Mediaterraneo News 1-14 aprile 2020

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Anno 12 - N. 84 1-14 aprile 2020 Distribuzione gratuita

Premio Giornalisti del Mediterraneo 2016

MEDI@TERRANEO news - Periodico del Master di Giornalismo di Bari Ordine Giornalisti di Puglia - Università degli Studi ‘Aldo Moro’ di Bari Editore: Apfg - Bari Direttore Responsabile: Lino Patruno Registrazione Tribunale di Bari numero 20/07 del 12/04/2007

Redazione: Palazzo Chiaia-Napolitano via Crisanzio, 42 - Bari email: master@apfg.it

“Lo spietato non sono io” Intervista al virus, che si discolpa

a p a g g . 4 , 5 , 6 e 7 L at o r r a t a e M a s tr a n g e lo a lt r i s e r v iz i d i B u s s u , C a r b o n e , C a r lu c c i, Lo p e z , M i t ar o t o n d o , P a st o r e , P i s co p o , S a r c i ne l li 1

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“Mio caro virus io ti ho battuto” Massimo racconta

Quattordici giorni possono cambiare la vita di un uomo? Se trascorsi in ospedale a causa del Covid-19, forse sì. Ecco come è andata

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ASCLEPIOS Il reparto del Policlinico di Bari durante l’allestimento. Qui sono ricoverati i pazienti positivi al Covid-19

“Non auguro a nessuno di vivere quello che mi è capitato. Solo chi contrae questo maledetto virus può capire. Ti senti finito, solo, e devi trovare dentro di te la forza per sconfiggerlo”. Sono le parole di Massimo Aiuolo, 48 anni, titolare di una ditta di impianti elettrici, che dopo due settimane di ricovero al Policlinico di Bari perché positivo al Coronavirus, il 31 marzo è stato dimesso. Massimo per ora ha vinto la sua “battaglia” ed è tornato a casa, a Palese in provincia di Bari, dove vive con la moglie e due figlie adole-

Nuove abitudini

Il tempo scorre: lento o in fretta?

Tutti a casa, settimana 4: Ma chi ce l’ha mandato questo virus? Sono i giorni in cui si preannuncia la “fase 2”. Il sito dell’Inps hackerato, le collette alimentari. I primi pazienti guariti. L’ora legale. La luce che entra dalle finestre e si riflette nei nostri schermi sempre accesi: è primavera. Fuori. Ma noi siamo dentro. Con Salvini e D’Urso che recitano in diretta la preghiera dei morti. Neanche l’eterno riposo riposa.

Tutti a casa, settimana 5: No ai riti pasquali che potrebbero creare assembramenti. La gioia dei maturandi per l’esame di Stato. E noi, allievi del master in giornalismo, che vediamo allontanarsi il beneamato stage e l’esame per diventare professionisti. Il pensiero vola ancora verso il dopo. Il dopo di un conto in sospeso, di un sogno da inseguire, di una vita da vivere. Siamo sicuri di essere pronti? 1-14 aprile 2020

scenti, ma è ancora in isolamento. Sul loro futuro c’è un punto interrogativo perché il virus potrebbe essere ancora lì. Sono in attesa, infatti, dell’esito dei tamponi che tutta la famiglia ha fatto, dopo le continue richieste da parte della moglie. L’intervista è stata realizzata in più giorni, tramite messaggi whatsapp, perché Massimo fatica ancora a parlare. Come ha scoperto di aver contratto il virus? Avevo la saturazione bassa, ero sfinito, debole, non mangiavo e non riuscivo a stare in piedi. Il pomeriggio del 17 marzo mia moglie mi ha accompagnato al pronto soccorso del Policlinico. Già la settimana precedente avevamo cercato aiuto, ma senza risultato. In che senso? Avevamo chiamato prima il 1500, il numero per le informazioni sul Coronavirus, poi il dipartimento di prevenzione e il 118. Arrivato al Policlinico, invece, ho seguito una corsia dedicata dove mi hanno fatto subito il prelievo del sangue e il tampone. Intorno a mezzanotte il verdetto: Covid-19. Come ha reagito? Mi è crollato il mondo addosso, perché fino a quando vedi le immagini e ascolti le voci in televisione, ti sembra tutto distante e non pensi che possa colpire proprio te. Come ha vissuto l’esperienza dell’isolamento? La sera del 21 marzo mi hanno trasferito al quinto piano dell’Asclepios (è uno degli “hub”


Il punto di vista

“Il simbolo di questa quarantena è senz’altro la mascherina, che per certi versi è anche una maschera. La maschera di noi banditi pronti a combattere la nostra battaglia”. S e tra tutte le immagini della quarantena, quella dei banditi non era stata ancora evocata, ci ha pensato Filippo Silvestri, filosofo e docente di semiotica all’Università degli Studi di Bari “Tuttavia - ha proseguito Silvestri questa non è una guerra in senso stretto. Non c’è lo scontro tra i corpi, come siamo abituati a vedere, ma un nemico invisibile che aleggia nelle città deserte”. Oscilliamo tra la sensazione della morte, del misurarci con il limite della vita e il bisogno di muoverci. Ora però l’attenzione si sta spostando dalla questione della salute a quella economica. “Perché – ha spiegato il filosofo – si sta profilando il rischio di una guerra sociale rispetto alla quale, almeno per il momento, si tende a censurare alcune immagini e a mostrare altre. Una prima avvisaglia di questo timore c’è stata un mese fa, quando abbiamo visto quelle immagini dalle carceri” (Il riferimento è alle rivolte scoppiate in alcune carceri italiane il 9 marzo dopo il divieto di incontri con i familiari a causa del Covid-19 ndr). “I giornalisti, infatti, sono chiamati a scegliere cosa mostrare e cosa non mostrare. Se da una parte l’informazione tele-giornalistica sta funzionando bene (almeno nel servizio pubblico), dall’altra c’è quella dei social, dove si fa più isterica. Torna così il problema della disintermediazione”. Uno scenario nel quale stiamo assistendo, secondo il professore, alla comparsa di nuovi protagonisti: “Ho la sensazione che la ‘parola politica’ sia un po’ passata di mano, nel senso che prima aveva dei protagonisti, penso per esempio a Matteo Salvini. Ora la comunicazione politica è quella di Giuseppe Conte, di Angelo Borrelli, ma anche dei medici e degli infermieri quando vengono intervistati. Ci sono una grammatica e un dizionario diversi, più diretti e concreti nel raccontare quello che è un problema di salute che ci riguarda tutti”.

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Noi, mascherati in guerra per voi

pugliesi che ospita i pazienti affetti da Coronavirus, l’altro è l’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti ndr). In quei giorni ero molto debilitato fisicamente e moralmente. I medici hanno iniziato a somministrarmi delle vere e proprie bombe di medicinali, continui prelievi per l’emogas. Poi elettrocardiogrammi e raggi al torace. Nessuno dei medici però si sbilanciava. Quindi è rimasto nell’Asclepios per circa due settimane. Sì. Quei giorni li ho trascorsi tra ansia e paura. Soltanto chi vede quel reparto può comprendere il senso di vuoto e di sospensione che si prova. Io devo ringraziare tutti i medici e gli infermieri per quello che hanno fatto per me e per quello che continuano a fare per tanta gente. Quando le hanno detto di essere guarito? Poco a poco ho iniziato a stare meglio, e negli ultimi due giorni di ricovero ero risultato negativo a tre test. Erano le 21 del 31 marzo, quando il medico è entrato nella mia stanza con la cartella in mano e mi ha detto che mi avrebbero dimesso. Un’ora e mezza dopo era a casa. Che messaggio vuole dare a chi sta leggendo? A tutti coloro che sono a casa, e soprattutto a quelli che ancora escono, trasgredendo il decreto legge, voglio dire di fermarsi per qualche istante e pensare al dono più grande che abbiamo, la nostra vita. Anna Piscopo

I VOLTI Come banditi mascherati in “guerra sociale” contro il nemico invisibile. Nel riquadro, Massimo Aiuolo

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Intervista al virus Parla e fa anche lo spiritoso

