Numero 3/2006

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Euronote

di Andrea Pierucci

Nuova relazione fra la Commissione europea ed i Parlamenti nazionali L’Unione europea va avanti, nonostante tutto. Se quest’affermazione era vera qualche settimana fa, adesso lo è ancora di più. Paradossalmente, però, i termini non cambiano. I Ministri degli esteri non hanno fatto alcun serio passo in avanti per decidere sul futuro della Costituzione, nondimeno sono sta­ te prese o annunciate decisioni importanti in ma­ teria istituzionale in altre sedi. Non certo per com­ piacere alla redazione di questa rivista, alcuni dei principali argomenti di questi sviluppi sono stati trattati con passione e intelligenza dal Presidente Napolitano durante il suo mandato al Parlamento europeo. In particolare, Giorgio Napolitano è stato autore di un’importante risoluzione del Parlamen­ to europeo sulla questione dei Parlamenti nazio­ nali nel sistema dell’Unione europea, che aveva consentito un accordo in seno alla Convenzione sulle disposizioni da introdurre nella Costituzione. Il merito della proposta fu quello di presentare il ruolo dei Parlamenti nazionali non in opposizione a quello del Parlamento europeo e di trovare un orientamento incentrato, soprattutto, sullo svilup­ po complessivo della democrazia europea. La prima novità di queste settimane consiste, ap­ punto, nella decisione della Commissione europea di trasmettere direttamente ai Parlamenti nazio­ nali le proprie proposte legislative, indicando loro che la Commissione è pronta a rispondere ai loro rilievi ed alle loro richieste di chiarimenti. Si badi: in sé la decisione è banale. Già oggi, tutte le pro­ poste della Commissione sono su internet dal mo­ mento della loro adozione nelle tre lingue di lavoro (francese, inglese e tedesco) e, appena possibile, in tutte le altre lingue. Già oggi, le regole interne della Commissione la obbligano a rispondere entro 15 giorni a qualsiasi lettera ricevuta (a maggior ra­ gione, ovviamente, se la lettera arriva da un’istitu­ zione parlamentare). La novità significativa sta nel fatto che la Commissione prende una sorta d’im­ pegno a dialogare con i parlamenti nazionali che lo desiderano e che, nonostante qualche malumore di quattro Stati membri e di parlamentari europei, la questione sembra essere assolutamente ben ac­ colta da tutti. In particolare, l’hanno accolta favo­

revolmente anche i Parlamenti che, grazie ad una forte collaborazione con i rispettivi governi, erano già largamente implicati nella vicenda legislati­ va europea. Bisogna ricordare che la Costituzione (che, si ricorda non è entrata in vigore) prevedeva una misura analoga, assortita da due altri elemen­ ti. Il primo era che se un terzo o un quarto (secon­ do la materia) dei parlamenti avesse espresso delle riserve su una proposta, la Commissione avrebbe dovuto riesaminare la proposta stessa. Il secondo era che la ragione dell’opposizione poteva attenere solo al rispetto del principio di sussidiarietà. Ora, nessuna di queste regole compare nella decisione presa dalla Commissione, che conferma così la sua decisione di non anticipare la Costituzione. Sembrerebbe una decisione minore, in attuazione, sia pure estensiva, del Trattato in vigore. Invece essa contiene elementi d’innovazione sostanzia­ li e, probabilmente, dei passi avanti rispetto alla stessa Costituzione. Secondo il sistema che si do­ vrebbe creare, ogni Parlamento potrà criticare una proposta da qualsiasi punto di vista (sussidiarietà, ma anche orientamento politico o qualità dei sin­ goli articoli) e obbligare la Commissione a discu­ terne – anche perché non saranno certo i servizi a rispondere, ma la Commissione stessa. Certo, non v’è l’obbligo della revisione della proposta critica­ ta, ma una reazione comune di un certo numero di Parlamenti porterà necessariamente ad una va­ lutazione dell’opportunità di mantenere, ritirare o modificare una proposta. Vorrei, inoltre, attirare l’attenzione sul valore isti­ tuzionale della decisione. Si può immaginare che i Parlamenti, generalmente costituiti intorno ad una maggioranza che sostiene il governo, segua­ no l’indirizzo dell’esecutivo anche nelle questioni inerenti alla legislazione europea. Non credo che le cose andranno necessariamente in questo senso. In primo luogo, se un Parlamento si sente, nel caso specifico, rappresentato dal proprio governo non sarà particolarmente spinto a rivolgersi alla Com­ missione, se non, eventualmente, per sostenere il governo stesso; ma questo è il caso meno interes­ sante e politicamente meno complesso per la Com­ missione. La questione diventa politicamente più sensibile se il governo non accetta di seguire l’in­ dirizzo parlamentare – che è cosa possibilissima in materia legislativa. Addirittura in certi casi si può verificare che due camere di un Parlamento bica­


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