Mediaterraneo News 1-15 marzo 2020

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Anno 12 - N. 82 1-15 marzo 2020 Distribuzione gratuita

Premio Giornalisti del Mediterraneo 2016

MEDI@TERRANEO news - Periodico del Master di Giornalismo di Bari Ordine Giornalisti di Puglia - Università degli Studi ‘Aldo Moro’ di Bari Editore: Apfg - Bari Direttore Responsabile: Lino Patruno Registrazione Tribunale di Bari numero 20/07 del 12/04/2007

Redazione: Palazzo Chiaia-Napolitano via Crisanzio, 42 - Bari email: master@apfg.it

Silenzio Parla il virus (Foto Vincenzo Susca) 1

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Vita da alieni nell’era del Coronavirus Il Covid-19, esperienza sociale e psicologica. Pazienza, solitudine, coraggio e adattamento. Storie di vite stravolte

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FINESTRE SUL MONDO Videochiamate e balconi sono l’unico modo per restare in contatto con l’esterno per sentirsi meno soli

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E se domani vi svegliaste e un virus letale si stesse diffondendo nel mondo, costringendovi a rimanere a casa? Cosa fareste se foste costretti a ridurre la vita sociale, a non andare a lavoro o a scuola? Non è la trama di un film e non è nemmeno un indovinello tra amici: tutto vero. Anche i più scettici e meno apocalittici si sono ritrovati in questi giorni a cambiare il loro stile di vita e ad avere un’altra quotidianità. Un mix di sensazioni e mutazioni che, nel bene o nel male, ci stanno portando fuori dalla modernità liquida a cui eravamo abituati. Lontani dal tran tran della vita frenetica, dagli schemi fissi che strutturavano le nostre 24 ore. Questo è il diario di alcune delle giornate atipiche che capita di vivere nell’era del Covid19. Giovedì 5 marzo, ore 7.00: La sveglia biologica. Apro gli occhi, prendo il telefono, e inizio a scorrere tra le chat di Whatsapp.

Tutto tace. Nemmeno sul gruppo dei colleghi, attivo solitamente dall’alba, ci sono messaggi. Dovrei chiamare Marìcla e dovremmo correre, perché, come sempre, faremo ritardo. Il tutto dura 1 minuto. Poi l’epifania: oggi si ferma tutto. Maligni automatismi mattutini e inganni della mente. Mia sorella Simona è nel letto accanto al mio, russa. Non ha perso il pullman. È costretta a rimanere anche lei a casa, causa Coronavirus. I liceali festeggiano, universitari e lavoratori imprecano. Mi sento vecchia. Mi serve un caffè. Venerdì 6 marzo, ore 11.00: Vita da casalinga. Non mi alzavo dal letto così tardi da quando avevo 18 anni. Mia madre non aspettava altro: sono tutta sua ora, posso fare i servizi in casa. Anche le donne in carriera, prima o poi, si ritrovano con la pezza e la scopa in mano. Non è male, ne approfitto per parlare con lei. Da due anni vedo mia madre solo a cena, giusto un paio d’ore per riassumerle gli eventi della mia vita. Poi tutti a nanna. Ora abbiamo tutto il tempo per confidarci e azzuffarci come solo noi due sappiamo fare. Venerdì, ore 20.00: Chiamate e videochiamate. Sara, mia nipote di 8 anni riesce a fare tutto con lo smartphone, anche 35 videochiamate in 1 minuto. Non chiedetemi come. E riesce a farle sempre quando sto mangiando o dormendo. Un uragano. Non le piace studiare, quindi mi starà chia-


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mando per cantare e gioire. La richiamerò. Mia madre nel frattempo è al telefono da un’ora con mia nonna. 80 anni appena compiuti, un uragano anche lei. Non le piace stare ferma e quindi la prima preoccupazione in famiglia è cercare di tenerla al sicuro in casa. Ardua impresa. Sabato, 7 marzo, ore 17.00: Il caffè della tradizione. No, questa usanza non la può sradicare nessuno. Il caffè pomeridiano con le amiche di una vita non può fermarlo nemmeno la bomba atomica. Dopo una giornata sul divano, tra pc e tv, decido di uscire. È stato scovato il primo caso di contagio di coronavirus nel nostro paese, nell’ipermercato. Panico. Appena entrati nel bar dove ci rifugiamo tutti i giorni, David, il nostro amico barista, ci guarda e ci minaccia con un ghigno: “Se siete state all’ipermercato vi caccio”. Il bar è quasi vuoto e noi ci chiediamo se è il caso di spostarci a casa. David annoiato, guarda la tv mentre asciuga qualche bicchiere. Claudia tenta di abbracciare Ludovica, che la respinge, per paura del contagio. Sabato, ore 21.00: L’ironia e la saggezza dei bambini. Ho richiamato Sara. Ha esordito con uno scherzo: recitazione da Oscar. Ha tentato di allarmarmi, dicendo che ha la febbre a 38 e mezzo e che, forse, dovrà andare in ospedale. Ci son cascata, lo ammetto. Subito dopo, ha deciso di avviare una videochiamata di gruppo con gli altri cugini. Ho 5 nipoti, l’idea di non vederli per tanto tempo, mi rattrista. Silvia e Massimo, 8 e 5 anni, hanno appena finito i compiti. In video ci sono loro, Sara io e mia sorella. Come adulti, iniziano a commentare ciò che sta accadendo: -“Io non capisco perché hanno chiuso scuole e università”, dice Silvia -“Già, perfino Miki non sta andando alla scuola dei grandi”, urla Massimo -“Però i bimbi vanno nei parchi, nei bar e i genitori continuano a lavorare. Così possiamo prenderci comunque il coronavirus!”, si altera Sara. Io e mia sorella, nella stessa stanza, incredule, scoppiamo a ridere. -“Perché ridete?”, chiede Silvia. -“No, nulla, ce lo stavamo chiedendo anche noi”. Lunedì 9 marzo, ore 15.00, terroni a Milano: Tutta Italia è zona rossa, lo ha appena annunciato il Presidente del Consiglio. La quarantena è arrivata per tutti. Dopo tre film consecutivi e tanta musica, decido di videochiamare Dino. È uno dei miei migliori amici, ci conosciamo dalle elementari. Dopo la laurea, si è trasferito a Milano e ora lavora in un’azienda di analisi di mercato. Mi spiega che è appena rientrato da un viaggio, è andato in Svezia ed è riuscito a beccare pure l’aurora boreale. “Al ritorno, in aeroporto, stavo parlando al telefono. Una signora ha sentito parlare in italiano e mi ha puntato, mi guardava impaurita,

come se volesse allontanarsi”. Poi continua: “Gli aeroporti deserti fanno paura, anche Milano. Forse al Sud lo state vivendo solo ora, ma qui è iniziato tutto un mese fa. Lo smart working funziona, sono a casa da metà febbraio. Per il resto mi godo il tempo con i miei coinquilini, ho recuperato tutto Star Wars!” Tra una risata e l’altra pensiamo a chi non ha la fortuna di avere coinquilini o famiglia in casa e deve affrontare queste settimane completamente da solo. “Mah, sembra di stare nella casa del Grande Fratello” gli dico sorridendo. Lunedì, ore 19.00: Testimonianze ospedaliere. Annalisa, amica di famiglia, lavora al “Primo Policlinico di Napoli” come chirurgo. Le ho mandato dei messaggi per chiedere come va. I suoi racconti mi hanno lasciata a bocca aperta: “È dura quando devi vietare a un figlio di vedere la mamma, al marito la moglie, alla nonna i nipoti. Per non parlare di quando ci arriva la notizia di un collega che ha la febbre alta, ogni volta il sangue si raggela, ma non possiamo tornare a casa, dobbiamo continuare ad aiutare gli altri”. Poi, con una punta di ironia: “Mi fanno ridere quelli che arrivano in ospedale con mascherine ecc., però ci vengono in motorino senza casco. Perché non vogliono morire di Covid-19, ma se fanno un incidente, le precauzioni non servono!”. Michela Lopez

SWEET HOME E’ il titolo dell’opera realizzata dallo street artist Nello Petrucci in una strada di Pompei

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Non è la carestia ma vai a convincerci

Facciamo follie per fare scorte di cibo, eppure l’apertura dei supermercati è garantita. Pensando anche ai nostri cani

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L’ASSALTO Gli scaffali vuoti dei supermercati dopo le spese frenetiche della gente per il timore di restare bloccati

Latte, pelati, pasta e farina, bottiglie di alcool etilico denaturato, gel e salviette disinfettanti, guanti in lattice, rotoli di carta igienica. Sono i beni primari che i supermercati richiedono di più ai fornitori da quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus. Nonostante più e più volte il presidente del Consiglio, nel corso delle sue comunicazioni, abbia ripetuto che i rifornimenti alimentari saranno sempre garantiti, c’è stato fin da subito l’assalto ai generi alimentari come se fosse scoppiata la guerra.

