Numero 6 - 2019

ANNO XXV 2019 NUMERO 6 euro 3,00 TAXE PERCUE Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in l.

27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Autorizzazione del 02.06.1995 al nr. 861 del Tribunale di Trento

NUMERO 6 - 2019

Una vita, due epoche: Ernesto Bertoli MONCLASSICO: UNA NUOVA MERIDIANA Il forum di questo mese

ALLA SCOPERTA DEL SUBLIME (I nostri paesi, 13)

Naturalmente a Terzolas

RONZONE CELEBRA BORZAGE Eleonora Berti e Francesco Endrizzi

som ma rio NOS MAGAZINE Il mensile delle valli del Noce

GIOCHI DI PAROLE 5 Il piacere di una continua meraviglia FORUM 6 Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce. I nostri paesi (13) 8 Storie di uomini, alberi e pietre: la Val Comasine 12 Magia d’acqua alla cascata di Tret 14 Come il minatore medievale 18 A Saent: la montagna dei ricordi 20 Vallavena, una porta nel bosco 23 La via degli imperatori 26 Tovel 30 Maso Fratton a Spormaggiore, terra di orsi SUCCEDE NELLE VALLI 32 Una vita, due epoche 34 A Cogolo il nuovo centro visitatori del Parco Nazionale dello Stelvio 36 Una nuova opera d’arte nel paese delle meridiane artistiche 38 La solidarietà di Agra per Dimaro 40 Royal Academy of dance e Val di Non: un connubio durato 20 anni 42 Sciare sicuro con l’intelligenza artificiale 43 I Noce Box sono realtà 44 A Terzolas Natural-mente fa rivedere il bosco 45 Ronzone celebra Borzage 48 Verso i 25 anni di Nos (3) NOTIZIE DALLA RETE 50 La meraviglia è di fronte a noi CULTURA 51 Da oltre 50 anni, il canto di una valle SOLIDARIETÀ 53 Bambini Bielorussi VAL DI NON: COMUNITÀ PER IL SOCIALE 54 Screening mammografico METEO 55 Come cambiano le precipitazioni durante l’anno? (Seconda parte) GREEN NEWS 56 Cavareno “Spiga verde 2019” SPORT 57 Trentino terra di ritiri 58 Grandi emozioni nella Bikeland IL PERSONAGGIO 60 Elenora Berti e Francesco Endrizzi IL NOSTRO MENU 62 Gnocchetti di ricotta su velluatata di zucchine e basilico 5 PAROLE NOS3 63 Forment, formentón e formentàz IL LIBRO 64 “Eppertanto ordino” SALUTE E BENESSERE 65 Un antico rimedio: la trementina UNA PSICOLOGA PER AMICA 66 Uno sguardo verso “casa”

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IL PIACERE DI UNA CONTINUA MERAVIGLIA

giochi di parole

di Sandro de Manincor

Mmmh! Sublime! Quante volte abbiamo sentito questa espressione rivolta nelle commedie all’italiana a qualche bella signora snob dalla erre moscia. Senza nemmeno saperne esattamente il significato, ma attribuendogli comunque qualcosa di particolarmente bello e prezioso, di emozionante, di unico, e magari anche costoso.

E sul fatto che il “sublime” sia fonte di emozioni siamo concordi tutti.

Il viaggio, che nel numero estivo di N.O.S. Magazine periodicamente proponiamo, vuole proprio andare alla ricerca di quei luoghi capaci di provocare emozioni, intense e a volte contrastanti, capaci di coinvolgere e provocare estraniazione e isolamento mentale, “conditio sine qua non” per vivere il “sublime”.

L’ho percepito personalmente recandomi in alcuni dei luoghi descritti, a piedi o in bicicletta, e cercando di capire perché non riusciamo a comprendere che questa grande ricchezza ci può aiutare a vivere meglio. Il fatto è che abbiamo distrutto gli strumenti per essere “sublimati”. Tutti iper-organizzati, iperconnessi, e iper-efficienti, non riusciamo a staccare la parte iper-razionale del nostro cervello, e ci neghiamo le emozioni di un colore, di un rumore, di un

profumo, che il nostro fantastico ambiente ci regala. Non riusciamo a vedere cosa ci circonda, ma lo fotografiamo con il nostro smartphone, pronti a postarlo al mondo intero, più dominati dall’“io c’ero” che dall’“io lo vivo”.

E, ironia della sorte, nell’era della super comunicazione, non avendolo “vissuto”, non riusciamo nemmeno a raccontarlo.

Luoghi sublimi ne abbiamo molti nelle nostre valli. Ricchi di storia e di fascino, alcuni fuori dai circuiti promozionali, altri invasi da turisti chinati sugli schermi e preoccupati dall’assenza di campo, offrono non solo bellezza (quella che salverà il mondo?) ma vera potenza rigeneratrice.

Basta fermarsi un attimo, respirare profondamente, staccare la mente per godere di uno stato estatico, sviluppando l’imma-

ginazione e la sensibilità. Un esercizio che, se vogliamo, ci rende migliori. In tutti i campi e soprattutto in quello delle relazioni, vero motore del vivere moderno, facendo vincere la qualità sulla quantità. Quella qualità di cui c’è tanto bisogno dopo le ubriacature dei grandi numeri, che cominciano a segnare il passo e tanto preoccupano gli analisti e amanti della statistica. Lo vediamo in questi giorni anche nel settore turistico, messo in difficoltà da un’estate atmosfericamente imprevedibile e proprio per questo “sublime”. In contrasto certo con le proposte da catalogo patinato dove tutto è pronto e organizzato, con visite e attività outdoor programmate al secondo, degne del miglior cinese, e in cui il sole è garantito, con rimborso della spesa in caso contrario. E ci neghiamo così la naturale bellezza inquietante di un temporale, il respiro dell’umidità dell’erba, la luce divina che filtra fra le nuvole e tanti altri spettacoli capaci di sopraffarci emotivamente, e soprattutto capaci di regalarci quella sensibilità indispensabile per capire e confrontarci. Insomma zero tacche sul telefonino e segnale pieno nel ben-essere. Forse potrebbe essere la proposta vincente e davvero sublime.

ALLA SCOPERTA D NELLE VALLI DEL N I NOSTRI PAESI (13 Sublime. Letteralmente, qualcosa che è appena al di sotto del limite ultimo, estremo, impossibile da valicare. Una categoria estetica che arriva alla soglia più alta possibile, definita già nell’antichità classica e rivalutata dal Romanticismo. Nelle valli del Noce ci sono dei luoghi che tendono al sublime: per la bellezza naturale, la storia, la capacità evocativa. La natura che agisce sull’animo umano è tema antico, dato che in Grecia se ne parlava già nel I secolo d.C., con l’anonimo Trattato del Sublime. Riscoperto nel Settecento, il tema divenne una delle questioni fondamentali dell’estetica, come dimostrò Edmund Burke nel 1757 con il suo trattato A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful. Per la prima volta il Sublime prevaleva sul Bello. Sublime è la forte emozione, anche il terrore, che la natura può dare allo sguardo dell’uomo. Poi toccò al sommo Kant, che nella Critica del Giudizio teorizzò come di fronte alla magnificenza della natura l’uomo prova dapprima un senso di smarrimento e di frustrazione, ma riconosce poi grazie all’esperienza del sublime la propria superiorità: in quanto unico essere del creato capace di un agire morale, egli è collocato al di sopra della natura stessa e della sua grandiosità. Ciò ispirò poi anche Schiller nel suo trattato Del Sublime. Quindi Schopenhauer, per il quale il Sublime è il piacere che si prova osservando la potenza o la vastità di un oggetto che potrebbe distruggere chi lo osserva.

Il Sublime ebbe magnifica espressione anche nell’arte: a partire dall’inglese William Turner e dal tedesco Caspar David Friedrich, nelle cui opere l’uomo è ben minuscola cosa di fronte alla potenza del creato.

E allora, scopriamo il Sublime (secondo noi, salvo vostri suggerimenti), nelle nostre valli del Noce. (almo)

6 Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce

DEL SUBLIME NOCE 3)

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Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce

Un servizio di: Giancarlo Ballauco Nardo Concini Denis Destefani Sandro de Manincor Alberto Mosca Lorena Stablum

STORIE DI UOMINI, ALBERI E PIETRE: LA VAL COMASINE

di Lorena Stablum

8 Alla scoperta E vissero del sublime insieme felici nelle Valli edel contenti Noce

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Alla scoperta del sublime xxxx nelle Valli del Noce

Una volta arrivati proprio in cima, a mezz’oretta di cammino dalla malga Val Comasine, lo scenario che si apre è magnifico. Sul crostone della montagna, sotto i piedi, il pendio diventa così ripido che sembra uno strapiombo.

Più in basso si nota l’abitato di Peio Fonti, poi, alzando gli occhi, ecco stagliarsi nel cielo azzurro la montagna simbolo della Val di Peio: il Vioz, con le sue punte quasi sempre nascoste dalle nuvole, se ne sta lì, così vicino che lo si sente incombere su di sé. Più in là, lasciando correre lo sguardo, svetta tra le altre la punta del Corno dei Tre Signori, dove ha origine la corsa del torrente Noce e più sotto le acque color smeraldo della diga emergono nel verde della natura circostante.

La Val Comasine è un luogo d’incantevole bellezza, che racconta una storia antica, fatta di uomini, alberi e pietre.

I suoi ampi pascoli alpini e il suo prezioso bosco si arrampicano sopra l’abitato omonimo di Comasine, lungo le pendici del Monte Boai. Vi si arriva per una comoda strada forestale, che passa vicino alla chiesetta di Santa Lucia, o percorrendo il sentiero Sat 126 che sale dalla località «Belvedere», a Peio Fonti. Una volta in quota, è emozionante scoprire la natura, il paesaggio e la storia di questo luogo incantevole.

Al «Camp», a circa 2.100 metri di altitudine, l’osservatore più attento potrà notare la presenza di alcuni alberi particolari, più grandi e di colore più scuro, che spiccano tra gli altri.

Sono le chiome chiare e leggere dei larici secolari, custodi della valle, che in questa zona, tra Malga Mason e Malga Val Comasine, vivono e crescono da oltre 600 anni.

Un intero bosco di patriarchi verdi, tutti coevi, nessuno più vecchio e nessuno più giovane, che rappresentano una vera rarità. Un sentiero didattico, ideato da Fabio Angeli, direttore dell’Ufficio distrettuale forestale di Malé, accompagna alla scoperta di queste 130 piante uniche e speciali, dei loro segreti e della storia impressa in ogni tronco. Lungo un sentiero di circa 4,3 chilometri, alcuni pannelli infatti forniscono preziose informazioni e rispondono alle molte domande che sorgono spontanee. «Nel 1991 qui è iniziata una ricerca di dottorato svolta da Christa Backmeroff su proposta e con l’appoggio logistico del Distretto forestale di Malé – spiega Fabio Angeli -. Grazie alla dendrocronologia, la disciplina che studia gli anelli di accrescimento degli alberi, la ricercatrice si è accorta che questi larici avevano tutti la stessa età, traendone importanti informazioni anche sul clima e sull’ambiente in cui queste piante sono cresciute. La ricercatrice ha verificato che in Val Comasine i giovani larici impiegano mediamente 50 anni per raggiungere l’altezza di 1,30 metri e ha stabilito così che questi larici avevano la loro origine più o meno nel Quattrocento –. La valle inoltre è costellata da aie carbonibili – aggiunge Angeli -. Da qui l’idea della dottoressa Backmeroff di analizzare i residui di carbone con il metodo dendrocronologico.

Il risultato è stato sorprendente: non è stato trovato nessun pezzetto di carbone che fosse successivo al 1400, tutti i frammenti risalgono a un periodo compreso tra il 960 d.C, i più antichi, e il 1460, i più recenti». La scoperta permette quindi di ricostruire la storia dell’antico bosco: nei primi anni del ‘400, alcuni carbonai, alla ricerca di legno, raggiunsero anche l’isolata Val Comasine dove tagliarono il bosco di larice preesistente per ricavarne carbone da usare nella lavorazione del ferro estratto dalle tante miniere che ci sono nella valle. «Hanno tagliato tutto tranne pochi alberelli, che erano troppo giovani per essere utili nella produzione di carbone e che sono sopravvissuti fino a oggi» evidenzia ancora Angeli. Ma non sono solo gli alberi a destare curiosità. Terra di miniere, la Val Comasine presenta anche i resti di varie costruzioni che testimoniano l’utilizzo della montagna nei tempi antichi. Se alcuni di ruderi sono identificabili con la «Malga Vècia», distrutta negli anni ’30 da un incendio, altri sono ben più misteriosi, come il recinto di pietre che corona il dossetto che sta poco più a valle della malga attuale. «Si tratta di un manufatto impressionante e molto bello, del quale ancora oggi rimangono sconosciute sia l’origine che la funzione» conclude Angeli.

10 Alla scoperta del sublime xxx nelle Valli del Noce

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Alla scoperta del sublime Grandi contro xxxx nelle Valli piccoli del Noce

di Giancarlo Ballauco

ALLA CASCATA DI TRET

MAGIA D’ACQUA 12 Alla scoperta del sublime xxx nelle Valli del Noce

13 Lungo la strada che collega la Val di Non al Passo Palade, un sentiero denominato “Passeggiata strada vecla di Tret” costeggia l’affascinante Canyon del Torrente Novella partendo dal paese di Fondo.

