Notiziario CAI Carpi 2022-01

Page 1

NOTIZIARIO

PERIODICO TRIMESTRALE

Direttore responsabile: Nelson Bova.

Redazione: Via Cuneo, 51 - Carpi (Modena).

Proprietario: CAI - CLUB ALPINO ITALIANO - Sezione di CARPI - APS.

Autorizz. Trib. Modena n. 592 del 24/12/76 - Stampato in proprio Iscrizione al R.O.C. col nr. 12740 L'abbonamento riservato ai Soci è compreso nella quota associativa.

ASSEMBLEA ORDINARIA VENERDÌ 25 MARZO 2022

AGENDA

CORSO ALPINISMO A1 CORSO ESCURSIONISMO DI BASE EE - ESCURSIONISTI ESPERTI USCITE IN GROTTA ATTIVITÀ SPELEO IN PALESTRA USCITE ATTREZZATE ESCURSIONI DEGUSTATIVE CAMMINATE AL TRAMONTO I FANTALPICI ESCURSIONI PALESTRA TOTEM

I RIFUGI ”SENTINELLA” DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Intervista al Presidente del Comitato Scientifico del CAI, Giuliano Cervi di Nelson Bova

SETTIMANA BIANCA di Carmen Gasparini

ZAINO IN SPALLA SUI CAMMINI NEL MONDO

L’Alta Via dei Re di Silvia Corradi

I BIBLIOTE-CAI CONSIGLIANO

a cura di Olivetta Daolio e Orville Pelatti

I FUNGHI... DI STAGIONE

a cura di Stefano Beltrami

DONNA DI FIORI

a cura di Franca Lodi

Settimana bianca in Val Badia

NOTIZIE

ASSEMBLEA ORDINARIA

Giovedì 24 marzo alle ore 8,00 in prima convocazione ed in seconda convocazione, comunque valida

VENERDÌ 25 MARZO 2022

alle ore 21 presso la Sede CAI in via Cuneo 51.

ORDINE DEL GIORNO:

- Nomina Presidente e Segretario dell’Assemblea

- Relazione del Presidente

- Relazione del Presidente del C.D. sul Bilancio

- Relazione Revisori dei Conti

- Rendiconto Economico 2021

- Stato Patrimoniale 2021

- Bilancio di previsione 2022

- Relazione attività 2021

- Nomina di 2 Delegati all’Assemblea Nazionale

- Premiazione Soci 25/50/75 anni di iscrizione.

- Varie ed eventuali

LA PRESENTE COMUNICAZIONE SERVE COME CONVOCAZIONE ALL’ASSEMBLEA.

I SOCI POSSONO PRENDERE VISIONE PREVENTIVA DEL BILANCIO 15 GIORNI PRIMA DELL’ASSEMBLEA.

PARCHEGGIO PER USCITE CAI

A seguito delle numerose lamentele da parte dei residenti delle abitazioni che si affacciano sul parcheggio del Circolo “Gorizia” e della Sezione CAI in via Cuneo, giustamente determinate dalla confusione e dal trambusto che si verificano ogni volta che ci si incontra per partire per una delle nostre attività sezionali in ambiente (corsi, gite, ecc.), su mia proposta il Consiglio direttivo ha deliberato che d’ora in avanti il ritrovo dovrà essere effettuato in altri luoghi più adatti e isolati, per es. il parcheggio dell’autostazione in via Peruzzi oppure il parcheggio dell’autostrada.

il Presidente Marco Bulgarelli

BATTI E RIBATTI... IL 5 x MILLE

Nella prossima dichiarazione dei redditi cogli l’occasione e devolvi il 5 x 1000 alla tua associazione. Basta firmare e trascrivere il Codice Fiscale della Sezione nello spazio apposito: 02178870362

(C.A.I Sezione di Carpi APS, Via Cuneo 51, 41012 Carpi).

La Segretaria Sezionale

ORARI APERTURA SEDE

Giovedì pomeriggio dalle ore 16:00 alle 19:00. Martedì dalle 21:00 alle 22:30, la sede rimarrà aperta per le operazioni di tesseramento e utilizzo della Biblioteca. Per l’accesso i soci dovranno essere muniti di GREEN PASS.

RINNOVO QUOTE SOCIALI 2022

Il Consiglio Direttivo ha deliberato di mantenere invariate per il 2022 le quote associative:

SOCIO ORDINARIO: euro 43,00

SOCIO FAMIGLIARE: euro 22,00

SOCIO GIOVANE: euro 16,00

SOCIO JUNIORES: euro 22,00

(età compresa tra i 18 e i 25 anni)

Ricordiamo ai soci che, per non perdere la continuità assicurativa, il rinnovo dovrà essere effettuato entro il 31 marzo 2022. Sarà comunque possibile iscriversi dopo il 31 marzo e fino al 31 ottobre 2022 con un aumento della quota di €1,00.

Il Consiglio Direttivo

CORO CAI CARPI

Il Coro CAI Carpi, preziosa componente delle tante Attività Sezionali del CAI CARPI, cerca tra i suoi Soci uomini e donne disponibili ad inserirsi nel proprio organico di CORISTI, nella consona sezione in cui è ripartito: Soprani, Contralti, Tenori, Bassi.

Impegno richiesto: Prove in Sede CAI al Martedì sera dalle 21 alle 23; una Decina di Concerti all'anno in Saloni, Teatri, Chiese e in Ambiente Montano, ideale sede del Repertorio proposto.

Si garantiscono intense Prove volte ad incentivare calorose gratificazioni di pubblico.

Per informazioni, contattare Mario al 338 2614489

2
C.A.I. SEZIONE DI CARPI - APS: Via Cuneo, 51 - 41012 CARPI (Modena) - Telefono e Fax: 059/696808 Orari d’apertura: martedì e venerdì dalle ore 21,00 alle ore 23,00 Redazione: notiziario@caicarpi.it Rifugio Città di Carpi (Cadini Di Misurina): Gestione Famiglia Molin - Tel. 0435 39139

L’ALPINISMO CARPIGIANO DAL SETTECENTO AI GIORNI NOSTRI

La storia dell’alpinismo carpigiano raccontata da Dante Colli è acquistabile presso la sede e le librerie.

GLORIANO ‘MIMMO’ COTTAFAVI

Tristemente appreso della repentina dipartita del caro MIMMO, porgendo ai Familiari le nostre sentite Condoglianze, lo ricordiamo come un bonario compagno di tante attività e gite, sciistiche, escursionistiche, ciclistiche ed altro, di prassi concludentesi a tavola, dove la nutrita conversazione non aveva mai termine perché assai gradevole.

Ora Riposa in Pace, che te lo sei giustamente meritato.

I tuoi amici del CAI di Carpi.

Novità in BiblioCAI

Libri acquistati nel 2021 e disponibili per il prestito

Una linea del tempo che traccia 300 anni di storia tra i carpigiani e le montagne, è un filo conduttore che Dante Colli descrive splendidamente nella sua ultima fatica letteraria dal titolo “L’ALPINISMO CARPIGIANO” dal settecento ai giorni nostri.

1. Paolo Rumiz – “LA LEGGENDA DEI MONTI NAVIGANTI” Un libro di viaggi lungo le Alpi e gli Appennini RCS MEDIAGROUP – 489 pag.

2. Lorenzo Ravojera – “ALPINISMO DIETRO LE QUINTE” Uomini che fecero l’alpinismo senza mezzi artificiali CLUB ALPINO ITALIANO – 144 pag.

3. Paolo Cognetti – “IL RAGAZZO SELVATICO” È un libro autobiografico – GEDI – 139 pag.

4. Renato Chabod – “LA CIMA DI ENTRELOR” Sviluppa la narrazione delle vicende alpinistiche dell’autore negli anni ‘30 e ’40 - CLUB ALPINO ITALIANO – 432 pag.

5. Mark Twight – “CONFESSIONI DI UN SERIAL CLIMBER” La storia di uno dei principali alpinisti americani CORRIERE DELLA SERA – 320 pag.

6. Luisa Mandrino – “LA FORZA DELLA NATURA” Franco Miotto, l’uomo dei viàz CDA & VIVALDA EDITORI – 222 pag.

7. Walter Bonatti - “MONTAGNE DI UNA VITA” Una raccolta di storie che tiene col fiato sospeso BALDINI & CASTOLDI – 335 pag.

