Move in Sicily - 04/2015

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il magazine

N. 04 | 15

In principio era il Mediterraneo q Speciale Francesco Alliata q

AURELIO GRIMALDI

E L’ARANCIO AMARO PRIMA PIANTA

ALL’ORTO BòTANICO

UN ANNO DI APPUNTAMENTI

LETTERARI

SICILIANI IL TALENTO

DI ELDA LARO

LA MOSSA DELLA MENTE: GLI SCACCHI

RACCONTATI DA RICCARDO MERENDINO


N. 4 | ANNO I | SETTEMBRE 2015 Move in Sicily/moveinsicily.com Reg. Trib. di Catania n. 6 del 10/04/2015

Una copertina sotto il mare

Direttore Responsabile Rosario Battiato rosbattiato@gmail.com Art Director Ursula Cefalù ursulacefalu@gmail.com Redazione Daniela Basile, Martina Distefano, Daniela Fleres, Viviana Raciti, Emanuele Venezia viale Bummacaro, 21/A, Librino, Catania redazione@moveinsicily.com Segreteria di redazione info@moveinsicily.com Copertina Illustrazione di Alessandro Venuto Hanno collaborato a questo numero: Giorgia Butera, Giuseppe Caruso, Alessandro De Filippo, Daniela Fleres, Sebastiano Gesù, Danila Giaquinta, Emanuele Grosso, Franco La Magna, Antonio Leo, Giuseppe Paternò Di Raddusa, Gaetano Schinocca, Marco Tomaselli Ringraziamenti: Albane Cogne Banou, Stefano Chiodaroli, Nello Correale, Francesco Di Mauro (Ciclope Film), Cecilia Grasso, Aurelio Grimaldi, Elda Laro, Riccardo Merendino (Comitato Scacchistico Siciliano), Nicola Palmeri, Rosaria Sardo, Lucia Scuderi, Milena Viani (Terra di Bò) Ufficio Stampa Suttasupra suttasuprapress@gmail.com Editore Soluzione Immediata srl via Teatro Greco n. 76, Catania

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«Sono nato il 21 novembre del 1919 – distrazione o scaramanzia di papà, visto che ero venuto alla luce il 17 – in quella grande e sontuosa stanza in cui erano nati mio padre, mio nonno, il mio bisnonno e, prima ancora, tanti altri Alliata». In questo numero anche la rubrica “la copertina, spiegata male” rende onore al Principe del cinema e si inabissa nei mari isolani emergendo con una breve presentazione estratta dall’autobiografia Il Mediterraneo era il mio regno di Francesco Alliata, protagonista dello speciale che leggerete tra qualche pagina. Un tributo dovuto e sentitamente voluto a un protagonista della scena siciliana e nazionale che, prima ancora di essere un brillante innovatore, ha sempre agito guidato da principi di responsabilità e dai doveri dettati dalla sua posizione, senza cadere nella facile ostentazione del potere. «Sin da bambino mi fu fatto pesare il privilegio di discendere da una stirpe le cui origini si perdono nei miti degli Imperi romani d’Occidente e d’Oriente, ma anche da una stirpe ‘eccentrica’, poiché i miei genitori esigevano dalla loro prole – quattro fratelli e una sorella – soprattutto il rispetto dei doveri materiali e morali, più che l’esibizione del potere. Fummo quindi allevati (praticamente solo da nostra madre, rimasta vedova quando avevo nove anni) con criteri di sana spartanità: non ci mancò mai il necessario, ma niente di più. “La vita uno se la deve costruire con le proprie capacità sulla base di una solida cultura e di una ancor più solida educazione”, era il principio di mamà». A fare da cornice alle parole del Principe, che si è spento lo scorso primo di luglio, la splendida copertina realizzata da Alessandro Venuto e le fotografie che ritraggono alcuni momenti della sua esistenza. Uno speciale che continua nelle pagine interne con gli approfondimenti curati da Alessandro De Filippo, Sebastiano Gesù, Franco La Magna e un’intervista al regista Nello Correale. Un grande viaggio nella storia del cinema nazionale. Anzi, un grande tuffo.

Stampa: Italgrafica, via Nocilia 157, Aci S. Antonio (CT) Copyright ©2015. Tutti i diritti riservati. La riproduzione anche parziale di testi, foto e illustrazioni è vietata in tutti i Paesi del mondo senza previa autorizzazione dell’editore


l’indice

l’editoriale

Sulle spalle della leggenda

004 speciale francesco alliata in principio era il mediterraneo

009 stefano chiodaroli Liscìa servita alla lombarda 010 linosart: UN’isola per l’arte 011 esplosioni fantastiche. le fiabe d’autore di luigi capuana 012 siciliani tra le righe. un anno di appuntamenti letterari

014 l’arancio amaro di aurelio grimaldi il primo passo nell’orto bòtanico 016 il talento di elda laro 017 videogames in sicily 019 La pista altomontana dell’etna 021 la mossa della mente.

gli scacchi siciliani raccontati da riccardo merendino

La rubrica di approfondimento Cosi (mai) visti, tornerà nel numero di ottobre.

Misurare le lunghe leve della leggenda è sempre un’operazione estrema, faticosa. Non tutte le leggende, o forse soltanto le vere leggende, sanno accorciare il passo e farsi avvicinare. Francesco Alliata ha speso la sua esistenza sulla sottile corda della sperimentazione – “non un semplice avventuriero”, ci ammonirà Nello Correale all’interno dello Speciale che leggerete nelle prossime pagine – e non soltanto nel cinema. E per ogni passo compiuto in avanti, lungo sentieri inesplorati, c’è sempre stato uno sguardo rivolto all’indietro, una prospettiva onnicompresiva, sul mondo che si portava appresso. «In fin dei conti le nostre soddisfazioni dopo tanti anni ce le siamo pigliate, la Sicilia l’abbiamo fatta conoscere, in America ci siamo arrivati, e poi il mare, questo nostro bel mare eoliano, l’abbiamo fatto conoscere a tutti». Nell’Alliata apprezzato in video, tramite i suoi lavori o nel bel documentario di Nello Correale I ragazzi della Panaria da cui è tratta la citazione, emerge una tensione coscienziosa, una sorta di imperativo categorico nei confronti della Sicilia e dei siciliani, un ruolo di custode e divulgatore al quale per la sua posizione e cultura avrebbe dovuto adempiere. Se la lotteria sociale della nascita gli è stata favorevole, di certo ha fatto di tutto per meritarsela. Questo nostro speciale è stato un modo per celebrarne la storia e per sentirci, in qualche misura, minuscoli continuatori dell’opera di diffusione dei mari, in senso lato, dell’Isola. I contenuti di questo numero, ovviamente, non finiscono qui. Nella nostra movimentata esplorazione isolana a passo sostenuto aggiungiamo anche i talenti acquisiti, rappresentati dalla celebre pianista albanese Elda Laro, e altri soltanto in visita come il cabarettista televisivo Stefano Chiodaroli. E a proposito di passi di un certo peso, inauguriamo anche le interviste con gli ospiti dell’Orto Bòtanico, il percorso dedicato ai più importanti nomi della cultura isolana e ospitato all’interno di Villa Di Bella. Il primo assegnatario è stato Aurelio Grimaldi, maestro, scrittore e regista, e testimone prezioso di quest’Isola in movimento. (rb)

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SPECIALE aLLIATA

Foto gentilmente concesse da Neri Pozza Editore

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il mediterraneo era il mio regno

Le memoriE

dell’ultimO

GRANDE

ARISTOCRATICO SICILIANO

FRANCESCO ALLIATA Introduzione e didascalie di Stefano Malatesta. Neri Pozza Editore

#autobiografia

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Estratto della scheda di presentazione della casa editrice:

a storia di Francesco Alliata non ha niente a che vedere con gli eccessi sfarzosi dei Savoia o con l’ossessione dei Colonna nei confronti della religione. Sebbene da giovane Francesco partecipi alle battute di caccia, alle corse automobilistiche e ai ricevimenti musicali con centinaia di illustri invitati, lui non è tipo da interessarsi alle neghittosità e allo «sperpero di patrimoni in futili attività» che Tomasi di Lampedusa descriveva nel Gattopardo. Francesco Alliata vuole prima costruirsi «una solida cultura e una ancor più solida educazione» e poi usarle entrambe per rendere produttive le proprie passioni. Solo così onorerà il motto di famiglia: «Bisogna essere principi, piuttosto che apparirlo». È ancora un bambino quando si imbarca nella sua prima impresa «ciclopica»: correggere le 7500 pagine dell’opera incom-

piuta del nonno – Storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia – che lo trasformeranno nell’«amanuense a macchina» di famiglia. A undici anni ha una stanza tutta sua per muoversi autonomamente tra gli archivi del palazzo. A tredici studia la storia antica, incuriosito dai racconti del secondo marito della madre, il direttore del Museo Archeologico di Palermo, Ettore Gabrici. Ma è solo al ginnasio che Francesco scopre la passione che lo accompagnerà per il resto della vita: il cinematografo. Passeggiando tra i ricordi di famiglia e descrivendo sapientemente le tradizioni più oscure e i tic più eccentrici della nobiltà siciliana, Francesco Alliata spalanca una finestra su un mondo seducente e fuori dal tempo. Un viaggio unico, incomparabile, in una delle stagioni più importanti della vita culturale e civile d’Italia, in compagnia dell’ultimo grande aristocratico del Novecento.

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il principe

delle immagini

francesco alliata di villafranca

pioniere del cinema subacqueo #biografia di Gaetano Cafiero Addictions-Magenes Editoriale Estratto della scheda di presentazione della casa editrice:

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el cinema, le scene subacquee sono di grande effetto, per quell’aura di mistero che ancora circonda la profondità e le sue creature. Oggi gli strumenti dei professionisti sono telecamere miniaturizzate, e riprendere sott’acqua è davvero facile. Ma settant’anni fa era un’impresa. Ci provò, e ci riuscì, nel 1946, don Francesco Alliata, principe di Villafranca: primo al mondo a lavorare sul fondo del mare con una professionalissima Arriflex 35mm. Questa è la sua storia. Che si sofferma sul ruolo di pioniere del cinema subacqueo di Francesco Alliata, ma narra anche una straordinaria vicenda umana, culturale, imprenditoriale: quella dei “ragazzi della Panaria” che furono premiati a Cannes nel 1947 per i loro documentari subacquei; produssero Sesto continente, il film di culto di Folco Quilici; scritturarono un mito quale Anna Magnani e la schierarono in prima linea nella “guerra dei vulcani” contro Ingrid Bergman e Roberto Rossellini; portarono sul set, per il film La carrozza d’oro di Jean Renoir, un autentico cocchio. È la storia, insomma, di un grande protagonista della cinematografia mondiale.

