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IN EVIDENZA
Ripartiamo a settembre dando uno sguardo alle ultime news in arrivo da alcune importanti aziende del settore: Infortunistica Tossani, l’investimento sui giovani per guardare al futuro; Urciuoli Global, qualità, artigianalità, sostenibilità e coerenza nella mission; LGM, la testimonianza dell’impresa funebre SeFur di Legnago (VR) su PleosNet; Ceramictoner, leader mondiale per i toner parla di tecnologia e della vittoria ai TANEXPO Award categoria Tech.
E ancora: crematori, facciamo una ricognizione dei piani regionali di coordinamento; marketing, gli errori di comunicazione da non fare al rientro dalle ferie; anziani e morte, il percorso dalla perdita al lutto; sondaggi, la Gen Z e l’inversione di tendenza sulla cremazione; attualità, l’ascesa della Direct Cremation nel Regno Unito; ORME, indagine sull’accettazione dei suicidi assistiti.
Infine, un viaggio nel Cimitero Monumentale delle Porte Sante a Firenze; la presentazione della XVIII edizione della rassegna Il Rumore del Lutto che proseguirà le sue iniziative fino a novembre; l’ultimo saluto alla stella del cinema Alain Delon, il bello e dannato dello schermo.
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NEWS AZIENDE
Infortunistica Tossani. Radici solide e sguardo al futuro
NEWS AZIENDE
Urciuoli Global. Qualità, artigianalità e sostenibilità
news prodotti PleosNet, l'evoluzione del rinomato gestionale Pleos
news aziende Ceramictoner. Leader mondiali per i toner
ATTUALITà
Crematori: la ricognizione dei piani regionali
marketing aziendale Gli errori di comunicazione
parliamo di... Gli anziani e la morte: dalle tante perdite al lutto
ATTUALITà
Gen Z: ritorno alle origini?
ATTUALITà L’ascesa della Direct Cremation
ORME
Suicidi assistiti: facciamo il punto
CIMITERI D'ITALIA Il cimitero delle Porte Sante a Firenze
EVENTI
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Radici solide e sguardo al futuro
di Tanja Pinzauti
Abbiamo incontrato le nuove leve dell’infortunistica bolognese, pronte a traghettare l’azienda verso nuovi traguardi.
La Tossani è la storia dell’infortunistica. Dalla sua fondazione ad oggi, il gruppo con sede a Bologna, ha fatto della scienza dell’infortunologia e dell’assistenza al cliente il proprio fiore all’occhiello.
Gruppo forte e in continua espansione, è abilmente guidato da pilastri storici come la Presidente Francesca Marchesini Tossani ed il suo braccio destro Pina Montereale, Responsabile della Direzione Generale, cuore e motore della Tossani. È proprio Pina che ci introduce alle nuove leve dell’azienda, con una punta di orgo-
glio: «La Tossani è un’azienda con radici forti ma proiettata verso il futuro. Questi ragazzi sono il futuro. Il percorso qua da noi è semplice: si parte dal bancone reception, il cuore della Tossani, e se si dimostra di avere voglia di fare, si apre un percorso di apprendistato con assunzione. Da noi c’è la possibilità di crescere e di entrare in un gruppo che è come una famiglia» spiega.
Abbiamo incontrato alcune nuove leve dal gruppo Tossani che ci hanno spiegato il loro ruolo e la loro esperienza all’interno dell’azienda.
Andrea Salvi: 30 anni, consulente su San Lazzaro/Bologna «Ho iniziato come stagista nell’agenzia di San Lazzaro a Bologna circa 7 anni fa svolgendo lavori di segreteria: ricevimento clienti, inserimento dati nel programma quindi imparando ad usare il gestionale. L’agenzia era gestita dal dottor Salvi, mio padre, che dopo essere stato maresciallo dei Carabinieri e aver lavorato all’ispettorato del lavoro di Bologna, è entrato nella famiglia Tossani. Essendo spesso fuori sede, aveva bisogno di qualcuno che gestisse l’agenzia di San Lazzaro così ho iniziato a lavorare con lui. Mi sono appassionato a questo mestiere perché ritengo che la Tossani offra un vero e proprio servizio alla società civile assistendo i propri clienti e un anno fa sono diventato consulente subentrando a mio padre. Il rapporto tra il consulente e il cliente è un rapporto sfaccettato. Noi gestiamo persone che hanno subito un danno, da quello piccolo a quello in cui si ha a che fare con i parenti della vittima. Per questo la figura del consulente funge da supporto tecnico ma anche psicologico nell’affrontare l’iter del percorso al risarcimento. Il consulente ha competenze tecniche, umane e di vendita. L’aspetto che preferisco del mio lavoro è il contatto con le persone: aiutarle e veder-
le soddisfatte a conclusione della pratica. Nella Tossani mi trovo molto bene: qui si percepisce subito l’idea di gruppo e famiglia. Si lavora tanto ma ci si sente anche tutelati e capiti».
Matteo Bonuccelli: 25 anni, front office
«Il lavoro al front office mi dà l’opportunità di seguire anche i clienti in qualità di consulente e svolgo varie attività all’interno della Tossani. Prima di lavorare qua non sapevo bene cosa fosse un’infortunistica ma al front office impari cosa è e come funziona il processo di assistenza. Il mio lavoro consiste nell’aprire le pratiche, avere una prima linea con i clienti e seguirli insieme agli avvocati, che fanno il grosso del lavoro. Mi sento un po’ uno dei punti di riferimento dei clienti che si rivolgono a noi perché spesso, anche dopo aver aperto la pratica, cercano ancora la prima persona con cui hanno parlato.
Alla Tossani ho trovato un gruppo vero, mi trovo bene con tutti i colleghi. Il mio obiettivo è arrivare a fare il consulente per avere un contatto reale con il cliente. Mi piacciono i rapporti umani con le persone. In parte questo c’è già, perché rispondendo al telefono già adesso si instaura un contatto, ma ovviamente quando si arriva a parlare di
persona la cosa è diversa. Anche i clienti stessi riescono a comprendere tutto facilmente e si riesce a gestirli meglio». Francesco Fusai: 30 anni, amministrativo
«Lavoro alla Tossani da due anni, la mia esperienza precedente era totalmente opposta: la mia era una professione artistica che mi aveva portato a una situazione di precariato durante il periodo del Covid.
Da lì la voglia di stabilità e di cambiare lavoro. In Tossani cercavano una persona che ricoprisse un ruolo nell’ufficio ricerche, quello cioè che si occupa di tenere traccia dei sinistri nelle notizie di cronaca. In realtà sono subito stato spostato al front office e da lì ho iniziato a conoscere il mondo dell’infortunistica. Dopo sei mesi al front office si è liberato un posto in amministrazione e ora è quello il ruolo che ricopro all’interno dell’azienda.
La mia è stata una crescita molto veloce: mi sono sentito accolto e ben voluto. Il mio ruolo include l’aspetto della consulenza, insieme al mio responsabile, quando i clienti subiscono un sinistro o un infortunio sul territorio di Bologna, e c’è anche una parte più amministrativa. Il mio ufficio si chiama “ufficio assegni” e ci occupiamo di gestire proprio gli assegni che arrivano dalle varie
compagnie. Bisogna capire a quale pratica si riferiscono, se sono relativi a una lesione o a un danno materiale e di che cosa sono comprensivi. Nella drammaticità dell’accaduto portiamo delle “buone notizie” da un punto di vista di risarcimento economico.
Molte volte in Italia, per i casi di responsabilità civile auto, arrivano delle offerte: questo significa che la compagnia risarcitoria sa che il danno dell’infortunato non vale meno di una determinata cifra e spesso deve anticipare una sorta di indennizzo al cliente. L’incasso di questa cifra non compromette in alcun modo la trattativa per il risarcimento, ma spesso il cliente non lo sa e quando noi chiamiamo per informarlo che è arrivata l’offerta a titolo di acconto da trattenere sul maggior danno, molti si trovano spiazzati.
L’aspetto più bello del mio lavoro è il contatto con la gente. Mi piace molto anche quel poco che faccio di contabilità perché mi sono sempre piaciuti i numeri e la matematica».
Hafida Bouaaddi: 30 anni, studio medico
«Sono nella Tossani da giugno 2019. Sono stata assunta quasi subito e sono stata inserita nell’ufficio ricerche. È il punto di partenza per tutti i nuovi arrivati ed è il punto di partenza anche dell’azienda: l’ufficio
ricerche si occupa proprio di fare ricerche in merito ai sinistri su tutto il territorio nazionale, con dinamica favorevole. In quell’ufficio ho imparato tutto quello che potevo dal mio responsabile: mi ha aiutato tantissimo a crescere non solo dal punto di vista lavorativo ma anche caratteriale. Ho ottenuto tanti risultati ed è una grande soddisfazione quando arriva il tuo responsabile e ti dice “sono molto fiero di te”.
Da semplice stagista sono diventata apprendista e ho iniziato a mostrare il lavoro ai nuovi tirocinanti. Pina è una persona molto attenta: più le dai, più lei ti gratifica e premia il tuo lavoro. Lei sapeva che il mio desiderio era quello di lavorare nello studio medico e mi ha detto: “tu continua così, vedrai che poi arriveranno soddisfazioni anche per te” e così è stato. Da un anno lavoro nel reparto medico e sto cercando di imparare il più possibile collaborando con un collega che ha moltissima esperienza. Sono molto contenta perché qui hanno creduto e investito su di me e su noi giovani.
Nello studio medico seguiamo il cliente dal momento in cui apriamo la pratica fino a quando si arriva a chiudere l’aspetto del danno fisico. Prendiamo l’appuntamento con il nostro medico per valutare se sono necessarie terapie fisiatriche oppure ortopediche e indirizziamo il cliente verso i nostri centri convenzionati. Una volta che l’infortunato è stabilizzato, il nostro medico rilascia una relazione che inviamo ai nostri liquidatori per accettazione e inviamo la documentazione all’assicurazione di controparte che passa tutto in mano al liquidatore per contrattare il danno fisico del cliente. Per quanto riguarda i sinistri mortali, ci occupiamo dei parenti delle vittime seguendoli in caso di assistenza psicologia e medica. Il mio lavoro mi dà enormi soddi-
sfazioni: quando il cliente arriva è spaesato, spaventato e traumatizzato dagli avvenimenti. Riuscire ad aiutarlo sia materialmente che psicologicamente, tranquillizzarlo ed essere presente, mi fa sentire utile. Se il cliente è tranquillo e si fida di noi, ho svolto bene il mio lavoro e mi rende orgogliosa».
Jessica Caltagirone: 32 anni, malasanità
«Lavoro in Tossani da 5 anni, ho iniziato all’accoglienza clienti, prendendo appuntamenti e rispondendo alle chiamate. Da lì ho imparato cosa è l’infortunistica, come approcciarmi ai clienti. Per me la Tossani è molto importante perché qua sono cresciuta sia professionalmente che umanamente: mi hanno dato un’opportunità di crescita lavorando un po’ in tutti i reparti e conoscendo tante persone e figure diverse. Il mio lavoro attuale alla sezione malasanità consiste nel ricevere il cliente e capire se ci sono i requisiti per aprire una posizione e farla valutare a un medico legale. Acquisisco la documentazione, faccio firmare un pre-mandato e i nostri professionisti valutano se c’è stata la responsabilità medica. Sono una consulente, una figura di riferimento per chi si rivolge alla Tossani. Nel mio lavoro diventi quasi una sorta di confidente del cliente: si sfogano su come
hanno affrontato la problematica, ti raccontano la loro storia. Una qualità necessaria nel mio lavoro è avere molta pazienza ma anche essere profondamente empatici.
Devi saper ascoltare e capire chi hai davanti perché ogni cliente ha una storia a sé. Devi anche lasciare la libertà al cliente di scegliere: io illustro quello che si può fare e li accompagno in questo percorso ma alla fine la scelta è loro. Per questo si instaura un rapporto umano con i clienti, ed è quello che mi piace qui, oltre al sostegno di Pina e dei colleghi».
