Medi@terraneo News 16-30 aprile 2019

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Anno 11 - N. 71 16-30 aprile 2019 Distribuzione gratuita

Premio Giornalisti del Mediterraneo 2016

MEDI@TERRANEO news - Periodico del Master di Giornalismo di Bari Ordine Giornalisti di Puglia - Università degli Studi ‘Aldo Moro’ di Bari Editore: Apfg - Bari Direttore Responsabile: Lino Patruno Registrazione Tribunale di Bari numero 20/07 del 12/04/2007

Redazione: Palazzo Chiaia-Napolitano via Crisanzio, 42 - Bari email: master@apfg.it

Stella polare di Bruxelles

Eccoci qui dove nascono le notizie

Cara Europa fatti sentire

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E' innegabile che la stragrande maggioranza delle decisioni che regolano la nostra vita quotidiana siano prese sempre tra Bruxelles e Strasburgo. Insomma in “Europa” per fare una semplificazione geografica e politica. Eppure, comunicare l'Unione europea da Bruxelles non è cosa semplice. Troppi registri comunicativi vanno regolati. I primi a dover aver chiaro tutto questo devono essere i giornalisti. Per prendere consapevolezza e correggere questa deriva, anche per questa edizione, ho avuto l'onore di guidare in una “full immersion” didattica esperenziale gli studenti del Master nella capitale d'Europa. Siamo entrati proprio in quei luoghi da dove partono le notizie. Dove vengono fabbricate: dall'Università di Bari nel cuore delle istituzioni comunitarie. Abbiamo incontrato i massimi vertici delle istituzioni europee in ambito comunicativo. Abbiamo posto domande. Anche scomode. Come è giusto fare sempre. Gli studenti, tanto stupiti dalle mega strutture quanto concentrati sulla “missione”, hanno dato prova di voler e poter affrontare questa sfida di buona comunicazione europea. E non è poco se si considera che anche a causa di approssimazione e termini sbagliati si concorre a rendere l'Europa più lontana. Si perdono fondi. Ora sarà necessario, per sempre, direzionare la penna, il mouse, la telecamera verso la stella polare di Bruxelles. Gli studenti del Master già lo stanno facendo. Giuseppe Dimiccoli 16-30 aprile 2019


Rosa, blu, rosso dall’Unione un arcobaleno d’informazioni

BANDIERE I simboli dei 28 Paesi membri dell’Unione Europea, sventolanti fuori la sede di Bruxelles

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L’incontro con Federico De Girolamo, addetto stampa del Parlamento Ue. I percorsi delle notizie e l’importanza della comunicazione europea

Da dove nasce la comunicazione dell’Unione Europea? Sicuramente da un grande lavoro di ufficio stampa. Immaginate cosa voglia dire gestire e fornire informazioni ai giornalisti di 28 Paesi europei. Federico De Girolamo è l’addetto stampa della sezione mass media del Parlamento Europeo. Il terzo piano della grande sede di Bruxelles, dedicato all’area stampa, è casa sua. Conosce ogni centimetro e ogni angolo, si aggira con sicurezza e sa esattamente quale incontro o evento sta per avvenire in una delle sale. La prima cosa che chiarisce De Girolamo è che l’ufficio stampa del Parlamento svolge attività di comunicazione dell’istituzione e non dei singoli deputati o partiti politici. Il lavoro di Federico e dei suoi collaboratori, divisi per ambito (sezione audio-visiva, assistenza radio-tv-web, bureaux nazionali ecc.), è comunicare cosa accade all’interno della struttura e fornire ai corrispondenti tutte le informazioni di cui hanno bisogno: “ Noi aiutiamo i corrispondenti a coprire gli spazi nelle loro testate dedicati all’Unione Europea. Lavoriamo tramite mailing list: ai giornalisti arrivano fino a 200-250 mail al giorno con tutti gli argomenti. Bisogna attrarre la loro attenzione con comunicati stampa efficaci con titoli cortissimi. Siamo disponibili alla spiegazione e chiarimento degli argomenti. Spesso si utilizza un linguaggio burocratico e noi dobbiamo essere pronti a

