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SCUOLE DI GIORNALISMO «Fiducia è la parola chiave del nostro lavoro»
by OdgMi
Intervista a Venanzio Postiglione, direttore della Scuola di giornalismo Walter Tobagi: «Il compito dei nuovi giornalisti è saper distinguere il vero dal falso. Il lettore ha innanzitutto bisogno di capire se può fidarsi di quello che legge» di Francesca Daria Boldo, allieva del XXI Master biennale di giornalismo Iulm di Milano
Viviamo in un presente che è sempre più saturo di voci, di opinioni, di notizie, dove la vera informazione rischia di perdersi tra altre mille notifiche che arrivano sui nostri dispositivi. Venanzio Postiglione, Direttore della Scuola di giornalismo W. Tobagi e vicedirettore del Corriere della Sera, sottolinea l’importanza di formare nuovi professionisti che sappiano essere mediatori e selezionatori di contenuti di valore in questo complesso ecosistema informativo che ci circonda. Il lettore è alla continua ricerca di risposte e punti di riferimento di cui fidarsi ed è proprio qui che il giornalista deve farsi trovare.
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In un presente in cui tutti possiamo essere comunicatori, che cosa ci distingue come giornalisti?
Dobbiamo fornire al lettore chiavi di interpretazione per decifrare l'essenziale nel diluvio di informazioni
«Oggi, ancora più di prima, il compito del giornalismo è quello di distinguere il vero dal falso. Una cosa apparentemente semplice da dire ma molto difficile da fare, soprattutto nel diluvio di informazioni in cui siamo immersi. Il lettore, prima di tutto, vuole capire se può fidarsi di quello che legge. Poi ricerca, costantemente, delle chiavi che lo aiutino a comprendere l’attualità, la società, la politica, il costume per arrivare a semplificare la complessa realtà che lo circonda.
3. Formazione
Il lettore deve fidarsi di noi e perché questo accada è doveroso studiare. Il nostro è un mestiere dinamico dove dobbiamo continuare a informarci a nostra volta, a conoscere e approfondire per essere in grado di comunicare in modo rapido, diretto e chiaro a chi ci legge».
Che cosa significa essere un giornalista multimediale?
«L’avvento di Internet non è una semplice svolta: è la più grande rivoluzione della storia dell’umanità. Il processo di digitalizzazione ha cambiato il mondo intero e, di conseguenza, anche la nostra professione. La forza delle Scuole di giornalismo sta proprio nel saper formare a tutto campo i futuri giornalisti, insegnando loro a trattare le notizie su tutte le piattaforme. Dallo scrivere sulla carta a lavorare sul digitale, a fare radio, televisione ma anche podcast, montaggio video ed essere attivi sui social, portando così persone realmente competenti sul mercato del lavoro».
Nel digitale i tempi sono diventati infinitamente più rapidi e il sentire più stretto. In quale tempo si deve collocare il giornalista?
«Serve una giusta mediazione tra rapidità e verifica delle fonti. Da una parte non si può arrivare per ultimi ma nemmeno per primi con una notizia sbagliata, poco corretta e non verificata. Tutto questo porta solo a un enorme danno d’immagine per la propria testata e a nient’altro. Quindi, rapidi sì ma è sempre meglio un controllo in più che uno in meno».
Come si immagina il giornalismo del futuro?
«Noi non conosciamo il giornalismo del domani e questo rende il nostro mestiere ancora più interessante. Altrimenti sarebbero solo pagine già scritte e poco attraenti. Il bello del futuro sta proprio nel poter contribuire prima a immaginarlo e poi a costruirlo».
Non conosciamo il giornalismo di domani: il bello del futuro è contribuire a immaginarlo e costruirlo
E l’intelligenza artificiale la preoccupa?
«No, non sono spaventato. Siamo consapevoli che è un fenomeno che esploderà e riguarderà tutti i campi. Alcuni giornali americani utilizzano l’IA per scrivere alcune noti- zie brevi di sport in automatico. Dopodiché, proprio perché il fine ultimo del giornalismo riguarda sempre i fatti e la chiarezza come diceva Eugenio Torelli il 5 marzo 1876 nel primo editoriale del Corriere della Sera, a capire le notizie dobbiamo essere noi. Al di là dell’intelligenza artificiale, il nostro contributo sarà sempre determinante, così come la capacità di essere cristallini nella scrittura».
In un mondo social, qual è il giusto punto d’incontro tra diritto di cronaca, deontologia e etica?
«Il paradosso dei nostri tempi è che i giornalisti professionisti devono seguire tutte le norme previste dal Codice deontologico mentre dall’altra parte c’è una prateria infinita di persone che scrivono, urlano, si disperano, gioiscono al di fuori delle regole. Detto questo, noi dobbiamo continuare a rispettare i princi-
3. Formazione
pi che fanno di noi giornalisti professionisti affidabili. Poi, ma questo spetta soprattutto al legislatore, andranno scritte nuove leggi sul digitale. Oggi incredibilmente, c’è ancora chi ritiene che reale e digitale siano cose diverse, invece tutto ci riguarda. Il nostro compito è e sarà sempre quello di pubblicare tutte le notizie che meritano di essere pubblicate e allo stesso tempo rispettare la dignità e la privacy delle persone».

In una società liquida come la nostra in cui l’attenzione al linguaggio, alle diversità, all’inclusione, all’integrazione è fondamentale, come è cambiata la sensibilità e la scelta di pubblicare o no una notizia?
L'attenzione al linguaggio deve diventare quasi maniacale per non offendere le persone: i giovani hanno su questo una elevata sensibilità
«La correttezza del linguaggio, per fortuna, fa sempre più parte del nostro mestiere. L’attenzione ai termini deve diventare quasi maniacale perché in nessun momento si possono offendere le persone. Affinché questo avvenga c’è bisogno di tantissima cultura. E qui voglio ritornare sull’importanza delle Scuole di giornalismo: i ragazzi che le frequentano sono già molto colti, laureati e hanno il pregio della curiosità. Vogliono capire a fondo il mondo e magari anche raccontarlo. Nessuno meglio di loro, dei giovani del nostro tempo, capisce quanto un termine possa essere offensivo. Nuovo linguaggio significa nuova cultura e in questo siamo avvantaggiati perché ognuno è figlio del suo tempo e i ragazzi d’oggi hanno innata questa sensibilità».
SCUOLE DI GIORNALISMO