Move in Sicily - 05/2015

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il magazine

N. 05 | 15

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NELLE TERRE DEL MITO

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C’è DELLA LiSCìA

IN SICILIA CATANIA E PALERMO MAI COSì VICINE

ANASTASIO FASANARO NASCITA DI UNA CHITARRA

LO SCHERMIDORE

GAROZZO

DA ACIREALE A KAZAN E OLTRE


N. 5 | ANNO I | OTTOBRE 2015 Move in Sicily/moveinsicily.com Reg. Trib. di Catania n. 6 del 10/04/2015

Move in Weekend Agrigento e dintorni , senza pretese di Antonio Leo

Direttore Responsabile Rosario Battiato rosbattiato@gmail.com Art Director Ursula Cefalù ursulacefalu@gmail.com Redazione Daniela Basile, Martina Distefano, Daniela Fleres, Viviana Raciti, Emanuele Venezia viale Bummacaro, 21/A, Librino, Catania redazione@moveinsicily.com Segreteria di redazione info@moveinsicily.com Copertina Foto di Michele Mondello: colata lavica che nel 1669 devastò Nicolosi e altri centri abitati Hanno collaborato a questo numero: Giorgia Butera, Giuseppe Caruso, Diana Dolisi, Danila Giaquinta, Maldido Gringo, Emanuele Grosso, Antonio Leo, Alex Munzone, Giuseppe Paternò Di Raddusa, Gaetano Schinocca, Marco Tomaselli, Milena Viani Ringraziamenti: Albane Cogne Banou, Filly De Luca, Francesco Di Mauro (Ciclope Film), Enrico Garozzo, Cecilia Grasso, La liscìa catanese, Michele Mondello (La via del Mito), Nicola Palmeri, Siculopedia, Giovanni Virgilio Ufficio Stampa Suttasupra suttasuprapress@gmail.com Editore Soluzione Immediata srl via Teatro Greco n. 76, Catania

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Con gli occhi ancora impasticciati per il brusco risveglio post-estate, senza aver mai veramente smaltito quella maledetta vodka unita all’acqua tonica, è già l’ora di ripartire. E siccome non tutti sono Michael Douglas-Gordon Gekko in Wall Street, e Cuba ha perso il suo fascino da quando è pace fatta con l’America, dunque la malura fa il siciliano imprigionato, costretto “sua fortuna” a riscoprire i tesori dell’Isola. Così decidiamo di fare una gita dentro porta, con destinazione principale il Farm cultural park. Perché tutti ne parlano, compreso Move che nel primo numero ne ha scritto. E se lo consiglia Saro Battiato, che il vezzo della fantascienza ha abituato a scenari mirabolanti, almeno una possibilità alla trasferta agrigentina bisogna concederla. A Favara, la città che ospita la Farm, ci fermiamo in un caffè della centralissima piazza Cavour, tappa necessaria per smaltire i chilometri macinati. “La Farm? Ah sì, quei ‘curtigghia strani’”. In due parole, il giovanotto che prende le nostre ordinazioni sintetizza la percezione di parte dei favaresi per il centro culturale. Ma per noi, attempati wannabe di città che vediamo la realtà con i filtri di Instagram, la stranezza è goduria e status a un tempo. La Farm ti dà l’impressione di essere in un luogo senza tempo, dove l’arte e la creatività inghiottono buona parte del degrado. Tra i sette cortili sono innumerevoli i guizzi, le provocazioni, le idee in circolo. Putin è sempre là e osserva gli astanti con sguardo languido, sperando che scelgano la luce giusta per condividere il suo faccione. Da vedere è la Galleria, la sola zona a pagamento. Ma per 4 euro a cranio si può fruire delle opere di artisti contemporanei e contribuire al sogno di Andrea Bartoli e di sua moglie: costruire un museo dedicato all’educazione dei bambini. Alla sera, attrazione dentro l’attrazione è Ginger, street food restaurant che unisce i sapori siciliani a quelli dell’Africa (ma anche cooperativa che punta all’integrazione dei migranti). Si può scegliere tra diversi panini, cocktail analcolici e in genere anche il cous-cous (purtroppo però la chef Mareme Cisse era impegnata a San Vito Lo Capo per il Couscous World Championship). La qualità/prezzo è incredibile: con circa 5 euro si può gustare un concentrato prelibatissimo di sapori. Altro che cucina “di strada”.

Stampa: Italgrafica, via Nocilia 157, Aci S. Antonio (CT) Copyright ©2015. Tutti i diritti riservati. La riproduzione anche parziale di testi, foto e illustrazioni è vietata in tutti i Paesi del mondo senza previa autorizzazione dell’editore


l’indice

l’editoriale

004 COSI (MAI) VISTI LA GRANDE DISFIDA

- So you want to know about tv series, hm? - SIATE SERI CON LE SERIE

C’è DELLA LISCìA IN SICILIA

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Due pagine social dal cazzeggio siculo 008 nON è MAI TROPPO CORTO Un festival sotterraneo alla ricerca di talenti

009 lA BUGIA BiANCA

UN FILM CHE PORTA LA BOSNIA IN SICILIA 010 VISCONTI CI PRESE PER MANO Le sorelle Giammona e La terra trema

011 Rigenera, il festival che si rinnova Nel segno dell’ecologia

012 COSì NASCE UNA CHITARRA L’antica arte della liuteria catanese

014 Carlo e Fabio Ingrassia

Fenomeno d’accelerazione e autosufficienza del segno

015 L’ORTO BòTANICO ALLA TERRA DI Bò TUTTO IN ONORE DEL VERDE

018

IL SENSO DEL VIAGGIO è CAMMINARE

Da Capo Peloro a Capo Passero per riscoprire l’Isola

021 ENRICO GAROZZO, SCHERMIDORE

Comma Sicilia C’è un Comma 22 che si aggira per l’Isola. Il celebre paradosso introdotto da Joseph Heller nel romanzo Catch 22 – “chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo” – sembra riprodursi in una versione nostrana che da troppo tempo ci sentiamo ripetere: la Sicilia è una terra di grandi opportunità, in Sicilia non ci sono opportunità. Una tensione, appunto, paradossale, che si agita tra potenzialità decantate e dati drammatici. Eppure c’è anche dell’altro, perché da queste parti tutto diventa altro. Le strozzature del sistema, le inefficienze e le difficoltà quotidiane passano dalla liscìa che da Catania a Palermo – a proposito, non perdetevi in questo numero le interviste ai fondatori di Siculopedia e della Liscìa catanese – cambia nome, eppure rigurgita comunque ogni cosa e la restituisce linda e passabile. E poi se non ci sono strade proseguiamo pure a piedi, così come ci ricordano i due camminatori della nostra storia di copertina alla ricerca dei miti siciliani tra i sentieri che collegano i due poli estremi a nord e sud della Sicilia orientale. C’è chi vuole portare il cinema in Sicilia, senza la solita storia di mafia, come Giovanni Virgilio che a ottobre vedrà in sala La bugia bianca, e poi le vicende di artisti e artigiani che sono rimasti senza per questo rinunciare a fama e gloria. Per questo non possiamo avere un comma 22, ma un comma Sicilia. Un tranello da scoprire e risolvere, più che un paradosso, perché da queste parti di immobile c’è soltanto il pensiero di chi crede che il progresso sia unidirezionale e senza scosse. Non si devono ignorare le gravi difficoltà che viviamo, sarebbe come vivere in una bolla, ma nemmeno quel sotteso senso di rinascita che avvertiamo. Noi continuiamo a scoprire tutto questo, e lo condividiamo con voi, grazie alla nostra minuscola pattuglia di esplorazione. In questo mese superiamo il traguardo della quinta uscita mensile e sbarchiamo sul web con la versione online del magazine (moveinsicily. com/magazine) che vi invitiamo a visitare perché ospita tutti i nostri contenuti video, fotografici e alcuni articoli che non troverete sulla versione cartacea. C’è una Sicilia migliore. (rb)

Da Acireale a Kazan e oltre

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Cosi Cosi (mai) (mai) visti visti

SIATE SERI CON LE SERIE Per il sorpasso della televisione sul cinema ripassare fra trent’anni

LA GRANDE DISFIDA

La rubrica più invidiata del nostro giornale torna dopo un mese di pausa e si presenta in veste battagliera. In questo mese, e nel prossimo, si discuterà del grande dilemma che affligge buona parte dei nostri conoscenti. Meglio andare al cinema o restare sbracati sul divano inebetiti dal binge-watching di quindici puntate di fila di una serie tv? Le opinioni sono disparate e confuse, noi cominciamo a ospitare le prime due, e vi invitiamo a partecipare scrivendo alla redazione (redazione@ moveinsicily.com). Le migliori invettive saranno pubblicate sul nostro magazine online (moveinsicily.com/magazine), qualcuna potrebbe persino finire sul cartaceo. A voi la tastiera.