spiegare e a raccontare il vero succo della notizia”. Nel 2008-2009 a causa della crisi finanziaria, il numero di giornalisti è diminuito anche nei loro uffici. Oggi si contano circa un migliaio di giornalisti. Operativamente, l’ufficio stampa del Parlamento segue dei calendari. Ci sono vari tipi di settimane: quella rosa (2 volte al mese, in cui ci sono le commissioni parlamentari), quella rossa (in cui c’è plenaria o mini plenaria), quella blu (discussioni fra gruppi politici e preparazione delle plenarie). “Organizziamo anche conferenze stampa -aggiunge Federico- ci sono casi in cui le proponiamo noi, altri in cui la proposta arriva dai deputati relatori. Facciamo anche altri tipi di incontri, come le colazioni o briefing tecnici, incontri sotto embargo, in cui i giornalisti possono incontrare i relatori e avere un anticipo di quelli che saranno gli argomenti discussi, in modo tale da prepararsi”. In 15 anni di carriera come addetto stampa Federico ha imparato a conoscere e distinguere i giornalisti delle varie nazioni e gli spazi che dedicano ai temi europei: “Spagnoli, inglesi, olandesi sono interessati a tutto e hanno una copertura di 5-6 pagine nei loro giornali sugli affari europei. I media italiani li trattano diversamente: non è un segreto che ne parlino meno, in questi ultimi anni si sono interessati di più perché c’è Tajani come presidente. Inoltre le domande


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dei media italiani solitamente sono del tipo: “5 stelle e Lega hanno votato insieme?”, non il tema per cui hanno votato”. Ogni nazione decide se trattare o meno un argomento discusso in plenaria: “Le grandi emergenze, come immigrazione e terrorismo ovviamente sono i temi che attraggono più attenzione. L’agenda politica però la scelgono i giornali”. De Girolamo poi parla del gap che spesso si crea tra ufficio stampa e i giornalisti nazionali, su come le news arrivano al pubblico: “I giornalisti devono informarsi, devono studiare i comunicati stampa ed

L’europarlamentare

esporli idoneamente”. Secondo De Girolamo il lavoro viene svolto bene quando “il giornalista legge tutto, ci contatta, gli spieghiamo le cose complicate e suggeriamo magari anche i deputati più idonei da intervistare su quell’argomento. Cerchiamo spesso di dare un iter completo affinché il giornalista possa comprendere tutto perfettamente”. L’ufficio stampa cerca dunque di fornire i percorsi migliori ai giornalisti. Il segreto sta tutto nel percorrerli. Michela Lopez

ELENA GENTILE Con la parlamentare pugliese europea nella commissione per l’occupazione e gli affari sociali

“Grazie Elena, molto Gentile”

Origine: Cerignola. E da buona pugliese, è accogliente e alla mano. L’europarlamentare italiana Elena Gentile ci ha ricevuti in una delle sue sale riunioni al 15esimo piano del palazzo del Parlamento di Bruxelles. Appartenente al Partito Democratico, dal 2014 è componente della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e della delegazione alla commissione parlamentare di stabilizzazione e di associazione UE – Montenegro. Un discorso totalmente a difesa dell’Europa il suo, in un mondo in cui invece le critiche continuano a crescere. «L’Europa matrigna, l’Europa che non serve, l’Europa dei vincoli, delle restrizioni... E’ un’immagine completamente negativa e ingenerosa rispetto al lavoro che noi facciamo tutti i giorni qui», dice Elena. E continua: «Questo non vuol dire assolvere l’Europa. L’Europa ha bisogno comunque di un processo di manutenzione. E’ troppo complicata come struttura, è troppo farraginosa, ha tempi inconciliabili con la vita delle persone. Ci sono emergenze sociali e non si può pensare che per chiudere una direttiva ci vogliano 3 anni. O ancora l’unanimità del voto su alcuni argomenti oggi è un handicap. La modifica del Trattato di Berlino per esempio non è stata approvata perché non è stata raggiunta l’unanimità». Elena ricorda tutti i passi fatti in avanti e i valori postivi del nostro continente, ma non nega il bisogno di una “riforma dell’Europa stessa”. M.L 16-30 aprile 2019