8. Mario Vichi – “IL BRIGANTE” Quattro uomini si ritrovano per caso seduti allo stesso tavolo di una taverna sperduta sui monti – GEDI – 175 pag.

9. Simpson Joe – “IL SUONO DEL SILENZIO”

Durante una bufera di neve nella profondità gelida dell’inverno un uomo combatte per la sua vita – GEDI – 334 pag.

10. Franco Faggiani – “LA MANUTENZIONE DEI SENSI”

È un libro che parla di crisi esistenziale, di morte, della Sindrome di Asperger – GEDI – 235 pag.

3
NOTIZIARIO

AGENDA

CORSO DI ALPINISMO A1

Direttore: Nicola Bertolani (I.A. Carpi)

mercoledì 30 marzo - Presentazione del corso e prima lezione teorica in sede.

27 aprile (mercoledì) - Palestra indoor

30 aprile (sabato) - Pietra di Bismantova

14 maggio (sabato) - Cresta di Gaino

4-5 giugno - Piccole Dolomiti

18-19 giugno - Gruppo Presanella

2-3 luglio - Monte Rosa

Le lezioni teoriche si terranno indicativamente il mercoledì in sede alle ore 20:45.

EE - ESCURSIONISTI ESPERTI

COME AFFRONTARE OGNI TIPO DI SENTIERO

Responsabili: I.S. Marco Bulgarelli, A.E. Paolo Lottini

Giovedì 9 giugno - Presentazione dell’attività

11-12 giugno - Uscita in ambiente appenninico

17 e 24 giugno - Serate di approfondimento in sede

25-26 giugno - Uscita in ambiente dolomitico

LE ATTIVITÀ PROGRAMMATE SA -

RANNO SVOLTE COMPATIBILMENTE CON LE DISPOSIZIONI GOVERNATIVE IN VIGORE DURANTE I RELATIVI PERIODI DI COMPETENZA, RELATIVAMENTE ALL’EMERGENZA COVID-19.

CORSO DI ESCURSIONISMO DI BASE

Direttrice: Edi Forghieri (340 2875015)

28 marzo (lunedì) - Presentazione del corso

8 maggio - Appennino Reggiano

29 maggio - Appennino Modenese

12 giugno - Monte Baldo

19 giugno - Gruppo Pasubio

2-3 luglio - Gruppo Sciliar

Le lezioni teoriche si terranno settimanalmente nelle serate di lunedì, giovedì, venerdì presso la sede del CAI a Carpi.

ESCURSIONI

20 marzo - Lago di Garda

da Cassone a Castelletto di Brenzone (E)

Accompagnatori: Ernestina Bagnoli, Luisa Rebecchi, Loris Santini.

Località di partenza: Cassone

Località di arrivo: Castelletto di Brenzone

Dislivello: +/- m. 450. Difficoltà: E

Tempo di percorrenza: h.4-4:30 (soste escluse)

Partenza: ore 7:00 Piazzale Autocorriere (in auto o pullman al raggiungimento di 35 iscritti. In ogni caso si deciderà in base alla normativa vigente sulla capienza dei pullman).

Obbligo di green pass rafforzato e dispositivi di protezione (mascherine FFP2... ecc...)

Brescia e dintorni

La gita, in programma per il 3 Aprile, è rimandata a data da destinarsi (possibilmente al prossimo autunno) in quanto non compatibile in base alla attuale normativa che regola l’accesso ai monumenti.

14-21 Maggio - Trekking nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano

Accompagna Guida Ambientale Escursionistica.

15 maggio - in MTB sul lago di Molveno

12 giugno - in MTB sul Monte Baldo

26 giugno - Via Romea Germanica Imperiale da Fiumalbo all’Abetone

Per approfondimenti e aggiornamenti si prega di consultare il sito www.caicarpi.it

4 NOTIZIARIO

NOTIZIARIO

USCITE IN GROTTA

Responsabili: Borsari, Po, Santagata, Nasi

13 marzo - Buca del Baccile - Resceto (MS)

10 aprile - Grotta in Monte Arera - Oltre Il Colle (BG)

8 maggio - Buca dei Tunnel - Monte Pelato (MS)

12 giugno - Buco Cattivo - Frasassi (AN)

3 luglio - Abisso Degobar - Gallio (VI)

30-31 luglio - Abisso Gnomo - Vagli Sopra (LU)

ATTIVITÀ SPELEO IN PALESTRA TOTEM

16 marzo, 28 settembre, 19 ottobre (ore 21 palestra TOTEM presso la sede CAI)

Aggiornamenti e dettagli sul sito www.caicarpi.it

USCITE ATTREZZATE

USCITE GUIDATE SU VIE ATTREZZATE

Referente: Edi Forghieri (3402875015)

7 settembre - Presentazione dell’attività

14, 28 settembre, 5 ottobre - Lezioni teoriche in sede

19 settembre - Ferrata C. Chiesa (Val Sugana)

18 settembre - Ferrata Burrone Giovanelli

9 ottobre - Ferrata Cima Capi

16 ottobre - Ferrata G. Sega

INGRESSO RISERVATO AI SOCI CAI

I FANTALPICI

Accompagnatori: Paolo Lottini, Marco Bulgarelli, Alessia Giubertoni, Monica Malagoli.

3 aprile - Traversata integrale della Vena del Gesso Appennino Romagnolo (E/EE)

1 maggio - Monte Spino e Creste del Forametto (1486m) - Prealpi Lombarde (EE)

2/5 giugno - Trekking dell’Etna (E/EE)

16-17 luglio - Gran Pilastro (3510m) - Alpi Orientali (EEA/I-F+)

3-4 settembre - Vetta d’Italia (2912m)

Alpi Orientali (EE)

30 ottobre - Monte Ziolera (2478m)

Gruppo Lagorai (EE)

13 novembre - Monte Sumbra (1765m)

Alpi Apuane (EEA)

26 dicembre - Fantalpici after Christmas

Escursione a sorpresa

ESCURSIONI DEGUSTATIVE

Referenti: Sara Gasparini, Alessia Giubertoni, Sandra Forghieri, Silvia Dondi

7 maggio - Wine trekking sui colli bolognesi

25 settembre - Beer trekking in Val di Cembra

CAMMINATE AL TRAMONTO

CAMMINATE AMBIENTALI E CULTURALI NEI DINTORNI DI CARPI

Responsabili:

A.E.Paolo Lottini, A.E. Alessia Giubertoni

25 maggio - 15 giugno - 29 giugno

MARTEDÌ 14/9 RIPRENDE L’ATTIVITÀ DEL

PROVE AL MARTEDÌ ore 21, sede CAI
Diretto da Franca Bacchelli
CORO CAI CARPI
5

I biblioteCAI consigliano di

QUI ELJA, MI SENTITE?

Otto donne sul Pik Lenin

Estate 1974. La mia passione per la montagna non aveva ancora fatto capolino dal subconscio in cui era annidata e poi ero troppo impegnata a mettere al mondo una figlia femmina per prestare attenzione a notizie che provenivano dall’URSS e in particolare dalle montagne del Pamir, notizie non così pubblicizzate! Proprio lì stava accadendo un evento eccezionale: per la prima volta nella storia dell’alpinismo otto fortissime donne alpiniste erano impegnate in una cordata tutta femminile a salire sulla vetta del Pick Lenin, a 7134 metri. Non l’avrei conosciuta nemmeno oggi questa storia, se non mi fossi imbattuta in questo libro sullo scaffale della biblioteca del Cai.

La storia di Elvira Shataeva, capocordata, e delle sue compagne alpiniste ha aspettato 25 anni prima che Linda Cottino, ne venisse casualmente a conoscenza nel 1999, durante una breve permanenza per un reportage al campo base di Acik Tash e ne scrivesse nel 2001 la vicenda nel libro “Qui Elja, mi sentite? Otto donne sul Pik Lenin”.

E’ una storia che si dipana attraverso testimonianze dirette, trascrizione di registrazioni, pagine di diario, brani del protocollo d’inchiesta e momenti in cui Elvira e le altre parlano, attraverso Linda, in prima persona.