Dopo una facile passeggiata di un’ora e mezza, ecco la Cascata di Tret, un luogo magico e nascosto.

Se siete meno in forma (o semplicemente più pigri), dopo una visita al suggestivo paesino di Tret, un sentiero che parte dal parco giochi, vicino alla chiesa di Sant’Anna, in poco più di mezz’ora vi consentirà di arrivare alla cascata.

Dal posteggio appena sopra a una vecchio lavatoio, riempite le vostre borracce di acqua fresca: la strada inizia a scendere dolcemente tra i prati per poi inoltrarsi all’ombra di un fitto bosco di conifere, e con una ripida discesa, ecco il canyon.

Qui, con il rumore dell’acqua scrosciante in sottofondo, inizia la parte non difficile ma sicuramente più impegnativa del percorso, soprattutto in salita: una scalinata di terra e tronchi formata da circa 150 scalini che in poco tempo vi farà superare il dislivello che ancora vi separa dalla cascata.

Ormai il più è fatto! Il suggestivo salto del torrente Novella, come annuncia anche il rumore crescente dell’acqua, è a pochi passi.

Passeggiando sulla passerella di legno costruita proprio sotto al primo e più lungo salto, verrete rinfrescati

Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce

dalla polvere d’acqua generata dai settanta metri di cascata sopra di voi.

Circondati dalle rocce verticali che formano un palcoscenico naturale, con gli alberi che quasi nascondono il cielo e l’acqua che cade dall’alto avrete la sensazione di essere inghiottiti dalla terra.

Passate qualche minuto seduti sulle rocce rilassandovi guardando l’acqua che scorre e divertitevi a contare le persone che, smartphone alla mano, cercano di immortalare il momento con acrobatici selfie da condividere con il mondo dei social non appena, usciti dal canyon, il campo ritornerà disponibile.

Come ricorda il cartello di fronte alle cascate: In Val di Non nei luoghi più belli il cellulare non prende! #EquilibrioDigitale #ValdiNon Allora smettete di digitare e godetevi lo spettacolo!

COME IL MINATORE MEDIEVALE

La riscoperta delle miniere d’argento di Rumo di Alberto Mosca

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Alla scoperta E vissero del sublime insieme felici nelle Valli edel contenti Noce

«Questi non sono buchi.

Qui è il grande reame e la città di Nanosterro.

In antico non era tenebroso, bensì inondato di luce e di splendore, come ancora ricordano le nostre canzoni» (Gimli in J. R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello)

Che si pensi alle miniere di Mòria nel Signore degli Anelli o ai Sette Nani di Biancaneve, il regno sotterraneo da cui scaturiscono i minerali preziosi ha sempre affascinato gli uomini. È il ricordo antico della rivoluzione dei metalli, tale da indirizzare l’evoluzione della specie umana, caricandola di saperi esclusivi, magia e leggendari manufatti.

La recente riscoperta delle miniere argentifere presenti nei territori di Rumo, Livo, Proves/Profeis e Revò (Tregiovo), non fa eccezione, arricchendo in chiave culturale e turistica l’intera Val di Non. Recentemente proprio una di queste miniere è stata aperta e presentata al pubblico grazie al lavoro dell’associazione Rumés, nata nel 2012 e presieduta da Sergio Vegher.

Un primo passo nella valorizzazione di veri e propri tour nella natura, la geologia, l’agricoltura di Rumo.

Ai Ciantoni si arriva comodamente: l’ideale è lasciare l’auto nel parcheggio appena sopra il paese di Corte Superiore e prendere la carrareccia cementata sulla sinistra, con un percorso in salita che in 5 minuti porta alla miniera.

Ma ancora meglio è proseguire a piedi lungo la strada che porta a Provés, attraversare boschi e radure fino a trovare, nei pressi dell’area attrezzata delle Plaze basse, sulla sinistra l’imbocco del Ziro del Léz.

Seguendo il percorso del vecchio acquedotto irriguo si arriverà, in un quarto d’ora, con un percorso piano, fino alla miniera.

Qui la parete della montagna è costellata, a intervalli pressoché regolari, da punti di entrata, gallerie scavate tra Duecento e Ottocento alla ricerca della galena, minerale dal quale si ricavano piombo e argento.

L’ingresso, in leggera salita, apre lo sguardo, aiutato dalla torcia elettrica, su un percorso di circa 80 metri: è il tunnel principale, opera dei minatori del XIX secolo. Ma ai lati, aperti a mano e con la tecnica del fuoco, per altri 20 metri si trovano ulteriori aree di scavo di epoca medievale, risalenti al XIII secolo, oltre a piccoli fori di comunicazione tra una galleria e l’altra. In fondo, l’ambiente si allarga mostrando chiaramente le vene argentifere. Un percorso affascinante, che lascia a bocca aperta, adatto a tutti e in particolare interessante per i bambini.

Ma attenzione: informatevi sugli orari di apertura!

Per saperne di più www.associazionerumes.com

16 Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce

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Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce

In attesa di visitare la miniera ai “Ciantoni�

A SAENT: LA MONTAGNA DEI RICORDI

18 Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce

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Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce

La magia dell’acqua che cade fragorosamente e che ti bagna con mille piccoli spruzzi. Il ponticello dal quale si assiste allo spettacolo è sicuro, tanto che la meraviglia non è mai infastidita dalla paura. E poi pascoli ampi chiusi da alte cime innevate, movimentati dagli incessanti fischi delle marmotte… Ancora oggi, Saent è, per moltissimi bambini della bassa Val di Sole, la prima vera gita alla scoperta della montagna di casa, un’avventura che si vive già in età da asilo, al più tardi da elementari.

Sarà per questo che il tornarci dà sempre l’idea di un ritorno in una casa speciale, rifugio naturale che sa di infanzia e di tempi favolosi. La strada è sempre quella: da Somrabbi (in cima a Rabbi) fino a Coler, poi a malga Stablasolo, fino al Centro Visita Stablet del Parco dello Stelvio e le cascate. Luogo tanto raggiungibile per tutti, quanto indimenticabile.

Ma Saent è un tesoro ambientale anche per i suoi larici monumentali, alberi plurisecolari tra i più importanti delle Alpi, da scoprire attraverso un suggestivo percorso didattico-naturalistico. Luoghi da percorrere almeno una volta, a tutte le età. (almo)

VALLAVENA, UNA PORTA N

C’è un luogo in Val di Non dal fascino particolare e misterioso. A monte delle case e delle villette del paese di Amblar, nel Comune di Amblar-Don, una strada sterrata dalla terra bianca si inoltra lenta nel bosco. A meno di un chilometro lungo una semplice passeggiata, a un tratto si arriva a un vallo. Un largo e massiccio muro di sassi, che anche un occhio meno esperto comprende immediatamente essere antico, con una porta in legno munita di chiavistello, interrompe il cammino. Passa da parte a parte là dove la valletta che sale al monte Roen si restringe. Le pietre, ricoperte da un tappeto di muschio verde, da un lato si aprono

NEL BOSCO

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Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce

per lasciar scorrere attraverso una fessura dalla forma rettangolare, le acque zampillanti del Rio Vallavena.

L’effetto è sorprendente. Par quasi di essere trasportati in un tempo che fu. Li vicino, una bacheca fornisce qualche informazione a proposito del manufatto. E così si apprende che l’antico sbarramento, conosciuto come Porta di Vallavena, racconta la storia di un bosco gestito e conteso tra le ville di Amblar, Don e Romeno, comproprietarie del patrimonio forestale di inestimabile valore che si estende dietro al varco.

L’accesso al bosco, citato nel 1451 in un documento relativo ai confini tra la giurisdizione vescovile e quella tirolese, fu costruita per regolare le operazioni di taglio, esbosco e trasporto del legname e per proteggere la proprietà collettiva dalle ruberie. (l.s.)

DIETRO LA PORTA, LEGNO E ACQUA “In Vallavena si entra per una porta chiusa a chiave, forse non troverai in nessun luogo una singolarità di tal sorta, ti consiglio di andare a vederla…”

Così nel 1829, don Gioseffo Pinamonti descriveva questa straordinaria chiusura della strada che da Amblar si addentra nei boschi del Roen, fiancheggiata dall’omonimo rio. E prima di Pinamonti, già Jacopo Antonio Maffei nel 1805 ricordava Amblar “alle falde del monte Vallavena abbondante di legna”.

La ricchezza di risorse naturali, legname ma anche sorgenti d’acqua, rappresenta uno dei motivi per cui poteva sembrare utile metterla… sotto chiave. Una prima testimonianza la abbiamo nel 1459, tra i capitoli della Carta di Regola delle ville di Romeno, Don e Amblar, documento che regolava i diritti sulla montagna indivisa tra le tre comunità. Come al capitolo 14 che intima: “Che alcuno non presumi nella valle di Vallavena andare per

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portar fuori sopra le spalle legnami di sorte alcuna o dasa…” mentre al capitolo 19 che “niuno ardischa apprir o sia tuor giù la porta di Vallavena over quella falsificare…”; infine al capitolo 24 si specifica che la chiave della porta doveva essere conservata nella sacrestia della chiesa di Santa Maria di Romeno, al pari delle “ragioni et istromenti”, ovvero gli atti giuridici relativi al monte (capitolo 54).

Un’ulteriore particolarità rende interessante questo luogo: alla fine del tempo di Mainardo del Tirolo, alla fine del Duecento, Don e Amblar vennero inglobati nella giurisdizione tirolese di Castelfondo, mentre Romeno rimaneva nel territorio vescovile trentino: le due comunità rimanevano nella Universitas con Romeno, proprietarie di diritti sulla montagna comune, ma restando di fatto in un altro stato!

La porta di Vallavena contribuiva a regolare i prelievi di legname da parte delle comunità in una situazione giuridica decisamente complessa e delicata (almo)

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LA VIA DEGLI IMPERATORI La valle solcata dal torrente Meledrio è oggi Ecomuseo di Lorena Stablum

Selvaggia, fresca e silenziosa. La Val Meledrio mantiene ancora oggi il fascino di una natura che cresce rigogliosa e incontaminata. Un senso di pace pervade mentre ci si addentra nel bosco, seguendo all’incontrario le vivaci acque del torrente Meledrio, che saltano di roccia in roccia tra una cascata e una rapida fino a congiungersi con il fiume Noce. E ci si sente piccoli al cospetto dell’imponente cascata del Pison. Una stretta forra rocciosa costringe il corso d’acqua a gettarsi a valle con tutta la sua forza erosiva.

Inserita nel Parco naturale Adamello Brenta, la Val Meledrio è un luogo dove la natura si incontra con la storia e la tradizione.

Un ambiente in cui i richiami delle co-

munità d’un tempo che qui lavoravano e abitavano riecheggiano ancor oggi attraverso le testimonianze e le antiche rovine sparse sul territorio: la vecchia segheria veneziana, le Fosinace, dove grazie a un grosso maglio si lavorava il ferro per ricavarne utensili di uso comune, la calcara, dove invece si produceva la calce.

All’imbocco della valle, si scopre, lungo un percorso dedicato, anche come si estrae dai larici la trementina, la resina balsamica dall’effetto emolliente, antisettico e cicatrizzante. Più su poi rimangono i resti di una chiesetta, parte del complesso dell’ospizio di Santa Brigida eretto a conforto dei pellegrini che da Campiglio scendevano a Dimaro attraverso Passo di Campo Carlo Magno o,

viceversa, dalla Valle di Sole passavano in Val Rendena attraverso la cosiddetta «selva».

Via di collegamento tra la Val di Sole e la Val Rendena, la vallata infatti separa la catena settentrionale del Gruppo di Brenta dalle estremità nord orientali del Gruppo della Presanella. Da qui, ben prima della costruzione della strada statale, in occasione di uno dei suoi soggiorni a Madonna di Campiglio, è passato nel 1894 l’Imperatore d’Austria e re d’Ungheria Francesco Giuseppe, seguito qualche giorno dopo dalla moglie Sissi.

La leggenda narra che vi transitarono anche Carlo Magno, e forse Federico Barbarossa.

«Con il Progetto Leader sono stati ripristinati i siti storici e oggi c’è un’associazione che

promuoverà la conoscenza della Val Meledrio, che per me è un luogo sublime - commenta Monica Tomasi, vicesindaca del Comune di Dimaro Folgarida e presidente dell’Ecomuseo creato per valorizzare la valle -. È formata dall’abbraccio tra la roccia di dolomia, che esprime calore, e la tonalite, che è ricca di silicio, portatore di luce. È una valle molto vivace per la presenza di cascate. L’acqua, cadendo, forma ioni negativi che rendono l’aria ricca di antiossidanti. La foresta di conifere della Val Meledrio è un luogo dove ci si rigenera. Per questo, il nostro obiettivo è quello di valorizzarla, mantenendola integra e facendola diventare un punto di benessere e di rigenerazione per tutti i nostri sensi».