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Dai giornali ai blogger alla tv streaming

Quando Dario Carella ha iniziato il suo percorso europeo c’erano solo quotidiani e televisioni. “Abbiamo assistito ad un cambiamento epocale” 4

DARIO CARELLA Il giornalista della Rai durante un’intervista per il suo settimanale europeo “Regioneuropa”

Come si racconta l’Europa agli italiani? Nel Parlamento europeo di Bruxelles, ogni giorno si prendono decisioni su tematiche che interessano tutti i cittadini (approssimativamente 500 milioni di persone) dei 28 Paesi che fanno parte dell’Unione. Dalle determinazioni sugli accordi internazionali, all’approvazione del Bilancio, all’adozione delle legislazioni. In fase plenaria, gli eurodeputati si riuniscono nell’aula adibita alle assemblee per esprimere un voto finale sulla proposta legistativa e gli emendamenti

La Rai a Bruxelles

Chi è il corrispondente europeo

Dario Carella è un giornalista milanese, laureato in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni all’Università LUMSA di Roma. Ha iniziato la sua carriera giornalistica nell’ottobre del 1979, in “Radio Popolare Milano”, per quasi sette anni. Nel 1986 è stato caporedattore dei servizi giornalistici nella redazione di “Telelombardia”. Un’esperienza durata due anni. Nel 1988 ha iniziato il suo percorso ventennale in Rai, ricoprendo prima i ruoli di redattore ordinario, caposervizio, capo redattore della redazione regionale Lombardia, e poi quello di vicedirettore di TgRegionali a Milano e a Roma, che riveste ancora oggi. Dal 1997 al 2002 è stato vicedirettore di “Tribune e servizi parlamentari”, oggi “Rai Parlamento”. Dal 2006 si occupa di tematiche europee, curando il settimanale della TGR “Regioneuropa”in onda ogni domenica e l’Agenda Europea di “Prodotto Italia”, settimanale del TGR in onda il sabato mattina su Rai3. 16-30 aprile 2019

proposti. Le petizioni possono riguardare qualsiasi tema che rientri fra le competenze dell’Unione Europea. Un Paese ha il diritto di conoscere ciò che riguarda i propri interessi, ma anche ciò che succede nel resto del continente. Scoprire come lavora l'Istituzione che dà voce ai cittadini dell'Unione e il suo impatto in Europa e nel mondo, è possibile anche grazie al vicedirettore della Rai, Dario Carella, che segue da anni le vicende europee personalmente dall’edificio Paul-Henri Spaak e le raccoglie nel settimanale “Regioneuropa” su Rai3, che conduce egli stesso. Per realizzare alcune interviste, Carella utilizza il “voxbox”: uno studio professionale, situato al terzo piano del Parlamento che dispone di sedute e attrezzature per realizzare servizi televisivi di alta qualità. Chiarezza e informazione giocano un ruolo fondamentale per fare una buona comunicazione: “Bisogna venire qua, vedere dal vivo, informarsi, conoscere e soprattutto avere delle buone fonti per potersi confrontare - ha spiegato il corrispondente Carella - poi entra in gioco la “capacità” di saper raccontare”. Ma non solo. Il programma di Carella non si occupa esclusivamente di questioni politico-economiche, come egli stesso ha sottolineato: “Raccontare l’Europa da Bruxelles non vuol dire soltanto limitarsi a riferire le ultime novità dei deputati o dei parlamentari, ma occuparsi dello sviluppo locale, che


sia agricolo o manifatturiero”. Nonostante il cambiamento del sistema di informazione sia cambiato, Carella gestisce la comunicazione da vent’anni: “Prima c’erano solo giornali e televisioni, ora ci sono blog, blogger, giornali online, televisioni in streaming. È stato un cambiamento epocale. Pensiamo al fatto che prima per fare i servizi si usavano le cassette, con procedimenti lunghissimi. Adesso si fa tutto con delle telecamere piccolissime o telefonini. Spesso è tutto wifi, come qui in Parlamento. Il servizio che monti lo trasferisci su

Qual

una chiavetta usb e col pc lo trasferisci dove lo devi mandare: è stata una rivoluzione digitale epocale. Speriamo che con la direttiva sul copyright che è stata approvata dal Parlamento si metta un po’ di ordine in tutta questa giungla che si è formata, dove i grandi player come Google, Youtube, gestiscono contenuti di informazione, che non solo non pagano le tasse nei Paesi dove lo fanno, ma non pagano nemmeno gli autori”.

