La Grande Guerra in Valle di Fiemme

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La Grande Guerra in Val di Fiemme Valorizzazione storica, culturale e turistica delle testimonianze della Grande Guerra in vista del Centenario 1914-2014

Progetto preliminare Redatto dal Rag. Luca De Marco e dal Dott.Fulvio Vanzo coordinato dalla Dott.ssa Silvia Delugan con la collaborazione del Signor Ermanno Deflorian, del Signor Gianpietro De Zolt, del Signor Carlo Zorzi e di tutti i membri della Commissione Cultura della ComunitĂ territoriale della Val di Fiemme


GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO Il presente lavoro si configura come un progetto ambizioso perché richiede in tutte le sue fasi, dall’ideazione all’esecuzione e allo sviluppo, la collaborazione non solo della scrivente Comunità territoriale della Val di Fiemme, auspicabilmente in sincronia con le vicine Comunità di Fassa e di Primiero, per altro partner del progetto “Rete Dolomitica”, ma anche delle diverse amministrazioni comunali, nonché delle numerose associazioni e dei collezionisti privati attestati sul territorio. Analizzando le varie fasi progettuali, è possibile affermare fin da ora che, indubbiamente, uno dei punti deboli è rappresentato dalla fase esecutiva in quanto non tutti gli anelli individuati sono immediatamente fruibili in sicurezza: alcuni, infatti, hanno bisogno di essere risanati e costantemente manutentati per essere utilizzati dai visitatori. Riguardo agli obiettivi del progetto, la prima priorità sarà la creazione di percorsi storicoescursionistici, di vario grado di difficoltà e debitamente segnalati oltre che illustrati con specifica cartellonistica, all’interno del territorio della Comunità Territoriale della Val di Fiemme, in particolare nelle zone che videro gli eserciti belligeranti, austro-ungarico e italiano, confrontarsi per oltre due anni. A questo proposito è però opportuno precisare che il termine territorio deve essere inteso in senso lato e quindi comprendere sia gli ambienti di media/alta montagna che il fondovalle, in particolare i paesi di Predazzo e Ziano di Fiemme, che furono località di retrovia e di supporto logistico per le truppe al fronte. Della tragica e straordinaria esperienza della guerra, il nostro territorio raccoglie numerose vestigia, dal momento che le cime del Lagorai furono uno dei più significativi scacchieri della Grande Guerra: trincee, fortilizi, torrette di osservazione, mulattiere, graffiti, gallerie, postazioni per mitragliatrici, come altre tipologie di documentazione d'epoca, rappresentano un patrimonio storico irrinunciabile, un grande museo naturale all'aperto in cui immergersi nella storia verrà naturale. Una simile idea progettuale nasce, infatti, anche dalla constatazione che gli itinerari lungo i sentieri della Grande Guerra, oltre alla possibilità di osservare siti storici di varia tipologia, offrirebbero anche una splendida occasione per abbracciare paesaggi mozzafiato e respirare a pieni polmoni l'aria pura e fresca dei nostri luoghi: in sostanza per ammirare un ambiente naturale unico per bellezza e integrità. All’interno di un simile progetto di valle, considerato il grande fascino che riveste per la storia legata agli scontri del 1915-1917, particolare attenzione verrà riservata alla catena del Lagorai, terra di confine tra il Regno d'Italia e l'Impero Asburgico, dove le truppe dei due eserciti furono impegnate nella dura conquista, passo dopo passo, di pochi metri di territorio, ma anche uno dei più aspri scenari della guerra, dove alla crudezza degli scontri si sommava l'asperità del territorio di montagna, ora, 2


invece, semplice scrigno di ampi e affascinanti panorami. A questo proposito, è infatti innegabile che la rivalutazione del patrimonio storico riconducibile alla Grande Guerra permetterebbe di riqualificare e promuovere questo territorio dalle enormi potenzialità, uno degli angoli più selvaggi e incontaminati dell'intero territorio provinciale, attributo che lo rende ancora più ricercato dal punto di vista naturalistico ed escursionistico, soprattutto in un'epoca come la nostra bisognosa di pace, a volte persino di solitudine e di silenzio. Da non dimenticare poi, che ancor’oggi la rete dei sentieri segnalati sfrutta, in molti casi, la viabilità militare dell’epoca, mulattiere e piste costruite dai soldati dei due eserciti, quando lungo il crinale passava il fronte italo-austriaco, fronte difeso a ogni valico e a ogni punta durante quel terribile conflitto che sembrava non terminare mai. Questo quindi è lo scenario naturale in cui si svolgono gli itinerari proposti, percorsi studiati per far convivere l’aspetto fisico e sportivo con quello naturale, storico e culturale, rivolgendosi a chi cammina per conoscere in profondità ciò che lo circonda. Al giorno d'oggi, il trekking è, infatti, un mezzo per ricreare lo spirito, ma anche una pratica culturale, un modo per conoscere: solo camminando dentro un territorio lo si può apprezzare e comprendere a fondo, soprattutto se attorno agli itinerari vengono sviluppate delle attività volte a favorire la scoperta del patrimonio naturale e culturale in condizioni di naturale tranquillità. Per permettere a chiunque abbia interesse di rielaborare un conflitto passato in chiave di amicizia e collaborazione tra popoli europei, di avvertire memorie talvolta dimenticate, di visionare dei siti militari particolari, gli itinerari sono stati studiati per tutti, nel senso che sono stati pensati per essere inizialmente una facile gita familiare e poi divenire, via via, escursioni più o meno lunghe e impegnative. Proprio per questo la predisposizione di simili percorsi sul territorio potrebbe effettivamente suscitare, a vario titolo, l'interesse di numerosi soggetti: sicuramente i turisti, attratti dalla possibilità di unire, salendo su montagne di impareggiabile bellezza, la visita culturale con la pratica sportiva, ma anche la comunità dei residenti, sia adulti che bambini, da tempo interessati tanto alla tutela del paesaggio naturale, quanto alla riscoperta della propria storia. Percorrendo i camminamenti dei due schieramenti, sarà infatti facile immaginare la quotidianità degli uomini coinvolti nel sanguinoso conflitto, cogliere l'incredibile vicinanza tra le due linee di difesa contrapposte proprio sulla cima, distanti soltanto poche centinaia di metri, in alcuni casi solo decine di metri, a volte persino sentire l’eco dei discorsi tra soldati, imprigionati nella dura vita di trincea, con il sottofondo costante dei colpi di mitragliatrice. Lassù, comunque, non si troveranno solo le impronte di soldati e ufficiali, dal momento che i sentieri erano percorsi anche da donne diventate eroine della storia: le cosiddette portatrici, che, mettendo a rischio continuamente la propria vita, tenevano i collegamenti con le trincee in prima linea, portando di nascosto, nelle 3