Andrea Guizzardi: 23 anni, front office
«Il mio percorso per arrivare in Tossani è stato un po’ particolare. Studiavo ma per alcuni motivi ho dovuto lasciare l’università e cercare un impiego. Conoscevo già la Tossani, ma ovviamente non sapevo esattamente come funzionasse un’infortunistica e prima di lavorare qui la confondevo con le assicurazioni. Invece il tipo di servizio che svolgiamo è molto diverso. Sono stato assunto qui come stagista, poi apprendista e mi occupo del front office quindi accogliendo i clienti e prendendo le telefonate. Ora sto iniziando un percorso di gestione clienti, acquisizione pratiche, ricerca sinistri affiancato dal responsabile e dai miei colleghi.
Del mio lavoro mi piace molto il rapporto con il cliente, ascoltare le storie, conoscere le persone. Mi piace sapere che diamo un servizio di supporto in un momento di difficoltà. In futuro mi piacerebbe continuare e approfondire il percorso commerciale che sto iniziando, andare a prendere i mandati dei clienti, assisterli in maniera più diretta. Qua mi sono subito trovato molto bene. La Tossani è come una famiglia: quando ho bisogno di aiuto i miei colleghi ci sono sempre; anche i responsabili che hanno molta esperienza e titoli di studio importanti non fanno pesare la propria posizione ma anzi, sono sempre disposti a insegnare e aiutare».
Giada Mantelli: 24 anni, ufficio ricerche
«Sono molto soddisfatta di lavorare in Tossani, è un’azienda importante che conoscevo già. Al momento lavoro nell’ufficio ricerche ma da ottobre sarò spostata nello studio medico. Passare dall’ufficio ricerche allo studio medico è già un avanzamento nel mio percorso lavorativo e sono grata all’azienda che crede in me: questo è un passo importante perché imparerò molte più cose riguardo al lavoro. Lo valuto come un’occasione di crescita.
Con i colleghi mi trovo bene, si lavora molto e se qualcuno ha un
problema o necessita di supporto ci aiutiamo, ma si è creato anche un rapporto amicale. Mi trovo bene con tutto il gruppo Tossani, dai dirigenti e colleghi con esperienza ai giovani. È una famiglia in cui imparo molto e in cui mi sento accettata e valorizzata».
Un gruppo con radici solide la Tossani, che, come un albero, estende i suoi rami e le giovani foglie verso il futuro. L’investimento più arduo e lungimirante per un’azienda che continua a guardare al domani è puntare sui giovani, sulle nuove generazioni che cambiano i tempi, le leggi ed i business. Dopo le testimonianze delle giovani leve dell’Infortunistica Tossani, tra cui alcuni hanno già un ruolo con importanti responsabilità, possiamo confermare che i giovani credono in questa azienda alla quale viene dunque riconosciuta fiducia, stima e fedeltà non solo dai propri dipendenti e collaboratori, ma soprattutto dai suoi clienti nel loro momento di maggiore difficoltà. Tutto questo accade dal 1952, anno in cui venne fondata dal Prof. Michele Tossani, e prosegue da oltre 70 anni continuando ad arricchire la storia dell’infortunistica italiana ed europea.
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Qualità, artigianalità e sostenibilità
di Tanja Pinzauti
Alla base dell’azienda, una struttura valoriale solida e una coerenza nella mission.
Urciuoli Global è un’azienda storica che da anni si concentra su prodotti di qualità proponendo cofani funebri innovativi e unici all’interno del mercato funerario globale.
Ne abbiamo approfondito i temi principali con uno dei cofondatori, Costantino Urciuoli, che ci ha parlato delle sue impressioni sull’attuale mercato funerario e di come la sua azienda si sta approcciando attraverso principi di qualità, sostenibilità e artigianalità.
Dottor Urciuoli, come vede il mercato funerario attuale e come rispondete alle sfide che presenta?
«Globalizzazione, deregolamentazione e digitalizzazione sono i principali fattori che stanno influenzando le scelte dell’imprenditoria funebre implicando una riduzione dei margini e di conseguenza una frammentazione del mercato.
I percorsi virtuosi del passato sono oggi prevaricati da un’eccessiva polverizzazione e da un individualismo aziendale che ne stanno impoverendo il comparto.
È necessario rivedere il modello di business. Sicuramente deve essere più inclusivo, più orizzontale se vogliamo, dove il mercato fornisce le idee e le aziende le commercializ-
zano. In passato i clienti tendevano ad avere preferenze individuali e le aziende avevano il pieno controllo delle comunicazioni di marketing, oggi no: i clienti si lasciano influenzare ed accolgono con sempre maggiore diffidenza le comunicazioni dei brand.
Si può emergere nel marasma di un mercato super competitivo solo attraverso sincerità e coerenza con quello che è il brand. È lo scopo della Urciuoli Global: una struttura valoriale solida, una coerenza attorno ai propri valori generando verso il personale quel senso di missione, quanto maggiore è il senso di vocazione tanto alta la capacità di vincere grandi sfide».
Voi puntate molto anche sull’artigianato
«L’artigianalità è tra gli elementi di spicco che portano ad emergere nei mercati di massa come quello in cui lavoriamo. Noi della Urciuoli Global ci impegniamo a preservare l’antica tradizione dell’artigianalità nella produzione dei nostri cofani. L’artigianalità si manifesta attraverso dettagli raffinati, intagli intricati e una lavorazione meticolosa, dove ogni passaggio, attraverso la ricerca della perfezione, porta alla creazione di cofani funebri di singolare pregevolezza creando un tributo di rara eleganza».
Parliamo anche delle vostre famose urne artistiche «È indubbiamente qualcosa di unico, straordinario. L’idea nasce dalla volontà di proporre un oggetto che ben si coniughi con l’amore per l’arte mantenendo costante la presenza delle persone vicine, un omaggio a chi abbiamo amato, una dedica nel tempo, una scelta condivisa dalle persone sensibili che danno alla loro dedica una definizione artistica da tenere accanto.
Ci siamo ispirati alle sculture degli artisti di fama internazionale Giacomo Manzù e Amedeo Modigliani per proporre urne cinerarie di grande pregevolezza artistica, innovative e non convenzionali; capaci di comunicare una prospettiva diversa che ci incoraggia ad una riflessione sulla bellezza e l’unicità della vita, oltre che sulla sua transitorietà, onorando la persona e il suo lascito nel mondo.
Le urne sono in tiratura limitata, riprodotte nel mondo per un numero di 99/99 esemplari, accompagnate da un certificato di autenticità, fuse in bronzo mediante tecnica a “cera persa” e rifinite a mano da una primaria Fonderia d’arte Italiana. Il design, la tiratura limitata e la realiz-
zazione artistica conferiscono un valore unico ed elitario a questi prodotti che sono delle vere opere d’arte».
Mi parla del vostro impegno nella sostenibilità?
«La responsabilità verso l’ambiente è un imperativo fondamentale per preservare le risorse forestali e mitigare gli impatti ambientali e si estende non solo alle generazioni presenti, ma anche quelle future. Il cambiamento climatico è un problema attuale che non possiamo ignorare: in questo senso, il legno si afferma come protagonista di materia prima, è una fonte rinnovabile in tutti i contesti delle nostre filiere.
Siamo impegnati nel garantire il futuro dei luoghi da cui preleviamo la nostra materia prima impiegando l’uso di risorse sostenibili e riducendo l’impatto ambientale: dall’estrazione del legno, alla lavorazione fino allo smaltimento. Abbiamo un approccio che enfatizza il riciclo e il riutilizzo creando un ciclo chiuso dove i prodotti di legno a fine vita vengono riciclati o trasformati in nuovi prodotti o fonti di energia. Questo avviene attraverso
una gestione corretta delle foreste, per dare equilibrio al pianeta, e a una gestione responsabile grazie a l’utilizzo delle risorse naturali minimizzando gli sprechi.
La sostenibilità può essere applicata in tanti campi: dal legno sostenibile proveniente da un ecosistema che non danneggia e non compromette bisogni futuri, al tipo di macchinari ed energia impiegati all’interno dell’azienda. I nostri prodotti sono di rara bellezza realizzati con un approccio naturale in tutte le fasi di lavorazione: oggi il mercato fornisce idee in questo senso e le aziende possono realizzarle. Si può arrivare ad un mondo sostenibile nel momento in cui la responsabilità è di tutti».
La storia della Urciuoli Global
I membri dell’azienda:
Fulvio Urciuoli - Fondatore
Costantino Urciuoli - Cofondatore
Fabio Urciuoli - Cofondatore
Anni fa nasceva la Urciuoli Global con Fulvio Urciuoli storico iniziatore della Famiglia dove, insieme ai figli Costantino e Fabio, perpetua i valori di onestà, integrità e responsabilità nei confronti della clientela offrendo prodotti di grande qualità e bellezza estetica che sono il risultato di un impegno a preservare l’antica tradizione dell’artigianalità nella produzione di cofani funebri.
Un'artigianalità che si manifesta attraverso la maestria degli artigiani della trentennale azienda di produzione in Costa d’Avorio dove ogni cofano racconta una storia di passione, tradizione e innovazione.
@Ciroldispa Ciroldi spa ciroldi_spa
PleosNet, l'evoluzione del rinomato gestionale Pleos
di Raffaella Segantin
Abbiamo raccolto la testimonianza dell’impresa SeFur di Legnago (VR), da poco passata alla nuova piattaforma PleosNet.
Pleos®, il gestionale di LGM Software che ha conquistato il settore delle onoranze funebri per la sua versatilità e facilità d’uso, non cessa di evolversi per essere sempre più completo e adeguato alle esigenze di un mercato anch’esso in piena trasformazione.
Oltre agli ordinari interventi di aggiornamento che avvengono in ma-
niera costante, in questi ultimi anni l’applicazione è stata oggetto di una riscrittura totale ripartendo da zero, migliorandone sia la grafica che la funzionalità: un’operazione che ha portato alla nascita di PleosNet, un upgrade significativo rispetto alla precedente versione.
Come ci ha spiegato il titolare Giordano Milli, tutto ciò parte dal cliente,
La nuova Casa Funeraria di SeFur
anzi è proprio grazie a lui che, nel presentare richieste e problematiche specifiche, siamo continuamente stimolati ad una incessante ricerca per offrire un prodotto oltremodo performante e competitivo.
Per garantire un’assistenza ancor più capillare e tempestiva, LGM sta rin novando e ampliando anche la pro pria struttura aziendale Giordano Milli, abituato a gestire in prima persona i clienti sia dal punto di vista commerciale che tecnico, a rendersi conto che concentrare tutto su di sé poteva essere controprodu cente per lo sviluppo dell’azienda, e decide così di inserire nel proprio or ganico una squadra di programma tori per rivedere l’intera piattaforma e snellire i tempi di attesa.
Il parco clienti di LGM Software è davvero vasto e vario, tanto che è guadagnato la fiducia dei più importanti gruppi funerari italiani Ma ad ogni azienda, grande, media o piccola che sia, vengono dedicati pari attenzione e impegno, come ci confermano gli ultimi clienti (cro
nologicamente parlando) che hanno scelto Pleos®. Si tratta di Giulio Furini e Roberto Segantini della SeFur di Legnago (VR), a cui chiediamo di raccontarci la loro esperienza.
Signor Segantini, ci vuole innanzi
tutto presentare la vostra attività? «SeFur è un’impresa relativamente recente, costituita nel 2013 unendo le competenze del mio socio Giulio Furini, che già vantava un lungo precorso nelle onoranze funebri e la mia di marmista. Il nome, come facilmente intuibile, è la fusione dei nostri due cognomi, Segantini e Furini. Oltre ai due soci titolari lo staff è composto dai miei due figli Riccardo e Niccolò, dipendenti a tempo indeterminato, e da un’ulteriore risorsa a chiamata per i servizi funebri. Operiamo su un territorio di circa 50 km di raggio che comprende il comune di Legnago e i paesi limitrofi, ma al bisogno ci spostiamo anche in altre zone».
Avete recentemente aperto anche una casa funeraria… «Fin dall’inizio il mio socio Furini accarezzava l'idea della casa funeraria poiché, provenendo da questo mondo, ne aveva chiaramente intuito le potenzialità. Sono stato totalmente contagiato dal suo entusiasmo comprendendo da subito che quello era
il futuro del nostro lavoro e così 2018 abbiamo inaugurato Athesis la nostra funeral home in zona Vigo di Legnago dove ora abbiamo anche trasferito la nostra sede. Athesis di spone di 4 sale dedicate ai feretri con salottino attiguo per le famiglie, una sala autoptica per le vestizioni, una show room per l’esposizione di cofa ni ed accessori funerari e cimiteriali ed infine una sala relax a disposi zione di tutti coloro che vengono a salutare i loro cari. Per poter dare un servizio all’altezza di una struttura che si vuole distinguere per qualità e innovazione, non abbiamo tralascia to la formazione, tanto che io stesso mi sono specializzato nelle tecniche di trattamento della salma e di tana toestetica frequentando diversi corsi proposti dalla Scuola Superiore per la Funeraria».
