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Arte Milano

LUGLIO - AGOSTO 2009

Museo del Risorgimento di Milano Simboli e cimeli dell’Italia Napoleonica Clara Terrosu

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ella cornice del fine ‘700 di Palazzo Moriggia, opera del Piermarini, grazie alla generosa donazione dei coniugi Marco e Rosa De Marchi, il Comune di Milano ospita dall’inizio degli anni ’50 il Museo Risorgimento. Il percorso espositivo si snoda attraverso 14 sale che ripercorrono 74 anni di storia. Inizia nel 1796 con l’arrivo in Italia di Napoleone Bonaparte che, a capo della sua armata promosse gli ideali della rivoluzione e si conclude il 20 settembre 1870 con la liberazione di Roma. Il dipinto di Carlo Ademollo “La breccia di Porta Pia” suggella l’epoca delle gloriose lotte risorgimentali per aprire il capitolo dell’unità d’Italia. Sono i regnanti di Casa Savoia ad inaugurare questo Museo nel 1886 a Milano, esattamente 81 anni dopo l’incoronazione di Napoleone in Duomo. I cimeli, da Torino tornano a Milano, dopo aver suscitato grande ammirazione nel corso della Esposizione Generale del 1884. Ospiti prima nel Salone dei Giardini Pubblici, poi nella Rocchetta del Castello Sforzesco, subiranno pesanti perdite durante i bombardamenti del 1943, e saranno successivamente collocati in alcune sale della

fotografia Studio Saporetti

Palazzo Rocca Saporiti Un esempio di liberty a Milano

Anna Guainazzi

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l maestoso palazzo Rocca Saporiti, attualmente sede di Banca Galileo, fu costruito durante il periodo napoleonico, un’epoca in cui l’urbanistica di Milano venne completamente rivoluzionata. La vita della città dopo novant’anni di dominio austriaco, cambiò radicalmente il 16 maggio 1796 con l’entrata dell’esercito francese di Napoleone Bonaparte. Milano fu scelta come residenza del vicerè Eugenio de Beauharnais e della sua corte. Vennero così promossi lavori pubblici, come la costruzione di strade, la bonifica di territori e la realizzazione di canali. In questo contesto fu costruito Palazzo Rocca Saporiti che sorge nell’antica contrada di porta Orientale, corrispondente al tratto dell’attuale Corso Venezia. Dopo la soppressione degli ordini monastici, a cui apparteneva la zona, numerosi interventi, affidati a Giuseppe

Piermarini e condotti tra il 1770 e il 1790, cambiarono la fisionomia del quartiere trasformandolo nel luogo ideale per la residenza dei ceti nobiliari e delle classi agiate milanesi. Il progetto

requisiti per poter presentare il progetto a suo nome. Il palazzo è caratterizzato da una facciata classicheggiante, con una sequenza di sei grandi colonne ioniche estese ai due piani superio-

del palazzo fu firmato da Innocenzo Giusti nel 1812, nonostante in realtà, i disegni siano stati realizzati da Giovanni Perego che, essendo soltanto scenografo alla Scala, non aveva i

ri. Sopra l’attico a balaustra, che chiude superiormente la composizione, sono posizionate le statue, scolpite da Pompeo Marchesi e da Grazioso Rusca, che raffigurano personaggi mito-

logici: Mercurio, Venere, Giunone, Giove, Apollo, Diana, Bacco, Cerere e Giano. Al pianterreno si trovano alcuni locali che erano destinati ad abitazione degli impiegati di rango più elevato, i domestici invece risiedevano nel mezzanino tra il pianterreno e il primo piano. Generalmente al pianterreno trovavano posto anche le cucine, che, in questo modo, potevano essere facilmente approvvigionate d’acqua. Gli appartamenti da parata presentano una dimensione ridotta per una ricerca di maggior confort: infatti stanze più raccolte permettevano un riscaldamento più efficace. In questo periodo appaiono anche le prime sale da bagno, posizionate negli appartamenti da parata. Nel complesso il palazzo custodisce straordinarie decorazioni a stucco e soffitti dorati che lo rendono una vera e propria testimoninza del periodo di sviluppo che Milano visse durante l’epoca napoleonica.