gerle, viveri e munizioni ai combattenti. In questo modo, suggestivi territori ed antiche emozioni potranno imprimersi indelebilmente nella memoria dei visitatori. Una seconda priorità, comunque attuabile dopo aver ristrutturato strutture significative di diversa tipologia ed aver predisposto adeguati percorsi sul territorio per renderle fruibili, sarà la pianificazione di una serie di attività complementari volte al recupero e alla valorizzazione di altri documenti, soprattutto cartacei e fotografici, per poter allestire un Museo della Grande Guerra, organizzare specifiche mostre sulla memoria dei conflitti e ipotizzare tutta una serie di altre variegate manifestazioni, aperte al pubblico, fondamentali per festeggiare degnamente il Centenario in questione. Dal momento che simili iniziative attualmente sono state ipotizzate solo in linea generale, e che l’individuazione degli interventi strutturali ritenuti prioritari risulta contestualmente più urgente, nel presente documento verrà prestata maggior attenzione alle ipotesi di recupero di una serie di manufatti bellici selezionati perché considerati tipologicamente esemplificativi, nonché distribuiti omogeneamente nel vasto territorio di pertinenza della

Comunità

territoriale

della

Val

di

Fiemme.

LA DESCRIZIONE DEL TERRITORIO E L’ANALISI DELLE RISORSE Al giorno d’oggi, la valle di Fiemme appare quasi come un mondo alpino a sé stante, una valle che negli anni è diventata una meta d'eccellenza nel panorama delle località montane valorizzando un insieme di risorse in grado di renderla unica nel mondo. Da un lato un ambiente naturale che non ha eguali, un paesaggio ricco di grandi contrasti dove alle pareti rosate delle Dolomiti, si contrappongono le rocce scure punteggiate da laghetti di origine glaciale della Catena del Lagorai, mentre più in basso si sviluppa una delle più rinomate e maestose foreste dell'arco alpino, dove crescono i celebri abeti di risonanza utilizzati per la fabbricazione degli strumenti musicali. Dall'altro una tradizione antica, caratterizzata da un forte senso di autonomia e desiderio di libertà, che ha trovato il suo compendio nell'istituzione millenaria della Magnifica Comunità di Fiemme e che nel corso dei secoli ha consentito di sviluppare consuetudini, usi e costumi particolari e caratteristici, che ancora oggi vengono rievocati e riproposti con affascinanti tradizioni folcloristiche. In un simile territorio, il turismo e le attività imprenditoriali ad esso connesse rappresentano una componente importante dell’economia, in un quadro complessivo articolato e bilanciato dalle attività commerciali, dall’artigianato e dall’agricoltura. Per quanto riguarda il turismo, da anni principale risorsa economica del territorio, l’offerta è particolarmente diversificata in 4


riferimento alle stagioni estiva ed invernale: se l’offerta invernale è un richiamo per gli amanti della neve, in grossa percentuale giovani, in contrapposizione l’offerta estiva richiama per la maggior parte amanti della natura, famiglie con bambini ed anziani. Volendo analizzare gli attuali trend del mercato, le recenti statistiche effettuate dall’Azienda di Promozione Turistica attestano che in valle è effettivamente emersa la volontà di investire per sviluppare un turismo diverso, soprattutto vista la necessità di conciliare lo sviluppo economico con la salvaguardia di un patrimonio unico, ma estremamente vulnerabile, qual è il territorio alpino. Questo per potersi rivolgere a persone più attente e sensibili verso i bisogni inespressi, quelli di camminare per conoscere il territorio, persone che quindi ricercano proposte in cui il consolidato aspetto ludico-ricreativo viene integrato da quello storico-culturale. In una prospettiva futura, considerato il carattere di assoluta novità per la valle, il progetto costituirebbe un passo importante verso la definizione di un ventaglio di offerte maggiormente differenziato, capace di stimolare la crescita nel territorio di forme innovative di imprenditorialità culturale ed economica, che traggano linfa dalla storia e dalla memoria collettiva, soprattutto tenendo presente che esso avrebbe anche lo scopo di incentivare nei residenti il senso di appartenenza ai luoghi e all'enorme patrimonio materiale e immateriale della propria valle. Dal punto di vista storico, il territorio in questione è, infatti, straordinariamente ricco di testimonianze belliche risalenti al primo conflitto mondiale, testimonianze che sono distribuite sia in alta quota che nel fondovalle. La maggior parte delle montagne, sul cui crinale passava la “linea di resistenza”, ovvero il confine oltre il quale entrambi gli eserciti non volevano arretrare, recano, indelebili, i segni dei terribili combattimenti che qui si svolsero dal 1915 al 1917. Sulla lunga e solitaria catena del Lagorai, che separa le due grandi vallate trentine della Val di Fiemme e della Valsugana, possiamo rinvenire manufatti bellici, ancora conservati, quali trincee, postazioni di artiglieria, mulattiere, manufatti che risultano, inoltre, immersi in una natura incontaminata fatta di laghi, cascate, alberi monumentali e aspre vette, regno dell’aquila e del camoscio. Sostanzialmente integre sono, inoltre, le fortificazioni ubicate a quote intermedie, nella zona del Parco Naturale di Paneveggio-Pale di San Martino, come il Forte Al Buso e il Forte Dossaccio; attualmente, quest’ultimo è interessato da lavori di consolidamento e ristrutturazione, con la messa in sicurezza di alcuni spazi all’interno della fortezza, al fine di renderla agibile al pubblico. Non va, inoltre, dimenticato che recentemente, da parte del Comune di Predazzo, incaricato di seguire anche i lavori del Forte Dossaccio, è stato presentato in PAT un progetto preliminare per i lavori di restauro dei Bunker situati nelle immediate vicinanze del forte stesso. 5