Una storia avvincente, commovente, drammatica, una storia che rivendica la conquista fatico-

sa di uno spazio, di “un nuovo orizzonte femminile” perché “la politica, la scienza, lo sport sono la sola possibilità di toglierci dalla ripetizione eterna del quotidiano, accanto a uomini e figli”, così risponde Elja a chi afferma che “l’organismo femminile non ha le caratteristiche di forza e resistenza che l’alta quota richiede… le donne non sono in grado di compiere scelte decisive in condizioni estreme”

In questa impresa Elvira, Nina, Irina, Ilsjar, Valentina, Tatjana, Galina, Ljudmila hanno addosso gli occhi dell’alpinismo internazionale: per l’inaugurazione della nuova struttura fissa del campo base di Acik Tash infatti sono presenti inglesi, francesi, svizzeri, giapponesi, italiani (tra cui Nino Oppio**) e per la prima volta americani. Le otto alpiniste “devono” dimostrare il valore della loro scuola alpinistica come sovietiche e come donne, seguire ordini e direttive imposte dai superiori e contemporaneamente realizzare il profondo desiderio di affermare la propria capacità.

Il pregio di questo libro di 160 pagine è la delicatezza e la sensibilità dell’autrice nel trasmettere al lettore i sentimenti, le paure, il senso di solidarietà delle protagoniste, sembra di essere lì con loro nella bufera e percepire il flebile sottile soffio delle ultime parole trasmesse al campo base.

* Linda Cottino è giornalista, appassionata di montagna, già caporedattrice della rivista ALP, cura attualmente la rubrica dei libri per il mensile del CAI Montagne 360 oltre a tante altre collaborazioni. Ha scritto anche “Nina devi tornare al Viso”

** Nino Oppio, grande scalatore noto anche per, l’ascensione il 7 aprile 1940 del camino sulla parete est alla Pietra di Bismantova che da allora prese il suo nome.

10
6 NOTIZIARIO

I biblioteCAI consigliano di Orville Pelatti

LE OTTO MONTAGNE

Einaudi – 199 pp.

Pubblicato da Einaudi a novembre 2016. Nel 2017 il libro ha vinto il Premio Strega. Un anno dopo la pubblicazione era già stato tradotto in 35 lingue.

La storia racconta della vita di Pietro. La sua famiglia vive a Milano ma d’estate va in vacanza in un paesino di nome Grana, ai piedi del Monte Rosa.

Il padre di Pietro è un appassionato alpinista e trasmette al figlio la sua passione per la montagna. A Grana, Pietro conosce Bruno, un ragazzo di una famiglia di allevatori del paese.

Bruno è un bambino, poi ragazzo e poi uomo che nella vita non ha conosciuto che le montagne, i campi, gli allevamenti, la neve e le mucche al pascolo. I due amici sono diversi ma profondamente legati da questo luogo.

Uno dei momenti più brillanti del libro è l’intuizione su cosa è il futuro dal punto di vista di chi vede un fiume scorrere verso sé

Se il punto in cui ti immergi in un fiume è il presente, pensai, allora il passato è l’acqua che ti ha superato, quella che va verso il basso e dove non c’è più niente per te, mentre il futuro è l’acqua che scende dall’alto, portando pericoli e sorprese. Il passato è a valle, il futuro a monte.

Bruno non si sposterà mai da Grana mentre Pietro inizia il viaggio della vita intorno al mondo. È in Nepal che scopre la leggenda delle otto montagne, episodio che dà il titolo al libro e che racconterà a Bruno al suo ritorno.

Un vecchio nepalese disegna nel terreno una ruota divisa da otto raggi, poi afferma: “Noi diciamo che al centro del mondo c’è un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. Questo è il mondo per noi”. E aggiunge, indicando il centro: “Avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”

Pietro è quello che ha fatto il giro delle otto montagne mentre Bruno è quello che è arrivato in cima al monte Sumeru, a voi scoprire, leggendo il libro chi ha imparato di più.

Paolo Cognetti (Milano - 1978)

Frequenta la facoltà di Matematica all’Università di Milano, e studia anche letteratura americana da autodidatta.

Debutta nel 2003 con il racconto Fare ordine, grazie a cui vince il Premio Sub way – Letteratura. Successivamente pubblica La qualità dell’aria – Storie di questo tempo.

La vittoria al Premio Strega 2017 lo ha consacrato nel panorama letterario italiano e non solo. Dal suo debutto ha pubblicato una serie di libri che hanno conquistato il plauso della critica e del pubblico, che sono: Manuale per ragazze di successo, Una cosa piccola che sta per esplodere, Sofia si veste sempre di nero, Il nuotatore, Il ragazzo selvatico.

7 NOTIZIARIO

I RIFUGI ”SENTINELLA” DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Il rifugio Città di Carpi sentinella dei cambiamenti climatici.

E un luogo fisico per la diffusione scientifica.

Intervista al presidente

del comitato scientifico del CAI, Giuliano Cervi di Nelson Bova

Sono 13 i rifugi del Cai finora individuati nell’accordo con il CNR per monitorare “dall’alto” i cambiamenti climatici. Tra questi c’è quello della nostra sezione, a 2110 metri nel comune di Auronzo di Cadore, ai Cadini di Misurina. L’accordo con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che prevede anche 4 osservatori dell’ente pubblico, attribuisce ai rifugi l’importante ruolo di sentinella, perché collocati in ambienti molto sensibili alle variazioni del clima che, come sappiamo non è uniforme su tutto il pianeta. E’ accertato ad esempio che la temperatura aumenta, con effetti più significativi, in alcune zone rispetto ad altre.

L’accordo tra il comitato scientifico centrale del CAI e il dipartimento scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente del CNR risale all’11 novembre 2019, in occasione della giornata internazionale della montagna e prevede che i dati raccolti nei rifugi individuati forniscano informazioni, preziose per la modellistica mete-

oclimatica e per prospettare possibili scenari evolutivi futuri.

13 al momento i punti di raccolta per questi dati. Perché sia stato scelto tra loro il rifugio Città di Carpi lo chiediamo al presidente del comitato scientifico del CAI, il reggiano Giuliano Cervi.

Perché, tra i tantissimi rifugi sparsi sulle montagne di tutta Italia proprio quello carpigiano?

La scelta è stata dettata da un criterio puramente geografico. Il rifugio Città di Carpi è collocato in un contesto scoperto, alla giusta altezza, con le dotazioni adeguate per poter alimentare e collocare la strumentazione necessaria. Insomma, ha tutte le caratteristiche per essere stato scelto tra i primi e più significativi luoghi per la raccolta dei dati. Abbiamo perciò contattato la vostra sezione e avuto fin da subito una entusiastica collaborazione.

8 NOTIZIARIO

Di quali strumentazioni dovrà dotarsi?

I rifugi devono dotarsi di strumenti di monitoraggio collegati in rete: una stazione meteorologica automatica, webcam, eventualmente pannelli solari ed altri dispositivi. I gestori del rifugio avranno il compito di controllarne il funzionamento e di segnalare eventuali anomalie a chi dovrà fare manutenzione.

Questi dati, una volta raccolti, come verranno utilizzati?

I dati, una volta processati, confluiranno in un portale web in fase di progettazione e saranno resi disponibili in forma comprensibile e gratuita per tutti.

I soci Cai possono avere un ruolo, se lo desiderano? Certamente. Possono contribuire al controllo del perfetto funzionamento dei dispositivi e fare a loro volta da sentinella segnalando eventi e situazioni anomale per quanto riguarda conformazione del terreno, flora e fauna.

I rifugi potranno diventare i punti di diffusione “sul campo” della divulgazione scientifica? Quella citizen science, o in questo caso mountaineer science di cui si parla tanto.

E’ uno dei propositi dell’accordo. Il comitato scientifico del Cai divulgherà informazioni sulle specie animali, vegetali e più in generale sulla montagna, con specifici corsi di formazione nei comitati scientifici sezionali per chi vorrà approfondire gli argomenti. Diventerà inoltre l’occasione per ridare slancio al progetto “rifugi e dintorni”, proposto dal Cai ormai anni fa ma mai decollato.