Ormai da gennaio, il Covid-19 è parte integrante della nostra vita, ma è ancora quasi uno sconosciuto. Undici domande per conoscerlo meglio

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GLI OSPEDALI Da febbraio scorso, interi reparti ospedalieri, in tutta Italia, sono destinati ai contagiati da Covid-19

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Se qualcuno ci chiedesse di intervistare il Covid-19 oggi, ci immagineremmo in una stanza asettica con luci al neon e perfettamente divisi a metà da un vetro protettivo. Dall’altra parte, quello che sembra un batuffolo di fuliggine, tipo i nerini del buio di Miyazaki; ma non nero, piuttosto di un bianco che tende al verdognolo e con un sorriso beffardo stampato su quella che si può definire faccia. Perché questa volta non è lui a scappare davanti a una risata, anzi, è lui che ride sornione ammirando la paura che serpeggia solo a nominarlo. Immaginiamo il Covid-19 come un uomo in affari, con i minuti contati e una mole di lavoro da sbrigare, a guardare continuamente l’orologio - se avesse un braccio al quale metterlo. Ragion per cui mi accoglierebbe così: “Ragazze mie non ho molto tempo. Il mio è un lavoro a tempo pieno e l’America è un osso duro, peggio della Cina. Quindi spero che le domande siano brevi”. E così inizia l’intervista. Ormai stiamo imparando a conoscerla, ma ancora non siamo riusciti a mettere a fuoco la sua origine. È corretto dire che lei provenga dalla Cina? Siete tutti ossessionati dal voler sapere la mia origine. Vorrei tanto conoscere cosa cambia sapere se vengo dalla Cina o dal Tibet o dall’Uganda. Ormai sono qui con voi. Non vi serve sapere da dove vengo, ma fin dove posso arrivare.

Comunque penso proprio di sì, che la mia origine sia cinese; o meglio, in Cina ci sono stati una serie di fattori a me favorevoli e che hanno permesso la mia prima manifestazione in quel Paese piuttosto che in un altro. Non sono stato creato in laboratorio, come avete ipotizzato altrimenti sarei stato dieci volte più forte, ma il passaggio dall’animale all’uomo è stato del tutto “naturale” (l’affermazione trova riscontro nell’articolo “The Proximal origin of Sars-Cov-2” del 17 marzo, uscito sulla rivista medica scientifica internazionale “Nature Medicine” quando scrive: “Pertanto, il legame ad alta affinità della proteina di picco SARS-CoV-2 con l'ACE2 umano è molto probabilmente il risultato della selezione naturale su un ACE2 umano o simile all'uomo che consente la formazione di un'altra soluzione di legame ottimale. Questa è una prova evidente che SARS-CoV-2 non è il prodotto di una manipolazione intenzionale” stralcio dell’articolo e ritrovabile all’interno del primo paragrafo “Mutazioni nel dominio del recettore del SARS-Cov-2”). Ha parlato di passaggio naturale dall’animale all’uomo, ma lei si è accorto di quando questo passaggio è avvenuto? Se devo essere sincero no. Non pensavo neanche io di poter effettuare questo salto della specie. Tuttavia, avendo letto “Spillover” di David Quammen magari me lo sarei potuto immaginare. Ho iniziato ad aver sen-


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tore del cambiamento quando l’ “ospite” ha iniziato a essere più resistente: negli animali la difesa immunitaria era molto più labile, mentre con l’uomo ha iniziato a essere più resistente; non sono pochi sono quelli guariti dopo avermi ospitato. È stata una sfida personale. (In “The Proximal origin of Sars-Cov-2” su “Nature Medicine”: “È possibile che un progenitore della SARS-CoV-2 sia saltato nell'uomo, acquisendo le caratteristiche genomiche attraverso l'adattamento durante la trasmissione da uomo a uomo non rilevata. Una volta acquisiti, questi adattamenti consentirebbero alla pandemia di decollare e produrre un gruppo di casi sufficientemente ampio da innescare il sistema di sorveglianza che lo ha rilevato). Non le sembra che stia un po’ esagerando? In fin dei conti sono già 4 mesi che è in giro e il numero di vittime continua a crescere… Esagerare? Si esagera quando si va oltre quello che si è capace di fare. Diciamo che piuttosto non riesco a fermarmi; ecco sì, è questo il mio reale problema: non ho qualcosa che sia in grado di opporsi. Non scelgo di passare da una persona a un’altra, ma è quello che faccio. È come se chiedessi a voi di smettere di respirare: non potete perché è una cosa naturale, un riflesso incondizionato. E così è per me: non decido volontariamente, ma lo faccio perché è nel mio DNA.

Ma quindi cosa è venuto a fare? Per insegnarci qualcosa? (Ride ironicamente) Avreste bisogno di una pandemia ogni anno, per imparare davvero qualcosa. Ma vi rendete conto che nonostante siate chiusi in casa, continuate a fare i porci comodi vostri? Siete talmente arroganti e presuntuosi da credere che la terra dove vivete sia vostra: voi siete ospiti! Niente vi è dovuto, né l’aria che respirate, né il sole né la terra. Vi vantate del progresso che avete raggiunto, ma qual è? Continuate a morire, e non per causa mia, ma per cose che avete creato voi. Uno per tutti, l’inquinamento che causate. Pensate “sono luoghi comuni” ma è questo il problema: sono talmente comuni, talmente radicati in voi, che avete smesso di farci caso. Sperate che io non arrivi in Africa perché lì sarebbe davvero un’ecatombe, ma non c’è neanche uno di voi che ha pensato che magari sia giunto il momento di migliorare le condizioni che ci sono in quei luoghi. Perché vi fa comodo. Vi fa sentire “potenti”, ma voi siete tutto fuorché potenti. Io ve lo sto dimostrando. Guardate l’America, la super potenza: due settimane ed è in ginocchio. E ancora non ho finito. Da quando c’è lei, però, i livelli di inquinamento nel mondo si sono più che dimezzati. Ci dica la verità, in realtà è un alleato segreto di Greta Thunberg? (continua a pagg. 6 e 7)

SOLIDARIETA’ Alcune Regioni - come la Puglia - hanno accettato di ospitare malati provenienti dalla Lombardia

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IN CORSIA Una stanza di terapia intensiva in un reparto Covid dell’ospedale ecclesiastico “Miulli” di Acquaviva delle Fonti

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(segue da pagg. 4 e 5)

(Ride) No, no. Lascio alla signorina Greta le sue battaglie, forse le ho solo rubato la scena (ride di nuovo). È comunque un dato di fatto. Lei è riuscito a fare qualcosa per cui Greta combatte da molto tempo. Ripensare al pesante sfruttamento degli allevamenti intensivi, delle risorse che la Terra ci offre. Questi sono solo alcuni esempi… Dovremo risentirci quando sarà il momento di affrontare il “dopo”. Se qualcuno si ricorderà di tutte queste riflessioni allora vorrà dire che ho fatto davvero un buon lavoro. Non le sembra di essere razzista? Dati confermano che in alcuni stati degli USA i neri muoiono più dei bianchi. Io? Razzista? Ma quando mai. Certo, i dati parlano chiaro, li ho letti anch’io su Internazionale e Mother Jones. Però, ribadisco, perché deve essere chiaro: non sono io il razzista. Io metto soltanto in luce alcune discriminazioni così radicate nella vostra società che neanche ci fate più caso. Sai perché negli USA muoiono più neri che

bianchi? Perché sono quelli che hanno meno diritti e meno possibilità: non hanno accesso all’assicurazione sanitaria, non possono svolgere il proprio lavoro da casa e usano di più i mezzi pubblici per spostarsi. Inoltre, ti svelo quest’ultima cosa. Negli USA del buon Trump, i bianchi hanno più facilmente accesso al tampone rispetto agli afroamericani. Come cambierà la nostra vita? Lo sapete che convivremo ancora per molto, vero? E più cambierete le vostre vite più io mi farò piccolo e innocuo. Vi vedo che siete stremati, anche psicologicamente. E dunque questo dovete ricordarvi quando riprenderete in mano la vostra vita. Solo una cosa: non tornate a quella che chiamate “normalità”. È lei mia madre e i miei fratelli, perché ho dei fratelli (ride), sono lì in agguato. Ripescate la vostra etica dal cassetto dove l’avete riposta ormai tanto tempo fa se volete sperare di sopravvivere ancora per qualche altro decennio. Se neanche la mia visita non vi farà cambiare idea sul vostro stile di vita allora, cari miei, mi sa che siete fregati. Probabilmente molte democrazie crolleranno, non so come ne uscirà l’Unione Europea, dovrete dire addio a quel po’ di privacy che vi è rimasta. Prima gli stati volevano sapere, quando toccavate col dito il vostro smartphone, il vostro orientamento politico in base ai siti che consultate, oggi vogliono sapere qual è la vostra temperatura corporea o la vostra pressione sanguigna. Probabilmente vorranno saperlo sempre, perché rinunciare a controllarvi? Perché non ce ne sarà più ragione... Prima vii ho detto che i miei fratelli, altre minacce insomma, sono lì pronte a colpire. Useranno questa scusa per spaventarvi e tenervi al guinzaglio. George Orwell, nel suo “1984”, aveva quasi fatto una premonizione. Uno scenario spaventoso. Ci siete già dentro più di quanto vogliate ammettere.