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Oltre lo schermo,

una vita da leggenda di Franco La Magna

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ato a Palermo nel 1919 Francesco Alliata, principe di Villafranca e duca di Salaparuta, è stato uno dei leggendari fondatori della Panaria Film (1946), i quattro ragazzi scopritori nel dopoguerra della vocazione turistica delle isole Eolie e inventori del cinema subacqueo (i cosiddetti “Panaria boys”). Dopo l’esperienza acquisita da studente universitario prima presso il CineGuf dell’Università di Palermo e poi in quello di Napoli, divenuto ufficiale, durante il secondo conflitto mondiale Alliata propone la costituzione di un Cinereparto Speciale per la documentazione fotografica e cinematografica delle azioni di guerra. Inviato in Sicilia, al comando del “Nucleo n. 13”, per cinque anni documenta come reporter di guerra vicende belliche e bombardamenti. Nel dopoguerra collabora con l’O.F.S. (Organizzazione Filmistica Siciliana), girando tutte le riprese delle scene della tonnara di Turi della tonnara (1946) di Pino Mercanti e Giuseppe Zucca e inizia ad occuparsi di fotografia subacquea, con una attrezzatura costruita insieme agli altri soci. Nell’agosto del ’46 salpa (con i soci) per le Eolie realizzando “avventuristicamente” le prime riprese subacquee al mondo girate in mare aperto, oggi di proprietà dell’Istituto Luce. Nasce così il documentario Cacciatori sottomarini (1946), girato in 45 giorni che viene selezionato a Cannes. Durante le riprese di Cacciatori sottomarini viene anche girata una breve sequenza del film Turi della tonnara nel quale l’avventuroso Alliata non disdegna di agire da controfigura del protagonista. L’inaspettato successo ottenuto con i documentari spinge i quattro soci-amici a creare una vera e propria casa cinematografica - la Panaria Film - fondata a Palermo alla fine del ’46 che realizza 15 documentari professionali, 5 dei quali finalmente restaurati godono oggi meritatamente d’un’esaltante diffusione postuma: Tonnara (1948), Tra Scilla e Cariddi (1949, sulla pesca del pesce spada nello Stretto di Messina), Bianche Eolie (1947, presentato al Festival di Edimburgo nel 1950), Isole di Cenere (1947, presentato alla Mostra di Venezia nel 1948), Opera dei pupi (1949). Esuarita la fase documentaristica la Panaria passa alla produzione di lungometraggi: Vulcano (1950) di William Dieterle (al centro della clamorosa vicenda nota come “guerra dei vulcani”); La carrozza d’oro (1952) del grande Jean Renoir; Il segreto delle tre punte (1952) regia di Carlo Ludovico Bragaglia; A fil di spada (1952) sempre di Bragaglia e Sesto continente (1953) di Folco Quilici. Vacanze d’amore (1954) di Jean Paul Le Chanois e Agguato sul mare (1955) di Pino Mercanti, sono produzioni della Al.Mo Film, oggi assommate a quelle della Panaria.


il disvelamento delle eolie

Un mondo impresso nella celluloide della Panaria di Sebastiano Gesù

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ell’immediato dopoguerra, Francesco Alliata fu il più ardito dei quattro intraprendenti e sportivi giovanotti di nobile famiglia che, accomunati dalla passione per la pesca subacquea e dall’amore per la fotografia e il cinema, fondarono a Palermo la Panaria Film, una tra le prime case di produzione dell’Isola, riuscendo a immergere negli incontaminati fondali sottomarini eoliani una Arriflex 35 mm., che riportò alla superficie le stupende immagini di un misterioso mondo sommerso di incomparabile bellezza. Cacciatori sottomarini che, all’epoca, costituì per l’audacia dell’impresa e la nitidezza dei fotogrammi una autentica rivelazione

in campo cinematografico, nel 1947, al Festival di Cannes ebbe un grande successo di critica e di pubblico. Il documentario diede l’avvio a una brillante e cospicua produzione filmica della Panaria, che nel corso del decennio 19461955 comprese 14 cortometraggi, 6 film a soggetto e un documentario di lungometraggio. Se Ugo Saitta fu il cantore dell’Etna e delle sue genti, Alliata e i “ragazzi della Panaria” furono i disvelatori delle bellezze paesaggistiche dell’Arcipelago eoliano e della cultura dei suoi abitanti: una cultura fatta di riti immobili e antichissimi, di gesti reiterati, di sudore e povertà. Non ci fu angolo di quel mondo che non rimase impresso nella celluloide della Panaria. E quelle isole sperdute

in mezzo al Tirreno che bagna le coste settentrionali della Sicilia, fino allora conosciute solamente come luoghi di confino, si rivelarono al mondo universi di rara e incontaminata bellezza. Una costellazione di immagini di grande suggestione e verità, a cui oggi si attribuisce il valore di bene culturale, di testimonianza antropologica e storico-sociale. Col cinema di fiction, Alliata, impavido, ingaggiò con Rossellini e la Bergman uno scontro secolare, contrapponendo alla coppia di Stromboli William Dieterle e Anna Magnani che giravano contemporaneamente Vulcano. I due film passeranno alla storia del cinema italiano come la “guerra dei Vulcani”. Qualche anno dopo, battagliero, il Principe si permise di licenziare Luchino Viscon-

NON SOLO CINEMA. PAROLA DI NELLO CORREALE Nello Correale è il regista del documentario I ragazzi della Panaria (2004), che ricostruisce la storia della casa di produzione cinematografica siciliana fondata da quattro giovani, tra cui il principe Francesco Alliata. Se dovessi riassumere una vita e un percorso così complesso, cosa diresti di questo monumento del cinema siciliano e italiano? Francesco Alliata è un eclettico, dopo averlo conosciuto ho subito pensato: “ecco, questo è un personaggio che mi può dare una storia per farne un film”. Ed effettivamente con lui cominciai a scrivere una storia che sembrava inventata: quattro ragazzi che nel 1946 arrivano a Lipari nelle Eolie e cominciano a immaginare l’industria cinematografica in Sicilia. Così parte e in due settimane arriva a Los Angeles dove contatta i maggiori cineasti e produttori americani. Dopo il lungo viaggio cominciare a progettare un film e la Panaria film diventa la prima casa di produzione cinematografica importante del dopoguerra. Riusciranno persino a produrre film come La carrozza d’oro di Jean Renoir. Un anticipatore a tutti gli effetti. Si innamora di tanti progetti, tra cui quello del cinema nel mondo subacqueo e ne diventa il pioniere. Con la Panaria film produce Sesto Con-

tinente, il primo lungometraggio a colori subacqueo che verrà girato da Folco Quilici. È un blockbuster perché tecnicamente aveva realizzato l’irrealizzabile, cioè illuminare sottacqua e impressionare tutto a colori. Come fanno quattro ragazzi giovanissimi a fare tutto questo? Certo sono ragazzi ricchi, di buona famiglia, ma non basta. Francesco Alliata non è stato soltanto un eclettico, un pioniere, oppure un avventuriero come alcuni pensano. Secondo me, è stato un vero e proprio produttore. E ha sempre dimostrato di voler intraprendere strade nuove in tutti gli ambiti in cui si è sperimentato. Ad esempio... È stato il primo a mettere in piedi un’industria legata alla filiera del freddo in Sicilia, cioè l’uomo che ha portato il gelato industriale in quest’isola. Il procedimento era sempre lo stesso, quello di uno che voleva sapere. Di solito meno conosceva in quel preciso momento e più era spinto a conoscerne tutti i dettagli. Diceva che la sua ignoranza gli dava la possibilità di individuare traiettorie che altri forse non valutavano. Insomma, Alliata non è solo cinema. È personaggio significativo per le storie che a noi interessano del cinema, ma è interessante per la storia della Sicilia e dell’Italia.

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ti che aveva scritturato, perché troppo esoso, sostituendolo col suo maestro Jean Renoir che a suo posto girò per la Panaria La Carrozza d’oro, film assai amato in Francia, in special modo da François Truffaut, che come segno di riconoscimento chiamerà la sua casa di produzione Les films du Carrosse. Chiusasi la stagione del cinema, Alliata si dedicò all’industria del freddo, producendo ottimi gelati e sorbetti col marchio di famiglia Duca di Salaparuta. A entrambe le imprese del Principe, il regista Nello Correale dedicherà due suoi documentari che raccontano le vicissitudini cinematografiche e il coraggio imprenditoriale di Alliata. Il primo porta il titolo I ragazzi della Panaria, l’altro, in uscita in questi giorni, ha per titolo Il signore delle nevi. Il principe Alliata fu l’ultimo erede di una nobile Famiglia che ha gestito il commercio della neve dell’Etna fin dal-

la seconda metà del Settecento per ben oltre un secolo. Alla veneranda età di 95 anni, prima di lasciarci, il Principe Alliata, passeggiando tra i ricordi di famiglia e descrivendo con arguzia le vicende eccentriche della nobiltà siciliana, col suo libro di memorie, ultima sua impresa, Il mediterraneo era il mio regno ci spalanca lui stesso una finestra su un mondo seducente e fuori dal tempo: un viaggio dentro una classe sociale ormai in estinzione.