ELENCO DEI RIFUGI SENTINELLA ATTIVI AD OGGI:

Pagari Federici Marchesini – Alpi Marittime – 2627 mt – Piemonte - CAI

Gastaldi – Alpi Occidentali – 2659 mt – Piemonte - CNR

Torino – Monte Bianco – 3375 mt – Valle D’Aosta - CAI

Capanna Regina Margherita – Monte Rosa - 4554 mt – Piemonte - CAI

Plateau Rosa Testa Grigia – Mnte Cervino – 3480 mt – Valle D’Aosta - CNR

Marco e Rosa – Bernina – 3609 mt -Lombardia - CAI

Curò – Alpi Orobiche – 1915 mt – Lombardia - CAI

Vioz Mantova – Gruppo Otles Cevedale – 3535 mt – Trentino Alto Adige - SAT

Col Margherita – Val Biosis Agordino – 2513 mt – Veneto - CNR

Galassi – Gruppo Antelao - 2018 mt – Veneto - CAI

Città di Carpi – Dolomiti del Cadore -2110 mt – Veneto - CAI

Gilberti – Alpi Giulie -1850 mt – Friuli Venezia Giulia - CAI

Monte Cimone – Appennino Settentrionale – 2165 mt – Emilia Romagna - CNR

Rossi – Alpi Apuane – 1609 – Toscana – CAI

Rinaldi – Monti Reatini – 2108 mt – Lazio – CAI

Duca degli Abruzzi -Gran Sasso -2388 mt – Abruzzo – CAI

Pomilio – Maielletta – 1888 mt – Abruzzo – CAI

Monte Curcio – Sila Grande -1780 mt – Calabria – CAI

Citelli – Etna – 1740 mt – Sicilia - CAI

9 NOTIZIARIO

Funghi... di Stagione

a cura di Stefano Beltrami Gruppo micologico città di Carpi carpifunghi@libero.it https://www.facebook.com/Carpifunghi/

LA TOSSICITA’ DEI FUNGHI

Chi per la prima volta entra in un bosco in un periodo favorevole alla crescita fungina generalmente rimane stupito e sorpreso dalla varietà di forme e colori che la vita fungina riesce a offrirci. Di solito a questo stupore iniziale segue la domanda sulla commestibilità o meno degli esemplari presenti e, molte volte, subentra un po’ di delusione quando si scopre che la maggioranza dei ritrovamenti non sono commestibili o, peggio, tossici. Ma cosa significano esattamente le diciture “COMMESTIBILE”, “NON COMMESTIBILE”, ”SOSPETTO”, “TOSSICO”, ”MORTALE” che troviamo sui libri o nei cartellini di riconoscimento nelle mostre micologiche? Partiamo dalla premessa che, come abbiamo già detto, i funghi sono dei piccoli laboratori chimici ed al loro interno sono presenti tantissime sostanze, più o meno commestibili e più o meno tossiche, che si degradano o meno in fase di cottura, in proporzioni variabili che cambiano da specie a specie. Anche il luogo di crescita può influire dato che i miceti che crescono in ambienti inquinati inevitabilmente assorbono queste sostanze nocive, che siano metalli pesanti o anticrittogamici poco importa, i funghi sono come spugne e riescono ad assorbire questi inquinanti.

COMMESTIBILE: adatto al consumo previa adeguata cottura.

NON COMMESTIBILE: non tossico ma non adatto al consumo per caratteristiche organolettiche non gradevoli.

SOSPETTO: tossicità non ben definita, incostante.

TOSSICO: tossicità ben definita, anche dopo cottura prolungata, generalmente ad esito benigno.

MORTALE: tossicità che se non trattata in tempo con adeguate terapie porta ad esiti fatali.

Volendo approfondire un po’ si possono distinguere le intossicazioni in base alle sostanze che le provocano in diverse tipologie quali per esempio:

SINDROMI PANTHERINICA, MUSCARINICA,ALLUCINOGENA,ecc. A breve incubazione che oltre ai sintomi gastrointestinali provocano alterazioni neurologiche, di pressione, respiratorie, ecc. con primi sintomi che si evidenziano fino a 6 ore dopo la fine del pasto

SINDROMI PANTHERINICA, MUSCARINICA, ALLUCINOGENA, ecc. a breve incubazione che oltre ai sintomi gastrointestinali provocano alterazioni neurologiche, di pressione, respiratorie, ecc. con primi sintomi che si evidenziano fino a 6 ore dopo la fine del pasto

Esempio: Amanita muscaria ( Sindrome Pantherinica)

LANICA sono tutte a lunga incubazione e si evidenziano con i primi sintomi da 6 a 14/24 ore dopo la fine dei pasti, (nel caso dei Cortinari mortali quali orellaneus, speciosissimus, ecc diversi giorni dopo la fine del pasto, anche 14 gg).Oltre ai precedenti portano alla compromissione di organi quali fegato e reni con esiti fatali.

SINDROMI FALLOIDEA, GYROMITRICA ED ORELLANICA sono tutte a lunga incubazione e si evidenziano con i primi sintomi da 6 a 14/24 ore dopo la fine dei pasti, ( nel caso dei Cortinari mortali quali orellaneus, speciosissimus, ecc diversi giorni dopo la fine del pasto, anche 14 gg).Oltre ai precedenti portano alla compromissione di organi quali fegato e reni con esiti fatali.

Esempio: Amanita phalloides (Sindrome Phalloidea)

La regola generale è quindi che più velocemente compaiono i primi sintomi, meno grave sarà l’intossicazione, viceversa più si allunga il tempo di comparsa più questa sarà grave e pericolosa.

La regola generale è quindi che più velocemente compaiono i primi sintomi, meno grave sarà l'intossicazione, viceversa più si allunga il tempo di comparsa più questa sarà grave e pericolosa. Una nota a parte per mettere in guardia dal consumo di funghi avariati o non ben conservati, soprattutto i sott'olio che possono portare ella formazione di Botulino, pericolosissima tossina che si forma in ambiente anaerobico se non sono state seguite correttamente le procedure igienico/sanitario e le giuste procedure di cottura e conservazione.

Per chiudere ricordo che per non avere problemi con l'uso alimentare dei funghi si deve:

pasto.

SINDROME GASTROINTESTINALE a breve incubazione con vomito e diarrea, primi sintomi da pochi minuti fino a 4 ore dopo la fine del pasto.

Esempio: Ramaria pallida ( Sindrome gastrointestinale)

• identificare correttamente le specie fungine raccolte;

• in caso di dubbio, anche minimo, non consumarli!;

• lavorarli e cuocerli correttamente e nel più breve tempo possibile;

• evitare le abbuffate ed i pasti ravvicinati

Una nota a parte per mettere in guardia dal consumo di funghi avariati o non ben conservati, soprattutto i sott’olio che possono portare ella formazione di Botulino, pericolosissima tossina che si forma in ambiente anaerobico se non sono state seguite correttamente le procedure igienico/sanitario e le giuste procedure di cottura e conservazione.

Per chiudere ricordo che per non avere problemi con l’uso alimentare dei funghi si deve:

• identificare correttamente le specie fungine raccolte;

• in caso di dubbio, anche minimo, non consumarli!;

• lavorarli e cuocerli correttamente e nel più breve tempo possibile;

• evitare le abbuffate ed i pasti ravvicinati.

NOTIZIARIO 10
SINDROME GASTROINTESTINALE a Breve incubazione con vomito e diarrea, primi sintomi da pochi minuti fino a 4 ore dopo la fine del

Donna di Fiori

A thing of beauty is a joy for ever (John Keats) a cura di Franca Lodi

Stiamo uscendo dall’inverno e, con l’attenuarsi delle costrizioni anti-Omicron, andiamo alla ricerca delle prime fioriture della nuova stagione, rimettendoci in cammino nei boschi, nelle praterie e nelle colline ancora un po’ innevati...

Helleborus niger L.

Rosa di Natale

Ranuncolaceae

Inconfondibile per lo scapo portante un solo fiore.

Fiori grandi (diam. 3-9 cm), solitari a sepali bianco-rosati, intensamente profumati.

Fiorisce nell'inverno.

Foglie caulinari di colore verde pallido e intere, quelle basali divise in 5-9 segmenti. Compaiono dopo la fioritura. Sempreverdi.

Soldanella alpina L.

Soldanella comune

Primulaceae

Fiori violacei, raramente bianchi, a corolla reclinata con petali sfrangiati

Foglie cordate alla base, a margine intero, di colore verde scuro. Fiorisce perforando la neve fondente. Alta massimo 15 cm. Preferisce le praterie, ma sopporta la competizione di altre specie.

Eranthis hyemalis

Piè di gallo

Ranunculaceae

A fioritura precocissima, già in gennaio mostra le sua inconfondibile corolla.

Il ''fiore'', solitario, eretto, glabro, ha sei sepali grandi giallo-citrini; i veri petali sono i tubuli all'interno della pseudo-corolla (i nettarii).

