Medi@terraneo News aprile 2017

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Anno 9 - N. 65 Aprile 2017 Distribuzione gratuita

Premio Giornalisti del Mediterraneo 2016

MEDI@TERRANEO news - Periodico del Master di Giornalismo di Bari Ordine Giornalisti di Puglia - Università degli Studi ‘Aldo Moro’ di Bari Editore: Apfg - Bari Direttore Responsabile: Lino Patruno Registrazione Tribunale di Bari numero 20/07 del 12/04/2007

Redazione: Palazzo Chiaia-Napolitano via Crisanzio, 42 - Bari email: master@apfg.it

Europa: che aria tira?

Bruxelles Un libro di ricette per un’Europa unita vista da noi IL FUNZIONARIO SCRITTORE

FELICETTI A PAG. 2

LE TESTIMONIANZE

A PAGG. 8, 9 E 10 1

Trump chiama Putin risponde

RELAZIONI PERICOLOSE

LOSITO E COCUROCCIA A PAGG. 6 E 7 aprile 2017


Ricette culturali europee Intervista

Il funzionario dell’Unione, Niccolò Rinaldi, racconta il suo ricettario e come far integrare le diverse culture

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a un libro di ricette europee, agli ingredienti per una buona integrazione religiosa. Niccolò Rinaldi, funzionario toscano del Parlamento Europeo, ha pubblicato un ricettario con 27 piatti tipici dell’Europa e ha raccontato la sua esperienza tra culture diverse e differenti religioni che sempre più si snodano all’interno della Comunità Europea. Il Ricettario di cucina europea in tempo di crisi è stato però criticato da una parte della stampa italiana, non convinta di come vengano spesi i trentottomila euro che ogni eurodeputato riceve ogni anno dall’Europa per organizzare seminari, conferenze o, anche, per la pubblicazione dei propri libri. «Ogni ricetta presente nel libro è farina del sacco di un parlamentare europeo. Da sempre l’Europa sa praticare anche a tavola l’arte della semplicità e, in tempi magri come gli attuali, è bene ripassare la lezione», ha replicato Rinaldi. «Ho pensato a questo ricettario – ha aggiunto il funzionario europeo - perché anche la cucina è un teatro della aprile 2017

crisi, quella stanza dove famiglie e singoli devono sfoderare le migliori doti per cavalcare le ristrettezze economiche, le sfide ambientali e difendere la propria tavola quotidiana», Rinaldi ha concluso che «ogni Paese dell’Unione ha sviluppato i suoi antidoti alla crisi, e in cucina le massaie, e ormai un numero crescente di massai, sanno difendersi improvvisando un pasto veloce e

appetitoso e senza far pesare a nessuno l’austerità della tavola». Ventisette ricette da diversi Paesi europei vogliono dire un insieme di culture differenti che, a loro volta, significano una pluralità di religioni all’interno di un continente tradizionalmente cristiano. 2

LE RICETTE DI RINALDI Nella foto a sinistra la copertina del libro di Niccolò Rinaldi “Ricettario di cucina in tempo di crisi” In basso il funzionario europeo esperto nei rapporti con l’estero

«Il continente europeo è per definizione un’unione di minoranze. Non c’è qualcosa che sia necessariamente maggioritario né a livello linguistico né a livello di popoli. E questo vale anche per le religioni. La cristianità è la tradizione europea ma con una fortissima origine semitica ebraica e con una presenza musulmana che è consolidata da molto prima dei flussi migratori dell’ultimo periodo», ha spiegato Rinaldi. «L’Europa è tollerante verso religioni che vengono da altri continenti così come dà spazio alla laicità, all’ateismo e all’agnosticismo», ha continuato il funzionario europeo. Niccolò Rinaldi ha, inoltre, sottolineato che «il Parlamento è sempre stato molto attento al dialogo interreligioso al punto di aver iniziato una serie di iniziative proprio sotto questa denominazione. Basti pensare, ad esempio, all’accoglienza che l’anno scorso ha avuto il Dalai Lama esprimendosi nella plenaria del Parlamento europeo». Numerose sono le richieste che vengono dalle minoranze religiose e che


ATTENTATI E INTEGRAZIONE RELIGIOSA Un ragazzino musulmano si scusa per l’odio mostrato dai terroristi islamici e a favore dell’integrazione religiosa nell’Unione Europea

cercano da parte dell’Europa una forma di protezione. Per esempio istanze d’aiuto arrivano dalle minoranze musulmane perseguitate in Myanmar, Stato dell’Asia Sud orientale. Un popolo che viene perseguitato dalla Birmania, guidata dal Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, per “combattere le infiltrazioni terroristiche islamiche”. Ma a un anno dai due attentati rivendicati dall’Isis il 22 marzo dell’anno scorso a Bruxelles (prima all’aeroporto e poi nella stazione metropolitana di Maalbeek, un quartiere con una grande concentrazione di immigrati), il Belgio ha cominciato a guardare con occhi diversi chi indossa il velo o chi comunque potesse avere un aspetto riconducibile alla religione musulmana. «Parliamo di una città – Bruxelles che ha una fortissima comunità islamica da molto tempo e che è rimasta molto colpita dagli attentati», ha spiegato Rinaldi. «Le autorità religiose hanno comunque sempre predicato la pace e hanno sempre fatto tutto quello che potevano per differenziare l’estremismo e

la strumentalizzazione sanguinaria delle parole del Corano da parte di alcuni terroristi da quella che è la fede vera e propria. Ricordiamo che il Belgio è un Paese con Istituzioni molto laiche e questo ha comunque favorito una ricomposizione a seguito degli attentati», ha spiegato Rinaldi. Tuttavia, nel palazzo del Parlamento Europeo si può restare perplessi nel