So you want to know about tv series, hm? di Maldido Gringo Siete proprio sicuri che sia quello che volete? Le serie tv passano facilmente dal riempitivo di una serata annoiata a un buco nero dal quale vorreste uscire a velocità warp ma non potete nonostante siano le tre e mezzo del mattino perché la puntata appena vista ha lasciato penzolare parecchi hooks ai quali sono rimasti appesi altrettanto vostri dubbi: cosa ne sarà di Tara? Sarà la volta buona per McNulty di beccare Stringer Bell con le mani nel sacco? Jesse did WHAT? L’inevitabile conclusione di questo dialogo interiore sarà “this is bullshit” un attimo prima di alzarvi dal divano o poltrona e andare a selezionare l’episodio successivo, nonostante fuori l’aurora abbia iniziato a mandare le ambasce di una nuova giornata, che inizierà a breve a prendere il posto di una lunga nottata di binge-watching. Il mio personale paradosso è che quando iniziai con le serie, la tv mi aveva stancato già da un pezzo, e mai avrei pensato di rimanere ‘addiccato’ (che significa la stessa cosa sia in inglese che in siciliano) come una matura signora rimaneva appiccicata alle vicende sentimentali delle agghiaccianti telenovelas degli anni ‘80 come una mosca alla marmellata: ebbene a un certo punto come Geff Goldblum la stessa metamorfosi è toccata a me. Le serie tv sono la narrativa pulp dei nostri giorni, con la differenza che le edicole delle stazioni ferroviarie hanno lasciato il posto ai motori di ricerca e oscuri (e spesso oscurati) nuovi canali di distribuzione. Probabilmente anche questo elemento di ricerca sotterranea aggiunge fascino all’intera esperienza: se l’idea dei creatori di questa narrativa è quella di tenere agganciati i consumatori finali di settimana in settimana, i più smaliziati preferiranno attendere che la serie sia finita per visionarla tutta in una volta, possibilmente sigillando porte e finestre come in una apocalisse zombie per evitare che il minimo spiraglio lasci passare per sbaglio uno spoiler anche piccino. In inglese si chiama binge-watching, ed è lo stadio finale di questa addiction. Scrittori e produttori piuttosto che combattere questa tendenza, nel corso degli anni si sono adeguati in un percorso che arriva fino a Netflix. Questa modalità, d’altra parte, costringe gli sceneggiatori a stringere i bulloni della trama evitando i famigerati e temibili plot holes, ovvero le incongruenze nella trama, poiché vedendo una puntata dopo l’altra senza la canonica settimana di ‘decantazione’ se da una parte rovina il pathos dell’attesa dall’altra impone che il flusso narrativo rimanga consistente dall’inizio alla fine, e anche questo porta agli improvvisi cambi di prospettiva (twist) che in genere determinano le sorti di una serie nel gradimento di un pubblico sempre più avido e difficile da soddisfare.

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di Emanuele Grosso

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ttenti, si è mossa una frasca! Oddio, s’è mossa una frasca, chissà quali terribili pericoli. Dài, non fateci morire di curiosità, diteci cosa si cela dietro il movimento della frasca assassina. Finisce la puntata. Ma mica ce lo siamo scordato, è rimasta in sospeso la questione della frasca... E vabbè, si sono dimenticati di darci una spiegazione. Magari nella seconda puntata. Niente, neppure lì. Al decimo episodio di Lost nessuno ci ha ancora detto perché gli alberi si agitavano 9 ore prima. In compenso qualcuno ha sentenziato che il livello di complessità del telefilm di J. J. Abrams è paragonabile alla Divina Commedia. Gente in apnea, Abrams è megl’e Pelé, la rivoluzione della tv. È cominciato da lì il sorpasso della televisione nei confronti del cinema. Non ha più senso spendere soldi nelle sale se ci sono Mad men, Breaking bad, Il trono di spade, Gomorra, House of cards che ti entrano in casa. Roba di una qualità stratosferica, che il cinema ormai se la sogna. Dunque sarà solo un caso, ma un caso di una sfortuna cosmica, se tutte le volte che uno prova a guardare una serie, giusto in quella puntata non succede assolutamente niente. “Ma tu l’hai visto True detective? Un capolavoro”. Ognuno ovviamente te ne nomina una, perché magari le altre sono buone, ma quella-proprio-quella è la prova vivente che la tv è di un altro pianeta. E se non sei preparato non solo non puoi contestare, ma ti fanno pure venire la voglia di controllare se è vero. D’altra parte su centomila tentativi prima o poi uscirà la serie davvero memorabile. Così ci caschi come un pollo: ti piazzi davanti alla tv e scopri delle storie immobili, congelate, paralizzate tipo i cattivi colpiti dalla pistola di Star Trek. Assalite da una malattia micidiale: la lungaggine. E perciò diluite nella più snervante inerzia da chi deve coprire 150 puntate. Noooo, controbattono indignati i seriali, tu non hai visto Top of the lake. E invece sì: e non succede un tubo. Esattamente come negli altri telefilm. Certo, lo sceneggiatore di House of cards ci ha perso tempo, non si può negare; ma a parte la puerile e ridicola perfidia di tutti i personaggi, la scena che ti fa innamorare e che ti incastra per tutte le altre 46 ore non la becchi mai. E la cosa più incredibile è che queste perle della televisione sono venerate quasi esclusivamente da giovani, ovvero gente che si scoccia ad aspettare 10 secondi per far caricare un video sul proprio telefonino. Andate a vedere la sequenza dei sacrifici umani in Apocalypto, o l’inseguimento dei Baseball Furies ne I guerrieri della notte, o il primo dialogo tra Jude Law e Julia Roberts in Closer. Per il sorpasso ci risentiamo fra una trentina d’anni.


l’unione fa la liscìa

Lo scorso mese, il regista Aurelio Grimaldi ci spiegava che «Palermo è una città allegra ma insieme molto cupa e così il dialetto è aspro, drammatico». A differenza del catanese che anche cinematograficamente è «allegro, musicale, divertente». Due ritmi diversi eppure legati da un filo sotteso. Lo scopriamo nei servizi delle prossime pagine dedicati alla liscìa (e alla sua variante palermitana) grazie alle parole degli ideatori di due pagine facebook con centinaia di migliaia di sostenitori. E tra una battuta e l’altra, La liscìa catanese e Siculopedia, diffondono un modo di essere siciliano che non ha mai visto Palermo e Catania così vicine.

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La liscìa è online E c’è un portale che la racconta

a

di Rosario Battiato

ndrea Carollo è un giovane catanese laureando in Economia Aziendale. Da un paio di anni gestisce una pagina fan che ormai è diventata il punto di riferimento social della liscìa catanese (facebook.com/lisciacatanese).

negozio o sentito per strada così per puro caso. Ho pensato: “perché non allargare la cerchia di ascoltatori e far sì che queste poche storie possano essere lette da più persone?”. Fu così che il 2 Novembre 2013 creai questa pagina, in un sabato pomeriggio normalissimo. Nel giro di quattro ore ricordo che raccolsi circa 600 likes.

In circa due anni la tua pagina ha ottenuto più di 45mila fan, ha un marchio registrato ed è effettivamente diventata, come scrivi in pagina, “il portale del catanese liscio”. Ci puoi raccontare la tua storia e come è nata l’idea di una pagina sulla liscìa catanese? Sono stato sempre abituato a “intrattenere” gli amici e parenti con storie che magari avevo vissuto all’interno di un

Il nostro magazine sta raccogliendo testimonianze dei protagonisti del mondo dello spettacolo e della cultura siciliani, inaugurando le interviste con una domanda di rito: cosa è per te la liscìa? Per me la liscìa è l’oro dei catanesi. La liscìa catanese è magica, è il modo più efficace per sdrammatizzare, per far ridere, per dire la propria in tono ironico. La liscìa

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Tradizionalmente la liscìa nasce e vive per strada, nelle conversazioni quotidiane. Quando hai deciso di portarla anche sul web, hai pensato che si potesse snaturare oppure che non funzionasse abbastanza? La liscìa come ho detto poc’anzi non nasce solo in strada, essa è insita nel catanese. La mia è stata una scommessa davvero ingenua poiché non avrei mai creduto un successo del genere. Non so se stancherà, ma posso dire che ad oggi la copertura dei miei post è di circa 1 milione di persone (Insights Facebook aggiornati al 21.09.2015)

Il tuo portale è dedicato alla liscìa catanese. Ci sono altre forme di liscìa oppure questa è una prerogativa che appartiene soltanto all’etneo? No. Secondo me la liscìa è solo catanese e io ho fatto diventare questo un marchio registrato per far sì che restasse qui. Puoi creare la liscìa ma non quella catanese. La liscìa catanese è una realtà, e come ho detto prima è made in Catania. Il catanese non è solito offendersi, risponde a tono a qualsiasi tipo di battuta seppur pesante. Mi sono reso conto che puoi discutere con qualsiasi tipo di persona utilizzando la liscìa. È un importantissimo strumento di comunicazione. Cosa vorrà fare da grande la tua pagina? La mia pagina diventerà qualcosa di grande, spero infatti che gli utenti restino sempre lì ad osservare gli sviluppi perché sto preparando qualcosa di veramente straordinario. Mi serve del tempo perché sono da solo a gestire il tutto, ho 25 anni e lavoro 8 ore al giorno oltre che essere laureando in Economia Aziendale. Stupirò quel milione di persone che crede in me e magari perché no riuscire a dare una mano a Catania tutta, nel suo sviluppo culturale e nella sua crescita.