Le foglie, profondamente incise in tre segmenti,compaiono dopo la fioritura, disposte spirale attorno al fiore.

Vive nelle boscaglie, nei campi, nelle scarpate, fino a 1000 metri.

Buona ricerca!

11
NOTIZIARIO

SETTIMANA BIANCA

6/13 febbraio 2022

Ed eccoci ad un’altra settimana bianca, abbiamo saltato il 2021 per il Covid, ma quest’anno il gruppo si è ricompattato con l’aggiunta, peraltro graditissima, di nuovi compagni.

Già lo scorso anno avevamo dovuto saltare questa bellissima occasione di incontrarci, di godere di tutto il bello che ci dona la natura, soprattutto nelle nostre belle montagne. Quest’anno l’appuntamento è stato nella stupenda Val Badia, precisamente a La Villa. Siamo ritornati all’hotel Dolomiti dove eravamo stati qualche anno fa per settimane bianche e per alcuni soggiorni estivi.

La Val Badia offre tanto, anzi tantissimo, perché dà la possibilità in pochi chilometri di godere di paesaggi meravigliosi sempre diversi

La natura non si è risparmiata regalandoci, la notte dopo il nostro arrivo, una bella spolverata di neve che ha reso ancor più bello, se possibile, il panorama di questa splendida valle che io amo in particolar modo, ritenendola una delle più belle dell’intero complesso dolomitico.

Di anno in anno si riduce sempre più il numero di coloro che fanno discesa (ricordo i tempi d’oro di Sestriere 2004), ma in compenso la val Badia offre una ampia scelta di sentieri percorribili anche d’inverno per cui la possibilità di compiere belle escursioni non è mancata, io confesso ho “lavorato” più in vacanza che a casa.

La sera dopo cena si facevano i vari programmi: qualche discesa, poi fondo, ma soprattutto gite per coloro chiamate le “irriducibili” che studiavano sentieri che si

riunivano ad altri con tanti su e giù ed infine passeggiate tranquille anche supportate da qualche ritorno in autobus per chi come me ama la montagna “pari” cioè che non ha troppi sconvolgimenti di altitudine.

Veramente la Val Badia offre tanto, anzi tantissimo perché dà la possibilità in pochi chilometri di godere di paesaggi meravigliosi sempre diversi, da Colfosco e poi giù a Corvara, La Villa, Badia (che ai miei tempi chiamavamo Pedraces) a poi la deviazione per San Cassiano che porta verso Cortina con la possibilità di andare al Lagazuoi, Rifugio Dibona, Valparola ecc. Non dimentichiamo il Sass dla Crusc, Pralongià, Piz La Ila e tant’altro. Insomma veramente non riesco a descrivere la gioia che provavo dopo due anni di confinamento (mai andata da nessuna parte, sempre a Carpi) e godere della meraviglia di essere di nuovo in montagna e in ottima compagnia. Mi sono dimenticata di questi due anni e sono tornata a sorridere. Il tempo, a parte due giorni che però non ci hanno impe-

12 NOTIZIARIO

dito di muoverci, è stato splendido con un sole che ha reso ancor più spettacolare il paesaggio di cui eravamo parte e la temperatura gradevole ci ha reso piacevole stare all’aria aperta: l’insieme ha reso questa una bellissima Settimana Bianca.

Il tempo è stato splendido con un sole che ha reso ancor più spettacolare il paesaggio di cui eravamo parte. La temperatura gradevole ha reso piacevole stare all’aria aperta: l’insieme ha reso questa una bellissima Settimana Bianca.

Ma una nube incombeva su di noi, ci eravamo dimenticati del Covid! Ce lo ha ricordato uno di noi quando il sabato sera ci ha avvisato che, essendo positivo, stava tornando a casa e che tutti noi eravamo dei “contatti”, perciò avremmo dovuto prendere precauzioni ed eventualmente fare il tampone se avessimo avvertito qualche sintomo entro i primi giorni. Siamo stati “beccati” in 5, ma per tutti, vaccinati con tre dosi, i disagi sono stati molto contenuti. Dopo una settimana di ritiro siamo ritornati nel mondo più arzilli di prima.

Spero di aver invogliato qualcuno che ancora non ha partecipato alle settimane bianche del CAI a venire il prossimo anno e godere di una bella esperienza come è stata questa della Val Badia 2022.

13 NOTIZIARIO

ZAINO IN SPALLA SUI CAMMINI NEL MONDO L'Alta Via dei Re

L’Alta Via dei Re si snoda lungo vecchie mulattiere nelle riserve di caccia dei Savoia e strade militari, in sette tappe, da Sant’Anna in Valdieri fino a San Giacomo Entracque. Il percorso costeggia la base di importanti massicci delle Alpi Marittime, tra cui il gruppo dell’Argentera e il Gelas, mantenendosi a quote mai inferiori a 1700 m e oltrepassando i 2900 m di altitudine. Le difficoltà vanno da E a EEA, in caso di forte innevamento. Complice uno stravolgimento lavorativo, a inizio 2021 decido che è l’anno buono per affrontare l’Alta Via dei Re, adocchiata nel 2018 ma messa nel cassetto per mancanza di tempo. L’idea di partire appena aprono i rifugi, a metà giugno, mi viene cassata per direttissima alla prima telefonata che faccio per prenotare al Livio Bianco: la neve è ancora tanta lungo tutto il percorso e c’è il rischio che il Soria-Ellena non possa riaprire in tempo, a causa dell’alluvione dell’autunno 2020, che si è portata via la strada di accesso al rifugio che passa da San Giacomo. Non demordo, chiamo al Soria per capire la situazione e mi assicurano che apriranno a inizio luglio, per cui il viaggio è rimandato solo di un mese.

L’Alta Via dei Re si snoda lungo vecchie mulattiere nelle riserve di caccia dei Savoia e strade militari, in sette tappe, da Sant’Anna in Valdieri fino a San Giacomo Entracque.

Conscia della mia scarsa preparazione fisica e del fatto che andrò da sola, cerco di organizzarmi al meglio. Prendo uno zaino nuovo, ultraleggero, per non caricarmi peso in più sulle spalle, e opero una scelta certosina su cosa portare, in modo da avere solo lo stretto indispensabile e tenendo conto che un chilo se lo prenderanno solo i ramponi. Arrivo a 10 kg totali, acqua compresa, e sono dubbiosa che siano ancora troppi, ma alla fine del viaggio mi renderò conto di aver usato tutto quello che avevo messo nello zaino, compresi guanti di pile, fascia di lana e piumino leggero.

Domenica 11 luglio parto presto: servono 4 ore e più di auto per raggiungere Entracque, dove ho deciso di lasciare la macchina. Dopo un piatto ristoratore di tagliatelle ai funghi all’albergo Pagarì mi perdo nelle stradine del borgo e visito il Centro Uomini e Lupi. Siamo a confine con il parco francese del Mercantour e in queste valli i lupi sono di casa. Ci sono molti turisti e fa caldissimo. La sera c’è una partita dell’Italia e ci si attarda per seguire

il risultato.

Tappa 1: da Sant’Anna in Valdieri (980 m) al rifugio Livio Bianco (1890 m); 900 m D+/–; 7,4 km

Lunedì 12 la partenza è alle 6.00, sotto rade gocce di pioggia che cederanno in fretta il passo al sole. Lascio l’auto in uno dei tanti parcheggi liberi e scendo a piedi per 4 km su strada asfaltata fino alla fermata dell’autobus che mi porterà a Sant’Anna in Valdieri (costo 3€). La via è ottimamente segnata e attacca tra la Balma Meris a destra (dove mi fermo per un caffè e una fetta di torta) e la scritta “W LA REGINA” a sinistra (la regina Elena veniva qui a pescare trote). Dopo un primo tratto ripido dentro il bosco, dove mi godo il fresco, il sentiero spiana e procede lungo la Valle della Meris in mezzo a prati che rappresentano piccolo paradiso per botanici e appassionati di farfalle, tante sono le specie che si possono incontrare. L’erba a bordo sentiero è alta fino alle ginocchia e in mezzo al tripudio di fiori di campo bianchi, gialli e rosa, spunta un solitario papavero rosso. Il percorso scorre placido assieme al torrente che nasce dai laghi della Sella, e torna ad impennarsi solo nel passare a fianco di una piccola cascata. Una coltre di nubi basse mi avvolge, nascondendo del tutto alla vista il Lago sottano della Sella, sulle cui rive sorge il rifugio Livio Bianco. Lungo tutto il tragitto incontro solo quattro persone che vanno nella mia direzione, complice anche il meteo incerto della giornata: una giovane coppia di Milano con un husky a seguito , che scopro faranno il mio stesso tragitto fino

14
NOTIZIARIO

al rifugio Soria-Ellena, e una coppia di anziani genovesi, che si prodiga nel dare consigli (sbagliati) sul percorso da affrontare il giorno successivo. Al rifugio i pochi visitatori presenti scendono nel pomeriggio e a pernottare ci troviamo solo in quattro.