Va da sé che affidarsi a programmi informatici efficienti rappresenta un aiuto concreto nella gestione del lavoro che diventa sempre più complesso. Come avete conosciuto Pleos e perché l’avete scelto? «Abbiamo visitato lo stand di LGM Software all’ultima edizione di Tanexpo dello scorso aprile e siamo rimasti davvero colpiti dalla dimostrazione di Pleos® nella nuova versione PleosNet. In particolare, è piaciuto molto a mio figlio che è colui che segue tutta la parte informatica di SeFur, per le sue caratteristiche di chiarezza, semplicità e praticità, tanto che abbiamo deciso quasi all'istante di abbandonare il gestionale in uso e adottare Pleos®. Gioco forte lo ha fatto la grande competenza dello staff LGM in materia di onoranze funebri e la possibilità di nascondere tutti i campi che non sono di nostro interesse con semplicissimi click, guidati dai tecnici di LGM in teleassistenza. In pochi giorni ci hanno cucito un programma su misura che abbiamo potuto scegliere se tenere sul web in modalità cloud
oppure installare direttamente sulle nostre macchine, pagando la relativa licenza d’uso, in modo da poter continuare ad utilizzarlo anche nel caso, del tutto ipotetico, di un’interruzione del rapporto con la casa madre. Ma anche optando per il cloud, con un accordo in fase contrattuale che prevede il pagamento della licenza d’uso nell’ipotesi di risoluzione del rapporto, se si desidera continuare a consultare il gestionale, viene garantita l’istallazione del programma nei nostri PC, al fine di non perdere in nessun modo lo storico dei nostri dati».
Se dovesse fare un raffronto con altri sistemi simili, quali ritiene siano i punti di forza di Pleos?
«Oltre alle doti di praticità che le accennavo, non posso non citare i costi, decisamente concorrenziali e vantaggiosi con un importo fisso annuo senza sorprese. Per non parlare dell’assistenza, puntuale e immediata. Qui non ci sono quei sistemi poco simpatici, ma molto diffusi, di ticket da aprire dove segnalare il problema nella speranza di ricevere una chiamata in tempi brevi: il contatto è sempre diretto e improntato alla massima cortesia. Inoltre - conclude Giulio Furini - sono stato felicemente sorpreso nel constatare che, contrariamente all’applicativo che usavamo prima funzionante solamente in ambito web, qualsiasi modifica apportata non comporta alcun costo, anzi sono ben contenti di poter intervenire per migliorare la qualità del servizio».
Con la versione PleosNet, LGM conferma il suo ruolo di primo piano nella creazione di software per il comparto funerario, che includono vari segmenti di operatività. Oltre ai pacchetti per imprese funebri, centri servizi, case funerarie, fiorerie nonché per alcune aziende produttrici, ora è possibile soddisfare a livello informatico anche il settore pet e la gestione della cremazione degli animali. Un partner a tutto tondo su cui poter contare!
Leader mondiali per i toner
L’azienda tedesca con oltre 30 anni di esperienza
ha vinto il TANEXPO Award categoria Tech
La tedesca Mz Toner Technologies , fondata dal titolare Michael Zimmer nel 1993, è leader a livello mondiale nei toner per la ceramica.
Nella produzione tradizionale delle serigrafie cotte su ceramica, l’azienda rifornisce e collabora con i produttori più rinomati in Europa e America. I suoi clienti includono Villeroy & Boch, Hermès Paris, The Walt Disney Company, Faïençerie de Gien, Vista Alegre e Kohler Decenni di esperienza e competenze tecniche uniche sono la base su cui è stato sviluppato il primo toner per ceramiche in quadricromia per le stampe digitali da loro ideato con
brevetto internazionale. Da qui si sono sviluppati Mz Toner Technologies e il suo brand Ceramictoner
Durante la partecipazione a TANEXPO, la fiera funeraria e cimiteriale più importante d’Europa che si è tenuta a Bologna dal 4 al 6 aprile, l’azienda ha stupito l’industria funeraria internazionale con la propria tecnologia pionieristica in materia di stampa digitale, grazie al design personalizzabile e conveniente per targhette, urne, targhe commemorative e croci in ceramica, vincendo i TANEXPO Awards 2024 nella categoria Tech.
Seguendo il motto “La perfetta
decalcomania su ceramica in un minuto”, il focus dell’azienda si è concentrato sulla carta pre patinata per stampa diretta che consente la stampa in tempi record e con sforzo minimo, ma al contempo offre massima brillantezza del colore grazie ai loro speciali toner. Un altro aspetto da sottolineare è che Ceramictoner rende possibile personalizzare intere lastre tombali e quindi anche progettare grandi aree con decorazioni personali e messaggi, curando la qualità di ogni singolo pezzo.
Le immagini su ceramica di grande formato non sono solo sorprendenti ma danno anche un tocco dignitoso
e inimitabile ai monumenti commemorativi. Il prodotto stampato è incastonato sulla superficie ceramica e i pigmenti del toner vengono cotti direttamente nel forno così da rimanere impressi per l’eternità.
«Siamo molto lieti di ricevere questo Award che conferma la nostra continua ricerca e lo sviluppo nel campo della stampa digitale su ceramica» ha dichiarato Michael Zimmer, proprietario e consigliere delegato da Mz Toner Technologies, durante la premiazione.
David Zimmer, membro del consiglio di amministrazione di Mz Toner Technologies ha illustrato il lavoro dell’azienda rispondendo a qualche domanda sulla tecnologia Ceramictoner e sulla vittoria del premio ricevuto durante TANEXPO 2024.
Come produttori di stampe su ceramica di alta qualità, avete partecipato a TANEXPO per la prima volta e avete vinto l’Award per la categoria Tech: in che modo avete colpito la giuria?
«Il nostro slogan durante TANEXPO “la perfetta stampa digitale su ceramica in un minuto” la dice tutta: con l’invenzione e il brevetto del primo toner ceramico al mondo nel 1993, Mz Toner Technologies, ovvero mio padre Michael Zimmer e tutti noi, abbiamo accumulato, per più di 30 anni, esperienza nella produzione, applicazione e finitura di prodotti in ceramica.
Quello che il nostro gruppo riesce a realizzare è impareggiabile: per decenni abbiamo prodotto il toner perfetto che avesse risultati ottimali per i nostri clienti, così come la profilazione del colore e i materiali di trasferimento come la carta, al 100% prodotta in Germania.
La nostra esperienza arriva dal nostro impianto di serigrafia che usiamo ancora oggi per produrre le finiture, per clienti conosciuti in tut-
to il mondo nel settore del lusso. Abbiamo trasferito questa conoscenza con successo alla stampa digitale, alla conversione delle macchine e, soprattutto, a un facile utilizzo per i clienti».
Cosa differenzia i prodotti di Ceramictoner da quelli della concorrenza e cosa li rende così speciali?
«La nostra particolarità è la scienza dei materiali applicata alla produzione di toner, combinata con la nostra decennale esperienza lavorativa sulle stampe di eccezionale qualità fornite ai più grossi ceramisti mondiali.
Offriamo questa esperienza e assicuriamo risultati unici ai nostri clienti attraverso la semplificazione che abbiamo operato per la realizzazione della stampa digitale su ceramica, una tecnologia introdotta da Mz Toner Technologies. La nostra conoscenza derivata dalla ricerca e dallo sviluppo è unica al mondo e la applichiamo sia nelle decalcomanie su ceramica che sui set di
toner che nello sviluppo delle nuove tecnologie».
Che obiettivi avete nel campo della stampa digitale su ceramica e cosa si può aspettare l’industria del settore funebre in termini di sviluppo?
«Il nostro focus è di fornire sempre le soluzioni migliori per i nostri clienti. Ecco perché abbiamo sviluppato un’altra novità nel settore dei toner che sarà di grande beneficio ai nostri utenti: un set di magenta senza derivati reali dell’oro ma che, su stampa, risulta indistinguibile rispetto a quella con oro reale. Questo risultato competitivo e il prezzo vantaggioso, comparato alla situazione attuale del mercato, certamente sarà un argomento chiave quando esporremo nuovamente a TANEXPO 2026. Il nostro obiettivo sarà quello di difendere il nostro primo posto al mondo nella categoria Tech!»
Maggiori informazioni sui prodotti e le tecnologie Ceramictoner su: www.ceramictoner.com
Crematori: la ricognizione dei piani regionali
di dANIELE FOGLI
La maggior parte del territorio
italiano ancora priva dei piani di coordinamento.
La cornice normativa
La normativa italiana per la installazione e gestione dei crematori è sostanzialmente contenuta in pochi provvedimenti di settore: nell’art. 343 del T.U. Leggi sanitarie R.D. del 27/7/1934, n. 1265 e nell’art. 78 del D.P.R. 10/9/1990, n. 285.
Inoltre, con riferimento alle emissioni in atmosfera, i crematori sono autorizzati ai sensi dell’articolo 269 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., nell’ambito dell’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) di cui al D.P.R. 59/2013. In aggiunta, la cornice normativa statale principale è nella L. 30 marzo
2001, n. 130, dove:
• L’art. 5 rimanda a decreto interministeriale per la fissazione del sistema tariffario, oggi con valori massimi per il territorio italiano, da adottare in ogni Comune.
• L’art. 6 comma 1 affida il compito di pianificazione delle installazioni dei crematori alle Regioni, con almeno un impianto in ogni territorio regionale.
• L’art. 8 rimanda a decreto interministeriale che fissi prontamente le caratteristiche tecniche dei crematori e della cremazione.
Allo stato attuale risulta presente la normativa statale tariffaria (D.M. 1/7/2002 e D.M. 16/5/2006). È invece assente quella tecnica statale specifica per i crematori, che la legge prevedeva dovesse essere emanata entro il 2001.
Circa la pianificazione regionale si ha una variegata situazione diversa da regione a regione e in taluni casi da provincia in provincia. In assenza di pianificazione regionale, la localizzazione del crematorio è libera come scelta di comune, pur sempre entro un cimitero, fatte salve le norme specifiche vigenti e comunque su base autorizzatoria AUA.
Di fronte ai timori delle popolazioni interessate a nuovi insediamenti di crematori, si è sviluppato da qualche anno un fronte contrario alla realizzazione di nuovi impianti, soprattutto per timori legati alle emissioni in atmosfera.
I piani di coordinamento regionali dei crematori
La situazione delle installazioni di impianti di cremazione nel 2022 (ultimi dati noti SEFIT) è in figura 1 per la collocazione e in figura 2 per numerosità di cremazioni totali per impianto.
Figura 1
Localizzazione dei 91 crematori esistenti
Figura 2
Numero di cremazioni totali per impianto
Pressione sempre “SOTTO CONTROLLO”
Nelle sepolture per tumulazioni i gas prodotti dalla decomposizione raggiungono pressioni tali da causare lo scoppio della cassa di zinco. La Valvola Depuratrice ProTP elimina completamente questo pericoloso inconveniente grazie al suo sistema di sfiato automatico. Il sistema entra in azione ad una sovrappressione superiore o uguale a 0,03 atmosfere (0,030 bar) scaricando attraverso un depuratore di carboni attivi i gas ormai inodori. Tornati normali i livelli della pressione, la valvola si chiude (e con essa il ciclo di depurazione), entrando nuovamente in funzione al successivo aumento. Disponibile anche ordinando online su www.coccatoemezzetti.com
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Sui modi e i tempi adottati a livello regionale per pianificare la installazione di crematori, vi sono differenze. Alcune regioni (Emilia-Romagna, Puglia e Sicilia) hanno puntato sulla delega alle province per la pianificazione dei crematori. Le altre regioni mantengono la propria competenza pianificatoria.