PREMESSA STORICA I percorsi storico-escursionistici, proposti nel presente documento, nascono al fine di preservare e (ri)portare a conoscenza della popolazione e degli ospiti della val di Fiemme, i luoghi e i manufatti che furono testimoni, per oltre due anni, delle vicende belliche che hanno contrapposto gli eserciti del Regno d’Italia e dell’Impero Austro-Ungarico. Nonostante possano apparire secondarie se lette nell’ottica di un conflitto di dimensioni continentali e globali, le vicende belliche che hanno coinvolto i monti e la Valle di Fiemme dal maggio del 1915 sino al novembre del 1917 hanno, invece, lasciato tracce indelebili non solo nella popolazione e nelle persone, provenienti da ogni parte dell’Impero Austro-Ungarico e da ogni regione del giovane Regno d’Italia, che si sono fronteggiate in questi luoghi, ma anche sul territorio stesso, dove sono anzi custodite in maniera eccellente ed evocano tuttora le emozioni di una fondamentale vicenda umana. La valle di Fiemme, all’alba del conflitto con il regno d’Italia, conviveva già da quasi un anno con le angosce della guerra, con i suoi giovani richiamati nell’armata imperiale e inviati sul fronte orientale o balcanico e con le prime ristrettezze economiche ed alimentari. Al pari delle altre valli periferiche del Tirolo, nel maggio del 1915 i suoi confini risultavano quasi sguarniti, pochissime truppe regolari li presidiavano e solo il variegato sistema di fortificazioni, tra cui l’antiquato sbarramento di Paneveggio, rappresentava un seppur lieve baluardo difensivo. Fu giocoforza necessario, per il Comando austro-ungarico, razionalizzare il fronte e abbandonare una parte del proprio territorio oggettivamente indifendibile (tra cui le valli del Primiero e del Vanoi, nonché parte della Valsugana), ritirandosi sulla catena del Lagorai, una naturale linea presidiabile persino con le poche truppe disponibili e con le formazioni di Standschützen tirolesi. La popolazione di Fiemme fu dunque fortunatamente risparmiata dalle deportazioni, ma convisse per 30 lunghi mesi coi pericoli della guerra. Già nel 1915, il timore di un’offensiva italiana, che sarebbe giunta solo un anno dopo, convinse il Comando imperial-regio non solo ad iniziare imponenti lavori di fortificazione sull’intera catena del Lagorai, ma anche ad abbozzare una linea di resistenza, a presidio del passo di San Lugano, che sbarrasse qualunque accesso verso la valle dell’Adige e quindi verso la ferrovia del Brennero. Dall’autunno del 1915, fino alla primavera del 1916, i maggiori sforzi bellici italiani, ancorché modesti, furono principalmente indirizzati verso il Lagorai occidentale, in particolare verso il valico del Manghen. Le truppe italiane, infatti, conquistarono il monte Setole e tentarono di conquistare monte Valpiana, determinando una forzosa vicinanza che si protrasse per tutto l’inverno; fu inoltre oggetto di contesa e di ripetuti passaggi di mano il Col 6


di San Giovanni, presso passo Cinque Croci, situato a metà strada tra il caposaldo austriaco di forcella Valsorda e quello italiano di forcella Magna. Tali vicende determinarono l’invio in zona di artiglierie e anche di piccoli nuclei di truppe scelte, nonché l’inizio dei lavori volti alla realizzazione della ferrovia di Fiemme. Sul resto del fronte fiemmese la situazione si mantenne relativamente tranquilla, contando, durante la prima estate, anche sui rinforzi germanici del Deustche Alpenkorps. Tale situazione si modificò in seguito all’Offensiva di Primavera (Strafexpedition), quando le truppe italiane furono costrette ad abbandonare gli avamposti protesi verso passo Manghen e a difendere strenuamente il massiccio di Cima d’Asta e la vicina Valsugana. Quando il Comando italiano vide che l’azione offensiva avversaria si stava esaurendo predispose un piano per la riconquista del territorio perduto sull’altipiano di Asiago, appoggiando quest’azione con una atta a distogliere le forze avversarie dal fronte principale, convogliandole a difesa della val Travignolo. La linea difensiva imperiale in val Travignolo partiva da cima Cavallazza, scendeva fino ai forti di Al Buso e Dossaccio, per poi risalire dal passo di Lusia fino a cima Bocche. Il progetto prevedeva una manovra a tenaglia, quindi con due direttive d’attacco. La prima, che dalla val Biois doveva tentare di abbattere le difese avversarie tra il monte Cavallazza e cima Bocche, la seconda che prevedeva l’attacco dalla val Cismon verso gli apprestamenti difensivi di passo e cima Colbricon, Cavallazza e forcella Ceremana. Per tale azione vennero messe a disposizione le brigate Tevere e Calabria, unità di fanteria poco adatte ad operare in alta montagna, nonché il Nucleo Ferrari, dal nome del generale comandante, unità appositamente creata per l’azione e composta da reggimenti di fanteria e di bersaglieri e da battaglioni alpini. Il 18 luglio 1916 iniziarono gli attacchi italiani verso cima Bocche, che si conclusero pochi giorni dopo senza raggiungere gli obiettivi preposti e al prezzo di gravi perdite. Diverso esito ebbe l’attacco verso Colbricon e Cavallazza, iniziato due giorni dopo e culminato con la conquista della vetta orientale del Colbricon; tuttavia, anche in questa zona, grazie all’arrivo degli attesi rinforzi in campo austro-ungarico, l’avanzata italiana venne arrestata nella foresta di Paneveggio e sulle pendici di Cima Stradon e delle Buse dell’Oro. Ciò nonostante, in val Travignolo i combattimenti infuriarono fino al sopraggiungere dell’inverno, al prezzo di terribili perdite umane per entrambi i contendenti e con la momentanea occupazione da parte italiana di alcune posizioni, come il famigerato osservatorio di Cima Bocche oppure la vetta occidentale del Colbricon, ma nel complesso senza mai determinare alcun significativo spostamento di fronte. 7