Tappa 2: dal rifugio Livio Bianco (1890 m) al rifugio Valasco (1763 m); 1050 m D+/1250 m D-; 15,13 km La mattina le ultime nubi si disperdono presto e si parte con il sole. Dopo colazione, precedo i ragazzi con il cane e mi avvio sul sentiero fiancheggiato da una giungla di erba così alta e bagnata, che mi ritrovo zuppa dalle ginocchia in giù, piedi compresi. La batteria dell’orologio dà i primi segni di cedimento e capisco che entro fine giornata potrò riporlo nello zaino e fare finta di non averlo portato. In ogni caso, mi sono giocata l’altimetro. Attraversata la giungla, si prende quota su comoda mulattiera. Raggiungo un bivio e faccio una breve deviazione che mi porta sulla riva del Lago soprano della Sella: acque blu cobalto increspate dal vento, silenzio, pace. Quello che cercavo.

Tornata al sentiero principale, costeggio la base della bastionata di rocce levigate che racchiude il lago appena visitato, tra prati ondeggianti e rododendri fioriti. Dopo un lungo tratto quasi rettilineo, il percorso diventa sinuoso e il terreno peggiora: ci si inerpica per tornanti stretti lungo prati e sfasciumi fino a uscire su una pietraia lunare, che proseguirà fino all’uscita sul Colle di Valmiana (2922 m), il punto più alto dell’intero trekking. Si incontra anche qualche lingua di neve residua, così sporca che da lontano si confonde con le rocce circostanti. Sul Colle vengo raggiunta dai due ragazzi con il cane e insieme cominciamo la discesa verso Vallone del Valasco. La strada è lunga, ma il panorama ripaga la fatica:

una valle verdeggiante circondata da alte cime, un nastro di acqua lucente che scorre al suo centro e il rifugio che già si vede di lontano, inconfondibile nella sua architettura di castello in miniatura: pianta quadrata con cortile centrale e due torrette sulla facciata anteriore. È pur sempre una ex Reale Casa di Caccia dei Savoia, e sembra di essere finiti in un cartone Disneyano. Il sentiero procede per tornanti e attraversa prati ricoperti di garofani selvatici in fiore, un mare rosa e verde di cui mi riempio gli occhi.

La strada verso il Vallone del Valasco è lunga, ma il panorama ripaga la fatica: una valle verdeggiante circondata da alte cime, un nastro di acqua lucente che scorre al suo centro e il rifugio Valasco che già si vede di lontano, inconfondibile nella sua architettura di castello in miniatura: pianta quadrata con cortile centrale e due torrette sulla facciata anteriore.

Il rifugio non delude le aspettative, né di alloggio né di vitto. In periodo COVID, essendo da sola e a inizio stagione, ho la camera tutta per me. Faccio il bucato e metto tutto ad asciugare nel tepore del locale caldaia, compresi gli scarponi ancora zuppi dalla mattina.

In attesa della sera, condivido una partita a carte e due chiacchiere con i miei compagni di viaggio, mentre l’husky riposa sotto il tavolo. Inaspettata, ci raggiunge la coppia di genovesi, saliti da Terme di Valdieri, che voleva assicurarsi che fossimo arrivati a destinazione.

A cena ci ritroviamo in tre. Ci aspetta un pasto ottimo e così abbondante che dobbiamo rinunciare al secondo.

La serata si conclude sotto una pioggia scrosciante, ma è piacevole dormire in un castello, con il ticchettio delle gocce in sottofondo.

15 NOTIZIARIO

Dopo aver condiviso con i milanesi una colazione stratosferica, tanto che possiamo farci dei panini con formaggi e affettati per il pranzo, raccolgo il bucato e parto da sola, nella luce dorata del sole nascente. Tanto so che i due ragazzi hanno più gamba di me e mi raggiungeranno. Seguo la mulattiera fino al Piano Superiore del Valasco, poi piego a sinistra, passando su un ponte di legno ed imboccando poco oltre un sentiero che sale tra i larici che ricoprono i fianchi della valle. Il sentiero si immette sulla ex strada militare di arroccamento Valscura-Framamorta, in alcuni punti rovinata da piccole frane, ma che conserva tratti di selciato originale (alcune delle lastre sono incise con il nome della compagnia militare che si è occupata della costruzione) e mantiene una pendenza pressoché costante fino al Colletto del Valasco (2429 m) e i sottostanti Laghi di Fremamorta. Dal Lago mediano (2360 m) si vede già il rifugio Remondino, incastonato nella Valle di Assedras con la Cima di Nasta alle sue spalle. In linea d’aria dista meno di 4 km, è così vicino che sembra di toccarlo, e invece c’è da scendere per 700 metri e risalirne altrettanti, prima di poterci arrivare. Lungo la discesa punto al minuscolo rifugio Regina Elena (chiuso), passando per una pietraia disagevole, e mi fermo a mangiare un panino. Penso di aver perso la traccia, ho un attimo di sconforto al pensiero di dovermi rifare la pietraia all’indietro, ma alla fine ritrovo i segnavia e riesco a tagliare un tratto di sentiero, superando un torrente su un ponte precario di tre assi.

Si riprende a salire tra i larici, che hanno appena messo le foglie nuove; sono ancora di un verde tenero e a passare i rami tra le dita sembra di accarezzare la coda morbida di un gatto.

L’ascesa al Remondino ha il sapore generale di una tor-

tura sottile: per la maggior parte del percorso, il rifugio è ben visibile sulla mia testa, ma invece che avvicinarsi, pare indietreggiare all’infinito, come se stessi salendo una scala mobile che va in discesa. Impiego più di due ore a raggiungere la meta, e il numero di persone che incontro lungo la via aumenta in modo esponenziale, dato che il rifugio è il punto di partenza per numerose vie di roccia che si trovano sulle cime attorno. Ritrovo anche la coppia inossidabile di genovesi, impegnata nella discesa, che sperava di trovarci al Remondino per festeggiare il compleanno della padrona dell’husky.

L’ascesa al Remondino ha il sapore generale di una tortura sottile: per la maggior parte del percorso il rifugio è ben visibile sulla mia testa ma, invece di avvicinarsi, pare indietreggiare all’infinito, come se stessi salendo una scala mobile che va in discesa.

Il rifugio mi piace tantissimo. Tanto il Valasco sembra uscito da un quadro di fine ‘800, quanto il Remondino è un edificio moderno, con due parti in muratura unite da una colonna centrale vetrata. La vista spazia su cime che si susseguono a perdita d’occhio, sotto un cielo che si annuvola sempre di più. C’è vento forte e il freddo è sempre più pungente. Alla sera le temperature si abbassano così tanto, che infilo la maglia termica e aggiungo il piumino. Per fortuna che ho deciso di lasciarlo nello zaino! Dopo un’ottima e abbondante cena, una delle ragazze che lavora al rifugio ci intrattiene con uno spettacolo di mimo. E io potrei contribuire con uno spezzone di contorsionismo mentre mi infilo nel letto a castello, tanto è minuscola la stanza. Ma sono sempre da sola, la cuccetta è comoda e va bene così.

16 NOTIZIARIO
Tappa 3: dal Rifugio Valasco (1763 m) al Rifugio Remondino (2430 m); 1400 m D+/700 m D-;15,33 km

Tappa 4: dal Rifugio Remondino (2430 m) al Rifugio Genova Figari (2010 m); 450 m D+/900 m D-; 5,00 km Quando si dice breve ma intenso. Partenza alle 8.00 del mattino, sotto un cielo coperto che non fa ben sperare. Il sentiero aggira la base della Cima di Nasta da destra, seguendo una pietraia in cui serve aiutarsi con le mani, in certi tratti. Tento una deviazione per andare a vedere il Lago di Nasta, ma smarrisco la traccia, gli ometti e me stessa tra pietroni da arrampicare, pietraie instabili e macchie di neve. Fortuna vuole che riesca ad invertire il senso di marcia e recuperare il sentiero principale. Qui le lingue di neve da attraversare aumentano, su una particolarmente ghiacciata scivolo, ma sono su pari e i ramponi restano nello zaino.

