Mediaterraneo News 1-15 ottobre 2019

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Premio Giornalisti del Mediterraneo 2016 Anno 11 - N. 75 1-15 ottobre 2019 Distribuzione gratuita

MEDI@TERRANEO news - Periodico del Master di Giornalismo di Bari Ordine Giornalisti di Puglia - Università degli Studi ‘Aldo Moro’ di Bari Editore: Apfg - Bari Direttore Responsabile: Lino Patruno Registrazione Tribunale di Bari numero 20/07 del 12/04/2007

Redazione: Palazzo Chiaia-Napolitano via Crisanzio, 42 - Bari email: master@apfg.it

Odissea da pendolare in piedi o seduti posti esauriti

Ma arriveremo fino a 140 anni a pagg. 6 e 7

Fine della vita decido io o no?

Dalla carrozzina volo a canestro

da pagg. 10 a 15

a pagg. 4 e 5

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16­31 marzo 2019


Quegli autobus ad alta incapacità targati Sud Est

Il servizio sostitutivo della linea ferroviaria va in tilt negli orari di punta: i pendolari restano in piedi accalcati nei corridoi, alcuni rimangono a terra

FERROVIE SUD EST Gli autobus di linea dell’azienda, che hanno sostituito i treni della tratta Bari-Putignano via Conversano

Tutti a bordo, (forse) si parte: ammassati nel corridoio del pullman i pendolari viaggiano in piedi. Qualcuno resta a terra. Il servizio della Sud Est su gomma, sostitutivo di quello ferroviario, si è sgonfiato con l’apertura dell’anno scolastico. Alla ‘realtà aumentata’, consegnata alle strade pugliesi dall’inizio dell’attività di studenti e lavoratori, fa da contraltare ‘l’alta incapacità’ del trasporto locale. C’è chi – da tempo – discute su gruppi Facebook dei disagi della Sud Est, chi prova a documentare il tutto da giornalista. Alla vecchia maniera. La seconda modalità di denuncia impone un confronto diretto con la realtà. Ore 18 calma piatta: i pendo­ lari si radunano in prossimità di largo Sor­ rentino. Sembrano fedeli in pellegrinaggio che prima ancora dell’alba aspettano l’auto­ bus per San Giovanni Rotondo: sui loro volti l’espressione di chi sta per intraprendere il viaggio della speranza. Hanno tutti, più o meno, lo stesso appuntamento: direzione Martina Franca o Putignano, devono tornare a casa dopo un’intensa attività giornaliera. Poco più in là, sotto i portici e in disparte, le inconfondibili addette al servizio viaggiatori. Vestono gilet gialli fluorescenti, ma a diffe­ renza di quello che succede in Francia, non sono addette al caos bensì all’ordine. Hanno le mani impegnate dal telefonino e dal fo­ glietto double­face della tabella degli orari delle tratte. Sono sempre disponibilissime. Chiunque chieda loro indicazioni su orari,

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partenze, ritardi, su dove acquistare i bi­ glietti, su qualsivoglia ‘supercazzola’ stram­ palata di ‘Antaniana memoria’ riceve una risposta. Fanno il loro lavoro, si obietterà. Ma non è così scontato, considerate le ca­ renze dell’azienda per la quale lavorano. Pochi minuti dopo le 18: una luce in fondo al tunnel. Sono gli autobus grigio­blu della Sud Est. Arrivano in coppia all’altezza della fer­ mata, interrompendo, almeno per un at­ timo, il monopolio rosso­verde del turismo su strada targato Marino­Flixbus. Il loro so­ praggiungere è anticipato dal classico movi­ mento in avanti anca­bacino­testa dei pendolari. Puntuale come un doppio passo di Cristiano Ronaldo. La gente si accalca da­ vanti allo sportellone trasparente di entrata dei due autobus. Inconsapevole di quale sia quello giusto per tornare a Triggiano, Ca­ purso, Rutigliano, Turi o Martina, si avvicina per chiedere informazioni. Le addette al ser­ vizio dirigono diligentemente il traffico, smi­ stando ciascuno verso il bus giusto. L’orario è quello di punta: venti persone sono co­ strette a viaggiare in piedi sull’autobus sosti­ tutivo del treno via Conversano, quello che da Bari fa tappa in numerosi paesi del sud­ est barese fino al capolinea Putignano. Non un dramma per chi è relativamente vicino, una vera e propria prova di resistenza fisica per chi deve raggiungere paesi più lontani. La prima fermata – Triggiano – dista una ventina di minuti (traffico di via Amendola


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permettendo). Arrivare a Putignano significa viaggiare per quasi un’ora e mezza. In mezzo tutte le altre tappe, che fatte in piedi asso­ migliano via via sempre più ad uno sport estremo che ad un rientro a casa. Il giorno prima, alla stessa ora e sullo stesso pullman, erano rimaste in piedi trenta persone. Due erano state lasciate a terra, e l’autobus stra­ colmo di gente era stato costretto a saltare la successiva fermata barese di via Oberdan, lasciando a terra altri pendolari. Come non realizzare un video di denuncia su una situa­ zione tanto assurda? Ripresi dalla videoca­ mera dello smartphone, autista e addette si sono sentiti minacciati e in tutta risposta hanno reagito chiamando la polizia. Dopo un’amabile conversazione di alcuni minuti con gli agenti, all’insegna del più britannico dei fair­play, una telefonata amica e un paio di pacche sulle spalle, l’equivoco si è risolto senza conseguenze. D’altra parte, il soggetto del video contestato – realizzato peraltro in luogo pubblico, senza alcuna violazione della privacy, e con l’esplicita dichiarazione che si stava realizzando un servizio giornali­ stico – non era nessuno degli impiegati, auti­ sti o passeggeri della Sud Est. Il soggetto del servizio era in realtà il suo oggetto: un auto­ bus brulicante di gente come un formicaio. Una notizia tutt’altro che inedita, eppure meritevole di rinnovata attenzione. Già, per­ ché la Sud Est ha messo in guardia i propri impiegati dal rilasciare alcuna dichiarazione

