestionali
16 APR 2025 ● docenti: Joseph Tassone e Valentina Pistolato
► SEPOLTURA DI SPOGLIE DI ANIMALI DA COMPAGNIA in luoghi dedicati o in cimiteri umani
7 MAG 2025 ● docente: Daniele Fogli
► LE LINEE D’INDIRIZZO SEFIT SULLE CONCESSIONI CIMITERIALI
Normativa, giurisprudenza e prassi
14 MAG 2025 ● docenti: Joseph Tassone e Sereno Scolaro
► RAPPORTO EMPATICO TRA OPERATORE E DOLENTE
Indicazioni per l’umanizzazione nella gestione delle pratiche funerarie
21 MAG 2025 ● docente: Daniela Rossetti
► IL PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE CIMITERIALE
L’interesse turistico e le nuove frontiere della promozione e valorizzazione
28 MAG 2025 ● docente: Renata Santoro
Ma è proprio ciò che è accaduto: sui cartelloni pubblicitari, sui manifesti e sulle pagine patinate delle riviste di quegli anni il logo dell’azienda veneta non è più abbinato a morbidi e rassicuranti maglioncini colorati, ma compare su foto di tutt’altro genere, spesso scioccanti. Un marchio di moda diventa un mezzo di promozione di campagne di sensibilizzazione sociale. Una vera e propria rivoluzione.
Affinché il messaggio sia più incisivo, Toscani non esita di avvalersi di immagini potenti, raccapriccianti, emotivamente destabilizzanti, molte delle quali saranno poi considerate autentiche opere d’arte. Sono concepite per scuotere le coscienze, neutralizzare i luoghi comuni, uc-
cidere i pregiudizi, affrontare i tabù; immagini che vengono usate come grimaldelli per sovvertire le regole, scardinare schemi prestabiliti in modo da far scorgere ciò che spesso non si vuole o non si riesce a vedere perché nascosto dalla spessa crosta delle convenzioni.
Oliviero Toscani ha immortalato le modelle e i personaggi più famosi del suo tempo ma sono le immagini che hanno caratterizzato le pubblicità di Benetton a diventare storia Foto di punta della collezione autunno/inverno 1990/91 è quella di una coperta che avvolge in un unico abbraccio due donne, una bianca e una di colore, e una bambina dai tratti orientali: la prefetta rappresentazione di una famiglia arcobaleno e multiet-
nica, presentata in tempi in cui non esisteva nemmeno il concetto di una famiglia diversa da quella tradizionale.
È del 1996 l’immagine dei tre cuori ripresi nella loro cruda anatomia, etichettati come “bianco”, “nero” e “giallo”, ma del tutto identici, per sottolineare che le razze sono solo una sovrastruttura culturale che di fatto non esistono perché dentro siamo tutti uguali.
Anche se casto, ha rappresentato un vero scandalo il bacio tra una giovane suora e un altrettanto giovane prete, diventata una delle sue opere più iconiche. Si trattava dell’ennesima provocazione per veicolare un messaggio di amore universale che per la sua forza e la sua bellezza non può essere imbrigliato in alcun ordi-
ne sociale o morale. La carriera di Toscani non è fatta solo di foto. Sono innumerevoli le iniziative da lui dirette: lavori editoriali, libri, programmi televisivi, masterclass, mostre ed esposizioni. Negli anni Novanta, sempre in collaborazione con Benetton, lancia la prima rivista globale Colors, e apre Fabrica, centro internazionale per le arti e la ricerca della comunicazione (tuttora attivo) per offrire ai giovani una opportunità di crescita creativa e di interscambio multiculturale. Nel 2004 crea in Toscana La Sterpaia, un altro centro di ricerca della comunicazione moderna, dove si tengono workshop formativi di alto livello rivolti ad un ristretto numero di giovani talentuosi. Nel 2007 ha dato vita al progetto fotografico e video Razza Umana, incentrato sulle diverse caratteristiche fisiche, somatiche, sociali e culturali dell’umanità. Porta la sua firma anche il progetto Nuovo Paesaggio Italiano, contro il degrado nel nostro Paese.
Le polemiche non l’hanno mai scalfito. Sempre caustico, sarcastico e politicamente scorretto, Toscani
non si curava di piacere, perché come ebbe ad affermare “se uno fa una cosa che piace a tutti diventa banale”. Così ha tirato sempre dritto per la sua strada, quella della provocazione ad ogni costo, senza preoccuparsi di censure, denunce e critiche più o meno feroci. Non tutti l’hanno capito anche se i suoi lavori sono stati esposti e premiati in tutto il mondo.
È stato un alternativo anche nell’ora della morte. Per suo esplicito volere non si è tenuta alcuna cerimonia pubblica. Ha lasciato questo mondo indossando una camicia rossa con penne di fagiano infilate nel taschino, jeans e cinturone da cowboy e i suoi tipici occhiali. Nella stanza tanti rami di ulivo, per far entrare un po’ della natura toscana che tanto amava, e le note di Forever young (per sempre giovane) di Bob Dylan, una delle sue canzoni preferite che è un invito a rimanere sempre giovani nel cuore e nella mente per affrontare la vita fino all’ultimo con la curiosità e la leggerezza di un ragazzo. Esattamente come ha vissuto lui.