Il profilo

Il virus sembra un “tipo” ironico: in fondo è karma...

Il virus, s’è capito, è un tipo ironico. Forse anche un po’ vendicativo. E non ha perso occasione per dimostrarcelo. Ce lo ricordiamo tutti Boris Johnson, il primo ministro inglese, parlare di immunità di gregge. Mentre si rivolgeva ai suoi concittadini diceva loro di prepararsi a perdere molti dei propri cari a causa del coronavirus. Quanti giorni sono passati tra questo discorso e la notizia della positività di Johnson al tampone? Ci è mancato poco che ci lasciasse le penne dopo essere finito in terapia intensiva, ma ora sta meglio. Il signor Virus si è preso una piccola rivincita anche in Spagna. Il primo ministro ispanico Pedro Sànchez si è rifiutato di imporre il lockdown al Paese mentre già la situazione stava precipitando. “Un virus non fermerà la Spagna” diceva. Cosa gli ha fatto cambiare idea? La positività di sua moglie alla Covid-19. Insomma, serviva che si ammalasse la first lady perché la Spagna chiudesse. Ed è sotto gli occhi di tutti il risultato di questo ritardo. Ultimo, ma non meno diabolico, lo scherzo che il coronavirus ha giocato al ministro della salute israeliano e rabbino Yaakov Litzman. Si sarà sentito offeso quando il politico lo ha accusato di essere la punizione divina contro gli omosessuali. Come vendicarsi? Facendo ammalare sia lui che sua moglie. “Bel modo di fare coming out”, ha scherzato qualcuno. Battute a parte però, il coronavirus deve sicuramente discendere da qualche famiglia buddista. La legge del karma ce l’ha nel DNA. (M. C. M.)

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I numeri

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Contagi e morti in tutto il mondo

A rendere così “fuori controllo” il Covid-19 è la velocità di trasmissione; nonostante sia risultato meno letale rispetto ad altri virus dello stesso ceppo, il Covid ha messo in ginocchio la sanità mondiale proprio perché richiede, nei casi più gravi, macchinari per aiutare nella respirazione. Ad oggi, questi i numeri della pandemia (Fonte Ministero della Salute): nel mondo sono 1.439.516 i casi confermati dall'inizio dell'epidemia, con 85.711 morti e 208 Paesi colpiti. Nella sola Europa, sono 760.610 i casi confermati e 61.532 morti; tra questi i Paesi più colpiti sono Italia (143.626 casi e 18.279 morti), Spagna (146.690 casi e 14.555 morti), Germania (108.202 casi e 2.017 morti), Francia (82.048 casi e 10.869 decessi), Svizzera (22.710 casi e 705 vittime) e Regno Unito (60.733 casi, 7.097 vittime). S. L.

"Più cambierete le vostre vite, più io mi farò piccolo e innocuo": il virus ha spiegato che il futuro dipende da come affronteremo la “rinascita” Ma allora, signor Virus, quando se ne andrà definitivamente? Bè, questo dipenderà da voi. Lo ammetto, a volte ho avuto difficoltà a infiltrarmi tra voi umani. Però, guardatevi intorno, avete lasciate sole tantissime persone. No, non sono io lo spietato qui. In certi posti mi avete lasciato carta bianca e secondo voi io potevo non approfittarne? Sono pur sempre un virus. E non sperate che me ne andrò col caldo, perché non sarà così. Ripeto: tutto dipenderà solo ed esclusivamente da voi. E non mi riferisco solo a quanto tempo ancora rimarrete chiusi in casa o a quando riuscirete a scoprire il vaccino che mi metterà fuori gioco, ma farò i bagagli quando gli esseri umani dimostreranno di aver capito la lezione. Diciamo le cose come stanno: davvero

pensavate di resistere ancora a lungo continuando in questa direzione? E molti di voi mi dimostrano ancora di essere ben lontani dall’aver compreso. Le vostre teorie complottiste mi fanno davvero tanto divertire, le ascolto ogni giorno. Ieri, per esempio, un uomo raccontava a sua moglie di aver sentito in giro che sarebbe l’installazione delle antenne 5G la causa della mia diffusione. Glielo ha raccontato mentre preparavano la cena. Io ero lì, in agguato, sulle mani di lui che era tornato dal supermercato e neanche era passato dal bagno per lavarsele. Poi l’ha accarezzata, allora io sono passato sulla guancia di lei. Ancora non sanno che sono andato a fargli visita, temo che lo scopriranno in questi giorni. Simona Latorrata Maria Cristina Mastrangelo

7 IN CAMPO Medici e infermieri con tute, mascherine e visiere protettive contro il virus in una corsia di ospedale

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Nei centri anziani la strage di una generazione Nelle camere mortuarie atmosfera surreale: non ci sono i parenti dei deceduti ma soltanto pochi fiori ed un numerino

8 LA BILANZUOLI Sale il numero di contagi nelle case della terza età. A Minervino 37 positivi in un solo giorno

È una strage silenziosa, una strage degli innocenti che rischia di cancellare un'intera generazione quella che sta avvenendo all'interno delle residenze per anziani. Ogni giorno ne muoiono decine, in molti casi è impossibile sapere se siano deceduti per Coronavirus poiché i tamponi non sono sufficienti per tutti. I dipendenti delle strutture sono sempre meno, molti si stanno ammalando e da qualche settimana le Rsa hanno chiuso i battenti anche ai familiari: nessuna visita,

solo chiamate, o per i più fortunati, videochiamate. La conta di chi in Puglia è rimasto infetto da Covid 19 nelle residenze per anziani mostra numeri preoccupanti. Oltre il 10% dei positivi in Puglia è attribuibile a contagi avvenuti tra le mura dei centri per la terza età. A contrarre il virus non sono solo gli ospiti ma anche il personale medico, infermieristico e quanti lavorano per l'assistenza. Dopo la residenza "Galluccio" a Galatina, "Sacro Cuore a Torremaggiore e "San Giu-

La testimonianza

Mi ha detto: “Quelle maschere mi fanno paura”

I familiari degli anziani ospiti delle Rsa sono sempre più preoccupati e lamentano la presenza di un numero esiguo di personale. Le case di cura restano blindatissime, hanno l'accesso solo i dipendenti. Abbiamo intervistato la signora Luigia Nobile, nipote di due pazienti positivi che attualmente sono in cura nella residenza per anziani Bilanzuoli Corsi Falconi di Minervino Murge. Ecco che cosa ci ha detto: "Da un giorno all'altro non hanno più visto i loro familiari mentre il personale ad un tratto ha indossato tutte le protezioni. Mia zia mi ha chiamata piangendo perché ha avuto paura di quell' improvviso travestimento delle persone che l'accudivano e con cui da anni ha un rapporto di fiducia. Dopo due giorni da quella chiamata mi hanno comunicato la sua positività al Covid 19, per fortuna però non presenta sintomi della malattia", ci ha detto. Un incubo quello di Luigia che accomuna tutti i familiari che in questo momento sono impotenti mentre aspettano altre chiamate rassicuranti dai centri che ospitano i loro cari. Ci sono altri familiari che hanno minacciato denuncia in momenti di rabbia per omissioni o ritardi nelle risposte da parte della struttura. E così la tensione ha preso la meglio sulla razionalità. M. S.