UN PATRIMONIO DI NATURA, STORIA E TRADIZIONE Alla fine dell’agosto dell’anno scorso, la Val Meledrio è stata riconosciuta Ecomuseo. Il suo territorio si estende dall’antica chiesa di Dimaro fin su alla malga Mondifrà, seguendo tutto il percorso del selvaggio torrente Meledrio. Per la sua gestione e valorizzazione, si è costituita così un’associazione che annovera tra i membri fondatori il Comune di Dimaro Folgarida, le Asuc di Carciato, Dimaro, Monclassico e Presson, l’associazione culturale «Quei del filò» e il Consorzio turistico Dimaro Folgarida Vacanze.

Presidente è la vicesindaca del Comune Monica Tomasi, che lavora con gli altri membri del direttivo: Nadia Ramponi, Gianni Bernini, Piero Stanchina, Luciano Conta, Luca Pangrazzi e Fortunato Albasini. La porta di accesso dell’Ecomuseo della Val Meledrio – La Via degli imperatori è la vecchia segheria veneziana, che sorge al limitare della strada che porta a Folgarida e dove è attivo anche un info point. (l.s.)

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TOVEL

Il sublime fatto acqua e roccia Il sublime a Tovel ha le forme della roccia, dell’acqua e dell’ingegno umano. Basta arrivare in località Capriolo e da lì lasciarsi andare alla magia. Il sentiero delle Glare offre un paesaggio lunare, se vogliamo vagamente americano, che una volta usciti dal bosco riempie e travolge i sensi, nella pietraia che si estende a perdita d’occhio, nata da una enorme frana rovinata dalle pareti circostanti, costellata da straordinari laghetti effimeri, presenti solo d’estate e destinati a prosciugarsi con l’arrivo dell’autunno. Quindi l’acqua, i colori scintillanti del lago dalle mille sfumature verdi e azzurre fanno il resto. Tovel è talmente celebre che raccontarlo è quasi superfluo, chi ci è andato lo sa e che non l’ha mai visto… si affretti.

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Ma Tovel è anche un monumento all’ingegno umano che in piena epoca romantica ha portato alla costruzione e alla inaugurazione nel 1854, di un canale irriguo “el Léc’”, che ha dato la spinta decisiva alla nascita e allo sviluppo della frutticoltura nonesa (almo).

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“Sed sit locus in quo capiuntur ursi, gamucii et alie bestie fere”.

(La Val di Tovel, metà del XVI secolo)

(In Val di Tovel si trovano orsi, camosci e altri animali selvatici.)

MASO FRATTON A SPORMAGGIORE, TERRA DI ORSI

PROGETTO ALPE, UN IMPEGNO LUNGO DIECI ANNI PER LE TERRE ALTE Presentato a febbraio durante il convegno nazionale di Brescia, il progetto «Alpe - L'Italia sopra i 1.000 metri» è una strategia di sviluppo decennale che il FAI dedica alla tutela e alla valorizzazione delle aree interne montane del Paese.

L’alpe è terra montuosa caratterizzata da alpeggi dove si esercita il pascolo. Oltre la metà del territorio nazionale è alpe: dalle Alpi agli Appennini e dai monti ai massicci, isole comprese, il mondo dell’alpe unisce l’Italia e rappresenta uno dei suoi principali fattori identitari. Il progetto Alpe è, quindi, il contributo del FAI alla conoscenza e allo sviluppo di questa parte dell’Italia trascurata e oggi in crisi, che custodisce un capitale eccezionale di natura e cultura, vero potenziale per il futuro: l’Italia sopra i 1.000 metri.

Gli interventi prevedono il restauro di architetture e paesaggi, ma anche di pratiche di vita e di produzione, indagate e ripristinate secondo la storia e le tradizioni locali, in una chiave di sostenibilità contemporanea affinché i luoghi possano tornare a vivere e produrre e a raccontare la loro natura e identità attraverso una concreta riattivazione delle comunità e delle attività economiche locali.

Per info: www.fondoambiente.it Crediti foto: Fondo Ambiente Italiano

31 Bene alpino del Fai, sarà valorizzato con il progetto «Alpe 1.000»

Un ambiente naturale integro e incontaminato. Un paesaggio alpino, che è al tempo stesso un bosco rigoglioso e selvaggio e un appezzamento agricolo che si sviluppa per due ettari lungo la valle solcata dalle bianchissime e spumeggianti acque del Rio Sporeggio, ai margini del Parco Naturale Adamello Brenta. Bene di proprietà del FAI - Fondo Ambiente Italiano dal 1993, Maso Fratton Valaja a Spormaggiore è da sempre terra di grandi predatori. Ben prima del progetto Life Ursus, l’ultimo orso autoctono del Trentino qui vi trovava il suo habitat alimentare ideale. Qui, perlopiù in autunno, veniva a cercare cibo e sostentamento prima di rifugiarsi nelle vicine tane e grotte per il lungo riposo invernale. E anche ora, che il terreno è stato inglobato in un’oasi affiliata al WWF, il plantigrado, originario della Slovenia, torna spesso nel frutteto per assaporarne le gustose mele e pere dalle varietà antiche ivi coltivate.

«Proprio la presenza documentata del predatore è stato uno dei motivi per il quale, su invito del WWF e del presidente di allora della sezione trentina Francesco Borzaga, la nostra fondazione decise di comperare il bene – spiega la presidente del FAI regionale del Trentino Giovanna degli Avancini -. Lo scopo era preservare l’ambiente così com’era ed evitare che la zona venisse recintata per poter consentire all’orso di passare in libertà».

Acquistato dai fratelli Endrizzi grazie a una donazione di Bayer Italia, di Maso Fratton oggi rimane solo un suggestivo rudere, che emerge tra le piante, gli arbusti e i cespugli che con il tempo si sono impossessati delle mura dalle pietre grigie, mentre il terreno lambisce i due versanti dello Sporeggio: da un lato, rimane Maso Fratton e la zona coltivata, dall’altro cresce il bosco di Valaja. Negli anni, il FAI, in collaborazione con il WWF, ha promosso un interessante progetto di recupero e conservazione della biodiversità che troverà nuova forza nell’ambito del progetto «Alpe - L'Italia sopra i 1.000 metri» presentato dal Fondo Ambiente Italiano durante il convegno nazionale che si è tenuto lo scorso febbraio a Brescia.

«Maso Fratton è un luogo incantevole, ricco di acqua e di biodiversità. Da piccolo era la mia sala giochi» racconta Marco Osti che dal 2000 gestisce il bene e che, con la sua azienda agricola biologica, ha curato il sito recuperando antiche coltivazioni di alberi da frutta e habitat rari, come i prati aridi ricchi di orchidee selvatiche.

A Maso Fratton si arriva percorrendo un comodo sentiero, realizzato dai volontari del WWF e da Osti, che parte dal paese di Spormaggiore. Una volta arrivati, lo scenario che si apre è tra i più suggestivi che si possano immaginare: una Val di Non inaspettata si mostra all’orizzonte colta da una prospettiva inedita ai più. (l.s.)

Alla scoperta del sublime nelle Valli del Noce

UNA VITA, DUE EPOCHE

La scomparsa di Ernesto Bertoli (1937-2019), un protagonista di Alberto Mosca

Ernesto Bertoli nel 2006

Estate 2006: squilla il telefono e sento rumore di motoseghe all’opera: “Alberto, le senti? I lavori sono cominciati, finalmente!” All’altro capo Ernesto Bertoli, patron di Funivie Folgarida Marilleva, mi annunciava in diretta l’inizio della costruzione della cabinovia di Daolasa-Val Mastellina.

Erano anni nei quali, come giornalista ci sentivamo spesso, al pari del suo alter ego Giovanni Renzi, scomparso nel 2013.

Poche settimane fa Bertoli l’ha raggiunto, alla soglia degli 82 anni: insieme erano l’immagine fisica della società impianti, insieme, nel bene e nel male, hanno segnato la storia della Val di Sole nella seconda metà del Novecento.

E in quel giorno d’estate del 2006, il suo tono allegro, quasi fanciullesco, rappresentava l’ultima grande realizzazione di un uomo che di lì a pochi anni avrebbe assistito alla rovina di un impero nato, tra Milano e Folgarida, negli anni Sessanta. Una vita fa.

Passione giovanile per i progetti di sviluppo regionale e laurea in economia conseguita studiando le grandi stazioni in quota delle Alpi francesi: dopo di che, per Bertoli fatale fu l’incontro con Bruno Kessler.

Entrò così nel gruppo, comprendente anche l’architetto Sergio Giovanazzi e l’urbanista Giuseppe Samonà che avrebbe portato alla realizzazione del nuovo piano urbanistico della provincia e alla scelta di una decina di possibili aree adatte allo sviluppo sciistico.

Tra queste Folgarida, la cui avventura iniziò nel 1965.

Di fatto fu l’avvio di un processo rivoluzionario di trasformazione economica, sociale, culturale, i cui meriti storici stanno nella fine del fenomeno migratorio e nella creazione di un percorso di sviluppo che nel tempo ha avuto ricadute sull’intera valle; con dall’altra parte un mutamento culturale, non privo di scossoni e contraddizioni, che da pochi anni sta trovando nuovi e solidi punti di equilibrio.

Scelte e meriti che Bertoli rivendicava, non disconoscendone i punti critici.

Al suo funerale, parole importanti sono state pronunciate da Albino Rossi: un artista, un testimone dell’amore per l’arte e la cultura che Bertoli portò avanti per tutta la sua vita “con lungimiranza e concretezza”. Fu sostenitore della creazione del Museo della Civiltà solandra, vicino al movimento di rinascita dell’artigianato solandro promosso da Paolo Vallorz: nel 1994 inaugurò il Centro Congressi “Alla Sosta dell’Imperatore” che ha ospitato decine di artisti ed eventi culturali. Grazie all’apporto della moglie Laura e della figlia Chiara – ha ricordato Rossi - da qui sono passati, tra gli altri, Giò Pomodoro, Enzo Cucchi, i ceramisti Alessio e Vittorio Tasca e Yves Brodà, Federica Galli con le sue splendide incisioni e molti altri. Qui nacque nel 1996 il Premio giornalistico e le collaborazioni con il Mart. “Avrebbe voluto – ha aggiunto Rossi - che ogni casa fosse impreziosita dalla presenza di un

segno d’arte, nelle molte istituzioni dove era presente si è sempre prodigato con successo per inserire delle opere d’arte. Spesso diceva: “La Bellezza salverà il Mondo e l’Arte eleva lo spirito”.

Nel corso di una lunga intervista, in quel 2006, Bertoli ebbe modo di confermarmi quella sua visione del mondo e dell’uomo, ereditata da un padre che si

di Sandro de Manincor BERTOLI, UOMO DI CULTURA Una delle rubriche più fortunate di NOS Magazine, fu all’inizio il Gino Taravela. Tutti i mesi con questo pseudonimo veniva firmato un articolo satirico, spesso pungente, scritto nell’idioma locale. Ne erano involontari protagonisti i potenti della zona, politici e non, e fra questi, Ernesto Bertoli aveva spesso un posto di rilievo. Lo incontrai la prima volta, nei miei primi anni

era diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia: quanto fosse importante per godere di una buona vita avere “qualcosa di bello da ammirare e da cui trarre nuova energia”. La stessa che possiamo, e dobbiamo, trarre dalle storie di uomini che, tra intuizioni geniali ed errori anche capitali, hanno fatto la storia, la nostra, vissuta ancora oggi.

solandri, per una intervista svoltasi nei suoi uffici e il peso del personaggio si sentiva tutto. Alla fine aprì una teca e, con un sorriso grande, mi fece vedere ben conservati tutti i Taravela che parlavano di lui, complimentandosi più volte. Segno di una intelligenza non comune. Feci fatica a convincerlo che non sapevo chi si celava dietro lo pseudonimo e mi salutò ridendo invitandomi a salutarglielo calorosamente. Aveva capito tutto. I nostri rapporti erano sporadici e professionali. Qualche anno dopo, nel 2006, si presentò a casa attendendo il mio rientro. Sorseggiammo qualcosa insieme e, con mia grande sorpresa e molta soddisfazione, mi disse che lui personalmente e la società che dirigeva erano orgogliosi che un “solandro”, fosse chiamato a dirigere la regia delle Olimpiadi di Torino. Era venuto personalmente a dirmelo, mi strinse la mano e mi regalò, in segno di riconoscimento, una bellissima serigrafia. Fu lì che scoprii la sua grande passione e competenza per l’arte. Forse per questo seguì con interesse fin dagli albori la nostra iniziativa delle Meridiane di Monclassico. Partecipò a tutte le serate e ci teneva particolarmente a collezionare i nostri libri-catalogo. Mi presentò anche Yves Brodà, ceramista francese che realizzò una splendida meridiana e in quell’occasione, cui ne seguirono altre, pranzammo insieme. In quegli incontri ci davamo del tu, per poi rientrare nei ruoli formali, e fu li che scoprii che oltre all’autorevolezza e la visione, aveva un’ironia disarmante e divertentissima, degna del miglior Taravela. Con un sorriso vero che non dimenticherò mai.

A COGOLO IL NUOVO CENTRO VISITATORI DEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO

34 Succede nelle valli

È un’escursione virtuale all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio Trentino che alterna momenti di scoperta a quelli di apprendimento e conoscenza.