sulle difficoltà nelle quali si trova l’azienda. Ma la polvere messa sotto il tappeto ne au­ menta comunque il volume: la richiesta di avere a disposizione un numero maggiore di mezzi, per far fronte alle esigenze quoti­ diane minime dei pendolari, è datata quasi due mesi fa. Ad aumentare finora sono stati i numeri degli iscritti sui gruppi Facebook di protesta, gli articoli e i servizi giornalistici di denuncia, i livelli di acido lattico dei passeg­ geri. Insomma, nel bene o nel male qual­ cosa si muove. Ad eccezione della Sud Est.

3 TUTTI A BORDO Stracolmi i bus Sud Est, sostitutivi del servizio ferroviario, tra le 18 e le 19 all’altezza di largo Sorrentino

Attualità

La protesta dei pendolari La protesta dei pendolari che viaggiano sulle linee delle Ferrovie Sud Est è montata a partire da metà settembre, in concomitanza con la riapertura delle scuole. Tra gli episodi più eclatanti, quello del 25 set­ tembre a Triggiano, quando alcuni viaggiatori si sono posizionati sulla strada davanti all’autobus delle 6.55 in partenza per Bari. Poco prima, infatti, l’autista era stato costretto a lasciare alcuni passeggeri a terra a causa del sovraffollamento del mezzo, scatenando la rabbia dei pendolari. Episodi simili si sono verificati in altre circostanze: a Capurso e a Casamassima, dove le proteste di chi non era riuscito a salire sull’autobus si sono unite a quelle dei genitori degli studenti, che hanno segnalato l’inadeguatezza del servizio sostitutivo. Nel gen­ naio 2014, è stato costituito il gruppo Facebook ‘Ferrovie del Sud Est: la voce dei viaggiatori’, che conta oggi quasi 6 mila iscritti. L’intento è dare spazio ad un’utenza da troppo tempo trascurata.

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Tre giorni con il coach dell’Italia per volare più alto Siamo tra le 4‐5 migliori squadre europee e, escluse USA e Australia, possiamo stare tranquillamente nelle prime 8 al mondo 4 LO STAGE Il responsabile tecnico delle nazionali italiane di basket in carrozzina, Carlo Di Giusto, durante l’allenamento a Bari

Palalaforgia, palazzetto dello sport del quar­ tiere San Paolo di Bari, in piedi sulla linea di fondo Andrea Altieri, uno dei tecnici della HBari 2003, osserva i suoi ragazzi che ese­ guono un esercizio tecnico che si conclude con il tiro a canestro. Improvvisamente un suo fischio blocca tutti. La sua voce è decisa, il tono aspro è quello di un duro rimprovero: “18, 19 errori e senza avversari, se pensate di continuare così è meglio che non lo ini­ ziamo neanche il campionato”. Si riprende e, prima di sbagliare di nuovo un canestro ce

ne sono 14 di fila. È lo sport. È impegno, fa­ tica, concentrazione, agonismo. Se qualcuno pensa di trovare qualcosa di diverso nello sport praticato da “diversamente abili” sba­ glia di grosso. “Quest’anno abbiamo una grande squadra e sono convinto che saremo protagonisti del prossimo campionato”. È Gianni Romito a parlare, presidente storica società barese di basket in carrozzina che di­ sputa il campionato di serie B. Nella scorsa stagione la compagine barese è giunta al terzo posto nel suo girone ma quest’anno,

Il personaggio

Carlo Di Giusto, monumento dello sport italiano È un’icona del basket in carrozzina. Da quasi 40 anni protagonista dello sport paralimpico, da quando nel 1980 ebbe la fortuna di conoscere il prof. Antonio Maglio, promotore di quei primi giochi paralimpici realizzati a Roma nel 1960. Parla con passione della crescita di tutto il movimento sportivo e di come negli ultimi 20 anni anche lo svi­ luppo dei materiali tecnici abbia migliorato sia la sicurezza, sia il livello tecnico degli atleti. Un pizzico (forse qual­ cosa in più) di rammarico per il 5° posto agli ultimi campionati europei che lascia la nazionale fuori dai prossimi giochi di Tokio 2020. Pensa ai prossimi impegni: campionato europeo under 22 e campionato europeo femminile di gruppo B con l’obiettivo dichiarato di tornare nel gruppo A. Dall’atteggiamento pacato affiora il giusto orgoglio quando sostiene che siamo comunque tra le 4­5 migliori nazioni europee e, escludendo USA e Australia, possiamo stare tranquillamente tra le migliori 8 al mondo. Tutto sommato è soddisfatto dell’attenzione da parte dei media, in particolare della televisione. “Quello che soffriamo un po’ è la carta stampata – aggiunge ­i giornali hanno una ten­ denza sbagliata, parlano più del personaggio che del movimento, se c’è Bebe Vio o Andrea Zanardi bene, sul cam­ pionato europeo non c’era un trafiletto sul Corriere dello sport o sulla Gazzetta dello sport”. “Per un campionato europeo di pallavolo in piedi – conclude ­ prima di iniziare si fanno 8 pagine con la presentazione delle squadre, non dico questo ma raccontare un po’, anche in una pagina, le 12 nazioni partecipanti poteva essere importante”.