Per il timore

La priorità: riempire i frigoriferi

Quali sono i beni che gli italiani considerano primari? È stata Nielsen, società che misura le vendite dei beni di consumo in tutto il mondo attraverso i codici a barre, a fare una classifica dei prodotti maggiormente acquistati in Italia nel corso della prima settimana di emergenza da Coronavirus. Nell’arco di questo tempo gli acquisti sono aumentati del 10,9%. Tra i prodotti più acquistati il riso (+33%), la pasta (+25%), il tonno in scatola (+29%), i derivati del pomodoro (+22%), i prodotti per cura e igiene della persona (+28%). Inoltre, gli italiani non hanno pensato solo a loro stessi, ma anche ai loro amici a quattro zampe. Eurispes (Istituto di ricerca degli italiani) dice che 4 italiani su 10 possiedono animali. Ebbene, questi quattro hanno pensato anche a loro, acquistando più cibo specifico (+11%). C. M. 1-15 marzo 2020

È vero, la situazione è surreale, anomala e sembra a tutti di vivere un incubo. Ci viene negato, giustamente, uno degli istinti primordiali dell’essere umano fin da quando è apparso sulla Terra: la socialità. Ma nonostante questo è necessario rimanere lucidi. Purtroppo però, si sa, in queste situazioni è facile farsi prendere dal panico ed è subito fila chilometrica davanti ai supermercati per fare le scorte, anche di notte, in barba a tutte le raccomandazioni di uscire il meno possibile e di mantenere la distanza di sicurezza. Hanno fatto il giro dei social le foto degli scaffali vuoti già dai primi giorni, ma ora che pian piano ci si sta abituando a questa nuova routine c’è ancora chi non riesce a non fare scorte come se dovesse arrivare la carestia. I camionisti nel frattempo sono quasi allo stremo. Lo hanno raccontato gli autotrasportatori di Megamark, azienda molfettese leader del Sud Italia nella distribuzione organizzata grazie a oltre 400 supermercati diretti e affiliati presenti in Puglia, Campania, Molise, Basilicata e Calabria. Il lavoro è raddoppiato, si ha qualche difficoltà a consegnare tutto perché le richieste sono aumentate, i mezzi di trasporto sono addirittura diventati pochi e si è pensato anche a un terzo turno (notturno) che si andrebbe ad aggiungere ai due turni già esistenti per poter garantire le consegne in tutti i punti vendita.


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L’approvvigionamento dei supermercati dunque non è in discussione visto che le aziende di rifornimento si stanno organizzando per garantire il servizio, la mancanza di alcuni beni primari potrebbe verificarsi soltanto dopo l’assalto, ma nel giro di poche ore tornerebbe tutto alla normalità. Eppure, i carrelli in fila alle casse sono stracolmi di ogni bene. C’è chi ne riempie uno soltanto di pacchi di pasta, chi invece fa il carico di farina perché questa quarantena in qualche modo bisogna affrontarla e allora via alla preparazione di dolci e manicaretti vari, chi invece a far la spesa porta tutta la famiglia (cosa ora vietata: per ogni nucleo familiare è consentito a una sola persona uscire per far la spesa) per poter riempire più carrelli. Gli scaffali dei prodotti per l’igiene personale sono tra quelli maggiormente presi d’assalto. Da Megamark dicono che il gel disinfettante per mani non è più disponibile da almeno una settimana e non si sa quando lo riforniranno. Le difficoltà potrebbero presentarsi se la situazione dovesse prolungarsi nel tempo, ma a oggi gli operatori della grande distribuzione sono tranquilli e soprattutto fiduciosi. La maggior parte degli italiani ha pensato a fare scorte di cibo, comprando anche cose che probabilmente in tempi normali non avrebbero neanche guardato. Egoismo o paura? Non si sa cosa abbia spinto alcuni ad

assaltare i supermercati pochi minuti dopo il discorso di Conte in cui aveva chiaramente detto che sarebbero sempre rimasti aperti e riforniti. Certo è che un po’ più di buon senso e un po’ meno di negazionismo da parte di tutti avrebbero sicuramente aiutato a non arrivare a questi atteggiamenti di isteria generale. Però siamo italiani, ci piace fare le cose in grande.

Maria Cristina Mastrangelo

LA CODA La scena classica: persone in attesa di entrare in un supermercato per i rifornimenti

Non servono le diete

I consigli per gli acquisti

Non esistono diete o cibi specifici “anti-Coronavirus”, ma sicuramente possiamo irrobustire il nostro sistema immunitario per poter contrastare al meglio infezioni virali o batteriche. Latte, glutine e zuccheri raffinati in generale creano calore all’interno del nostro corpo, un habitat decisamente favorevole per un virus. Così come, sostengono gli esperti, sono sconsigliati la carne e il pesce crudi. Quindi, se vogliamo metterci in coda davanti alla porta del supermercato, pensiamo bene a cosa acquistare. I cibi ricchi di probiotici e di prebiotici sono decisamente nostri alleati: limoni, yogurt, semi di lino, grano saraceno, olio extravergine di oliva, di semi di lino, di semi di canapa e di avocado, verdure a foglia verde, avena, frutta secca e semi oleosi. Per le cotture, infine, sono consigliate quelle al forno o quelle al vapore. 1-15 marzo 2020

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I bimbi a casa cercasi baby sitter disperatamente

In arrivo altri provvedimenti del governo per tutelare le famiglie durante la chiusura delle scuole in Italia Intanto, non si deve uscire

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BABY SITTER Lo sono di fatto i genitori, che non sanno dove lasciare i bambini perché scuole e asili sono chiusi

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La chiusura delle scuole in tutta Italia fino al 3 aprile, per effetto del decreto del 9 marzo che ha reso il territorio nazionale zona rossa, ha messo in crisi i genitori di tutto lo Stivale. Da un lato, infatti, la necessità di adeguarsi alle nuove disposizioni, e dall’altro l’impossibilità di smettere di lavorare. Un voucher baby sitter straordinario per sostenere le famiglie durante la chiusura delle scuole a causa dell’emergenza Coronavirus rientra nelle misure del decreto salva-economia che il governo è pronto a varare. annunciare aiuti concreti per le famiglie in questo momento di grande difficoltà per tutto il Paese è stato il ministro del lavoro Nunzia Catalfo. I genitori di bambini con meno di 12 anni che sono appunto rimasti a casa per la chiusura delle scuole potranno richiedere un buono da 600 euro al mese per pagare la baby sitter. Per le famiglie con disabili non sarà previsto alcun limite di età per il figlio. In alternativa al voucher baby sitter il decreto prevede il congedo parentale, un periodo di astenzione dal lavoro che dovrebbe durare dai 12 ai 15 giorni e che può essere usato indistintamente da uno dei genitori che abbiano un lavoro dipendente. Il congedo straordinario prevede la retribuzione al 30% della paga prevista per un giorno intero di lavoro, il 100% per chi invece ha dichiarato un reddito basso

nell'Isee 2020. Anche in questo caso vale il parametro dei 12 anni, inoltre esiste la possibilità di frazionare il congedo parentale a ore. Questa misura arriva anche per cercare di evitare il ricorso dei genitori all’aiuto dei nonni e per salvaguardare dunque gli anziani che sono la categoria più a rischio in questa situazione di emergenza sanitaria. Per ottenere il voucher è necessario che entrambi i genitori lavorino e che la baby sitter sia regolarmente assunta, particolare non da poco considerando che il lavoro di tata è solitamente svolto a nero. Proprio negli ultimi giorni ispezioni della Guardia di finanza hanno dimostrato che molte baby sitter non avevano regolare contratto di lavoro. Qualora il Governo dovesse proseguire nel suo intento di garantire il bonus baby sitter 2020 per l’emergenza Coronavirus dovrebbe riconsiderare il meccanismo di funzionamento, e anche i requisiti per richiederlo. La legge prevede anche che le rette per gli asili privati e quelle per il servizio mensa scolastica verranno rimborsate alle famiglie, in base al periodo di chiusura delle scuole. Questa decisione è stata presa dopo l'appello fatto dal Codacons, coordinamento delle associazioni per la tutela dei diritti dei consumatori. Per ottenere il rimborso basta andare sul