Nell’agosto, il comando della 4a Armata dispose il trasferimento del Nucleo Ferrari in Vanoi con l’incarico di predisporre una nuova fase offensiva, assaltando il tratto di fronte compreso tra forcella Coldosè e forcella Cece, con l’obiettivo di calare su Predazzo e aggirare così le difese imperial-regie in val Travignolo. Il piano del Comando italiano era tuttavia destinato a cozzare, prima ancora che contro le truppe avversarie, contro la natura stessa della catena del Lagorai, dove una muraglia invalicabile, costituita da cime alte più di 2.500 metri, si getta a strapiombo sulla sottostante Val Vanoi. Il 23 agosto iniziò dunque l’attacco che, preceduto da un violento fuoco d’artiglieria, si protrasse con ostinazione fino al 27 agosto. Solo pochi plotoni, talvolta costituiti da fanti privi di qualunque addestramento specifico alla guerra in alta montagna, superando con tenacia le enormi difficoltà del terreno e la strenua difesa austro-ungarica, riuscirono a raggiungere gli obiettivi assegnati occupando alcune importanti forcelle, ma la vigorosa reazione delle riserve avversarie, unita all’impossibilità di rifornire e sostenere queste ardite avanguardie, determinò l’insuccesso dell’azione e la perdita, tra morti, feriti e dispersi, di ben 1.300 uomini. Nasceva invece come semplice azione diversiva quella che la storia avrebbe ricordato come il più importante successo italiano nel settore, la battaglia per il Monte Cauriol. Erano incaricati dell’attacco i battaglioni alpini Feltre e Morosa, che il giorno 25 agosto, preceduti come di consueto dal fuoco di artiglieria, iniziarono una manovra a tenaglia che, dopo tre giorni di aspra battaglia, avrebbe portato il battaglione Feltre sulla vetta. Il Comando asburgico, però, non si rassegnò immediatamente alla perdita della montagna: nei giorni successivi, terminata vittoriosamente la battaglia difensiva contro l’offensiva del Nucleo Ferrari, vennero lanciati importanti contrattacchi, sostenuti da un parco d’artiglieria che comprendeva persino due mortai pesanti dal 24 cm nonché un obice Skoda da 30,5 cm. La terribile battaglia che ne seguì, pur non cambiando di fatto la situazione tattica, insanguinò le balze del Cauriol, la cui stessa vetta ne risultò abbassata di diversi metri a causa del bombardamento, e determinò perdite gravissime per entrambi i contendenti. Nel mese di settembre vennero, inoltre, effettuati diversi attacchi da parte italiana verso Cardinal e Busa Alta, riuscendo ad occupare delle posizioni avanzate che vennero mantenute e trasformate in imprendibili fortezze, nonostante le difficoltà morfologiche, fino all’ottobre del 1917. La situazione venutasi a determinare sul Monte Cauriol e sulle vette adiacenti per i difensori austro-ungarici comportò, non solo la necessità di impostare una nuova linea difensiva nel settore della val di Sadole, ma anche la modifica del tracciato della ferrovia militare della Val di Fiemme, che si sarebbe ora trovato esposto alla vista degli osservatori d’artiglieria italiani. 8


Quest’opera, avviata nel 1915 e terminata nel febbraio 1918, era nata allo scopo di rifornire il fronte di Fiemme e Fassa e di permettere, qualora la situazione bellica lo avesse imposto, il rapido inoltro nel settore di numerosi rinforzi. Per i lavori di costruzione vennero impiegati fino a 6.000 lavoratori tra operai militarizzati, prigionieri serbi e russi e anche moltissime operaie fiemmesi e fassane che, mancando gli uomini, integravano con questo duro lavoro i magri bilanci familiari. Solo l’arrivo delle prime abbondanti nevicate costrinse entrambi gli schieramenti a sospendere l’attività bellica e a rimandare a primavera ogni ulteriore operazione. Andava dunque combattuta un’altra guerra: quella per la sopravvivenza in un clima ostico come quello invernale in alta montagna, che esponeva costantemente i soldati al pericolo delle valanghe e del congelamento. L’inverno 1916 - 1917 verrà, infatti, ricordato per le rigidissime temperature e la copiosità delle precipitazioni nevose, seguite spesso da disastrose valanghe, che costrinsero entrambi gli schieramenti a scavare gallerie nella neve e a rifugiarsi per gran parte del tempo nelle baracche, dove una calda stufa a legna contribuiva a rendere meno pesante la vita di trincea. Il 1917, nel settore del Lagorai, non si caratterizzò per grandi battaglie come quelle combattute l’anno precedente, bensì per la guerra di mine. Quando si palesò evidente l’impossibilità, da parte delle truppe italiane, di conquistare la cima occidentale del Colbricon con un’azione di superficie, il Comando italiano decise un attacco sotterraneo, nella speranza di ripetere il successo ottenuto molti mesi prima sul Col di Lana. Ben tre successive mine vennero predisposte da parte delle forze italiane, la più importante delle quali avrebbe dovuto cancellare la vetta della cima, ma, grazie un fortunato quanto disperato attacco austro-ungarico portato alla vigilia, la riserva di esplosivo venne sabotata e i lavori di mina momentaneamente interrotti. A questo punto, il comando italiano, temendo una contemporanea galleria di contromina, approntò frettolosamente una nuova scorta di esplosivo, che non fu però sufficiente alla distruzione delle difese austro-ungariche. Il tanto temuto attacco italiano non si verificò e quindi la sommità occidentale del Colbricon, seppure irrimediabilmente sfregiata, rimase in mano asburgica. Un’ulteriore mina venne fatta esplodere nell’adiacente settore delle Buse dell’Oro, ma anche in questa occasione, per gli scarsi risultati ottenuti, a detta esplosione non seguì nessun attacco da parte della fanteria. Sul resto del fronte fiemmese, l’attività bellica si caratterizzò più per isolati colpi di mano e per l’attività delle pattuglie. Quando ormai gli eserciti si preparavano ad affrontare un nuovo inverno in quota, sopraggiunse la disastrosa vicenda di Caporetto che costrinse gli italiani ad abbandonare questi monti. 9


Esattamente un anno dopo, l’Impero Austro-Ungarico, il cui fronte interno era ormai prossimo al collasso, affrontò sul campo la sua ultima battaglia. A seguito della sconfitta militare e del conseguente armistizio, giunsero nella valle di Fiemme le prime avanguardie del Regio Esercito italiano. La guerra in questo modo era terminata. Dopo oltre 500 anni di governo austriaco, le valli di Fiemme, Fassa, Primiero e Vanòi, ma con esse l’intero Trentino e il Tirolo del sud, vivevano un epocale cambiamento, passando sotto il governo del Regno d’Italia.