VOXBOX Situato al terzo piano del Parlamento europeo di Bruxelles, permette ai giornalisti di ogni Paese di realizzare servizi

Marìcla Pastore

Il programma che racconta l’Europa agli Italiani

“Ragioneuropa”, in onda ogni domenica su Rai3 dalle 11,30 a mezzogiorno, è un settimanale europeo che si occupa, dal 2006, di informare gli italiani di tutto ciò che accade in Europa. Per il conduttore del programma, il vicedirettore Dario Carella, anche corrispondente nel Parlamento di Bruxelles da circa vent’anni, il programma ha lo scopo di “mettere in contatto le Regioni, i Comuni, gli Enti di prossimità che ci sono in Italia e che hanno rapporti con le Istituzioni europee (la Commissione, il Parlamento, il Comitato delle Regioni)”. Inoltre, durante il programma, si lascia spazio al racconto del territorio, delle eccellenze italiane dell’agroalimentare, del made in Italy declinato nel tessile, l’abbigliamento, il calzaturiero. “Ci focalizziamo su quelli che sono i bisogni, le attività e le eccellenze dei territori italiani nel rapporto con le istituzioni europee”: ha spiegato Carella. È possibile seguire il programma da pc, tablet e telefonini in diretta, per permettere alle Istituzioni Europee, dal Parlamento al Comitato delle Regioni, alla Commissione e al Comitato Economico e Sociale e agli italiani che lavorano a Bruxelles, a Strasburgo e a Lussemburgo, di poter essere informati in tempo reale. “Noi abbiamo l’obbligo di fare quest’ informazione europea, perché lo prevede il contratto di servizio: c’è scritto che i lavori del Parlamento Europeo devono avere gli stessi spazi di quelli del Parlamento itano, così come funziona per le regioni (con Buongiorno Regione)”, ha precisato il direttore. 16-30 aprile 2019

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“Spiegare la Brexit in modo chiaro? Grazie ai pescatori”

Pugliese spostato a Bruxelles il capo dell’ufficio stampa del Comitato europeo delle regioni Serafino Nardi ci ha spiegato il suo lavoro di comunicazione

FOTO RICORDO Serafino Nardi con gli allievi del Master in Giornalismo di Bari al termine dell’incontro

““L’Europa siete voi! Cittadini, sindaci, presidenti di Regione, governi”. Così il capo dell’ufficio stampa del Comitato Europeo delle Regioni, Serafino Nardi, ci ha ricordato come l’Europa anche se vista così lontana, non sia un’entità estratta che impone regole ai Paesi che ne fanno parte. “Le decisioni sono prese dai 28 governi nazionali d’accordo, non da Junker”, prosegue Nardi. Un malinteso, quello di accusare “l’Europa cattiva”, sfruttato dai politici e veicolato da una stampa che non sa (o non vuole) raccontare la politica europea. Durante il nostro viaggio a Bruxelles, dove abbiamo potuto capire meglio come funzionano e come comunicano le istituzioni dell’Unione Europea, noi studenti del Master in Giornalismo abbiamo incontrato Serafino Nardi nella sede del Comitato delle Regioni. È un pugliese originario di Acquaviva delle Fonti, da circa 20 anni nella capitale belga. Nel tempo che abbiamo trascorso insieme, ci ha spiegato come funziona il Comitato delle Regioni e com’è organizzata la sua comunicazione. Ma cos’è il Cdr? Di sicuro la meno famosa delle istituzioni europee, nonché la più giovane, fondata solo nel 1994. È un organo consultivo dell'UE composto da 350 rappresentanti eletti a livello locale provenienti da tutti i 28 Stati membri, che si riuniscono in plenaria 6 volte all’anno e non ricevono un compenso per partecipare. Come ci ha spiegato Nardi: “Ci sono sindaci, presidenti di