vedere persone prevalentemente di pelle chiara nonostante l’Unione sia ormai un meticciato di culture, etnie e religioni. «Ci sono molti deputati forse molti no e probabilmente non sono abbastanza rispetto alla percentuale della popolazione europea - di colore o di fede non cristiana. Penso 3

che l’impressione che il Parlamento abbia un’egemonia bianca sia un po’ esagerata anche se un fondo di verità c’è. È in atto un processo di rappresentazione delle minoranze della classe politica europea ed è la classe della funzione pubblica europea che deve farsi ancora interprete di una pluralità che esiste sempre di più nella Comunità», ha concluso il funzionario europeo. Un pluralismo culturale e religioso è un cambiamento di paradigma gigantesco rispetto all’autocomprensione che abbiamo della nostra società. Anche se non esistessero gli immigrati sarebbe dura definire l’Italia un paese cattolico e basta, perché c’è un processo di pluralizzazione dei riferimenti culturali. Chi crede nell’Europa, ma anche chi ha dei dubbi su di essa, ha sempre la speranza che prima o poi diventi unita in uno spazio dove esprimere la propria testimonianza.

Tommaso Felicetti aprile 2017


L’Europa informa volti e voci da Bruxelles

Ecco chi ha lasciato l’Italia per raccontare il Parlamento Ue

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ono 1794 i chilometri che separano la Puglia da Bruxelles e che noi praticanti del Master in Giornalismo di Bari abbiamo percorso per visitare le istituzioni europee. Accompagnati dal giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno Giuseppe Dimiccoli, esperto di comunicazione europea, abbiamo avuto la possibilità di visitare il Parlamentarium, il Comitato delle Regioni e soprattutto il Parlamento Europeo, dove abbiamo incontrato alcuni giornalisti e deputati che ci hanno raccontato come lavora l’apparato di informazione dell’Unione. A darci il benvenuto è stato Francesco Losappio, uno dei membri dello staff della parlamentare pugliese Elena Gentile. <<Per la comunicazione, ogni deputato si organizza in modo differente - ha spiegato Losappio - Lo staff si divide fra Bruxelles e il territorio nazionale e ha a disposizione tanto materiale: riprese, registrazioni, interviste audio e video. Ovviamente i membri che vivono in Italia si occupano di raccontare all’esterno tutto ciò che fa il deputato. La delegazione del partito democratico, invece, qui in

aprile 2017

Le storie

Belgio ha uno staff di tre persone, che si occupano di stampa e comunicazione e interagiscono con le testate italiane per quanto riguarda le materie europee>> Enrico Mayrhofer è invece un giornalista pubblicista specializzato in affari

europei, e responsabile dell’ufficio comunicazione della Toscana a Bruxelles: <<Il nostro ruolo è importante per stabilire una connessione tra istituzioni e cittadini. Io mi occupo di pro4

muovere gli interessi della Toscana in Europa, ma soprattutto di far conoscere ai toscani quello che fa l’Europa per loro e per tutte le regioni d’Italia. Lo sapevate che il 34% dei cittadini italiani non sa che determinate opere e progetti sono finanziati dai fondi strutturali europei?>> Non solo Toscana, anche la Lombardia è ben rappresentata in Europa, grazie ad Andrea Maresi, giornalista professionista ed ex responsabile della comunicazione del Parlamento Europeo nel nostro paese: <<Col mio lavoro cerco di convincere i media italiani a trovare spazio e parlare di più di temi che coinvolgono il Parlamento europeo e i suoi deputati. Il mio compito è far sì che arrivi all’opinione pubblica italiana, attraverso i media, una serie di tematiche e decisioni che hanno un impatto diretto sulla nostra vita quotidiana, e che fino a poco tempo fa non trovavano posto nell’informazione nazionale>>. La portavoce del Partito Popolare Europeo per l’Italia (centrodestra) è la calabrese Manuela Conte: <<Non c’è


TWEET E SALA STAMPA Le attività di chi lavora nell’apparato di informazione del Parlamento Europeo sono svariate: dalla redazione di articoli, alle riprese video, alla cura dei social. C’è perfino chi twitta a nome del presidente

alternativa all’Unione Europea, ma bisognerebbe cambiare qualcosa in profondità - ha affermato - Noi mettiamo il nostro impegno per comunicare quello che i partiti fanno per aiutare il territorio, ma talvolta gli enti locali italiani sprecano i fondi europei, rispondono con l’improvvisazione ai bandi, non riescono a fare di meglio che costruire aiuole o istituire corsi di formazione di dubbia utilità>>. La Calabria in Europa è rappresentata anche grazie alla giovane Raffaella De Marte, che a poco più di trent’anni vanta già una carriera di tutto rispetto nella comunicazione europea: <<Sono stata addetta stampa dell’ex presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, e mi sono occupata anche di gestire i suoi profili social, Twitter in particolare>>. Oggi Raffaella si occupa invece di coordinare il ruolo dei vari addetti stampa degli stati membri sui territori nazionali: <<La DG COMM (Direzione generale della comunicazione del Parlamento Europeo) - ha raccontato - ha il compito di facilitare il lavoro dei vari addetti stampa. Ce

n’è uno per ogni stato membro, per il momento nonostante la Brexit sono ancora 28. Ma il loro lavoro non è facile, anche perché, a mio avviso, c’è uno squilibrio: l’addetto stampa di Malta non lavorerà mai tanto quanto quello italiano o tedesco. Qui alla DG