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INTERVENTI SULLE STRUTTURE E PERCORSI SUL TERRITORIO La linea di difesa Austro-ungarica Alla vigilia della guerra, la frontiera italo - austriaca corrispondeva in gran parte all’odierno confine fra le province di Trento e Belluno. Il Comando supremo austro-ungarico riteneva indifendibile questo frastagliato tratto di frontiera e aveva deciso, già dal secolo precedente, di arretrare su una linea difensiva più breve ed efficace. La catena del Lagorai, in particolare, grazie alla sua conformazione, offriva un enorme vantaggio ai suoi difensori; infatti, dal versante nord (Val di Fiemme) era facilmente accessibile grazie ai dolci pendii, a differenza del versante sud (Vanoi, Primiero) caratterizzato da tratti impervi e da lunghe pareti rocciose verticali. Gli unici punti deboli di questa fortezza naturale rimanevano i valichi più importanti: passo Rolle, passo San Pellegrino e passo Sadole. I primi due, che potevano essere oltrepassati da carriaggi, erano difesi da fortificazioni permanenti costruite sul finire del XIX secolo. Passo Sadole non era attraversato da rotabile, ma era comunque di grande importanza strategica: vennero quindi create delle difese campali. Sul resto della catena vennero create trincee, camminamenti, più ordini di filo spinato, postazioni di mitragliatrice e di artiglieria oltre a punti di osservazione, baraccamenti e le numerose mulattiere, che resistono ancora al giorno d’oggi.

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Manghen - Montalon Manghen – Ziolera – Valpiana – Montalon

Il percorso inizia al passo Manghen, raggiungibile percorrendo la S.P. 31, dove, lasciata la macchina, l’escursionista procederà lungo il sentiero 322 in direzione di forcella del Frate. Dalla suddetta forcella si può salire fino a cima Ziolera per poi ridiscendere dal versante opposto fino a forcella Ziolera, oppure si può proseguire lungo il versante meridionale della montagna fino a raggiungere la forcella. Da forcella Ziolera si prosegue lungo il sentiero 322b fino a forcella Montalon passando per l’omonimo lago. Con una deviazione all’altezza di quota 2.278, si può raggiungere monte Valpiana, caposaldo austroungarico. Da forcella Montalon si segue il sentiero 322 – 322a che torna verso passo Manghen passando per il caratteristico lago delle Buse. N.B.: il percorso proposto si svolge in parte sul territorio di competenza della Comunità di Valle della Bassa Valsugana, con la quale sarebbe auspicabile realizzare una collaborazione per una valorizzazione condivisa di questo anello. Punti di interesse: 1. forcella del Frate: vi si trova una trincea con muro a secco con ottima visuale su passo Manghen. Nei pressi vi sono alcune baracche; 2. cima Ziolera: dalla vetta si ha un’ampia visuale del settore del Manghen; inoltre, facilitati dall’uso di un binocolo, si possono scorgere numerose gallerie e baraccamenti nei dintorni; 3. postazione di mitragliatrice avanzata: prendendo il sentiero lungo il versante meridionale della Ziolera si passa vicino ad una postazione avanzata di mitragliatrice; 12


4. forcella Ziolera: numerosi baraccamenti, trincee e ricoveri in caverna; 5. quota 2.273: lungo il sentiero 322b si trovano baraccamenti e ricoveri in caverna; 6. dorsale e monte Valpiana: caposaldo austroungarico con notevolissimi resti di fortificazioni, baraccamenti, trincee, reticolati e ricoveri in caverna; vi è inoltre un’infermeria con iscrizione “Herta Miller Haus”; 7. forcella Montalon: baraccamenti e doppia fila di trincee; 8. lago delle Buse: presso il lago vi sono due distinti nuclei di baraccamenti, una grande caserma, la stazione d’arrivo della grande teleferica, che partiva dal fondo di val Cadino, e una lunga mulattiera che parte da malga Cadinello alta, segnata come sentiero 361. Vi è inoltre un tipico sentiero militare che da lago delle Buse sale a forcella Zioléra; 9. Cappella in ricordo ai caduti: situata al passo Manghen. Interventi: Pulizia delle trincee e caverne maggiormente significative; assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee; ripristino, messa in sicurezza e segnalazione dei seguenti sentieri: da cima Ziolera a forcella Ziolera, da quota 2.278 a monte Valpiana (territorio della Comunità della Valsugana), da Lago delle Buse a Forcella Ziolera. Ripristino della mulattiera al Lago delle Buse dal momento che la zona è molto frequentata data la vicinanza del passo. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse e di un totem per le cartine al passo Manghen.

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Lago delle Stellune Ponte Stue – Lago Stellune – Forcella Valsorda – Forcella Montalon

Il percorso parte da Ponte Stue in Val Cadino, raggiungibile tramite la S.P. 31. Vicino all’ampio parcheggio, dove l’escursionista può lasciare l’automobile, vi sono i resti di un villaggio di baracche di Ponte Stue. Da qui si imbocca la strada forestale segnata come 318 fino a malga Cazzorga. Da qui si prosegue lungo una ben conservata mulattiera che porta fino al lago delle Stellune e poi fino a forcella Valsorda. Si devia poi verso ovest seguendo il sentiero 322 che porta fino a forcella Montalon per ridiscendere quindi a malga Cazzorga per il 362 ed infine a Ponte Stue. Punti di interesse: 1. villaggio di Ponte Stue: l’agglomerato di baracche a Ponte Stue fungeva da importante centro logistico oltre che da ospedale da campo con il relativo cimitero. Nel 1916, il comando dell’esercito austro-ungarico, data l’importanza del luogo, aveva progettato una tratta per il treno che da castello doveva arrivare fino a qui. Nel 1917 iniziarono le picchettature e i primi scavi, ma con l’ottobre del 1917 i lavori terminarono a causa della ritirata degli italiani; 2. malga Cazzorga: sede del comando di zona e situata vicino a numerosi baraccamenti che furono tragicamente travolti da una valanga nell’inverno del 1916; 3. mulattiera malga Cazzorga – forc. Valsorda: questa mulattiera è molto ben conservata nella maggior parte dei tratti ed è facilmente percorribile anche in mountain bike; 4. lago delle Stellune: nei pressi del lago erano presenti le piazzole per l’artiglieria;

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5. forcella Valsorda: caposaldo fortificato che fronteggiava le posizioni italiane di Col San Giovanni dove vi sono numerosi e ben conservati resti di baracche, pi첫 linee di trinceramenti e la stazione di arrivo di una teleferica; 6. forcella Montalon: baraccamenti e doppia fila di trincee. Interventi: Recupero e pulizia del sito di Ponte Stue; pulizia delle trincee pi첫 significative; assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee; ripristino dove serve della mulattiera. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse e di un totem per le cartine a Ponte Stue.