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Regione, presidenti di consigli regionali, consiglieri, e altri titoli a seconda del Paese in cui sono eletti, dove non esiste il concetto di regione o di sindaco”. Tutti devono avere un mandato elettivo: se qualcuno dovesse decadere dalla sua funzione a livello locale, automaticamente non farebbe più parte del Cdr. Come ci ha illustrato Nardi: “Del comitato fanno parte 24 italiani, nominati dal governo italiano, su indicazione di Anci (L'Associazione Nazionale Comuni Italiani), dell’Upi (L'Unione delle province d'Italia) e della Conferenza delle regioni. Ci sono 24 titolari e 24 supplenti, i quali sono nominati nello stesso momento e rimpiazzano i titolari quando questi non possono partecipare”. È importante ricordare che un sindaco non rappresenta la sua città in Europa, ma il suo livello amministrativo e il suo gruppo di interesse (ad esempio le città di sinistra, quelle più industrializzate ecc.). Lo scopo è avere un contatto col territorio: consultare i cittadini attraverso i loro rappresentanti più diretti. Il Cdr è consultivo perché esprime pareri. Si inserisce quando una proposta di legge passa dalla Commissione Europea, titolare dell’iniziativa legislativa, al Parlamento per essere discussa. Il Comitato può esprimere un parere, che non è vincolante ma i parlamentari ne dovranno tenere conto. Come ci ha ricordato Nardi, il peso politico dei componenti del Cdr - che a livello locale, a differenza di molti parlamen-


tari, sono conosciuti da tutti - rende importante la loro opinione. Alcune materie sono di consultazione obbligatoria, ma il Cdr può intervenire ogni qualvolta lo giudichi necessario, anche di propria iniziativa. Comunicare il lavoro del Comitato non è un’impresa facile, ma Nardi ci ha spiegato il suo metodo. “Spiegare le cose difficili con lo storytelling: riportare un esempio, una storia. Un sindaco che racconta in concreto un aspetto che coinvolge la sua città e che sarà influenzato da quello che succede in Europa. Un sindaco di una città sul Mare del Nord che spiega le difficoltà che avrà dopo Brexit a gestire i rapporti con i pescatori inglesi e il danno per non poter scambiare i prodotti. Esempi, dati, numeri, storie concrete: e chi meglio del sindaco le può raccontare?”. L’ufficio stampa del Cdr è composto da 20 persone in tutto. Non è necessario essere giornalisti per farne parte, tuttavia è un vantaggio. Secondo Nardi, “essere giornalista può aiutare perché sai quello che si aspetta la stampa dall’altro lato. Il mio ufficio è composto anche da ex giornalisti – prosegue il capo ufficio stampa del Cdr – l’ideale è avere un mix di gente istituzionale è di giornalisti per dialogare meglio con la stampa”. Dei social media invece si occupa un settore a parte, esterno all’ufficio stampa. Il target principale è la stampa locale, tuttavia lo scopo è diffondere il messaggio a tutti i media europei. Per evitare dispersione il

team di Nardi organizza campagne di comunicazione mirate su alcuni temi. Come ad esempio riallacciare un dialogo con i cittadini sul futuro dell’Unione Europea: portare l’Europa nelle città, con i 700 (350 più riserve) del Cdr ambasciatori dell’Europa. Secondo Nardi, “ha funzionato, anche i politici più euroscettici, quando si tratta di realtà locali sono i primi ad essere pragmatici, non esistono sindaci populisti, esistono candidati sindaci populisti. Si deve fare i conti con la realtà, anche con i fondi europei”. Luigi Bussu

LA SEDE La vetrata del palazzo che ospita il Comitato Europeo delle Regioni al numero 99 di Rue Belliard a Bruxelles