COMM cerchiamo di facilitare loro il lavoro, soprattutto di quelli più impegnati: siamo divisi in 7 unità e forniamo loro continuamente materiale. Ogni unità ha compiti e mansioni diverse e si occupa di diversi temi: una è 5

prettamente web, una si occupa di redigere articoli, una della parte video, ecc..>> La giornata si è conclusa poi con la visita ai vari studi televisivi che ogni giorno ospitano le dirette dei giornalisti di tutto il mondo. <<L’utilizzo di questi studi è gratuito - ci ha spiegato ancora Francesco Losappio - i giornalisti possono appoggiarsi per le interviste. Lo sfondo è sempre lo stesso, in tutte le televisioni del pianeta>>. E la nostra visita all’apparato di informazione del Parlamento Europeo si è conclusa con un paio di domande ai redattori della sezione web, che ogni giorno producono contenuti video per la web tv del Parlamento, Europarl.tv: <<La nostra linea editoriale è quella di difendere il pluralismo dell’Unione, riportare le varie voci, e avvicinare i cittadini alle istituzioni. I video che produciamo aumentano ogni settimana, da un minimo di due al giorno, fino a un massimo di sette. C'è tanto lavoro da fare!>> Bianca Chiriatti aprile 2017


Se l’Ue sta con The Donald Politica estera

Kim Jong-Un trema e pensa al nucleare

IL FOTOMONTAGGIO Nell’immagine, Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, accanto al presidente della Commissione europea JeanClaude Juncker. Dietro di loro un esercito, idealmente in condivisione

L’attacco Usa in Siria cambia gli scenari l’Europa (per ora) si schiera con Trump

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a nemico a possibile alleato dell'Europa: Donald Trump è è resta la vera incognita dello scacchiere geopolitico mondiale. Le mosse del presidente Usa sono imprevedibili, tanto all'estero quanto in campo nazionale. L'ultima, l'attacco missilistico al regime di Assad in Siria, ha sorprendentemente raccolto i consensi di tutti i leader europei. E, manco a dirlo, stupito in negativo gli esponenti che sinora l'avevano sempre osannato: da Matteo Salvini a Marine Le Pen, giungendo soprattutto a Vladimir Putin. L'attacco ai siriani, infatti, è stato principalmente uno sgarbo alla Russia. Mica male per un presidente che fino al giorno prima era accusato di fare sponda al Cremlino. Per questo la mossa di Trump ha tolto ogni certezza a detrattori e sostenitori. Quale sarà la prossima azione americana, non è dato saperlo. Di sicuro, The Donald ha agitato le acque internazionali e sta seriamente rischiando aprile 2017

di provocare una tempesta che coinvolga tutti. Anche l'Ue. Certo, c'è la diplomazia. Ci sono le organizzazioni internazionali. Ci sono anni ed anni di storia a fare scuola. Ma bisogna sempre stare attenti a non forzare troppo certi equilibri: guai, tanto per dirne una, a tirare in ballo la Corea del Nord. Verso cui si stanno dirigendo navi Usa (perché, vien da chiedersi). Kim Jong-un non aspetta altro, e se messo alle strette potrebbe replicare col nucleare. In ogni caso, l'Unione deve decidere da che parte stare: dopo l'attacco alla base militare siriana, non sembrano esserci troppi dubbi. Con gli Usa. Nonostante Trump, verrebbe da dire. Eppure quello con l'Oriente e gli estremismi che lo popolano, è un conflitto da vincere. Anche e soprattutto per il Vecchio Continente, che continua ad essere il bersaglio preferito dei cani sciolti del terrore: ultima della serie tra le città colpite è stata Stoccolma, ma la lista rischia di allun6

Quando Kim Jong-un ha paura, rischia di diventare ancora più pericoloso. E ora, di paura, ne ha tanta. L'accelerazione di Donald Trump, che ha inviato la portaerei Vinson al largo della Corea del Nord con il suo gruppo d'attacco, potrebbe essere interpretata dal regime nodcoreano non come una mossa di deterrenza, ma come una vera e propria dichiarazione di ostilità. Pyongyang dice di aspettare gli americani al varco, «perché noi abbiamo poderosi muscoli militari con una forza nucleare al centro». E a rischiare più di tutti è la Corea del Sud, che ha puntati sulla sua Seoul 10mila pezzi di artiglieria e lanciarazzi. Ma ciò che deve preoccupare più l’Occidente, è la rincorsa di Kim ai mezzi tecnologici che in qualche mese gli potrebbero permettere di lanciare le testate nucleari verso Roma o Los Angeles. (L.L.)

garsi se non si risolve alla radice il problema Isis. In Siria e dintorni. Con tutto questo marasma planetario, il discorso dei dazi al 100% su alcuni prodotti di Italia e Ue proposto dall’amministrazione Trump è finito in secondo piano. Anche se resta comunque un tema importante. Ora, però, c’è un problema più imminente che ha rubato completamente la scena a tutto il resto: la Russia, si è detta pronta a reagire alla prossima mossa americana contro Assad. Una situazione che potrebbe persino favorire lo Stato Islamico. Forse, il ruolo dell’Europa può essere quello di fare da collante: tra tanti attori estremisti che mostrano i muscoli, il Vecchio Continente, culla della democrazia, può e deve svolgere un lavoro diplomatico di fondamentale importanza. Cercando il dialogo anche con Trump. Perché nessuno ha voglia di assistere al conflitto mondiale del terzo millennio. Luca Losito