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alosI’lled etrap artla’llad

Nella tua pagina citi spesso storie vere, o presunte tali, inviate dagli utenti. Quanta gente ti scrive in posta privata per partecipare alla pagina? Da due mesi a questa parte ho attivato anche un servizio whatsapp per facilitare gli utenti della pagina ad inviarmi quante più testimonianze possibili. Stando ai dati facebook, ricevo circa 400 messaggi al giorno e la cosa più spettacolare è che non tutti i messaggi si riferiscono a storie vere o presunte tali. Ricevo saluti, complimenti da chi vive fuori, consigli e soprattutto domande sull’etimologia di alcune parole.

C’è della liscìa

catanese nasce spontanea, senza che ce se ne possa accorgere. Nasce davanti un articolo di giornale, al bar davanti un caffè, durante una visita in ospedale. È nelle situazioni più rocambolesche e tristi in cui la liscìa trova spazio e nasce, poiché non è né cattiva, né volgare, la liscìa è sublime sottile e generosa.


Benvenuti a Siculopedia

Tutto quello che avreste voluto sapere sul siculo di Rosario Battiato

identikit di Siculopedia è di quelli importanti: oltre 110mila fan, tre gestori bravissimi in nome del cazzeggio, un libro che fa il verso benissimo a Woody Allen (compratelo, ne vale la pena) e chi più ne ha più ne metta. Abbiamo discusso con i tre fondatori come se fossero una sola persona, questo è quello che ne è venuto fuori. Poi gli abbiamo chiesto di presentarsi. Uno per uno.

ci e followers. Cerchiamo la definizione letterale nei vari dizionari quando abbiamo qualche dubbio, e poi cerchiamo di dare una definizione come se fossimo la Treccani, dando anche delle interpretazioni surreali. Per esempio, lo “scucivolo” diventa un alieno extratrinacriota mentre la “lagnusia” è un parassita che funziona come l’invasione degli ultracorpi.

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Subito tre proiettili facili. Come, quando e perché nasce Siculopedia? Nasce nel 2011 come pagina di Facebook, gestita inizialmente da Rossana Baldanza e Salvatore Grassadonia, raggiungendo in pochi mesi i 30.000 followers. In seguito è nato il sito web creato dallo stesso Salvatore. Alla squadra, successivamente, si è aggiunta anche Cettina Baldanza che gestisce il blog. In pratica si occupa dei “fatticeddi” altrui, cioè della gente che incontra per strada, sull’autobus, alla posta, raccontandoli in maniera esilarante. Dopo il sito, sono nate le app per IOS e Android (scaricabili gratuitamente). La prima programmata da Salvatore Lopez e la seconda sempre da quel geniaccio di Salvatore. Infine, il fiore all’occhiello del progetto, il libro edito da Dario Flaccovio Editore Siculopedia: tutto quello che avreste voluto sapere sul siculo ma non avete mai osato chiedere altrimenti avreste scippato lignate. Il nostro scopo era quello di promuovere e valorizzare la cultura siciliana, e soprattutto il “siculo idioma”, proponendo una traduzione aulica e ironica di alcuni termini di uso comune e facendo contemporaneamente il verso a Wikipedia. Il risultato è quello di divertirci e far divertire, in pratica “babbiare”, parlando il siculo, la nostra lingua che non dobbiamo mai abbandonare e dimenticare. Il progetto Siculopedia è impregnato di “maluchiffari”. Qualche giorno fa la vostra pagina fan ha raggiunto i 110mila fan, i vostri post superano spesso il mezzo migliaio di like e potete contare su centinaia di condivisioni per un progetto che continua a dare numeri in crescita. Come avete costruito questo successo made in Sicily? La Sicilia ormai è diventata un trend sia

per i siciliani (e non) che per residenti (e non) e noi premiamo sui tasti giusti parlando degli usi, costumi e malcostumi, vizi e virtù in cui ci imbattiamo ogni giorno, suscitando un sentimento di immedesimazione per chi ci vive, evocando invece nostalgia per chi non ci vive più. Inoltre la nostra ironia non è mai volgare, è piena di citazioni tratte da libri, film, fumetti, e utilizziamo nuovi e vecchi media modernizzando il modo di presentare la nostra lingua che, invece, ha tradizioni molto antiche. Inoltre contiamo anche di collaborazioni prestigiose come con Mago Miriddu e i Miriddu Boys che hanno realizzato a titolo gratuito i reading delle definizioni contenute nelle app, con Roberto Pizzo, attore facente parte del gruppo “Cristiano Pasca e i ricoverati”, che si è prodigato in reading dal vivo delle definizioni contenute nel libro Siculopedia. Lo scorso settembre l’intero gruppo dei “Ricoverati” ha realizzato presso il Nautoscopio a Palermo un vero e proprio show con protagonista Totuccio e le definizioni di Siculopedia in occasione anche della presentazione del booktrailer. Con l’attore Marco Manera e la speaker radiofonica Sofia Muscato che ci hanno accompagnato alla presentazione a Favara presso il meraviglioso palazzo Cafisi, e infine Alvise Salerno, anche lui speaker radiofonico, che ha fatto da moderatore alla presentazione di Siculopedia presso la bellissima Focacceria di San Francesco. Quest’ultima ci ha anche coinvolto per la festa dei suoi 180 anni. Qual è la miscela di studio e creatività che mettete nella costruzione dei vostri post? Si parte dai termini che ci vengono in mente o ci suggeriscono parenti, ami-

In Sicilia orientale, soprattutto nella zona etnea, esiste la cosiddetta liscìa che è una formula per raccontare quanto poco si prendano sul serio i catanesi nel loro quotidiano e in generale quanto poco serio sia il loro approccio nei confronti della vita. Esiste un termine equivalente nel palermitano? Credo che il corrispettivo di “liscìa” sia “sivo” o “scimunito ‘nta panza”, quello status psicofisico che colpisce il siculo improvvisamente e senza motivo e che lo trasforma in “Jena Ridens”. Ci parlate di Totuccio e del suo viaggio “semiologico ed etologico” nell’Isola che avviene nel vostro libro “Siculopedia”? Totuccio è il siculo medio, sposato con Rosalia. È rappresentato come un palo di fico d’india dotato di occhiali e coppola. È un “omo di panza” nel senso che gli piace mangiare, è un “omo lagnuso” perché gli piace dormire. Nel libro lo osserviamo nei vari ambiti sociali e familiari: nella famigghia, tra gli amici, durante il tempo libero (“maluchiffari” e “fissiamento”), mentre è in “ammore”. Descriviamo il suo processo comunicativo soprattutto con l’icona della comunicabilità rappresentata dalla “stracchiola” che fa “curtigghiu”. Tra le definizioni più lette nel vostro sito ci sono “gli innumerevoli utilizzi del termine minchia” e gli “stadi della relazione amorosa sicula”. Ma quali sono le definizioni preferite dai creatori di Siculopedia? “Lagnusia”, prima di tutto (ed è anche tra le prime definizioni create e pubblicate), e per un tocco intellettuale, “le cinque categorie sciasciane secondo Siculopedia”. Che rapporti avete con gli utenti della pagina?

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Con gli utenti abbiamo un rapporto di complicità ed empatia. Spesso ci suggeriscono termini o ci raccontano situazioni divertenti. Sulla stessa definizione ci danno le varie interpretazioni a seconda della zona di origine. Lo scorso dicembre abbiamo lan-

ciato una sorta di contest per Santa Lucia: abbiamo chiesto di mandarci foto delle arancine (per noi si declinano al femminile, non ce ne vogliate) preparate, cucinate e mangiate dagli utenti. Ci sono arrivate foto da tutta Italia e anche dall’estero, di siculi che,

nonostante la distanza, hanno voluto ricreare una tradizione tipicamente trinacriota. È stato bellissimo ricevere foto dai vari angoli del mondo e condividere questa festa tutti insieme. Le barriere si sono infrante e ci siamo sentiti tutti più vicini.

stati caratterizzati dal mio impegno nella gestione dell’Auletta Studenti di Ingegneria e della sua community virtuale, lì mi sono fatto le ossa. Oggi mi diverte condividere le definizioni di Siculopedia sui social network introdotti dai miei stati d’animo del momento. da sx a dx: Cettina Baldanza, Roberto Pizzo (reader), Salvatore Grassadonia, Rossana Baldanza

I tre della Siculopedia Rox, scrive la maggior parte delle definizioni e ha disegnato le illustrazioni del sito