è nelle radici

il cinema

di francesco

alliata

di Alessandro De Filippo

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Per tutti i contenuti extra e le interviste video dello Speciale Alliata Move in Sicily moveinsicily.com

Illustrazione: Alessandro Venuto

il futuro

l cinema racconta storie. E così facendo, racconta la nostra storia. Anche il cinema che è stato girato vent’anni o sessant’anni or sono ci parla di noi, di ciò che siamo stati e di ciò che siamo diventati adesso. Ogni film di valore è una macchina del tempo, che attraverso la luce filtrante da una pellicola ferita sa dirci chi vogliamo essere. Ed è così che il cinema di Francesco Alliata di Villafranca riempie i nostri occhi di passione per la Sicilia e di

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voglia di restituire ciò che di più bello e di più sconosciuto l’isola nasconde. Tutto il cinema di Alliata è una sfida. Da operatore di guerra, penetra con l’Arriflex di ordinanza nel Duomo di Messina in fiamme. Tra crolli di travi lignee e vampate del fuoco, prova a riportare a casa la pelle, insieme alle ultime immagini di una delle chiese più sorprendenti di Sicilia. Finita la guerra, “scopre” le isole Eolie. Nessuno, nonostante la loro seducente bellezza, aveva avuto modo di osservarle dal vivo, né al cinema, perché erano state negate alla fruizione pubblica e destinate a servire

da carcere borbonico prima e da confino politico durante il fascismo. Per cento anni, nascoste allo sguardo di tutti, eccole invece, magicamente restituite a tutti gli spettatori interessati. E scrivo magicamente, perché questo Alliata è anche un prestigiatore della tecnica cinematografica. Non soltanto un grande fotografo e operatore di ripresa, ma anche inventore e innovatore, pronto ad affrontare sfide sempre nuove. Il 16 agosto del 1946, in Cacciatori sottomarini, per la prima volta, grazie a un guscio impermeabile di ottone per la sua fedele Arriflex, che ha riscattato economicamente dopo la guerra, può filmare le prime riprese subacquee in mare aperto, le prime della storia del cinema mondiale, per intenderci. Così, qualche anno dopo, in Tonnara (1947), deciderà di filmare la cattura dei tonni immergendosi nella camera della morte di una mattanza sanguinosa, e filmando, dalla soggettiva della preda, una delle tecniche di pesca più antiche del Mediterraneo. Continuerà a inventare altri strumenti di ripresa sempre funzionali alla diegesi dei suoi film e mai come superficiali effetti

speciali. Nasce così l’iposcopio, per filmare la “caccia” del pesce spada con la fiocina, in Tra Scilla e Cariddi (1948). Lo scafandro, utilizzato nei film precedenti, è troppo statico e non permette di filmare gli inseguimenti del pesce spada nello Stretto di Messina, per questo Alliata di volta in volta trova una soluzione, un adeguamento di carattere tecnico. Questo era il cinema in quegli anni eroici, in cui non esisteva la GoPro Hero e tutto sembrava impossibile e irraggiungibile. Ma si lottava per riuscire, si cercava e cercava, fino a quando non si inventava qualcosa di nuovo. Per tutti questi motivi, ricordare oggi Francesco Alliata non serve soltanto a commemorare un grande regista scomparso, ma anche a indicare ai giovani spettatori, agli studenti universitari di cinema, che la nostra storia cinematografica è basata sulla competenza tecnica, sulla professionalità, ma anche sul rischio, sulla voglia di mettersi in gioco e sull’inventiva. I grandi maestri documentaristi siciliani ci hanno indicato una strada, che è impervia e per questo avventurosa. Ma, bisogna ricordarlo: il futuro è nelle radici.


di Rosario Battiato

stefano chiodaroli

liscìa servita alla lombarda

tefano Chiodaroli non è siciliano. E l’aver sposato una siciliana non gli conferisce certo cittadinanza, né gli trasmette usi e costumi dei locali. Tuttavia, come ci ricordava Totò Calì qualche Move fa, la liscìa è un codice universale. È siciliana nella sua cadenza, nell’espressività, ma in fondo alberga in tutti i cuori degli uomini che non sanno prendersi sul serio. E Stefano, che abbiamo intervistato in quanto doppio testimonial del Mizzica Film e di State aKorti, avrebbe dovuto ricevere un’onorificenza particolare, per questo suo costante, e ben riuscito, sforzo di irretire i trabocchetti della quotidianità. Dalle sue prime avventure fino alla più recente ambizione di costruire una storia nerissima della Milano contemporanea. Volto noto del cabaret televisivo, inventore di numerosi personaggi cult come il panettiere in canotta di Colorado Cafè, ha cominciato dall’arte di strada. «Ho fatto il mangiafuoco soltanto per pochi mesi – ci racconta – perché mi sono reso conto che il sapore di petrolio di lampada non se andava via dalla bocca nemmeno bevendo la birra, anzi mi trovavo costretto a fumare un sigaro per togliere il sapore di birra e petrolio. Il risultato era devastante: in bocca mi restava una miscela di tutti i sapori». Poi diventa acrobata – «almeno fino a quando il vigore della gioventù ha retto», ci spiega – e studia in una scuola di teatro. Un periodo intenso che di fatto lo porta a sentire «l’urgenza di parla-

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re» e verso la metà degli anni Novanta comincia a scrivere. Qualche anno più tardi frequenterà in maniera assidua il Circolone di Legnano. Da queste parti cominciano a sbocciare alcuni dei suoi personaggi più celebri. Il panettiere, ad esempio, nasce nel marzo del 1998. «I miei personaggi nascono da suggestioni forti, osservazioni della realtà. Da giovane lavoravo da un grossista e c’era questo panettiere che era abbastanza sopra le righe, e ci faceva molto ridere, sapevamo che da quella bocca sarebbe uscito l’inferno». Altre grandi figure del piccolo schermo, si delineano tra i fumi alcolici. «Il mago abat-jour, ad esempio, deriva dall’osservazione di me ubriaco». Poi arriva la tv. Siamo verso la fine degli anni Novanta. Ci sono Zelig, poi Convenscion a colori, nel 2002, e quindi Colorado Cafè. I personaggi si moltiplicano e giunge a lavorare fianco a fianco con i mostri sacri – Cochi e Renato, ad esempio – mentre il suo mondo è in espansione. «Arrivavo in televisione fuori da qualsiasi tipo di dinamica, dal punto di vista emotivo è stata una bomba nello stomaco, poi mi sono ambientato». Si è ambientato a tal punto che ormai è pronto per lanciarsi in altro, continuando a fare il cabarettista (non

preoccupatevi). Uno slancio che si innesca da una situazione apparentemente sfavorevole. Ed è qui che scatta, ancora una volta, l’iniezione di liscìa. «Da cinque anni sono senza patente, visto che se l’è tenuta la stradale, e vivo la notte milanese tra passaggi, taxi e bus. Mi sono reso conto che alcuni film ambientati a Milano sono troppo stereotipati, in un senso o nell’altro, io invece voglio raccontare quella città nera e difficile con personaggi discutibili e controversi». Un progetto per la televisione o per cinema? «Un progetto difficile – corregge immediatamente il tiro – anche perché l’uso della forza e della violenza non mai è facile dal punto di vista cinematografico, ormai in Italia si producono soltanto commedia». Però attenzione. «Alla fine ci ricorderemo di tutti quelli che hanno detto di no e di sì», tuona minaccioso e sorridente. In questa monumentale durezza, c’è spazio soltanto per la concretezza. Stefano Chiodaroli è testimonial di City Angels. Una onlus che si occupa dell’assistenza dei senza tetto. «Tutti i problemi dei nuovi poveri derivano dall’essere senza qualcosa, l’opera di City Angels è di togliere questi senza. Trovo che non si tratta di fare la carità ma è un’opera di giustizia sociale».

MovExtra Per l’intervista video Move in Sicily moveinsicily.com

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un'isola per l'arte di Daniela Fleres inosa è un’isola che fa parte dell’arcipelago delle Pelagie, fin troppo spesso, però, perde la sua identità perché citata in coppia con l’isola maggiore, Lampedusa, pur non essendo vicinissime tra loro. Qualcuno ha deciso di far conoscere quest’isola avvolta nel mistero, dare a essa la popolarità che merita, per la straordinaria bellezza di mare e paesaggi, e farla risplendere grazie alle più svariate forme d’arte. LinosArt è all’edizione zero, si tiene dall’1 al 6 settembre, ma promette di continuare e crescere affinché l’isola diventi, a tutti gli effetti, terra di arte e di cultura. Le menti creative sono quelle di Salvatore Tuccio, Fabio Sanfilippo e Federicapaola Capecchi, mossi dall’ambiziosa volontà di creare, a Linosa, un laboratorio per gli artisti d’Italia e d’Europa legati da un unico tema conduttore: l’immigrazione, a sua volta stretta a doppio filo al viaggio e al diritto inalienabile di spostarsi. Come nasce l’idea del Linosart? La genesi del festival è emozionale. Nasce come reazione alla strage in mare del 3 ottobre 2013 e alle successive stragi di migranti nel Mediterraneo, diventato mare di morte e disperazione. Un festival all’estremo lembo meridionale d’Europa che si occupi di tutti i sud del mondo, di convivenza, tolleranza e civiltà. Questo progetto non è solo una vetrina ma un’idea per creare un laboratorio interattivo, di lavoro, di formazione e di pratiche concrete di cittadinanza, riflessione, incontro tra culture e solidarietà. Dove si svolgerà il festival? Prevalentemente nell’anfiteatro, per ragioni logistiche. La scarsità di fondi con la quale stiamo avviando l’edizione zero non ci ha consentito di noleggiare un service che per-

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metta di vivere anche altri luoghi dell’isola. Lo faremo nelle prossime edizioni. Non mancheranno comunque alcune sorprese come uno degli spettacoli a Mannarazza illuminato solo da padelle romane. Sono previste delle sezioni specifiche per le varie arti? Il festival prevede diverse sezioni: danza, teatro, musica, video, installazioni, workshop-dibattiti, incontri. Nella sezione danza si proporranno spettacoli in cui il corpo diventa veicolo non solo di emozioni ma di nuovi segni, di nuovi linguaggi e nuove poetiche intrise d’impegno sociale e civile. Spettacoli e artisti attenti al proseguimento della scoperta e il disegno di nuove e inedite scritture coreografiche tra tradizione, improvvisazione, nuovi canoni e codici. Il teatro toccherà la narrazione, in varie forme: dal cunto siciliano alla narrazione-cronaca, ai vecchi griot africani. Nella sezione musica prenderanno vita mix linguistici e sonori, tradizione e avanguardia insieme. La sezione linguaggi, infine, proporrà incontri, dibattiti, proiezioni, conferenze e workshop con protagonisti e osservatori attenti al dialogo tra culture. Cosa offre l’isola ai suoi visitatori? Linosa offre un ambiente marino e un paesaggio terrestre assolutamente raro al mondo, è l’unica isola rimasta davvero “isola” e per questo, i suoi colori, i suoi odori hanno qualcosa di magico, qualcosa che sa ancora meravigliarti ed emozionarti. Come hanno preso l’avvento del festival i cittadini di Linosa? Al momento la manifestazione è più conosciuta fuori dall’isola, soprattutto da chi utilizza i social network. LinosArt è stato, comunque, propagandato, durante le serate estive linosane, organizzate dall’associazione giovanile Tempu Nivuru, partner del LinosArt.