Il nuovo Centro visitatori, che sta prendendo forma al piano terra della sede di Cogolo, in Val di Peio, porterà alla scoperta

35 delle meraviglie e degli ambienti naturali più significativi dell’area protetta. Una vera e propria porta d’accesso alla riserva naturalistica, che ancor prima di mettere materialmente piede sui sentieri e nei boschi del Parco, farà vivere al turista una gamma di emozioni indimenticabili grazie a un allestimento multimediale particolarmente curato, fatto di immagini video e fotografiche, suggestioni musicali, sonore e visive e parti scritte.

Promosso dal Comune di Peio, guidato dal sindaco Angelo Dalpez, per conto dell’ente e progettato dagli architetti Daniele Bertolini e Catia Meneghini dello studio Art&Craft di Pellizzano, il percorso espositivo approfondisce vari aspetti, dall’ambito territoriale e geografico in cui si sviluppa il Parco, agli ecosistemi esistenti fino alla presenza umana. Il bosco, l’alpe, il ghiacciaio, l’acqua, l’ambiente antropizzato: lungo gli spazi della struttura, il visitatore non riceverà le informazioni in modo nozionistico o didascalico, bensì sarà letteralmente immerso in ambienti sensibili che gli faranno vivere in successione l’incanto del bosco,

il silenzio e le solitudini delle alte quote, il maestoso scenario dei ghiacciai, la fugace apparizione di un animale selvatico. Il visitatore desideroso di approfondimenti troverà comunque in ciascun ambiente monitor touch dai quali attingere notizie particolareggiate sugli argomenti trattati, così come anche i bambini più piccoli avranno a loro disposizione dispositivi interattivi di tipo sensoriale adatti alla loro particolare attitudine all’apprendimento. «È un allestimento adatto a tutti ed è sicuramente all’avanguardia dal punto di vista tecnologico – commenta il vicesindaco di Peio Paolo Moreschini -. I percorsi tematici sono studiati molto bene e sono sicuro che, oltre ad essere un ottimo strumento di promozione turistica, sarà anche un’offerta importante per le scuole». Posizionato proprio sul confine dell’area protetta, il centro visitatori per Romano Stanchina, dirigente di recente nomina del settore trentino del Parco, «sarà il biglietto da visita dell’ente». «Sarà il primo posto in cui il turista verrà a contatto con il Parco e nel quale potrà conoscere il suo grande ambiente naturale – spiega Stanchina –. Sappiamo

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bene quanto conti oggi riuscire a emozionare i visitatori. Un centro visitatori interattivo, come questo, saprà offrire sicuramente stimoli interessanti».Il Parco trova così a Cogolo il proprio centro visitatori – era atteso almeno dal 2005 – ma sta portando avanti anche la realizzazione di un secondo punto di visita, che sarà collocato nella nuova struttura realizzata alle Fonti di Rabbi proprio per tale scopo. «Un po’ alla volta ci stiamo arrivando – afferma infatti il presidente del Comitato provinciale di indirizzo e coordinamento Lorenzo Cicolini -. L’obiettivo è quello di creare qualcosa che possa emozionare davvero il visitatore grazie all’uso dei linguaggi più moderni e contemporanei. A Rabbi abbiamo chiesto l’aiuto del Muse, che dovrebbe consegnare a breve il progetto». Tra le tante ditte e aziende che hanno lavorato all’opera, c’è anche Nitida Immagine di Cles che ha curato la parte di realizzazione video.

UNA NUOVA OPERA D’ARTE NEL PAESE DELLE MERIDIANE ARTISTICHE

di Lorena Stablum

37 Presentato il 55esimo orologio solare nato dalla fantasia di Ale Puro e si pensa a una meridiana monumentale È grande, poetica e coloratissima. I borghi di Monclassico e Presson hanno una nuova meridiana. È la numero 55 ed è stata realizzata dallo street artist Ale Puro sul muro dell’edificio che da qualche tempo ospita la Upim. L’opera d’arte, che è al tempo stesso un precisissimo strumento di misurazione del tempo, è visibile dalla strada statale ed è un omaggio alla natura e ai quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco sono rappresentati in un universo sognante e fantastico dove una madre natura dal volto di bambina si gode una bella giornata all’aria aperta. Un sole giallo e una farfalla dalle ali arancioni, dove trova spazio il quadrante dell’orologio solare, fanno riferimento ai simboli della Valle e del Trentino.

La nuova creazione è stata presentata dall’associazione «Le Meridiane di Monclassico» venerdì 26 luglio al Biolago, il parco urbano del paese, in una serata che, sebbene funestata dal maltempo, ha saputo comunque coinvolgere tanti appassionati. «La meridiana è frutto di complessi calcoli considerata la sua esposizione a est – commenta il presidente dell’associazione Sandro de Manincor – ed è la prima che realizziamo con lo gnomone rivolto verso l’alto anziché verso il basso. Le ali della farfalla ricordano il profilo delle montagne che si vedono dal luogo in cui è posizionata». Per l’associazione la serata è stata anche l’occasione per presentare le attività svolte lungo l’anno e illustrare i tanti progetti futuri. Dopo aver realizzato cinque meridiane all’anno per dieci anni di varia foggia e con un repertorio iconografico unico e incomparabile, l’obiettivo, d’ora in poi, è quello di arricchire ulteriormente il percorso esistente promuovendo la creazione di un orologio solare all’anno, ogni volta sempre più particolare e sempre più originale. L’associazione, che può contare sull’impegno indefesso di tutti i membri del direttivo – la vicepresidente Monica Tomasi, la segretaria Lucia Asperti, il tesoriere Renato Wegher e i consiglieri Gianfranco Largaiolli e Giulio Meneghini -, sta pensando di realizzare all’inizio del paese una meridiana monumentale che possa diventare una vera e propria insegna dell’abitato e intende organizzare un grande evento, una sorta di festival dedicato al trascorrere del tempo. Ma in cantiere, c’è anche la pubblicazione di un libro - catalogo che raccolga e descriva tutte le opere d’arte che compongono l’affascinante museo all’aria aperta.

Il presidente de Manincor, accanto al calendario e al gioco da tavolo ispirato alle meridiane, ricorda anche come proseguano le attività di valorizzazione dell’ini-

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ziativa con l’appuntamento settimanale (ogni mercoledì) delle visite guidate, promosse in collaborazione con l’Azienda per il turismo delle Valli di Sole, Peio e Rabbi, il Consorzio turistico Dimaro Folgarida Vacanze e GustoNatura, e i laboratori del martedì per più piccoli e le serate di astronomia curate dall’associazione «L’alveare». «Sono iniziative che riscuotono davvero un grande successo – spiega ancora de Manincor -.

Sono tantissimi i visitatori che vengono ad ammirare le nostre meridiane. Si tratta di turisti, ma molte persone, che provengono da zone vicine come il Veneto e l’Alto Adige, ci richiedono la possibilità di visite guidate oltre a quelle stabilite del mercoledì».

Il percorso è visitabile anche in autonomia: ogni meridiana è segnalata e raccontata con un’apposita bacheca. Durante l’estate inoltre si potranno scoprire i segreti dell’affascinante camera oscura. «La collaborazione con altre associazioni è molto importante – conclude de Manincor - e ci auspichiamo di far crescere questo interscambio tra volontari così come vorremo riuscire a coinvolgere sia nel direttivo che nell’associazione qualche giovane che voglia portare novità interessanti».

La serata «Estate tra cielo e terra», organizzata con il sostegno del Comune di Dimaro Folgarida, le Asuc di Monclassico e Presson, la Cassa Rurale Val di Sole e Itas Assicurazioni – Agenzia di Malé, è stata allietata dallo spettacolo di poesia, danza e canto «Tra cielo e terra» di e con il ballerino Thierry Parmentier e con l’operatrice olistica del suono Katy Marcante.

Sandro de Manincor, Franco Panizza e Ivano Job.

LA SOLIDARIETÀ DI AGRA PER DIMARO È stata nel segno della solidarietà la nona edizione di «Perso-Son en tei Vòlti de Presson», che si è svolta sabato 27 luglio. L’atmosfera, resa suggestiva dalle luci tremolanti dei «ciochi» accesi lungo il percorso, è stata ancor più emozionante e commovente per la presenza di una delegazione venuta da Agra, un paese delle Valli del Verbano, che si è mostrato sensibile all’evento catastrofico che a fine ottobre ha investito il paese di Dimaro.

L’amicizia tra la Val di Sole e Agra risale a qualche tempo fa. Ogni anno, in estate nel comune del Verbano si disputa un torneo di calcio della durata di 24 ore a cui partecipa anche una squadra della Val di Sole. Da qui l’impegno dei cittadini di Agra, in particolare dell’Avis locale e della Comunità montana delle Valli del Verbano, di aiutare e sostenere la popolazione di Dimaro duramente provata dal disastro meteorologico devolvendo, prima, gli incassi del torneo e poi organizzando una speciale risottata per raccogliere fondi

Ai vòlti di Presson cibo e tante emozioni

Rino Largaiolli

da destinare alla ricostruzione dell’abitato solandro. Un gesto significativo che testimonia la sensibilità e il grande cuore che accomuna tutta la gente di montagna.

Risparmiata fin quasi a tarda serata dal maltempo incombente, la manifestazione anche quest’anno ha saputo attirare tanti buongustai invogliati ad assaporare i piatti tipici della tradizione locale nei sette affascinanti volti di Presson allestiti con cura dai volontari delle associazioni paesane: vigili del fuoco volontari, Gruppo giovani Dimaro Folgarida, Alpini, Cacciatori, corpo bandistico Sasso Rosso, Gruppo parrocchiale e Avis, tutti sono stati coordinati con efficienza e precisione dal comitato organizzatore dell’iniziativa sotto la guida attenta del presidente Rino Largaiolli aiutato da Domenico Bisoffi. In ogni avvolto i visitatori sono stati allietati dalle note di un’orchestrina, di una band o un gruppo musicale mentre per le vie del paese una banda itinerante rallegrava l’ambiente al suo passaggio. (l.s.)

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ROYAL ACADEMY OF DANCE E VAL DI NON: UN CONNUBIO DURATO 20 ANNI Dopo vent’anni di reciproca collaborazione la “Royal Academy of Dance” di Trento saluta la Val di Non per trasferirsi ad Andalo. Quella in svolgimento in questi giorni in Alta Val di Non sarà infatti l’ultima edizione della scuola estiva di danza “International Summer School”.

La convenzione stipulata tra Manuela De Luca – Direttore Nazionale della “RAD ITALIA” ed i rappresentanti dell’Azienda per il Turismo Val di Non, il Comune di Fondo e la Società Sportiva “Sportgestion” non è stata rinnovata. Nei giorni scorsi una delegazione composta dal Presidente dell’ApT Lorenzo Paoli con il vice Presidente Andrea Widmann, la Consigliera Lisa Deromedis, il Sindaco di Fondo Daniele Graziadei e la vice sindaco Lucia Donà, hanno incontrato i responsabili

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dell’organizzazione. “È stata l’occasione per ufficializzare quanto già era nell’aria – ha affermato il Presidente di ApT Lorenzo Paoli - da parte nostra vogliamo tranquillizzare le tante strutture ricettive che in questi anni sono state interessate dall’indotto prodotto dalla presenza delle ballerine in Alta Val di Non. L’Azienda per il Turismo, si sta già interessando per trovare valide alternative e soluzioni per garantire buone presenze sul territorio nella prima quindicina del mese di luglio, classico periodo di permanenza della Royal Academy of Dance. Inoltre in questi giorni – continua il Presidente Lorenzo Paoli – io e Andrea Widmann stiamo visitando varie strutture alberghiere per approfondire di persona la questione ed immaginare nuovi scenari di sviluppo, che dovranno coinvolgere anche tutti i Comuni dell’Alta Valle che hanno già manifestato l’interesse a collaborare come già avvenuto in passato.

Anche la direttrice di APT Val di Non, Giulia Dalla Palma ha rilasciato un commento: La filiale italiana del prestigioso istituto di danza inglese “Royal Academy of Dance” ha deciso di trasferir-

La celebre Accademia di danza inglese saluta la Val di Non per trasferirsi ad Andalo si ad Andalo cogliendo nuove occasioni e nuovi stimoli com’è naturale che sia nell’evoluzione delle cose; ne prendiamo atto e ringraziamo tutta l’organizzazione per essere stata fedele alla nostra località per tanti anni, creando ricadute importanti per le strutture ricettive e tutti gli operatori economici. È doveroso ringraziare anche il Comune di Fondo e Val di Non Sport Gestion per tutta la disponibilità ed il supporto qualificato che hanno sempre fornito.

Hanno partecipato quest’anno infatti alla scuola estiva 980 allievi provenienti da tutta Italia seguendo corsi di tecnica classica, punte,

repertorio, carattere, virtuosismi maschili, danza contemporanea, movimento creativo/teatro danza e musical theatre.

Lo stage estivo si svolge su due turni della durata di una settimana ciascuno. I giovani studenti provengono da tutt’Italia e hanno dai 7 anni in su.

Davvero notevole il programma dello stage: gli allievi sono infatti impegnati giornalmente dalle 3 alle 6 ore di lezione.

In media si svolgono un centinaio di lezioni al giorno distribuite negli studi allestiti tra i paesi coinvolti dall’evento: oltre Fondo, cuore centrale dell’organizzazione dello stage, anche AmblarDon, Dambel, Cavareno, Sarnonico, e Romeno.