Rossana Baldanza, classe 75, nata a Palermo e con profonde radici madonite. La voglia di narrare tramite parole e immagini hanno sempre accompagnato la mia infanzia e i miei studi. Così, mi sono laureata in Scienze Politiche indirizzo sociologico ma con una tesi sul fumetto, sociologia e comunicazione. Invece di fare un bel master post laurea in Economia e Finanza, ho frequentato un corso regionale di “arti sequenziali” organizzato dalla Grafimated Cartoon, ora Scuola del fumetto di Palermo. Invece di fare concorsi pubblici, mi sono letteralmente gettata nel mondo del fumetto e delle fiere pubblicando per “Cronaca di Topolinia” due serie di fumetti: “Avatar” (mia anche l’idea e il soggetto) e “Sol Mirror”. Non contenta, ho seguito anche

un breve stage formativo sulla sceneggiatura con Carlos Trillo (sceneggiatore argentino creatore di Cybersix e Loco Chavez). Mi mancava solo di conquistare il mondo di internet, e grazie a Siculopedia, sono intanto riuscita a conquistarne un gradino. Sal, braccio informatico, webmaster del sito e animatore della pagina

Salvatore Grassadonia, l’unico “masculo” del Siculopedia Team. Alla tenera età di 6 anni riuscì a far funzionare quell’aggeggio infernale che mio padre aveva appena acquistato (una stampante ad aghi) e fu chiaro cosa sarei “dovuto” diventare. Dopo anni di esperienza come tecnico in un negozio di computer (finalmente) mi laureo in Ingegneria Informatica nel 2009, abbandono l’assistenza tecnica per la programmazione e la creazione di siti web. I tempi dell’università sono

NON è MAI

TROPPO CORTO

UN FESTIVAL

SOTTERRANEO

aLLA RICERCA DI TALENTI di Diana Dolisi 008

Cet, blogger, scrive piccole avventure tipicamente sicule che le accadono nel quotidiano

Cettina Baldanza, mi occupo principalmente di descrivere nel blog e sulla pagina ciò che vedo e sento intorno a me, praticamente è un modo diplomatico di dire che mi faccio i “fatticeddi di l’avutri”… Ho fatto il liceo classico e mi sono laureata in Scienze Politiche a indirizzo internazionale, posso quindi dire di avere una cultura ad ampio spettro che mi permette di fare le parole crociate più difficili e di essere un genio a ruzzle. Sin da piccola i miei genitori mi hanno incoraggiata a leggere fumetti, libri gialli e di fantascienza. Ciò ha scatenato la mia già fervida immaginazione. Con la surèla Rossana siamo molto legate. Il nostro simile background culturale ci tiene in sintonia e ci aiuta a scegliere le cose da pubblicare che ci fanno più ridere. Lo spirito del cazzeggio alberga in me nonostante la mia (???) età. Spero per la mia sanità mentale, poiché faccio tutt’altro lavoro (sono impiegata in una società finanziaria), non mi abbandoni mai.

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n viaggio tutto di cinema speciale, “sotterraneo”, bello. “Piccole storie” che mettono in scena la commedia della vita, raccontano questi e altri tempi, e strappano sorrisi, turbano e disturbano, piegano alla riflessione, emozionano, trascinano corpo e mente. L’autunno è la sua stagione, fatta di chiaroscuri e ombre a tratti soleggiate, ed è con un giorno di proiezioni in più che giunge alla sesta edizione. Si presenta così Non è mai troppo corto, Festival dei corti underground, organizzato dall’associazione culturale CineToutCourt in collaborazione con Cinestudio di Catania. «Il nostro festival prende forma da un sogno – spiega il


LA BUGIA BIANCA: un film di Filippo Grasso che porta la bosnia in sicilia

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iovanni Virgilio è un giovane regista che si è già cimentato con i corti Damiano – al di là delle nuvole iniziano i sogni e My name is Sid. Il 22 ottobre sarà nelle sale il suo primo lungometraggio, La bugia bianca. Il tuo film si sviluppa lungo due direttrici. C’è la grande storia (la guerra che ha dilaniato la Bosnia Erzegovina tra il 1992 e il 1995) e la storia personale di Veronika. Io parto sempre dalla vita per fare i miei film. Chi non può asserire che la vita di ognuno di noi non cammina su varie direttrici? Chi non può asserire che dobbiamo mettere i piedi su due binari per andare avanti nel nostro cammino? Anche Veronika cammina con un piede sul binario sinistro e uno sul binario destro, segue una direttrice di vita normale e l’altra che che fa i conti con il passato, con una guerra che ha segnato una generazione e ha lasciato segni enormi, solchi, piaghe. Lo stupro, la violenza, sono già dei crimini, ma se dallo stupro nasce un figlio il crimine diventa mostruoso, soprattutto se devi crescere senza sapere mai la verità.

In fin dei conti, cos’è la bugia bianca? La bugia bianca è un film molto neorealista (anche se tocca temi del passato) è il mostro che si cela dentro le nostre famiglie, la facciata di una vita diversa da quella che diamo a vedere. La storia ci insegna che dietro la famiglia del mulino bianco si celano mostri a sette teste o verità che devono stare nascoste. In questo caso la bugia “bianca” è una bugia detta a fin di bene, ma capirete meglio andando al cinema. Ci racconti quanto può essere difficile ottenere i finanziamenti adatti per realizzare un film e farselo distribuire in Italia? Io sono la persona meno indicata per parlare di finanziamenti all’industria cinematografica, pur avendo partecipato a bandi e a festival importanti come la 68^ Mostra internazionale del cinema di Venezia. Confido nel futuro per averli. Il tuo lavoro è ambientato in Bosnia, ma dove è girato? Vi stupirà, ma noi non siamo mai andati in Bosnia. Con l’aiuto dell’Accademia di Belle Arti di Catania e la supervisione di Paky Meduri (che ha abbracciato un progetto povero) abbiamo ricostruito la Bosnia in Sicilia.

Quanto può essere utile creare una filiera per le attività cinematografiche nell’Isola? Le filiere sono la linfa vitale dell’industria cinematografica, specialmente l’industria siciliana che è zeppa di finanziamenti e di imprenditori siciliani che sostengono il cinema, solo che il malcostume rende queste filiere soltanto dei depositi di giovani che non vengono pagati. Penso che si possa fare una o due volte un film senza soldi, senza budget, ma non deve diventare una regola. Perché girare un film in Sicilia? Abbiamo voluto realizzare un film di qualità girato in Sicilia ma che non parlasse di mafia. E questo forse è uno dei pochi casi in cui questa terra diventa soltanto il meraviglioso set naturale che tutti conoscono, dove si possono costruire scenari differenti. Inoltre abbiamo voluto dimostrare che ci sono maestranze professionali preparate, che non hanno niente da invidiare ai colleghi del nord. I nostri giovani hanno ricostruito oltre 1200mq di scenografie tra interni e esterni. Certo alcune figure mancano, ma siamo a un buon punto. Fermarsi sarebbe inopportuno e significherebbe sprecare ciò che di buono è stato fatto.

MovExtra Per l’intervista video al regista Move in Sicily moveinsicily.com /magazine Giovanni Virgilio

direttore artistico Alessio Armiento –: mettere su un “contro-circuito” per autori, produttori e distributori indipendenti che sperimentano e per tutti quegli spettatori che hanno voglia di vedere cose nuove sul grande schermo. L’underground non definisce tanto un genere ma esprime la voglia di dare spazio a opere diverse, “fuori orario”, che tentano l’impossibile, siano esse commedie, documentari, fiction, animazione. Il cortometraggio poi si rivela il “formato” più adatto alla ricerca estetica e narrativa, che rischia e vive il cinema come un laboratorio. I festival, ormai innumerevoli sia a livello nazionale

che internazionale, hanno il merito di dare luce ad opere che difficilmente arriverebbero nelle sale. Sono tanti i corti che partecipano ogni anno al bando e tanti di qualità al punto di mettere qualche volta in difficoltà lo staff di selezione e le giurie. Opere italiane come pure provenienti da altri Paesi, molte già selezionate da prestigiosi “concorrenti”, da Venezia a Cannes. Film in cui gli spettatori scoprono spesso grandi attori come Valerio Mastandrea, Gianni Cavina, Ivan Franek, Ninni Bruschetta, Alessandro Haber, Erika Blanc, Roberto Citran. E anche quest’anno ne scoveranno qualcuno».

L’edizione 2015 7,8,14 e 15 ottobre al cinema King di Catania La giuria dell’edizione di quest’anno, presieduta da Alberto Surrentino, esercente e responsabile della programmazione del cinema King, Arena Argentina e del Cinestudio di Catania, è composta anche dal giornalista Emanuele Grosso, dal regista Carlo Lo Giudice e dall’attrice Lucia Portale.