Linosa offre un ambiente marino e un paesaggio terrestre raro al mondo: i suoi colori, i suoi odori, hanno qualcosa di magico

Foto gentilmente concesse dall’Organizzazione del Festival

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Esplosioni fantastiche: le fiabe d’autore di luigi capuana di Danila Giaquinta

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era una volta Tizzoncino, una fornaia “brutta più del peccato mortale” che diventa Reginotta. E un papà che decide di uccidere i suoi piccoli perché non muoiano di fame finché uno si trasforma in Ranocchino e poi in Reuccio. Un’altra Reginotta cavalca un pesciolino e cede le orecchie a due pesciolo- Rosaria ni voraci per risalire da un pozzo. Da cacciatore a ciccione che non passa dalle porte, un Re sposa Cecina. Ci sono pure una Regina che partorisce Serpentina e una Mammadraga che si nutre di bambini. Ironiche, grottesche, surreali, comiche sono solo alcune delle 74 fiabe del Raccontafiabe di Mineo, Luigi Capuana, tutte dentro Stretta la foglia, larga la via, Donzelli editore, raccolta che tra l’altro esce in occasione del centenario della sua morte e che ha coinvolto due catanesi: l’edizione integrale dei cinque volumi originari è a cura di Rosaria Sardo, docente di Linguistica Italiana all’Università di Catania, mentre le 24 illustrazioni portano la firma di Lucia Scuderi, Premio Andersen 2013 come

“Miglior illustratrice”. Reucci e Reginotte, Orchi e Lupi Mannari, ministri, fabbri, contadini e ciabattini, l’umanità c’è tutta in quel lungo lavoro letterario (1881-1915) che dalla realtà va oltre tempo e spazio fino a diventare universale e sconfinare in una sorta di “fantascienza” per ribaltare cliché e creare un “microcosmo favolistico piuttosto rivoluzionario” in cui non c’è sempre l’happy end ma s’intrufola spesSardo so un Fato-Fata che cambia destini e caratteri. «Sono fiabe d’autore che sembrano provenire dalla viva voce del popolo – spiega Sardo –. Trame narrative rielaborate, reinventate a partire da più spunti, sulla base di schemi interiorizzati. L’ossatura è quella del racconto orale, ma la carne ce la mette lui. C’è il suo piglio verista, l’occhio attento alla realtà come pure lo scatto magico e l’esplosione fantastica. Un’ironia sottile crescente che prova a esorcizzare il mal di vivere che va insinuandosi in quegli anni. Oltre a re senza qualità, ministri bruciati di cui “nessuno si diede pensiero”, ci sono Reginotte indipendenti che se ne vanno in giro per il mondo come Piuma d’oro o donne che respingono orchi o

reucci. Le fate non sempre sono benefiche e la Sorte è spesso bizzarra. In parte fatalista, Capuana credeva negli spiriti, era un amante dell’occulto. Le figure cattive sono messe in ridicolo, e se non fanno poi così tanta paura, riesci ad affrontarle più facilmente. Questa è una delle “morali della sua favola”. L’altra è che bisogna seguire la propria strada e diventare ciò che siamo». Tra rime, filastrocche e ritornelli, le 74 si rivelano opere “multimediali” e “plurisensoriali”, dotate di ritmo e teatralità. Dialetto non ce n’è, e la Sicilia s’intravede. «Quelle della sezione “Fiabe musicali e teatrali” andarono in scena – continua la linguista –. C’è una musicalità interna dovuta a strambotti popolari, rime baciate, versi brevi. Leggi ed è come se le stessi ascoltando e vedendo. C’è poco siciliano, tutto nascosto, ma va considerato l’impegno di Capuana nel contribuire a creare l’italiano medio. Si è lavorato sul testo in direzione del criterio di leggibilità cambiando solo le forme di diffici-

Lucia Scuderi le disambiguazione, per esempio i verbi con enclisi pronominale come raffigurolla, o le forme lontane dalla norma attuale, in modo da non cre-

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are confusione ortografica per il lettore in età scolare, pur rimanendo fedeli al narrato, senza spostare una virgola. I termini desueti sono poi spiegati in nota». Non ebbe figli ma tanti nipotini e con quel “linguaggio così semplice, così efficace, così drammatico” Capuana riuscì a conquistare il pubblico piccino. L’intento è consegnare quel patrimonio ai piccoli di oggi anche grazie alle illustrazioni di Lucia Scuderi, colorate, buffe, tutte acquerelli e inchiostro di china. «Le fiabe sono racconti senza tempo e in queste ho colto quel tardo Settecento siciliano che ho ricostruito in ambienti, vestiti, mobili – spiega l’artista – Una sicilianità che ho messo nei colori, in una forte disparità tra la povera gente con i costumi tipici e i Re che potrebbero essere francesi, tra artigiani e i loro mestieri e una nobiltà internazionale. Nelle immagini c’è una Sicilia dai contrasti forti, dalla natura dirompente. E siciliana mi è sembrata l’ironia con cui l’autore prende in giro quei Reucci che non ne fanno una buona. Alla fine chi la vince è il nobile d’animo. C’è pure dell’horror, come in quella tartaruga con la testa di un bambino. Ho cercato di ricreare quel ritmo narrativo, lo stupore, il fiato sospeso. Fiabe per bambini ma non “bambineggianti”, tutte fatine e dai toni edulcorati. Fiabe a volte dure e spietate, che stupiscono e in cui tutto è imprevedibile».

Illustrazioni di Lucia Scuderi

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Siciliani tra le righe Un anno di appuntamenti letterari di Marco Tomaselli

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na panoramica che si possa definire esaustiva sull’odierna letterarietà siciliana, almeno per quel che riguarda il 2015, deve passare, a buon diritto, da quegli eventi in cui le parole stampate vengono messe in primo piano, garantendogli, almeno per qualche giorno, le luci della ribalta: le fiere e i festival letterari. Il debutto si è registrato a Messina, che il 28 Febbraio ha ospitato la prima edizione del Take Care, un concorso di poesia con finalità benefiche in favore della Maris Onlus di Catania. Aprile è stato il primo mese veramente fertile con tre importanti appuntamenti come il Premio letterario La Giara all’Auditorium Rai Sicilia di Palermo, il Premio Poesia Asas di Messina e il Siracusa Book Festival, primo evento fieristico e di confronto tra le varie realtà editoriali siciliane. È stato giugno il mese più affollato: dal 5 al 7 è toccata alla tre giorni palermitana di Una Marina di libri, giunta quest’anno alla sua sesta edizione e ormai entrata a pieno titolo e merito nel gotha delle fiere libresche, in compagnia dei “fratelli” di Torino, Milano, Roma, Pordenone e Modena. Come da tradizione, l’evento, nato da un’idea del CCN Piazza Marina&dintorni in collaborazione con le sicilianissime case editrici Navarra e Sellerio, ha avuto il suo epicentro nel GAM - Galleria d’Arte Moderna - di piazza Sant’Anna, potendo contare sulla presenza di grandi autori come Andrea Camilleri, Francesco Piccolo, Piero Melati e Antonio Manzini. Il precipuo merito della fiera palermitana è aver avuto il coraggio di ideare, e farne materia, uno spazio privilegiato per editori indipendenti, ben 49 gli aderenti tra cui 14 al debutto. Una scelta controcorrente rispetto all’oligarchia regnante sul mercato del libro e con ottimi riscontri di vendite, che hanno registrato un aumento del 12% rispetto alla scorsa edizione. Sesta edizione anche per il festival ragusano A tutto Volume, nel weekend tra il 12 e il 14 giugno; nel

centro storico di Ragusa Ibla, la rassegna organizzata dalla Fondazione degli Archi si è sempre contraddistinta per la pluralità di voci e tematiche, tra cui hanno spiccato quest’anno le sezioni di dialogo, favola, teatro e cucina. Radio Capital e la testata online Gli amanti dei libri sono stati i media partner della manifestazione, a cui hanno aderito anche quest’anno nomi di spicco come l’ex magistrato Gherardo Colombo, Antonio Caprarica, Chiara Saraceno e Raniero La Valle. Sempre a giugno, il 23, nella Sala Chiesa del San Domenico Palace di Taormina, grande anteprima con David Grossman del Taobuk in programma tra il 19 e il 25 settembre; il concept di quest’anno, intitolato “Gli ultimi muri”, siano essi razziali, economici o religiosi, si sposa al meglio con la presenza dell’autore israeliano, che ha sfruttato il suo ruolo di intellettuale per farsi ambasciatore laico di valori universali come la convivenza pacifica tra i popoli e la difesa dei diritti umani. Grossman ha presentato la sua ultima fatica letteraria, Applausi a scena vuota, romanzo pubblicato in Italia da Mondadori alla fine dello scorso anno, che rappresenta un prologo di altissimo livello alla quinta edizione del festival di Taormina. A Catania, il 9 settembre, merita grande attenzione Viaggi letterari nella Sicilia contemporanea, un recital che raccoglie testi scritti per l’occasione da poeti provenienti da tutto il mondo. Sempre nel centro etneo imperdibile l’appuntamento con Buk Catania, il festival della piccola e media editoria. Dal 23 al 27 settembre la vostra meta può essere Giardini Naxos, dove ritorna Naxoslegge, ormai punto di riferimento a livello nazionale ed entrato a far parte di quella interessantissima e controcorrente esperienza collettiva de Le Città del libro. Chiudiamo con il Concorso letterario nazionale Pentèlite, in cui si misureranno aspiranti poeti e narratori, in occasione dell’annuale Mostra-Mercato dell’editoria siciliana che si svolgerà a Sortino dal 3 al 5 ottobre.