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Cima e forcella Lagorai Cermis – Laghi di Lagorai – Forcella Lagorai – cima Lagorai – forcella busa della Neve – Forcella Buse del’Or

Si parcheggia l’auto al Doss dei Laresi e si prende la cabinovia che porta fino al Paion del Cermis, si imbocca poi il sentiero 353 che porta fino ai laghi di Bombasel per scendere nella val Lagorai fino al bivio Valon. Per i più allenati si consiglia l’ascesa lungo la strada forestale che diventa poi la mulattiera che fiancheggia il lago di Lagorai, segnata dal sentiero 316. Giunti al bivio si sale per la mulattiera 316 fino ai laghetti di Lagorai. Dai laghetti si prosegue sullo stesso sentiero fino a forcella Lagorai, da qui si sale seguendo le trincee fino a Cima Lagorai, per poi scendere a forcella Busa dala Neve. Da qui si può ripiegare verso forcella Lagorailungo il sentiero 321 che supera forcella Busa dal’Or. Si prende dunque per il percorso 321A, poi 353A fino alla forcella Vallone. Da qui si ritorna al Paion del Cermis lungo il sentiero dell’andata. Punti di interesse: 1. mulattiera segnavia 316: la mulattiera è stata completamente ripristinata per quanto riguarda il tratto che da quota 1.500 sale fino a malga Lagorai costeggiando l’omonimo lago, ed è molto bella da vedere. La stessa prosegue poi fino ai laghetti di Lagorai, ma risulta a tratti interrotta o rovinata;

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2. laghetti di Lagorai: sulle sponde dei laghetti e sui pendii circostanti si possono notare diverse baracche, caverne e rifugi anti bombardamento; 3. forcella Lagorai: importante caposaldo dotato di un profondo trinceramento con gallerie e scavi nella roccia, nidi incavernati di mitragliatrici e di ben 3 file di sbarramenti di reticolato ancora in buono stato di conservazione oltre a numerose baracche ed a due grandi caserme. Da qui i soldati austroungarici fronteggiavano i capisaldi italiani del Col degli Uccelli e Col del Latte; 4. cima Lagorai: numerosi sono gli appostamenti, baraccamenti e trinceramenti presenti sulla montagna, sede tra l’altro di una batteria di artiglieria. Si gode di un’ottima vista sulle posizioni italiane di Col di S.Giovanni; 5. forcella Busa della Neve: altresÏ conosciuta come forcella dei Fortini, dove sono presenti trincee e caverne. Interventi: Pulizia delle trincee piÚ significative; assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee; consolidamento delle postazioni di mitragliatrice di forcella Lagorai e dove necessario della mulattiera. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse e di un totem per le cartine al Doss dei Laresi o al Paion del Cermis.

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Litegosa e Copolà Cavelonte – Passo Litegosa – Cima Copolà – Forcella dei Pieroni – Mandre de Mur

La partenza si colloca presso l’antica stazione termale di Cavelonte, da cui, lasciata la macchina, si procede lungo la strada forestale 319 che sale fino a località Toazzo. Da qui si imbocca la lunga mulattiera militare che porta fino a passo Litegosa, passando per l’omonima malga. Dal passo si prosegue lungo il sentiero di guerra 321 che con una variante sale fino a cima Litegosa, seguendone le originali scalinate. Si ridiscende quindi per la stessa via riprendendo il sentiero 321 e passando per cima Copolà e cima Lasteoto fino a giungere a forcella dei Pieroni. Inizia quindi la discesa seguendo il vecchio sentiero di guerra che, passando per il baito Mandre di Muro, torna fino a Toazzo congiungendosi alla strada forestale 319. Da qui si ripiega poi fino a Cavelonte. Punti di interesse: 1. Cavelonte: l’antica stazione termale di Cavelonte fu in tempo di guerra sede del comando di zona e nei pressi della stessa si possono trovare numerose baracche. Vicino alla chiesetta sorgeva un ospedale da campo; 2. Toazzo: in questa località si possono trovare numerose baracche, la partenza della grande teleferica che collegava malga Toazzo con malga Litegosa, la partenza della teleferica che giun-

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geva fino al Lasteolo e una linea di trincea di resistenza che tagliava a metà la valle nel caso in cui il nemico avesse sfondato la prima linea; 3. malga Litegosa: presso malga Litegosa si trova l’arrivo della teleferica proveniente da Toazzo e la partenza di quella che portava a passo Litegosa, oltre a numerose baracche e caverne; 4. mulattiera della Litegosa: forse il più lungo tratto conservatosi fino ad oggi sul Lagorai; 5. ospedali: lungo la mulattiera, a quota 1850, si possono trovare gli ospedali da campo e un agglomerato di baracche; 6. passo Litegosa: qui sorgeva quello che è il più grande e meglio conservato villaggio di baracche in quota di tutto il Lagorai. Vi si conservano inoltre più linee di trincee, di cui una profonda scavata nella roccia e dotata di gallerie, nonché svariate postazioni di mitragliatrice, ricoveri in caverna e un’iscrizione nella roccia. Sotto al bivacco Nada Teanin si trova l’arrivo della teleferica proveniente da malga Litegosa. Sono inoltre a nostra disposizione due mappe originali dell’epoca riportanti l’esatta ubicazione di tutti i manufatti presenti qui e su cima Copolà; 7. cima Litegosa: una scala militare ben conservata porta da passo Litegosa all’omonima cima. Qui una lunga galleria di vetta conduce agli osservatori di artiglieria rivolti verso cima d’Asta e alle postazioni di mitragliatrice. 8. Cima Copolà: numerosi sono i camminamenti, trincee e baraccamenti presenti oltre a una postazione d’artiglieria che batteva contro forcella Magna e verso Caoria e Cauriòl. Dalla cima si possono osservare le sottostanti posizioni italiane di costone Copolà; 9. Lasteolo: diverse baracche si possono trovare lungo il sentiero 321, specialmente vicino all’arrivo della teleferica proveniente da Toazzo. Vi è inoltre tutta una linea di trincee sulla cresta che collega cima Copolà a cimon di Lasteolo. Interventi: Pulizia di alcuni tratti di trincea, assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee, consolidamento e pulizia generale delle postazioni a passo Litegosa, vista anche la fortuna di disporre di una minuziosa mappa d’epoca della zona, e, dove serve, della mulattiera. Ripristino e segnalazione del sentiero che scende da forcella dei Pieroni a baito Mandre de Mur. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse e di un totem per le cartine Cavelonte.