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Visconti ci prese per mano

Le sorelle Giammona e La terra trema di Marco Tomaselli

irca due anni fa, l’associazione culturale La Rete degli Spettatori ha inserito La terra trema di Luchino Visconti tra i cento film italiani “da salvare”, soprattutto da proporre nelle scuole accanto allo studio della letteratura tradizionale. Un alloro ulteriore, utile a rispolverare il riconoscimento veneziano del 1948, quando l’archetipo della fortunata stagione neorealista italiana fu premiato per il carattere innovativo del suo stile. A ricordare quei momenti irripetibili, Agnese e Nelluccia Giammona o, se preferite, Mara e Lucia Valastro: «Non è facile esprimere a parole la soddisfazione di aver partecipato al Festival del Cinema di Venezia, un qualcosa di enorme, lo abbiamo capito subito. Ricevere i complimenti di Anna Magnani, le sue domande, ci sembrava di essere dentro a un altro film». In Italia sono state tra le prime attrici non professioniste ed è forte la curiosità di conoscere la loro storia, di limitarsi all’ascolto: «Nel dopoguerra, come puoi immaginare, Acitrezza era una terra poverissima, dove l’unico pensiero era portare a casa la giornata e riuscire a sfamare la propria famiglia. Non c’erano altri obbiettivi. Noi avevamo la fortuna di avere una piccola osteria familiare, dove preparavamo quel che si poteva, una cucina molto modesta, oggi si direbbe casereccia. Un giorno Luchino Visconti è venuto a mangiare qui da noi insieme alla sua troupe, tra i quali figuravano due giovanissimi Franco Zeffirelli e Francesco Rosi. In verità, non sapevamo chi fossero, ma si capiva dal vestiario e dai modi raffinati la loro eccezionalità,

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soprattutto in Visconti». Ragionando con i parametri attuali, si pensa subito ad una caccia disperata alla parte, alla comparsata, alle file chilometriche fuori dal set: «La nostra osteria era diventata subito un punto d’appoggio quotidiano per la troupe, quindi per il regista fu naturale chiedere informazioni su noi due: i nostri volti e il nostro modo di fare, ci disse successivamente, erano perfetti per interpretare le due sorelle di ‘Ntoni e per più di un mese corteggiò i nostri genitori, che si convinsero, nonostante le forti perplessità, perché era veramente difficile negarsi a Visconti. Il nostro primo giorno di lavoro è rimasto indimenticabile, ma non nel senso che puoi immaginare: eravamo osservate e chiacchierate da tutto il paese, e non volevamo uscire di casa. Ci ha convinto Visconti, prendendoci per mano». Non ci sono tentennamenti nell’indicare il tratto più evidente della personalità del regista: «La sua esigenza. Gli bastava davvero poco per preparare una scena, ricordiamo ancora i momenti in cui stava seduto in osteria tenendo gli occhi chiusi per organizzare mentalmente le riprese. Se qualcosa andava storto, erano sempre Zeffirelli e Rosi a pagare per primi». Il film si realizzò tra alterne vicende e nel campo cinematografico rappresenta un autentico compromesso storico con una coproduzione catto-comunista, che da sola non basta a spiegare la portata rivoluzionaria del film: «Ha mostrato con sincerità lo sfruttamento dei più poveri. Se questo significa essere comunisti, lo siamo anche noi. Rimane il periodo più felice della nostra vita e ricevere ancora attestati di interesse e curiosità ci rende orgogliose di quel che abbiamo vissuto».

Foto di Rosario Lupo

Per la scheda critica del film curata da Sebastiano Gesù e le immagini delle location de La terra trema visita il nostro sito moveinsicily.com/magazine oppure scarica l’app di MovieInSicily


era la voglia di fare un festival che ci raccontasse, che si facesse portavoce di un messaggio “rigenerante” per noi, per il contesto in cui viviamo». A rivelare l’esigenza da cui nasce Rigenera, un appuntamento che proprio alla fine di settembre è giunto alla sua sesta edizione, è stato il suo ideatore e direttore artistico Salvo Dub. “Rigenera – leggiamo nella presentazione – si preoccupa dell’elaborazione di un programma d’azione legato alla sensibilizzazione della collettività verso l’ecologia, verso uno stile di vita consapevole in rapporto al rispetto ambientale”. Si cominciò proprio sei anni fa quando «il primo leit motiv è stato quello del “vuoto a perdere” – ricorda Salvo –, della necessità di rigenerarlo, appunto: ridare vita, senso e identità quasi come dare una speranza, una soluzione. E, se lo si fa da un palco davanti a un microfono quando migliaia di persone ti ascoltano, è il massimo». Un progetto in continua e costante espansione perché «ogni edizione – ci racconta – ti accorgi che manca qualcosa e ci lavori già per l’anno dopo: è stato così quando mi sono reso conto che servivano più contenitori per la raccolta differenziata, quando abbiamo distribuito decine e decine di posacenere, quando era arrivato il momento di puntare sulla comunicazione, per arrivare alla condivisione del progetto». Azioni concrete supportate da un processo di sensibilizzazione: «ogni anno un passo in avanti, un messaggio da divulgare, un pubblico sempre più consapevole ed esigente, che – per fare un esempio – dà per scontato che al Rigenera si faccia la differenziata e che sa che per le cicche di sigaretta ci sono i posacenere, e li cerca piuttosto che gettarle per terra. Questa è un’azione rigenerante». L’ultima edizione, che ha visto l’apertura del festival con Mamiwata Soru, una performance di Tamburi Baga del corso di arte africana di Carlo Condarelli (Ipercussonici) a La Terra di Bò, ha avuto in programma, tra le altre cose, le esibizioni di

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rigenera

IL FESTIVAL CHE SI RINNOVA NEL SEGNO

DELL’ECOLOGIA di Edoardo Amore

Swingrowers, Bundamove, Baciamolemani, Liberadante, Babil On Suite, Nigga Radio. Il festival, che si è sviluppa-

to in lungo e in largo tra riuso, fotografia, letture e solidarietà, ha vissuto quest’ultima edizione nel segno del tema portante Ecologia della parola per combattere l’inquinamento mediatico e stimolare la pulizia del pensiero. Anche in questo campo Rigenera ha voluto dare l’esempio, presentando il secondo numero di Rigenera Press «pensato come giornale di denuncia, ma con la voglia di trovare sempre una soluzione, oggi riunisce menti e “penne” desiderose di contribuire all’approfondimento dei temi sull’ambiente, ognuno dando la chiave di accesso al proprio mondo: che sia arte, musica, cinema, libri, cucina, sport».

Salvo Dub

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Così nasce una chitarra

L’ANTICA ARTE DELLA lIU a

nastasio Fasanaro ha cominciato a costruire chitarre elettriche quando aveva quindici anni. Una carriera lunga vent’anni e destinata a durare ancora per molto. Oggi è uno dei più importanti artigiani del settore e proprio a lui ci siamo rivolti per cogliere i segreti di questa arte antica.

Chi era Anastasio Fasanaro? Da sempre sono stato un grande appassionato di musica, soprattutto della chitarra, anche se ho suonato pure il pianoforte. Intorno ai quindici anni mi sono appassionato alla chitarra elettrica che poi è diventata la mia prima attività. Questa passione è stata la spinta per cominciare a costruire il mio primo strumento. All’inizio è stato soltanto per piacere e per necessità, perché volevo una delle chitarre a punta che si utilizzavano in quei tempi, e non potendomela permettere, perché costavano molto e ne arrivano poche, me la costruì semplicemente con delle tavole e dei legni di risulta di un muratore, un coltellino, un seghetto alternativo. Come suonava? Male, era orrenda. La prima volta, non

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sapendo come verniciarla, ho avuto la felice idea di utilizzare una bomboletta classica.

Da quegli anni la situazione è decisamente cambiata. Oggi cosa fai? Sono un artigiano che da vent’anni si occupa di chitarre e di liuteria strettamente connessa agli strumenti a pizzico, anche se ho fatto qualcosa sui contrabbassi, qualche riparazione. La chitarra resta il centro del mio lavoro così come il basso elettrico che ne è una derivazione moderna. La costruzione elettrica è stata la mia prima occupazione fino a qualche anno fa, da cinque anni a questa parte mi sto occupando anche di chitarre classiche. Una scommessa affascinante, una ricerca difficile, interessante. Sono contento e soddisfatto del lavoro svolto finora, però devo ancora continuare a studiare, ad approfondire e sperimentare molto. In questo tuo lungo percorso di miglioramento e sperimentazione hai affrontato anche l’impatto con il web. Cosa è cambiato? Con internet è molto più semplice, siamo agevolati. Però non è tutto così lineare, perché il web alimenta confusione, non c’è una stretta conoscenza da parte degli addetti ai lavori. Alcu-

ni appassionati sono competenti, ma nella media c’è molta confusione, molti siti e blog dove non sempre si scrive in maniera oggettiva. Un ambiente decisamente diverso rispetto a quello che produceva le riviste di settore che leggevo io vent’anni fa. Se parliamo di liuteria catanese dobbiamo citare il maestro Scandurra. Rappresenta la storia della liuteria catanese. Sono un allievo orgogliosissimo del maestro Scandurra che mi ha cresciuto, mi ha dato la possibilità di conoscere i più grandi liutai del mondo e alcuni dei più importanti chitarristi classici. È stato lui a convincermi a iniziare a costruire chitarre classiche. Grazie ai suoi insegnamenti i risultati sono stati positivi, ma rimare il mio amore per le chitarre elettriche e per il basso elettrico.