La nuova Russia di Putin sembra l’Urss

Le politiche aggressive dello zar stanno scompaginando tutto lo scacchiere euroasiatico

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ladimir Putin in questi ultimi giorni sembra mostrare un grande senso di responsabilità. Almeno apparentemente. Se è vero che l'attacco dell'ISIS a San Pietroburgo e i 59 missili di Trump in Siria potevano essere recepiti come una provocazione, allora siamo difronte a un capo di Stato che riesce a scrollarsi di dosso molto bene l'aura di guerrafondaio che da molti media gli era stata attribuita. Senza contare l'incidente del Mig e l'assassinio dell'ambasciatore russo, entrambi in Turchia. Lo Zar non sembra mostrare dunque segni di cedimento. Per ora. Quello che preoccupa di più è il rapporto con i movimenti politici a lui affini. Le relazioni con Trump e Erdogan non saranno idilliache, ma la linea politica è esattamente la stessa: cercano in tutti i modi di sedurre l'Europa, per dividerla e indebolirla. Ha decisamente meno peso politico, infatti, un gruppetto di nazionalisti divisi, piuttosto che

LO ZAR Putin ha cominciato la sua carriera nel PCUS e nelle fila del KGB, il servizio segreto prima sovietico ora russo

un gruppo di popoli uniti sotto un'unica bandiera. E così dopo la Brexit si parla già di Frexit. Marine Le Pen ha fatto sapere che se vincerà le elezioni, uscirà dall'UE. E anche l'Italia non è messa bene, se pensiamo che sia Grillo sia Salvini, per quanto diversi nei programmi, sono entrambi euroscettici. Bisogna ammettere però che il m5s ha manifestato l'intenzione di voler cambiare aria, provando a entrare nell'ALDE (il raggruppamento dei liberal democratici), mentre invece la Lega di Salvini è sempre più "Nera" e molto meno "Nord" di prima. Se poi aggiungiamo i 4 di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia), capitanati dallo xenofobo e ultranazionalista Victor Orban, il quadro è completo. C'è da dire però che le relazioni tra l’Unione europea e Putin sono sempre state problematiche. I motivi sono diversi: intanto il presidente russo non ha mai nascosto di aver fatto carriera nel 7

Partito Comunista Sovietico. Anzi, a differenza dei suoi oppositori, che hanno cercato di nascondere i loro rapporti col PCUS, lui ha sempre ammesso candidamente di provenire da quel mondo, senza mai vergognarsene. Come dire: "Salve mondo libero, questa è la mia identità. Prendere o lasciare". Se poi aggiungiamo che le pressioni verso tutti quei Paesi che erano nell'orbita sovietica, come i Paesi baltici, sono aumentate esponenzialmente negli ultimi anni, la questione si fa davvero problematica. Basti pensare all'incidente ucraino, l’esempio più eclatante della nuova politica espansionistica russa. In pratica Putin ha annesso la Crimea ai suoi territori, senza consultare il governo ucraino. E' pur vero però che il referendum di autodeterminazione è stato vinto dai sostenitori filo-russi con percentuali bulgare: 97%, più di un milione e mezzo di persone. Tutto questo, senza contare che piovono accuse da tutte le parti sulle interferenze russe nelle elezioni americane. Interferenze che potrebbero colpire anche la Francia, al voto tra un paio di settimane. Dunque dietro ai comportamenti responsabili c'è un enorme lavoro sottotraccia che preoccupa l'intelligence di molti paesi. E' così assurdo ammettere che il diavolo tenta di sedurre, prima di prendersi l'anima? Paolo Cocuroccia

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Non solo bandiere voglio un’Europa tutta colorata

Bruxelles resiste oltre i confini nazionali

Fuori multicolor, dentro bianco e grigio. È la sensazione che si può provare entrando e uscendo dal Parlamento Europeo a Bruxelles. Nella piazzetta antistante l’ingresso un mercatino dai profumi nordafricani, lingua araba, cibo e profumo di thè alla menta marocchina. Donne con il velo passano sui marciapiedi mentre due neri lavorano in un cantiere. Avvicinandosi all’ingresso del Parlamento un maestoso palazzo di vetro azzurrino si presenta agli occhi. La luce si rispecchia sulle finestre e per guardarlo è necessario alzare la testa. Sembra un aeroporto. All’ingresso controllo bagagli e, nel caso, perquisizioni. La sicurezza antiterroristica è una pratica comune in tutti i palazzi delle Istituzioni europee a Bruxelles. Via la cintura, via il cappello, borsa nel rullo con raggi x. Ora si può entrare nel luogo dove i 751 parlamentare europei adottano la legislazione dell'UE, insieme al Consiglio dell'UE, sulla base delle proposte della Commissione europea. Uomini bianchi in giacca e cravatta gironzolano in corridoi immensi coperti da moquette grigia. Ascensori con capienza di 60 persone ma vuoti. In giro solo uomini e donne dalla pelle chiara. Sono quelle persone che si occupano di legiferare sui provvedimenti da prendere per i migliaia di immigrati africani, siriani e orientali. Per non lasciare che l’Europa sia una carta bianca, coloriamola di diverse sfumature.