La normativa regionale della Lombardia per coordinare l’installazione dei crematori è stata la prima ad
essere emanata e ancor oggi appare tra le più interessanti. Piuttosto completa anche la recente norma dell’Abruzzo. Quella della regione Veneto è fortemente sbilanciata ed eccessiva sull’aspetto emissioni in atmosfera e rende complicato insediare nuovi impianti. Quella del Piemonte è orientata a contenere nuove installazioni, vista la sovrabbondanza di impianti già esistenti. Il recentissimo piano di coordinamento dei crematori in Campania, basato sui
criteri della L. 130/2001, prevede un raddoppio delle potenzialità crematorie regionali, con la installazione di ulteriori 6 impianti. È in fase di avanzata discussione, il piano di coordinamento dei crematori della regione Toscana.
La situazione attuale (alla data di fine luglio 2024) è sinteticamente esposta in figura 3, dove è raffigurata la mappa delle scelte pianificatorie regionali per le installazioni di nuovi crematori.
In verde sono indicate le regioni che hanno adottato una normativa di pianificazione dei crematori. In alcuni casi anche eccedendo rispetto ai limiti fissati con legge all’art. 6 della L. 130/2001.
In nocciola le regioni dove si ha una pianificazione provinciale in buona parte operativa.
In rosa le regioni dove vi è un blocco della possibilità di realizzazione di crematori fino alla adozione del piano regionale di coordinamento.
In grigio le regioni dove si possono installare impianti senza particolari condizionamenti regionali (vi è inserita anche la Puglia, la quale sembra abbia deciso le localizzazioni nella sola provincia di Lecce).
In alcune di queste regioni la scelta del comune di localizzazione dell’impianto deriva dall’emanazione d’un bando di interesse, con successiva valutazione delle proposte dei comuni che si candidano ad accogliere l’impianto.
Diverse regioni, inizialmente, hanno puntato su bacini di ogni crematorio dell’ordine dei 400/500.000 abitanti, con una numerosità di cremazioni con break even point dell’ordine delle 1.200 cremazioni/anno per linea. Tale standard deriva storicamente da valori medi di bacino di popolazione gravitante su ogni crematorio, presi da dati medi europei di una ventina di anni or sono. In realtà l’operatività attuale in Italia, in aree dove la cremazione è in una fase matura, permette di avere a riferimento valori medi tra le 1.500 e le 1.750 cremazioni/anno per linea, mentre il dato di 1.200 cremazioni/anno per linea è valido soprattutto per zone con bassa incidenza di cremazioni totali (cadaveri + resti mortali), quin-
di nella fase iniziale dello sviluppo di tale pratica funebre. Se costruissimo una mappa del Paese con un raggio di 30 km in linea d’aria attorno a ciascun crematorio esistente, si potrebbero chiaramente individuare le zone scoperte, dove necessitano impianti in base al criterio della distanza. Criterio che però è da considerare unitamente anche alla situazione orografica e quella delle vie di grande comunicazione, che agiscono rispettivamente in aumento o diminuzione dei tempi di percorrenza per raggiungere il crematorio.
La carenza strutturale della rete italiana di crematori è quindi evidente per l’intero Centro Italia, ad esclusione della Toscana, Sud e Isole, mentre al Nord vi è spazio per pochi nuovi impianti, mentre è necessaria la valutazione del rafforzamento della potenzialità (numero forni) dei crematori già presenti. Altro elemento che aiuta a comprendere dove collocare gli impianti di
cremazione è la concentrazione di popolazione o, meglio, la numerosità di defunti annui nel bacino di operatività di ciascun crematorio.
Concludendo, a più di venti anni dall’attribuzione del potere alle regioni di pianificare l’installazione di crematori, resiste la maggior parte dei territori italiani ancora privi dei piani di coordinamento. Hanno ottemperato, e quasi sempre in ritardo, regioni dove nel frattempo la cremazione si era ampiamente diffusa e quindi la pianificazione ha preso atto di scelte compiute da altri e cioè soprattutto dai promotori di finanza di progetto. Ed è evidente che, con la diffusione che ha avuto la cremazione nel nostro Paese, è sempre più necessaria una visione di insieme, di rete nazionale dei crematori e non più solamente del solo coordinamento regionale. Ciò è emerso prepotentemente al tempo della pandemia, ma col crescere della scelta cremazionista è ormai un fatto ineludibile.
Gli errori di comunicazione
di Serena Spitaleri
Qualche consiglio su cosa fare
o non fare per raggiungere il proprio pubblico sui social.
L’estate è finita e questo periodo, per la maggior parte dei professionisti che si occupano di comunicazione, è sinonimo di reportistica e riflessioni.
Ciò accade a prescindere dal settore, che sia soggetto alle variabili imposte dall’avvicendarsi delle stagioni o meno. Ho pensato dunque di aiutarti a tirare le somme, offrendoti degli spunti di riflessione utili a comprendere se stai monitorando in modo corretto il tuo investimento in comunicazione.
Stai percorrendo la strada giusta se effettivamente arrivi al tuo target,
tanto per cominciare. E se sei arrivato al tuo pubblico non puoi esimerti dal tentativo di sondare cosa succede negli store virtuali dei tuoi competitor e nel panorama della comunicazione digitale in generale. Perché la comunicazione oggi corre alla velocità della luce: il ritmo con il quale possiamo raggiungere pubblici di grandi dimensioni e le possibilità di profilarli in modo capillare, sembrano alla portata di molti. Ma se non si acquisiscono le competenze necessarie per utilizzare i nuovi media digitali nel modo corretto, il rischio di investire tempo e denaro
in progetti di comunicazione perfino controproducenti si impenna. Mi auguro dunque che alla fine di questa lettura tu possa trarre delle conclusioni utili a migliorare, o magari a dare il via, a un progetto di comunicazione in linea con le esigenze della tua azienda e con le aspettative della tua clientela.
I tuoi messaggi stanno
arrivando?
L’errore più frequente che si appresta a compiere chi gestisce un progetto di comunicazione digitale home made risiede proprio nella convinzione che, essendo i nuovi media capaci di raggiungere un’ampia platea in ogni momento della giornata, sia sufficiente pubblicare il proprio messaggio affinché venga fruito da tutti quelli che ci seguono. E in ogni canale. Ma, come abbiamo spiegato su qualche precedente numero di questa rivista, non funziona proprio così!
Se è vero che i social media e in generale tutti gli strumenti che si av-
valgono del digitale, possiedono potenzialità enormi e possono raggiungere una fetta di pubblico vasta, è altrettanto vero che non è sufficiente lasciare il nostro messaggio sulla bacheca del social in questione e aspettarci che sia possibile che venga interiorizzato o banalmente letto da chiunque.
I mezzi di comunicazione digitale sono infatti soggetti, in generale, alle regole del proprio algoritmo specifico del mezzo, ma tutti hanno in comune una caratteristica: l’utente viaggia su due strade distinte ossia traffico organico e traffico a pagamento. Voglio dirti che se pensi di pubblicare il tuo messaggio su Meta (di cui fanno parte Facebook e Instagram), per esempio, e ritieni
Moon
Concetto che evoca purezza e romanticismo. La forma sferica e la sua lavorazione materica, rimandano all’astro di cui porta il nome. Le sue applicazioni decorative, ci permettono di apprezzarla in più vesti estetiche.
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che questa semplice azione sia garanzia del fatto di aver raggiunto i 4.000 utenti che ti seguono, stai sbagliando.
È dunque giunto il momento di guardare i dati analitici di tutte le tue piattaforme e fare una riflessione sulle fonti e le tipologie di traffico che caratterizzano i tuoi presidi digitali, stilando un report stagionale che ti dia un’immagine dello stato dell’arte del tuo progetto di comunicazione. In questo modo potrai raddrizzare il tiro o migliorare la tua strategia. Ti consiglio di:
• monitorare le fonti di traffico;
• analizzare il rendimento dei tuoi contenuti di successo per riproporli dando loro una nuova veste;
• analizzare il tuo target: potrebbe aver subito dei cambiamenti in termini di localizzazione oppure demografia negli ultimi tre mesi.
A chi stai parlando?
Un’analisi dei segmenti di pubblico che ti segue e di quelli ai quali ti vuoi rivolgere deve produrre tre effetti:
• Suggestione;
• Persuasione;
• Influenza.
Gli utenti che visitano il tuo negozio virtuale possono essere riuniti in cluster, è vero, ma tieni a mente che saranno eterogenei e con caratteristiche specifiche, poiché:
• possono avere diversi obiettivi o stadi di prontezza rispetto al brand o al prodotto che stai comunicando;
• ognuno degli scopi che guidano il comportamento di ogni utente è legato al differente senso di urgenza, quantità e qualità delle informazioni che possiede;
• si relazionano con il tuo messaggio con modalità differenti sulla base di cosa sanno o cosa vogliono sapere del brand/prodotto/servizio.
In sintesi: ogni utente avrà un livello di conoscenza del tuo brand o del
tuo prodotto diverso e dovrai averne contezza nel momento in cui ti appresti a impostare il tuo piano di comunicazione, in modo da prevedere messaggi e formati che vadano incontro alle caratteristiche del tuo target.
Che tu abbia in cantiere un progetto di comunicazione aziendale o sia navigato in questo senso, è il momento giusto per fare una riflessione sui destinatari del tuo messaggio per svariati motivi, ecco i principali:
• confezionare un messaggio in linea con le aspettative della tua audience;
• migliorare la percezione che il pubblico ha del tuo brand;
• ottenere informazioni utili sulla tipologia di pubblico che ti segue e magari sopperire a una domanda latente con i tuoi prodotti o servizi;
• utilizzare formati in linea con il tuo pubblico oltreché con la piattaforma che abiti.
Insomma, ogni messaggio deve ave-
re un destinatario specifico. Il target con il quale intendi impostare un dialogo deve essere chiaro e definito nella tua testa se vuoi creare basi solide sulle quali far crescere il tuo progetto di comunicazione. Un esempio? Non puoi pensare di essere su Facebook e Instagram e pubblicare post in modalità automatica identici per le due piattaforme poiché i pubblici delle due app differiscono sensibilmente per età anagrafica e modalità con le quali recepiscono i messaggi. Questa tipologia di riflessione ti aiuterà a raggiungere uno stile di comunicazione personale, un tone of voice coerente e, soprattutto, il tuo pubblico in modo immediato!
Cosa sta succedendo là fuori?
Fuori dalle tue piazze digitali i tuoi competitor comunicano. E anche quelli che non lo fanno esprimono qualcosa, perché ricorda: è impossibile non comunicare. Anche
il silenzio parla. Se hai deciso, per esempio, di non abitare nessun canale di comunicazione digitale, stai dicendo al tuo pubblico attuale che sarà più difficile raggiungerti. Attenzione: non voglio suggerirti di essere onnipresente e presidiare contemporaneamente Tik Tok, Instagram e Facebook senza criterio, rincorrendo ogni nuovo trend che si palesa nell’orizzonte delle possibilità offerte dal mondo della comunicazione digitale. Sarebbe una perdita di tempo e di denaro. Sto solo dicendo che se decidi di promuovere la tua azienda su uno di questi potenti mezzi, devi essere presente e con modalità coerenti.
Se per esempio hai aperto una pagina Facebook che non curi, stai facendo capire a chi entrerà nel tuo spazio virtuale che sei assente e non hai nulla da offrire. Prenditi un momento per valutare i nuovi trend,
capire in che termini possono essere utili per comunicare la tua offerta o valorizzare la tua identità. E non dimenticare di osservare i competitor: analizzare come si sono mossi nell’ultimo periodo in termini di comunicazione implica la possibilità di osservarli da un punto di vista privilegiato: quello dell’utente. E offre spunti di riflessione sulle tue mancanze o suggerisce nuove opportunità da proporre alla tua di clientela.
Una nuova stagione è alle porte: è ora di tuffarsi in questo nuovo momento dell’anno lasciandosi alle spalle gli errori commessi e portando con sé le cose buone fatte in termini di comunicazione. E se ti dovesse servire una mano contattami: potrei arricchire di sfumature che non avevi considerato il tuo progetto di comunicazione a partire da questo autunno!
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Gli anziani e la morte: dalle tante perdite al lutto Prima parte.
di Elisa Mencacci
La vecchiaia non è una malattia.