Cosa rappresenta nella storia della liuteria? Il maestro Scandurra è considerato uno dei più grandi al mondo, une verità attestata anche da importanti riviste di settore, sia nazionali che europee. La liuteria catanese era figlia della grande quantità, mentre il maestro ha fatto una scelta diversa, rivoluzionando alcune tecniche costruttive e fa-


UTERIA CATANESE cendo uno strumento modernissimo e tecnicamente complesso. Le prime nozioni le ebbe da Olivieri, un altro grande della liuteria catanese, poi cambiò completamente strada.

chitarra debba essere contestualizzata perché costruiamo nella nostra contemporaneità e per chi vuole costruire uno strumento ha senso dare l’impronta del proprio tempo.

Qual è la tua scelta costruttiva e cosa dà il marchio a un tuo strumento? A me non piace il concetto di creatività senza avere delle basi, ma d’altro canto voglio che i miei strumenti abbiano una certa personalità. Cerco di trovare questo equilibrio e non di non inventare e basta. Uno strumento non deve essere un’opera d’arte, sebbene lo possa diventare quando assieme al musicista si crea quell’alchimia. Lo strumento deve avere delle idee costruttive che servono al musicista per esprimersi nella migliore maniera possibile. Io non voglio fare uno strumento moderno e fine a se stesso, ma voglio poterne migliorare le caratteristiche con i materiali. Ad esempio per la verniciatura utilizzo una tecnica mista che mi permette di lavorare sui legni per renderli il più possibile leggeri, senza lasciarli intrisi di vernice. Adesso studio le vernici ad acqua, meno inquinanti e meno tossiche. Rispetto chiaramente chi utilizza le tecniche antiche anche per dare senso a una ricerca storica, ma credo che la

Ci racconti come nasce una chitarra? È tecnicamente più semplice costruire una chitarra elettrica, ma se le cose le devi fare bene è comunque un’operazione altamente complessa. Il body è un pezzo di legno intero, massiccio. Si parte da un corpo solido, si taglia e si iniziano a fare gli scassi e le fresature per l’alloggio del manico e dei pick-up. Poi si posiziona il ponte e si ricava l’alloggio per l’elettronica, dove vanno i potenziometri e il resto. Quindi si passa alla rifinitura generale e si comincia a mettere in verniciatura. L’ordine non è esattamente questo, ma è soltanto per semplificare. E il manico? Resta la parte più complessa. Intanto si taglia il pezzo dal quale di decide di ricavarlo e da lì si taglia il profilo e poi si fanno la fresature per alloggiare la truss rod, la barra di acciaio che serve a contrastare la tensione delle corde. Questa è una fase molto delicata, perché tutto deve essere ben calibrato. Successivamente si applica la tastiera

di Filippo Grasso

e poi si compie la rifinitura di questi accoppiamenti, quindi si mettono i tasti e si fa prima la curvatura. Anche l’inserimento dei tasti è un passaggio da attuare con particolare cura, perché bisogna rispettare alcune quote e non bisogna mai forzare. Anche da questo si definisce la qualità futura della tastiera. Dopo la definizione laterale dei tasti si passa alla verniciatura. C’è una mano a tampone e poi delle mani e spruzzo. Per chiudere ti chiediamo un nome. Il musicista che ti ha dato più soddisfazioni? Tra i miei clienti, che poi spesso diventano amici, ci sono tanti professionisti di altissimo livello. Cito con piacere Massimo Moriconi, il bassista che lavora con Mina, e che vanta un curriculum veramente straordinario.

MovExtra Per l’intervista video ad Anastasio Fasanaro Move in Sicily moveinsicily.com /magazine

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Carlo e Fabio Ingrassia

Fenomeno d’accelerazione e autosufficienza del segno

di Alex Munzone assenza, la delineazione del tratto e la negazione della continuità del segno si tramutano per i gemelli Carlo e Fabio Ingrassia in constatazioni, tragitti espressivi preordinanti dove inserire il senso del loro lavoro complessivo. La coppia tramuta la volumetria della scultura e del tratto in profonde dissolvenze, dove le velature e la grammatura dei grigi, che si traducono in colori, creano un linguaggio finalizzato alla sottrazione. I lavori procedono a quattro mani; grazie infatti alla loro predisposizione naturale ad essere l’uno mancino e l’altro destrorso traducono, in un percorso segmentato ma complessivamente plastico,

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un’andatura formale che si sviluppa sullo stesso supporto e che produce un gesto finalizzato, creato su misura. Il risultato conseguito ricalca un’incessante ricerca di immagini mentali che si sintetizzano in un’unità di uno o più colori, tramutandosi in sorta di membrana pittorica diafana. I due artisti seguitano a tradurre l’atto generatore in frammenti bidimensionali consecutivi, così come si traslerebbero nello spazio reale. Loro stessi definiscono tale processo programmatico come un “fenomeno d’accelerazione”, dove la collisione del vicino e del lontano risulta essere annichilimento delle dimensioni e dei numeri. La sintesi tradotta nell’enucleazione dei loro progetti potrebbe accostarsi al concetto spazio-temporale; prendendo la

simmetria di più pianeti, essi seguono un moto ripetuto, distanti l’uno dall’altro sembrano non appartenersi, non corrispondersi, ma rispetto al tessuto, alla membrana spazio-temporale, ogni movimento dell’uno, corrisponde al senso dinamico dell’altro in quanto disposti sulla stessa superficie fisica, qualsiasi variazione anche la più impercettibile di uno dei pianeti, influenza il moto, la calibratura, l’equilibrio anche interno degli altri. Un effetto domino che esclude il concetto di distanza, e nega allo stesso tempo il fatto che l’avvicinamento sia fondamentalmente indotto, confermando quindi la possibilità che il segno sia non circostanziato e generato, ma che riveli una propria autonomia, che risulti essere del tutto autosufficiente.

Carlo e Fabio Ingrassia

Catania, Italia, 1985. Vivono e lavorano a Catania, Italia Mostre personali / Solo Shows: Sezioni e Polvere di Carlo e Fabio Ingrassia, 2013, Ritmo Independent Cultural Space, Catania. Mostre collettive / Group Shows: Spaces, Contexts, Habitats, 2015, Palazzo Biscari, Catania. Pianeta X, 2015, RISO – Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia, Palermo. PRE-VISIONI, 2009, Fondazione Puglisi Cosentino, Catania. Bibliografia: F. Lucifora, Pianeta X. Workshop e scansione di un panorama, in “Arte e critica”, n°80/81, inverno 2014 -primavera 2015, pp. 120-121; P. Buttafuoco, Segni gemelli, in “Arte – mensile di Arte, Cultura, Informazione”, n° 497, gennaio 2015, pp. 118-122; F. Molè, I Gemelli di Catania che dipingono insieme sullo stesso quadro, La Repubblica TV, 18 Marzo 2014. Il loro lavori sono inclusi nella collezione della Fondazione Puglisi Cosentino di Catania e nell’Esposizione Permanente del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Roma.

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Speciale Orto Bòtanico

di Milena Viani

l’orto bòtanico alla terra di bò

tutto in onore del verde


alle piante mediterranee a quelle tipiche siciliane, dalle piante fitoterapiche alle aromatiche, per finire tutte nel grande giardino delle piante astrali, quelle che con le loro caratteristiche ci raccontano l’influsso potente degli astri sulle forme ed essenze del nostro pianeta.

d

Il progetto dell’Orto Bòtanico è nato nel fermento delle tante proposte e idee della Terra di Bò, con la voglia di lasciare un dono della terra alla stessa terra, lasciare memoria degli artisti, attori, letterati, musicisti che in qualche modo hanno avuto a che fare con questa Sicilia, terra che muta attraverso le sue stagioni. Quale modo migliore per fare questo, se non piantare. Le menti si sono intrecciate e da un suggerimento ne sono nati mille altri tutto a rappresentare perfettamente la rete che collega ogni cosa. Proprio dall’idea di “connessione” e di “rete” abbiamo scelto di dare all’orto Bòtanico la forma di un neurone con i suoi mille collegamenti o di una ragnatela con i suoi punti nodo o di una spirale/chiocciola perché ci piace andare lentamente. Dall’idea dell’Orto alla realizzazione dell’Orto il passo è stato breve, e una squadra intera a lavoro a disegnare sentieri, progettare archi, scavare fossi, interrare piante, collocare istallazioni. Ogni pianta ha il suo posto, è dedicata a qualcuno, ha le sue caratteristiche e le sue proprietà e insieme a tutte le altre ricorda una delle caratteristiche principali della natura: la biodiversità, di cui è ricco il nostro pianeta. I lavori all’Orto Bòtanico sono in continua evoluzione, come la stessa Terra di Bò: tutto in natura cresce, si evolve, si trasforma. Tutto è in continuo mutamento. “Terra” come humus, “Bò” come il guizzo d’inconsapevolezza che accompagna il nostro esistere, spesso incoscienti del naturale mutamento. Come i semi che mutano in altro perché hanno già scritta la direzione del loro mutare, eppure interagiscono con l’ambiente che può modificare il loro stesso cambiamento. L’orto Bòtanico nasce dentro la natura e i suoi ritmi, vuole essere giardino d’incontri, stanza dei pensieri lievi, parco per i giochi naturali, palcoscenico di piacevoli eventi, sentiero per un viaggio nelle arti, aula didattica all’aperto dove Natura e Cultura s’incontrano. La sua struttura neuronale ci ha permesso di creare delle sezioni al suo interno dedicate ai vari ambiti delle arti: letteratura, filosofia, teatro, cinema, musica, danza, pittura-scultura. Ogni sezione accoglie e accoglierà le piante dedicate ai praticanti di quella specifica arte e che in

