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L’INFORMAZIONE TRA INCERTEZZA E ACCURATEZZA La terra di mezzo del «giornalismo di qualità»
by OdgMi
In tempi di incertezza i giornalisti devono saper abitare la zona intermedia che sta tra teoria e mera raccolta dei fatti: né esperti, né influencer ma traduttori culturali. L’obiettivo: lavorare sui dati fattuali, cogliere le relazioni tra i fatti, inquadrarli in un contesto di Riccardo Sorrentino, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia
«Giornalismo di qualità». Quante volte abbiamo letto, detto, scritto queste parole. Siamo convinti, giustamente, che sia la soluzione dei problemi –professionali ed economici – del nostro mondo, l’unica strada perché i nostri articoli, le nostre foto, i nostri video acquistino valore. In concreto, però, cosa significano? Abbiamo detto talmente spesso queste parole che sono diventate una formula magica, e vuota. Difficilmente abbiamo cercato strade per fare davvero un “giornalismo di qualità”.
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Sfiducia e disaffezione
Sui social il 38% degli utenti, quando incontra un contenuto giornalistico, “scappa via”
Andare oltre è necessario. Occorre cercare un giornalismo nuovo che permetta di risolvere i problemi della professione. Sono problemi molto evidenti e si riassumono nella mancanza di fiducia nei nostri confronti e nel nostro modo di lavorare da parte del grande pubblico, e di conseguenza l’incapacità di far riconoscere il valore del nostro lavoro. Alcuni dati, che sono stati ricordati da Luca de Biase in un convegno a Venezia, mostra che sui social il 38% degli utenti, quando incontra un contenuto giornalistico, “scappa via”. Erano molti meno pochi anni fa. Il post dell’adolescente, imberbe o cresciutello, o anche quello scritto direttamente dal professore universitario tendono a essere preferiti a quello del miglior giornalista.
Igiornalisti del Washington Post hanno «la responsabilità primaria di verificare le loro storie». Gli articoli sono soggetti a revisione su tre livelli: i caporedattori di settore; gli editor multipiattaforma (copy editor), che spesso forniscono una revisione sugli aggiornamenti dell’ultima ora; e i senior editors, che hanno la supervisione per la pubblicazione digitale durante il giorno e la responsabilità delle edizioni cartacee del Post. «Il numero di redattori che esaminano una storia e l’entità del loro coinvolgimento - si legge nella Policy and Standard Chart - variano a seconda della complessità, la rilevanza della storia e il fattore tempo».
È evidente che la strada è quella di tentare di differenziare il nostro lavoro da quello degli altri. Da quello del ragazzino come da quello del docente esperto. Come? Le strade sono molte, evidentemente: vecchi luoghi comuni ci spingono ad avere un’idea monodimensionale del giornalismo. Il giornalismo è fatto di molte dimensioni diverse, di molti generi, di molti metodi.
Entrata in vigore nel gennaio 2022, la carta delle rettifiche di Le Monde «ha lo scopo di unificare la politica di correzione degli errori fattuali e dare maggiore trasparenza sugli aggiornamenti degli articoli. Si tratta di prendersi carico degli errori in modo chiaro e sistematico». La rettifica può avvenire «per un importante aggiornamento dell’articolo» oppure per un errore o una omissione significativa. «Nella rettifica occorre spiegare cosa è stato modificato senza ripetere l’errore» e qualificare la correzione differenziando le correzioni dagli errori commessi in precedenza.
Contesto, fatti, relazione tra i dati L’elemento comune è però quello della concretezza dei fatti puntuali. Sarebbe in realtà un po’ naïf pensare che questi fatti siano fatti atomici, valutabili in modo isolato. Pensiamo ai grandi freddi di questo inverno. Sono la prova che il riscaldamento globale non esiste? Quante volte siamo caduti – e con noi il grande pubblico – nell’errore di crederlo. In realtà sono esattamente il contrario: una prova, evidentemente indiretta, della validità di quella che non è più un’ipotesi. Pensiamo, ancora, a cosa accade dei fatti in un’indagine e in un processo, dove assumono un significato diverso man mano che emergono nuovi elementi e nuove argomentazioni giuridiche. Non ci sono i fatti da una parte e le parole dall’altra: viviamo in un mondo di interazione simboliche, in cui fatti, parole e pensieri sono strettamente legati, e noi stessi siamo parte attiva di tutto ciò. Tutto questo non significa che non esistono fatti, ma solo interpretazioni, come una cattiva filosofia e una pessima politica ci hanno fatto credere. Chi ha usato con un po’ di malizia ChatGTP, il nuovo chatbot iperintelligente, ha visto con chiarezza i limiti di quel software: sofisticato, ma incapace strutturalmente di far riferimento alla realtà. Al punto che, di fronte a una domanda che va al di là delle sue capacità, “mente”: indica la risposta più probabile, quella coerente con il suo “sapere”, non quella vera. Quando questi strumenti diventeranno di uso comune, una funzione del giornalista resterà in ogni caso necessaria: la verifica delle informazioni.