Il Parere

Il Cdr e l’impegno per il clima

Il 4 aprile scorso a Bruxelles si è tenuta la 23° riunione della commissione Ambiente, cambiamenti climatici ed energia (ENVE) del Comitato Europeo delle Regioni. Tema della discussione è stato il parere sulla de-carbonizzazione e i cambiamenti climatici. Relatore e promotore del tema è il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, secondo cui “la transizione a un'economia neutra in termini di emissioni di carbonio è un'opportunità per offrire incentivi alle tecnologie pulite, alle nuove competenze e all'occupazione”. Le città e le regioni chiedono di aumentare almeno fino al 30 % l'obiettivo di spesa del bilancio dell'Unione Europea per il clima, insieme a sgravi fiscali per chi avvia progetti climaticamente neutrali. Cor Lamers, presidente dell’Enve e sindaco di Schiedam, in Olanda, ha dichiarato: "I giovani europei ci ricordano ogni settimana l'emergenza climatica, dobbiamo essere all'altezza delle loro aspettative”. 16-30 aprile 2019

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Voci d’Europa la generazione (quasi) senza confini

L’Unione europea offre molte possibilità di studio e lavoro all’interno delle sue istituzioni Storie degli studenti Erasmus+ e degli stagisti “Blue book”

BRUXELLES Piazza antistante L’ingresso Spinelli del Parlamento europeo

“La lingua dell’Europa è la traduzione”, diceva Umberto Eco. “Sentirsi sempre a casa è lo spirito dell’Europa”, dice Sara. Stagista in commissione europea, capelli rossi, originaria dell’Umbria, ma dall’accento milanese e una pronuncia inglese che non smaschera il suo essere italiana. Vive e lavora a Bruxelles da pochi mesi, dopo aver studiato a Milano e vissuto a Berlino. “L’impatto più grande è stato trasferirmi a Milano da Città di Castello (in provincia di Perugia). Trovarsi in un ambiente aperto, pieno di giovani… Poi Bruxel-

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Tirocini Schuman

Opportunità nelle strutture Ue

L’Europa non è lontana, vivere un’esperienza di formazione o di lavoro nelle istituzioni europee o studiare per un periodo in un altro Paese è possibile. Blue book traineeship,I tirocini Schuman. L’Unione Europea organizza tirocini post laurea retribuiti in ognuna delle sue istituzioni: dalla Commissione europea, al Parlamento, fino alla Banca centrale. Durano cinque mesi, da ottobre a febbraio e da marzo a luglio. Per candidarsi bastare registrarsi sulla piattaforma Schuman traineeship offer e inserire la propria richiesta inviando curriculum e lettera di presentazione. Generalmente vengono previsti 1300 posti l’anno. Assistenza degli eurodeputati. L’Italia elegge 73 eurodeputati (numero che potrebbe aumentare a 78 se l’Inghilterra lasciasse l’Unione europea). Quasi tutti hanno bisogno di assistenti che possono così entrare nelle maglie delle istituzioni europee.

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les non è tanto diversa da Berlino, Londra o Milano”. Parla con naturalezza, come se stesse dicendo un concetto ovvio. E infatti è così. Mentre una certa parte della politica nazionale nei vari Paesi europei si tiene gelosamente stretti i propri confini, un gran numero di ragazzi è già andato oltre. Per loro “casa” non è (solo) Italia, Belgio, Slovenia… Casa è soprattutto l’Europa. Vivere da europei vuol dire imparare a mediare e a mettersi in discussione. “La cosa che ho imparato qui è soprattutto lavorare nell’ambiente internazionale: significa relazionarsi con persone provenienti da diversi background, con caratteristiche linguistiche e culturali diverse e saper trovare il giusto equilibrio”, sintetizza Olga, anche lei stagista in commissione europea a Bruxelles. Tedesca di origine russa che parla inglese, tedesco, francese, russo e saluta dicendo: “Arrivederci, grazie mille”. L’Unione Europea non ha ancora una costituzione condivisa ma ha già un popolo, che ha mediamente meno di trent’anni e si sente popolo di confine. E sul confine ci vive bene. “È uno spazio in cui tutti possono sentirsi liberi: di viaggiare, di lavorare, studiare senza dover perdere tempo per i documenti e con la burocrazia”, racconta Rocco, studente di ventiquattro anni originario della provincia di Matera. Vive a Bologna, ma ha studiato a Malta, in Francia e in Spagna. “Sentirsi cittadini europei, sentirsi fratelli in uno spazio