Erano anni che non tornavo a Bruxelles. Non è cambiata molto esteticamente. Sicuramente si è innovata, ma quel che ho notato è che nonostante gli attentati e il terribile momento politico che sta vivendo come capitale europea, è ancora più aperta di come l'avevo lasciata. Non si è fatta scalfire dal terrorismo, né dal crescente populismo che sta cercando di toglierle poteri. E allora mi vengono in mente storie di cittadini europei, di quella generazione che è andata decisamente oltre lo slogan di "generazione Erasmus": come Francesca Peirotti, residente in Francia, che lavora per l'associazione umanitaria "Habitat e citoyenneté" e che è finita sotto processo a Nizza per "favoreggiamento dell'immigrazione clandestina". Stava aiutando otto clandestini a passare il confine. "Il mio crimine è la solidarietà - ha detto Francesca ai microfoni che la attendevano fuori dall'aula di tribunale - Per me la frontiera non esiste. Loro invece hanno scelto di mettere un filtro disumano". Un filtro che va oltre i principi che hanno reso grande l'Europa. Ma Bruxelles resiste. Resiste ai colpi di chi vuole sgretolarla con mura di filo spinato. Resiste alle provocazioni dell'ISIS e alla filosofia del sangue chiama sangue. Resiste agli accordi sottobanco dei quattro di Visigrad. Resiste alle perverse fascinazioni nazionalistiche di Putin e Trump. E noi resistiamo con lei, la nostra capitale.

Tommaso Felicetti

aprile 2017

Paolo Cocuroccia

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Vista da noi

Il nostro viaggio in un mosaico di emozioni

Le istituzioni europee, della cui storia e del cui funzionamento tanti parlano ma che in pochi conoscono nel loro complesso (e nella loro complessità). Le strade piene di gente, come in un grande melting pot di storie e culture. Il sapore caratteristico della birra e il gusto del cioccolato. Uno stadio che, nonostante i 32 anni trascorsi, la ristrutturazione e persino il nome cambiato, porta ancora i segni di quella balorda notte del 29 maggio 1985. Sono tanti gli aspetti che abbiamo colto a Bruxelles durante il nostro soggiorno. E questo grazie soprattutto ad una guida che ci ha saputo guidare nei meandri di una città complessa e nella cui memoria è ancora vivo il ricordo di quanto accaduto il 22 marzo di un anno fa. Ma questi due giorni non sarebbero stati la stessa cosa se a renderli speciali non ci fossero stati loro. Più che colleghi. Amici, quasi fratelli. Persone che, quasi in punta di piedi, sono entrate a far parte della quotidianità e che ormai occupano in pianta stabile un posto nel cuore. Per tutte queste ragioni è riduttivo dire che nel soggiorno a Bruxelles abbiamo imparato. I due giorni in terra belga sono stati soprattutto emozionanti. E il bello di questo mestiere, parafrasando un grande maestro, sta nel sapersi emozionare per poter trasmettere emozioni. E allora grazie a tutti. Indistintamente. Dal cuore!

Vincenzo Murgolo


Tra risse e sporco, una capitale a sorpresa

Bruxelles, il dolce e l’amaro città dai due volti

Una storia per l’Unione e l’integrazione

Bruxelles è una città pulita, tranquilla e sicura, dicevano. Fatto sta che, appena arrivati, ci siamo imbattuti, secondo l’ordine cronologico, in una selvaggia rissa fra tre uomini, gente che passa col rosso e una marea di sacchi della spazzatura abbandonati in strada. L’aria “nordica” - e, per alcuni versi, poco “europea” - si è avvertita sin dall’arrivo in aeroporto. Un’aria comunque prega di paura e tensione, visto il troppo recente ricordo degli attentati di appena un anno fa. Volti tranquilli e rilassati, ma per le strade militari con mitra pronti a sparare. Ma nella capitale belga c’è l’Unione. Bruxelles è sicuramente crogiolo di culture, tradizioni e soprattutto d’idiomi: dal tedesco al francese, dall’inglese all’italiano, bene o male incontri sempre qualcuno che parla la tua lingua. Città piovosa e fredda, con noi è stata generosa: caldo e sole hanno accompagnato la nostra “due-giorni” tra palazzi delle Istituzioni, esperti di comunicazione e birrerie (conosciute o meno dal nostro accompagnatore, Giuseppe Dimiccoli, poco importa). Tanti i turisti, ma tanti anche i comunitari (e non) che a Bruxelles vivono e lavorano. Tutto sembra ruotare attorno a quegli enormi “giganti” di vetro e cemento che si erigono a centro dell’Europa unita. Un po’ di Germania, Olanda e Gran Bretagna, ma anche un po’ d’Italia, Grecia e Spagna: Bruxelles è luogo d’unione e d’incontro di un’Europa che nel 2019 si gioca il futuro. Davide Impicciatore

Una città che si sforza di essere moderna, ma che appena fuori dal contesto delle istituzioni europee mostra il volto della crisi. Questa, a mio parere, è Bruxelles oggi, con i suoi palazzi enormi, le sue sedi istituzionali nelle immense piazze circolari, insieme ai senzatetto che dormono sotto i portici e ai negozietti degli indiani che sono gli unici a vendere l’acqua a un prezzo abbordabile. Come ogni grande città, anche Bruxelles ha diversi volti, la differenza da altre capitali è che qui i volti non sono distinti, ma convivono strada dopo strada, angolo dopo angolo, in un’alternanza che la rende un po’ affascinante, un po’ inquietante. Appena siamo arrivati, in mezzo ai colori delle girandole che addobbano il lungofiume, tre uomini hanno cominciato a picchiarne un quarto. Le botte erano forti, qualcuno ha provato a intervenire, la vittima è finita dietro un cassonetto. Ma la maggior parte della gente passeggiava indifferente, forse colpa dei costosi negozi monomarca appena girato l’angolo. E la sera, usciti dagli splendidi locali illuminati, dove è possibile gustare centinaia di tipi di birra, tanti senzatetto dormivano sui gradini di chiese e palazzi, coperti da un cartone. Una città dai mille volti, spavalda perché non ha paura di mostrarli. Ma fa riflettere il fatto che anche dove c’è la dorata patina europea, lo spauracchio della crisi abbia attecchito.