Deviazione fallita a parte, raggiungere il colle di Brocan (2892 m) non presenta grosse difficoltà, ma una volta svalicato e cominciata la discesa nella valle successiva, si capisce perché quest’ultima si chiami “della Rovina”. Dopo un primo tratto ripido, che porta ad un facile nevaio, il sentiero scende quasi a piombo su pietraie infide e sfasciumi, con i bolli segnavia da cercare con occhio di falco (anche se la direzione generale da seguire è inequivocabile), evitando cadute rovinose e rendendosi conto che la discesa sarà in ogni caso la rovina di ginocchia e caviglie.

La vista dei laghi sottostanti è di conforto e l’idea di infilare i piedi in acqua appena arrivata a tiro mi fa sentire meno la fatica. Inoltre le nuvole si sono aperte e splende il sole.

I ragazzi con l’husky mi raggiungono a fine discesa e arriviamo al rifugio Genova Figari per ora di pranzo. Mi spazzolo un piatto di polenta e spezzatino, e lavo alcune cose, ma il meteo è traditore e poco dopo aver steso maglietta

e calze ad asciugare, il cielo si riannuvola e cade acqua a secchiate. Ci rifugiamo al tavolo del bar, a leggere e giocare a carte, dato che l’husky non può entrare nella sala dove si mangia. Poi, come nel peggiore dei film horror di serie B, la porta si spalanca e fanno il loro ingresso tre individui intabarrati nelle mantelle impermeabili fradice, due sulle loro gambe, il terzo su una gamba e un bastoncino come stampella. Mancava solo un fulmine ad illuminarli da dietro. Il terzetto proviene dal Colle della Rovina (lato francese) e uno si è rovinato il ginocchio lungo la discesa su pietraia, scivolando malamente sulle rocce bagnate dalla pioggia. Viene fuori che sono di Mirandola, due fratelli e il figlio del più grande dei due. Quando si dice che il mondo è piccolo. L’infortunio non richiede l’intervento immediato del soccorso alpino e il rifugista si offre di accompagnare la mattina dopo il ragazzo fino al Lago della Rovina e “consegnarlo” all’ambulanza che sarà lì ad attenderlo. Gli altri due dovranno arrangiarsi a scendere e saranno costretti a farsi accompagnare in taxi fino in Francia a recuperare la macchina che hanno lasciato lì, per poi raggiungere il compagno all’ospedale di Cuneo. Un bel giro del perdono!

A sera, il temporale si quieta. Batuffoli di nuvole bianche si attardano sui fianchi delle montagne e il lago del Chiotas viene illuminato dalle luci della diga.

Tappa 5: Dal rifugio Genova Figari (2010 m) al Rifugio Soria-Ellena (1840 m); 450 D+/700 D-; 8,16 km Passo la notte a dormire male e alle 5.00, quando rinuncio e decido di alzarmi, mi rendo conto che l’husky, a cui non è stato permesso di dormire in camera con i proprietari come nei rifugi precedenti, è evaso dal casotto in cui lo avevano chiuso e ha passato la notte a cercare come un

17 NOTIZIARIO

disperato i suoi compagni umani. I due ragazzi faticano a recuperare il povero cane, che passa la colazione spalmato sotto il tavolo, stremato dalla notte all’addiaccio. La tappa da affrontare è breve e non difficile, ma poiché sono previste piogge dal primo pomeriggio, non mi attardo troppo e sono già in cammino prima delle 7.00. Scambio un rapido saluto con i due ragazzi di Mirandola mentre costeggiamo il Lago del Chiotas, poi io piego a destra verso la conca verde che immette al Vallone di Fenestrelle.

Un branco di camosci fugge su per le rocce a fianco della mulattiera. Il percorso è agevole, mai ripido, e dai prati rigogliosi si passa alle pietraie fino al Colle di Fenestrelle (2463 m), dove due laghetti effimeri fanno da specchio alle nuvole che mi passano rapide sulla testa. I ragazzi col cane, che pensavo mi avrebbero già raggiunta, non si vedono. Penso che siano nascosti dai tornanti della strada.

Il percorso attraverso il Vallone di Fenestrelle è agevole, mai ripido, e dai prati rigogliosi si passa alle pietraie fino al Colle di Fenestrelle (2463 m), dove due laghetti effimeri fanno da specchio alle nuvole che mi passano rapide sulla testa.

Dal Colle mi godo l’incredibile panorama sul gruppo del Gelas, coperto a tratti da sbuffi di nuvole bianche. Dietro di me la Serra dell’Argentera è pure ricoperta di nuvole. Capisco che è meglio procedere e comincio a scendere da sola verso la Valle del Gesso della Barra. Nel tragitto, faccio una pausa e, cartina e bussola alla mano, cerco di individuare il Passaggio dei Ghiacciai del Gelas, per farmi un’idea di cosa mi aspetterà il giorno dopo.

Il sentiero scende tranquillo tra prati erbosi e arrivo al rifugio Soria-Ellena sotto le prime gocce di pioggia, accolta da una marmotta per nulla spaventata dalla mia presenza.

Dei ragazzi ancora nessuna traccia, comincio a preoccu-

parmi. Dal Soria faccio chiamare il Genova, loro dicono di non averli visti, dopo la partenza. Solo dopo pranzo riceviamo la telefonata del ragazzo, che spiega che il cane aveva cominciato a zoppicare e hanno quindi deciso di rinunciare, tornando a Entraque direttamente dal Genova. Mi dispiace aver perso la loro compagnia, ma tiro un sospiro di sollievo.

Al Soria passa poca gente, ma nel pomeriggio arrivano quattro ragazzi “diversamente giovani” che il giorno dopo saliranno sul Gelas da Forcella Roccati. Loro e la rifugista mi fanno un po’ di terrorismo psicologico sulla tappa che mi aspetta. Una tabella riassuntiva delle principali mete raggiungibili dal rifugio Soria-Ellena, grada il tracciato come PD e mi sale l’ansia, tanto che chiamo al Pagarì per informarmi sulle condizioni del sentiero. Mi rassicurano che con i ramponi si passa senza problemi. Un po’ rincuorata arriva finalmente la cena, che però risulta deludente: un tentativo fallito di salvare una amatriciana con pancetta carbonizzata annegando gli spaghetti nella panna, una fettina di carne a testa così sottile che potrei vederci attraverso ma dura come una soletta di cuoio, accompagnata da spinaci annacquati. Neanche il dolce riesce a risollevare le sorti del pasto. Si fosse fermata lì la cosa, pace, ma nella stanza di fianco alla mia dorme la ragazza che serve ai tavoli. O meglio, dovrebbe dormire, dato che resta al telefono con il fidanzato ben oltre le 22.00 e attraverso il muro oltremodo sottile la sento che parla di “questa ragazza che da sola si è fatta tutta l’Alta Via dei Re e domani andrà al Pagarì via Passaggio dei Ghiacciai, ed è difficile, e c’è la neve e oddio ma è matta” … e grazie per la fiducia, eh!

Tappa 6: Dal rifugio Soria Ellena (1840 m) al rifugio Federici Marchesini al Pagarì (2650 m); 1200 m D+/400 m D-; 9,38 km

Dopo la ninna nanna motivante offerta dalla vicina di stanza, dormo male sì e no tre ore a rate, la sveglia la avrei alle 4.15, ma alle 3.30 ho già gli occhi spalancati. Preparo lo zaino mettendo i ramponi in alto e vado a fare colazione. Dopo la cena imbarazzante della sera prima, la colazione è pure peggiore: tre confezioni da due fette biscottate stantie (data di scadenza 07/2021…) due marmellatine e una crema spalmabile alle nocciole a testa. Neanche un misero panetto di burro. Neppure una briciola di biscotto. Rimpiango di non essermi fatta fare un panino la sera prima, ma rifugista e cameriera sono ancora nel mondo dei sogni.

