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LIBERTÀ DI INFORMAZIONE/3 Se il diritto all’oblio diventa una minaccia a chi scrive
Nel nostro ordinamento manca una norma capace di bilanciare in modo chiaro questo diritto con quello di cronaca: la richiesta di cancellazione di un articolo rischia così di trasformarsi in strumento di “intimidazione” a una testata di Claudia
Trombetti, Legal Specialist di Citynews SpA
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Il diritto all’oblio, meglio conosciuto come il “diritto a essere dimenticati”, consiste nel non rimanere esposti a tempo indeterminato a una rappresentazione di sé non più attuale con conseguente pregiudizio alla propria reputazione e riservatezza. Tale diritto ha assunto maggior rilievo con lo sviluppo di Internet, che ha amplificato la permanenza online di dati personali e informazioni senza limiti di tempo e di spazio. Secondo l’art. 17 del GDPR (Regolamento Ue n. 679/2016), l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento dei suoi dati la cancellazione degli stessi qualora il loro trattamento non risulti più necessario rispetto alle finalità per le quali erano stati raccolti. Sono previste tuttavia delle eccezioni qualora il trattamento dei dati risulti ancora necessario per soddisfare alcune esigenze e, tra queste, il diritto alla libertà di espressione, di informazione e all’archiviazione nel pubblico interesse. Il diritto all’oblio, pertanto, trova un proprio limite nel diritto di cronaca. Si dovrà cioè porre in essere un bilanciamento con l’interesse del pubblico alla conoscenza di quel dato fatto, espressione del più ampio diritto di manifestazione del pensiero ma anche di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica. Ma come si traduce questo nella pratica? Sul piano operativo,
Internet ha amplificato la permanenza online di dati personali senza limiti di tempo e di spazio
A differenza del contenzioso civile, l’avvio di un procedimento dinanzi al Garante della Privacy non richiede formalità chiunque intenda esercitare tale diritto dovrà rivolgersi al titolare del trattamento dei dati per chiederne la cancellazione e, in caso di rifiuto o mancato riscontro, potrà rivolgersi all’autorità giudiziaria e/o al Garante Privacy. A differenza del contenzioso civile, l’instaurazione di un procedimento dinanzi al Garante non richiede particolari formalità. Infatti, non solo non sarà richiesta l’assistenza di un avvocato, ma il soggetto interessato non dovrà neanche compiere ulteriori atti nel corso del procedimento. Al reclamo seguirà un’istruttoria preliminare e un eventuale procedimento amministrativo che potrebbe concludersi, in caso di accoglimento e limitatamente ai casi più gravi, con l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10 milioni di euro o, se la violazione fosse posta in essere da un’impresa, sino al 2% del suo fatturato totale annuo, con preoccupanti conseguenze sul piano economico.
Il fatto che la procedura sia gratuita apre la strada a potenziali abusi: l’assenza di costi incentiva la quantità di ricorsi
Il timore di essere destinatari di una tale sanzione è ancor maggiore se si considera l’assenza nel nostro ordinamento di una norma capace di orientare in maniera oggettiva la prevalenza della tutela di un diritto (oblio) piuttosto che di un altro (cronaca). In questo scenario, gli editori tenderanno ad affidare le loro sorti tanto agli orientamenti giurisprudenziali, quanto a quelli del Garante, pur consapevoli dei possibili effetti e delle conseguenze che ne deriverebbero a seguito del susseguirsi del superamento degli stessi. Quando manca certezza nel diritto ci si deve necessariamente affidare all’interpretazione. Mossi dal timore di subire una condanna o di dover affrontare un ingente dispendio di denaro per un’adeguata difesa legale, si rischia di rinunciare alla tutela del diritto di cronaca anche quando non si dovrebbe.
