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Dieci luoghi comuni che ripetiamo quando parliamo di migranti

Un pezzo del nostro sistema mediatico replica su questo fenomeno falsi stereotipi e contribuisce a rafforzarli nella percezione pubblica, sempre più distorta e lontana dai fatti. Per questo serve più formazione. Ai giornalisti di

Luciano Scalettari, giornalista, presidente di ResQ – People Saving People

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«La faccia tosta delle Ong: la Louise Michel fa ricorso contro il fermo. Ma è già stata smascherata». «I pirati del mare della Geo Barents. La nave dei migranti non era in pericolo: soccorsa a forza». «In contatto con gli scafisti: “Pronti a partire. In mare aperto ci aspettano le navi delle Ong”». «Decreto naufragi. Così le Ong vogliono dettare legge in Italia». Sono alcuni titoli recenti di articoli sul tema del soccorso in mare e sulla rotta migratoria mediterranea. Titoli che sono specchio delle tante polemiche provocate dalla questione immigrazione e dall’attività di chi i migranti li soccorre o li assiste in mare.

Ciascuno di quei titoli è rivelativo. O per i toni sprezzanti o per le affermazioni inverosimili o infondate, e a volte calunniose. Non si tratta di essere o meno politicamente schierati. I titoli citati non sono né editoriali né articoli di opinionisti. Sono tutti pezzi di cronaca. E questo solleva un problema.

Molti titoli di cronaca sono lo specchio di affermazioni inverosimili o infondate che si spiegano con una scarsa conoscenza della materia

Escludiamo la malafede, resta la disinformazione. Le reiterate affermazioni false da parte di un giornalista che ha come primo dovere professionale il «riportare la sostanzia-

Spesso anche noi giornalisti finiamo per inseguire le attese del pubblico in un gioco al rialzo della cifra emotiva che prevale su dati e fatti le verità dei fatti» possono essere dovute a due ragioni: disinformazione o malafede. Nessuna appartenenza ideologica può consentire al giornalista di distorcere i fatti, né può venire meno la continenza e la sobrietà dei toni. Visto che la malafede non si può che escluderla a priori - è l’esatto opposto del fare informazione, il venire meno dell’essenza stessa della professione - si deve ritenere che vi sia un grave problema di disinformazione o di misconoscenza da parte di molti colleghi. L’effetto è che su un tema come questo, tanto rilevante per la politica e soprattutto per la percezione dell’opinione pubblica, (alcuni) media finiscano per lavorare “a tesi”, spesso rilanciando e confermando una serie di stereotipi, di luoghi comuni che si percepiscono graditi ai propri lettori o ascoltatori. Si innesca quindi un cortocircuito che poco ha a che fare con la reale comprensione del fenomeno. Il sistema mediatico - o almeno un suo pezzo - ingenera cioè nel pubblico una percezione distorta del fenomeno migratorio, e a sua volta da questa percezione è ulteriormente condizionato, in un costante gioco al rialzo della cifra emotiva, sempre più prevalente su dati e fatti.

Dieci stereotipi da sfatare. Prendiamone alcuni di questi stereotipi, di queste “frasi fatte” che rischiano di diventare nella mente di chi legge fatti che non lo erano.

1. Se i migranti arrivano è perché sanno che in mare ci sono le Ong. È il cosiddetto pull factor: la presenza delle navi umanitarie nelle acque internazionali al largo della Libia spingerebbe i migranti a partire. È un falso. A parte le ragioni di buon senso (nessun migrante sano di mente farebbe la traversata più letale del mondo nella remota speranza di incrociare in mezzo al Mediterraneo una nave di soccorso, senza contare che la maggior parte dei migranti in Libia, essendo preda delle organizzazioni criminali dei trafficanti di esseri umani, non è libera di decidere quando e con che barca partire), l’unico studio scientifico sulla questione, realizzato da Eugenio Cusumano e Matteo Villa per l’Ispi e l’European University Institute, dimostra il contrario. Non c’è alcun effetto attrattivo da parte delle navi delle Ong. L’unico pull factor è il sogno di arrivare in Europa e il bel tempo (le partenze avvengono quando le condizioni meteo sono buone).

2. Le Ong fanno affari con i trafficanti. È un falso. Sono state av- viate e archiviate più di una ventina di inchieste giudiziarie, tutte finite nel nulla. Si tratta di una delle campagne diffamatorie più gravi e immotivate nella storia del giornalismo italiano.

CRONACA. Nella notte del 25 febbraio 2023 il naufragio di un barcone a Steccato di Cutro (Crotone) ha causato la morte di almeno 94 migranti.

3. Siamo invasi dai migranti. Frase che si declina anche in un altro classico: «Non possiamo accoglierli tutti». In realtà, gli stranieri residenti in Italia sono soltanto 5.200.000 e costituiscono l’8,7% della popolazione italiana (dato Istat 2021), percentuale al di sotto rispetto alla media dell’Unione Europea. Peraltro, quasi la metà degli stranieri sono europei, il 22% asiatici, il 7,5% americani e solo il 22% africani. Inoltre, facendo pochi facili calcoli sui dati relativi alla popolazione italiana in rapporto al numero annuale di arrivi di profughi attraverso il Mediterraneo o la rotta balcanica, si evince facilmente che oltre 90 immigrati su 100 passano per l’Italia ma la abbandonano in pochi giorni o poche settimane: la loro meta è costituita da altri Paesi europei.