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qualche modo hanno avuto una genesi o un approdo in Sicilia. Una visita all’Orto Bòtanico può avere diversi approcci: è un modo per entrare pienamente dentro la natura, dove le stagioni c’insegnano che tutto cambia, passa, eppure tutto ritorna, un modo per conoscere la sua “naturale diversità” e capacità d’interazione. È un modo per entrare “dentro” la rete della vita dove tutto è interconnesso e anche il più piccolo essere è un pezzo ben incastrato di questo perfetto ingranaggio che è la natura. Può essere un viaggio alla scoperta della pianta e della sua immagine cosmica, della sua capacità di dialogare con i pianeti, delle sue proprietà e funzioni. L’Orto Bòtanico vuole essere anche un campo-laboratorio dove incontrare la sensibilità e l’intelligenza del “pianeta verde”, perché molti studi sono stati fatti dal punto di vista botanico sul mondo vegetale, ma troppo pochi sulle sue capacità sensibili e intellettive, eppure esistono centinaia e migliaia di prove a dimostrare l’intelligenza e l’intenzionalità del mondo vegetale. Pare addirittura che il verde possieda un’intelligenza di sciame che procura alle piante comportamenti simili a quelli di uno sciame di api o un banco di pesci o uno stormo di uccelli. Non c’è tanto la voglia di dimostrare qualcosa, quanto quella di sperimentare con le mani nella terra. In fondo le piante potrebbero benissimo vivere senza di noi, noi invece senza di loro ci estingueremmo in breve tempo. Nell’impermanenza c’è scritto il nostro progetto. Terra di Bò è un progetto di Natura Sicula. Più che mai, la natura sicula ha la caratteristica dell’impermanenza. Il vulcano ci ricorda che tutto ribolle, che tutto può essere distrutto e rinascere, tutto può essere trasformato dal fuoco. Le dominazioni ci ricordano che tutto muta eppure tutto sembra uguale per secoli.

chi è

milena viani Pedagogista di Terra e Referente del Progetto Terra di Bò. Per info: info@laterradibo.org cell.3473861344

MovExtra Per le altre puntate sulla presentazione dell’Orto Bòtanico Move in Sicily moveinsicily.com/magazine

Illustrazioni: © Milena Viani Photo credit: © Martina Distefano

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il senso del viaggio è camminare

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Da Capo Peloro a Capo Passero per riscoprire l’Isola

di Filippo Grasso

C’è un viaggio che si compie a ritroso, senza preoccuparsi dei tempi di scoperta. La Via del Mito, il cammino che collega Capo Peloro e Capo Passero, le due punte nord e sud della Sicilia orientale divise da 224 chilometri, è un’esplorazione nel passato per riportare alla luce splendori e storie del territorio. A compiere questo percorso, rigorosamente a piedi, sono Michele Mondello e Angelo Robino, che conquisteranno i luoghi del mito riscoprendo «antiche vie di comunicazione e percorrendo strade sterrate – si legge nel testo di presentazione dell’iniziativa –, sentieri veri e propri, fino a qualche decennio fa ancora quotidianamente frequentati e usati dai viaggiatori di tutte le nazioni, dai contadini, e dai pastori per la transumanza delle greggi». In un ideale intreccio tra passato e nuove tecnologie, i due esploratori degli antichi percorsi condivideranno online le informazioni raccolte: appunti di viaggio, luoghi di interesse storico, artistico e archeologico e posti migliori dove mangiare e pernottare in un buon rapporto qualità-prezzo. In questo modo si creerà quello che definiscono un “bene culturale collettivo” promuovendo anche in Sicilia nuove modalità di godere del turismo lento e responsabile. «Il termine camminare – racconta Michele a Move – ha molteplici significati intrinseci, non solo metaforici. Vuol dire andare lentamente ma anche, e soprattutto, con consapevolezza; consapevolezza dei propri passi e della direzione nella quale si sta procedendo, con la costante opportunità di perdersi per ritrovare la giusta via, ma anche consapevolezza dei luoghi che si attraversano». Non si tratta soltanto di cogliere i dettagli che altrimenti sfuggirebbero, ma c’è anche la necessità più banale eppure tanto concreta di conoscere il luogo in cui si vive. E nei luoghi ci sono le persone. «Chi ti saluta da lontano con un cenno della mano, chi con espressione incredula ti guarda

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in silenzio osservandoti fino a quando non scompari all’orizzonte, e chi con tutta franchezza ti dice: “Ma cu ta fa fari?”. La maggior parte delle persone però ti vuole dare un aiuto. Ringrazio di cuore tutti quelli che mi hanno aperto le porte di casa, accogliendomi e offrendomi un riparo per la notte e un pasto caldo, senza volere nulla in cambio». E proprio nelle intersezioni tra i luoghi e le persone che poi si accendono le storie e leggende popolari che tanto ognuno «racconta a modo suo, arricchendole con la propria fantasia di episodi epici e straordinari». Per il viaggiatore è, così la definisce Angelo, una cura da cavallo contro lo stress. «Qui non si tratta di una passeggiatina ai giardinetti per digerire il pranzo luculliano della domenica, qui devi camminare per 1520 km al giorno tutti i giorni, per una settimana, 15 giorni o un mese, fino a quando non ti sarà passato lo stress». Durante il racconto del viaggio, scaturisce quasi naturalmente un consiglio per i nostri lettori che vorranno cimentarsi nel percorso che sarà documentato su ammappaitalia.it. «Finora il paesaggio che più mi è rimasto nel cuore e nella mente è quello delle aspre e quasi selvagge creste dei Peloritani, abbracciate dalle verdi vallate che accolgono nel loro fertile grembo i piccoli borghi. Ma direi che tutto l’itinerario è uno spettacolo di natura e cultura. Dalla maestosità e potenza dell’Etna, alla fecondità accogliente degli ambienti fluviali. Tra questi la Valle dell’Anapo è davvero incantevole». Il cammino continua. Michele e Angelo, che abbiamo intervistato alla fine di settembre, si preparano alle prossime tappe che da Noto portano a Capo Passero, attraversando l’oasi di Vendicari. Ma i due non si fermeranno certamente qui. «In futuro – ci spiega – mi dedicherò ad “ammappare” un’altra zona della Sicilia. Per ora invito tutti a mettersi in cammino sulla Via del Mito».


Cos’è Ammappa l’Italia Ammappa l’Italia è un blog collettivo, il che significa che ognuno di noi può, iscrivendosi, partecipare alla sua lenta costruzione. L’argomento che tratta è la percorribilità a piedi del territorio italiano. In che modo lo fa? Semplicemente mettendo a disposizione di tutti la descrizione dei percorsi che ognuno di noi conosce. Così come Wikipedia è un’enciclopedia del sapere costruita da utenti di ogni parte del

mondo, così Ammappa l’Italia è un’enciclopedia, libera e gratuita, dei sentieri, delle strade bianche, delle mulattiere, che solo le persone del luogo conoscono e che, condivisi, permettono di organizzare anche trekking di più giorni per le campagne italiane e di passare da un paese all’altro senza necessariamente comprare libri di sentieristica (spesso difficilmente acquistabili se non in loco).

Cos’è la Via del Mito «La Sicilia intera è caratterizzata da leggende legate ai luoghi o a personaggi illustri, ma è soprattutto nel tratto di costa compreso tra Capo Peloro e Capo Passero che il Mito diviene elemento fondante dell’identità locale». Lo scrivono Michele e Angelo nella loro dettagliata presentazione del progetto che riporta le 53 tappe previste, distribuite tra l’inizio di settembre e la fine di ottobre. Non poteva esserci nome migliore, quello del mito, per identificare un cammino isolano che ha un corpo intessuto dai vari Scilla e Cariddi, Colapesce, Ulisse e Polifemo, Aci e Galatea, Arethusa e Alfeo, il dio Efesto con la sua schiera di ciclopi forgiatori. «La storia di un popolo che si identifica con il proprio territorio – si legge nel documento dei due camminatori –, ma anche con il proprio mare, fondendosi in esso». La Via del Mito vuole essere il racconto itinerante di questa storia come una sorta di “viaggio nel tempo e nella memoria del popolo siciliano”. E per ogni luogo c’è un mito che ispessisce il valore del viaggio: «da Scilla e Cariddi, metafora delle derive, degli approdi, dei vortici che ora mandano a fondo il viaggiatore, ora lo riportano a galla, avvinghiandolo sempre nelle spire dell’incertezza, all’Isola delle Correnti di Capo Passero, luogo leggendario dell’approdo del valoroso eroe troiano Enea; dagli amori sofferti e rubati di Arethusa e Alfeo, di Aci e Galatea,

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chi è

michele mondello al mistero delle Truvature nelle centinaia di grotte presenti tra i Colli Peloritani e l’Etna, la Via del Mito è un viaggio nella poesia di questi luoghi». E il tempo resta un concetto chiave di questo percorso, e non soltanto quello storico. «Camminare per tanti giorni – ci spiega Michele – inoltre cambia radicalmente il nostro rapporto con il tempo. Il tempo si dilata, quasi fino all’infinito, e contemporaneamente si comprime, compattandosi in quell’unico passo che è tutto il cammino, in quell’istante che non riusciamo più a cogliere e che invece vale una vita». E in queste parole si racchiude il segreto di un viaggio diverso. «Camminare lentamente – spiegano a Move –, interagire e relazionarsi con le comunità che li vivono, godere dei colori, dei suoni, degli odori e delle sensazioni che i luoghi ci trasmettono. Ascoltare cosa ci raccontano. È questo il segreto per sfuggire alla spersonalizzazione dei viaggi globalizzati, e per ritrovare quel desiderio di riscoperta dello sconosciuto, del diverso, che fin dall’antichità ha spinto l’uomo a mettersi in viaggio».