La malattia può essere presente, con traiettorie e percorsi di perdite specifiche (dalle patologie croniche più comuni dell’invecchiamento, alle malattie oncologiche, fino a patologie lunghe e progressive come la demenza di Alzheimer). La vecchiaia è un momento della vita naturale, universale e riconosciuto, ma a cui molti arrivano “impreparati”, spesso diventando un vero e proprio tabù. Un tabù, come la stessa morte. Cosa accade quando ci avviciniamo
all’età anziana, cosa caratterizza il nostro rapporto con la morte ed il morire? Da anziani c’è inevitabilmente una maggior attenzione al morire e una maggior possibilità di riflessione su temi di natura esistenziale o spirituale, proprio per la vicinanza alla fine della vita. Gli anziani pensano più frequentemente alle perdite, proprio per le numerose morti a cui assistono nel breve tempo (fratelli, amici, coetanei). Inoltre, la solitudine caratteristica dell’età anziana amplifica
Foto di AmmentorpDreamstime
«Non è la morte che le persone molto anziane mi dicono di temere, è quel che la precede: perdere l'udito, la memoria, gli amici più cari, le abitudini di vita. Come mi disse Felix: "la vecchiaia è una serie ininterrotta di perdite"» (Gawande, essere mortale).
il vissuto di lutto e di perdita, rendendo più frequenti possibilità di depressione, isolamento. Questo non vuol dire che l’anziano debba inesorabilmente vivere con angoscia e disperazione il momento della morte, ma anzi possa essere accompagnato in un percorso di progressiva accettazione. Rispetto alla mezza età, molti anziani vivono l’idea della morte come qualcosa di naturale, da non temere. Gli anziani, diversamente da quanto si è portati a credere nel sentire comune, possiedono ancora capacità personali che possono aiutare a far fronte a una perdita importante, come ad esempio l’attitudine alla reminiscenza, al ricordo. Gli anziani sono più propensi a comunicare e
a esprimere emozioni attraverso la rievocazione di ricordi passati e possono essere abili a gestire in modo efficace e a moderare le emozioni forti. Per questo, diventa importante poter lasciare all’anziano spazio e tempo per poter elaborare e raccontare: delle sue perdite, del suo rapporto con la vita e, quindi, anche con la morte. Parlare della morte è per l’anziano non solo di beneficio, ma molto più naturale e spontaneo di quanto si possa pensare.
"Invecchiare vuol dire vivere un lutto parziale e fare i conti con il lutto anticipatorio verso se stessi" (Cazzaniga, 2018). È qualcosa che riguarda la nostra persona ma, inevitabilmente, tutto il sistema di relazioni e
connessioni che abbiamo. Di fronte all’ingresso nella (ormai) quarta età si assiste a diverse reazioni possibili: un sentimento nostalgico che prende spunto dalla consapevolezza “del tempo che passa e non torna più”, la ricerca di “riempimenti, intrattenimenti” fino al vuoto percepito o anche di espedienti per rallentare o mascherare il più possibile l’invecchiamento, l’accettazione di un percorso naturale, la valorizzazione del tempo che rimane, l’incontro con una nuova “saggezza” e prospettive prima non riconosciute. Non esiste un’unica reazione all’invecchiare, così come non esiste un’unica prospettiva di avvicinamento alla morte ed al morire. Certo, dietro alla paura di invecchiare spesso si cela
quell’angoscia di morte che rende tutti umani, quindi fragili e vulnerabili.
La paura della morte può divenire obiettivo da “combattere” attraverso il ricorso a strategie, illusorie, di ricerca di immortalità, giovinezza a tutti i costi. Negare l’invecchiamento, camuffarlo, potrebbe rappresentare un errore, in quanto il negabile è inevitabile, e i costi potrebbero essere alti.
Vivere il lutto parziale della vecchiaia significa lasciar andare il tempo trascorso, ricordandolo con nostalgia, senza però accanirsi verso sé stessi o altri per non riuscire ad avere o mantenere ciò che si aveva.
Ciò che sembra più auspicabile è evitare che l’impotenza logori (“non posso far nulla, si invecchia e poi si muore”), non abbandonarsi passivamente al trascorrere del tempo e degli eventi, non alimentare aspettative illusorie, ma sfruttare le possibilità ancora a disposizione.
L’età anziana è contrassegnata da tante, molteplici, perdite, le quali possono avvenire una dopo l’altra, ravvicinate o distanziate nel tempo. Spesso queste “mancanze” si accumulano e questo può rendere il lutto dell’anziano più difficile da elaborare. Quanti cambiamenti nell’invecchiare: mutamenti drastici del proprio corpo, delle abilità quotidiane, del funzionamento della vita di tutti i giorni, del proprio modo di vedere le cose e di pensare agli eventi presenti e al futuro, cambiamenti cognitivi e fisici.
L’anziano sperimenta da subito una progressiva perdita della salute Occorre fare molta attenzione ai cambiamenti non visibili, primo tra tutti la perdita dell’udito, la quale può condurre a un progressivo isolamento e anche a ripercussioni sull’aspetto cognitivo.
Con il passare del tempo si assiste poi ad una progressiva perdita di
autonomia: quello che prima “riuscivamo a fare” diventa sempre più difficile, richiedendo più tempo, spazi e modalità diverse, a volte anche la necessità di aiuto. Questo può innescare la sensazione da parte dell’anziano di “sentirsi un peso”, di “non valere più niente” perché “non sono più quello di una volta”. Il pensionamento può rappresentare un lutto parziale. Si lascia una parte di sé e questo è vissuto come un lutto: si perde una parte del proprio essere, si lascia una condizione per ritrovarsi in un’altra. L’anziano che inizia a vivere questa nuova “fase” deve fare i conti con un cambiamento di premesse, perché si mette in crisi tutto il suo sistema di valori e di credenze (“che relazione ho con il mio lavoro e che effetti ha sulla mia autostima?”).
La pensione può essere vissuta come una vera e propria crisi, toccando non solo aspetti cognitivi, ma anche emotivi, creando una sorta di “passaggio epocale ed esistenziale” nella storia della persona. Adattarsi non è così semplice o scontato.
La perdita di occupazione, di ruolo, può innescare, o a volte amplificare, una sensazione di “vuoto” che, nell’anziano, può sfociare in sensazioni di finitudine della vita, con forte ansia, a cui spesso non si è preparati. L’immagine della vecchiaia e dell’avvicinarsi ad un periodo di “tramonto” comincia ad emergere in modo forte, a volte dirompente: sarà importante accompagnare l’anziano in queste transizioni significative, aiutandolo a interiorizzare ed elaborare, con il proprio tempo, il cambiamento e l’idea che le cose possano finire.
Elisa Mencacci : Psicoterapeuta, tanatologa, perfezionata in bioetica e cure palliative.
Bibliografia di riferimento:
Mencacci, E. (2024). Dove ti porto? Accompagnare la persona anziana alla fine della vita. Piacenza. Editrice Dapero.
Bordin, Busato, Mencacci (2023). Vecchiaia. Strategie per prepararsi a viverla in modo attivo e positivo. Piacenza. Casa editrice Dapero.
Gen Z: ritorno alle origini?
di tanja pinzauti
Disposizioni
dei
resti: cambio di tendenza tra
i giovanissimi, più interessati
ai riti tradizionali e alla sepoltura che alla cremazione.
In un business come quello funerario e cimiteriale, influenzato dagli usi e costumi della nostra società forse più di ogni altro settore, la tematica legata alla scelta tra tumulazione, inumazione e cremazione da parte della popolazione è un argomento attuale e molto discusso.
Tralasciando la cultura orientale, da noi spesso distante per modalità di pensiero ed azione, nel mondo occidentale l’incremento della procedura della cremazione è stato inesorabile. O almeno questo è quello che risulta dai numerosi studi e sondaggi a riguardo. Nel nostro Paese, l’Italia, che storicamente è sempre apparso
più “conservatore” a causa dei molti aspetti del fine vita vincolati alla religione cattolica, questo incremento è stato più lento rispetto ad altri Paesi con una percentuale più alta di popolazione non credente o non praticante. L’approccio laico alla disposizione dei propri resti è infatti uno dei punti chiave in merito alla scelta di cremazione rispetto alla più classica inumazione. In alcune zone d’Italia, remote o conservatrici, la cremazione risulta ancora una opzione poco considerata. Eppure, anche nel nostro Paese questa pratica è in forte aumento rispetto agli anni passati.
La crescita della scelta di disporre
dei propri resti tramite cremazione è stata più volte attribuita al cambio generazionale, fortemente sostenuta da quella fascia di popolazione più giovane ed evoluta, meno superstiziosa o religiosa, sicuramente con un maggior livello di istruzione. Ecco che, rispetto alla generazione dei nostri nonni nati tra gli anni ’30 e ‘40 del 1900, tra i loro figli appartenenti a quella definita come Gen X (1964-1980) la scelta della cremazione sembra essere la più gettonata. Sono loro e i Baby Boomer (19451965) che hanno operato “la svolta” sociale e consapevole a favore di una pratica più sostenibile, veloce e meno legata ai riti tradizionali. Uno sviluppo di questo andamento su un ipotetico grafico orizzontale vorrebbe che, se la Gen X ha spinto il cambiamento verso la cremazione, la Gen Z, composta dai loro figli nati tra il 1995 e il 2010, sia quella che la porterà alla consacrazione quale pratica più diffusa. Ma non è così.
Un interessante articolo pubblicato sulla rivista Connecting Directors, che analizza un sondaggio condotto dalla NFDA (National Funeral Director Association) americana, rivela
che nei giovanissimi c’è un’inversione di tendenza verso… la sepoltura a terra
La Gen Z, comparata alla precedente generazione dei Millennials (nati tra il 1981 e il 1995) definita nell’articolo come cresciuta eccessivamente protetta, e soprattutto con la Gen X (resiliente e capace di cavarsela senza la supervisione dei genitori), è sicuramente più inclusiva e meglio educata. Questi giovanissimi sono nati con smartphone in mano e tablet a scuola, hanno una innata consapevolezza su temi come cambiamento climatico, sostenibilità e giustizia sociale e sembrano avere un’idea opposta rispetto a quella dei propri genitori in merito alle loro disposizioni finali.
Il sondaggio condotto dalla NFDA su un campione di 2000 individui appartenenti alle diverse generazioni, ha rivelato come il 50% della Gen X e il 42% dei Millennials sceglie la cremazione per la disposizione dei propri resti. I dati sono in linea con la previsione del NFDA 2023 Cremation and Burial Report e indicano un rallentamento della crescita della cremazione, che comunque è pre-
vista raggiungere l’81,4% nel 2045
La previsione NFDA è simile a quella del CANA (Cremation Association of North America) che dichiara una previsione del tasso di cremazione negli U.S. superiore al 78% nel 2038 Sebbene la risposta in merito a questa domanda sia stata meno consistente per la Gen Z, il risultato è inatteso e sicuramente di interesse: il 37% degli intervistati in questa categoria generazionale ha infatti indicato la sepoltura tradizionale come il metodo preferito per la disposizione finale dei propri resti.
Le motivazioni dietro a questa inversione di tendenza rispetto alle generazioni precedenti possono essere molte. Secondo Antonio Green, esperto di deathcare e comportamenti generazionali, intervistato da NFDA, una delle risposte potrebbe essere la presenza di urne cinerarie di parenti e conoscenti nelle case di famiglia. «Questi ragazzi vedono tutte queste collezioni di urne nelle loro abitazioni e si domandano “Cosa ne faremo di queste? Perché io non le voglio”» spiega Green. Probabilmente si domandano cosa ne sarà di quelle ceneri quando i loro
genitori non ci saranno più e il problema aumenta quando loro stessi non ci saranno più» Queste “eredità” andranno a ricadere sui figli e sui nipoti e, peggio ancora, sulla comunità nel momento in cui non ci fossero discendenti. Inoltre, sempre secondo Green, un altro motivo potrebbe essere il bisogno di essere ricordati convenientemente. C'è di più, il tasso di suicidi è tragicamente cresciuto sopra al 50% rispetto al 2010 e molti di questi giovanissimi hanno dovuto assistere ai funerali di un amico. «Molte di queste cerimonie sono state sicuramente svolte senza l’opportunità di un ultimo saluto alla salma e i ragazzi pensano che “sarebbe stato bello vedere il mio amico un’ultima volta”» continua Green.