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Pian dei Russi

Salendo per la strada asfaltata che da Ziano porta a Sadole si lascia la macchina nel parcheggio al primo tornante, poco dopo l’inizio dello sterrato, e si prosegue a piedi per la strada forestale che va in direzione di località Le Buse. Proseguendo per un chilometro si arriva alla località Pian dei Russi. Punti di interesse: 1. Al Canon: lungo la strada che da Ziano porta a Sadole, sulla sinistra, si nota un grande spiazzo; era stato creato appositamente per piazzare l’obice Škoda 30.5 cm che sparava contro il Cauriòl; 2. sorgente Stol: 300 metri dopo aver imboccato la strada per il Pian dei Russi, se si alza lo sguardo sulla destra si può intravedere una volta, ora in parte crollata, che sorregge una caverna dove vi era la sorgente per i soldati del vicino accampamento. Sempre sulla destra si possono osservare delle baracche; 3. Pian dei Russi: sede di baraccamenti di seconda linea nonché campo di concentramento per prigionieri russi impiegati nei lavori pesanti. Si rilevano decine di baraccamenti nonché i resti del forno e delle cucine oltre ad un punto di controllo posto sul sentiero che proveniva da Ziano. Da qui parte inoltre la mulattiera che porta fino a malga Canzenagol e poi alle postazioni di prima linea di cima Cadinon e Canzenagol.

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Interventi: Consolidamento e pulizia generale del villaggio al Pian dei Russi. Ricostruzione, peraltro giĂ iniziata, della volta che sorreggeva la caverna della sorgente. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse.

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Sadole

Si sale con la macchina per la strada che da Ziano porta a Sadole fino a raggiungere il Rifugio Cauriòl dove esiste un grande parcheggio. Per i più allenati, da dove finisce il tratto di asfalto parte sulla destra quella che era la mulattiera che portava fino a Sadole. Punti di interesse: 1. Al Canon: lungo la strada che da Ziano porta a Sadole, sulla sinistra, si nota un grande spiazzo; era stato creato appositamente per piazzare l’obice Škoda 30.5 cm che sparava contro il Cauriòl; 2. mulattiera: purtroppo della vecchia mulattiera militare rimane solo la traccia perché, a causa dei lavori per l’acquedotto, è stato completamente scavata fino al Pian del Maseron, sotto passo Sadole. Nonostante ciò, ripercorrendola si possono notare numerose baracche lungo la via; 3. Sadole: al Rifugio Cauriòl è presente un piccolo museo della Grande Guerra, assemblato grazie ai pezzi raccolti sulle montagne circostanti. Presso malga Sadole si può trovare la fontana costruita e decorata dagli Standschützen Primör, restaurata qualche anno fa dall’attuale compagnia. Nella vallata di Sadole sono numerosi i baraccamenti e si può trovare una linea di trincea di resistenza che tagliava a metà la valle nel caso in cui il nemico avesse sfondato la prima linea. Due sono i ristoranti presenti in questa località, rifugio Cauriol e malga Sadole; entrambi offrono posti letto.

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Postazione artiglieria ai Mandriccioni Sadole – Passo Sadole – Mandriccioni – Baito dei Slavaci

Da Sadole ci si incammina per la mulattiera 320 fino a raggiungere il passo Sadole. Poco prima del passo si imbocca la deviazione sulla destra che porta al Castel dele Aie seguendola fino a forcella Le Rele. Da qui si segue il vecchio sentiero di guerra che percorre la cresta che degrada verso nord fino a raggiungere i Mandriccioni. Si scende poi verso La Scaletta e si prende il sentiero che porta dapprima al Baito dei Slavaci e poi scende di nuovo a Sadole. Punti di interesse: 1. passo Sadole: a passo Sadole ci sono numerosi baraccamenti e grandi caserme, segno dell’importanza strategica di questo giogo. A fine ‘800 era stato addirittura progettato un forte che avrebbe dovuto rendere più facilmente difendibile il passo, ma i fondi vennero destinati alle più importanti opere dell’altopiano di Asiago. Una grande trincea, appoggiata da postazioni di mitragliatrici e piazzole di artiglieria, sbarrava il valico prima a sud e poi, in seguito alla perdita del Cauriòl, venne apprestata una grande linea difensiva a est che tagliava il Pian del Maseron; il tutto compreso di ricoveri in caverna e postazioni di mitragliatrice. Per riassumere, la linea di trincea andava da quota 2.261 di Castel dele Aie ai Caurioloti o Piccolo Cauriòl; da qui scendeva al pian del Maseron per poi risalire sul versante sud del Cardinal. Al passo vi è anche una rete di mulattiere che permettono di muoversi agilmente, il pozzo costruito dagli austriaci per la raccolta dell’acqua e le iscrizioni lasciate dai reparti ivi stanziati. 23


Si dispone di una mappa originale dell’epoca riportante l’esatta ubicazione di tutti i manufatti presenti; 2. forcella Le Rele: sul rovescio di questa forcella vi era un baraccamento per le sentinelle; 3. postazioni d’artiglieria austo-ungariche dei Mandriccioni: qui erano posizionati due cannoni in caverna che battevano Cauriòl, Cardinal, e Busa Alta. Il sito è molto interessante perché vi sono ancora le vecchie travi nelle gallerie e diversi camminamenti trincerati che dalla zona di tiro si defilavano fino ai depositi munizioni. Vi sono inoltre postazioni di mitragliatrice e baraccamenti. Questo è indubbiamente il miglior punto di osservazione delle montagne circostanti dato che si ha una visuale completa del settore del Cauriòl. Interventi: Pulizia di alcuni tratti di trincea; assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee; consolidamento e pulizia generale delle postazioni a passo Sadole, vista anche la fortuna di disporre di una mappa d’epoca della zona; ripristino dove serve della mulattiera. Assestamento e messa in sicurezza della traccia di sentiero che da forcella Le Rele porta ai Mandriccioni e poi alla Scaletta. Consolidamento e pulizia generale della postazione d’artiglieria; sostituzione delle travi in larice all’interno delle gallerie; ripristino dell’ingresso al deposito munizioni e delle postazioni di mitragliatrice.