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sito del Codacons e scaricare il modulo per la richiesta di rimborso. Il modulo va poi inviato direttamente alla scuola. Tutte queste iniziative non possono però colmare il danno educativo. La campanella suona online solo per le scuole che erano già in possesso delle piattaforme online e dunque già esperte nel loro utilizzo. La scuola a distanza sta mettendo in luce difficoltà oggettive in tutta Italia per problemi strutturali che riguardano l'utilizzo delle piattaforme online. “C'è solo da sperare che i contagi rallentino per evitare che l'emergenza sanitaria del Coronavirus non sfoci in un' emergenza sociale. I nostri studenti stanno perdendo ore preziose per l'apprendimento, che temo non possano essere più recuperate”, ci spiega Mariafranca Tricarico, vice preside del liceo scientifico e delle scienze umane Enrico Fermi di Minervino Murge. Contrariamente a quel che comunemente si pensa degli adolescenti italiani che molto volentieri rinuncerebbero alle lezioni, in questa situazione sono in molti a rimpiangere la scuola: soprattutto gli studenti che quest'anno dovrebbero conseguire la maturità e che in questo momento sono preoccupati per la loro preparazione.

Mariamichela Sarcinelli

Testimonianze

I danni sociali portati dal virus

“Nessuno vi chiede di considerarci eroi, ma rimanete a casa per rispettare i nostri sacrifici”, è la testimonianza di Annamaria, un'infermiera del Policlinico di Bari che lascia a casa i suoi due figli, entrambi molto piccoli per fare i suoi turni a lavoro. Ad aiutarla una baby sitter che si prende cura dei bambini ai quali manca la routine quotidiana: “andando all'asilo avvertivano meno la mia mancanza”, ci ha detto. Anche la tata dei suoi figli non ha contratto di lavoro regolare, perciò non potrà usufruire del voucher previsto dal decreto salva-economia. In questo momento così delicato le sue preoccupazioni sono però altre: fra queste i posti letto non sufficienti per accogliere tutte le persone che necessitano cure e la sua salute. “Fra le mie preoccupazioni quella di poter venire in contatto con la malattia e passarla dunque ai miei figli”, ci dice. Anche i genitori dei liceali sono preoccupati per l'istruzione dei loro figli poiché considerano la scuola non solo studio delle materie didattiche ma anche fucina dei cittadini di domani. “Perdere lezioni è negare ai nostri figli insegnamenti. I nostri ragazzi sono soli in un mondo super tecnologico, la scuola è la loro unica possibilità di integrazione sociale”, ci dice il padre di due ragazzi che frequentano l'istituto scientifico e delle scienze umane Enrico Fermi di Minervino Murge. Per gli universitari la situazione non è più rosea, con esami rimandati e sedute di laurea che slittano. In questo momento di grandi tensione nulla è però più importante della tutela della salute e pertanto, anche se la vita e tutti gli impegni formativi sono rimandati a domani la cosa fondamentale è tutelare la nostra salute e quella degli altri rimanendo in casa, magari in compagnia di un buon libro o di un giornale. 1-15 marzo 2020

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Rete di sicurezza grazie al web una vita normale

Come funamboli in bilico tra dubbi e paure a causa del Covid-19. Cosa cercano gli italiani in internet per connettersi alla realtà

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SMART WORNKING Il lavoro agile è stato introdotto in Italia con una legge approvata nel 2017

Smart working per non fermare l’economia, Skype per vedere amici e parenti, lezioni universitarie online per studiare. Qualcuno in videoconferenza si è anche laureato. E ancora: Netflix, Amazon video, Infinity e tutte le altre tv in streaming per non annoiarsi. Quei computer che fino a qualche tempo fa minacciavano di farci perdere il contatto con la realtà, ora ci salvano. Ci permettono di non alienarci del tutto e continuare a vivere in modo più o meno normale.

L’appello

Internet, un diritto umano

“L’accesso a Internet gratuito dovrebbe essere riconosciuto come un diritto umano”. L’appello è stato lanciato dall’Università di Birmingham nel 2019. I ricercatori hanno definito Internet come uno strumento essenziale per garantire “vite minimamente decenti”. E l’Italia si è dimostrata virtuosa. Nel 2015 infatti è stata redatta la “Dichiarazione dei diritti in Internet”, che recita: “L’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale”. Sfruttando i fondi del progetto europeo WiFi4EU, l’Italia ha ampliato le aree raggiunte dalla connessione internet. Ma: (dati Istat alla mano) a fine 2019 quasi il 25% delle famiglie italiane ne era escluso. La maggior parte di queste risiede al Sud in particolare in Molise, Calabria e Sicilia dove la rete infrastrutturale è più debole. 1-15 marzo 2020

Dovendo evitare di uscire di casa e limitare al minimo i contatti sociali, Internet è diventata un rifugio. Dal 10 marzo, giorno in cui è stata estesa la “zona rossa” dalla Lombardia e dal Veneto a tutta la Nazione, sono aumentati di quasi il 30% gli accessi quotidiani sulle piattaforme di Tv in streaming. Così riportano i dati messi a disposizione da Google trends, strumento che permette di consultare la frequenza con cui una parola, una frase o un argomento viene digitato sui motori di ricerca. Alle ore 22 del 10 marzo la parola “Netflix”, ad esempio, è stata cercata il 50% delle volte in più rispetto alle ore 22 della settimana prima. In appena cinque giorni si è affermato un nuovo leader delle ricerche on line: Giuseppe Conte, il capo di Governo. Dal 9 marzo occupa saldamente le prime posizioni della classifica degli argomenti più ricercati. Ha superato i 4 milioni di click. Ciò conferma e consolida un indice di gradimento che, secondo i dati della società Ipsos, già a fine 2019 sfiorava il 47%. Subito dopo Conte, le parole più cercate sono state “pandemia” e “autocertificazione per viaggiare”. Non c’è molto da sbalordirsi. Ciò che un po’ stupisce, analizzando i trend di ricerca, è la strana ironia degli italiani in questo periodo: il film più cercato nell’ultima settima è “Contagion”, opera


Esperienze di smart working

del 2011 diretta da Steven Stoderbergh. Il film racconta della diffusione in tutto il mondo di una strana malattia polmonare scambiata inizialmente per una normale influenza ma che poi diventa letale. Nel film, il virus si diffonde dapprima in Cina e viene trasmesso all’uomo da un pipistrello. Analogie sinistre, ma quello è solo un film. Con l’emanazione dei decreti per fronteggiare lo stato di crisi il governo si è attivato per permettere a quante più persone possibile di avere accesso ai servizi digitali. L’iniziativa si chiama “Solidarietà digitale”. Sul sito del governo è presente un elenco di 48 aziende, che dalla telefonia all’editoria, che hanno messo a disposizione i propri servizi in modo gratuito o comunque a prezzi esigui. L’obiettivo è quello di ridurre al minimo l’impatto che il virus Covid-19 avrà sulla popolazione. Un’idea vincente, che è piaciuta molto agli italiani. Tanto che il gran numero di richieste di adesione ne ha già rallentato il funzionamento. L’accesso a internet si sta rivelando essenziale per la tenuta sociale ed economica del Paese. Eppure la discussione su come garantirlo a tutti i cittadini è ferma da diversi anni, peccato si sia dovuta attendere un’epidemia per riaprirla. Saverio Carlucci