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seppe" a Canosa, questa settimana il virus ha puntato la casa di riposo "BilanzuoliCorsi Falconi- Ciani" di Minervino Murge. Il responso dei tamponi ha segnalato cifre drammatiche: 37 positivi in un solo giorno fra pazienti e dipendenti della struttura. Il verdetto è arrivato dopo il decesso di un uomo davanti agli occhi di tutti. "In questa settimana abbiamo lottato con i mezzi a disposizione per contrastare il contagio ma il virus è stato subdolo e ci ha sopraffatti, la condizione di fragilità degli ospiti all'interno della struttura ha facilitato la diffusione dell'epidemia. L'unico antidoto che abbiamo a disposizione per vincere la battaglia è quello di restare a casa", ci ha detto la sindaca di Minervino, Maria Laura Mancini, spiegandoci che i pazienti positivi sono monitorati all'interno della casa di riposo mentre i negativi sono stati trasportati nell'ospedale di Canosa di Puglia, dove però ci sono altri casi di positività. La sindaca ha ringraziato l'Asl della Bat che ha permesso a tutti gli ospiti di fare il test, contrariamente a quanto è avvenuto in altre realtà per insufficienza di tamponi. Intanto alcuni dipendenti della residenza per anziani di Minervino Murge dormono nella palestra della struttura, adibita a dormitorio, soprattutto se a casa hanno figli. Intanto l'amministrazione comunale cerca urgentemente altri supporti, infermieri e

Oss che possano prendere servizio nella casa di riposo per aiutare i dipendenti che all'interno stanno facendo un lavoro immane per garantire ai pazienti assistenza medica e psicologica. Nell'attesa che qualcosa accada, la situazione nelle case di riposo di tutto lo Stivale si fa ogni giorno più complessa. Uno dei tanti fermo immagine che resterà alla fine della pandemia saranno i corpi senza vita coperti da un lenzuolo bianco, con una corona di fiori lasciata dai parenti o soltanto un foglio con sopra un nome, o peggio, un numero identificativo. Non possiamo entrare dentro queste realtà per testare la situazione ma le foto e i messaggi che girano in rete sui gruppi social scrivono di per sé i dati di una situazione drammatica. Nel gruppo "Io resto a casa" di Facebook ci sono i racconti di chi combatte il virus in prima linea. Fra gli altri c'è Irina una "semplice addetta alle pulizie", come si definisce lei, in una casa di riposo di Mediglia. Irina ci ha raccontato di essere madre di due figlie e di star lavorando perché spinta da esigenze economiche: "Esco di casa pur sapendo che potrei essere la prossima vittima del virus. Si parla tanto del coraggio di medici e infermieri ma mai di chi si adopera per sanificare tutti gli ambienti, permettendo alla struttura di andare avanti col suo operato". Mariamichela Sarcinelli

9 IL PERSONALE Si cercano aiuti, fra infermieri e operatori socio-sanitari, che possano prendere servizio nella struttura

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La Lucania resiste pochi contagi ma tre zone rosse Nella provincia di Matera la situazione più difficile: chiuse Irsina, Tricarico, Grassano. Quasi ogni giorno un caso in un comune

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OSPEDALE DI MATERA Nessuna criticità ma gli infermieri denunciano carenza di dispositivi di protezione individuali

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La Basilicata dopo il Molise è la regione con meno contagi da Covid-19 (270 casi il 9 aprile, in Molise 181), tuttavia nella provincia di Matera la percentuale rispetto alla popolazione residente è più alta di quella di molte altre province del Mezzogiorno. Il Materano conta 31 comuni e ci sono 146 contagiati su poco più di 199 mila abitanti, cioè lo 0.073% della popolazione. Nella provincia di Reggio Calabria, per esempio, la percentuale scende allo 0.045% ed è in linea con la media del Sud. Inoltre quasi ogni giorno viene registrato un nuovo caso in un comune diverso, nonostante la maggior parte resti concentrata a Tricarico (40) e Irsina (11), entrambe dichiarate zone rosse insieme a una parte del comune di Grassano il 27 marzo scorso. Piccole lucine che si accendono lontane tra loro sulla cartina della Regione. E che fanno pensare che, sebbene lentamente, il virus nella Regione si stia muovendo. Non è certo il caso di creare allarmismi: i numeri sono contenuti e le strutture ospedaliere funzionano. Il direttore dell’unità di Anestesia e rianimazione dell’azienda sanitaria di Matera, il Dottor Francesco Dimona, ha spiegato che il reparto terapia intensiva è “organizzato con 15 posti dedicati ai covid, ma se ne fosse bisogno abbiamo possibilità di continuare a estenderci”. Alla domanda su alcuni ritardi denunciati da alcuni cittadini nella somministrazione dei tamponi ha risposto: “Non so che dirle, Per quel che mi riguarda

quando ho fatto richiesta ho avuto risposta in tempi brevi”. Nell’ospedale tuttavia ci sono stati malumori. A inizio aprile la Fials (Federazione Italiana Autonomie Locali e Sanità) ha presentato un esposto alla Procura di Matera per denunciare la carenza di dispositivi di sicurezza. “Abbiamo i dispositivi col contagocce – ha raccontato un’infermiera - molti di noi li acquistano personalmente. Dobbiamo lavorare con le mascherine chirurgiche spesso senza poterle cambiare e tenerle per chissà quanto tempo”. Situazione diversa nell’unità Covid. Un’ infermiera che lavora in quel reparto ha spiegato: “I dispositivi ci sono, ma non dobbiamo sprecarli. Ad esempio evitiamo di prendere la pausa per non doverci cambiare e buttare camici e mascherine. All’inizio c’era preoccupazione negli altri reparti dove i dispositivi di sicurezza mancano. E poteva capitare che arrivasse qualcuno a cui poi veniva fatto il tampone perché si sospettava potesse avere il Covid. Per fortuna non è mai successo. All’inizio nel reparto medicina era vietato indossare mascherine perché allarmavano i pazienti”. Anche parlando con i sindaci delle zone rosse è emerso qualche malfunzionamento nella gestione della crisi. A Tricarico inizialmente la Regione aveva disposto che gli infermieri impegnati nelle unità speciali per prestare assistenza domiciliare ai malati Covid venissero individuati tra quelli che prestano servizio


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anche nell’ospedale di Tricarico, facendo così un doppio turno. Il sindaco della città, Vincenzo Carbone, ha dunque emanato un’ordinanza di quarantena per gli infermieri impiegati nelle unità speciali in modo da non creare situazioni a rischio. “Però c’è stato un chiarimento e hanno rimediato”, ha dichiarato. Invece a Irsina il sindaco, Nicola Morea, ha chiesto che si continuasse a effettuare tamponi ai cittadini dopo l’ordinanza regionale, ma ha dovuto attendere alcuni giorni. “Ho

contestato i ritardi perché nel momento in cui viene emanata una ordinanza che individua una zona rossa, poi ci deve essere un’attenzione totale. Ho chiesto – ha continuato Morea - che venisse avviata una campagna per i più esposti, forze dell’ordine e esercenti delle attività commerciali poiché alcuni contagiati appartengono a famiglie che hanno relazioni tali per cui il rischio di una propagazione del virus c’era…spero di poter parlare al passato!”. Saverio Carlucci

TRICARICO I contagi sono avvenuti nell’istituto Don Gnocchi: la città è stata dichiarata Zona rossa il 27 marzo

Le voci

Esperienze e racconti dalle aree “blindate”