Responsabile del progetto “La Via del Mito”, Michele Mondello è laureato in Promozione e Valorizzazione dei Beni Ambientali e Culturali, con una tesi sulla filosofia del viaggio, e specializzato in Management Turistico-Culturale all’Università degli Studi di Messina. Appassionato di antichi cammini e agricoltura naturale ha seguito il Cammino di Santiago (percorrendo il cammino che va da Barcelona a Santiago de Compostela) e viaggiato in vari paesi dell’Europa come socio e volontario dell’Organizzazione WWOOF Italia. La World-Wide Opportunities on Organic Farms è un’organizzazione che mette in contatto le fattorie biologiche con chi voglia, viaggiando, offrire il proprio aiuto in cambio di vitto e alloggio. Attualmente collabora con Ammappalitalia e il WWOOF alla realizzazione del progetto “VieWWOOF”.

Contatti

laviadelmito@gmail.com

/ammappalitalia www.ammappaitalia.it

Photo credit: © Angelo Robino e Michele Mondello

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Enrico Garozzo, schermidore

da acireale a kazan e oltre

di Martina Distefano

e

nrico Garozzo, classe ‘89, è uno schermidore nato e cresciuto in Sicilia, prima di spiccare il volo verso importanti e ambìti scenari internazionali. Ai mondiali di Kazan del 2014 ha ottenuto il bronzo nella spada individuale. Con lui abbiamo ripercorso carriera e passioni. Come ti sei avvicinato a questo sport? Ho iniziato a fare scherma grazie a Sebastiano Manzoni. Suo figlio Giovanni è uno dei miei migliori amici, ed essendo compagni di scuola mi ha coinvolto nella riapertura del Club Scherma Acireale con il maestro Raffaele Manzoni. Anche tuo fratello Daniele ha iniziato a fare scherma con te. Poi avete preso strade diverse, ma all’inizio eravate entrambi fiorettisti. C’era competizione? Non c’era allora e non ce n’è nemmeno adesso. A dire il vero quando mio fratello ha iniziato a fare gare io ero già passato a fare spada, quindi

non c’è mai stata una competizione diretta tra noi. Ma lui è il mio primo tifoso e io sono il suo. Per entrambi forse il primo grande risultato è arrivato ad Acireale 2008. Cosa significa vincere a casa? Io avevo già assaporato una medaglia mondiale in una categoria giovanile. Avevo preso l’argento al mondiale cadetti di Tabaek City nel 2006, ma non è paragonabile ad Acireale 2008. Quello è stato un giorno indimenticabile. Non dimenticherò mai l’immagine di tutti i miei amici e dei miei compagni di scuola, e soprattutto della mia professoressa di Storia e Filosofia, Carola Colonna, che cantavano l’inno sotto al podio insieme a me. Ci racconti cosa significa essere bambini e iniziare questo sport in Sicilia? Siamo svantaggiati perché geograficamente siamo abbastanza lontani da tutto. Sicuramente un bambino dell’Italia centro-settentrionale ha più facilità di spostamento. Ma tutto ciò viene sopperito dal nostro modo di affrontare le cose. E per nostro intendo di noi siciliani. Non ci fer-

miamo davanti a niente. Spesso per merito dei genitori, i miei sono stati esemplari e non smetterò mai di ringraziarli, che sono pronti a fare grandi sacrifici economici e sobbarcarsi ore di viaggio. Cosa ricordi di quel periodo? L’aver avuto tanto tempo a disposizione, a causa dei lunghi viaggi, da passare con i miei genitori. Quindi alla fine non tutti i mali vengono per nuocere. Adesso vivi a Milano, molti di voi fanno questa scelta. Sei più vicino ad altri atleti di alto livello ed è più facile spostarsi per le gare, ma cosa ci manca per tenervi tutti qui? Mi sono spostato a Milano per lavorare con un maestro con cui ho deciso di iniziare un progetto. Qui c’è una specie di “centro federale” creatosi autonomamente. Ci sono molti atleti top con cui allenarsi quotidianamente e la posizione geografica che facilita gli spostamenti fa il resto.Una nota dolente per la Sicilia sono le strutture. Una eccezione è certamente il Club Scherma Acireale e lo dico con grande orgoglio.

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Torniamo al passato. Quali sono state le figure di riferimento per la tua formazione? Io sono stato molto fortunato per aver avuto tante persone di qualità. Non voglio fare torti a nessuno ma mi piacerebbe ricordare il Maestro Raffaele Manzoni, Mimmo Patti, Salvo Tomarchio, Sergio Spinoccia, Alessandro Di Bella, Angelo Mazzoni e Andrea Candiani. Ognuno di loro mi ha lasciato tantissimo e se sono arrivato a questo punto è sicuramente merito loro. Sappiamo che hai iniziato al Club

Scherma Acireale, un club con un nome già prestigioso grazie alla presenza di Raffaele Manzoni. Una volta mi capitò di andarlo a trovare a casa sua e mi ha raccontato cosa significava essere maestro di scherma ai suoi tempi, mi parlò di duelli al primo sangue, di nobili e di offese gravissime. Hai qualche aneddoto da raccontarci su questa epoca della scherma in Sicilia? Ricordo che un giorno mi raccontò di come preparava la gente ai duelli, proprio quelli che vediamo nei film, con il lancio del guanto e la sfida al

“primo sangue”. Anche a me è servito per rendermi conto che, sicuramente in Sicilia, questo passato non è così lontano e mi ha aiutato a capire meglio le radici del mio sport. Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti? L’obbiettivo della stagione, pare scontato dirlo, è l’Olimpiade di Rio. Sono quasi sei anni che ci stiamo lavorando. Cercherò di raggiungerlo con l’unico metodo che conosco: il lavoro. Affronterò tutto questo come solo un siciliano doc, quale mi sento anche se emigrato, sa fare.

Photo credit: © Augusto Bizzi

La scheda SCHERMA IN SICILIA Catania • • • • • •

Club Scherma Acireale A.S. Methodos A.s.d. Mare Azzurro Acireale CUS Catania Sezione Scherma Catania Scherma Acc. A. Greco Caltagirone A.S.D.

Messina

• Associazione Messina Scherma • Club Scherma Messina

Ragusa

• A.S.D. Conad Scherma Modica • A.S.D. Accademia Scherma Ragusa

Caltanissetta

• A.S.D.Gruppo Schermistico Nisseno

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Siracusa

• Club Scherma Siracusa A.S.D • Club Scherma Augusta

Trapani • • • • •

Circ. Schermistico Mazarese Mazara Scherma A.S.D. A.S.D. Campobello Scherma A.S.D. Trapani Scherma Club Scherma Marsala

Agrigento

• Discobolo Sciacca

Palermo • • • •

Accademia Scherma Palermo A.S.D Club Scherma Palermo Sala d'Armi Trinacria Palermo Club Scherma Santa Flavia



I Vicerè di Roberto Faenza Italia 2007, 120’ Trama: È la storia dell’ antica famiglia degli Uzeda, di origine spagnola, impiantata a Catania. Un affresco ventennale che va dal 1853 al 1872 della nobiltà siciliana nel difficile passaggio dal regime borbonico alla nuova realtà sociopolitica dell’Italia unita, in cui spiccano il Principe Giacomo del monocorde Lando Buzzanca, il figlio dispotico Consalvo del maturo Alessando Prezioni, e l’arcigna e incisiva Donna Fernada di Lucia Bosé. Location: Catania (piazza Duomo, Villa Cerami, via Crociferi, Monastero dei Benedettini), Acitrezza Cast: Guido Caprino, Lando Buzzanca, Alessandro Preziosi, Cristiana Capotondi, Lucia Bosè Tutte le location del film si trovano sull’app di MovieinSicily scaricabile gratuitamente da tutti gli store e/o sul sito movieinsicily.org A cura di Giorgia Butera e Daniela Fleres ph Valentina Giuffrida e Alfredo Magnanti


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