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La società

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Lo Sport come diritto universale

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“Lo sport è benessere. Per tutti! Non fanno eccezione i diversamente abili” sostiene Gianni Romito, presidente della HBari2003. Più della metà degli atleti della società sono traumatizzati da incidenti stradali o sul lavoro e per i miolesi avere un forte controllo della carrozzina aiuta moltissimo nella vita sociale. Sono ragazzi, secondo Ro­ mito, che anche grazie al basket in carrozzina diventano protagonisti nella vita sociale. Ma la società non è solo basket. “Anche i ragazzi con pro­ blemi psichici hanno diritto a speri­ mentare l’attività sportiva, anche i più gravi” afferma il presidente, sottoline­ ando con orgoglio l’attività svolta due volte alla settimana con ragazzi auti­ stici, down e altri problemi psichici e intellettivi. Il martedì e il giovedì que­ sti ragazzi, più o meno gravi, sono se­ guiti da ben 8 operatori qualificati perché lo sport per Gianni Romito è un diritto universale.

sfruttando la variazione di regolamento che ha portato a due le squadre che dispute­ ranno i playoff, punta a giocarsi fino in fondo la possibilità di promozione nella massima serie. La società si sta preparando al pros­ simo campionato (inizio fissato per il 10 no­ vembre) cercando di migliorare tutti gli aspetti. Non è un caso che il coach della na­ zionale, Carlo Di Giusto, abbia iniziato pro­ prio da Bari incontri mirati di 2 3 giorni con diverse società per lavorare con gli atleti sia dal punto vista tecnico sia per quanto ri­ guarda l’attrezzatura (la carrozzina a suo pa­ rere incide per il 50% sui risultati tecnici). “La presenza del coach della nazionale è frutto di un grande lavoro, non solo di impe­ gno e costanza dimostrata dalla nostra squa­ dra, ma anche di un’attenzione da parte della Federazione che riconosce nel nostro impegno la passione di portare avanti un grande movimento che dà risposte a molte persone nel nostro territorio e a livello na­ zionale”. La squadra da battere è Reggio Ca­ labria, prima nel girone C nella scorsa stagione, che si è ulteriormente rinforzata con l’arrivo di due atleti americani. Anche la squadra barese ha lavorato per ampliare la rosa, già valida, dello scorso anno che com­ prende, tra gli altri, il nazionale marocchino Samadi Abdelkhalak e Florent N’goran, play­ maker detto “il mago” per le sue grandi ca­ pacità di gestione della palla. Sono arrivati a Bari, infatti, due atleti dal Taranto, Leonardo

Donvito e Stefano Todaro e un pivot da To­ rino, Andrea La Terra. Gli ingredienti ci sono tutti e la squadra è pronta a sfruttare al massimo anche la presenza di Carlo Di Giu­ sto che inizia la seduta di allenamento par­ lando proprio dell’importanza del mezzo, della carrozzina e, soprattutto della corretta postura che varia al variare della patologia dell’atleta. Una caratteristica del basket in carrozzina, infatti, è che, al contrario di molte altre discipline paralimpiche, non esi­ stono le categorie di disabilità, rendendo impossibile la standardizzazione dell’attrez­ zatura ma, secondo Di Giusto, favorendo l’integrazione tra le persone. Il coach parla con trasporto dell’at­ tività della fede­ razione e ritiene fondamentale questo rapporto con le società, in particolare quelle più lontane dal li­ vello “top pla­ yer” perché sono quelle alle quali si avvicinano nuovi potenziali atleti che hanno bisogno da subito di cor­ rette informazioni. Claudio Carbone

5 TECNICA E TATTICA Due momenti dell’allenamento con i ragazzi della HBari2003. Nel riquadro in alto il presidente Gianni Romito

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L’ultimo homo sapiens vivrà 140 anni

Chi vuole vivere per sempre? Se l’immortalità fisica è davvero l’ambizione dell’essere umano, in che modo cambierà lo scopo dell’esistenza?

ETERNITÀ AUMENTATA È l’app per l’immortalità digitale a cui sta lavorando il ricercatore Hossein Rahnama. (Fonte: Webnews)

L’uomo nasce, cresce, si riproduce e muore. È il naturale ciclo della vita. Secondo un afo­ risma del filosofo danese Soren Kierkegaard: “Nella vita l'unica cosa certa è la morte, cioè l'unica cosa di cui non si può sapere nulla con certezza”. E se non fosse proprio così? Se invece fossimo in grado di superare la no­ stra vita fisica rendendo la certezza della morte un lontano ricordo? In fondo il rag­ giungimento della vita eterna è sempre stato il sogno dell’umanità. Ad esempio lo stesso Erodoto, storico della Grecia antica,

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Curiosità

La Pietra Filosofale Voldemort, il nemico di Harry Potter, ne era ossessionato, avrebbe “dato la vita” per impossessarsene. I poteri della “pietra filosofale”, bevendone il suo elisir, gli avrebbero garantito immortalità, ricchezza e onniscenza. Grande circa cinque centrimetri, la pietra fu creata dall’alchimista Nicolas Flamel per poi essere protetta da numerosi in­ cantesimi di difesa. Se possiamo affermare che la pietra sia diventata popolare tra adulti e bambini grazie alla saga di fantascienza di J.K. Rowling: “Harry Pot­ ter”, è anche vero che la sua storia è vecchia quanto il mondo. Se ne parla da epoca medievale, quando il grande alchimista per­ siano Jabir ibn Hayyan descriveva nei suoi libri un elisir secco, a forma di pietra, che fosse in grado di donare la vita eterna. Fino al conte di Cagliostro, un esoterista e alchimista italiano, che nel Sette­ cento affermò di esserne in possesso.