Rossella, 23 anni, originaria di Tricarico: “All’inizio nessuno si aspettava che in un centro così piccolo ci fosse questo boom di contagi. C’è stato spavento, non è stato bello vedere i sigilli all’ingresso del paese. Però poi i dati successivi ci hanno confortato e man mano è prevalsa la speranza. Ci sono state difficoltà per gestire la questione tamponi. Tante persone sono state convocate e questo ha creato un po’ di ingorgo in ospedale. Andava a contraddire le disposizioni poiché si creavano assembramenti vicino all’ospedale. Ma giustificabile! È una situazione nuova per tutti. Il provvedimento è stato giusto, preso con coscienza anche se i numeri non sono stati spaventosi”. Stefania,24 anni, originaria di Grassano: “Io sono tornata prima che scoppiasse tutto. E ho vissuto il rientro molto male. Quello che ho percepito è che verso i fuori sede c’era una paura immotivato. Questo mi ha portato a non uscire mai. Alcuni compaesani sui social dicevano di voler denunciare chi tornato da Milano passeggiava per il paese. All’inizio c’è stato un clima di paura, mi sentivo un pesce fuor d’acqua. C’è una parte del paese che sta agendo responsabilmente. Un’altra che se ne sta un po’ “fregando”, molti di loro sono anziani. Prendi ad esempio un signore di 80 anni che non può andare più in campagna per motivi che non capisce fino in fondo…e ti assicuro che qui gli 80enni vanno in campagna tutti i giorni. Molti faticano a stare al passo con l’informazione. I sindaci, sì comunicano, ma lo fanno su Facebook”. 1-14 aprile 2020

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Abbasso il virus evviva le risate

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Io, pallavolista ora con la palestra nella tavernetta Come Leonardo Battista, 25 anni, giocatore del Materdomini Castellana in serie A2, rimedia alla sospensione del campionato

14 “COMPITI” Per allenarsi anche durante la quarantena, Leo ha costruito una struttura nella tavernetta di casa

Covid-19 è un avversario invisibile, non ha nazionalità né colore, ma gareggia in ogni competizione sportiva, senza aver bisogno di allenamento o preparazione. Al momento è in testa alla classifica, come numero uno dei nemici agonistici: ha conquistato in poco tempo punteggi altissimi, facendo mangiare la polvere a campioni mondiali e internazionali. Dal calcio al tennis, dal basket alla Moto Gp: il rivale non ha risparmiato nessuno sport, nessuna categoria, anzi, ha addirit-

tura deciso della sorte di alcune stagioni. Quest’anno, infatti, la pallavolo non avrà il suo atteso scudetto, per la prima volta dalla nascita del campionato azzurro nel Dopoguerra: la Federazione italiana pallavolo ha ufficializzato la conclusione dei campionati in corso, bloccando retrocessioni e promozioni, come se la stagione 2019/2020, non fosse mai iniziata. Non solo: il coronavirus è piombato a gamba tesa soprattutto nella quotidianità dei giocatori, che sono stati costretti a rein-

A 25 anni

Un atleta che ha maturato già una discreta esperienza

Leonardo Battista, di Triggiano, è nato a Bari il 25 marzo 1995. Attualmente gioca la sua terza stagione con la Materdomini Volley di Castellana Grotte. È entrato nel mondo della pallavolo quando aveva solo 4 anni, per seguire le orme del fratello maggiore. La prima società sportiva in cui ha giocato è la U.S. Fides Triggiano, fino ai 14 anni. Poi è stato selezionato dalla Materdomini (in prima squadra), con la quale ha partecipato ai campionati nazionali giovanili, conquistando la promozione in serie A2. Ha indossato la maglia giallo blu fino al 2014, poi ha dovuto salutare la sua amata Puglia per spostarsi al “Club Italia” a Roma, una società ‘fabbrica talenti’ istituita dalla Federazione Italiana, che include anche le promesse della nazionale giovanile. Nel 2015 si è trasferito ad Aversa, una società campana militante nel campionato di Serie B1 nazionale, dove per la seconda volta ha vissuto l’emozione di vincere il campionato, aiutando la squadra nella promozione in serie A2. L’anno successivo, in Toscana, ha giocato con la squadra di Siena, sempre nello stesso campionato. “Il momento più alto della mia carriera”, così lo definisce Leo. Quell’anno, infatti, a Bologna conquistò la Coppa Italia per la stagione 2016/2017, davanti a 10mila persone. Poi il tanto atteso ritorno a casa, alla Materdomini, dove “ci siamo tolti tante soddisfazioni e ogni anno miglioriamo il nostro piazzamento nella classifica finale” ha concluso Leo.

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Il dubbio

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Stop al campionato ma lo stipendio?

Appresa l’ufficialità della sospensione definitiva dei campionati di pallavolo, le discussioni si sono subito spostate sul fronte economico. Una prima proposta avanzata ai Procuratori Volley di decurtare gli stipendi del 30% per la serie A1 e del 40% per la serie A2, è stata prontamente rifiutata. L’associazione dei procuratori, infatti, attraverso un comunicato ufficiale, ha spiegato che non sarebbe possibile procedere con il taglio, senza prima valutare le differenti situazioni e guadagni dei singoli giocatori. Inoltre, Leo ha spiegato che “gli atleti di pallavolo in categoria A2, vengono classificati dallo Stato come dilettanti e non professionisti, pertanto non è prevista alcuna cassa integrazione, piuttosto si potrebbe ricorrere al bonus di 600 euro del CONI (dal decreto ‘Cura Italia’), che però è previsto per chi guadagna meno di 10mila euro l’anno”.

ventare la loro routine. È il caso di Leonardo Battista, classe 1995, da tre anni nel ruolo di libero nella Materdomini Volley di Castellana Grotte, in serie A2. A un mese dall’inizio del lockdown imposto dal Governo, Leo, come tutti lo conoscono, ha stravolto le proprie abitudini. Se fino a qualche settimana fa la sveglia suonava alle 8:30 del mattino, per affrontare la sua giornata sportiva, ora può capitare che salti uno dei suoi pasti sacri: la colazione. Prima che arrivasse Covid-19, il pallavolista di Triggiano, era solito allenarsi in una palestra di Monopoli con i compagni di squadra, per curare la parte fisica. “Per la preparazione abbiamo a disposizione tutta la sala, insieme al preparatore che ci segue – ha spiegato Leo – facciamo una sorta di crossfit e i lavori sono a tempo, quindi prima iniziamo, prima finiamo”. Il riscaldamento, in ogni caso, non può cominciare senza aver fatto partire la playlist con la “solita prima” canzone: Rollin’ di Gemitaiz, un rito scaramantico che ha quasi sempre portato bene alla squadra. Poi giù con quanti più round di push up, squat jump, sit up e altri esercizi con pesi, cercando di concludere il circuito nel minor tempo possibile. Ora che la palestra sembra un miraggio (in seguito alle restrizioni del Governo), Leo ha pensato bene di costruire, con l’aiuto di suo padre, una struttura che gli consenta di fare

allenamenti, tra cui pull up, muscle up e toes to bar, direttamente nella tavernetta di casa sua. “I nostri preparatori ci hanno mandato tre work out da eseguire – ha spiegato Leo – abbiamo i ‘compiti a casa’ per mantenerci in allenamento e per me è fondamentale, lo faccio tutti i giorni”. Ciò che non è cambiato nella sua giornata “da quarantena” è l’abitudine alimentare. Il pranzo è sempre lo stesso: un piatto di pasta e verdure crude. Anche lo spuntino post attività fisica non manca mai, “mi sono dilettato in cucina: faccio pancake super-fit (solo con albume e farina di un certo tipo) perché mi diverte e mi fa stare bene”. Fino a qualche settimana fa la casa, per Leo, era solo un ‘punto d’appoggio’, “durante la settimana ero sempre al palazzetto e nel week-end fuori per le partite, ora invece, ho scoperto che le due persone che vivono con me, sono anche brave persone”, scherza riferendosi ai suoi genitori. Aldilà della preparazione in sé per sé, come abbiamo visto facilmente ovviabile, ciò che manca a Leo è: “la competizione, il confrontarmi con l’avversario, la pressione dei tre punti in classifica, il calore del pubblico quando si gioca in casa (che è sempre stata una marcia in più); così come i fischi degli avversari quando si è in trasferta, perché anche questo fa parte dello sport. In questo momento a me manca tutto”. Maricla Pastore

15 DA “LIBERO” A CUOCO Leonardo Battista in quarantena, mentre si diletta ai fornelli per preparare dei pancake ‘super-fit’