I EDIZIONE | Messina

AGOSTO 08 Premio Letterario

Giuseppe Tomasi di Lampedusa XXII EDIZIONE | Santa Margherita di Belice – Agrigento www.premiotomasidilampedusa.it

MARZO Premio di letteratura umoristica Umberto Domina V EDIZIONE | Rotary Club Enna http://premiodomina.blogspot.it

20 Premio “Filippo Maria Tripolone”

Concorso Diaristico XIV EDIZIONE | Hotel Assinos Palace - Giardini Naxsos (ME) www.lanternabianca.it

APRILE 10 Premio lettererio “La Giara”

IV EDIZIONE Auditorium Rai Sicilia – Palermo www.premioletterariolagiara.it

SETTEMBRE 09 Viaggi letterari nella Sicilia contemporanea Castello Ursino - Catania

17 Premio Poesia Asas

III EDIZIONE Università Telematica Pegaso Messina

24 Siracusa Book Festival / Siracusa 26 (Strada Maneggio -Spinagallo) www.siracusabookfestival.it

10 Incontro con Peter Waterhouse contemporanea Biblioteca Comunale di Gangi Palermo

18 buk Catania / Palazzo Platamone - Catania 20 buk.festival.it

GIUGNO 05 Una marina di libri / V EDIZIONE | Palermo 07 http://unamarinadilibri.it

19 “Taobuk” / Taormina Book Festival 25 V EDIZIONE | Taormina

12 A tutto volume. Libri in festa a Ragusa / VI EDIZIONE | Ragusa 14 www.atuttovolume.org

23 NAXOSLEGGE / V EDIZIONE | Giardini Naxos 27 www.naxoslegge.it

25 Premio letterario Nazionale / “I. Russo” 28 Sciacca - Agrigento

OTTOBRE 03 Concorso letterario nazionale / “Pentèlite” 2015 05 Sortino - Siracusa

26 Letterando In Fest / VI EDIZIONE | Sciacca - Agrigento 28 www.letterandoinfest.it j

Trofeo nazionale di poesia popolare siciliana “Turiddu Bella” XXIV EDIZIONE | Siracusa

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“ETNA COMICS” | V EDIZIONE Centro fieristico “Le Ciminiere” Catania www.etnacomics.com

LUGLIO 11 Premio letterario Nazionale

Domenico Portera VIII EDIZIONE | Cefalù - Palermo

www.taobuk.it

www.pentelite.it j

Concorso letterario “Urbe Parthenicum” I EDIZIONE Teatro Gianì di Partinico – Palermo www.centoxlarteelacultura.it

NOVEMBRE 21 Premio letterario “Vincenzo Licata”

Speciale Festival Letterari

FEBBRAIO 28 “TAKE CARE” Concorso letterario

VII EDIZIONE | Sciacca - Agrigento www.vincenzolicata.it

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Mondello Giovani VI EDIZIONE (2013) Palermo http://premiomondello.it

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n arancio amaro per Aurelio Grimaldi, che ha piantato il primo “piede” nell’Orto Bòtanico, la Sicily Walk of Fame di Villa Di Bella nel comune di Viagrande, che, in memoria della tradizione agricola di questi luoghi, ha sostituito le stelle hollywoodiane con le piante isolane. Un percorso già scritto per un insegnante, regista e scrittore appassionato di botanica – «il mio sogno è dare un nome a tutte le piante che vedo», ci rivela – fondatore della casa di produzione Arancia Film e con una figlia di nome Arancia. «Un arancio me lo meritavo, e anche se hanno scelto un arancio amaro la prendo come una bellissima suggestione». Di suggestione ideale si tratta, appunto, per un intellettuale che con i suoi libri e il suo cinema ha intinto la lama nelle molteplici duplicità di Sicilia in un percorso da maestro-scrittore-regista che ha sempre avuto un comune denominatore. «Per me fare l’insegnante era bellissimo, e sono sempre stato convinto che maestri di scuola si nasce e non si diventa». Un bagaglio che non si perde in stazione – «mi porto sempre dietro il mio essere stato e sentirmi insegnante», spiega – e ha costituito un forte stimolo per la stesura del suo primo romanzo. Meri per sempre, dal quale Marco Risi trarrà Mery per sempre con Michele Placido per la sceneggiatura dello stesso Grimaldi, deriva proprio dall’esperienza di insegnante nel carcere minorile di Malaspina a Palermo. «Vissi quell’esperienza molto intensamente e quando le ragazze della casa editrice La Luna mi chiesero di scriverci un romanzo, ero già prontissimo. Ci misi appena tre settimane». Per chiudere la trilogia dei sogni da realizzare, dopo maestro e scrittore, non poteva che piazzarsi dietro la macchina da presa col debutto de La discesa di Aclà a Floristella (1992), storia di un ragazzino (Aclà) costretto a lavorare nelle miniera di zolfo, “solfara” in lingua siciliana, di Floristella. Una carriera che prosegue nel segno di una profonda e acuta ricercatezza nel vasto e complesso mondo della sessualità. Da Le buttane (1994) passando per Il macellaio (1998) a La donna Lupo (1999) e per chiudere con L’educazione sentimentale di Eugénie (2005). «Per me la sessualità è molto importante e ovviamente quando racconto delle storie, la sessualità dei personaggi è determinante per comprenderne la natura. Io penso che ci

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L’arancio amaro

di aurelio grimaldi

' il primo passo nell'orto botanico di Filippo Grasso sia una sorta di ipocrisia nel cinema che cerca di raccontare storie in cui la sessualità è adombrata». Non è un caso che quello che considera il miglior romanzo della letteratura italiana, cioè I promessi sposi, gli è sembrato sospeso «per l’assenza di quella prima notte di nozze tanto agognata e sulla quale ho voluto anche scrivere un racconto visto dalla parte di Lucia». Una filmografia che comprende anche i tre “pezzi” dedicati a Pasolini – Nerolio (1994), Rosa Funzeca (2002) e Un mondo d’amore (2003) – e la di-

rezione di una giovanissima Penelope Cruz ne La ribelle (1993). In mezzo a questa carriera formidabile, il pensiero si accartoccia su se stesso e viaggia a ritroso sempre verso gli anni Ottanta, verso il Malaspina. Non è un caso che proprio quel primo romanzo, costruito sulle sue esperienze di insegnante ventiquattrenne al carcere palermitano, sia tornato in stampa in edizione integrale nel 2013 per Elliot edizioni col titolo di Malaspina. «Per fortuna un po’ di cose sono cambiate, adesso hanno tolto i ca-


Speciale Orto Bòtanico

Perché non possiamo fare a meno di Grimaldi di Giuseppe Paternò di Raddusa Aurelio Grimaldi è uno dei pochi, in Italia, che sa ancora crollare nel fango e sporcarsi le mani. È sempre stato un cineasta fuori tempo massimo, un autore che a spasso coi tempi ci va solo quando gli pare, seguendo forme e direzioni plasmate esclusivamente dal suo rigore. Basti pensare al suo lavoro di sceneggiatore per Marco Risi nel fortunato dittico Mery per sempre – Ragazzi fuori (il primo ispirato al suo omonimo romanzo): Grimaldi è uno dei primi, se non il primo, ad affidare in Italia un ruolo predominante a un’attrice transgender, e a regalare alla tematica una dignità filmica di notevole spessore civile. Sullo sfondo, una Palermo insudiciata e meravigliosa, un non luogo (anti)urbano che Grimaldi magnifica con penna acuta e feroce. Il debutto dietro la macchina da presa non è lontano: il bellissimo – e sottostimato – La discesa di Aclà è un’opera dura, aspra come la Sicilia che le fa da cornice. La Sicilia, e le donne: le grandi ossessioni – se così si possono definire – del cinema di Grimaldi. A seguire dalla sua seconda fatica, La ribelle (con una giovanissima Penélope Cruz, Laura Betti e un finale memorabile), e soprattutto da quello che è forse il suo titolo più celebrato, Le buttane: un lavoro irriverente ed

meroni, sostituiti con delle stanzette a due a quattro». Le cose cambiano, ma «la storia si zappa a millimetri», ci spiega citando Ignazio Buttitta. «Oggi per esempio le giovani coppie del proletariato non fanno più 8/9 figli, la dispersione scolastica è diminuita, ma non scomparsa. Resta una disoccupazione spaventosa, e nelle case di questa gente, così come vent’anni fa ai tempi dei miei ragazzi di Malaspina, non ci sono giocattoli educativi, non ci sono libri, il livello culturale resta basso e manca una dignità lavorativa per i giovani genitori». L’ultimo passo, in attesa che ne compia ancora molti altri, è il documentario Alicudi nel vento (2015). Non è una chiusura del cerchio, ma la prosecuzione del suo mestiere. Aurelio interpreta se stesso, cioè un maestro che arriva nella minuscola isola delle Eolie, così come è realmente avvenuto circa vent’anni fa, e si rapporta con la gente del luogo. «Abbiamo tentato di fare un documentario che non fosse noioso, anche perché in questi ultimi trent’anni ho sempre sognato di raccontare questa stranissima isola, una realtà che resta per me un mondo unico e speciale».

estremo dedicato a un gruppo di mignotte, ispirato a un romanzo dello stesso Grimaldi intinto nell’impietoso, bellissimo bianco e nero firmato da Maurizio Calvesi. È un autore, Aurelio Grimaldi, che con il realismo e (soprattutto) con Pasolini ha sempre fatto i conti a modo suo: dichiaratamente nel biografico Un mondo d’amore (2003), con maggiore fantasia in Nerolio – Sputerò su mio padre, e con l’omaggio Rosa Funzeca, libero remake di Mamma Roma. E che, ancora secondo le sue testarde convenzioni, ha raccontato il sesso e l’erotismo come fossero un rigurgito contemporaneo di zozze, inevitabili concessioni umane: torride nella Palermo del Macellaio (1998), laccate nell’Educazione Sentimentale di Eugénie (2005, da de Sade). E tanti corpi, tanti sessi arrabbiati: come quello della predatrice Loredana Cannata nella Donna Lupo (1999), tensivo canto di rivolta ai perbenismi posticci che se non è uno dei film italiani più ingiustamente sottostimati degli ultimi anni poco ci manca. In mezzo ci sono altri titoli (Iris, L’ultimo re, il doc Figli di chi s’amava), e un futuro che vorremmo vedere presto: perché di Grimaldi, capitomboli e lirismi inclusi, abbiamo fatto a meno troppo spesso. È (ancora) tempo di rimediare.