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parlava di una fonte di elisir di lunga vita presente in Etiopia. Si credeva che gli etiopi fossero particolarmente longevi ed Erodoto era convinto che ciò dipendesse dalla pre­ senza nella loro terra di una fonte miraco­ losa, che però nessuno riuscì mai a trovare. In tempi più recenti, abbandonata l’illusione che possa esistere un luogo mitico che na­ scondesse fonti miracolose, si è cercato di avvicinarsi al desiderio del prolungamento della vita attraverso settori più attendibili. Oggi con l’intelligenza artificiale si sente più vicina la concretezza di questo sogno. “L’obiettivo di allungare la vita di almeno 40 anni sarà raggiungibile nel breve. Questo perché le tecnologie consentono diagnosi precoci, terapie e metodi di cura più efficaci che permettono al nostro organismo di con­ servarsi meglio e quindi di riuscire a supe­ rare la soglia dei 100 anni”. Lo ha detto Gianni Sebastiano, direttore finanziario del Gruppo Exprivia, durante il suo intervento a “Lezioni di Economia” (incontro tenutosi il 4 ottobre al teatro Petruzzelli di Bari con il tema: “Verso l’ultimo Homo sapiens o verso l’immortalità?”). “Perché ci meravigliamo se mettiamo un chip sottopelle? L'uomo ha sempre cercato di migliorare se stesso: oggi c'è la tecnologia che lo porta ad essere quello che la fanta­ scienza definisce “l'uomo bionico”. ­ ha con­ tinuato Sebastiano ­ L’ homo sapiens ha continuamente esaltato e migliorato le sue


“Le Terrazze” del Corriere

capacità di vita, di relazione con l'ambiente, anche generando dei danni”. La stessa app “salute” degli smartphone già monitora le condizioni dell'essere umano. Con un semplice tocco è possibile accedere alla propria cartella clinica per tenere sotto controllo i livelli di glicemia, peso, battito cardiaco e tanto altro. Ma qual è il rischio? Troppi dati potrebbero portare l’uomo a perdere il controllo? Se­ condo Gianni Sebastiano: “L’unico modo di governare questa complessità è l’atto rego­ latorio: chi governa la cosa pubblica (i nostri politici, i governanti) devono innanzitutto controllare l’uso che viene fatto di questi dati attraverso delle leggi specifiche, ad esempio la GDPR (la nuova regolamenta­ zione della privacy in Europa che tiene conto degli strumenti digitali). Non si può bloccare la generazione dei dati, nessuno domani può pensare di dire ‘lo smartphone non lo uso più’. E visto che sarà impossibile fermare questo fenomeno, tanto vale com­ prenderlo e governarlo”. In uno scenario in cui la tecnologia riesce a dominare sull’umanità, l’unica cosa improfa­ nabile sembra essere la coscienza, intesa non in senso morale o religioso, ma come capacità del cervello di fare esperienza di se stesso e del mondo circostante e produrre ragioni e scopi. Per il momento, gli scienziati non hanno una risposta. Chi vivrà vedrà. Marìcla Pastore

Da un’idea di Maddalena Tulanti nata quattro anni fa, “Le Terrazze” è un programma culturale legato alla reda­ zione del Corriere del Mezzogiorno. Si divide in due edizioni: una estiva, l’al­ tra autunnale. Quella estiva si occupa di raccontare in viaggi virtuali, pezzi di mondo normalmente conosciuti poco e male, attraverso lezioni di esperti. Ogni appuntamento prevede 4 (tal­ volta 5) ospiti che massimo in trenta minuti raccontano il paese attraverso la propria competenza. Si alternano quindi storici, politici, artisti, letterati, economisti e perfino cuochi. Hanno luogo dalla fine di maggio, una volta a settimana, per 5/6 settimane. Le prime tre edizioni si sono tenute sulle terrazze della sede del Corriere (da cui il nome), da quest’anno, dopo che la redazione ha cambiato casa, al circolo Barion, sempre a Bari. L’ultima edi­ zione si è occupata di raccontare la Cina. Sono venuti a parlarne, fra gli altri, Salvatore Rossi, già direttore ge­ nerale di Bankitalia; Mario Tesini, prof di Parma, esperto di Mao; la letterata cinese Lala Hu, docente della Catto­ lica; l’editorialista del Corriere Franco Venturini; il direttore delle questioni africane alla Farnesina, Giuseppe Mi­ stretta. Senza contare analisti di Limes e dell’Ispi. E anche uno chef stellato, Angelo Sabatelli, ristoratore di Puti­ gnano, con cucina apulo/cinese. Il prossimo anno il Paese scelto dal pubblico (votano ogni volta) sarà l’In­ dia. La versione autunnale prende il nome di “Lezioni di Economia”. In questo caso i temi possono riguardare non solo aspetti finanziari, ma anche le ri­ cadute sulla vita quotidiana della ri­ cerca scientifica. È stato il caso di quest’anno­ 2019­ che ha visto al cen­ tro dell’attenzione l’ambizione umana di allungare la vita attraverso farmaci e nuova tecnologia. Ospiti gli scien­ ziati gran divulgatori come i prof Gian­ franco Pacchioni e Massimo Masserini; esperti di nanotecnologie come il prof Massimo De Vittorio; in­ dustriali come Sergio Fontana (Farma­ labor), Michele Vinci (Masmec), Gianni Sebastiano (Exprivia). Il programma è sostenuto dal Corriere del Mezzogiorno, Fondazione Corriere della Sera e da sponsor privati.