Un’altra domanda a cui la Gen Z ha risposto in modo opposto rispetto ai loro genitori è la questione dei riti funebri: il 68% di loro crede nell’importanza di onorare la vita dei propri cari attraverso un funerale o una qualche commemorazione «Gen Z e Millennials reputano la figura del cerimoniere e dell’impresario funebre, figure esperte di prodotti legati al funerale e comunque degni di fiducia» conclude Green.
L’articolo pubblicato da Connecting Directors cita anche un articolo del 2019 apparso sul Washington Examiner dal titolo “Millennials and Gen Z might kill yet another industry: traditional funeral homes” (I Millennials e la Gen Z potrebbero uccidere un’altra industria: quella delle case funerarie tradizionali) dove il giornalista affermava che queste generazioni avrebbero richiesto “modi più creativi ed ecologici per essere ricordati” e prevedeva che le nuove generazioni avrebbero rifiutato la cremazione perché “il livello di energia richiesto per cremare un corpo equivale a un viaggio in auto di 500 miglia”.
«Mentre le preferenze dei clienti si evolvono, gli impresari funebri devono evolversi a loro volta. - ha dichiarato Dutch Nie, presidente della NFDA,Sappiamo che la Gen Z ha una mentalità molto attenta alla comunità ed è indirizzata verso la rottura delle norme culturali. Questo crea l’opportunità per noi, di mostrare il valore dei funerali e tutte le opzioni disponibili per creare un servizio ad hoc che onori la vita dei loro cari».
Le nuove opportunità green sono numerose, specialmente nel continente Americano e nei Paesi anglosassoni o nordici: dalle sepolture naturali a quelle ancora sperimentali. La sfida è stata lanciata, saranno gli impresari e le case funerarie a doverla raccogliere e presentare soluzioni sostenibili e innovative per il nuovo target generazionale.
L’ascesa della Direct Cremation
di Avv. ALICE Merletti e Avv. ELENA Alfero
Nuovi riti funerari nel Regno Unito: un’alternativa economica ai funerali tradizionali.
Negli ultimi anni, il Regno Unito ha visto una significativa evoluzione nei riti funerari, con un crescente spostamento verso pratiche più semplici e meno convenzionali.
Un esempio prominente di questa tendenza è la direct cremation (cremazione diretta). Questo metodo prevede la cremazione del defunto senza una cerimonia preliminare, offrendo un'alternativa economica e flessibile ai funerali tradizionali.
Vantaggi economici e organizzativi
Uno dei principali motivi per cui molte famiglie inglesi scelgono la cremazione diretta è il costo ridotto. Senza la necessità di un funerale formale, le spese legate alla bara, alla cerimonia e ad altri elementi tradizionali vengono eliminate. Un funerale tradizionale può arrivare a costare più di 5.000 sterline, mentre una cremazione diretta costa
in media 3.885 sterline. Tuttavia, oltre all'aspetto economico, la cremazione diretta offre anche un alto grado di libertà organizzativa, al pari di servizi completi che includono il ritiro del defunto, la gestione delle pratiche legali e la restituzione delle ceneri.
La cremazione diretta, inoltre, viene scelta nel Regno Unito poiché permette alle famiglie di decidere come e quando commemorare il proprio caro. Una volta ricevute le ceneri, i familiari possono organizzare una cerimonia commemorativa in un momento e luogo più adatti alle loro esigenze e preferenze. Questa flessibilità è particolarmente apprezzata in una società sempre più variegata e con stili di vita differenti. La possibilità di pianificare una celebrazione della vita in un contesto più personale e significativo è un forte punto di attrazione per molti. Ad esempio, alcune famiglie scelgono di tenere la cerimonia in un luogo di particolare significato per il defunto, come un parco, una spiaggia o persino nel giardino di casa.
Un cambiamento culturale
La diffusione della cremazione diretta riflette un cambiamento culturale più ampio nel Regno Unito, dove le tradizioni funerarie stanno diventando sempre più personalizzate. Le famiglie cercano modi unici e significativi per onorare i loro cari, spesso preferendo riti che rispecchino meglio le personalità e le vite dei defunti. Questo passaggio verso un approccio più personalizzato è visibile anche nelle statistiche: nel 2023, il 78% delle persone ha scelto la cremazione, un aumento significativo rispetto agli anni precedenti (www.funeralguide.co.uk/blog/funeral-survey-2023-uk-publics-perfect-funeral). Questo cambiamento è
in parte dovuto alla crescente secolarizzazione della società britannica, con molte persone che scelgono cerimonie non religiose, ma non solo.
Statistiche recenti: 2023
Nel 2023, quasi il 71% delle persone nel Regno Unito ha espresso una preferenza per la cremazione rispetto alla sepoltura, che ha visto un calo del 23% rispetto al 2017. Questa tendenza è influenzata sia dai costi che dall'impatto ambientale delle due opzioni.
Come già riportato sopra, ricordiamo che la differenza di costi tra un funerale tradizionale e una cremazione, nel Regno Unito, si aggira intorno alle 1.200 sterline. Inoltre, la cremazione richiede meno spazio, un fattore significativo in aree urbane densamente popolate, dove i terreni cimiteriali sono scarsi e costosi. (www.funeralguide.co.uk/blog/funeral-survey-2023-uk-publics-perfect-funeral).
Esempi celebri di direct cremation
Nel mondo della musica e dello spettacolo, sono molti gli artisti che
hanno scelto la cremazione diretta per salutare il mondo terreno.
David Bowie
Uno degli esempi più noti di direct cremation è quello del leggendario musicista David Bowie. Dopo la sua morte nel gennaio 2016, Bowie aveva scelto una cremazione diretta senza cerimonia pubblica. Questa decisione rifletteva il suo desiderio di evitare qualsiasi tipo di cerimonia grandiosa, in linea con la sua volontà di "andare via senza clamore". Dopo la cremazione, le sue ceneri sono state disperse a Bali, un luogo significativo per lui. Questo approccio discreto ha permesso alla sua famiglia di evitare l'attenzione mediatica e di celebrare la sua vita in modo personale e privato.
John Lennon
Un altro esempio è quello di John Lennon, il leggendario membro dei Beatles. Dopo il suo tragico omicidio
nel dicembre 1980, la moglie Yoko Ono optò per una cremazione diretta senza cerimonia pubblica.
Nonostante l'assenza di una cerimonia funebre, Ono organizzò un evento commemorativo significativo, chiedendo ai fan di tutto il mondo di osservare dieci minuti di silenzio. Questo gesto permise a milioni di persone di partecipare al lutto e ricordare Lennon ovunque si trovassero, unendo i fan in un tributo globale.
Karl Lagerfeld
Nel 2019, Karl Lagerfeld, l'iconico stilista di Chanel e Fendi, è stato cremato direttamente senza cerimonia pubblica. Lagerfeld, noto per il suo stile di vita eccentrico e le sue visioni avanguardistiche nel mondo della moda, aveva specificato le sue volontà prima del decesso. Dopo la cremazione, le sue ceneri sono state deposte accanto a quelle della sua amata madre e del suo compagno di lunga data, Jacques de
Bascher. Successivamente, è stata organizzata una celebrazione della sua vita che ha visto la partecipazione di molte personalità del mondo della moda e dello spettacolo, rendendo omaggio alla sua straordinaria carriera che ha contribuito alla storia del costume mondiale.
La cremazione diretta sta diventando una scelta sempre più comune nel Regno Unito, sia per ragioni economiche che per la libertà organizzativa che offre. Questo cambiamento riflette una tendenza verso riti funerari più personalizzati e flessibili, che rispondono meglio alle esigenze delle famiglie moderne. Le aziende che offrono questi servizi garantiscono ad oggi un alto standard di cura e trasparenza nei costi, assicurando anche che una scelta economica non comprometta la dignità e il rispetto dovuti al defunto.
Suicidi assistiti: facciamo il punto
di Asher Colombo e barbara saracino
Un’accettazione crescente ma condizionata. In Italia la quota di favorevoli aumentata di +2,8 punti.
In un articolo pubblicato sul numero 1/2024 di Orme avevamo affrontato il tema della legalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia in alcuni Paesi e degli effetti che l’introduzione di queste norme avevano generato sull’andamento della mortalità sul medio periodo.
La ricostruzione di quegli andamenti aveva mostrato effetti tutt’altro che univoci.
In tutti i Paesi in cui suicidio assistito e eutanasia sono stati introdotti, infatti, i decessi riconducibili a queste procedure sono cresciuti. Tuttavia in alcune nazioni la crescita è stata piuttosto contenuta, come nel caso di tutti gli stati degli USA che hanno
introdotto le norme. Per esempio, in Oregon, dove la legge sulla “morte con dignità” opera da 26 anni, il tasso di crescita medio annuo è stato del 12%. Ogni anno, quindi, i decessi dovuti a suicidi assistiti sono stati, in media, il 12% in più dell’anno precedente. Una crescita non trascurabile, ma comunque contenuta. In altri Paesi, invece, la crescita è stata assai più rapida. È questo il caso di Svizzera, Belgio, Olanda. In Belgio, per esempio, il tasso medio di crescita annuo nei 21 anni in cui la legge ha operato è stato del 26%. Oltre il doppio di quello dell’Oregon. In certi casi poi questa crescita è stata addirittura impetuosa. In Canada nei 6 anni di introduzione delle norme,
ogni anno la quota di decessi per suicidio assistito è, in media, del 48% superiore a quella registrata nell’anno precedente. Per intenderci, se in un certo anno nei Paesi menzionati sono stati registrati 10 suicidi assistiti, l’anno successivo l’Oregon ne avrà 11, il Belgio 13, il Canada 15. È facile capire che, con questa rapidità di crescita, nel giro di pochi anni il divario diventerà anche molto consistente.
Che cosa contribuisce a generare valori così diversi? I fattori all’opera sono molti ma due probabilmente svolgono un ruolo superiore ad altri. Il primo chiama in causa le procedure stabilite dalle norme, i vincoli che queste impongono all’accesso a suicidi assistiti e eutanasia e quanto impegno le istituzioni investono nel farli rispettare. Il secondo chiama in causa invece le opinioni pubbliche. Queste, infatti, mostrano da anni ormai di essere sempre più favorevoli ad accettare qualche forma di legalizzazione del ricorso a suici-
dio assistito e eutanasia. Le poche serie storiche sul tema mostrano chiaramente questo cambiamento. La serie storica più lunga di cui disponiamo riguarda gli Stati Uniti Qui le prime indagini solide risalgono addirittura agli anni Quaranta del secolo scorso. La fig. 1 ci permette così di cogliere la portata del cambiamento e il suo sviluppo temporale
Nell’immediato dopoguerra il consenso nei confronti dell’eutanasia negli USA era minoritario. Ma nel corso degli anni Sessanta è avvenuta una svolta. Così, all’esordio degli anni Settanta, per la prima volta, più della metà degli intervistati dichiarava che la legge avrebbe dovuto consentire ai medici di porre fine alla vita di un paziente sotto alcune condizioni piuttosto rigorose. Le condizioni che le opinioni pubbliche impongono perché l’eutanasia possa essere approvata sono tre: il consenso del paziente o di un familiare stretto; una malattia incu-
rabile; la presenza di sofferenze non tollerabili.
Le risposte a una domanda simile, posta solo a partire dalla fine degli anni Novanta, che riguarda non l’eutanasia - in cui è il medico a provocare la morte del paziente - ma il suicidio medicalmente assistitoin cui a adottare la procedura che si conclude con il decesso è il paziente stesso - produce risultati comparabili (anche se, come vedremo tra poco, non del tutto sovrapponibili).
Per quanto riguarda gli USA, quindi, sappiamo che oggi la quota dei favorevoli ha superato i tre quarti della popolazione, determinando quindi un sostegno stabile per la legalizzazione - sotto la garanzia di condizioni stringenti - dell’eutanasia e del suicidio assistito, che infatti è iniziata a partire proprio alla fine del secolo scorso.