SCIARE SICURO CON L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE La Skiarea diventa un laboratorio di ricerca di Lorena Stablum

Sicurezza e sport. Un binomio che oggi va di pari passo grazie all'impiego della tecnologia più innovativa e dell'intelligenza artificiale e che trova un laboratorio di raccolta e analisi dei dati nella Skiarea Campiglio Dolomiti di Brenta Val di Sole Val Rendena.

Un ambito d'indagine questo che sta portando avanti con sempre maggior convinzione la Fondazione Bruno Kessler, tramite la spin off Motorialab con Ceo Riccardo De Filippi, e le principali società impiantistiche del Trentino e che, a livello mondiale, pone la Provincia di Trento decisamente all'avanguardia nella prevenzione degli incidenti e nell'offerta di un'esperienza legata allo sci sempre più completa e sicura. Il lavoro di ricerca sviluppato da Motorialab con Cesare Furlanello e Andrea Gobbi, data scientist di FBK, è stato presentato a Squaw Valley in California alla principale conferenza mondiale per la sicurezza dello sci in pista.

Se in base ai dati del 2018 analizzati dall'Ufficio Prevenzione Infortuni svizzero (UPI) lo sci alpino si posiziona come sport relativamente sicuro, registrando un sesto degli infortuni rispetto a quelli del calcio (per lo stesso numero di ore giocate) e la metà di quelli del tennis o della pallavolo e di questi ben il 78% sia rappresentato da quelli di lieve entità, la conferenza ha messo in luce come le persone che praticano lo sport outdoor siano ormai così numerose - e spesso anche impreparate - che il tema della sicurezza sta diventando un elemento importante di promozione e di qualità nella scelta della destinazione sciistica.

In questo contesto si inserisce il lavoro di ricerca svolto dal team di Trento, che, partendo dai dati raccolti dal sistema informativo Safe (lo studio coinvolge 36 comprensori sciistici italiani), mira infatti a rendere sempre più sicura la gestione della area sciabile e a fornire strumenti efficaci di prevenzione. Proprio partendo dalla mappatura e analisi di tutti i soccorsi di varia entità registrati dal sistema in tempo reale, nella Skiarea di Campiglio (Pinzolo, Madonna di Campiglio e Folgarida Marilleva), ad esempio, Safe ha portato a interventi di miglioramento dell'orografia di due piste che, nella stagione successiva, hanno visto una riduzione dei soccorsi del 10% circa.

Ma gli obiettivi del progetto sono ancora più ambiziosi. Da un lato il prossimo passo, infatti, sarà quello di fornire agli sciatori strumenti utili come app e servizi dati per poter trarre il massimo dall'esperienza delle ore passate sulle piste attraverso, ad esempio, la costruzione di suggerimenti personalizzati (percorsi consigliati, il tipo di esperienza) in base a diverse classi di fruitori (famiglie, gruppi di persone o sciatori più o meno esperti). Dall'altro, si prospetta un collegamento tra i dati raccolti da Safe e il dato medico dell'azienda sanitaria provinciale grazie a progetti condivisi per arrivare a una valutazione completa della diagnosi degli infortunati. I contatti sono già stati avviati con i reparti di radiologia degli ospedali di Tione e di Cles.

«Il nostro servizio gratuito di soccorso piste, che è svolto da 17 addetti dipendenti della società e abilitati per il primo soccorso e all'uso del defibrillatore - commenta il direttore generale di Funivie Folgarida Marilleva spa Cristian Gasperi -, di fatto è diventato un riferimento per la clientela che si rivolge ai nostri incaricati per richiedere assistenza che in molti casi non riguarda veri e propri incidenti. Gli interventi riguardano casistiche varie che vanno dal semplice accompagnamento dello sciatore non più in grado di percorrere una pista da sci fino all'assistenza nei casi di veri e propri incidenti. La prevenzione perciò è il nostro obbiettivo principale e l'analisi puntuale dei dati raccolti grazie all'applicazione Safe ci consente ogni anno di migliorare in termini di sicurezza sulle piste mediante interventi mirati sui punti critici».

I numeri di Safe nella stagione 2018-2019

36 Skiaree in 5 regioni 77 squadre di soccorso 244 soccorritori 17.756 soccorsi mappati

I Noce Box sono realtà I Noce Box sono un progetto per la mobilità sostenibile e per la scoperta della biodiversità e della storia del Fiume Noce in Val di Sole. Sono posizionati lungo il Fiume Noce (ma anche lungo il Rabbiés, il Meledrio e la Vermigliana), in ogni Comune della Valle e ognuno è dotato di stazione di ricarica e-bike, di piccola officina, di fontana e di brevi informazioni sulla fauna, la flora e la storia del Fiume. Noce box è un progetto della Rete di Riserve-Parco Fluviale Alto Noce finanziato dalla Comunità Valle di Sole, dalla Provincia autonoma di Trento, dal BIM dell’Adige e dall’ApT Val di Sole.

Le specifiche localizzazioni sono state studiate assieme a ciascun Comune per massimizzare l’impatto sul pubblico dei fruitori. L’iniziativa sposa le esigenze legate alla comunicazione delle valenze naturalistiche della Rete di Riserve–Parco Fluviale, importante anche nei confronti dei residenti, con quelle di servizio ai frequentatori della valle. È un ulteriore tassello nella costruzione e nella comunicazione di un territorio che vuole fondare il proprio sviluppo sulla valorizzazione del capitale naturale.

Riportiamo le parole a commento di questo progetto da parte del Dirigente del Servizio Sviluppo Sostenibile e Aree Protette della Provincia, Romano Stanchina: “L’apprezzamento è per aver trovato un’ulteriore modalità per stimolare la crescita della consapevolezza dei residenti e accrescere le potenzialità del turismo ambientale in valle. La Val di Sole è beneficiata da una varietà geologica unica nell’arco alpino.

Già da tempo visibili sul territorio, i Noce Box sono definitivamente diventati realtà.

Un’allerta meteo della Protezione Civile ha indotto gli organizzatori ad annullare l'inaugurazione ufficiale prevista per venerdì 26 luglio a Mezzana, tuttavia i 13 Noce Box realizzati dal Parco Fluviale Alto Noce sono perfettamente fruibili e a disposizione di residenti e turisti.

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Comunità val di sole

di Sergio Zanella

È compresa tra il Parco nazionale dello Stelvio e il Parco Naturale Adamello–Brenta, è percorsa da un fiume ancora integro nella sua portata lungo tutto il fondovalle ed è dotata di valenze naturalistiche meno conosciute, ma che sono state le ragioni fondative della Rete di riserve, come l’ontaneta di Croviana, la torbiera del Tonale, i prati aridi del monte di Arnago e le vaste zone, soprattutto del versante del Brenta e della Presanella che sono ZSC (zona speciale di conservazione) per preservare gli habitat delle specie protette della montagna alpina. Si sta per chiudere un ciclo nella vita della Rete di riserve che è diventata Parco Fluviale (l’Accordo di Programma scade a dicembre 2019 e sarà prorogato di qualche mese). Auspichiamo che le Amministrazioni comunali che saranno elette a maggio trovino ancora motivazione attorno a questo tema che è assolutamente strategico per il futuro della Val di Sole, come lo è per tutta la provincia.”

E queste le parole del Presidente della Rete di RiserveParco Fluviale Alto Noce, Alessandro Fantelli: “Sono felice che veda la luce un progetto importante, capace di legare tutta la Valle, dalle tredici amministrazioni comunali alle Asuc passando per l’APT. Un progetto per il quale vanno ringraziati anche il BIM dell’Adige e la Provincia Autonoma di Trento. Questo è il vero significato della Rete: la collaborazione concreta su progetti di sviluppo sostenibile imperniati sul prezioso ecosistema del nostro fiume Noce.”

A TERZOLAS NATURAL-MENTE FA RIVIVERE IL BOSCO Nel weekend tanta gente per conoscere le ricchezze della Val di Sole La natura, con le sue bellezze, e soprattutto il bosco, prezioso patrimonio della gente di montagna, sono stati i protagonisti dell’edizione di quest’anno «Natural-Mente. Tutta la natura che avete in mente», che nel weekend ha vivacizzato il centro abitato di Terzolas. Una grande festa di paese che a partire dall’amministrazione comunale ha coinvolto tutte le associazioni di volontariato e le strutture turistico ricettive. Una festa che nasce per far conoscere le risorse e le eccellenze della Val di Sole e promuoverle e valorizzarle sotto il profilo turistico culturale, come hanno ricordato sia il sindaco di Terzolas Enrico Manini che l’assessora al turismo e cultura Antonia Manini durante la cerimonia ufficiale di apertura.

Tanti e molto frequentati sono stati gli appuntamenti culturali e musicali

pensati per raccontare le straordinarie foreste del Trentino, ferite lo scorso autunno dall’evento meteorologico denominato «Tempesta Vaia»: dal convegno di apertura, tenuto da Franco Frisanco della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che ha messo in luce le diverse funzioni – economiche, paesaggistiche, di difesa e di serbatoio della biodiversità – alla proiezione del filmato «Camminando nel bosco: Un animale...una storia» ideato Fabio Angeli, direttore dell’Ufficio distrettuale forestale di Malé, fino alle colorate mostre micologiche, d’arte e fotografiche.

Partecipati e molto apprezzati anche i laboratori che hanno saputo coinvolgere e appassionare i più piccoli e i punti gastronomici dislocati nella piazza principale e nel paese. Emozionante poi il concerto per mandolino

e chitarra tenuto la sera del sabato nella sala nobile del cinquecentesco palazzo Torraccia da Ugo Orlandi e Luisella Conter e inserito nell’ambito del festival «Omaggio ad Arturo Benedetti Michelangeli». E ancor più suggestivo, per il luogo scelto, il bosco della località Tovare vicino a quel che resta di un masetto, e per l’orario – la primissima mattina – il concerto della domenica eseguito dal Coro Sasso Rosso che ha recentemente celebrato il proprio cinquantesimo anno di fondazione.

«Tutto è andato molto bene e siamo molto soddisfatti – commenta il primo cittadino Enrico Manini -. Abbiamo voluto pensare a una proposta che potesse andare bene anche e soprattutto alle famiglie sia della valle che alle tante che vengono a trascorrere le loro vacanze da noi».

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RONZONE CELEBRA BORZAGE In un certo senso Frank Borzage è tornato nella “sua” Ronzone, e ora la via che porta all’Aqualido, gioiellino di cui l’amministrazione comunale va tanto fiera, porta il suo nome.

Un nome che si lega a doppio filo con la storia del cinema, scritta attraverso più di 100 film e due Premi Oscar: Frank Borzage, mito del cinema hollywoodiano, affonda le proprie origini in alta Val di Non, a Ronzone, dove il padre Luigi Borzaga era nato e cresciuto prima di trasferirsi al di là dell’oceano insieme alla moglie svizzera Maria Ruegg. Il suo paese d’origine ha voluto omaggiarlo con una serie di eventi promossi dal Comune e dalla Provincia che hanno preso il via con l’inaugurazione della mostra “Frank Borzage – Dalla Val di Non a Hollywood” e con l’intitolazione all’attore, regista e produttore americano della nuova strada che porta all’Aqualido, la piscina della

Val di Non. “L’Aqualido è l’opera pubblica più importante realizzata dal Comune negli ultimi anni – ha dichiarato il sindaco Stefano Endrizzi prima di tagliare il nastro e di scoprire la targa con il nome della via –. Si tratta dell’unica piscina della vallata e non potevamo che dedicare la strada che si percorre per raggiungerla a una figura eclettica che rende onore a Ronzone, alla nostra valle e al Trentino”. Col cuore colmo d’emozione, il sindaco, insieme ai consiglieri presenti, ha quindi tagliato il nastro tricolore e alzato il velo sul cartello che riporta la scritta “Via Frank Borzage (Borzaga)”, prima di percorrere il tratto di strada mano nella mano con la moglie Sabrina, i figli Rebecca e Francesco, e fianco a fianco con tutti i presenti fino alla terrazza della piscina che si affaccia sulle Dolomiti di Brenta, sulle Maddalene e su tutta la Val di Non.

ph. Bruno Battocletti

di Fabrizio Brida

Succede nelle valli

Il giorno prima un’altra iniziativa dedicata al vincitore di due Premi Oscar per la cinematografia nato nel 1894 aveva vissuto il suo momento inaugurale con l’apertura al pubblico della mostra che ripercorre il vissuto di Frank Borzage attraverso il racconto dei suoi film e del suo talento incredibile. Un momento che ha visto la partecipazione di quanti hanno collaborato alla sua ideazione e all’allestimento, ma anche di parecchi cittadini e autorità locali.

“Possiamo dire con fierezza, additandolo anche alle nuove generazioni, che Frank Borzage è un ‘noneso’ e un trentino che ha realizzato il suo sogno, il sogno americano – ha dichiarato il sindaco Endrizzi –. La notorietà e i riconoscimenti che Borzage ha ottenuto negli Stati Uniti e in Europa meritavano un momento di valorizzazione anche in Trentino e in Italia, dove, contrariamente ad altri Paesi, il suo nome e il suo valore sono meno conosciuti. È questo il senso delle celebrazioni che abbiamo voluto dedicargli”.