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Qualcosa su...

7 IN FOTO Gianni Sebastiano, direttore Pianificazione Strategica e Investor Relator del Gruppo Exprivia.

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La poesia urbana nel cuore di Bari

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LA TO O

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Fine vita, viaggio tra le possibili risposte al dolore Eutanasia, suicidio assistito, testamento biologico, cure palliative: è importante capire le differenze, cosa è illegale nel nostro Paese e cosa non lo è 10 EUTANASIA IN ITALIA Da noi è illegale. Non lo è in altri Paesi europei come il Belgio, l’Olanda, la Svizzera e i Paesi Bassi

Il dibattito sul fine vita scuote l’opinione pubblica e le coscienze. Partendo da due punti di vista molto diversi, quello dell’attivi­ sta Marco Cappato e quello del dottor Bo­ scia, presidente dell’Associazione medici cattolici italiani, cercheremo di capire quali sono le possibili risposte dello Stato al do­ lore. Uno Stato, in alcuni casi, poco pre­ sente. Nel nostro caso è evidente: la Corte Costituzionale ha richiamato il Parlamento a legiferare, mentre gli hospice (in Puglia ce ne sono cinque) devono ricorrere al

5 ×1000 o ad altre forme di beneficienza per riuscire a far quadrare i conti. Un altro metodo per affrontare il dolore, “scongiurando” il ricorso all’eutanasia, è la cannabis terapeutica, da non confondere con quella a scopo “ludico”. Vedremo cosa deve fare un paziente che voglia procurarsi la cannabis prescritta dal medico, chi la pre­ para e perché talvolta si ricorre al mercato nero. Le leggi esistono: nel caso degli ho­ spice risale al 2010 e tutela “il diritto del cit­ tadino ad accedere alle cure palliative e alla

La sentenza

La Consulta rilancia: “Il Parlamento faccia una legge” “La Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e deliberatamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile”: così si sono espressi i giudici della Corte Costituzionale il 25 settembre scorso. Il caso è quello di Marco Cappato, politico e attivista dell’associazione “Luca Coscioni”, accusato di aver aiutato a suicidarsi Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, accompagnandolo in una cli­ nica svizzera, a febbraio 2017. In altre parole, la Corte ha detto “si” alla depenalizzazione del reato di aiuto al suicidio assistito. Lo ha fatto con una sentenza storica che detta però alcuni “paletti”: la presenza di patologie irreversibili con sofferenze fisiche e psicolo­ giche ritenute intollerabili, la dipendenza da trattamenti vitali e la capacità di prendere decisioni libere e consape­ voli. Questi presupposti in realtà erano già stati fissati dal Comitato nazionale per la bioetica. A luglio, infatti, il Comitato aveva tracciato un confine netto tra suicidio medicalizzato ed eutanasia. La Corte è tornata a ribadire che sia il Parlamento a disciplinare questa materia così complessa nella cornice di leggi già esistenti, come quella del 2017 sul testamento biologico. I princìpi "faro" restano l'autodeterminazione degli individui e il rispetto della loro volontà e dignità per evitare i rischi di abusi sulle persone più vulnerabili.

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a m le ob pr Il UNIVERSITÀ DI BARI L’Aula Magna, “Aldo Moro”, che ha ospitato una sessione del congresso. In foto lo scrittore Gianrico Carofiglio

terapia del dolore”. In quanto alla cannabis terapeutica, la legge Di Bella del 1998 spiega come i “farmaci cannabinoidi” possono es­ sere erogati. In Puglia il costo dei farmaci cannabinoidi importati dall’estero e di quelli prodotti in Italia è rimborsabile dal Servizio sanitario regionale, salvo rivolgersi a farma­ cisti privati. In queste pagine racconteremo un Sud attraverso le storie delle persone. Un Sud sempre più lontano dal Nord, in termini di qualità della vita, di sanità, di reddito. Ma

anche un Sud che “fa a pugni” con se stesso: è il caso della storia di Matteo, studente fuo­ risede affetto da una malattia rara, che per curarsi è costretto e tornare a casa (a Ma­ tera), perché gli è stato detto che non può usufruire di un servizio del Comune di Bari. Quando uno Stato viene meno alle sue fun­ zioni, è più facile che si insinuino l’illegalità, il mercato nero e, senza esagerare, l’infeli­ cità. Anna Piscopo