Lavoro agile: nessun vincolo di spazio e orario, organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. Così l’ordinamento giuridico italiano definisce lo smart working, introdotto con la legge numero 81 del 2017. Piuttosto in ritardo rispetto ad altri Paesi dell’Unione europea. Ciò che prima era una velleità delle aziende innovative, ora si è trasformata in una scelta obbligata se si vogliono limitare le perdite e non fermare del tutto la propria attività. Un cambiamento che ha interessa tutti tutti: lavoratori prossimi alla pensione e neolaureati assunti da qualche mese. Tuttavia c’è anche chi è abituato da sempre a lavorare senza dover andare in ufficio. Grazia, 60 anni, impiegata del centro di Geodesia spaziale di Matera. “Oggi sono in ufficio – racconta al telefonoma tra qualche giorno sarò a casa. Sto aspettando che configurino il computer…un pc che ha fornito l’azienda. Abbiamo fatto un corso di formazione, prima di andare in pensione”. Anche senza poter osservare il suo volto è facile immaginare gli occhi al cielo e l’espressione un po’ seccata. Vito, 27 anni, business analyst da due anni in una banca di Milano. “Le banche si sono attivate preso per garantire lo smart working. Questo è un grande aspetto positivo della faccenda. Probabilmente tutti si renderanno conto che anche così si può lavorare in maniera efficiente…anzi forse anche meglio che in ufficio. Si può ottimizzare meglio il tempo e lavorare in modo più tranquillo”. Antonia, 22 anni, grafico per un’azienda tedesca. In Germania ha cominciato a lavorare in smart working e si è trasferita in Italia per continuare gli studi. “Il vantaggio di lavorare così è che posso farlo in qualsiasi posto. Mi serve solo internet e un computer. Quest’estate sono stata due settimane in Puglia senza dover prendere vacanze. Ma dall’altro lato, senza orari fissi, pensi sempre ‘Oddio devo lavorare’. Devi essere sempre reperibile per il tuo capo. Ma almeno posso lavorare accanto al mio gatto… un ambiente perfetto”, scherza infine. S. C.

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Il lavoro agile

INCREMENTO Le piattaforme Tv streaming hanno aumentato gli accessi del 30% durante la quarantena

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Io, profesoressa senza gli occhi che si incrociano

Lezioni a distanza: computer invece della cattedra e della lavagna: i nuovi strumenti degli insegnanti al tempo del Covid-19

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GOOGLE TEAMS E’ la piattaforma più utilizzata dai docenti: documenti, voti e videoconferenze sono gli strumenti disponibili

La giornata inizia come sempre. Sveglia più o meno all’alba, colazione, ripasso veloce della lezione e poi la corsa... ma non più verso la stazione, per prendere un treno. Verso lo studiolo, dove la attende un pc davanti al quale terrà la sua lezione. È così che è cambiata, nelle ultime due settimane, la vita professionale di Federica, docente di italiano e storia in un professionale di Pavia che a causa dell’emergenza Covid-19, dalla mattina alla sera si è trovata, invece che dietro una cattedra, davanti a un pc, nel tentativo di offrire

una didattica a distanza. Una gestione non di poco conto, se si parte dal presupposto che ogni istituto lascia al singolo docente la scelta della piattaforma sulla quale tenere la propria lezione. “Inizialmente abbiamo cercato di usare le aule virtuali perché consigliateci dall’istituto – spiega la professoressa – ma subito abbiamo dovuto muoverci diversamente perché il sovraccarico di connessioni mandava in tilt il sistema”. E allora ecco che le lezioni si fanno su Skype, su Zoom oppure su Google Meet o Teams. Scelta la piattaforma, inizia la vera “corsa ad

In emergenza

Alla scoperta dello Smart working, la nuova frontiera

L’emergenza sanitaria di questi giorni causata dal propagarsi del contagio da Covid-19, ha spinto parecchie aziende a invitare i propri dipendenti a lavorare da casa; una nuova frontiera del lavoro che, tuttavia, era stata già adottata da qualche anno in alcune aziende. Come in quella di Vito Domenico Gravela presidente della società informatica “Latraccia” con sede a Matera: “I nostri dipendenti lavorano da casa senza la necessità di doversi recare in ufficio – spiega Gravela – abbiamo un software che lavorava sulla rete privata, e dunque ognuno con le proprie credenziali può tranquillamente svolgere il proprio lavoro senza muoversi dalla sua abitazione”. In caso di riunioni, si ricorre a piattaforme più o meno professionali, simili a Skype e in grado di mettere in comunicazione anche in video i partecipanti. Una di queste è Google Meet che funziona in due modalità: organizzatore e partecipante. Nel primo caso, è necessario avere un account Google Suite che permette di estendere l’invito fino a 25 partecipanti; in modalità partecipante, invece, basterà cliccare sul link inviato o accedere all’app sul cellulare, e inserire il codice di riunione. Sviluppato direttamente per le università e le scuole, Google Classroom: attraverso l’uso di Google Drive, Google Documenti, Gmail e Google Calendar gli studenti possono essere invitati a prender parte alle classi attraverso il database dell'istituzione, oppure tramite un codice privato o essere automaticamente importati da un dominio scolastico. Zoom, invece, è una piattaforma di video conferenza e webinar gratuita dedicata al mondo dei professionisti e gratuita nella sua versione basica. 1-15 marzo 2020


a nz ge er em L’ TECNOLOGIA Gli strumenti ormai ad uso quotidiano consentono di ovviare al problema di essere costretti a stare a casa

ostacoli”. Perché prima il docente deve scrivere sull’agenda del suo registro elettronico, orario e giorno della lezione unitamente al link della piattaforma. In questo modo gli studenti possono connettersi. Mentre nella sezione “didattica” vengono caricati materiali come video, schede riassuntive e libri che saranno usati. Terminata la fase preliminare, subentra quella più ostica: la lezione. Superato il limite della mancanza di interazione, il problema principale è la linea che salta. “Alcune piattaforme, raggiunto un certo limite di connessione, non per-

mettono ad altri utenti di connettersi. E quindi talvolta alcuni studenti, perdono la lezione” spiega Federica. Un questito riguarda le assenze, ancora non affrontato dagli istituti. “Segniamo le presenze ma è tutto in divenire, perché il registro elettronico è in modalità sospensione”. È indubbio che ai ragazzi questo nuovo modo di fare lezione piaccia: per la prima volta è la scuola che si avvicina a loro, usando degli strumenti che loro maneggiano ogni giorno. Ma si può considerare davvero didattica? Simona Latorrata

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Analisi

Arriva la Didattica 2.0, ma ci sono i pro e i contro

Un vecchio adagio sosteneva che non tutti i mali vengono per nuocere; lo stesso concetto vale per l’insegnamento a distanza, che da un lato entusiasma gli studenti e dall’altro terrorizza i docenti che per la prima volta si trovano a dover utilizzare uno strumento “non tradizionale”. Ecco alcuni lati positivi: - Recupero lezioni: tutto è caricato sulle piattaforme, in qualsiasi momento lo studente può riascoltare o riprendere il materiale; - Tracciabilità: volenti o nolenti, gli insegnanti devono fare lezione e per farlo devono darne prova, caricando il materiale; - Chiarezza dei materiali: non avendo il supporto del docente, tutto il materiale a disposizione degli alunni è redatto in maniera più semplice.