Il “giornalismo di precisione”
La strada da percorrere passa da qui. Da un confronto accurato con la realtà. Qualche anno fa, di fronte alla difficoltà di capire quei singoli fatti che vengono espressi con un numero, il giornalista – e docente di giornalismo – Philip Meyer ha coniato la formula del “giornalismo di precisione”. Una sorta di giornalismo iperaccurato (e computer-assisted), che, nella sua proposta – era il 1973 – si limitava a proporre alcune tecniche di analisi dei dati (in sostanza l’analisi esplorativa, oltre la quale il giornalismo ragionevolmente non può andare): sono proprio quelle tecniche che permettono di capire che un grande freddo, fosse anche il crollo della temperatura a -20° C nel Texas conferma e non confuta il riscaldamento climatico. Dalla sua proposta è nato il data journalism (ne parla Riccardo Saporiti a pagina 22), che a volte sembra trasformarsi in una forma sofisticata di giornalismo grafico: vive in una riserva ma non ha “illuminato” il metodo giornalistico nel suo complesso. L’idea che qualunque giornalista debba arricchire la propria professionalità con al-
Il data journalism non ha ancora illuminato il metodo giornalistico nel suo complesso cune conoscenze statistiche – quelle che permettono di avere un’idea più chiara dell’andamento dell’inflazione, o della disoccupazione, oppure dei contagi e delle morti di un’epidemia e di fare quindi le domande giuste – non è diventata patrimonio comune della professione, e non è un bene.
I fatti puntuali con i quali noi giornalisti siamo abituati a lavorare danno al nostro lavoro una concretezza che il ragazzino-influencer in erba e l’esperto non hanno
Essere cerniera tra teoria e raccolta dei fatti
C’è un mondo intermedio, concreto, tra le astrattezze, che a noi a volte appaiono vuote, della teoria e la mera raccolta di “fatti”
La formula, ampliata al di là dei dati, di un “giornalismo di precisione” – pur nella consapevolezza dei ritmi forsennati con i quali lavoriamo, e la difficoltà di acquisire una specializzazione nelle attuali redazioni, così povere – indica però una strada che va esplorata. I fatti puntuali con i quali noi giornalisti siamo abituati a lavorare danno al nostro lavoro una concretezza che il ragazzino-influencer in erba e l’esperto non hanno. Bisogna però sapere come usarli, trattarli; come nel contesto giusto, che sia il complesso mondo della procedura penale, della medicina, della ricerca scientifica, dell’economia, così come occorre saper individuare gli esperti giusti – quelli “davvero” esperti – a cui porre le domande. C’è un mondo intermedio, concreto, tra le astrattezze, che a noi a volte appaiono vuote, della teoria e la mera raccolta di “fatti”: nelle scuole di giornalismo francesi si studiano a lungo non il diritto amministrativo o la contabilità pubblica, ma i bilanci e i piani regolatori comunali, utilissimi per fare cronaca bianca. Nella discussione sulla presunzione di innocenza, l’avvocato Carlo Melzi d’Eril (potete leggere un suo intervento a pagina 39) ha proposto che i giornalisti studino non tanto la procedura penale (che pure, e non a caso, è materia di esame), ma la lettura degli atti processuali, la concreta esecuzione delle indagini e lo svolgimento concreto del dibattimento. In economia, è importante conoscere, e saper usare, la teoria dell’equilibrio economico generale, ma anche il funzionamento dei mercati concreti: in cosa si distingue il mercato dei servizi sanitari, per esempio, da un mercato perfetto, che può fare a meno di interventi pubblici? Non si tratta soltanto di acquisire competenze teoriche o criti-
Philip Meyer E Il Giornalismo
DI PRECISIONE: SOCIOLOGIA E STATISTICA
Applicate Al Racconto Della Realt
Philip Mayer, classe 1930, ha lavorato al Miami Herald e poi al Washington Post. Nel 1968 ha vinto il Pulitzer per un reportage sulla rivolta di Detroit del 1967. Ha scritto il libro "Giornalismo di precisione”, nel quale teorizza un metodo che unisce tecniche sociologiche, statistica ed esperimenti sul campo per analizzare fenomeni sociali di rilevanza giornalistica. L’Institute Reporters and Editors, ente no profit nato per elevare la qualità del giornalismo investigativo, assegna ogni anno un premio Meyer per i migliori reportage di "giornalismo di precisione”.


che – che pure non guastano –ma di avere strumenti culturali più ampi per fare giornalismo. È, in parte, un mondo da inventare, soprattutto in Italia. L’Ordine dei giornalisti della Lombardia intende proporre anche questo tipo di formazione. Nella consapevolezza che altre strade esistono e nuove rotte possono essere tracciate, convinto però che “giornalismo di qualità” non può restare formula vuota.
Non si tratta soltanto di acquisire competenze teoriche o critiche – che pure non guastano – ma di avere strumenti culturali più ampi per fare giornalismo
1. Crocevia