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Migranti: la paura del virus non ferma gli sbarchi In molti hanno parlato di riduzione per paura del Covid-19. Gli arrivi di aprile sembrano però smentire questa tesi

L’attenzione dei media è ormai da settimane concentrata sulla pandemia da Coronavirus. Tra i temi “scivolati” in secondo piano quello relativo ai migranti. Delle poche notizie su questo argomento, la maggior parte sottolineava il “crollo” di sbarchi in Italia nel mese di marzo, attribuito da molti alla paura del Coronavirus. A fine gennaio l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) ha pubblicato un report che, basandosi sui primi dati dell’anno e sulla situazione in Libia, lanciava un allarme migranti prevedendo un forte incremento di arrivi per i mesi di marzo e aprile. Dopo i dati consistenti di gennaio e febbraio (1.342 e 1.211) però, il numero di migranti sbarcati in Italia si è ridotto a 241. Il collegamento con l’esplosione dell’epidemia Covid19 in Italia è stato abbastanza naturale, anche se a fine mese sono sbarcati nel Brindisino 44 migranti muniti di regolare mascherina. Ma davvero l’epidemia di Coronavirus fa più paura dei campi di detenzione libici e dei bombardamenti? Se fosse così ci sarebbe da chiedersi come mai nei primi 10 giorni di aprile in Italia sono già arrivati più migranti di quelli sbarcati in tutto il mese nel 2019. Secondo Alarm Phone, l’organizzazione che gestisce le chiamate di soccorso dei migranti, nel mese di marzo almeno 600 persone avrebbero tentato la traversata del Mediterraneo centrale dalla Libia per poi essere riportate indietro.

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Inoltre le condizioni del mare sono state proibitive per buona parte del mese tanto da provocare il naufragio (il 25 marzo) non di un barcone, ma di una nave cisterna britannica, spezzata in due dalla forza delle onde alte oltre 4 metri. Altro aspetto da considerare è la quasi totale assenza in questo periodo delle navi delle Ong, tra quelle rientrate, anche a causa dell’epidemia, e quelle, come la Sea Watch e l’Ocean Viking, messe in quarantena a fine febbraio. Pur essendo ancora discusso il reale ruolo del cosiddetto “pull factor” (secondo cui la presenza delle navi farebbe aumentare le partenze degli scafisti) è ragionevole pensare che anche per i trafficanti prendere il largo con avverse condizioni metereologiche, sapendo che non potranno esserci soccorsi, non fosse la migliore delle scelte. Del resto la stessa Frontex, come riportato da “Il Sole 24 ore”, ammette che “La presenza di navi delle Ong può influenzare la dinamica del flusso”. Anche la nuova missione Ue “Irini”, che ha il compito di far rispettare l’embargo di armamenti nei confronti della Libia, prevede la possibilità di un’interruzione delle attività navali nel caso si verifichi un “pull-factor” per i flussi migratori. D’altra parte il Coronavirus non ha certo fermato i combattimenti in Libia, come ben documentato dal fotoreporter egiziano Amru Salahuddien che ha immortalato un miliziano


Senza migranti raccolta a rischio

impegnato in uno scontro a fuoco con la mascherina indossata (twitter.com/AmruSalahuddien/status/1243806382417215488/phot o/1). Sono probabilmente troppo poche le notizie, e ancor meno le testimonianze visive, che arrivano dall’altra sponda del Mediterraneo per farci comprendere che “c'è ovviamente chi continuerà ancora a fuggire da una situazione ben più drammatica (dell’epidemia Covid-19), l'emergenza umanitaria degli orrori inimmaginabili della Libia”, come ha sostenuto Sergio Scandura, corrispondente da Catania, a Radio radicale. “Vedremo se, quando si aggiusterà il mare, ci sarà anche l'impatto di chi fugge dalla Libia ha aggiunto Scandura - di emigranti che hanno vissuto la terribile detenzione in Tripolitania e che prendono la via rischiosa del mare per fuggire in Europa a prescindere dal coronavirus”. I dati ci dicono che è proprio così. Gli sbarchi sono ripresi. Secondo l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim), dall'inizio di aprile almeno sei imbarcazioni sono partite dalla Libia con a bordo circa 500 persone, la maggior parte sbarcate tra l’Italia e la Spagna, i due paesi con i maggiori problemi sanitari. Nonostante l’abuso della metafora della guerra nel descrivere l’emergenza che stiamo vivendo, la guerra, quella vera, continua a fare più paura. Claudio Carbone

Nel sempre aspro dibattito sulla questione migranti, messo peraltro in secondo piano dall’emergenza Coronavirus, spunta improvvisamente la carenza di braccianti agricoli. In questi giorni diverse associazioni di categoria hanno dichiarato che esiste il rischio concreto di non poter effettuare la raccolta di frutta e verdura per mancanza di manodopera. Secondo Coldiretti, il 40% di frutta e verdura resterà a marcire nei campi. La stima dei lavoratori “mancanti” è di circa 400mila. Una parte consistente è dovuta al mancato afflusso di stagionali dai paesi dell’est Europa (soprattutto Romania), bloccati dalle misure contro la pandemia. Resta comunque fondamentale il mancato apporto dei braccianti extracomunitari, la maggior parte dei quali non può andare al lavoro o perché senza permesso di soggiorno o perché, lavorando in nero, non può autocertificare gli spostamenti. Anche chi continua ad andare al lavoro lo fa con grandi rischi per sé e per gli altri, come denuncia il coordinatore dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil, Jean Renè Bilongo: “stanno continuando a lavorare alla giornata senza dispositivi di protezione, alla mercé di caporali e sfruttatori”. Secondo Bilongo “il numero di invisibili” sparsi nelle zone agricole del Paese, come quelle della piana di Gioia Tauro in Calabria o di Borgo Mezzanone in provincia di Foggia, è compreso tra 160 e 180mila. E così, improvvisamente, mentre esplodono le lamentele per l’aumento dei prezzi nel settore ortofrutticolo, ci accorgiamo di quanto possano essere utili alla nostra economia i migranti che “ci rubano il lavoro”. “Noi abbiamo bisogno degli immigrati per portare avanti anche il normale funzionamento della catena alimentare” ha sostenuto in questi giorni il ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, aggiungendo che “Le baracche-ghetto dei braccianti vanno sanate e i lavoratori immigrati regolarizzati”. Resta da capire se fosse proprio necessario attendere un’emergenza di questa portata per accorgersi di questa realtà. C. C.

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Agricoltura

NON SOLO POMODORI Sono decine di migliaia i migranti normalmente impiegati nei campi italiani nella raccolta di prodotti ortofrutticoli

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Viva l’Italia che resiste a suon di musica Canzoni, poesie, testi che parlano del nostro Paese, di ieri e di oggi e ci fanno riflettere durante la quarantena

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FRANCO BATTIATO In alto l’autore di “Povera Patria” in uno dei suoi ultimi live. Le cuffie aiutano ad affrontare la quarantena

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Ci sono canzoni, come film e libri, che hanno il potere di essere sempre attuali. Sono i classici, quelli che, come diceva Italo Calvino, “non hanno mai finito di dire quello che hanno da dire”. Valgono per ogni epoca storica e ogni volta che li sentiamo, vediamo, leggiamo, scopriamo e proviamo qualcosa di nuovo. E ci sono capolavori della musica italiana che sembrano fatti apposta per essere ascoltati e cantati in questo periodo. Nella playlist “inni nazionali” da riscoprire, ci sono senza dubbio Viva l’Italia di Francesco De Gregori e Povera patria di Franco Battiato. Il primo è un brano scritto per l'omonimo album del 1979. Nel testo De Gregori elenca pregi e difetti del Paese. Attraversando la storia, il cantautore si sofferma su alcuni punti cruciali del nostro passato. “Viva l'Italia, l'Italia sulla luna. Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre. L'Italia con le bandiere. L'Italia nuda come sempre”