Contro: - Mancanza di interazione: tra alunni e docenti non c’è uno scambio, quanto piuttosto un recepire in maniera passiva le nozioni; - Interrogazioni: non potendole fare in maniera classica, si adottano dei percorsi multidisciplinari che però non permettono una verifica approfondita delle conoscenze dello studente; - Diminuzione della ore di insegnamento: non tutte le ore possono essere effettuate in remoto, con la conseguenza che una parte del programma viene sacrificato; - Carenza di attenzione: davanti un pc, basta lasciare la webcam accesa e poi ci si può dedicare ad altro che non sia la lezione, senza che il docente se ne avveda. 1-15 marzo 2020


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Quanto è spettrale Bari ai tempi del Coronavirus

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La re tĂ al

STRADE VUOTE Alcune foto di Bari scattate nel week end del 14 e 15 marzo in piena emergenza Coronavirus

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“A me non capiterà” Il Covid-19 e gli invulnerabili Le storie di giovani migrati al Nord con il sogno di una vita migliore. Ma ora tutta l’Italia si può dire ormai “blindata”

14 MILANO CENTRALE Gente in fuga verso il Sud la notte del 7 marzo scorso per timore di contrarre il virus

“Parlo ma non voglio fare video o foto, per favore. Che già mi trattano come un appestato. Io sto bene”. S ono le parole di Francesco (nome di fantasia) che sabato 7 marzo in fretta e furia ha deciso di lasciare Milano e tornare in Puglia. Lui vive nella provincia di Bari ma da qualche giorno il desiderio di rivedere la fidanzata che studia in Lombardia è stato più forte dell’emergenza che stava crescendo. Così ha preso il treno e l’ha raggiunta. Ma in serata la notizia – non ancora ufficiale - che

la Regione avrebbe potuto “chiudere” i confini ha innescato, nel giro di poche ore, la corsa a lasciare la zona arancione. Forse, anche senza quella fuga di notizie, le cose non sarebbero andate in modo diverso. Tuttavia Francesco ha deciso di tornare con il primo Intercity su cui, non senza fatica, ha trovato un posto. “Non ce l’ho fatta, ho avuto paura. I miei genitori mi avevano detto di restare a casa; non credevo che la situazione fosse così grave”. Domenica mattina Francesco era già

L’agenda politica

Rinviato il referendum per il taglio dei parlamentari

L’emergenza Coronavirus ha stravolto anche l’agenda politica: rinviati in autunno il referendum sul taglio dei parlamentari, in programma il 29 marzo, le amministrative e le Regionali previste in primavera. Le Regioni attese al voto oltre la Puglia sono sei: Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Valle D'Aosta. A fine mese gli italiani sarebbero stati chiamati alle urne per decidere se ridurre a 400 i deputati e a 200 i senatori (ora alla Camera sono 630 e al Senato 315), diminuendo così di un terzo il totale dei parlamentari. Ora il governo ha tempo fino al 23 marzo per fissare una nuova data. Tra le ipotesi al vaglio c’era quella di accorpare il referendum in un unico “election day” (17 maggio la prima tornata o 31 maggio per l’eventuale ballottaggio). Per ora le uniche certezze per Puglia sono la ricandidatura dell’attuale governatore Michele Emiliano, vincitore (con il 70%) delle primarie del centrosinistra che si sono svolte a gennaio, e quella della pentastellata Antonella Laricchia, la più votata dagli iscritti della piattaforma Rousseau. Non ha sciolto ancora la riserva il centrodestra: per Fratelli d’Italia il candidato in pectore è da qualche mese l’ex governatore Raffaele Fitto. Scelta che non convince gli alleati leghisti. Da tempo si parla di Nuccio Altieri al posto di Fitto, ma non c’è ancora nessuna conferma. A. P.

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L’ordinanza

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Isolamento certo per chi torna

“Vi parlo come se foste i miei figli, i miei fratelli, i miei nipoti. Fermatevi e tornate indietro (…) Non portate nella vostra Puglia l’epidemia lombarda, veneta ed emiliana, scappando per prevenire l’entrata in vigore del decreto legge del governo”. È l’appello su facebook del governatore della Puglia, Michele Emiliano che alle 2.31 della notte tra sabato 7 e domenica 8 marzo, ha firmato l’ordinanza che impone a chi rientra dalla Lombardia e altre 14 province della zona arancione di comunicare al proprio medico di essere rientrati e di restare in isolamento fiduciario per 14 giorni. Non solo: l’ordinanza impone il divieto di spostarsi, di rimanere raggiungibili e di avvertire il medico in caso di comparsa di sintomi. Chi non la rispetta vìola l’articolo 650 del codice penale che prevede il carcere fino a tre mesi e un’ammenda fino a 206 euro. Sabato 14 Emiliano ha firmato un’altra ordinanza che estende l’obbligo a chiunque arrivi dall’Italia o da altre parti del mondo.

nella sua terra e, dopo aver comunicato al medico di essere rientrato, si è messo in quarantena. Mentre la fidanzata è rimasta a Milano, la città in cui ha scelto di inseguire il sogno di una vita e di un futuro lavorativo migliori. Ciò che è accaduto nel Paese quella notte è già storia: l’assalto alla stazione di Milano centrale, i tanti che hanno scelto di tornare in auto perché “in autostrada i controlli erano di meno”. Nel frattempo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in una conferenza stampa semideserta (ma sulla sua pagina facebook erano connessi in migliaia) dopo aver denunciato l’inaccettabilità della fuga di notizie, ha dichiarato di aver firmato il decreto che “blinda” la Lombardia e altre 14 province, cioè le zone di maggior contagio. Da qui l’appello del governatore della Puglia, Michele Emiliano, che alle 2.31 della stessa notte ha firmato un’ordinanza con tanto di appello su facebook a non tornare per non portare il virus in Puglia (vedi box). Ventiquattro ore dopo tutta l’Italia è stata definita fragile e a rischio, quindi il capo del Governo Conte ha invitato tutti gli italiani a restare a casa (decreto “Io resto a casa” ndr). E a casa era finito già da qualche giorno, Gabriele (altro nome di fantasia), migrato da Bari a Venezia per inseguire il suo progetto di vita: fare il medico. Nel suo ospedale erano stati registrati alcuni casi di persone

positive al Covid-19. Da qui la decisione di chiudere alcuni reparti per la sanificazione e di mandare in quarantena (per 14 giorni) i medici e gli infermieri che avevano avuto contatti con i pazienti risultati positivi. Fino a qualche mese fa, Gabriele non avrebbe mai pensato che vincere quel concorso e lasciare il Sud e la famiglia avrebbe potuto significare anche questo. “Ero abituato a tornare spesso a casa, ma da quando è scoppiata l’emergenza ho preferito restare a Venezia e non mettere a rischio i familiari”. Tuttavia l’epidemia, ora diventata pandemia, ha richiamato il personale nelle corsie, anche in quella in cui lavora Gabriele. Per questo, nei giorni scorsi, è stata accolta dal governo la proposta del presidente del Veneto, Luca Zaia, di modificare il decreto e di far rientrare il personale non positivo al Coronavirus (cosa che sta avvenendo con monitoraggio periodico tramite tamponi ndr). E mentre alcuni medici e infermieri sono in attesa di sapere se sono positivi prima di tornare eventualmente a lavorare, altre persone sono a casa. Forse questo tempo servirà anche per fare i conti con la pretesta di invulnerabilità che a volte ci fa sentire onnipotenti e dire: “A me non capiterà mai”. Alzi la mano, o si tolga la mascherina, chi non lo ha mai pensato. Anche solo per esorcizzare la paura. Anna Piscopo

15 L’ATTESA Medici ed infermieri negativi al tampone devono tornare in corsia per fronteggiare il virus

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Turismo in bilico Covid-19 batte agenzie di viaggi0 L’Italia si ferma: annulla voli e prenotazione da e per molti Paesi che blindano i propri confini. In ginocchio l’attività

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PANDEMIC BOMB “Assicurazione al contrario” per un valore di 320 milioni di dollari che interviene in caso di disastri sanitari

Il Coronavirus non ha confini, viaggia da un Continente all’altro senza passaporto né autorizzazione, visitando i posti più remoti del pianeta (ad eccezione, per il momento, dell’Antartide). Ribattezzato “pandemia” dall’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità), il virus è un pericoloso “turista” mondiale “contro il quale la maggioranza degli uomini non ha difese immunitarie”, ha affermato il direttore generale dell’Organizzazione, Tedros Adhanom Ghebreyesus. L’Italia è blindata e, con lei, anche il turismo.

Le norme

Ce l’hai l’autocertificazione?