così grande che però sembra essere piccolo, significa poter aver opportunità in tutti questi Paesi. Esaudire i propri desideri”. Dall’Europa al mondo il passo è breve. Stavolta lo chiarisce Daniela. Ha 24 anni, attualmente stagista in commissione europea a Bruxelles: “Sono rientrata nel programma Erasmus Plus e ho vissuto In Colombia, a Bogotà. È stato fantastico… Non si può descrivere in maniera differente una moltitudine di esperienze e sensazioni così. Poi ho fatto uno stage a Madrid nell’ambasciata italiana. Mi ha permesso di vedere un mondo, quello della diplomazia che non è così vicino. Io non avevo idea di cosa fosse, è stato affascinante ed interessante.” Storie che dimostrano la nascita di un nuovo modo di pensare, quindi di essere. Quasi. Tutti loro fanno parte di una categoria sociale che ha avuto la capacità (e la fortuna) di cogliere tutte le opportunità di crescita che l’Ue offre. È difficile credere che un 24enne originario del Sud Italia possa definire l’Europa (quindi anche l’Italia) luogo in cui non perdere tempo con la burocrazia e in cui è facile spostarsi. Distanze che si colmano e distanze che invece vengono fuori prepotentemente. Sembrerebbe che una gran parte d’Europa, quella periferica, delle banlieue, quella ancora ingabbiata in una burocrazia ottusa e in una lotta alla criminalità infruttuosa stia invece rimanendo indietro. Destini accomunati nel bene e nel male. Nel 2015 un duo rap francese, i Pnl, hanno

scritto una canzone dal titolo “le monde ou rien” (il mondo o nulla). Raccontano Parigi, i disagi e l’isolamento dei giovani parigini con poche opportunità. Il video della canzone è ambientato a Scampia. Se un ragazzo di Helsinki, capitale della Finlandia, si sente simile a un ragazzo di Milano, un ragazzo di Levallois (quartiere periferico di Parigi) è simile a un ragazzo di Scampia, ma spesso non lo sa. Europa, europei, che sia questa la vera grande sfida della “nostra” Unione? Saverio Carlucci

I PROTAGONISTI Sara, 26 anni, Umbria Rocco, 24 anni, Daniela, 23 anni, dalla Basilicata Olga, 25 anni, Germania

Erasmus+

Scoprire le università europee

Erasmus+ (european region action scheme for the mobility of university students): attivo dal 1987 permette agli studenti che frequentano un’università europea di trascorre un periodo di studio, che va da 3 a 12 mesi, in un altro paese. Il progetto ha coinvolto 42 università italiane per un totale di 500mila studenti. Possono aderire al programma gli studenti iscritti ai corsi di laurea triennale, magistrale, dottorati di ricerca e master post laura. Sebbene ogni ateneo abbia regole di accesso al programma differenti, i requisiti basilari richiesti sono comuni: avere completato il primo anno di studio, avere una buona media di esami e avere competenze linguistiche (almeno in inglese) sufficienti. Ogni università poi prevede delle borse di studio per finanziare gli studenti che chiedono di poter partecipare al programma. S. C. 16-30 aprile 2019

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Ebbene sì, cozze con patatine e birra al biondo dio

Famosa non solo perché sede del Parlamento Europeo, Bruxelles offre una vasta (e sorprendente) scelta per soddisfare anche i palati più esigenti 10

PATRIMONIO UNESCO Le birre belghe, più di 1000, nel 2016 sono entrate a far parte dell’elenco dei beni internazionali tutelati

Conosciuta per essere per essere la capitale europea, Bruxelles non vanta una buona nome in tema culinario. Una tradizione culinaria molto variegata e che ingloba e subisce il turbinio di sapori derivati delle numerose occupazioni del passato del Paese, ha fatto sì che la cucina belga non godesse di buona fame, soprattutto tra gli italiani. Tuttavia, questo falso mito va sfatato: se non totalmente almeno rendendo merito ai piatti caratteristici di Bruxelles.