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Il congresso

L’associazione “Coscioni” celebra la Fiera delle libertà Quest’anno l’associazione Luca Coscioni ha scelto Bari per il XVI congresso nazionale, che si è svolto dal 3 al 6 ottobre, a sole due settimane dall’udienza della Corte Costituzionale sul caso di dj Fabo. Esperti, attivisti, medici e politici si sono confrontati su diversi temi: dall’eutanasia all’intelligenza artificiale, dalla legalizzazione della cannabis all’urgenza di avere leggi che non impongano sofferenze e dolori. Al centro della quattro giorni c’è stata anche la necessità di informare e informarsi correttamente su ex Ilva e xylella, il batterio killer degli ulivi. La libertà della ricerca scientifica come vera opportunità di rilancio per il Meridione e, in particolare, per la Puglia: questo il messaggio di “spe­ ranza”, come lo hanno definito gli organizzatori, rivolto alla politica. Tra le priorità dell’associazione no profit Luca Coscioni (fondata nel 2002) ci sono: l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, l’abbattimento delle barriere architettoniche e la legalizzazione dell’eutanasia. 1­15 ottobre 2019


Che sia fatta non la nostra ma la volontà del paziente

La vita è mia e faccio quello che voglio: “Chi siamo noi per imporre a una persona di continuare a soffrire?”. Faccia a faccia con Cappato Il personaggio

Attivista del partito radicale Marco Cappato, 48 anni nato a Milano, è giornalista pubblicista, esponente dei radicali e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, oltre che promotore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca e della campagna “Eutanasia legale”. Fondamentale, nel 2004, l’in­ contro con Marco Pannella. Nel 2006 ha sostenuto il radicale Piergiorgio Welby, malato di distrofia, chiese per lui il distacco del re­ spiratore a Giorgio Napolitano, allora presidente della Repubblica. Lo ha ottenuto a dicembre dello stesso anno attirando l’attenzione del­ l’opinione pubblica di tutto il mondo. A febbraio 2017, si è autode­ nunciato per aver accompagnato dj Fabo, rimasto tetraplegico e non vedente in seguito a un incidente stradale, in una clinica in Svizzera, in cui si pratica il suicidio assistito. A settembre 2019 Cappato è stato dichiarato non punibile dalla Corte Costituzionale.

12 Quali le parole di dj Fabo prima di morire, in Svizzera? Gli ultimissimi momenti li ha passati con la sua fami­ glia, prima però ha chiamato tutti i suoi amici accanto a sé per dire: “Allacciatevi sempre le cinture di sicurezza”. Le sue prime parole dopo la sentenza della Consulta? Ho abbracciato Filomena Gallo (avvocato e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni ndr) congra­ tulandomi. Cosa deve esserci di etico nelle scelte della politica? La politica non deve imporre un’etica, ma deve aprire al massimo gli spazi di libertà individuali senza che nes­ suno subisca violenze o sopraffazioni. Secondo lei si arriverà in Italia a una legge sull’eutana­ sia? Sì, il problema è quando. Cosa pensa dei medici obiettori di coscienza? È giusto che lavorino nel Sistema sanitario nazionale? Penso che l’obiezione di coscienza sia legittima, il punto è non imporre dei trattamenti a persone che li vivono come una tortura. Quindi, i nodi cruciali sono la volontà e la consapevo­ lezza del paziente? Certo. La polemica di alcune organizzazioni di medici sulla sentenza della Consulta è destituita di qualsiasi fondamento. Sono sicuro che tantissimi medici italiani sono disposti a rispettare la volontà del paziente. Il messaggio che può passare è: “La vita è mia e faccio quello che voglio”. È così? Fino a prova contraria sì. Poi ci sono delle regole, per evitare magari che una persona in un momento di de­ 1­15 ottobre 2019

pressione o di follia si faccia ammazzare. Però quando una persona ha una volontà così con­ solidata a causa di una sofferenza contro la quale non si può più far nulla, chi siamo noi per imporre di continuare a soffrire? Diritto alla vita e diritto alla morte: due facce della stessa medaglia? È la libertà di scelta, non è neanche tanto di­ ritto alla morte. Nel momento in cui la vita mi è insopportabile, è un diritto a essere aiutati. In Italia il suicidio non è punito. Ma è più deco­ roso che un malato terminale si butti dalla fine­ stra, o che sia aiutato? Io penso la seconda. Pensa che questa “carenza” di Stato possa in­ crementare fenomeni di suicidi assistiti “clan­ destini”? L'Istat (Istituto nazionale di statistica) dice che sono un migliao malati che si suicidano ogni anno, una media di tre al giorno. Cosa chiedono le persone che si rivolgono alla vostra associazione? Dipende: ci sono malati terminali, ci sono per­ sone depresse ma che non otterrebbero l'euta­ nasia nemmeno in Olanda, in Belgio o in Svizzera. Ci sono altre, invece, che avrebbero il diritto di morire legalmente in Italia con la so­ spensione delle terapie. Le fa più paura la vita o la morte? La vita mi piace, sicuramente. Quindi: che vada avanti ancora un po'. (a. p.)


Non dobbiamo arrenderci alla cultura della morte

“Il compito del medico è curare le fragilità del paziente. La solitudine e il dolore uccidono più delle malattie”. Il punto di vista del prof. Boscia

Il presidente

Associazione medici cattolici Filippo Maria Boscia, 73 anni nato a Bari, è ginecologo e da dieci anni presidente dell’associazione medici cattolici italiani (A.M.C.I.). È componente onorario della Società italiana di Bioetica e comitati etici, di cui è stato presidente. Boscia è specializzato in ostetricia e gi­ necologia (all’Università di Bari) e in andrologia (all’Università di Pisa). Ha lavorato e insegnato in Italia e all’estero e ha diretto il dipar­ timento Materno­Infantile e Fisiopatologia della riproduzione umana dell’ospedale “Di Venere” di Bari. Nella sua lunga carriera è stato professore associato e titolare della cattedra di Fisiopatologia della Riproduzione Umana all’Università di Bari. È autore di 300 pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali e internazionali e curatore di 15 volumi che trattano di: medicina della riproduzione, sessuologia e bioetica.