De Gregori sottolinea la data del 12 dicembre, riferendosi alla strage di Piazza Fontana del 1969 che diede storicamente il via alla strategia della tensione. Quella bomba, esplosa nella Banca Nazionale dell'Agricoltura, che causò 17 morti, rappresentò uno dei momenti più bui del nostro Paese. La pandemia di oggi può essere considerata un altro tassello che De Gregori potrebbe aggiungere al testo. Il cantautore romano, sempre bravo a tracciare il profilo psicologico dei personaggi delle sue poesie, è riuscito a fare lo stesso con una nazione intera. La carrellata di ricordi e di immagini che è in grado di farci passare davanti agli occhi, danno vita a un vero e proprio cortometraggio sull’Italia. (Su Youtube infatti non c’è un video ufficiale della canzone, ma alcuni fan hanno creato appositi montaggi con foto in sequenza: da Falcone e Borsellino, a Pertini, dalla liberazione d’Italia, alla bandiera tricolore ecc.). De Gregori sottolinea la forza di un popolo spesso vittima di soprusi e inganni. La canzone è una vera e propria “bilancia”: oscilla tra il bianco e il nero, tra il bene e il male, tra carota e bastone. Il testo sembra urlare: “Guardate quante ne abbiamo passate eppure ci siamo sempre rialzati”. Lo stesso De Gregori l’ha definita una celebrazione degli “anticorpi” dell’Italia: “Viva l’Italia era un tributo ad un Paese che


Iniziative

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Se la musica non si ferma

Sono tante le iniziative musicali che ci stanno accompagnando tramite tv e web. Su Rai 1 c’è stato l’evento “Musica che unisce”, un concerto in streaming fatto da artisti come Emma Marrone, Andrea Bocelli, Tiziano Ferro ecc. Sono nate canzoni ad hoc per il Covid-19, come “Rinascerò, rinascerai” scritta da Roby Facchinetti e Stefano D’Orazio dei Pooh o come l’inedito di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro “Restiamo a casa”. Per non parlare delle dirette sui social: Jovanotti ogni giorno su Instagram fa partire il suo “Jova House Party” con tanti ospiti. E ancora, l’agenzia Friends&Partners ha dato vita al calendario di “A casa con voi” con artisti che a turno si cimentano in performance e chiacchierate sui social. Caro coronavirus, ti sconfiggeremo con canti e balli sfrenati! Come disse un certo Jim Morrison: “Un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra!”.

aveva dimostrato comunque di avere gli anticorpi per reagire a tutto questo. Quindi un paese amato”. Nel complesso, grazie anche alla base musicale, tra chitarra, pianoforte, cori e l’immancabile armonica, la canzone dà un senso di speranza e malinconia. Sentendo quel sound, popolare, quasi ballabile, l’opera di De Gregori ci dà un senso di orgoglio nazionale e di positività. La canzone di Battiato Povera Patria, dell’album “Come un cammello in una grondaia”, del 1991, ha invece un’impostazione diversa. Battiato si concentra più sulla realtà politica del Paese (il testo fu scritto un anno prima di Tangentopoli). Sembra quasi che il cantautore catanese abbia voluto mandare una lettera aperta alle istituzioni. Si scaglia contro l'indifferenza dei politici che vogliono solo preservare i loro interessi. Sottolinea l'abuso di potere, la mancanza di pudore e l’evidente menefreghismo nei confronti, ad esempio, dei morti di mafia (“Ma non vi danno un po' di dispiacere quei corpi in terra senza più calore?”) Il declino del Paese viene raffigurato con la frase: "Nel fango affonda lo stivale dei maiali". L'autore, nel corso del brano, riporta i suoi dubbi e tende convincersi che tutto questo possa cambiare un giorno: “Non cambierà, non cambierà. No, cambierà, forse cambierà. Sì che cambierà, vedrai che

cambierà”. E conclude: “La primavera intanto tarda ad arrivare”. Incredibile pensare come 30 anni dopo, ci saremmo ritrovati ad aspettare ancora quella primavera. Il testo oggi vale più che mai: non solo perché il modo di fare politica non è cambiato, ma anche perché proprio in questi mesi, chiusi in casa, guardiamo la primavera sbocciare e non possiamo godercela. È come se fossimo, sotto tutti i punti di vista, dentro a un lungo inverno da cui dobbiamo ancora svegliarci. La rabbia di Battiato è la stessa che proviamo guardando, per esempio, gli errori e le falle del Governo e delle istituzioni locali nell’affrontare la pandemia del coronavirus. È la stessa che riaffiora quando siamo testimoni di burocrazia lenta, corruzione, disorganizzazione. L’atmosfera creata da Battiato, data solo da voce, pianoforte e violino, è decisamente più intima e più cupa. Dà un senso di disillusione e di preghiera, di meditazione e di disperazione. Una cosa è certa: se è vero che un paio di cuffie ci estraniano dal mondo e che la musica è la terapia più efficace, in questo momento così difficile, la cosa migliore da fare è alzare il volume e ascoltare canzoni come queste per riflettere e per coprire tutti i dolori, i malesseri e i brutti pensieri che il coronavirus sta portando. Michela Lopez

“VIVA L’ITALIA” La copertina dell’album di Francesco De Gregori del 1979: una incisione di grande successo

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Smart working? Scusa ma meglio vederci dal vivo In tempo di Covid-19 il lavoro a distanza è una necessità. Ma ci sono gli aspetti negativi, come l’accumulo di stress

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GAMERS Non solo lavoro, anche gioco. Sono sempre di più quelli che combattono l’isolamento con i videogiochi

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Lavorare da casa, un sogno… o forse no? A causa della pandemia di Covid-19 che sta colpendo il Mondo, molte aziende, ma anche le scuole, si sono dovute affidare al telelavoro o allo smart working. Niente più alzatacce all’alba per arrivare in ufficio, spostandosi in mezzo al traffico o stipati sui mezzi pubblici all’interno dei vagoni della metropolitana o del bus. Basta al solito tran-tran e ai pranzi costituiti da una focaccia presa al volo nei dintorni dell’ufficio. Adesso si lavora da casa, comodi, con una tazza di tè e niente più stress. Eppure, non è tutto così semplice e il lavoro da remoto, fatto in modo non corretto e per troppo tempo, potrebbe avere molti aspetti negativi per la salute, sia fisica che mentale. Innanzitutto, occorre fare una distinzione tra telelavoro e smart working. Quest’ultimo, infatti, non è la versione inglese del primo e si traduce in modo corretto con “lavoro agile”. Per agile si intende un’organizzazione del lavoro flessibile, in cui il dipendente può svolgere le sue mansioni dove vuole, anche dentro l’azienda, con ogni dispositivo informatico (purché ci sia internet) e quando vuole. Il telelavoro, invece, si svolge in un luogo concordato, con gli strumenti messi a disposizione dalla società e in orari definiti. Quello che stiamo sperimentando in quest’epoca di coronavirus, nella maggior parte dei casi, è un ibrido tra i due. Si lavora su postazioni non fornite

dai datori di lavoro, perché si usano i Pc di casa, la location obbligata, si è vincolati sugli orari, ma capita molto spesso che si continui a lavorare a oltranza. Vuoi perché ci sono scadenze da rispettare o perché, in ogni caso, non si può uscire. Uno degli aspetti più negativi del lavoro a distanza è proprio che non si stacchi mai davvero, e lo stress aumenta. Come dichiarato da Timothy Golden, professore associato del Rensselaer Polytechnic Institute di Albany, New York, qualche anno fa alla rivista Entrepreneur: “lavorare da casa può intensificare il conflitto tra casa e lavoro più che alleviarlo, perché ci ritroveremmo all’improvviso lo stress che lasciamo in ufficio e saremmo costretti ad affrontarlo in ogni momento”. Insomma, il lavoro insegue il dipendente a casa. Secondo un sondaggio di una compagnia assicurativa tedesca, commissionato per misurare gli effetti del telelavoro in tempi di Covid-19, circa il 40 per cento delle persone che lavora da casa fa fatica a staccare dopo l’orario di lavoro. Un dato che quasi si dimezza per chi opera in ufficio. Il fatto di essere contattabili 24 ore su 24, e 7 giorni su 7, è una delle cause principali del “burnout”, l’esaurimento da lavoro che da maggio del 2019 è una sindrome riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Diversi studi hanno dimostrato che chi deve rispondere per lavoro alle mail o