A primo impatto mi è sembrata una città grigia (quasi spenta), ma a volte le apparenze possono ingannare. Bruxelles si è rivelata una sorpresa e più luminosa di quanto mi aspettassi (complice anche i luoghi visitati). A sorprendermi più di tutto è stato il Planetarium: un vero e proprio parco giochi che con i suoi luci e colori cerca di spiegare la storia dell’Unione Europea ad adulti e bambini. Tante direzioni (quante sono le città dell’Europa) per un unico obiettivo: l’integrazione fra i cittadini. Una realtà messa in discussione, dopo le vicende che hanno coinvolto la politica internazionale. Non innalzare muri ma costruire ponti: di questo ha bisogno la nostra società. È antica la storia della nostra Europa: dalla firma dei Trattati di Roma sono passati ben 60 anni. Era il 1958 quando sono entrati in vigore e il 2007 dalla firma del Trattato di Lisbona. Una storia ancora attuale perché ci fa capire quanto chi prima di noi si è impegnato per arrivare a un periodo di serenità (dopo i disastri delle due guerre mondiali). Le tappe verso l’integrazione sono state tante e diverse e in questo hanno giocato un ruolo importante sia gli uomini sia le donne. Non solo una storia di unione, ma anche di affermazione dei propri diritti (e doveri) che ancora oggi hanno bisogno di essere ricordati.

Bianca Chiriatti

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Maila Daniela Tritto aprile 2017


“L’aria è amara” Notizie “distorte” sull’Unione

Del profumo di Europa resta solo la scia

L’Unione di Bruxelles assomiglia più a quella decantata dai padri fondatori: quella del post guerra, quella che crede fermamente nella libera circolazione, nei diritti fondamentali dell’uomo, nella diffusione della pace. E’ quella che sostiene le minoranze e fa della “sostenibilità” il suo progetto futuro. L’Unione di Bruxelles sembra l’unione “delle meraviglie”, quella che prima di pensare alla Merkel, Hollande, Renzi-Gentiloni- Trump e Putin pensa al cittadino e al suo star bene. Nella realtà invece accade che tutto quello che ha a che vedere con l’Unione si scontra con interessi nazionali dei singoli Paesi membri. Per questo poi nascono le dichiarazioni di europarlamentari e/o politici nazionali che in Italia si trasformano in “campagne elettorali” o motivo di infiniti dibatti tv con e tra fazioni politiche opposte. E’ da qui che le notizie “sociali” dell’Unione passano in secondo piano perché fanno più notizia quelle “economiche”. E’ da qui che l’”Unione delle meraviglie” si perde perché sovrastata dalla “distorsione” delle parole e degli interessi nazionali. E parer mio è proprio da qui, che nasce l’”IO” nazional patriottico che nella scorsa estate si è trasformata in Brexit e minaccia ancora la scelta di molti paesi come la Francia ad abbandonare l’Unione. “Aiutateci a comunicare la vera Europa, abbiamo bisogno di voi. L’Unione non può morire”. Questa frase l’ho portata con me in valigia, da Bruxelles a Bari. Non ha fatto un appello a noi in quanto cittadini, ma come giornalisti responsabili della una nuova generazione. Annarita Amoruso

Ogni profumo contiene tre accordi: la testa, il cuore e la base. L’accordo di testa racchiude la prima impressione, quella che dura solo pochi minuti e quando si mette piede a Bruxelles l’accordo di testa ha il sapore della freddezza. Tutto troppo rigido, tutto troppo prestabilito e scandito. Uomini in giacca e cravatta si muovono freneticamente da un’ala all’altra del Parlamento europeo impersonificando gli ingranaggi di una macchina perfettamente rodata. Quest’aura meccanica dura poco, lasciando subito posto all’accordo del cuore, il tema dominante del profumo. E qui nel tempio dell’Europa a regnare è proprio quel profumo di utopia fatto dai desideri di chi vuole ancora cambiare il mondo. Quel sogno si chiama unità, e il suo profumo qui si sente forte e chiaro, da oltre 60 anni. Un profumo che però oggi va sempre più scemando mischiandosi ai sentimenti antieuropeisti che ne minano l’essenza. Così all’accordo del cuore subentra l’accordo di base, la cui scia è quella che rimane più impressa nella memoria olfattiva, e questa volta l’aroma sa di incertezza. Un’incertezza palpabile che nasce dalla paura, dal cambiamento politico, dai fallimenti economici e dalla cattiva comunicazione. “Uniti nella diversità” è questa l’etichetta dell’”Eau d’Europe” che se non cerca di innovarsi, partendo dal proprio motto, sarà costretta presto a fermare la sua produzione e a chiudere i battenti. (Graziana Capurso)