13 Se un paziente le chiedesse di porre fine al proprio dolore, lo aiuterebbe? È compito del medico non lasciare in sofferenza, essere accanto a ogni fragilità. L’assistenza è ben altro. Non si accompagna una persona alla morte. In Italia si arriverà a una legge sull’eutanasia? La nostra è una società che ha perso l’orientamento. È piena di egoismi e di utilitarismi, ed è tutta protesa a massimizzare il benessere e a eliminare il dolore. C’è una sorta di “calcolo felicitario”. In realtà viviamo in una società “dell’analgesico”. Non conosciamo il do­ lore, e quando non lo si conosce, non si è pronti ad ac­ coglierlo. Cos’è il dolore? Il più grande dono che il Signore ci abbia dato. Io ho visto molte ferite ma anche molte ferite che curano. È attraverso il dolore che percepiamo di stare male e quindi andiamo dal medico per curarci. È un dolore che può aprire una “feritoia di luce e di speranza”. Farei una proposta: perché non fare corsi di preparazione alla sofferenza? La vita è un dono, non possiamo sciu­ parlo. Gli hospice hanno i soldi necessari per curare i malati terminali? Non c’è uniformità sul territorio nazionale per le cure palliative. Anche questa è solitudine. Noi vogliamo al­ lontanare la malattia dalla persona sacrificando la per­ sona. Non ci si può arrendere a una “cultura di morte”. Cosa pensa delle associazioni che in Italia si battono per il “fine vita”?

Si battono per migliorare le condizioni edonisti­ che di questa vita, per gli egoismi, per gli utilita­ rismi e per raggiungere la massima autonomia. È giusto che gli obiettori di coscienza lavorino nel Sistema sanitario nazionale? Perché dobbiamo impedire ai medici di avere una propria identità? Se da una parte c’è l’auto­ determinazione, dall’altra c’è uno schiaffo alla libertà dell’altro. Le libertà devono essere sim­ metriche. Scienza e Fede: come convivono nel lavoro di un medico? Benissimo. La Fede aiuta la risoluzione di molti problemi e dà molte speranze rispetto alla tec­ nica, che a volte è incapace di ridare vigore alla persona. La medicina deve tornare ad essere un’arte fondata, da una parte, sulla fiducia del paziente e, dall’altra, sulla coscienza del medico che deve impegnarsi a dare delle risposte “abili”. Da qui deriva la “respons­abilità”. Come giudica la sentenza della Consulta? La giustizia deve far rispettare le leggi ma non deve esprimersi: questa è una ferita alla Demo­ crazia. Tra accompagnare alla morte e indurre alla decisione di porre fine alla propria vita, il li­ mite è sottile. Aver sancito questo elemento di diritto al suicidio, è l’assoluta morte del diritto stesso. Le fa più paura la vita o la morte? Nessuna delle due. (a. p.) 1­15 ottobre 2019


Hospice di Bitonto pagine di vita ancora da scrivere Tra l’accanimento terapeutico e l’eutanasia c’è la terapia del dolore. In Puglia ogni paziente “costa”allo Stato 196 € al giorno: tariffe più basse d’Italia 14 ALLE PORTE DI BARI La struttura sanitaria della Fondazione Opera Santi Medici. Dal 2007 offre cure palliative ai malati terminali

“L’hospice non è un moribondaio. È un luogo d’amore: una struttura in cui in effetti si accompagnano i pazienti nelle fasi finali della vita, ma è una terza strada, tra l’accanimento terapeutico e l’eutanasia. Se noi stiamo accanto alla famiglia, indubbia­ mente il paziente non ci chiederà di morire”. Ci accoglie così la dottoressa Anna Cannone, direttrice dell'hospice Aurelio Marena di Bi­ tonto (Ba), una delle cinque strutture che in Puglia offre ai malati terminali le cure pallia­ tive, ovvero la terapia del dolore. Conven­

zionato con il Sistema sanitario nazionale, l’hospice è nato l’8 luglio del 2007, per dare una risposta diversa ai tanti pazienti che si spegnevano nei corridoi degli ospedali, ab­ bandonati al loro destino. In una delle trenta stanze della struttura in­ contriamo Teresa, mamma di Luigi, un ra­ gazzino di 13 anni, affetto da una malattia rara che non gli permette di alimentarsi da solo per questo è stato operato alla trachea e gli è stato introdotto un tubicino di pla­ stica. “Qui ci sentiamo a casa. Quando