Per muoversi da città in città o semplicemente tra le mura del proprio Comune, è necessario munirsi del modello di autocertificazione, scaricabile dal sito ufficiale del Ministero dell’Interno. Chi intende usufruirne dovrà indicare il proprio “nome, cognome, indirizzo e telefono e dichiarare, sotto la propria responsabilità, di essere a conoscenza delle misure di contenimento del contagio contenute nel decreto del presidente del Consiglio concernenti lo spostamento delle persone fisiche all'interno di tutto il territorio nazionale, nonché delle sanzioni previste in caso di inottemperanza”. Nel documento dovranno essere elencate le motivazioni dello spostamento, valide solo se aderiscono a una di queste esigenze: lavoro, situazioni di necessità, motivi di salute e rientro presso il proprio domicilio di residenza. Nel caso in cui l’agente di polizia, durante il controllo, non riterrà opportune le motivazioni, il cittadino rischia l’arresto fino a tre mesi e una denuncia per reati dolosi contro la salute pubblica. 1-15 marzo 2020

Ad accusare maggiormente il colpo dell’emergenza Covid-19 sono, infatti, le agenzie di viaggio: “La situazione è drammatica: nelle ultime due settimane abbiamo fatto soprattutto annullamenti”, ha detto Simone Schena, titolare-socio dell’agenzia “Giramondo” di Bari. Città solitamente affollate come Roma, Venezia, Milano e Bari, adesso si presentano deserte e silenziose. Scene pressocché apocalittiche, frutto del rispetto del decreto firmato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, emanato per contenere la diffusione dell’infezione sul nostro territorio. Nella prima metà del mese di marzo le cancellazioni dei viaggi hanno raggiunto il 90%, scatenando una reazione a catena di crisi, considerato che il turismo (parlano i numeri) è uno dei cardini dell’economia del nostro Paese: rappresenta il 13% del Pil nazionale. Così, in seguito alla maxi protesta degli operatori il 2 marzo, il Consiglio dei ministri ha approvato (con assenso della Fiavet, la federazione italiana associazioni imprese viaggi) un “decreto salva-turismo”, che prevede: la sospensione dei contributi per le imprese turistiche con domicilio fiscale fino al 30 aprile; la cassa integrazione per un periodo massimo di un mese e le emissioni di “voucher” per rimborsi di viaggi (tra cui quelli organizzati dagli istituti scolastici). Il testo, quindi, prevede la possibilità di dare alle scuole un coupon della validità di un


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anno, senza dover rimborsare le quote versate. Inoltre, in caso di annullamento, le agenzie possono a loro volta chiedere il rimborso dei voli alle compagnie aeree. Ma la realtà è che finora nessuna compagnia ha rimborsato i biglietti già pagati, anzi molte hanno comunicato che per la cancellazione dei voli non è previsto alcun indennizzo. Il problema principale, quindi, resta la liquidità. L’emissione del decreto ha scatenato la reazione del presidente del Codacons (coordinamento delle associazioni per la tutela dei consumatori), Carlo Rienzi, che ha scritto in

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un comunicato: “Consentire a operatori, compagnie aeree, agenzie di viaggi e tour operator di emettere voucher a titolo di rimborso senza prevedere un preciso obbligo alla restituzione del denaro, equivale ad una beffa per migliaia di consumatori, e di fatto cancella i diritti degli utenti previsti dalle leggi vigenti. Buoni e pacchetti sostitutivi possono andare bene solo nei casi in cui i viaggiatori accettino tali opzioni come forma di rimborso; in tutti gli altri casi si deve necessariamente procedere alla restituzione di quanto pagato”. Maricla Pastore

PANDEMIA L’OMS non usava questa denominazione dal 2009 a seguito del virus H1N1 detto anche “suina”

La tecnologia come strumento anti-ansia

Il Coronavirus ha cambiato le nostre abitudini, ci ha “costretti” in casa, creando innumerevoli disagi in svariati settori: dall’istruzione, al lavoro, allo sport. Ma ci ha anche messi difronte ad una realtà che iniziavamo a dare per scontata: l’importanza della tecnologia. Senza andare tanto lontano, grazie agli smartphone (chi non ne ha almeno due per nucleo familiare?) abbiamo la possibilità di restare in contatto con i nostri amici e parenti per ridurre il senso di solitudine, che potrebbe scaturire in situazioni come questa, di “quarantena imposta”. Videochiamate, messaggi, note audio. Smart-working, mail di lavoro, post divertenti sui social... Netflix! Non ci sono scuse. Nessuno, grazie alla tecnologia, può cadere nel baratro della noia. Infatti, nel corso di un tavolo tecnico sulla sicurezza, l’Enpap, l’ente nazionale di previdenza ed assistenza degli psicologi, ha affermato che “le tecnologie possono aiutarci a ridurre il senso di ansia e angoscia”. Per Gfk, una società di analisi del mercato, l’andamento del settore tecnologico nella settimana compresa dal 24 febbraio al primo marzo, ha registrato una flessione dell’1,9%, rispetto alla media delle quattro settimane precedenti. Tra i prodotti che hanno registrato i dati più positivi: i televisori con un +7,5, gli smartphone con +13,3% e i PC portatili con un +5,8%. Anche gli acquisti online sembrano essere stati presi di mira. Per evitare uscite non necessarie e luoghi affollati, i servizi di spesa a domicilio si stanno rivelando preziosi alleati, specie per le persone più anziane. Alcuni siti sono stati presi d’assalto, tanto da rischiare di andare in “tilt”. Tra questi “Esselunga”, una delle prime catene ad aver reso gratuita la consegna agli over 65. 1-15 marzo 2020

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A colpi di pizza tra Italia e resto del mondo

Una serie di pregiudizi contro il nostro Paese. Ma c’è anche una discriminazione del nostro Nord contro il Mezzogiorno

“Et voilà, ecco la pizza Corona”. Il video satirico di Groland Le Zapoï, programma tv satirico in onda sulla pay tv francese Canal+ a inizio marzo, in cui un pizzaiolo trasandato “tossisce” su una pizza appena sfornata, ha creato le polemiche più rumorose. Ma sono stati numerosi, nelle ultime settimane, i veri casi di discriminazione nei confronti di italiani all’estero, accusati di essere gli “untori” del nuovo coronavirus. E dopo la Cina, il Paese visto con sospetto nel mondo, a causa dell’esplosione dell’epidemia di Covid-19, è diventato l’Italia. Chiariamoci, il video, anche se di pessimo gusto e disgustoso, era satirico: non era né una fake news (non dava alcuna notizia) né screditava l’arte della pizza (non era mica un documentario). Insomma, bene ha fatto chi ha risposto “pan per focaccia”, con la “pizza Notre Dame”, ovviamente bruciata. Tuttavia, la satira, nel bene e nel male, inquadra quello che è il sentimento comune, esagerando uno stereotipo. In India, dopo che 16 turisti italiani provenienti dal Lodigiano sono risultati positivi al Coronavirus, molti nostri connazionali hanno raccontato alla stampa di essere stati trattati come appestati, respinti da ristoranti e alberghi. E in caso di accoglienza positiva, venivano accomodati in sale a parte con il divieto, negli hotel, di andare oltre le proprie camere e dirigersi alla hall. Alle Mauritius, isola dell’Oceano Indiano al

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largo del Madagascar, il 24 febbraio gli italiani non sono stati neanche fatti scendere dall’aereo. Quaranta persone, per lo più venete e lombarde, che erano a bordo di un volo Alitalia proveniente da Roma, sono state bloccate a Port Louis, la capitale, e messe di fronte a una scelta: scendere dall’areo e rimanere due settimane in quarantena o tornare a casa. Tutti hanno scelto di tornare, mentre gli altri 212 passeggeri dell’aereo, di svariate nazionalità, sono scesi in tranquillità. Anche senza andare troppo lontano, molti hanno raccontato di aver subito trattamenti simili anche in Europa, nel Regno Unito, in Slovenia, Spagna e Austria, dove erano stati bloccati i treni in arrivo sul Brennero (e poi fatti ripartire). Al di là delle limitazioni dei viaggi, più che legittime per evitare che l’epidemia si diffonda, molti hanno denunciato di essere stati discriminati come se gli italiani fossero gli unici a trasmettere il virus, soprattutto nei piccoli gesti, come ad esempio l’indossare la mascherina solo dopo aver sentito la frase “siamo italiani”, al confine austriaco. È stato una sorta di contrappasso, visto che, prima dell’arrivo del virus, proprio in Italia c’erano stati numerosi episodi di razzismo contro i cinesi, accusati a loro volta di aver trasmesso il virus. Il caso più eclatante è stato quello del presidente della