La mostra, ospitata ai Musei di Ronzone e curata dal Roberto Festi con la collaborazione di Gianluigi Bozza, presenta una serie di materiali iconografici d’epoca di grande suggestione: manifesti italiani e internazionali, lobby card, locandine, fotobuste, foto di scena. Il tutto accompagnato da testi, citazioni e didascalie.

Ettore Zampiccoli, che ha ideato il progetto, ha

raccontato brevemente la figura di Frank Borzage: dall’emigrazione del padre Luigi oltreoceano alla sua passione per il teatro prima e per il cinema poi, dalla regia dei primi film ai due Premi Oscar, fino alle prestigiose collaborazioni con attori di primo piano.

Il curatore della mostra Roberto Festi ha invece illustrato il percorso dell’esposizione che, attraverso materiale iconografico di grande valore (foto, manifesti, giornali) permette di apprezzare il valore artistico di questo regista.

“Un personaggio – come ha sottolineato Gianluigi Bozza, consulente scientifico della mostra – che gli storici del cinema definiscono giustamente americano, perché nato negli Stati Uniti, ma le cui radici sono chiaramente e indiscutibilmente trentine e nonese”. Bozza ha ricordato anche le innovazioni che Frank Borzage seppe portare nel mondo del cinema, sia quello muto che quello sonoro, guadagnandosi il favore del pubblico e della critica.

I primi passi, dunque, sono stati percorsi. Il 2020 vedrà poi l’organizzazione di una retrospettiva dei film più significativi, grazie alla collaborazione dell’associazione “Sguardi” di Cles e del regista ed esperto di cinema Michele Bellio, la stampa di un volume e la produzione di un video. Perché la figura di Frank Borzage merita davvero di essere conosciuta, approfondita, celebrata.

RENZO ANDREIS È ANDATO AVANTI La comunità di Malé e della Val di Sole si è stretta intorno alla famiglia del cav. Renzo Andreis, scomparso alla soglia degli ottant'anni, che avrebbe compiuto nel prossimo ottobre. Una figura straordinaria per la comunità e in particolare per gli Alpini della Borgata, dei quali è stato capogruppo per 34 anni, in due differenti intervalli di tempo. Una presenza costante nel volontariato maletano, coronato anche da una militanza di ben 62 anni nella SAT e come socio fon-

datore della sezione di Malé della Lega Pasi-Battisti. Nato nel 1939, sposato con Cesarina nel 1964, con lei ha avuto due figli, Stefano e Katuscia; ha lavorato per l’impresa di costruzioni industriali Mazzalai in cantieri di tutta Italia fino all’infortunio del 1977, che lo rese invalido e quindi impegnato presso il poliambulatorio di Malé, oltre che come consigliere provinciale dell’Anmil, l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro. (almo)

VERSO I 25 ANNI DI NOS (3)

di Alberto Mosca

Un compleanno dietro l’altro, eccoci entrati, in questo mese di giugno, nel 25° anno di pubblicazioni. Un anniversario importante, che si compirà nel giugno 2020.

E allora, ripercorriamo da qui a un anno i numeri più significativi, occupandoci oggi del 1997…

L’anno si aprì con una copertina che diede scandalo: un dipinto di Egon Schiele, a tema erotico, che introduceva il forum dedicato al sesso, fece parecchio scalpore, sia per la copertina in sé che per il tema trattato, con tanto di lettere inviate alla redazione…

Non si trattò dell’unica occasione in cui temi e copertine fecero discutere, se pensiamo ai forum dedicati all’uso dei pesticidi in agricoltura, alla depurazione delle acque, al rischio AIDS nelle valli del Noce…

Anche nel 1997 tornarono temi ricorrenti, come l’ipotizzato tunnel del Peller, il dibattito tra storia e identità, la tutela dell’architettura minore nei centri storici, il restauro e la valorizzazione dei nostri castelli.

E naturalmente temi più leggeri ma comunque significativi, come

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il forum dedicato a “noi visti dai forèsti” o quello dedicato alla gloriosa spedizione solandra a Budapest per i Giochi senza

Frontiere. Temi culturali, sociali, economici, naturali, storie vere: quello che ancora oggi NOS propone ai suoi lettori.

LA MERAVIGLIA È DI FRONTE A NOI

…e non nel nostro smartphone! di Denis Destefani Le nostre valli (come vi abbiamo mostrato nel nostro forum) sono ricchissime di panorami mozzafiato, scorci caratteristici e angoli suggestivi: fino a qualche anno fa ci si rilassava, sia da soli che in buona compagnia, di fronte alle meraviglie della nostra Natura.

E oggi?

Oggi è ben diverso, con una tecnologia sempre più innovativa ci troviamo a comunicare più velocemente e compulsivamente per condividere, o meglio, per mostrare al mondo i nostri momenti.

Infatti il vero significato di condividere non è pubblicare sui social ogni secondo della nostra giornata, ma avere in comune qualcosa con altri. In questo caso parliamo di condividere un’esperienza e un’emozione che solo Madre Natura può offrire!

Stiamo vivendo di fatto un periodo

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/con·di·vì·de·re/: avere in comune con altri storico nella nostra evoluzione in cui accettiamo che il nostro sguardo venga monopolizzato da uno schermo, grande o piccolo che sia, ma comunque con la testa china e l’attenzione confinata all’interno delle nostre mani. Cosa ci stiamo perdendo? Ci stiamo perdendo la condivisione di esperienze, lo stimolo di una conversazione, il calore di un abbraccio di fronte ad un tramonto ma anche semplicemente una stretta di mano. Stiamo perdendo il gusto di ammirare un paesaggio perché siamo occupati a condividere un’immagine su instagram oppure ad aggiornare i follower sui nostri spostamenti.

La recente iniziativa #EquilibrioDigitale dell’APT della Val di Non punta proprio sul concetto di valorizzare la tua vacanza al massimo con un’esperienza autentica, senza distrazioni. Infatti nei luoghi più autentici della valle lo smartphone non prende, e proprio in questi posti compaiono dei pannelli trasparenti che invitano il visitatore a godersi il contatto con la Natura con gli occhi, il cuore e la testa. Quindi durante la prossima vacanza proviamo a lasciare il telefono nello zaino e ritrovare un equilibrio con noi stessi, con chi abbiamo a fianco e con quello che abbiamo di fronte.

DA OLTRE 50 ANNI, IL CANTO DI UNA VALLE Con la presentazione di un libro e di un doppio cd, il Coro Sasso Rosso Val di Sole ha chiuso nel teatro di Malé le celebrazioni per i 50 anni di attività. Ormai diventati 52, se pensiamo che il Coro, diretto dalla fondazione da Adriano Dalpez e presieduto da Guido Ghirardini nacque in quel di Monclassico nel 1967.

E una grande folla di amici ed estimatori non ha mancato l’appuntamento: nel corso del pomeriggio, il prof.

Udalrico Fantelli ha presentato la pubblicazione celebrativa del Coro, cui si sono aggiunti il presidente Ghirardini, il direttore Dalpez, naturalmente il sindaco di Malé Bruno Paganini. È arrivato anche il saluto

Il coro Sasso Rosso nel 1968. Con loro, lo scultore Livio Conta. (Archivio Nitida Immagine)

Il Coro Sasso Rosso nel 2019 (ph. Michele Bezzi).

di Marcello Liboni presidente del Centro Studi, sodalizio gemello del Coro legato da un pluridecennale collaborazione. Cinquant’anni di valorizzazione del canto popolare, attraverso i concerti, ma anche i convegni e un impegno verso la tradizione popolare che continua (almo).

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BAMBINI BIELORUSSI

Solidarietà

di Giancarlo Ballauco

Come accade da ormai 25 anni, anche quest’anno si è tenuto lo spettacolo organizzato dall’Associazione Pace e Giustizia, con lo scopo di salutare e ringraziare le famiglie che hanno accolto nel mese di luglio il gruppo di bambini provenienti da diversi paesi delle Bielorussia e che fanno parte del Progetto Chernobyl.

Un momento di gioia ma anche un po’ malinconico perché lo spettacolo preannuncia il ritorno dei bambini a casa. I bambini, soprattutto i nuovi arrivati che di solito hanno tra i 7 e gli 8 anni, all’inizio sentono un poco la nostalgia di casa. Poi, benché contenti di tornare alla loro vita quotidiana, provano un po’ di malinconia per le famiglie che li hanno ospitati qui in Val di Non e Sole e con le quali hanno vissuto momenti felici.

E non capita di rado che dopo anni, quando ormai i bambini si sono fatti adulti e hanno una vita e una famiglia propria, siano proprio i figli a tornare dalla famiglie che hanno ospitato i genitori.

Da questa esperienza lunga un mese, durante il quale i bambini vivono nelle nostre meravigliose valli, tutti ricevono giovamento.

I benefici per la salute dei bambini che i nostri monti regalano sono il fattore più importante.

Per le persone che vivono a poca distanza dalle zone del disastro del 1986, che per i più grandi di noi sono solo un lontano ricordo e per i più giovani sono legate a una serie televisiva di successo, i problemi di salute dovuti alla presenza di radiazioni posso essere molto seri. Anche solo un mese lontano da casa, specialmente se

trascorso in un territorio salubre come il nostro, è fondamentale per migliorare le loro condizioni di vita e contribuisce in maniera sostanziale a ridurre la possibilità di problemi fisici legati appunto alle radiazioni. Oltre al benessere fisico poi i bambini godono della gioia e allegria dello stare insieme nelle numerose gite che l’associazione organizza durante la settimana, e del buon cibo che ogni venerdì volenterosi gruppi come gli instancabili Vigili del fuoco e le allegre associazioni Alpini della

Val di Non e Sole offrono con amicizia e solidarietà.

E anche le famiglie ospitanti durante questo mese beneficiano della vitalità e allegria dei piccoli bielorussi, superando agevolmente le barriere linguistiche e culturali che spesso sono solo costruzioni mentali e preconcetti.

Far parte dell’associazione è semplicissimo, basta mettersi in contatto con l’Associazione Pace e Giustizia, e in poco tempo vi ritroverete a mangiare borsch e tortei di patate.

SCREENING MAMMOGRAFICO Anche in Val di Non e in Val di Sole, attivo il servizio di accompagnamento.

Comunità della Val di Non e della Valle di Sole, LILT, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari e Atletica Valli di Non e Sole anche con il sostegno di Lions Club del Concilio di Trento – insieme - per permettere a tutte le donne l’adesione allo screening mammografico: perché prevenzione e diagnosi precoce sono le cure più efficaci.

La prevenzione e la diagnosi precoce, sono strumenti efficaci e necessari, per una patologia così diffusa, il tumore al seno, nel mondo femminile. È questo il senso del servizio di accompagnamento attivato anche in Val di Non e Val di Sole, anche grazie alle due assessore competenti, Carmen Noldin e Luciana Pedergnana, che da sempre condividono la finalità di sensibilizzazione e tutela della salute femminile, attraverso l’adesione a diverse campagne promosse da LILT. L’obiettivo è quello di permettere a tutte le donne che si trovano in età di screening mammografico, l’effettuazione dell’esame: per chi non ha la possibilità di utilizzare un mezzo privato per qualsiasi motivo e

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vive lontano dalla struttura dedicata a Trento. In questo modo le donne possono effettuare l’esame nei tempi stabiliti e attraverso l’utilizzo di strumenti di diagnostica avanzati e precisi, in grado quindi di individuare eventuali patologie in modo precoce.

Ciò garantisce, ove necessario, anche l’eventuale attivazione dei percorsi di cura maggiormente adeguati.

Ma cosa si deve fare se si desidera usufruire del servizio di accompagnamento?

Una volta ricevuta la lettera da parte di Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari per effettuare lo screening mammografico, si può telefonare alla sede LILT di Cles al numero 0463/625223 per prenotare il servizio di trasporto. I volontari LILT di zona, organizzeranno il trasporto fino a

raggiungere un massimo di 8 persone per tre turni mensili, dall’altra parte APSS, si impegna a effettuare a Trento, lo screening mammografico, in un’unica finestra oraria, in modo da consentire agevolmente il ritorno verso casa.

Dato il tema delicato e l’inquietudine che un tale tipo di esame può indurre, il servizio di accompagnamento diventa anche un momento “sociale”, per stemperare l’eventuale tensione e condividere il momento con altre “compagne di viaggio”.

Per maggiori informazioni si può contattare LILT – Delegazione Valli di Non e di Sole a Cles.