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alle chat, per esempio su WhatsApp, fuori dall’orario d’ufficio, e in generale chi fa un uso eccessivo dei dispositivi digitali, ha molte più possibilità di sviluppare stress patologico. Tutto questo è amplificato dalle restrizioni imposte per limitare l’epidemia, visto che tutti siamo a casa e “non abbiamo scuse” per staccare o per non rispondere. Inoltre, il telelavoro modifica, impoverendola, la dimensione relazionale dei rapporti con i colleghi e rischia di generare un isolamento sociale. Anche stanchezza e disturbi del sonno sono più frequenti tra chi lavora da casa. Un altro fattore che potrebbe creare stress è l’essere stati costretti al lavoro a distanza da un giorno all’altro, a causa di Covid-19, senza possibilità di prepararsi. Il “digital-divide” (il divario tra chi riesce a usare la tecnologia e chi no) non è da sottovalutare ed è frustrante. Non si tratta solo di un gap di competenze, ma anche di difficoltà, per esempio, economiche. Non tutti possono permettersi una rete internet super veloce o dei dispositivi adatti a svolgere il lavoro a distanza. Secondo i dati pubblicati a inizio aprile dall’Istat, circa un terzo delle famiglie italiane non ha un Pc o un tablet in casa. Lo smart working e il telelavoro non sono da bocciare in toto. Anzi è stato dimostrato che lavorare da remoto può avere anche effetti positivi. Ma deve essere fatto solo

pochi giorni alla settimana e seguendo certe regole: lavorare in un ambiente dedicato, fare numerose pause, uscire a sgranchirsi. Si dice che il lavoro da casa è il futuro, e che la pandemia ha solo accelerato un processo inevitabile. Tuttavia, il contatto, la socialità (che non è avere migliaia di followers), l’incontro e lo scontro, il linguaggio non verbale, non potranno essere appaganti da remoto e sono aspetti della vita a cui, terminata l’emergenza, non dovremo rinunciare. Luigi Bussu

LAVORO AGILE Con smart working e telelavoro si resta a casa. Si può godere delle comodità ma alla lunga non è sostenibile

L’iniziativa

Videogiochi contro lo stress

Per superare questo momento di confino casalingo, molti stanno usando i videogiochi. Anche i più insospettabili, quelli che prima giocavano solo a Fifa (il più popolare videogioco di calcio) e consideravano tutti gli altri giochi “da nerd”, si sono lanciati. Adesso si trovano su Call of Duty (sparatutto in prima persona) e competono a Fortnite, dove i giocatori si sfidano on-line in una gara di sopravvivenza. In effetti, anche secondo l'Oms (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) i videogiochi, non molto tempo fa inseriti dalla stessa tra le cause di dipendenza e di disordine mentale, possono essere una terapia durante la quarantena. L’Oms, insieme alle case di sviluppo, ha lanciato l’iniziativa #PlayApartTogether. L’obiettivo è favorire il distanziamento sociale e le buone pratiche di “gaming”. L. B. 1-14 aprile 2020

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2020, Odissea sulla terra (Si poteva evitare)

In Cina è l’anno del topo che evidentemente vuol farci fare la fine dei sorci. Ma cosa dovevamo fare di più per uscirne almeno sani?

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LA PANDEMIA L’avvenimento che nel 2020 ha segnato la vita sul Pianeta è stato l’escalation globale del virus

E chi se lo scorda questo 2020? L’anno del topo, in Cina, che ci sta facendo fare la fine dei sorci. L’anno della disgrazia globale, della sfiga cosmica, del virus letale. Gli abbiamo dato la patente dello iettatore, vestendolo di nero, con tanto di occhialini inquietanti. Ma è proprio con lui, con il 2020, che dobbiamo prendercela? Oppure con le previsioni sbagliate di Paolo Fox? Chi ricorda l’ultima volta che ne ha azzeccata una, in ogni caso, è bravo. Il destino si è accanito contro di noi. Ab-

biamo subìto la punizione di Madre Natura, di Dio, dei Maya, finanche quella del Grande Spirito degli indiani d’America. Nulla di più insulso, anche se - da un certo punto di vista - è rassicurante crederlo. Anno bisesto, anno funesto. Altra bestialità legata ad una forma di scaramanzia nazional-popolare. È comodo dirlo, si sintetizza la sciagura con una rima baciata. Ironia della (mala) sorte, la superstizione ha sempre fatto più presa della scienza. Soprattutto quando la scienza ci ha preannunciato

I fatti

Anno bisesto, anno funesto? Finora il dubbio resta...

L’Internet, che lo si ami o meno, è un luogo meraviglioso. Ci si trova di tutto. Nei giorni più cupi della reclusione, tra un bollettino di guerra ed un altro, c’è chi si è divertito ad inventarsi un calendario dedicato all’anno “di disgrazia” 2020. Dodici mesi di pura sciagura, rappresentati con vivido realismo e insana follia. L’anno si è aperto con l’uccisione per mano statunitense del generale iraniano Qasem Soleimani. Il primissimo tentativo di scatenare un dramma globale, una guerra tra potenze dall’elevato potenziale distruttivo, è da attribuire all’amministrazione Trump. Poi, ci ha pensato il Coronavirus ad offuscargli la scena. Gennaio viene così rappresentato dalla foto del generale persiano e da quella di Kobe Bryant, stella del basket americano, venuto a mancare tragicamente insieme alla figlia, in un incidente in elicottero. Febbraio si apre, invece, con l’immagine degli incendi in Australia, che hanno distrutto milioni di ettari di territorio, migliaia di case e ucciso milioni di animali. Marzo è il mese dedicato al Coronavirus. L’epidemia, che ad inizio anno si è diffusa nella popolosa città cinese di Wuhan, ha toccato i cinque continenti, trasformandosi presto nella pandemia che tutti conosciamo. Aprile non solo è il mese in cui (evidentemente) avremo ancora a che fare col virus, ma anche quello del passaggio di un asteroide (il 29, per essere precisi) ad un tiro di schioppo dal nostro Pianeta. La lieta novella viene direttamente dalla Nasa che tranquillizza: “Sarà a distanza ‘sicura’”. Il resto è tutto da scoprire... (M. M.) 1-14 aprile 2020


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possibili disastri. È da inizio millennio che studi di enti e organizzazioni internazionali ci mettono in guardia sui rischi epidemiologici correlati alla diffusione degli allevamenti intensivi. Nel 2002, ad esempio, una organizzazione britannica sul benessere degli animali (Compassion in World Farming), utilizzando i dati ricavati dalla Banca Mondiale e dall’Onu sull’industria dell’allevamento insieme ai rapporti sulle malattie trasmesse attraverso il ciclo mondiale della produzione alimentare, delineava scenari preoccupanti sul legame tra la “rivoluzione dell’allevamento” e la crescita delle malattie trasmesse attraverso alimenti di origine animale. Due anni dopo, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), l’Organizzazione mondiale della salute animale (Oie) e l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) hanno evidenziato che l’incremento della domanda e l’intensificazione della produzione di proteina animale fosse tra le cause principali dell’apparizione e della diffusione di nuove patologie, trasmesse dagli animali agli esseri umani (fonte “Il Manifesto”). Più recentemente, nel 2018, uno studio di un gruppo di ricercatori pubblicato sulla rivista “Nature” ha svelato che l’allevamento industriale, incrementando le possibilità di contatto tra fauna selvatica e bestiame, aumenta il rischio di trasmissione di malattie

originate da animali selvatici, i cui habitat vengono minacciati dalla deforestazione (fonte “Il Manifesto”). C’è un mare di letteratura che delinea un rapporto di causalità diretta tra il nostro folle modello di sviluppo e le epidemie che si sono diffuse negli ultimi anni (inclusa l’ultima, quella del Covid-19). Ma vuoi mettere, quanto è comodo dire “anno bisesto, anno funesto”… Il vero problema è che se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo. Michele Mitarotondo

ANNO FUNESTO Il 2020 si è aperto con l’uccisione del generale iraniano Soleimani e la tragedia di Kobe Bryant

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