Uno sguardo più attento al grafico però suggerisce tre dinamiche ampiamente sottovalutate nel discorso
Fig. 1 - Cittadini che ritengono che Eutanasia e Suicidio medicalmente assistito dovrebbero essere consentiti dalla legge, e cittadini che ritengono moralmente accettabile il Suicidio e il Suicidio medicalmente assistito; USA, 1947-2024
pubblico. La prima è che la crescita di coloro che sostengono la legalizzazione dei suicidi assistiti e dell’eutanasia si è arrestata da qualche anno, o ha fortemente rallentato. In poche parole, il consenso verso eutanasia e suicidio assistito sembra avere raggiunto un tetto non superabile. Una quota dell’opinione pubblica continua a pensare che suicidio assistito e eutanasia non dovrebbero essere consentite a nessuna condizione. La seconda è per certi versi sorprendente. Mostra, infatti, che l’eutanasia resta più accettabile del suicidio assistito. La linea arancione conferma che, anche se il favore verso la legalizzazione del suicidio assistito è maggioritario, il livello di riprovazione del suicidio resta altissimo e questo probabilmente rende anche il suicidio assistito meno accettabile dell’eutanasia, in cui a porre fine alla vita non è il paziente
2 - Accettazione dell'Eutanasia su una scala da 1 a 10 e differenza nel punteggio medio tra la prima e l'ultima rilevazione in 7 paesi europei (1981-2018)
stesso, ma un medico. Infine la terza osservazione è che la disponibilità a considerare moralmente accettabile il suicidio assistito e l’eutanasia resta inferiore alla disponibilità ad accettare la loro legalizzazione. In poche parole suicidio assistito e eutanasia sono considerate procedure estreme, che dovrebbero essere consentite dalla legge sotto condizioni piuttosto stringenti, ma che non intaccano la decisa riprovazione morale verso la decisione di togliersi la vita. “Siamo disposti a renderle legali perché ne capiamo le ragioni, ma questo non significa che le approviamo”, sembra essere la regola sotto la quale l’opinione pubblica compie le proprie scelte.
E in Europa? E in Italia? L’opinione pubblica mostra atteggiamenti vicini a quelli dei cittadini americani, o peculiari? È bene dire subito che, purtroppo, non disponiamo di serie storiche così lunghe come quelle
americane, dove le indagini sociali sono state sviluppate con largo anticipo e dove la loro solidità è assai maggiore. Tuttavia abbiamo dati di buona qualità a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. Il grafico 2 mostra la quota di cittadini che, in sette Paesi europei tra cui l’Italia, ha dichiarato “giustificabile” l’eutanasia. I risultati mostrano un andamento del tutto comparabile a quello che si registra nelle opinioni pubbliche americane. Nel corso dei 40 anni sotto esame la quota dei favorevoli è cresciuta. Ma anche qui si possono fare alcune osservazioni. Nei Paesi a tradizione protestante la crescita è stata più rapida. In Norvegia, per esempio, il punteggio medio sulla scala che va da 1 (l’eutanasia non è mai giustificata) a 10 (l’eutanasia è sempre giustificata), è cresciuto di ben 3,6 punti. Anche nei Paesi a tradizione cattolica la crescita è stata forte, ma meno rapida. In Italia, per esempio, la quota di favorevoli è aumentata. Così il punteggio medio nella “scala di giustificabilità” è cresciuto, ma con una variazione pari a + 2,8. Un Paese a tradizione ortodossa, come la Grecia poi, ha visto addirittura invertirsi la tendenza, con un calo del punteggio medio pari a -1,1.
Molti altri dati sarebbero necessari per approfondire un tema così rilevante e soprattutto al centro di un dibattitto pubblico completamente polarizzato e fortemente ideologizzato. Ma già i pochi che abbiamo presentato suggeriscono che, assai più che schierarsi, all’opinione pubblica sarebbe utile una maggiore diffusione di conoscenze affidabili sulla base delle quali solo è possibile formarsi giudizi poggianti su fatti e informazioni solide e affidabili.
Il cimitero delle Porte Sante a Firenze
di Linda Savelli
Nel complesso monumentale spiccano le tombe di numerosi artisti
e la statua dei giovanissimi Mario e Maria Grazia Mazzone.
Si definisce cimitero monumentale un complesso cimiteriale formato da cappelle e sculture mortuarie.
Nati in Europa nella prima metà del XIX secolo, dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, i cimiteri monumentali ambivano ad attestare il potere e la ricchezza della classe borghese in ascesa come classe dirigente, anche nella morte. Il famoso Père-Lachaise di Parigi, che vanta le sepolture di tanti personaggi noti e artisti, tra cui quella dell’icona del Rock Jim
Morrison, è il primo che fu costruito in Francia durante il periodo della Restaurazione, dopo l’abolizione dell’editto napoleonico che vietava sfarzo e orpello per le tombe. In Europa, è proprio l’Italia il Paese che possiede il maggior numero di cimiteri adornati da imponenti monumenti funebri. Anche Firenze, città culla del Rinascimento, vanta alcuni cimiteri monumentali che meritano sicuramente una visita da parte del turista interessato non soltanto ai monumenti e ai quadri
ormai celeberrimi, ma anche alla storia e allo sviluppo della città. Uno dei più suggestivi è senza ombra di dubbio il cimitero monumentale delle Porte Sante, ubicato nei pressi della bellissima basilica di San Miniato a Monte, non lontano dal panoramico piazzale Michelangelo.
Il cimitero monumentale delle Porte Sante
Ideato nel 1837 e inaugurato nel 1848 (il progetto era stato redatto dall’architetto Niccolò Matas, che ha progettato anche la facciata della basilica di Santa Croce, nel centro storico della città), il cimitero delle Porte Sante, si sviluppa all’interno del bastione fortificato realizzato da Michelangelo nel 1500. Se fino al 1854 il cimitero veniva usatto principalmente per la sepoltura dei fratelli dell’Opera Pia dei Ritiri Spirituali, dagli ultimi trent’anni in poi dell’Ottocento, ha iniziato a prendere l’aspetto di un cimitero monumentale, grazie alle imponenti cappelle funebri che vi furono costruite; alle lapidi, alle croci e alle statue che iniziarono ad adornare le sepolture.
Situato in una bellissima e suggestiva zona della città, dal cimitero delle Porte Sante è possibile godere di una magnifica vista dall’alto su Firenze, che include il suo imponente Duomo. Nel 1995 il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ha decretato il cimitero di San Miniato a Monte luogo di interesse storico e artistico e, attualmente, vengono organizzati, su prenotazione, tour e visite guidate da maggio a settembre (per maggiori informazioni, visitare il sito del Comune di Firenze alla pagina: www.comune.fi.it/dalle-redazioni/ visite-guidate-al-cimitero-delle-porte-sante).
Il cimitero, in effetti, assomiglia a un museo all’aperto, come fa notare l’architetto Barbara Chiarini (2020) nel
Complesso statuario dedicato a Mario e Maria Grazia Mazzone
suo bel libro dedicato alle meraviglie del capoluogo toscano. Al suo interno è possibile ammirare le cappelle, i monumenti funebri e le lapidi, di personaggi famosi e di spicco della storia e della cultura fiorentina, tra cui, solo per citarne alcune, quelle dei fratelli Alinari, di Pellegrino Artusi, di Carlo Collodi, l’autore di Pinocchio, dei pittori Pietro Annigoni e Luca Alinari, degli stilisti Enrico Coveri e Roberto Cavalli, dell’attore e regista Francesco Nuti, dello scrittore Vasco Pratolini e del politico e accademico Giovanni Spadolini.
Una delle storie più struggenti legate a questo cimitero, però, non riguarda un personaggio famoso, bensì due giovanissimi, fratello e sorella, troppo presto strappati alla vita. Quando si arriva davanti a questo complesso statuario a grandezza naturale, che rappresenta un giovane in divisa e una fanciulla vestita da sposa che si sorridono e sembrano in procinto di iniziare a danzare, si ha l’impressione di guardare una coppia di sposi nel giorno del loro matrimonio. Non è così: Mario e Maria Grazia Mazzone, qui scolpiti, erano,
infatti, fratello e sorella. Di famiglia benestante, i due giovani sembravano avere davanti un radioso futuro… ma imperversa la Seconda Guerra Mondiale e nessuno è al riparo dai suoi strali
Mentre Mario, marconista ventitreenne, muore in Germania a causa dell’esplosione di una bomba, anche Maria Grazia, più giovane di qualche anno, appena sposata, muore a poca distanza temporale, consumata dalla tisi, senza poter riabbracciare né il fratello, né il marito, anche lui soldato e partito per il fronte. È la madre dei due giovani, la signora Emma Spulcioni, a desiderare fortemente di riunire i suoi figli almeno nella morte; così, recuperando anche i resti di Mario dalla Germania, sceglie il cimitero di San Miniato come ubicazione per l’eterno riposo dei due amati ragazzi, in modo che possano rimanere insieme per sempre in un luogo incantevole che domina dall’alto tutta Firenze.
È il 1947, la guerra è terminata da due anni e ci piace pensare che con questo struggente monumento funerario che immortala i due giovani in un attimo di felice complicità fraterna, la madre abbia trovato sollievo al dolore e allo sgomento di vedersi strappare via entrambi i figli in meno di un
anno. Da settantasette anni, Mario e Maria Grazia Mazzoni, eternamente giovani, eternamente sorridenti alla vita, accolgono al loro cospetto il visitatore del cimitero che non può che commuoversi davanti a un monumento che più di tanti altri riafferma il valore dell’esistenza contro il dolore, contro la guerra e contro la malattia.
Se decidete di visitare il cimitero delle Porte Sante, vi invito a soffermarvi qualche minuto davanti a questa sepoltura e a prestare omaggio al gruppo scultoreo di questi due giovani, per sempre sospesi in procinto di un inno alla vita che mai potranno cantare.
Bibliografia di riferimento:
Chiarini, B. (2020), Per le antiche strade di Firenze, Signa (FI): Masso delle Fate edizioni.
Felicori, M. (2005), Gli spazi della memoria. Architettura dei cimiteri monumentali europei, Luca Sossella.
Monumento sulla tomba del gastronomo Pellegrino Artusi
Cappella in cui riposa lo stilista Enrico Coveri
Respirare per vivere appieno ogni momento
di Raffaella Segantin
“Respira” è il filo conduttore della
XVIII edizione de Il Rumore del Lutto, l’originale rassegna che con eventi di vario genere promuove la Death Education.
Diventa maggiorenne Il Rumore del Lutto, l’annuale festival dedicato al tema della morte, che si svolgerà dal 28 settembre al 17 novembre
Una rassegna diventata un appuntamento fisso che vede protagonista principalmente la città di Parma, ma che coinvolge anche altre importanti località.
Promosso dall’associazione Segnali di Vita con la direzione scientifica e artistica dalla tanatologa, formatrice e giornalista Maria Angela Gelati e del giornalista, critico musicale e fotografo Marco Pipitone, l’edizione 2024 si presenta assai articolata e ricca di novità, a cominciare dalla durata che dalle poche giornate concentrate attorno alla ricorrenza
Foto di Antonio GuillemDreamstime
dei defunti delle prime edizioni, si estenderà quest’anno a ben sette settimane, risultato dell’ottima accoglienza del pubblico.
«Un successo, all’inizio, vagamente sperato e del tutto inaspettato» ci racconta Maria Angela Gelati «Ancora oggi fatico a credere come sia potuto accadere. Questo positivo feed-back ci ha fatto capire come le persone sentano la necessità di superare il tabù che circonda certi argomenti e ciò ci ha spronato a lavorare con sempre maggiore impegno ed entusiasmo».
Saranno sette settimane di incontri, concerti, mostre, convegni, performance teatrali, percorsi guidati, presentazioni di libri, laboratori per le scuole e tanto altro per approfondire una materia complessa e delicata come quella del lutto, spesso volutamente ignorata o bypassata, e offrire spunti di riflessione individuale e collettiva per aprire la mente a nuove prospettive e alla consapevolezza che la morte altro non è che una delle molteplici sfaccettature della vita stessa.
«Non solo si è dilatato il periodo di svolgimento della kermesse, ma si sono moltiplicati anche i luoghi che ospitano gli eventi» precisa Marco Pipitone. «Va da sé che Parma è e rimane la sede principale, tuttavia da qualche anno abbiamo cominciato ad interessare diverse città affinché anche altre comunità possano essere coinvolte in questo percorso emotivo e artistico fruendo di alcuni spettacoli propri del festival. A ciò è stata dedicata una sezione ad hoc: Il Rumore del Lutto Experience, che quest’anno vede innanzitutto la partecipazione di Genova e di Bologna con happening che si terranno nei cimiteri monumentali delle due città.