Martedì 9.00-13.00 e giovedì 15.0017.00 - Tel. 0463/625223 Mail: delegazionecles@lilttrento.it

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COME CAMBIANO LE PRECIPITAZIONI DURANTE L’ANNO? (Seconda parte)

Il meteo

di Giacomo Poletti

Riprendiamo il discorso sulle piogin autunno, che per molte zone è è che anche in questo caso ci sono ge: dopo aver visto che il mese più il picco principale: si tratta delle dei distinguo. Il versante nord delpiovoso dell’anno cambia molto in piogge autunnali, con ottobre e la val di Sole e l’alta val di Non, base alle zone, in questa puntata novembre a farla da padrone come infatti, sono le aree meno piovose parleremo della pioggia in senso visto nell’altra puntata. Indovinate del Trentino e in realtà a un metro più ampio provanall’anno non ci arrido a rispondere ad vano, fermandosi su alcune domande. valori fra 700 e 900 Ad esempio, come mm. Come spiegato variano le precil’altra volta, mediapitazioni da mese mente sul Trentino a mese? Quanta la pioggia arriva da acqua cade mediasud, con i massimi mente in un anno? quindi sulle zone Andiamo con ordine meridionali come partendo dal ciclo la Vallarsa (punte di annuale, che si può 1600 mm all’anno), verificare prendenle Giudicarie e il do per convenzione Primiero. Salendo almeno 30 anni di verso nord, i totali si dati: nelle valli del riducono. A Trento Noce - ma potreme Cles la media è mo dire su tutto il attorno ai 1000 mm, Trentino - le precia Malè sugli 820 pitazioni mostrano mm. Naturalmente un netto minimo non va dimenticato invernale, con che le zone in quota Nell’immagine (fonte Meteotrentino) sono riportati i totali medi annuali di pioggia in Trentino. Si osservano i massimi fino a 1600 mm nelle zone meridionali (Giudicarie, gennaio o febbraio godono comunque Vallarsa, Valsugana e Primiero) mentre le zone più a nord della Provincia, comprese che sono i mesi più di precipitazioni magalcune parti della val di Sole e della val di Non, non raggiungono i 900 mm. Più a nord secchi dell’anno, e giori per via di diversi ancora (ad esempio in val Venosta) i totali scendono ulteriormente fino a circa 600 mm un doppio massimo. annui. fattori, fra i quali un Sì, avete letto bene: maggiore sollevacome detto nella prima puntata, adesso quanta pioggia scende in mento delle masse d’aria e la vicile zone più interne alle Alpi (come un anno. La risposta è facile: ricornanza alle nubi (le gocce, scendenl’alta Val di Sole) godono di molti datevi la cifra approssimativa di un do, tendono ad evaporare specie temporali estivi. Ecco allora che metro. Per convenzione i meteoroin estate). La zona del Tonale ad un primo massimo nelle quantità logi misurano la pioggia in milliesempio è molto piovosa con oltre di pioggia lo si ha in piena estate, metri (un mm è un litro per metro 1200 mm all’anno. Nelle prossime ad esempio a luglio a Malé. Esiste quadrato) e in un anno cadono cirpuntate continueremo a capirne di poi un secondo massimo annuale ca 1000 millimetri. La cosa curiosa più sulle precipitazioni!

CAVARENO “SPIGA VERDE 2019” Confragricoltura ha premiato il comune di Cavareno conferendogli il premio “Spiga Verde 2019”, confermando come il Trentino creda con i fatti nella qualità del territorio e delle buone pratiche. “Il premio ha un valore doppio: attesta che la pubblica amministrazione trentina sa gestire il territorio e la cosa pubblica nel migliore dei modi e, inoltre, che la stessa amministrazione è a fianco delle aziende agricole del territorio per la loro crescita”.

L’assessore provinciale all’agricoltura Giulia Zanotelli, ha commentato così l’assegnazione al Comune dell’alta val di Non del più

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importante riconoscimento in campo agricolo. La “Spiga Verde” in agricoltura corrisponde alla “Bandiera Blu” tra le località balneari: ne attesta la capacità del territorio, grazie al lavoro dell’amministrazione, di essere favorevole allo sviluppo delle aziende e del settore agricolo.

Massimo riconoscimento per la qualità delle amministrazioni rurali in Italia. Il Comune della val di Non è tra le 42 amministrazioni scelte in Italia da FEE Italia - Foundation for Environmental Education e Confagricoltura. Secondo gli organizzatori, “Spighe Verdi” è uno strumento di valorizzazione del patrimonio rurale italiano, ricco di risorse naturali e culturali, anche in un’ottica di occupazione.

Affinché il programma raggiunga il massimo del risultato, sono necessari due elementi essenziali: la volontà dell’Amministrazione comunale di iniziare un percorso di miglioramento e la partecipazione della comunità e delle imprese, in particolar modo quelle agricole, alla sua realizzazione. “Spighe Verdi” è un programma FEE, pensato

per guidare i Comuni rurali, passo dopo passo, a scegliere strategie di gestione del territorio in un percorso virtuoso che giovi all’ambiente e alla qualità della vita dell’intera comunità. Cavareno ha raggiunto il massimo della valutazione nella quarta edizione del premio. La classifica viene redatta sulla base di un set di indicatori in grado di fotografare le politiche di gestione del territorio e indirizzarle verso criteri di massima attenzione alla sostenibilità. Alcuni indicatori presi in considerazione sono stati: la partecipazione pubblica; l’educazione allo sviluppo sostenibile; il corretto uso del suolo; la presenza di produzioni agricole tipiche, la sostenibilità e l’innovazione in agricoltura; la qualità dell’offerta turistica; l’esistenza e il grado di funzionalità degli impianti di depurazione; la gestione dei rifiuti con particolare riguardo alla raccolta differenziata; la valorizzazione delle aree naturalistiche eventualmente presenti sul territorio e del paesaggio; la cura dell’arredo urbano; l’accessibilità per tutti senza limitazioni.

TRENTINO TERRA DI RITIRI

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Ben cinque squadre ospiti delle Valli del Noce

Il Trentino è la meta preferita da molte grandi squadre di calcio, italiane e straniere, per i loro ritiri estivi. Una scelta dettata sia dalle condizioni climatiche ideali, sia dalle moderne strutture sportive dove svolgere gli allenamenti, sia dalla qualità dell'accoglienza trentina. Per tutti gli appassionati, la vacanza estiva in Trentino è allora anche un'occasione unica per poter vedere da vicino i propri beniamini, vederli all'opera durante il training, conoscere i nuovi arrivi e osservare le nuove formazioni che di lì a poco scenderanno in campo

in campionato. In questo senso le vallate del Noce detengono in Trentino un importante primato.

Solo nelle scorse settimane tra Val di Sole e Val di Non si sono potute contare infatti le permanenze di cinque squadre tra Serie A e Serie B: Napoli a Dimaro Folgarida, Cagliari a Pejo, Venezia a Mezzana, Frosinone e Cesena a Ronzone. Insomma, per gli amanti e gli appassionati di calcio il menù offerto è stato di

IN VAL DI SOLE L'ARTE INCONTRA LO SPORT

Aurelio De Laurentiis, il presidente del SSC Napoli, in questi giorni in ritiro nel Comune di Dimaro Folgarida, ha visitato la mostra ospitata a Castel Caldes con una guida d'eccezione, il critico d’arte Vittorio Sgarbi.

Sport

di Sergio Zanella

tutto rispetto. Indubbiamente il ritiro che ha calamitato le maggiori attenzioni è stato quello della squadra partenopea di stanza a Dimaro, in un rapporto da record sia per la longevità negli anni sia per il numero di giorni di permanenza nel 2019. Con 22 giorni di ritiro quello del Napoli è infatti il più grande ritiro calcistico d’Europa. Quello ospitato in Trentino è stato un ritiro ricco di conferme e novità: la passione dei partenopei e napoletani è in costante crescita, come dimostrano le code chilometriche allo store e la “valanga azzurra” che ha invaso lo stadio di Carciato per le tre amichevoli contro Benevento, Feralpisalò e Cremonese, ma anche nei normali giorni di allenamento.

Dimaro-Folgarida è stato l’epicentro assoluto della preparazione, per la prima volta in assoluto nessun trasferimento a Trento per le amichevoli. Se a Milano erano in centomila per il derby come canta Celentano, a Dimaro-Folgarida circa diecimila persone hanno assistito alle amichevoli, con 9 gol fatti e 5 subiti per il Napoli nelle tre gare giocate.

GRANDI EMOZIONI NELLA BIKELAND Chi conosce la Coppa del Mondo di Mountain Bike in Val di Sole sapeva di potersi attendere un fine settimana spettacolare e ricco di fascino, ma quella andata in scena dal 2 al 4 Agosto 2019 è stata un’edizione capace di superare le più rosee aspettative sotto ogni punto di vista – sportivo, tecnico e di pubblico.

Nell’unico weekend in tutta la Mercedes-Benz UCI Mountain Bike World Cup caratterizzato da quattro discipline – Mondiali di Four Cross, Coppa del Mondo di Downhill e Cross Country, ed il nuovo evento Electric Snake di e-Mountain Bike – Daolasa di Commezzadura, cuore della Val di Sole Bike Land, ha registrato oltre

25.000 ingressi, segnando nuovi record di affluenza e garantendo uno straordinario colpo d’occhio e un’atmosfera adrenalinica a ciascun appuntamento in programma. Soddisfazione nelle parole del Direttore di APT Val di Sole Fabio Sacco. “Ci tengo innanzitutto a ringraziare gli sponsor, i partner, lo staff, i volontari e tutte le persone che hanno contribuito alla riuscita di un evento in crescita esponenziale. Nonostante la pioggia, che ha condizionato le prime giornate di gara, abbiamo avuto un pubblico eccezionale, esaltato dalle imprese dei campioni della Mountain Bike, e tantissimi che appassionati ci hanno seguito anche da lonta-

di Sergio Zanella

no, su Red Bull TV e – per la prima volta – in diretta anche su Rai Sport.

Questo grande successo ci lancia con ancora più determinazione verso l’anno prossimo ed il mondiale 2021: vogliamo che sia una festa indimenticabile di questo sport”. Insomma il bilancio della Mercedes-Benz UCI Mountain Bike World Cup in salsa solandra è più che positivo, con lo spettacolo sportivo offerto che è stato di primissimo livello. La giornata del sabato è stata quella delle prime volte: Greenland e Cabirou rompono il ghiaccio in Coppa del Mondo. Il 22enne britannico e la pari età transalpina interpretano al meglio la finale del Downhill. In serata c’è poi stato l’esordio dell’ebike, con l’Electric Snake che ha visto combattere fianco a fianco normali appassionati e stelle del ciclismo mondiale come Fontana, Absalon e Fruet. Tra gli iscritti anche l’ex motociclista Marco Melandri.

Nella giornata di Domenica 4, la chiusura è stata affidata alla disciplina olimpica della Mountain Bike, il cross country che fra un anno, a Tokyo 2020, assegnerà ancora una volta medaglie a cinque cerchi. In un ciclismo in continuo mutamento e sempre più improntato verso la polivalenza, la Val di Sole non ha fatto che confermare

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Successo sportivo, di pubblico e mediatico per le gare di Coppa del Mondo in Val di Sole

Sport

la tendenza: ad imporsi in altrettante gare di straordinaria intensità sono stati Mathieu Van der Poel e Pauline Ferrand-Prevot, due fenomeni che su due ruote sanno solo vincere – non importa la disciplina. La francese ha vinto la maglia iridata in tutte le tre discipline, l’olandese promette di raggiungerla quanto prima: il Mondiale Ciclocross l’ha già in bacheca, la strada cercherà di mettersela in tasca fra un mese e mezzo nello Yorkshire. La Mountain Bike, chissà: magari nel 2021, quando il Campionato del Mondo MTB (Downhill, Cross Country e Four Cross) farà ritorno in Val di Sole e in Trentino per la terza volta.

ELEONORA BERTI E FRANCESCO ENDRIZZI

di Fabrizio Brida

La tripletta è servita. Di nuovo. Ci hanno preso gusto i quattordicenni Eleonora Berti e Francesco Endrizzi, “collezionisti” di medaglie d’oro, che hanno concluso anche la stagione agonistica 2019 con risultati di eccellenza.

Dopo aver affrontato con successo diverse competizioni nel corso dell’anno e aver conseguito il titolo di campioni regionali 2019 in ben quattro discipline, per il quarto anno di fila i giovani atleti di Anaunia Team Dance sono saliti sul podio ai Campionati Italiani FIDS (Federazione Italiana Danza Sportiva) di Rimini. E lo hanno fatto a modo loro, salendo sul gradino più alto in tre occasioni: liscio unificato, ballo da sala e combinata nazionale. Risultati eccellenti che fanno della coppia nonesa, di Casez lei e

60 Il personaggio

di Fondo lui, un fiore all’occhiello dello sport trentino.

I due giovani ballerini iniziano il loro percorso agonistico nel 2015, mettendo in luce fin da subito un’intesa e una complicità fondamentali per quello che è poi stato il loro futuro. Francesco comincia a ballare sulle orme dei fratelli maggiori, che a loro volta hanno praticato la danza sportiva per diversi anni. Eleonora, invece, intraprende il suo percorso autonomamente.

Inizialmente entrambi ballano con altri partner, fino al momento in cui i maestri provano a metterli in coppia: una decisione che si è dimostrata vincente sotto tutti gli aspetti.

Le potenzialità della coppia sono state infatti da subito evidenti per i maestri Davide Pellizzari, Isabel Pellizzari, Domizio Giovannini e Marco Poli, che con dedizione e professionalità hanno guidato i ragazzi fin dai primi passi, accompagnandoli in un percorso non solo agonistico, ma anche di educazione e crescita personale.