Le motivazioni dell’assegnazione a cura di Daniela Fleres Per aver raccontato la Sicilia attraverso le pagine e la pellicola, sapendo imprimere “sapori” sempre differenti, dagli esordi come autore di una realtà lontana dall’immaginario comune toccando, spesso, argomenti scomodi come in Mary per sempre, all’amarezza dei sotterranei della miniera, visti sul grande schermo ne La discesa di Aclà a Floristilla. Con striature dolci e fiabesche è narrata la storia di Iris che, attraverso il suo percorso, fa un excursus dei vari modelli del genere umano fino a incappare anche nel male, che riesce ad affrontare con la scoperta di una precoce maturità. La passione color granata dell’erotismo, rappresentata ne Le buttane e ne Il macellaio, è mischiata al nero della cronaca e della realtà, utilizzando ingredienti ricercati e mai banali. Ad Aurelio Grimaldi la prima pianta dell’Orto Bòtanico della Terra di Bò, l’arancio amaro, frutto bello come la Sicilia ma che, come essa, nasconde e fa troppo spesso i conti con l’amarezza della quotidianità.

MovExtra Per l’intervista video ad Aurelio Grimaldi Move in Sicily moveinsicily.com

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lda Laro è pianista, clavicembalista, direttore musicale del palcoscenico, direttore del coro e vocal Coach. Pur essendo albanese di nascita e cittadina del mondo, per i suoi lunghi viaggi di formazione in tutta Europa, ha un rapporto particolare e intimo con la Sicilia.

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appreso lo stile, la cultura, l’arte, tutto ciò che riguarda la cultura, e qui penso di aver migliorato moltissimo la qualità del suono. Ormai mi sento un’italiana d’adozione a tutti gli effetti. Dopo l’Italia, in questo tuo peregrinare in giro per l’Europa, c’è anche una tappa in Francia. A 21 anni sono andata a Parigi per mia volontà, perché c’era un mio amico belga che si era trasferito da pochi

il Talento di Elda Laro Photo credit: © Cecilia Grasso

di Rosario Battiato

Com’è stata la vita di una bambina prodigio nel mondo della musica? Per me è stata una vita molto divertente, variopinta, svariata, con alti e bassi. Da un lato c’era la scuola che frequentavo perché mi divertiva moltissimo e dall’alto lato c’era la famiglia che era lontana, ma la musica mi ha portato la gioa totale. Quando ti sei resa conto che avresti fatto la pianista? Fu mia madre a rendersi conto del mio talento. A tre anni chiese a un suo caro amico di fare alcune prove musicali e lui rimase stupito. Le disse che avevo davvero un grande talento. Per cinque anni studiai a Scutari, la mia città che si trova nel nord dell’Albania, in seguito il ministero della Cultura mi portò a Tirana. A quel punto eri già una piccola star in Albania, ma poi hai sentito questa urgenza di continua a formarti altrove. Cosa è successo? Ho cominciato a viaggiare. La prima tappa è stata l’Italia e precisamente il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino. Del vostro paese ho

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mesi. Rimasi per tre settimane come turista, poi fui ascoltata da una decina di pianisti parigini, uno di questi disse che era molto interessato. Si trattava del pianista Claude Helffer e grazie a lui ricevetti una borsa di studio. Per me è stata una grandissima fortuna. Ricordo che prima ancora che cominciassi suonare mi diceva sempre: “Elda, è troppo forte” e io rispondevo che non avevo nemmeno toccato il piano. E lui: “È comunque troppo forte, anche quando respiri devi farlo in modo dolce”. Per me studiare con lui è stato davvero molto importante. L’esplorazione della musica contemporanea non ti ferma, perché passi anche all’approfondimento della cameristica all’Accademia di Fiesole e quella di Musikhochschule Mozarteum a Salisburgo in Austria. Poi arriva la Sicilia. La Sicilia giunge per caso, forse perché è proprio il caso a portare le cose più belle. All’epoca, siamo tra il 1999 e il 2000, seguivo l’Accademia di Alto Perfezionamento del Teatro alla Scala come

Maestro Accompagnatore, quando venni a sapere che c’era un’audizione al Teatro Massimo Bellini di Catania. Prima di prendere questa decisione ne parlai con un amico che mi disse: “La Sicilia è fatta per te”. Senza esitazione, non guardai nemmeno il programma, feci il biglietto e fu una vera fortuna perché venni presa e così cominciò la mia avventura in Sicilia. Un incontro speciale, visto che ancora oggi tornare da queste da parti è una tappa obbligata per te. Sì, decisamente. Di questo posto mi piace veramente tutto: dai profumi, alla luce, al colore. La vita mi ha poi portato a prendere altre decisioni, ad allontanarmi, perché spesso sento di dover cambiare. Però anche se non lavoro più qui, torno sempre ogni anno, come un appuntamento fisso. La scorsa estate ho portato in tournée in Sicilia il Konzertchor Muenster, un coro di cui sono direttrice, eseguendo il Requiem tedesco di Jahannes Brahms nella versione con due pianoforti. In

questo modo ho potuto far conoscere la Sicilia anche ai componenti del corso. A che punto ti trovi in questo continuo percorso in giro per l’Europa? Da tre anni sono direttrice musicale del palcoscenico presso lo Stadttheater di Muenster, Germania, direttore del Konzertchor, e Vocal Coach presso la Musikhochschule di Muenster. Dal gennaio del prossimo anno, invece, mi trasferirò al Deutche Oper di Berlino dove sarò maestro sostituto. Al momento questa è la mia tappa più importante anche se ho ancora tante idee. Ad esempio vorrei inaugurare l’anfiteatro di Villa Di Bella dirigendo La bohème.

MovExtra Per l’intervista video a Elda Laro Move in Sicily moveinsicily.com


Screenhot esclusivo di Iron Wings

VIDEOGAMES IN SICILY di Antonio Leo

LA LEGGENDA DI NAPS TEAM Dall’Amiga alla Playstation 4, la straordinaria (e folle) storia di una software house con base a Messina. Che ora l’ha pure ricostruita nel suo ultimo videogioco

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ice che c’è una software house che da oltre vent’anni, dall’Amiga alla Playstation 4, sforna videogames di successo. In Sicilia, a Messina. Dice che c’è una leggenda secondo cui i suoi fondatori «sono alti due metri e lanciano palle di fuoco». A sentire i racconti di Domenico Barba, co-papà del Naps Team insieme a Fabio Capone, oggi entrambi quarantenni, si ha la sensazione di stare dentro a un pezzo di storia dei videogiochi. Una narrazione incredibile che inizia quando due semplici appassionati di programmazione e grafica si mettono in testa di realizzare videogames. In Sicilia, a Messina. Una follia, pensando che a quei tempi non c’era internet e i giochi per Amiga non si scaricavano da qualche App store né tantomeno si potevano pubblicizzare a mezzo facebook. L’uzzolo dei due siciliani, però, si rivela lucidissimo. Pionieri in Italia insieme a Milestone (in origine Graffiti), il loro primo successo è Shadow fighter, picchiaduro (per i non avvezzi, si tratta dei giochi dove vince chi dà più

botte) persino migliore del più celebre Street fighter, convertito senza lode dai Coin-op (i cabinati delle sale giochi). «All’epoca – precisa Domenico – contemporaneamente al rilascio di Shadow fu convertito Mortal Kombat, che per assurdo era un nostro concorrente a livello internazionale. Noi piccolini contro Mortal Kombat». Una favola scritta soprattutto con tanta passione. «Io programmavo da tempo, anche Fabio faceva diversi lavori grafici. Si creavano dei gruppi di lavoro, di condivisione di determinate conoscenze. Per i giovani di oggi è sicuramente fuori dal mondo, ma a quei tempi c’erano le demoscene, cioè ragazzi che si organizzavano in gruppi per fare solo demo. Da quello viene la mia esperienza nella programmazione». Certo il percorso non è stato tutto rose e fiori. «Dopo Shadow, abbiamo realizzato altri titoli che non hanno avuto la stessa fortuna. La nostra strada è costellata anche di insuccessi che ci hanno aiutato a crescere. Da lì, infatti, venne fuori Gekido». «Sì, vabbè! L’hanno fatto in Sicilia, a

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Messina!», verrà da esclamare a chi ci ha giocato almeno una volta. Rilasciato nel 2000 per la prima Playstation, Gekido è un picchiaduro a scorrimento considerato uno dei migliori nel suo genere dagli appassionati di tutto il mondo. Una lotta urbana impreziosita dai personaggi disegnati dal noto fumettista Marvel, Joe Madureira, e dalle musiche di Fatboy Slim e Apartment 26. A quel punto il Naps team non era più soltanto il fortunato autore di un buon gioco per Amiga, ma una realtà consolidata del panorama internazionale. «Dalla fondazione a oggi – racconta Barba – siamo arrivati a quaranta titoli pubblicati. L’ultimo di rilievo è stato Boot Camp academy, realizzato per Ubisoft. Ultimamente, abbiamo prodotto un advergame dei Polaretti

per conto della Dolfin. Una scommessa tutta siciliana. Grazie a questa App, l’azienda ha ottenuto quattro volte i numeri di realtà grandi come Barilla o Ferrero. Si tratta di un passatempo senza pretese per i più piccoli». Il bello, però, deve ancora venire. Come rivela Barba a Move, infatti, entro i primi mesi del 2016, arriverà in versione mobile il sequel di Gekido. Inoltre nelle prossime settimane Naps team rilascerà un altro titolo, sempre per smartphone, Legendary knight. «Ma il progetto certamente più grosso – precisa Domenico – è Iron wings, che uscirà su Xbox e PS4. Si tratta di un videogioco di volo – un air game non simulativo – ambientato durante la seconda guerra mondiale, a cui lavoriamo da tre anni. Manca ancora un po’ di sviluppo, ma stiamo

lanciando una campagna su Kickstarter (uno dei più noti siti di crowdfunding, ndr) per accelerare i tempi e finirlo entro un anno». Addirittura nel gioco, che alcuni publisher hanno definito il Call of duty dell’aria, sarà possibile sorvolare la Città dello Stretto, ricostruita interamente per l’occasione. «L’abbiamo presentato a Microsoft, Sony, Konami. Nonostante i loro pareri positivi, lo pubblicheremo da soli». Infatti ormai per vendere un videogame non è più necessario il formato fisico, una cartuccia o un dvd (con tutte le spese che ne conseguono, dal packaging alla distribuzione), in quanto si scaricano direttamente dagli store online delle console. Perciò, afferma Barba, «tenteremo la strada solitaria: vogliamo continuare a crescere». In Sicilia, a Messina.