casa di Alessandro Manzoni fino agli inizi degli anni ’50, quando verranno esposti in Via Borgonuovo n° 23. Possiamo suddividere cronologicamente il percorso espositivo in tre tappe fondamentali: in questo numero parliamo dell’Italia Napoleonica, nei prossi-

affreschi di Andrea Appiani che adornavano nel 1814 la casa del Prina. J. Isabey, invece, ci mostra i partecipanti al Congresso di Vienna, Inghilterra, Portogallo, Svezia, Prussia, Francia, Russia. Austria e Spagna. Per l’Italia non era presente nessuno, così il nostro pae-

mi parleremo delle Cinque giornate di Milano e di Garibaldi. Quando La Grande Armée Napoleonica giunse a Milano nel 1796, i patrioti, desiderosi di liberarsi degli Austriaci, li accolsero con grande entusiasmo e costituirono una Legione Lombarda cui lo stesso Bonaparte diede come simbolo un vessillo tricolore con al centro un berretto rosso, detto frigio, che nell’antica Roma permetteva di distinguere gli schiavi che si erano liberati dagli altri. Il potere militare, simbolo di forza e saldezza, è rappresentato dalla corona intrecciata con foglie di quercia. Questa fu la prima bandiera Italiana! Lo Scettro, il manto regale di velluto verde, le insegne dell’Ordine della Corona di Ferro, fatta giungere per l’occasione dal Duomo di Monza, sono i simboli che Napoleone portò con sé il 26 maggio del 1805 mentre da Palazzo Reale si recava in Duomo, per autoincoronarsi e vengono custoditi unitamente al sigillo del Regno Italico. Ma nel corso di vent’anni, purtroppo, l’atteggiamento del francesi cambiò, al punto d’assumere toni oppressivi, anche imponendo altissime tasse ai cittadini. La “Rivolta degli ombrelli” del 20 aprile 1814, venne così chiamata perché quel giorno pioveva ed i nobili presenti si riparavano sotto ombrelli di seta. Il pittore Giovanni Migliara rappresenta i fatti di quei giorni in un dipinto a tempera nel quale i cittadini assaltano il palazzo del Ministro delle finanze Giuseppe Prina in Piazza San Fedele. Ugo Foscolo, che allora abitava al n° 1 di Via S. Andrea, salvò diverse persone dal furore cieco degli insorti. Nel Museo Milano, sito al n° 6 della stessa Via, possiamo ancora ammirare i preziosi

se venne spartito a vantaggio dell’Austria. Il Proclama di Bellegarde ufficializza la notizia alla Lombardia, con toni ironici nei confronti delle aspirazioni di libertà e di unità dei Milanesi. Federico Confalonieri, Sivio Pellico, Pietro Maroncelli ed altri carbonari vennero condannati a morte, ma la pena fu poi commutata in detenzione presso il carcere duro nel castello dello Spielberg, a Brno in Moravia, per merito di Teresa Confalonieri che si recò a Vienna personalmente a chiedere la grazia. In Piazza Beccaria, attuale sede del Comando dei Vigili Urbani, fu letta la sentenza ed una targa ricorda l’avvenimento. Oltre alla Carboneria, che usava i simboli ed il linguaggio dei lavoratori del carbone per nascondere i contenuti sovversivi della loro setta, esisteva anche la Massoneria, società segreta nata in Inghilterra nel 1600. I massoni si ispiravano invece ai muratori; i loro simboli erano il compasso, la squadra, i martelli ed il filo a piombo. Il grembiulino in pelle d’agnello, veniva usato dagli Apprendisti-Muratori, che per essere ammessi, dovevano mostrarsi innocenti come agnelli. La popolazione scacciò le truppe austriache tra il 18 ed il 22 marzo 1848, sorprendendole con i famosi Moti milanesi carichi di eroismo, che affrontarono un efficientissimo apparato di polizia, tre brigate di fanteria, sei squadroni di cavalleria e sei di artiglieria. Tutta la popolazione è coinvolta, anche i Martinitt danno una mano, distribuendo dispacci e ricaricando le armi. L’attuale Porta Vittoria, allora Porta Tosa è raffigurata nel dipinto di Carlo Canella mentre gli insorti cercano di conquistarla.

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