La storia

Io, disabile, lotto per una sanità più accessibile Matteo Benedetto, 31 anni, è uno studente fuorisede affetto da una patologia genetica rara, l’atassia di Friedreich, cioè una malattia degenerativa delle cellule del cervelletto, che lo costringe a muoversi in carrozzina. Vicino all’associazione “Luca Coscioni”, Matteo si è trasferito da Matera a Bari per inseguire un sogno: diventare in­ gegnere informatico. Allo studio ha unito la passione per la comunicazione fondando la web radio del Politecnico di Bari. Qui ha l’inizio il suo calvario tra i “limiti” della sanità, da una parte, e il desiderio di autosufficienza, dall’altra. La Asl di Matera aveva previsto tre sedute settimanali gratuite di fisioterapia, che l’AIAS Onlus avrebbe dovuto ero­ gare. Ma le organizzazioni di assistenza di altre Regioni non possono lavorare nel territorio pugliese. A quel punto Matteo si è affidato a tre fisioterapisti dell’AIAS, che gli hanno “fatto il favore” di andare nella sua stanza in affitto a Bari per curarlo. Questa situazione ha retto per ben quattro anni quando la Onlus ha chiuso i battenti. A quel punto ha cercato di aderire a un programma del Comune di Bari che offre due corse giornaliere gratuite, in taxi, ai cittadini con gravi disabilità. Ma l’assessore al welfare, Francesca Bottalico, ha sottolineato che il servizio è riservato ai citta­ dini baresi. Quindi la soluzione sarebbe stata quella di cambiare residenza. Morale della favola: Matteo non riceve i trattamenti da un anno e mezzo ed è costretto a tornare a Matera per periodi prolungati. “È un’enorme ingiustizia e un disincentivo alla ricerca di indipendenza e autosufficienza dei cittadini disabili italiani”, ha commentato Matteo.

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Cannabis che cura non solo “sballo”

siamo entrati mio figlio pesava 35 chili, ora pesa 45”, ha detto Teresa. I pazienti arrivano all’hospice di Bitonto da ogni angolo della Puglia ma anche da altre Regioni: in questi casi è necessaria l’autorizzazione da parte della Asl di appartenenza. C’è un nucleo di valutazione del distretto che, in base alla si­ tuazione del paziente valuta se è più oppor­ tuno il ricovero in struttura o far seguire il piano terapeutico a casa. Nel secondo caso si individua un “caregiver” cioè una persona (spesso un familiare) che si prende cura del malato. “Sono persone non suscettibili di guari­ gione. È importante non mentire sulle loro reali condizioni, ma lì dove non si può gua­ rire, si deve curare”, ha ricordato la diret­ trice. Le famiglie dei pazienti ricoverati non devono sostenere alcuna spesa, mentre ogni malato “costa” allo Stato 196 euro al giorno, “le tariffe più basse d’Italia a fronte 700/800 euro degli ospedali pubblici ­ ha detto la dottoressa Cannone ­ ma devo lot­ tare per rientrre nei costi”. Un sostegno è dato dal 5×mille e da altre donazioni. Ma ci sono delle differenze di reddito tra Nord e Sud. Per cui quello che otteniamo rivolgendoci ai cittadini del Meri­ dione con un reddito medio­basso, lo ot­ tiene il Nord rivolgendosi a persone con un reddito più alto, anzi ottiene anche di più.

C’è cannabis e cannabis. Il dottor Gio­ vanni Caggia, neurochirurgo ed ex diri­ gente all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, ha spiegato quali sono le diffe­ renze tra la cannabis assunta per “scopo ludico” (il comune “mi faccio una canna”, per intenderci), e quella terapeutica. I due cannabinoidi più co­ nosciuti sono il THC, che è la compo­ nente psicotropa della cannabis (cioè capace di modificare lo stato psico­fi­ sico di una persona), e il CBD. Quando il dosaggio di questi due elementi è “equilibrato”, e viene prescritto da un medico, parliamo di cannabis terapeu­ tica; quando invece si eccede con i do­ saggi di THC e CBD o, peggio ancora, si miscelano con altre sostanze come i pesticidi o i metalli pesanti, parliamo di cannabis “ludica”, che in Italia è ille­ gale (se ha un contenuto di THC supe­ riore allo 0,6%), oltre ad essere molto pericolosa per la salute, soprattutto in età adolescenziale, perché può provo­ care disturbi della personalità e alte­ rare le funzioni organiche. La cannabis terapeutica, invece, agisce su diverse patologie: oncologiche, neuropatiche, spasticità da sclerosi multipla, per ci­ tarne alcune. In generale il paziente va prima dal medico che la prescrive, poi dal farmacista galenico che la prepara. Sono farmaci costosi e non sempre di­ sponibili in tempi brevi. Ma da dove viene la cannabis venduta in Italia? In parte è prodotta dall’Istituto farma­ ceutico militare di Firenze, una sorta di “cannabis di Stato”, oppure viene importata dall’Olanda (multinazionale Bedrocan) e dal Canada (multinazio­ nale Aurora). Il problema, sottolinea il dottore, è che spesso non c’è conti­ nuità terapeutica perché è difficile re­ perire questi farmaci, con il rischio che il paziente si rivolga al mercato nero o se la produca per conto proprio. In Pu­ glia i farmaci “alternativi” possono es­ sere rimborsati se la patologia non può essere controllata dai medicinali già in commercio: è il caso del dolore cronico. Ma tra i comuni analgesici, ci sono anche gli oppioidi i cui “effetti collaterali sono dieci volte maggiori ri­ spetto a quelli della cannabis”, sottoli­ nea il dottor Caggia. Una sorta di “ultima spiaggia”: della serie se non stai meglio con i farmaci tradizionali, proviamo con la cannabis terapeutica.

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Cure alternative

CANNABIS SATIVA È legale coltivarla e/o venderla quando il contenuto di THC è inferiore a 0,6%, secondo la legge n. 242 del 2016

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