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Vista da noi

Sapori d’Europa in una Bruxelles molto romantica

Il cuore pulsante dell’Europa. Bruxelles, con tutti i suoi sfarzi e le architetture affascinanti, è il centro nevralgico di un Vecchio Continente ormai proiettato verso il futuro. Colori, profumi, arte, sapori. Girare per strade e piazze, ti permette di avere una forte percezione del sentimento europeista. Poi, entrando e osservando da vicino le sedi fisiche delle istituzioni, ci si ritrova direttamente immersi nella storia. Si parlano tantissime lingue, a Bruxelles. E si incontra gente di ogni razza e colore, tra cui tantissimi musulmani. Proprio nella città che solo un anno fa è stata colpita dagli attentati dell’Isis, e che ha avuto il coraggio di superare quel trauma senza rinnegare la sua identità. Si mangia e si beve davvero bene: carne pregiata, birre di ogni tipo, patate e patatine in tutte le salse, dolci squisiti come wafel e torte, ed infine l’inimitabile cioccolato belga. Si gira all’infinito: dalla Grand Place al Palazzo Reale, passando per i giardini e arrivando all’epicentro dell’Ue con tutte le sue strutture. Non si finisce mai di visitarla. anto meno lo si può fare in due giorni, come nel caso della nostra spedizione. Una toccata e fuga. Un gustosissimo assaggio di un piatto che merita tutte le attenzioni del caso. Lo si è capito già dall’arrivo, da quando ci siamo affacciati sul canale Bruxelles-Charleroi che lambisce l’Hotel respirando a pieni polmoni l’aria frizzante della capitale belga. Luca Losito


Ecco la tv del Parlamento L’informazione

LA TELEVISIONE A BRUXELLES Foto 1. Gli studi di “EuropalTV”, Foto 2. Dietro le quinte. Foto 3. Non solo tv ma anche studi radio

Fra politica e informazione: con “EuropalTv” va in scena l’Unione

L’

informazione prima di tutto. Non solo eurodeputati, ma anche giornalisti che lavorano nella sede del Parlamento europeo a Bruxelles. A telecamere spente ci hanno raccontato come lavora l’apparato d’informazione (fra telegiornali, web, carta stampata e attività di ufficio stampa) e ci hanno accompagnato in una visita guidata nei loro studi e redazioni. Uno studio televisivo pensato per tutti è questa “EuropalTv”: la televisione ufficiale su internet del Parlamento europeo (fruibile on demand e broadcasting). Ci ha colpito a prima vista, non appena abbiamo iniziato a visitare la sede di Bruxelles. Sono provvisti di tutto il necessario (fra montaggio, feed e postazioni). La televisione si fa sotto lo sguardo attento di chi non solo lavora dall’interno ma anche dei visitatori. È un servizio che dà la possibilità di seguire in diretta le sessioni parlamentari e le riunioni delle commissioni (oltre a essere un vero e proprio archivio che com-

prende contenuti, video educativi e dibattiti fruibili in 23 lingue ufficiali dell’Unione Europea). Un giorno ti ritrovi così ad assistere alle dirette che si fanno proprio all’interno del Parlamento: ci sono persino gli ospiti in studio (fino a un massimo di 4 partecipanti più il conduttore). “EuropalTV” è stata lanciata il 17 settembre 2008. Dotato di scene con sfondi reali o virtuali (che ripropone lo stile del Parlamentarium), una postazione per le riprese in diretta (per le interviste e le dichiarazioni, come nel caso delle sedute plenarie che vengono realizzare sul posto). Ogni giorno le televisioni di tutto il mondo trasmettono da qui le notizie dell’Europa. I programmi sono diversi per contenuto (divisi in quattro canali): da “Il vostro parlamento” a “La vostra voce”, da “L’Europa giovane” a “Il Parlamento in diretta”. Una linea editoriale precisa ed è quella di difendere il pluralismo dell’Unione europea, portare le varie voci e avvicinare i cittadini alle istitu11

zioni (come ci spiegano dalla sala stampa). Ma quanti servizi producono ogni giorno? I video che producono aumentano ogni settimana, da un minimo di due al giorno a un massimo di sette. C’è un grande lavoro dietro ogni notizia che coinvolge il Parlamento europeo. Le parole chiave? Tempestività e precisione. Fra dirette e contenuti on demand, “EuropalTv” è suddivisa in varie sezioni in cui vengono affrontati diversi argomenti: gli affari dell’Unione Europea, economia, sicurezza, società e notizie provenienti da tutto il mondo. Un ruolo difficile perché deve pur sempre tutti i cittadini.

Maila Daniela Tritto

aprile 2017


L’UE e la Xylella fastidiosa Il dramma pugliese

Intervista all’europarlamentare tarantina del M5S Xylella e Tap stesso tragitto: <<Rilevo preoccupata la “casualità”>>

ROSA D’AMATO Portavoce del Movimento 5 stelle in Parlamento Europeo dal 2014

T

ra la Xylella e Tap gli ulivi pugliesi sembrano non trovar pace. Qual è la sua posizione? Il gasdotto Tap è un’opera inutile e dannosa per il nostro territorio, che serve solo agli affari delle lobby del fossile e, stando a quanto denuncia un’inchiesta de L’Espresso, anche della mafia. Chi ama la Puglia non può essere a favore di questa opera. E lo stesso vale per il caso Xylella. Fin dall’inizio di questa vicenda, ho sottolineato come la decisione di provvedere ad abbattimenti di massa e uso intensivo di pesticidi fosse sbagliato e che bisognava invece promuovere una ricerca a 360 gradi, usando pratiche fitosanitarie che contenessero il batterio rispettando ambiente e territorio. All’inizio, venivo accusata di essere contro la scienza. Oggi anche la Commissione europea ha ammesso che occorre fare di più sul fronte della ricerca. L’inchiesta giornalistica "Xylella Report" di Marilù Mastrogiovanni dimostra che il batterio che ha colpito il nostro territorio può essere curato. Eppure molti Paesi come la Francia stanno bloccando l’importazione dei prodotti pugliesi nel loro territorio per "paura del contagio". Come avviene la comunicazione tra i Paesi membri? Chiarisco subito che le misure dell'Ue sugli abbattimenti di massa di ulivi non