Eliminare la gratuità del reclamo. L’assenza di una chiara normativa di riferimento è dunque la prima causa di pressione nei confronti degli editori a cui se ne deve aggiungere una seconda: la gratuità. La querela, l’atto di citazione e il reclamo al Garante sono alcuni dei mezzi attraverso cui si attiva la complessa e articolata macchina giudiziaria
(solo concettualmente per il Garante). Ma tanto la querela quanto il reclamo al Garante, come anticipato, non richiedono particolari formalità e sono del tutto gratuiti. Sia nella fase iniziale, non essendo necessaria l’assistenza di un avvocato per dare impulso all’intervento del Garante, sia nella fase finale poiché, a differenza di quanto accade in sede civile ove il pagamento delle spese legali segue il principio della soccombenza, non sussiste alcun rischio economico in capo al soggetto agente in caso di rigetto del reclamo (o definizione positiva del procedimento penale, per rimanere nell’esempio). Il destinatario delle “accuse”, invece, sarà costretto a difendersi con un inevitabile dispendio di denaro, tempo ed energie. Non è forse proprio questo lo scopo delle SLAPP ( Strategic Lawsuits Against Public Participation )? Intimidire ma anche esasperare i giornalisti e gli editori al solo fine di limitare la libertà di stampa. Per tale ragione, sarebbero auspicabili delle tutele anche a garanzia di tutti quei soggetti, giornalisti e editori, costretti - il più delle volte - a subire procedimenti infondati rispetto ai quali, anche in caso di esito favorevole, subirebbero in ogni caso delle conseguenze pregiudizievoli. Se, ad esempio, venisse prevista una forma di indennizzo per le spese sostenute da questi soggetti, limitatamente ai casi di manifesta infondatezza della domanda, forse ciò potrebbe fungere da deterrente per tutte quelle azioni, penali e non, esercitate al solo fine di ostacolare il diritto ad una corretta informazione.
Il destinatario delle accuse è invece costretto a difendersi con inevitabile dispendio di denaro tempo ed energie
L’eccesso del ricorso al Garante. Alla luce di quanto sopra, negli ultimi anni, si è iniziato a sentire anche nel reclamo al Garante uno strumento di pressione ai danni degli editori (e, di conseguenza, dei giornalisti). Per fare un esempio, accade frequentemente che il soggetto interessato non trovi soddisfazione nella sola deindicizzazione degli articoli quale strumento per garantire il proprio diritto all’oblio e pretenda la definitiva rimozione degli articoli stessi anche dall’archivio storico online della testata giornalistica, minacciando di ricorrere al Garante per la tutela del proprio diritto e dinanzi alle altre competen-
Accade di frequente che la deindicizzazione degli articoli non venga giudicata sufficiente e si pretenda la loro rimozione dall’archivio online della testata
Sarebbe da prevedere un filtro: il garante dovrebbe dichiarare non procedibile il reclamo quando sia stata accolta la richiesta di deindicizzazione
L’attuale scenario induce editori e giornalisti a optare per la scelta più semplice: accogliere senza discutere le richieste del soggetto interessato ti sedi giudiziarie per il risarcimento del danno. Ebbene, la più recente giurisprudenza di legittimità si è nuovamente pronunciata su questo aspetto affermando che il diritto all’oblio deve essere posto in bilanciamento anche con il diritto alla conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica (quindi nell’archivio storico online) trovando, per l’effetto, soddisfazione anche nella sola deindicizzazione. Non solo. In caso di omesso aggiornamento della notizia, graverà sullo stesso soggetto interessato richiedere l’inserimento nell’articolo di una nota informativa volta a dar conto del successivo esito del procedimento giudiziario non potendo, il mancato aggiornamento, integrare, di per sé, un illecito idoneo a generare una pretesa risarcitoria (cfr. Cassazione, sentenza n. 2893/2023 e sentenza n. 6116/2023). Sarebbe opportuno, in questi casi, prevedere un filtro preventivo ad opera del Garante dichiarando “improcedibile” il reclamo qualora l’editore abbia già ottemperato alla richiesta con la sola deindicizzazione dell’articolo così da evitare ulteriori dispendi di tempo e di denaro. I recenti orientamenti giurisprudenziali hanno permesso agli editori di destreggiarsi meglio tra le richieste di oblio così da garantire quel bilanciamento tra diritti contrapposti ed egualmente tutelati dalla nostra Costituzione. Tuttavia questo non ha di certo impedito il protrarsi di azioni infondate con il chiaro intento di “travolgere” gli editori (e i giornalisti) da lunghe e dispendiose cause civili e procedimenti dinanzi al Garante. Tale scenario potrebbe indurre gli editori e/o i giornalisti, come talvolta accade, a optare per la scelta più semplice: quella della rinuncia. Quindi, decidere di non subire un procedimento e dunque accogliere tout court le richieste del soggetto interessato. A danno però del diritto di cronaca. Se è vero infatti che ognuno dovrebbe battersi per la difesa di un diritto in cui crede, è anche vero che questo non deve danneggiare la parte che ritiene di aver agito correttamente.