Cibo nostrano

Dalla Puglia con amore

Si sa che il cibo italiano è da sempre sinonimo di qualità, ma quello pugliese ha un qualcosa in più. E lo dimostrano i non pochi i locali, sparsi per tutto il globo terrestre, che vantano tradizioni pugliesi: dal “panzerottificio” aperto da due ragazzi pugliesi a New York, fino al caseificio aperto in Australia passando per le orecchiette diventate il must di un piccolo locale a Bourght Market a Londra. E la capitale europea non fa eccezioni. In rue de Namur 80, nel cuore della città belga, da pochi mesi si è aperto un piccolo locale italiano; “Se m’ami...”, questo il nome del locale, è un bistrot-libreria che ha deciso di dedicare il mese di Aprile alla cucina pugliese: dalle fave e cicorie, fino alle cime di rape. Un’occasione di omaggio alla quale ha partecipato anche il presidente Michele Emiliano, intervenuto lo scorso 4 Aprile per parlare di regione e territori in ottica europea. S. L. 16-30 aprile 2019

Nonostante il Belgio non sia un Paese con sbocco sul mare, il piatto tipico di della capitale è le “moules et fries”: ovvero le cozze servite con patatine fritte come contorno. L’origine di questo piatto così inconsueto per un Paese nordico, apprezzato non solo dai belgi ma anche dagli stranieri, è ancora oscura e la sua paternità è contesa con la Francia. Secondo alcune fonti, il piatto sarebbe nato in un baraccone fieristico nel lontano 1875, grazie all’idea di un cuoco tedesco di nome Fritz Krieger, inventore delle patatine fritte, che un giorno decise di servire i mitili con accompagnate dalle patate. Negli anni, la città francese di Lille si sarebbe appropriata del piatto facendone il simbolo della Grande Fiera cittadina che si svolge a settembre e dando avvio alla diatriba tra i due Paesi su chi ne dovesse rivendicare la paternità. La tradizione belga recita che questo piatto debba essere mangiato solo in determinati mesi dell’anno, quelli il cui nome termina in “bre”. O meglio, in quel periodo le cozze sarebbero più saporite come accade qui da noi per i ricci di mare. Oltre al piatto nazionale, Bruxelles è famosa per i celebri cavolini di Bruxelles e per i waffels (in fiammingo) o Gaufres (in francese): cialde di pasta dolce da poter mangiare con del solo zucchero a velo o ripiene o coperte di cioccolato fuso. Ma non tutti i gaufre sono uguali: quello tipico di Bruxelles si identifica per il suo contorno perfettamente


rettangolare e un impasto a base di latte, acqua, burro, uova, farina, zucchero, lievito di birra e aromi; solitamente è poco dolce e per questo viene servito con una spolverata di zucchero a velo o con della panna montata. La gaufre di Liegi, invece, si caratterizza per il contorno smussato e con zucchero grezzo in superficie (sucre perlé), un tipo particolare di zucchero, a forma di perle come suggerisce il nome, che non si scioglie nell'impasto. Decisamente più dolci di quelle di Bruxelles, si mangiano solitamente senza accompagnamento anche se non mancano piccole boutique gastronomiche che le servono con sciroppo d’acero o frutta. Ma il Belgio è soprattutto considerato la patria della birra: sono più di 1500 le birre originali prodotte in Belgio e servite in bicchieri speciali, proprio per esaltare e rendere unica l’esperienza di degustazione. La posizione di privilegio rivestita dalla nazione è confermata anche dal fatto che dal 2016 la Cultura della Birra Belga è stata iscritta nell’elenco del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO. La birra belga si contraddistingue per la sua unicità, il sapore e la corposità, con varietà che spaziano da proposte al sapore di lampone o ciliegia alle birre bianche, dalle fiamminghe oud rosse e scure alle birre trappiste fino a quelle più famose, la Lambic e la Geuze. La migliore, per chi scrive, è sicura-

mente la Kwak: una birra ambrata che si gusta in uno speciale bicchiere a forma di clessidra retto da un supporto in legno, oltre ad essere la birra preferita per la cottura di alcuni piatti a base di pesce o carne. Una falsa credenza, dunque, quella di credere che oltre i confini nazionali si mangi male. Il trucco è nel sapere cosa scercare e le specialità del Paese.

Simona Latorrata

I PIATTI TIPICI In alto, i famosi graufe di Bruxelles. Sotto, il piatto nazionale belga patatine, cozze e birra

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