Screenshot da Gear Jack Black Hole Ad Acireale la factory di videogiochi ormai famosa in tutto il mondo per Gear Jack. A Catania un team internazionale pronto al grande esordio su console con Zheros.

Piwot games Ad Acireale c’è la factory Piwot Games che prova a farsi strada tra i videogame per smartphone. In principio fu Gear Jack, un runner che è andato così bene sugli store da richiedere un seguito: Gear Jack Black Hole, rilasciato a maggio 2014. «Nel gioco – ci spiega il fondatore di Piwot Games, Andrea Sancio – si prendono i comandi di un robot che corre e deve evitare ostacoli, raccogliendo oggetti per fare un punteggio più alto. Un passatempo ideale quando per esempio non hai niente da fare sull’autobus». Rispetto al primo che era pagamento, può essere scaricato gratuitamente sui sistemi Android e Ios. «Il videogame – continua Andrea – è andato benissimo, con oltre 3 milioni di download in tutto il mondo. Un risultato che ci ha convinti a usare la stessa formula per il prossimo gioco a cui stiamo lavorando: un visual game con le macchinine, in stile micromachine». E ora Piwot non si ferma soltanto al mercato del mobile, ma – complice l’avvento dei formati digitali – rilancia con le console: «Stiamo lavorando alla versione di Gear Jack per Xbox e PC». L’azienda catanese si regge di fatto su quattro gambe, quelle di Andrea (programmatore) e del socio Gaetano (grafico). «Per quanto riguarda le musiche ci forniamo da un gruppo di Manchester – aggiunge Sancio –. Oggi, quando serve qualcosa, è veramente facile trovare le competenze che ti servono con un semplice scambio di mail». Andrea è ancora giovane, ogni giorno riceve «tantissime offerte dall’estero», ma ha deciso di restare in Sicilia. «Perché a me piace vivere qua e poi per questo tipo di lavoro servi tu e un pc connesso a internet». Certo negli Usa o in Cina «avrei un’attenzione diversa dallo Stato e pagherei meno tasse». (al)

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Rimlight studios Rimlight studios pensa in grande. Fondata ad aprile dell’anno scorso, la software house catanese sta portando a termine il suo primo videogame, Zheros. «Siamo quasi alla conclusione, stiamo facendo gli ultimi ritocchi e tarando il gameplay – spiega Fabio Ilacqua, direttore artistico e tra i fondatori – Il gioco dovrebbe uscire entro la fine dell’anno. Al momento è previsto per Pc e Xbox one, ma stiamo valutando di realizzare anche la versione per PS4». Ma di cosa si tratta? «Zheros è un gioco in cui si affrontano una serie di nemici per completare un livello. Si rifà ai classici del passato come Double dragon, a cui abbiamo giocato quando eravamo ragazzini su Amiga o sul Super Nintendo. Da lì nasce Zheros, che è un po’ strizzare un occhio al passato aggiungendo qualche elemento nuovo e adattandolo ai gusti dei giocatori di oggi. C’è anche qualche elemento di platform, alterniamo momenti di puro combattimento ad altri in cui bisogna evitare ostacoli, trappole, saltare da una piattaforma all’altra». In controtendenza rispetto a molte piccole case produttrici che iniziano con il mercato del mobile, Rimlight ha deciso di puntare subito sulla Serie A dei videogiochi, le console. «Fin dall’inizio – precisa Fabio – abbiamo fatto una scelta strategica, considerando il background del nostro team. E poi, sebbene c’è stato un piccolo calo negli ultimi tre anni, il mercato delle console sta tornando ai livelli di un tempo». Quella di Fabio, è una storia di ritorno. A 35 anni, dopo aver avuto varie esperienze all’estero, ha deciso di rientrare nell’Isola per costruire “una realtà che vuole dire la sua”. Oggi nell’azienda etnea lavorano otto persone: «Io mi occupo della parte grafica – continua Ilacqua – in un team che è composto soprattutto da stranieri». Una realtà internazionale che guarda già oltre Zheros: «Stiamo discutendo del nostro prossimo progetto e cercando nuove figure sul territorio per crescere». (al)


Trekking&Mountain-bike

la pista Altomontana dell'etna di Giuseppe Caruso IL SENTIERO. Dal cancello del Demanio Forestale Feliciusa Milia si percorre un tratto inizialmente asfaltato tra bei pini larici. Sulla destra si scorge un piccolo rifugio. Si prosegue dritto al primo bivio presso Monte dei Santi - la strada di destra proviene dall’ingresso di Piano Vetore e dal rifugio di Monte Nero degli Zappini allestito presso la grotta di scorrimento lavico S. Barbara. Poche centinaia di metri e si costeggia il Giardino botanico Nuova Gussonea, istituito nel 1979. Il Giardino consta di dieci ettari con le diverse essenze arboree endemiche. Più avanti è l’altarino di San Giovanni Gualberto (il patrono celebrato dai Forestali) e l’omonimo rifugio con antistante area attrezzata. Si prosegue in salita per alcuni chilometri, lasciando a destra Monte Denza e uscendo dalla pineta nell’ampio e panoramico deserto costituito dalle lave del 1610, sino al rifugio della Galvarina (aperto e munito di acqua). Lasciato a sinistra il

sentiero che proviene dalla bella pineta di Monte Albano, la pista attraversa antiche lave rossastre colonizzate da pini larici e ginepri, con suggestivi scorci delle pendici occidentali del vulcano (qui la pista raggiunge la sua quota più alta), e conduce in breve al rifugio di Monte Palestra (o Poggio La Caccia). Qui, una bella single-track sottostante il pianoro panoramico attraversa una sorta di giardino roccioso costituito dalla colonizzazione vegetale di una colata del sec. XVII. La pista scende adesso attraverso un boschetto di betulle e pioppi; s’incontrano in successione: un caratteristico pagghiaru (piccolo ricovero tipico), le Bocche di Fuoco del 1843, la notevole grotta di Monte Nunziata (mt 1833 s.l.m.). Superate le lave del 1832 (che si arrestarono alle porte di Bronte, nei pressi dell’Altarino della Madonna della Nunziata), si giunge ad un bivio. Qui la pista principale piega a sinistra per il rifugio di Monte Scavo (con ci-

Il sentiero principale che circumnaviga il vulcano a un’altitudine media di 1750 mt s.l.m. Un viaggio nei boschi etnei alla scoperta di specie endemiche, colate storiche, grotte laviche, crateri avventizi e ampi panorami; con uno sguardo alla storia millenaria attestata dai diversi toponimi. E la possibilità di pernottare nei bei rifugi presenti lungo il percorso 019


Photo credit: © Giuseppe Caruso

sterna d’acqua), lasciando a destra il sentiero che consente di passare per il piccolo rifugio di Monte Maletto e la vicina Grotta delle Vanette, con peculiari cunicoli di scorrimento e ingresso anticipato da una trazzera naturale. Si supera la maestosa sagoma di Monte Maletto (mt 1773 s.l.m.) sino a raggiungere il sentiero che sale da Maletto e passa per i due rifugi di Monte La Nave, uno dei quali è poco distante dalla recinzione; l’altro si trova molto a valle, in una pineta prossima alla caratteristica sagoma del monte. Proseguendo sulla pista Altomontana, si aprono ampie vedute sulla valle settentrionale dell’Etna (con sullo sfondo i Nebrodi), si attraversano le lave del 1536 e del 1614-24 (che giunsero alle porte di Randazzo) e diversi rimboschimenti di pini. Finalmente, si giunge al colorato Rifugio di Monte Spagnolo (aperto), antistante il quale sono i ruderi della Casermetta (mt 1440 s.l.m.) e una delle più belle faggete dell’Etna, molto suggestiva in autunno. Da qui si può scegliere di inoltrarsi nella faggeta, tenendo la destra al bivio che invece scende al Rifugio Saletti, e dirigersi attraverso la magnifica faggeta sino al rifugio di Monte Santa Maria; oppure, allungando un po’, proseguire dritto al bivio, attraversare le bocche e la lava del 1981 (che lambì ad Est l’abitato di Randazzo) e passare dal Rifugio Saletti (aperto), collocato al confine tra querce, vetuste ginestre (quelle che si incontrano salendo da Case Pirao) e un fitto rimboschimento di pini. Prima di raggiungere il sopraelevato e aperto rifugio di Monte S. Maria (bella la vallata alle spalle di esso), sulla sinistra un cartello indica il monte (mt 1632 s.l.m.), dal cui orlo si gode un sublime panorama a 360°. Proseguendo oltre il rifugio si attraversano le lave di Collabasso (un promontorio ricoperto di lava) del 1614-’24 e del Passo dei Dammusi, dove osservare le particolari e rare formazioni laviche (dammusi, lave cordate, megatumuli, hornitos) di quella eruzione, la più lunga tra quelle storiche. Nei pressi del bivio è la Grotta dei Lamponi. Da qui si può iniziare l’impegna-

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tiva ascesa alla Grotta del Gelo (2043 m s.l.m.), dove all’interno perenni si conservano stalattiti e stalagmiti di ghiaccio. L’escursione è da affrontare ben equipaggiati e con la giusta attrezzatura, preferibilmente accompagnati da guide esperte. Sempre al bivio, invece, lasciando l’Altomontana per il sentiero di destra, si entra nella faggeta di Monte Timpa Rossa, per poi uscire nell’ampia radura di lave del secolo scorso. Da qui bisogna risalire per una cinquantina di metri costeggiando il bosco per trovare il passaggio che porta al bel rifugio Timparossa (aperto e con cisterna). Ancora, dalla radura si può raggiungere Piano Provenzana (e il recente teatro eruttivo del 2002), attraverso una single-track, avendo come punto di riferimento Monte Nero (m 2049 s.l.m.). Dal bivio presso la Grotta dei Lamponi si procede per Piano delle Palombe, incontrando, dentro il bosco, la Grotta delle Femmine e la deviazione per quella delle Palombe (quadrivio e indicazione presso un altarino), con rifugio nei pressi (tipico forno a pietra all’interno) e un altro caratteristico ricovero lungo la deviazione. Dal quadrivio nei pressi dell’altarino – il sentiero sovrastante è una scorciatoia per/ dal rifugio Timparossa – si prosegue sull’Altomontana incontrando colate laviche, dagale e sparsi pini larici; punti panoramici sulla Valle dell’Alcantara; le bocche del 1911 (sulla destra) e la piccola area attrezzata di Monte Rossello. Infine, si entra dapprima in un bosco misto di querce nei dintorni della Caserma Forestale Pitarrone (1481 m. s.l.m), e poi nella magnifica Pineta Ragabo, fino al Rifugio Brunek e al Rifugio Ragabo, entrambi aperti e gestiti. Nei pressi di un tornante, qualche km più sotto del Rifugio Ragabo, un tratto di sterrato sulla destra ci conduce in breve allo Zappinazzo, il più grande pino etneo (31 m di altezza, 5 m di circonferenza). Il sentiero si inoltra nella pineta, attraversa colate laviche (recenti e dei secoli scorsi) e conduce fino alla zona attrezzata con rifugio di Monte Crisimo, dove apprezzare una bella vista panoramica del mare di Taormina e della costa calabra.