aprile 2017

Sperimentando in Puglia

Nel 2015 molti giornali italiani hanno riportato la seguente notizia: <<Xylella, 450 ulivi germogliano dopo un anno di cure tradizionali e bio>>. Da quel momento in poi il silenzio. Giuseppe Coppola, proprietario di un oliveto in contrada Santo Stefano, tra Alezio e Gallipoli, ha invitato esperti, scienziati e agricoltori a recarsi sul suo campo e ha illustrato il frutto del lavoro di un anno. In un’intervista al Fatto quotidiano ha dichiarato: <<Abbiamo usato lo zolfo in polvere sulla pianta pensando di creare fisicamente un ambiente ostile alla sputacchina, che le impedisse di avvicinarsi alle piante. Ha funzionato. Non credo di aver risolto il problema della Xylella, ma sono convinto che se altri avessero fatto ciò che ho fatto io, forse il batterio non avrebbe avuto la strada spianata>>. Oggi le piante dell’azienda sono sane, ma al di fuori dei confini dei Coppola c’è il disastro. vengono decise dal Parlamento europeo, ma dalla Commissione europea attraverso il Comitato fitosanitario. Comitato all'interno del quale ci sono i rappresentanti dei singoli Stati membri. Per quanto riguarda la Francia, anche lì è stata trovata la Xylella. E questo dimostra quello che dicevamo fin dal principio, ossia che la Xylella è un batterio endemico, di un dato ambiente, non confinato a un’area ristretta dell’Europa a causa di un contagio occasionale. Ed essendo endemico va affrontato come tale: non con gli abbattimenti, ma con 12

misure di contenimento sostenibili. È un caso o no che gli ulivi "infetti" che dovrebbero essere sradicati corrispondano allo stesso tragitto del gasdotto (dal Salento salendo per il Brindisino) per cui migliaia di cittadini in questi giorni stanno protestando? Il punto non è se sia un caso o meno. Ognuno su questo può serenamente farsi la propria idea. Io, a prescindere, rilevo con preoccupazione la "casualità": e già poterla rilevare è inquietante. E' comunque un tratto di questa storia assurda che ci fa ritenere di es-


<<Xylella>> - cos’è? - da dove viene? - quali i sintomi?

sere dalla parte giusta quando sosteniamo le nostre tesi sulla xylella e quando ci opponiamo fermamente alla Tap. E non ci smuoveremo da questa tesi, radicati sul terreno della ragione..proprio come i nostri Ulivi di Puglia! La natura non deve fare posto alla mano invasiva dell'uomo. Quanto tempo ci vorrà ancora per dimostrare all'Unione che i nostri agricoltori hanno bisogno della mano delle istituzioni, dei giusti finanziamenti, per recuperare il nostro patrimonio?

XYLELLA Da “Xylella Report”: <<Fino a dicembre 2013 su 1757 campioni, gli ulivi infetti erano solo 21.La delibera sull’estirpazione degli ulivi infetti da parte della Regione Puglia è stata emanata ad ottobre 2013. Quanti fossero gli ulivi positivi alla Xylella il 29 ottobre 2013, non è dato sapere>>

Perché vi sia una cura accertata alla Xylella occorrono ancora studi e ricerche, che vanno promossi. E' l'iter della scienza e va rispettato. Le istituzioni (siano esse europee, italiane o regionali) devono destinare risorse adeguate alla ricerca, favorendo studi su più livelli e condotti con la massima trasparenza. Cosa che all'inizio della vicenda Xylella è mancata del tutto. La mia posizione, che ho espresso più volte con interrogazioni e con il coinvolgimento di istituiti di ricerca di altri Paesi, è che bisogna allargare il campo di ricerca sulla Xylella con 13

Classe: Gammaproteobacteria Famiglia: Xanthomonadaceae Genere: Xylella Specie: X. fastidiosa Partiamo dai suoi dati anagrafici per capire cos’é: la Xylella è un batterio che vive e si riproduce all'interno dell'apparato conduttore linfatico (nei vasi xilematici, dov’è contenuta linfa grezza, portatori di acqua e sali minerali). In particolare la Puglia è stata colpita dalla Xylella fastidiosa, una specie del batterio Xylella, che è in grado di indurre pesantissime alterazioni alla pianta ospite, spesso letale.L'equipe del dottor Donato Boscia del CNR di Bari (Istituto per la protezione sostenibile delle piante) ha scoperto che nel caso specifico della Xylella che ha colpito gli olivi pugliesi, l'insetto vettore è la Philaenus spumarius, nota come sputacchina. Studiando il DNA del batterio, Boscia ha concluso che la Xylella presente in Puglia è uguale a quella in Costa Rica. La prima comparsa di questo batterio nell'agricoltura italiana è avvenuta nel 2010 con un sintomo chiaro: il disseccamento rapido dell’olivo, una fitopatologia, patologia vegetale, provocata da agenti parassiti animali, vegetali, fungini, batterici, che inoltre può manifestarsi, per alterazioni delle piante dovute ad agenti di inquinamento collaborazioni tra istituti di diversi Paesi Ue. E questo anche perché la Xylella è ormai un problema europeo: ci sono casi in Francia e Spagna, tra l’altra con ceppi di batterio diversi da quello trovato in Puglia. Al fianco della ricerca, però, occorre far fronte alla situazione nell’immediato: ma non con gli abbattimenti. Ci sono pratiche fitosanitarie rispettose dell’ambiente chepossono contenere il batterio. Sicuramente più di quanto farebbero le eradicazioni di alberi. Annarita Amoruso

aprile 2017



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