Parto con un senso di nausea che mi accompagnerà per molte ore, insieme ai quattro signori genovesi. Cade una pioggia sottile, ma decidiamo di fare un tentativo, speriamo che migliori nel corso delle ore. Alla luce ballonzolante delle frontali, tagliamo per la scorciatoia che parte subito sopra il rifugio, guadiamo il torrente che scende dal Lago della Maura, dove per poco non mi ribalto saltando da un sasso bagnato all’altro (perché i bastoncini

18 NOTIZIARIO

sono ovviamente allacciati allo zaino). Comincia a piovere con più convinzione e ci fermiamo per metterci le giacche e coprire gli zaini (e io recupero i bastoncini). Tempo di raggiungere il bivio di Forcella Roccati, dove le strade si dividono, e la pioggia si ferma; restano delle nuvole basse che mi spaventano, anche se i genovesi mi dicono che secondo loro si sta aprendo. Saluto gli arrampicatori, che si attrezzano con imbraghi e caschi per l’ascensione che li aspetta, e proseguo per la mia strada. Adesso sono proprio da sola. Si alza un vento gelato e mi fermo di nuovo per tirare fuori tutto quello che ho: guscio antivento, guanti di pile, fascia di lana e scaldacollo. Almeno non piove. Guardo preoccupata le nuvole, pregando che non si abbassino ancora. Raggiungo la Pera del Fener con la stanchezza che mi taglia le gambe. Non sono neanche a metà della tappa, ma la notte insonne e la colazione al limite dell’intossicazione alimentare si fanno sentire. Proseguo seguendo ometti e segni bianco rossi tra detriti morenici instabili, testimoni del ghiacciaio che non c’è più. Ormai non c’è un sentiero vero e proprio, si procede a vista e per fortuna le nuvole sembrano fermarsi contro un soffitto invisibile. Arrivo alle lingue di neve e ne supero due senza tirare fuori i ramponi, ma all’ultima mi fermo, in un momento di crisi. La pendenza dello scivolo da affrontare è più forte e vedo il terreno marcio che mi aspetta subito oltre, si parla di poche decine di metri in tutto, ma sono sufficienti per bloccarmi. Mi siedo su un masso, al limite della neve, mangio un pezzo di barretta ma è dolce e mi aumenta il senso di nausea. So che non

ha senso tornare indietro a questo punto, ma ci metto un quarto d’ora per ritrovare la calma necessaria per agganciare i ramponi per i cinque minuti di orologio che servono per passare dall’altra parte. Anche il tratto di sfasciumi viene superato e raggiungo il Passo dei Ghiacciai (2750 m). Da qui mi rendo conto che devo affrontare una cresta di una settantina di metri in discesa. Non è tanto stretta né troppo ripida, ma le roccette sono bagnate e il senso di vuoto ai lati mi dà il colpo di grazia: me la faccio tutta a culo a terra, tanto peggio di così… finalmente esco dalla cresta a destra, verso il bivacco Moncalieri e i sottostanti laghi Bianco e Blu del Gelas (che purtroppo una frana ha reso entrambi grigi di fango). Incontro una coppia che sta rientrando dalla Cima della Maledia e che percorrerà all’inverso il mio tragitto. Dai laghi del Gelas, mi servono ancora due ore abbondanti per raggiungere infine la mia meta e collassare sul tavolo del rifugio davanti a un piatto di polenta e formaggio che resusciterebbe i morti. Sono felice e sollevata e vorrei abbracciare il gestore, Aladar.

Il rifugio Federici Marchesini al Pagarì è l’unico di tutto il percorso ad avere tre camerate comuni, ma il gestore ha trovato il modo di dividere con teli bianchi i letti in base alla numerosità degli ‘equipaggi’. L’effetto è quello di un alveare, semplice ed efficace.

Mi sono caricata di freddo e mi regalo una (breve) doccia calda, assieme a una tazza di tè e una fetta di crostata di mirtilli. Chiamano dal Soria-Ellena per assicurarsi che sia arrivata sana e salva. Io mi informo sui genovesi, e sono rientrati anche loro.

19 NOTIZIARIO

Arriva un gruppetto di ventenni che, una volta sistemati gli zaini nelle camere, si accomoda a un tavolo e comincia ad ordinare una quantità imbarazzante di grappe e birre, a ciclo continuo. Io aspetto e poco prima di cena ordino la mia bottiglia di birra Pagarina, fatta con le acque del ghiacciaio, perché il rifugio è anche il microbirrificio più alto di Europa, produzione e consumazione esclusivamente in loco. La gusto guardando il tramonto in affaccio sulla Valle Muraion, con il profilo del Monviso sullo sfondo. Il rifugio è così pieno che mangiamo su due turni. La cena, vegetariana dall’antipasto al dolce, è memorabile e una giusta ricompensa dopo le fatiche della giornata.

Tappa 7: Dal Rifugio Federici Marchesini al Pagarì (2650 m) a Entracque (900 m); 1750 m D-; 22 km

Per essere una che fatica a dormire bene in rifugio, soprattutto se in camerata, passo la notte migliore di tutta la settimana (saranno i tappi per le orecchie? Sarà che sono svenuta appena ho toccato il cuscino?). La mattina mi sveglio in tempo per vedere l’alba. Il cielo è sgombro e l’aria è fredda, ma si scalderà presto. La colazione (che in tempi normali era servita a buffet!) è una gioia per gli occhi: pane caldo di forno con burro e marmellate casalinghe, crostata di mirtilli, latte, caffè, tè caldo. Si può chiedere il secondo giro e anche il terzo. Ma devo davvero scendere, oggi?

A malincuore, rifaccio lo zaino e mi preparo. Saluto il gestore e mi avvio per la lunga discesa che mi porterà fino a San Giacomo Entracque, prima su sentiero (fiancheggiato da macchie di fragoline di bosco mature) fino al Prà del Rasur, poi per strada forestale. A San Giacomo mi fermo per mangiare qualcosa, poi sono altri 10 km su asfalto. Finisco i due litri d’acqua che ho nella sacca, prima di arrivare a destinazione. Per fortuna ho parcheggiato la macchina di fianco ad un vecchio lavatoio e posso bere a volontà dalla fontana e tuffare i piedi nell’acqua gelida della vasca di pietra, prima di sedermi al volante e affrontare il ritorno a casa.

In questo trekking ho trovato quello che volevo: un percorso impegnativo e solitario in ambiente ancora selvaggio. Sulla maggior parte del tracciato ho incontrato davvero pochissime persone. Il consiglio è telefonare con largo anticipo al Livio Bianco e al Pagarì (per informazioni sul Passaggio dei Ghiacciai) per informarsi sulle condizioni del tracciato e valutare il meteo con attenzione (il Passaggio dei Ghiacciai può diventare pericoloso in caso di nebbia). Il percorso non è da sottovalutare, in particolare a inizio stagione quando la neve può aumentare la difficoltà nei due tratti più impegnativi (Colle di Brocan e Passaggio dei Ghiacciai)

Da tenere presente la scarsissima copertura telefonica lungo tutto il percorso. Alcuni dei rifugi mettono a disposizione il proprio wi-fi (a volte a pagamento). In

caso di problemi, chiamare i soccorsi potrebbe risultare difficoltoso.

In questo trekking ho trovato quello che volevo: un percorso impegnativo e solitario in ambiente ancora selvaggio. Sulla maggior parte del tracciato ho incontrato davvero pochissime persone. Il percorso non è da sottovalutare, in particolare a inizio stagione quando la neve può aumentare la difficoltà nei due tratti più impegnativi (Colle di Brocan e Passaggio dei Ghiacciai).

Attenzione se avete cani al seguito: ai primi tre rifugi sono ben accetti e si posso tenere a dormire nella camera, al Genova e al Soria no e non hanno locali adatti al ricovero notturno. Inoltre all’interno del Parco delle Alpi Marittime vige l’obbligo del guinzaglio e alcuni sentieri sono interdetti ai cani (la tappa dal Remondino al Genova) e al Pagarì non sono ammessi.

Per organizzare il viaggio, ho consultato il sito Alpi Cuneesi (che mette a disposizione le tracce gps da scaricare sul telefono) e la mini guida del CAI Cremona.

Cartine utilizzate: IGC 113 Parco Naturale Alpi Marittime – Entracque Valdieri Mercantour Gelas e Fraternali 15 Valle Gesso – Parco Naturale delle Alpi Marittime.

20 NOTIZIARIO

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.