Il nostro esempio è stato inutile

Regione Veneto, Luca Zaia. Il 28 febbraio, negli studi della Tv locale Antenna Tre, aveva detto che i cinesi mangiano topi vivi e “li abbiamo visti tutti”, per poi scusarsi – più o meno – in un’intervista al <Corriere della Sera> con il classico “sono stato frainteso” e “mi scuso, se qualcuno si sente offeso” (come se avesse avuto il dubbio che qualcuno potesse averlo preso come un complimento). All’estero, contro gli italiani, nessuno è mai arrivato a tanto, escluso il sopracitato video francese, pur sempre satirico. Non sorprende poi che anche chi ha deciso di rientrare al Sud, dalle Regioni più colpite del Nord, sia stato ostracizzato. Grande responsabilità, in tutto questo, deriva anche dal modo in cui l’epidemia è stata comunicata da certi media. Come ad esempio il quotidiano <Libero>, che, dopo giorni di titoli offensivi verso la Cina, prima teorizza un ipotetico “desiderio di vendetta nei confronti dei settentrionali” al Sud, e poi esulta quando si registrano i primi positivi meridionali. Sembra funzioni così ai cosiddetti tempi del Coronavirus, razzismo in risposta ad altro razzismo, ma guai a toccare la pizza, simbolo di un’Italia che dovrà in qualche modo essere unita per fronteggiare l’emergenza.

Luigi Bussu

Mentre in Italia i casi continuano ad aumentare e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la pandemia, all’estero stanno iniziando solo ora a rendersi un po’ conto della gravità della situazione. Negli Usa, c’è più di un problema con i tamponi: costano troppo (tra i 1.000 e i 4.000 dollari) e il sistema sanitario privato costringe molte persone a rinunciare all’assistenza medica, perché non possono permettersela. Secondo la rivista <The Atlantic>, il 9 marzo in tutti gli Stati Uniti solo 4.834 persone erano state sottoposte a test per rilevare il Coronavirus, mentre allo stesso punto dell’epidemia in Korea del Sud venivano fatti 15mila controlli al giorno. Nel Paese, per poter solo chiedere di fare il test, si deve essere stati in Cina e costretti al ricovero, e molti medici non possono, dunque, farlo sui propri pazienti chiaramente malati. Il presidente Trump, dopo aver a lungo minimizzato, ha dichiarato l'emergenza nazionale e promesso aiuti economici, ma questo potrebbe non aiutare a risolvere il problema nel breve periodo, e dopo potrebbe essere troppo tardi. In Francia, durante un discorso alla Nazione il 12 sera, Macron ha annunciato la chiusura di asili, scuole e università dal 16 marzo. Ha poi raccomandato ad anziani e persone vulnerabili di rimanere a casa. Tuttavia, nonostante abbia definito l’epidemia come “la più grande crisi sanitaria dell’ultimo secolo”, il suo Paese pare destinato a seguire la via dell’Italia. In Germania ci sono stati solo 3 morti (a fronte di più di 2mila contagi), ma la cancelliera Angela Merkel, dopo un lungo silenzio a riguardo, ha affermato che “il 60-70% della popolazione si infetterà” e che bisogna ritardare il virus. C’è però un problema: la Germania è uno stato federale, e non solo ogni “Land” ma addirittura ogni quartiere può fare a modo suo senza possibilità per Berlino di imporre regole. Nel Regno Unito la questione viene ancora sottovalutata, tanto che la partita tra Liverpool e Atletico Madrid, degli ottavi di Champions League, è stata giocata a porte aperte. I casi sono circa 1200, ma anche qui l’escalation italiana non sembra aver insegnato niente.

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All’estero

I LEADER Negli Usa, per Trump è emergenza ma non aiuta la sanità. Macron ha adottato misure simili all’Italia

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La colonna infame ai tempi dei social untori e complotti

Osservare, paragonare, pensare, prima di parlare. Ma parlare, questa cosa così sola, è talmente più facile di tutte quell’altre insieme (A.Manzoni) 20

RIDURRE IL PICCO L’obiettivo delle misure di “isolamento”è di ottenere un picco di contagiati più basso a parità di contagi totali

Quattro secoli non hanno cambiato le reazioni umane alla paura. Alessandro Manzoni ha dedicato due capitoli dei “Promessi sposi” alla peste che colpì l’Italia settentrionale facendo, secondo le stime, 1,1 milioni di morti tra il 1630 e il 1631. Il mondo oggi è ben diverso, ma l’animo umano, in fondo, è sempre lo stesso. “La collera aspira a punire…le piace più d’attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscerli da una causa, con la quale non ci sia altro da fare che ras-

Pazienti uguali

Rianimatori: evitiamo la scelta

La Società italiana dei rianimatori ha diffuso nei giorni scorsi un documento con le “raccomandazioni di etica clinica” per la gestione delle terapie intensive. La traduzione è comparsa sui media e sui social come “scelta tra chi vive e chi muore”, provocando reazioni sia nel mondo medico, sia in quello delle istituzioni. “Tutti i pazienti sono uguali, una vita è una vita” ha commentato Filippo Anelli, presidente nazionale degli Ordini dei medici, aggiungendo che la guida resta il Codice di deontologia, mentre il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha giudicato inaccettabile questo dilemma. Tanti, sui social, i commenti di sdegno. Purtroppo però situazioni di questo tipo rientrano nel “triage di guerra” e, in caso di risorse insufficienti, diventa una “scelta” della quale i clinici dovranno farsi carico. Per questo è indispensabile “stare a casa” nel tentativo di ridurre il numero di persone bisognose contemporaneamente di terapia intensiva. 1-15 marzo 2020

segnarsi”. Ed ecco allora comparire sui social, sin da fine gennaio, gli attacchi ai cinesi. I più “audaci”, contando su una folta platea di sostenitori, hanno portato l’odio anche nella vita reale, con insulti e, in qualche caso, anche aggressioni, perché erano loro i diversi, i nuovi untori. “I forestieri, sospetti per questo solo, venivano arrestati nelle strade dal popolo”. Per fortuna ci sono sempre menti illuminate che, consapevoli che è difficile trovare azioni umane senza uno scopo, hanno spiegato che in realtà il virus è stato costruito dall’uomo e l’epidemia è frutto di un complotto. Quattrocento anni fa si passava dall’ipotesi di una vendetta di Gonzalo Fernández de Córdoba (ex Governatore del Ducato di Milano) a quella di un espediente del cardinale Richelieu per “spopolare Milano e impadronirsene senza fatica”. Nell’era della globalizzazione si è passati da un virus sfuggito di mano ai militari cinesi (un mese fa erano comunque loro i colpevoli in un modo o nell’altro) a un elaborato complotto diffuso sui social che vedrebbe Francia e Stati Uniti colpire la Cina (oggi sono gli eroi che hanno sconfitto il virus), per ridurne lo strapotere economico, e l’Italia per aver siglato accordi con la potenza asiatica senza il benestare statunitense. “Non mancavan di quelli che non vedevano in quel fatto altro che uno sciocco scherzo, e l’attribuivano a scolari, a signori, a ufiziali


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“Hunters”

Sui social è già scattata la caccia

La prima ondata d’odio sui social ha avuto come bersaglio i cinesi, tutti, indistintamente. Sono stati offesi, maledetti, denigrati, prima “virtualmente”, poi anche nella vita reale, tanto da provocare panico nella comunità cinese in Italia. Con il tempo, col peggioramento della situazione a Wuhan e i primi casi italiani, gli “hunters” hanno pian piano cambiato obiettivo. C’erano ormai le quarantene, il vicino di casa da tenere d’occhio e via allora con le fake con tanto di nome e cognome. “Gira un audio in cui si dice che XXX di “XXX boutique” sia positiva al coronavirus per questo ha chiuso il negozio” o “non ci sogneremmo mai di mettere a repentaglio la vita di qualcuno, mi auguro che la finiate altrimenti mi vedrò costretto a sporgere denuncia”. Fino ad arrivare a filmare, da un balcone di fronte, una donna di Bari portata via con un’ambulanza “protetta”. che s’annoiassero all’assedio di Casale”. Ed ecco comparire su Facebook l’appello di Massimo Mallegni (Forza Italia) che invita gli italiani a evitare “di essere deficienti” e a comunicare “a tutti gli amici all’estero che siamo persone che non hanno la peste, ma che qualcuno ha preso l’influenza” concludendo con la raccomandazione di tornare a riempire autobus, treni e aerei. E di influenza parla dalla sua pagina Facebook anche Vittorio Sgarbi, accusando istituzioni e media di voler convincere i cittadini di essere di fronte a un emergenza che in realtà non c’è e, men-

