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SPILLER ANTONIO

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Infodemia e fiducia nell'informazione: i numeri per inquadrare il tema

L'ACCURATEZZA È IL CONCETTO CHIAVE DELLE PAGINE DI QUESTA SEZIONE DI "TABLOID”: COME FARE GIORNALISMO DI PRECISIONE AI TEMPI DEI SOCIAL? COME VERIFICARE DATI E FATTI?

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Nel 2020 la Fondazione Bruno Kessler di Trento ha avviato un osservatorio sulla infodemia, per studiare cioè il nesso tra l'evoluzione della pandemia e la diffusione di fake news su Twitter. La piattaforma online è tuttora aggiornata e la si può consultare all'indirizzo: covid19obs.fbk.eu/#/

Indici

L'Osservatorio ha creato due indici.

1. IRI - Indice di Rischio Infodemico, cioè la probabilità che un utente riceva messaggi da fonti potenzialmente fuorvianti.

2. Dynamic IRI - Dynamic Infodemic Risk Index, cioè la probabilità che un utente interagisca con questi messaggi. I due indici forniscono prospettive opposte. L'IRI si concentra sulla produzione di disinformazione, l'IRI dinamico sull'impegno ad essa associato. Un alto valore dell'IRI significa che la disinformazione viene trasmessa da ua serie di account altamente rilevanti: l'infodemia può essere ridotta isolando quegli influencer (equivalente della quarantena). Un alto valore di Dynamic IRI significa che molti utenti interagiscono e ritrasmettono il potenziale contenuto disinformativo, e l'infodemia può essere ridotta aumentando la consapevolezza di tutti gli utenti sull'importanza di controllare attentamente le fonti e l'attività di reposting (equivalente di indossare una mascherina).

IN TRE PAESI Gli indici vanno da 0 (Rischio più basso) a 1 (Rischio più alto)

0.429 L'indice IRI al 21 febbraio in Italia agli estremi della scala. L'Italia è al 35%, in calo di cinque punti rispetto a un anno prima. A influire su questa sfiducia è soprattutto la percezione da parte del pubblico di pregiudizi politici ed economici che rendono poco imparziale l'informazione online fornita dai media tradizionali.

1 L’indice IRI alla stessa data in Ucraina

Nel Report c'è però un punto che riguarda la crescente presenza di giornalisti nell'arena social e le conseguenze che ciò comporta in termini di fiducia o sfiducia.

0.543 L'indice IRI negli

Stati Uniti

Fiducia e imparzialità

Sarebbe fuorviante ipotizzare un nesso diretto tra l’infodemia social (non solo relativa al Covid 19) e il calo di fiducia nei confronti dell’informazione tradizionale, che dipende da molti fattori. Di certo questo calo esiste. Secondo il Digital News Report 2022 del Reuters Institute, in 21 dei 46 paesi analizzati si riscontra un livello più basso di fiducia nell'informazione, con una media del 46%, in discesa rispetto all'anno precedente. Finlandia (69%) e Stati Uniti (26%) sono

«Circa la metà degli intervistati o più - è scritto nel Digital News Report 2022 - ritiene che i giornalisti dovrebbero attenersi alla segnalazione delle notizie», e non cioè fornire opinioni personali, ingaggiando "confronti muscolari” tipici dei social. Esistono tuttavia differenze tra le generazioni. «I più giovani preferiscono che i giornalisti esprimano liberamente le loro opinioni personali sui social media». Anche per questo «mentre molti gruppi editoriali stanno dando direttive alla presenza dei giornalisti sui social, nelle redazioni si riscontra la resistenza dei giornalisti più giovani, che vorrebbero fare a meno di questi limiti. E questo è un altro modo in cui il giornalismo viene sfidate dai social media».

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