Manifestazioni sono in programma anche a Prato, Salsomaggiore Terme, Firenze e a Reggio Emilia, protago-
nista della cerimonia di chiusura del festival. Non mancheranno poi vari appuntamenti in streaming gratuiti per dare la possibilità ad una più ampia platea di seguire alcuni incontri, attraverso le più popolari piattaforme».
Come sempre, il programma de Il Rumore del Lutto si articola prendendo spunto da un tema guida. “Respira” è il fil rouge che accompagnerà l’edizione 2024. Respirare profondamente per rendere i nostri sensi maggiormente ricettivi, così da accettare ed assaporare ogni momento con pienezza, sia nella gioia che nel dolore, consapevoli di quanto ogni esperienza sia preziosa per la nostra crescita interiore. Il tema è declinato nel claim “ Vivi intensamente, abbraccia ogni istante”, un’esortazione a prendere coscienza
del valore del tempo, incoraggiando a vivere intensamente, in modo attivo e ricco, per non avere rimorsi o rimpianti.
Il palinsesto del festival, ancora in fase di aggiornamento nel momento della stesura di questo articolo, è cospicuo come non mai. Si aprirà il 28 settembre a Parma con il tradizionale “Gala in Nero”, ispirato alla convivialità del banchetto funebre vittoriano, che offre ai partecipanti (rigorosamente vestiti di nero) una serata indimenticabile tra arte, musica e dj set con la performance pluripremiata Stuporosa, per terminare domenica 17 novembre a Reggio Emilia con un concerto del cantautore Motta: un live speciale in cui l’artista, tra i più apprezzati della nuova scena italiana, rivisita alcuni dei suoi successi e le canzoni
scegli il corso che fa per te
CATALOGO CORSI 2024 sessione
► La gestione di front e back office per gli addetti ai servizi cimiteriali
24 SET 2024 martedì ● docente: Dott. Sereno Scolaro
SETTEMBRE
La gestione dei rifiuti da cimiteri e crematori tra norma e operatività ◄
01 OTT 2024 martedì ● docente: Sig.ra Elisa Meneghini
I reagenti chimici impiegati nel processo di cremazione: perché e come utilizzarli in maniera corretta ◄
08 OTT 2024 martedì ● docente: Ing. Salvatore Mineo
OTTOBRE
Evoluzione dei servizi funebri: la casa funeraria e le sale del commiato ◄
15 OTT 2024 martedì ● docenti: Dott. Pietro Innocenti, Ing. Daniele Fogli
Cerimonie e consuetudini delle religioni acattoliche: aspetti pratici e gestionali ◄
17 OTT 2024 giovedì ● docenti: Dott. Joseph Tassone, Dott.ssa Valentina Pistolato
► Il question time funerario: la risposta puntuale a necessità e incertezze operative dell’operatore funebre e cimiteriale
12 NOV 2024 martedì ● docenti: Dott. Sereno Scolaro, Sig. Carlo Ballotta
► La sicurezza e l’igiene ambientale nell’ambiente lavorativo dei crematori: i rischi per gli operatori e le misure di prevenzione e protezione
14 NOV 2024 giovedì ● docente: Dott Maurizio Bonetti
► Obitorio, Deposito Osservazione Salme e Camera Mortuaria: gestione operativa e documentale
21 NOV 2024 giovedì ● docenti: Dott.ssa Chiara Masetti, Sig. Luca Zaccherini
dell’ultimo album La musica è finita, che sta portando in tour sui palchi di tutta la penisola. Nel mezzo una consistente serie di eventi che spaziano in vari ambiti culturali: dalla musica all’architettura, dall’arte al teatro, dalla letteratura al cinema, dalla psicologia alla medicina, per esplorare ed indagare il tema della morte e della perdita da punti di vista diversi. Un approccio multiculturale che è il punto di forza e la chiave del successo della manifestazione
Il Rumore del Lutto, fin dagli esordi, ha sempre goduto di un’ottima accoglienza da parte delle istituzioni. Oggi si avvale del patrocinio e della collaborazione del Comune e dell’Università di Parma, dell’Università di Padova e del suo Master Death Studies and the End of Life, del Complesso Monumentale della Pilotta e usufruisce del contributo della Regione Emilia Romagna, di Ade
Servizi Onoranze Funebri, di Ade Servizi Cimiteriali, della Croce Verde di Reggio Emilia e dell’Infortunistica Tossani.
«Desidero approfittare delle pagine di Oltre Magazine per ringraziare pubblicamente i main sponsor citati per il concreto sostegno» ci tiene a puntualizzare Maria Angela Gelati «ma anche le numerose aziende del settore funerario e non solo che hanno accolto con entusiasmo il nostro progetto e che grazie alla loro fiducia e al loro appoggio economico hanno reso possibile la realizzazione di questo festival unico in Italia e, forse, nel mondo».
Rimandiamo al nuovo sito internet ilrumoredellutto.com per la consultazione del programma completo e dettagliato di tutti gli eventi nonché per accedere ad ogni altra ulteriore informazione.
Quattro strutture innovative e professionali a disposizione di tutte le imprese funerarie italiane, per servizi di alta qualità.
ricordo di...
Bello e impossibile
di Raffaella Segantin
Addio ad Alain Delon, il divo del grande schermo che ha saputo coniugare fascino e talento, incantando milioni di spettatori.
Icona del “bello e dannato” degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, Alain Delon si è spento nella sua tenuta di Douchy, alle porte di Parigi, lo scorso 18 agosto all’età di 88 anni.
Una morte sopraggiunta dopo una lunga convivenza con la malattia essendo stato colpito da ictus nel 2019, a cui ha fatto seguito una emorragia celebrale ed infine un fatale linfoma.
I primi 20 anni
Nato a Sceaux (Seine) l'8 novembre 1935, figlio del gestore di un piccolo cinema e di una commessa, la sua vita inizia in salita, soffrendo enormemente per la separazione dei genitori avvenuta quando era ancora in tenera età e che di fatto ha comportato l’abbandono da parte del padre. Un trauma mai superato, acuito dalla figura di una madre fredda e
distaccata e da periodi trascorsi in collegio: eventi dolorosi, concause di un’intera vita tormentata. L’adolescenza sarà marcata dalle sue intemperanze con un curriculum scolastico scandito da continue sospensioni. A quattordici anni abbandona gli studi per lavorare nella macelleria del compagno della madre, finché appena diciassettenne si arruola nei parà allora impegnati nella guerra d'Indocina. Congedato nel 1956, dopo aver scontato vari mesi di prigione per indisciplina, ritorna a Parigi dove cerca di mantenersi con i lavori più disparati e dove inizia a frequentare ambienti alternativi entrando in contatto con intellettuali ed artisti. Saranno queste conoscenze che apriranno la strada alla lunga e generosa carriera di Alain Delon, che muoverà i primi passi nel teatro per approdare successivamente al cinema raggiungendo in breve tempo una fama mondiale.
L’attore e la carriera
Sono più di 100 i film a cui ha preso parte, visti approssimativamente da circa 130 milioni di spettatori. Inizialmente i suoi ruoli erano incentrati esclusivamente sulla sua avvenenza fisica e sul suo sguardo magnetico che ne facevano il perfetto archetipo dell’irresistibile e pericoloso seduttore. Fu René Clément, il primo regista che seppe
comprendere la complessità della sua persona e le potenzialità del suo talento, riuscendo a fare emergere, con Delitto in pieno sole del 1960, quel lato oscuro di bello e maledetto che gli valse un posto d’onore nell’olimpo delle più celebri divinità della settima arte. Determinante fu poi l’incontro con Luchino Visconti che gli affidò la parte di protagonista di due autentici capolavori: Rocco e i suoi Fratelli (1960) e Il Gattopardo (1967). Furono quelli gli anni che segnarono l’apice della sua carriera, conteso dai registi più famosi, insignito di numerosi premi e riconoscimenti, applaudito dalle folle e idolo di gran parte dell’universo femminile.
Alain Delon ha dato voce quasi esclusivamente a personaggi complicati e carismatici, spesso strafottenti, cinici o addirittura spietati, ma comunque sempre traboccanti di vita, così simili a se stesso: «ho sempre vissuto i miei ruoli, non li ho mai interpretati» affermò durante un’intervista, come a sottolineare la sua unicità, il suo non essere assimilabile a nessun movimento o a nessuna scuola. «È riuscito là dove la maggior parte dei suoi colleghi falliscono» ha dichiarato Alberto Barbera, direttore artistico della mostra del cinema di Venezia commentando la scomparsa dell’artista «ossia essere considerato l’uomo più bello del mondo e al contempo un attore straordinario».
Alain Delon in una scena di Rocco e i suoi fratelli (1960)
Le donne della sua vita
E proprio come quella dei vari personaggi portati in scena, la vita privata di Alain Delon, anche dopo il successo, ha continuato ad essere turbolenta, sempre sopra alle righe, esagerata e appassionata, non priva di scandali, di grandi amori e di rapporti difficili. Inutile dire che le donne non gli sono mai mancate. Una delle storie più importanti dei primi anni di carriera fu con l’attrice Romy Schneider (la bellissima e bravissima interprete di Sissi), formando con lei una coppia considerata ai tempi la più bella del mondo.
Nel 1964 mise fine alla relazione per sposare Francine Canovas, da cui ebbe il figlio Anthony. Seguirono varie love-story: con Mireille Darc, con Anne Parillaud e con la cantante Dalila, giusto per citare le più significative. Farà poi coppia fissa con la modella olandese Rosalie Van Breemen, madre di altri due figli, Anouchka e Alain-Fabien nato nel 1994. Le cronache mondane parlano anche di un quarto figlio, avuto dalla cantante Nico mentre era fidanzato con Romy Schneider, che però non ha mai riconosciuto.
Negli ultimi anni si ritira nella proprietà di Douchy con la giapponese Hiromi Rolling, ufficialmente " dama di compagnia”, ma di fatto la sua ultima compagna. La Rolling verrà letteralmente cacciata dai figli nell’estate del 2023 con pesanti accuse di abusare della sua posizione per manipolare il padre a proprio vantaggio.
I figli
Alain Delon sembra aver ereditato il karma del proprio padre. Il primogenito Anthony si trovò infatti nella stessa situazione del piccolo Alain alla sua età, subendo la separazione dei genitori. In un libro autobiografico parla di un padre inarrivabile, severo e anaffettivo. Analoghi sentimenti e giudizi sono stati espressi
anche da Alain-Fabien, che in un’intervista definì il padre un uomo freddo e violento, tanto che il ragazzo, per probabili carenze di affetto e serenità, si mise molto presto nei guai. Per quanto riguarda Ari, il figlio non legittimato, sappiamo che è deceduto lo scorso anno per overdose di eroina. Se l’atteggiamento dell’attore è stato particolarmente duro e conflittuale con i figli maschi, di segno completamente opposto si è rivelato il rapporto con la figlia Anouchka, palesemente la sua prediletta, a cui «non ho mai detto “ti amo” a nessuna quanto a lei» come ebbe a raccontare. Una preferenza che ha trovato riscontro anche nel testamento, destinando alla ragazza la metà di tutti i suoi beni.
L’addio
I funerali dell’attore si sono tenuti a Douchy in forma privata ed intima, alla presenza di non più di una cinquantina di persone. Una cerimonia studiata dallo stesso Delon già da tempo in tutti i dettagli, compresa la presenza dei suoi 35 cani. Ma una ingente folla si è spontaneamente riunita davanti alla villa per rendere omaggio al grande artista portando un fiore o lasciando biglietti con messaggi di cordoglio. Una grande manifestazione di affetto che ha interrotto la riservatezza del momento, facendo uscire i figli dai cancelli per un ringraziamento pubblico. Le spoglie dell’attore riposano ora nel giardino della tenuta, accanto a quelle dei numerosi cani che ha avuto e amato. Se il mondo piange la scomparsa di una leggenda del cinema, la Francia sente di aver perso un pezzetto della propria identità perché come ha dichiarato il presidente Emmanuel Macron «…Malinconico, popolare, segreto, era più di una star: un monumento francese».
Alain Delon in tournée in Italia nel 1972