“Le vite degli altri”

tre l’Organizzazione mondiale della sanità dichiara la pandemia, parla di azione criminale dello Stato in un’intervista a Radio radicale. “Si dicea dalla plebe, et ancora da molti medici partiali, non essere vera peste, perché tutti sarebbero morti”. La speranza è di non dover ricorrere alla soluzione adottata dal “tribunale della sanità”, che, per convincere tutti dell’emergenza, fece sfilare per le strade affollate i corpi nudi di un’intera famiglia affinché si potesse chiaramente vedere “il marchio manifesto della pestilenza”. Claudio Carbone

LA COLONNA INFAME ‘Il supplizio degli untori’ La stampa raffigura l’esecuzione di Gian Giacomo Mora accusato di essere un untore

Nessun invito alla delazione dalle autorità regionali

È partita la caccia alle streghe. La scintilla è stata la chiusura dei confini della Lombardia e di altre 14 province e la conseguente ordinanza del Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Il provvedimento obbliga tutti i cittadini rientrati da quelle zone dal 7 marzo a segnalare la propria presenza sul territorio regionale e a restare volontariamente a casa in isolamento per 14 giorni. L’annuncio di questa misura e le immagini delle stazioni prese d’assalto sono state più che sufficienti per scatenare sui social gli inviti a denunciare chiunque fosse arrivato in Puglia dalla zona “chiusa”. Nessun invito alla delazione, invece, è stato diffuso né dal governo pugliese, né dalle autorità sanitarie regionali. I post riportavano anche i numeri verdi da chiamare (uno è in realtà quello per le autosegnalazioni, l’altro per la richiesta di informazioni sul coronavirus), delineando uno scenario molto simile a quello della Germania Est nella quale la Stasi (Ministero per la Sicurezza di Stato) controllava i comportamenti politicamente scorretti di un enorme numero di cittadini. Questa “polizia segreta” si reggeva sulla delazione di massa potendo contare, oltre che su 90-100mila dipendenti, su circa 180mila “informatori non ufficiali”, utilizzando quindi informazioni fornite da persone spesso vicine agli indagati, in un costante clima di sospetto (il rapporto era di un “agente” ogni 63 persone). Torna in mente, per esempio, il film “Le vite degli altri” nel quale l’indagato non viene denunciato dall’agente che lo sta spiando ma dalla sua compagna. 1-15 marzo 2020

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Gioca col virus il pallone che non ci guadagna Il calcio ha minimizzato sul pericolo contagio. Rugani della Juventus e Gabbiadini della Samp i primi casi in serie A

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RUGANI E GABBIADINI Sono i primi calciatori di serie A positivi al Coronavirus. Intanto tutto lo sport si è di fatto fermato

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Mettiamola così: i vertici del calcio italiano hanno sottovalutato l’avversario. Il Coronavirus bisognava lasciarlo in panchina fin dal primissimo minuto. Logica questa che appare tanto più stringente in un momento in cui vengono registrati i primi casi di contagio in serie A: Daniele Rugani della Juventus e Manolo Gabbiadini della Sampdoria. Va da sé, che le due squadre sono ora in quarantena insieme alle formazioni avversarie affrontate nell’ultimo turno di campionato (Inter e Verona). L’Uefa ha fatto di peggio,

rifiutandosi di accettare la realtà, negando di fatto l’evidenza. Anzi, la massima istituzione del calcio europeo ha continuato a far disputare le partite, anche se a porte chiuse, fino all’ultimo turno di Champions League, mercoledì scorso, giorno in cui L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficializzato la pandemia del Covid-19. Si è persino giocato il giorno dopo, l’andata degli ottavi di finale di Europa League, ad eccezione di Siviglia-Roma e Inter-Getafe. In un secondo momento, l’Uefa ha sospeso le coppe europee per club, mentre ha rinviato ogni decisione sull’Europeo di calcio (destino beffardo anche in questo caso, perché doveva essere itinerante), al 17 marzo. L’assurdo è che la riunione si svolgerà a distanza, in videoconferenza, segno che i vertici dell’istituzione non vogliono correre gli stessi rischi che hanno scaricato sugli altri. “Il denaro è re” ha dichiarato il campione del mondo di Formula Uno, Lewis Hamilton, scioccato che la classe regina dei motori non abbia rinunciato a portare tutti in Australia, prima di fare marcia indietro (annullato il Gran Premio di Melbourne) a seguito della positività al Covid-19 di un componente del team McLaren. “Il denaro è re”, è la logica che ha dato il là allo squallido balletto messo in piedi dai vertici dello sport e del calcio italiano, prima di ammainare bandiera bianca il 9 marzo scorso. Il si gioca, non si gioca, si gioca solo a condizione


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che... è durato 18 giorni: da Brescia-Napoli del 21 febbraio, partita disputata con la presenza di tifosi sugli spalti e distante una manciata di chilometri dai primi casi di infezione registrati nel Lodigiano, al 9 marzo appunto, data dello stop forzato delle manifestazioni sportive in Italia, stabilito prima dal Coni e poi dal decreto del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Diciotto giorni in cui l’argomento principale era paradossalmente cosa farne del derby d’Italia tra Juventus e Inter. Il rinvio della partita ha scatenato una sequela infinita di polemiche, dal presidente dell’Inter che sui social ha definito Paolo Dal Pino, numero uno della Lega serie A, “il più grande pagliaccio che abbia mai visto”, all’amministratore delegato nerazzurro Beppe Marotta che ha parlato di campionato falsato. “Benvenuti nella realtà” la replica del giornalista Mario Sconcerti, che, fuori dal coro, è stato tra i primi a mantenere un minimo di lucidità nel caos: “Cosa c’è di non falsato nella nostra vita da dieci giorni a questa parte? Si chiudono perfino le chiese. Siamo seri”. Un barlume di razionalità nel buio più delirante, almeno fino alla settimana della partita. Juventus-Inter alla fine si è giocata, seguendo la logica del “re denaro” e del “panem et circenses”. L’Assocalciatori, attraverso il proprio presidente Damiano Tommasi, ha fatto appello fino alla

fine affinché il calcio professionistico si fermasse prima del week-end dell’8 marzo. Appello rilanciato dello stesso Sconcerti: “È una necessità che il calcio si fermi, per il momento. Il calcio non è la distrazione degli imbecilli. I giocatori non vogliono più giocare. Mi sembra che gli si chieda, come ai gladiatori, di far divertire fino alla morte”. Sono bastate 24 ore per capire che avevano ragione loro. Anche l’Uefa dovrà rendersene conto il prima possibile, si spera.

PORTE CHIUSE Gli stadi di tutta Europa attualmente chiusi: in qualche caso si è comunque giocato ma senza spettatori

Michele Mitarotondo

LeBron James

“Senza i tifosi, io non gioco”

“Se non ci sono i tifosi, io non gioco”. È quanto dichiarato dalla stella dell’NBA e dei Los Angels Lakers, LeBron James, sabato sera dopo la vittoria sui Milwaukee Bucks. “Ci devono essere i tifosi sugli spalti ha proseguito -. Io gioco per loro e per i miei compagni, è per questo che esiste lo sport”. Il Coronavirus, però, ha avuto la meglio su uno degli sport più popolari d’Oltreoceano, che muove un giro d’affari di oltre 7 miliardi di dollari (Fonte: Il Sole 24 ore). E così, parallelamente al blocco di buona parte del calcio europeo e della Formula Uno, anche il basket statunitense ha dichiarato resa, dopo il primo caso di contagio di un giocatore degli Utah Jazz, Rudy Gobert. Lo stesso Gobert aveva scherzato pochi giorni prima sul virus in conferenza stampa davanti ai giornalisti. M. M. 1-15 marzo 2020

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