La quota di migranti giunti con le navi di soccorso varia negli anni fra il 9 e il 12% del totale. Una quota irrisoria

4. Sono le Ong del mare che portano i profughi in Italia. La quota dei migranti giunti con le navi di soccorso varia, a seconda degli anni, fra il 9 e il 12% del totale. Una quota irrisoria.

5. Le Ong portino i migranti nei rispettivi Stati di bandiera. Le leggi del mare hanno codificato con molta precisione che sulla prima destinazione di chi viene soccorso in mare non conta la bandiera di chi soccorre, ma il luogo sicuro più vicino (Pos, place of safety, porto sicuro).

6. Va bene salvarli, ma ci pensino la Libia o la Tunisia. Impossibile. In Libia e in Tunisia i migranti non vengono salvati ma riportati in luoghi dove si perpetuano violazioni, anche gravissime, dei diritti umani. I due Paesi africani non possono in ogni caso avere alcuna “delega” al soccorso, perché è contrario alle normative internazionali. Non solo. Le convenzioni internazionali e le normative italiane del codice di navigazione indicano chiaramente quali caratteristiche deve avere il Pos, porto sicuro di cui sopra. Sostanzialmente, dev’essere in un Paese democratico, che abbia siglato la Convezione di Ginevra e che rispetti i diritti umani. Perciò nessuna nave che effettua un soccorso può chiedere di sbarcare i naufraghi a Tunisi, come non può farlo in Libia, in Egitto, in Algeria. In nessun Paese, di fatto, della costa Sud del Mediterraneo.

7. L’Europa se ne infischia, con la variante “l’Europa ci lascia soli”. È falso. Per incidenza dei profughi sulla popolazione italiana, secondo i dati OIM del novembre 2022, l’Italia è all’15° posto in Europa, con 1 richiedente asilo ogni 1.308 abitanti, mentre la Germania ne conta uno ogni 561 abitanti, la Francia uno ogni 652. A chiedere a buon diritto la redistribuzione per essere sollevata dal peso dell’accoglienza dovrebbero essere Cipro, prima in classifica, con un richiedente asilo ogni 68 abitanti.

8. L’Italia vuole che sia cambiata la Convenzione di Dublino Non è così. Dopo aver sottoscritto sia la Dublino 1 che la 2 – lo Stato membro Ue in cui viene registrata una richiesta di asilo (o vengono memorizzate le impronte digitali) è responsabile della richiesta d’asilo di un rifugiato - l’Italia in realtà non ha mai fatto alcun reale passo perché la convenzione sia modificata, e siano stabiliti criteri per la redistribuzione e l’accoglienza. E ben si capisce il perché dai dati sopracitati: per essere al pari con la media Ue il nostro Paese dovrebbe accrescere notevolmente l’accoglienza.

9. Le organizzazioni di soccorso favoriscono, ovvero puntano, alla sostituzione etnica e all’islamizzazione del nostro Paese. È falso. Sulla “sostituzione etnica” (a prescindere da considerazioni sul lugubre richiamo all’ideologia nazi-fascista) i dati elencati sopra parlano da soli, riguardo all’appartenenza religiosa la maggioranza relativa dei migranti è sempre stata ed è ancora cristiana.

10. Per i migranti spendiamo un mucchio di soldi. È falso. Spendiamo 3 miliardi di euro all’anno, ma in termini di lavoro e produzione gli immigrati creano ricchezza per circa 8 miliardi. È falso anche che ci tolgono il lavoro. In realtà, non i “buonisti accoglienti” ma Confindustria e Coldiretti lanciano l’allarme sulla urgente necessità di reperire lavoratori, specie nei settori in cui non si trova disponibilità da parte dei residenti in Italia. La stima è che occorrerebbero, da subito, almeno 250 mila lavoratori stranieri. Confindustria del Veneto ha parlato addirittura di mezzo milione.

In conclusione, sì, abbiamo un problema. Occorre una seria riflessione. Un’informazione tanto disinformante è tossica. È urgente e necessario ribadire che il nostro mestiere è «riportare la verità sostanziale dei fatti». Qui non è questione di libertà d’opinione e di espressione ma del rispetto dei dati e dei fatti. Perciò è urgente e necessario fare formazione per i giornalisti sui temi legati alla migrazione. L’Ordine della Lombardia su questo si sta impegnando: in sei mesi ha proposto due cicli di incontri nell’ambito della Formazione Permanente. Il successo di presenze e il gradimento da parte dei partecipanti confermano che la scelta è buona e lungimirante.

Spendiamo per loro 3 miliardi di euro all’anno, ma gli immigrati creano ricchezza per circa 8

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