La scheda Lunghezza: circa 42 chilometri Dislivello: circa 300 metri Tempo di percorrenza a piedi: 2-3 giorni Difficoltà: medio - alta Punto di partenza: cancello Demanio Forestale Regionale Feliciusa Milia (m. 1685 slm) Punto di arrivo: Caserma Pitarrone, zona pineta di Linguaglossa (m. 1421 slm) Informazioni utili Il sito ufficiale dell’Ente Parco dell’Etna: www.parcoetna.it

Equipaggiamento e stagionalità. L’itinerario dell’Altomontana va preparato accuratamente: l’equipaggiamento, gli strumenti, le provviste, l’occorrente per l’eventuale pernottamento. Tutta la pista (40 km circa) si percorre a piedi in due giorni (se allenati, altrimenti è preferibile in tre giorni), pernottando, muniti di sacco a pelo, presso uno dei tanti rifugi dell’Azienda Regionale Foreste Demaniali che s’incontrano lungo il percorso. In mountain-bike si percorre anche in un giorno, se ben allenati. Portare acqua al seguito perché per tutto il tratto in sterrato non ci sono né sorgenti e né possibilità di rifornirsi di acqua potabile. Portare anche barrette, integratori o

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iccardo Merendino è il presidente del Comitato Scacchistico Siciliano.

Scacchi e Sicilia, un binomio storico. La Sicilia è una terra dalle grandi tradizioni scacchistiche, basti citare Paolo Boi detto il Siracusano, giocatore di grande fama (XVI Secolo), e il contemporaneo Don Pietro Carrera (Militello CT), sacerdote appassionato e studioso degli Scacchi. A entrambi oggi sono dedicati due circoli: il Paolo Boi di Siracusa e l’Accademia Don Pietro Carrera di Catania. La difesa del Nero più giocata a livello mondiale è indubbiamente la Difesa Siciliana per difendersi contro la mossa 1 e4 del Bianco.

altro al seguito. Sconsigliata in inverno. Per raggiungere gli ingressi Bus di linea e bus navetta che da Catania (slargo antistante stazione ferroviaria e altri punti) e dai paesi etnei portano a Zafferana o Nicolosi e da qui al Rifugio Sapienza (Etna Sud), in modo da ritrovarsi a poca distanza dall’ingresso di Piano Vetòre o Feliciusa-Milia; o da Linguaglossa al bosco Ragabo (per il versante Etna Nord). Esiste anche qualche buona combinazione con la ferrovia circumetnea, ma le fermate più vicine al Parco sono quelle di Bronte e Adrano (da Piano dei Grilli si raggiunge l’Altomontana passando per la pineta di Monte Albano).

La mossa della mente gli scacchi siciliani

raccontati da Riccardo Merendino di Rosario Battiato Come sta il movimento scacchistico isolano? Tra le associazioni siciliane tutte meritevoli di menzione per la passione e l’impegno che le accompagna nella loro quotidiana attività, ricordiamo la asd Lilybetana, migliore associazione del Sud Italia nel 2013, e campione nei Giochi Sportivi Studenteschi per due anni di seguito con il Liceo Scientifico P. Ruggeri di Marsala, il Centro Scacchi Palermo migliore associazione del Sud Italia nel

2009 e Campione d’Italia a squadre Under 16 nello stesso anno, il Circolo Palermitano Scacchi che disputa la Massima serie del Campionato Italiano a squadre, il Circolo Amici della Scacchiera di Erice che organizza oramai da qualche anno l’evento Internazionale più atteso in Sicilia, il “Torneo Terra degli Elimi”, l’asd Accademia Monrealese, organizzatrice di eventi nazionali e internazionali in Sicilia e in Italia. Ultimamente ha organizzato il Campionato

Italiano Under 16 di Scacchi a Montesilvano Lido di Pescara.

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lo di Maestro, prima evento rarissimo. Solo quest’anno infatti lo hanno conseguito il sedicenne Riccardo Marzaduri della asd Acicastello di Catania e Michel Bifulco del Circolo Palermitano e molti altri sono in procinto di raggiungere questo obiettivo. Quasi sono i nomi più importanti tra gli adulti?

State lavorando sui campioni del futuro? Oggi la Sicilia è tra le più forti regioni d’Italia per settore giovanile, organizzazione e per livello dei propri giocatori di punta. Per i numeri il settore giovanile siciliano è terzo dopo Lombardia e Veneto. Da noi l’attività inizia già dai 6/7 anni con corsi organizzati presso i circoli e le scuole elementari. Siamo tra i primi d’Italia per il numero e la qualità degli Istruttori, ben distribuiti tra le province dell’Isola. I risultati si vedono: proprio quest’anno possiamo vantare la campionessa Italiana Under 8 Elena Camalleri della Chess Academy di Bagheria e il Campione Italiano Under 18 Andrea Favaloro della asd Kodokan di Messina. Entrambe le associazioni sono, insieme alla GelaScacchi di Gela (CL), molto attive nell’attività giovanile. La qualità del lavoro didattico svolto si vede anche con la maggiore frequenza, rispetto al passato, con la quale i nostri ragazzi acquisiscono il tito-

Tra i nostri giocatori di punta non possiamo non ricordare i Maestri Fide, Andrea Amato, Mario Ferro e Piero Mazzilli (PA), Francesco Bentivegna (EN), il Maestro Alessandro Santagati (CT) solo per citare i giocatori con un tetto di elo (rating personale) oltre la soglia di 2200 punti. Nostro campione regionale è il giovanissimo (Under 20) Pietro Pisacane della Don Pietro Carrera di Catania, che quest’anno ha ottenuto anche il terzo posto assoluto nel campionato Italiani Under 20. Infine vorrei citare il prof Santo Spina, autore di pubblicazioni sulla storia degli Scacchi in Sicilia, vera e propria autorità in campo nazionale e Antonino Profera depositario a Mazara di un ampia biblioteca a tema scacchistico. Qual è il ruolo del Comitato? L’attività del Comitato Scacchistico Siciliano è principalmente di coordinamento e di indirizzo delle attività delle associazioni. In particolare il Comitato organizza annualmente il Campio-

nato Italiano a Squadre di tutte le serie dalla Serie A1 alla serie Promozione, nella formula “Raggruppamento”, in tre giorni, con partecipazione di oltre 50 squadre e più di 250 giocatori tra titolari e riserve. L’ultima Edizione si è svolta nel mese di marzo presso un noto hotel dell’ennese. Oltre all’organizzazione dei

Campionati Regionali Giovanili (150/200 partecipanti) e dei Campionati Sportivi Studenteschi (oltre 200 giocatori e decine di scuole), ogni anno il Comitato Siciliano organizza un Campus per i Giovani Talenti Siciliani offrendo gratuità nell’alloggio e un grandissimo livello tecnico nello staff di Istruttori: quest’anno il GM Igor Efimov e il Direttore Tecnico della nazionale Italiana il cubano Lexy Ortega, tanto per citare solo le star internazionali presenti in qualità di tecnici. Tutto finalizzato alla migliore crescita dei ragazzi, circa 50 in quest’ultima edizione, che nel corso della stagione si sono distinti per talento e passione per la nostra disciplina. Si è finalmente superata la versione cinematografica dello scacchista geniale e distaccato dalla realtà? Questo nostro impegno nel settore giovanile ha modificato quella che è storicamente la visione del giocatore di scacchi, visto spesso come persona geniale, cervellotica o comunque particolare, distante dai problemi quotidiani e dagli altri. Oggi gli Scacchi sono lo “Sport per la

Le foto sono state gentilmente fornite dal Comitato Scacchistico Siciliano

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Mente” per eccellenza. Sono riconosciuti dal Coni dagli anni ‘90 come sport, strutturati come qualunque disciplina sportiva, adatta a qualunque età dal giovanissimo all’anziano, apportatrice di benefici oramai riconosciuti universalmente. Parliamo di aspetti spesso trascurati dalle altre discipline sportive più “fisiche”, aspetti come la concentrazione, l’attenzione, la capacità di analisi, il pensiero astratto. Ma, naturalmente, gli Scacchi hanno anche tutte le funzione proprie degli altri sport, visto come importante collante sociale, nella crescita e formazione della personalità e del carattere, come il rispetto delle regole, l’assunzione della responsabilità, il rispetto dell’avversario e lo stare insieme.

La scheda 953 atleti tesserati 28 società sportive 30 arbitri, 123 istruttori, e 8 scuole di scacchi www.siciliascacchi.it sito ufficiale del comitato scacchistico italiano



Malèna di Giuseppe Tornatore Italia 2000, 109’ Trama: Ambientato in Sicilia negli anni della II Guerra Mondiale, è la storia della folle passione che un ragazzino, Renato Amoroso, nutre per la donna più bella e desiderata del paese: Malèna. Mentre Renato scopre la sessualità immaginando la donna, di volta in volta, come la Jane di Tarzan, Cleopatra, la pupa del gangster o la bella dei calendarietti per barbieri, Malèna vive la sua parabola da giovane moglie, poi vedova, a prostituta. Intanto Renato, ora adulto, ricorda quello che gli successe tredicenne in Sicilia. Location: Siracusa, Catania, Realmonte (Scala dei Turchi), Poggioreale Cast: Monica Bellucci, Gilberto Idonea, Pippo Pattavina, Lucia Sardo Tutte le location del film si trovano sull’app di MovieinSicily scaricabile gratuitamente da tutti gli store e/o sul sito movieinsicily.org A cura di Giorgia Butera e Daniela Fleres

ph Francesca Consoli e Valentina Giuffrida


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