E i risultati, frutto degli insegnamenti dei maestri e dell’impegno dei ragazzi, non hanno tardato ad arrivare. Già nel 2016 Eleonora e

Francesco si aggiudicano il titolo di vicecampioni italiani nelle discipline del ballo da sala e combinata nazionale. Nel 2017 conquistano il primo titolo italiano nel ballo da sala e nel 2018 inanellano una serie di primi posti in tutte le competizioni affrontate, fino a ottenere ben tre titoli italiani nelle discipline del liscio unificato (mazurka, valzer viennese e polka), ballo da sala (valzer lento, tango e foxtrot) e combinata nazionale, che unifica le due discipline.

A inizio luglio di quest’anno, dopo un altro anno di soddisfazioni e vittorie, a Rimini ottengono nuovamente il titolo di campioni italiani ancora nel liscio unificato, nel ballo da sala e nella combinata nazionale.

Tre ori per questi promettenti ragazzi, che anche nelle danze standard (valzer inglese, tango, valzer viennese e quickstep) hanno ottenuto un ottimo piazzamento, concludendo in tredicesima posizione su 40 coppie.

Una serie di vittorie, quella ottenuta da questi due talenti del ballo, frutto di passione, impegno, lavoro, rinunce e sacrifici, ma anche di amicizia, rispetto, complicità, cre-

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scita atletica e personale. Risultati che tra l’altro consentono a Eleonora e Francesco il passaggio alla classe A, il massimo livello previsto per la loro età nella disciplina della danza sportiva.

Non sono da dimenticare, poi, gli importantissimi risultati ottenuti anche dagli altri atleti dell’Anaunia Team Dance, a partire da Iris Codalonga e Nicolas Zucal, medaglia d’argento nel ballo da sala e combinata nazionale 8/11 classe C, per proseguire con le meritatissime medaglie di Manuela Betta e Cristian Magnani, campioni italiani nel liscio unificato, ballo da sala e combinata nazionale 45/54 classe B2, fino ad arrivare alla medaglia di bronzo nelle danze standard di Martina Chini e Giordano Taller. Per Eleonora Berti e Francesco Endrizzi si aprirà adesso un anno agonistico ancora più impegnativo, fin da ora ricco di aspettative che sicuramente affronteranno con la consueta grinta e con grande dedizione.

A questi splendidi ragazzi, promettenti agonisti e futuro dello sport trentino, un augurio nel migliore stile olimpico: più in alto, più veloce, più forte.

Il personaggio

GNOCCHETTI DI RICOTTA SU VELLUTATA DI ZUCCHINE E BASILICO Un primo piatto diverso dal solito? Ecco gli gnocchetti di ricotta su crema di zucchine. Leggero e delicato, perfetto per tutte le occasioni nelle quali vogliamo offrire qualcosa di particolare, ma anche semplice da preparare.

INGREDIENTI PER 6 PERSONE: GNOCCHETTI 250 g ricotta vaccina 150 g farina 25 g Parmigiano Reggiano 1 uova q.b. sale VELLUTATA DI ZUCCHINE E BASILICO 350 g zucchine 50g patate 1ciuffo basilico q.b. olio extravergine d’oliva q.b. sale

di Giuseppe Ceci

PREPARAZIONE Per preparare gli gnocchetti di ricotta su vellutata di zucchine anzitutto sbucciate e tagliate a pezzi le patate, lavate e affettate le zucchine, quindi fate soffriggere in una padella con un filo d’olio extravergine d’oliva. Salatele e cuocetele per circa 10 minuti. Nel frattempo mettete a bollire una pentola capiente con acqua salata.

Quando le zucchine sono cotte toglietele dal fuoco e frullate con un po’ di basilico, ammorbidendo se è il caso con un po’d’acqua di cottura degli gnocchetti: deve risultare una crema non troppo liquida.

Preparate ora l’impasto per gli gnocchetti, lavorando la ricotta con la farina, il parmigiano e l’uovo, regolando di sale.

Quando l’acqua bolle tuffatevi gli gnocchetti modellandoli con due cucchiaini per formare delle quenelle. Formatene pochi per volta e lasciateli cuocere per tre minuti, quindi scolateli con una schiumarola e procedete a tuffarne degli altri. Quando tutti gli gnocchetti sono pronti metteteli in una pirofila da forno con un filo di olio o burro spolverizzateli di Trentingrana e gratinateli per qualche minuto in forno grill. Una volta gratinati potete procedere all’impiantamento: mettete un po’di vellutata di zucchine sul fondo di ogni piatto, sistematevi sopra la porzione di gnocchetti di ricotta.

62 Il nostro menu

Nomi e cognomi

FORMENT, FORMENTÓN E FORMENTÀZ

di Laura Abram

I due termini italiani grano e frumento sono sinonimi e si possono quasi sempre usare in alternativa l’uno all’altro. In dialetto, invece, abbiamo solo forment, perché gran, che pure come parola esiste, significa “granello, chicco” ma non indica un cereale. Ci dice a tal proposito il dizionario etimologico DELI che: “Grano era l’unico termine in uso in tutta l’Italia avanti il Mille: gli contesero poi lentamente il dominio, a partire dal nord, i due probabili gallicismi biada e frumento.” Ecco quindi che frumento è un termine nordico e per questo motivo molto probabilmente il nostro dialetto ha sviluppato l’etimo ‘frumentum’ anziché ‘granum’. Nonostante la metatesi della vibrante, ossia lo spostamento della r, è evidente la derivazione di forment da ‘frumentum’. Molto meno trasparenti sono invece i significati dei nonesi formentón e formentáz. Partiamo da formentón: il termine è un accrescitivo di forment, quindi dovrebbe darci l’idea di qualcosa di più grande o di più grosso rispetto al grano. E, in effetti, esiste in italiano, seppur arcaico e spesso regionale, il termine “frumentone” o “formentone” che designa il granturco, o mais. Se pensiamo alla pannocchia del mais essa è davvero più grande e più gonfia del comune grano. Tuttavia in dialetto, e

più in generale in Trentino, con il termine formentón non intendiamo affatto il mais, bensì il grano saraceno. Questa pianta erbacea, classificata commercialmente come cereale ma non appartenente alla famiglia delle graminacee, deve il suo nome al colore scuro dei suoi piccoli chicchi triangolari, usati molto spesso sotto forma di farina per preparare la polenta taragna, i pizzoccheri e la torta di grano saraceno.

E un po’ allo stesso modo, anche il granoturco, nonostante il nome, non appartiene alla famiglia delle graminacee, ma solo al concetto alimentarecommerciale dei cereali. E soprattutto non proviene dalla Turchia, come il nome suggerirebbe, bensì dal Messico, da dove deriva anche il termine indigeno mahis. L’aggettivo turco sta quindi solo ad indicare la provenienza esotica di questa pianta. In noneso, invece, questo frumentone dai mille nomi (ci sono infatti anche, a livello regionale: granone, grano siciliano, meliga, pollanca, grano d’India, ecc.) è chiamato talvolta turchés e più frequentemente formentáz. Un altro alterato, non più accrescitivo ma dispregiativo, di forment. Sono presenti, infine, in italiano regionale e arcaico anche i termini “frumentaccio” e “formentazzo” per indicare proprio il mais.

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“EPPERTANTO ORDINO”

di Annalisa Rossi

Udalrico Fantelli Centro Studi per la Val di Sole e Comune di Commezzadura 2019 pp. 334 Il libro rappresenta la quinta parte di una raccolta pubblicata dal Centro Studi tra il 2007 e il 2013 intitolata “Si partecipa per notizia e sollecita pubblicazione ai signori preposti comunali e curatori d’anime”.

Per la scrittura del volume Udalrico Fantelli ha svolto una raccolta, selezione, trascrizione e commento delle principali ordinanze, avvisi e atti amministrativi emessi da Autorità militari e civili nel territorio della Sopraprefettura di Cles nel periodo novembre 1918 – dicembre 1919. Nella seconda parte del libro, lo storico ha incorporato le memorie di guerra di Placido Flessati di Deggiano di Commezzadura. Questa raccolta permette di leggere le vicende locali da un prospettiva particolare, in parte inedita: quella delle “Ordinanze”, ovvero delle istanze del mondo politico istituzionale che influiscono sulla vita dei cittadini.

UN ANTICO RIMEDIO: LA TREMENTINA L’estrazione della resina dal larice per farne trementina è anche nelle valli del Noce un’attività senza tempo. Tradizione antica, è ancora oggi oggetto di conoscenza e valorizzazione, come testimoniano ad esempio i laboratori didattici dedicati a questa pratica a Terzolas in occasione della recente 4° edizione di Naturalmente, la sala allestita nel Museo della Civiltà Solandra di Malé o ancora il percorso dedicato nell’Ecomuseo del Meledrio. Nella lingua locale questa preziosa sostanza si chiama “largà”, “largjà”, “largià”, “argjà”: termini che vengono dal latino “laricatum” e che indicano la resina estratta dal larice, un’attività che era un mestiere tale da creare dei cognomi ancora oggi diffusi: Largaiòl/Largaiolli in Val di Sole e Larcher nel mondo di lingua tedesca.

La resina prodotta dalla pianta, una difesa che l’albero ha per cicatrizzare le proprie ferite ed evitare gli attacchi batterici, diventa così, dopo una opportuna e collaudata nei secoli, un medicamento di straordinario interesse.

Il processo di produzione parte con la scelta accurata della pianta: dopo di che il tronco viene inciso con la “trivèla”, proteggendo da subito il foro con un tappo di legno di larice. Solo dopo tre anni il tappo potrà essere rimosso e la trementina raccolta nel “bazón” con appositi attrezzi, come la “sgórbia” e la “palòta”. La raccolta avviene tra giugno e settembre. Il prodotto raccolto viene filtrato a più riprese, fino ad ottenere un prodotto puro, limpido, dal colore ambrato, capace di molte cose. La trementina di larice infatti è utile per trattare i problemi alle vie respiratorie, come tossi, raffreddori e bronchiti; ma poi per reumatismi, nevralgie, gotta; contro le pediculosi umane; per rimuovere schegge, curare scottature. Naturalmente poi è usata per la produzione di olii e vernici.

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Salute e benessere

UNO SGUARDO VERSO “CASA” di Elisa Rita Gelsomino

66 Una psicologa per amica

67 Mi chiamo Al, questo è il nome che ho scelto per voi. Vivo in un posto che è il “mio luogo” e vi osservo.

Quello che vedo mi piace a metà.

Sono piccolo e ancora tante cose non le capisco, ma le vedo e chiedo a chi è più grande e a chi sa.

Sono un sognatore e credo ancora nella bontà del genere umano. Mi dicono che dove state voi è ancora il posto più bello, ma non ne sono tanto convinto. Ho un amico laggiù, si chiama Haleb. È alto come me, ma ha pochi anni. È triste e non mi dice mai bene il perché, ho capito che vuole tornare a casa, ma non può. Gli manca il suo cagnolino, il colore della terra rossa fuori da casa sua, ma soprattutto sua nonna. Non capisco come mai per lui è così difficile tornare a casa, ho capito che quella che lui chiama “casa” è il posto dove è cresciuto, in cui ha costruito i suoi ricordi e dove ha nascosto i suoi tesori. Ho chiesto ai miei genitori, come mai io chiami “casa” il mio luogo, che non conosco tutto per intero, ma mi hanno detto loro che la mia casa è molto ma molto più grande della casa di Haleb e della terra stessa.

Ecco, questa cosa per cui nella

Terra non sei a “casa” dappertutto se non dove sei nato è una di quelle cose che mi piace a metà.

Mi piace a metà anche che le persone sono tanto e spesso arrabbiate, si urlano contro in macchina e litigano per la fila al supermercato, per il posto dell’ombrellone in spiaggia. Cose da non credere con tutto quel bello, perder tempo per quello invece che condividerne la gioia. Non so oltretutto se amano la loro “casa”. Forse ho ragione io a non capire. Quasi nessuno butta per terra la spazzatura nel giardino di casa propria, ma molti se ne fregano della casa degli altri.

Alla fine se te ne freghi di quella degli altri, a qualcuno capiterà di fregarsene della tua e in realtà sporcando la sua casa stai facendo lo stesso alla tua. È un po’ confuso ma io mi sono capito. Pensa che mi sono chiesto spesso chi sono quelle persone che in quel pianeta vivono felici. Ci credereste mai?

Felici per davvero poche poche, felici a momenti alcune e felici poche volte, molti. Anche questo è strano. Tanti capiscono di dover essere felici quando perdono qualcosa o qualcuno o si ammala-

Una psicologa per amica

no. Non è cambiato nulla nella loro vita, solo l’idea di perderla gli ha fatto comprendere. Quanto tempo sprecato. Ho chiesto a mamma se potevo andare da molti di loro per aiutarli. Volevo dirgli di non perdere tempo. Oggi è bello, oggi hai già tutto. Corri, non aspettare, che poi la gente si ammala, le persone che amiamo muoiono, il mare limpido si sporca e la nostra umanità scarseggia. Mamma mi ha detto che non posso insegnare niente agli altri, che solo l’esperienza può e anche il buon esempio. Mi ha anche detto che ci sono i bambini per questo. Loro sorridono a tutti, ti abbracciano senza motivo, si stupiscono e sono felici in compagnia. Se queste quattro cose le facessero tutti, la metà che non mi piace mi piacerebbe di più. Anzi mi piacerebbe per intero. Sentite, io ci vado a dirlo ad Haleb, lui un po’ l’ha già capito e io sono fiducioso che qualcuno gli crederà.