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Cauriòl Sadole – Passo Sadole – Via del contrattacco austriaco – Cauriòl – Via austriaca

Da Sadole ci si incammina per la mulattiera 320 fino a raggiungere il passo Sadole. Si segue poi l’indicazione per Via Italiana; aggirando il Piccolo Cauriòl e superando la conca Busa dala Neve si sale alla forcella interposta tra Cauriòl e Piccolo Cauriòl. Da qui con attenzione è anche possibile dirigersi verso est raggiungendo le trincee italiane di Roccioni Serra e seguire poi la linea che passando per la Selletta Carteri raggiunge la cima. Dalla forcella tra i Cauriòl si sale alla cima seguendo il sentiero segnato. Si ridiscende poi dallo stesso sentiero fino alla forcella, da dove si può salire sul Piccolo Cauriòl. Dalla forcella poi si imbocca la Via Austriaca per poi ritornare fino al pozzo austriaco e da qui ripiegare fino a Sadole. Punti di interesse: 1. passo Sadole: vedi sopra; 2. Roccioni Serra e Selletta Carteri: postazioni avanzate italiane costituite da un profondo trinceramento, baraccamenti e postazioni di mitragliatrice, vasche per la raccolta dell’acqua e caverne, il tutto ancora oggi ben visibile; 3. cima Cauriòl: dalla cima si può osservare tutte le postazioni circostanti (Piccolo Cauriòl, passo Litegosa, Cardinal e tutta la valle del Vanòi). Inoltre poco sotto la vetta, in posizione poco accessibile in direzione nord ovest, seminascosta e dimenticata, vi è una caverna italiana che probabilmente si collegava con la Selletta Carteri posta sul versante opposto da cui gli italiani potevano osservare Sadole e Predazzo; 25


4. Piccolo Cauriòl: bastione difensivo austriaco, trasformato in una vera e propria fortezza in seguito alla conquista del Cauriòl. Vi sono numerose caverne con feritoie, postazioni di mitragliatrice e baraccamenti in posizioni proibitive, oltre a camminamenti e diverse iscrizioni lasciate dai reparti austro-ungarici; 5. via Austriaca: era la via di rifornimento per i reparti austriaci presenti sul Cauriòl fino all’agosto del 1916, nel primo tratto è una mulattiera che poi diventa sentiero nel tratto finale più ripido; 6. Pian del Maseron: una grande trincea taglia a metà la valle, sono presenti inoltre ricoveri in caverna, postazioni di mitragliatrice e il pozzo austriaco. Interventi: Pulizia di alcuni tratti di trincea; assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee; consolidamento e pulizia generale delle postazioni a Roccioni Serra e Selletta Carteri (sul confine con la Comunità del Primiero e per i quali è auspicabile un intervento comune e coordinato), delle postazioni del Piccolo Cauriòl e del Pian del Maseron. Assestamento del sentiero denominato come Via Italiana e creazione di un sentiero che da Busa dela Neve porti alle posizioni italiane di Roccioni Serra. Pulizia dalla vegetazione del sentiero che dal Pian del Maseron porta fino al fondovalle. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse e di un totem per le cartine a Sadole.

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Quota 2.318 Cardinal Sadole – Passo Sadole – Pian del Maseron – Quota 2.318 Cardinal

Da Sadole ci si incammina per la mulattiera 320 fino a raggiungere il passo Sadole. Si segue poi l’indicazione per Via Austriaca; al bivio del pozzo austriaco si segue l’indicazione per forcella Cardinal. Dalla forcella si sale a sinistra verso il Cardinal fino a quota 2.318. Da qui il percorso deve ripiegare sul tragitto dell’andata, riportando l’escursionista al rifugio Cauriol. In alternativa, da quota 2.318 un escursionista esperto e preparato potrebbe salire fino a cima Cardinal, per poi scendere lungo il sentiero segnato fino a Sadole. Per completare questo anello sarebbe però necessaria la realizzazione e messa in sicurezza di un sentiero che da quota 2.318 conduca prima sul caposaldo italiano di quota 2.455 e da qui verso la vetta del Cardinal a quota 2.481. Punti di interesse: 1. passo Sadole: vedi sopra; 2. Pian del Maseron: vedi sopra; 3. forcella Cardinal: numerose baracche e gallerie austro-ungariche conquistate dagli italiani durante la battaglia per il Cauriol; si rileva ancora il forno della cucina; 4. quota 2.318: villaggio di baracche italiano, galleria del comando italiano con chiave di volta scolpita col simbolo dell’8° regg. Alpino, altre gallerie con iscrizioni scolpite nella roccia, cisterna idrica in cemento, triceramenti e scalinate di collegamento tra le postazioni;

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5. quota 2.455 (eventuale): posizioni fortificate, baraccamenti e gallerie della vetta italiana del Cardinal. Interventi: Pulizia e assestamento dei muretti a secco di alcune baracche presso forcella Cardinal; consolidamento e pulizia generale delle postazioni di quota 2.318, in particolare della galleria comando che presenta i primi segni di cedimento dell’arco di entrata. Per entrambi gli interventi, vista la posizione di confine tra Comunità di Fiemme e del Primiero, risulta imprescindibile un intervento di recupero e valorizzazione condiviso tra le due realtà territoriali. Eventuale realizzazione di un sentiero che da quota 2.318 porti sulla vetta del Cardinal. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse.

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Cima Cardinal Sadole – Cima Cardinal

Da Sadole ci si incammina per la mulattiera 320 fino a raggiungere i prati di Pian dele Maddalene. Si segue poi l’indicazione per cima Cardinal, imboccando il sentiero che sale seguendo il canalone e il ruscello che scende da forcella Busa Alta. Superato il tratto di sentiero nella boscaglia, si devia a destra seguendo il sentiero segnalato che ricalca l’originale percorso di guerra. Da qui il sentiero risale lungo la dorsale nord del Cardinal fino alla croce di vetta. Da qui è possibile ridiscendere, sempre su sentiero segnalato, lungo per il versante opposto, giungendo a forcella Busa Alta e quindi ridiscendendo a Pian delle Maddalene. Punti di interesse: 1. dorsale nord di cima Cardinal: lungo tutta la dorsale sono presenti numerosi baraccamenti della guarnigione, spesso eretti in posizioni ardite e molto suggestive, postazioni e osservatori in caverna rivolti verso la Busa Alta italiana, numerose gallerie tra cui una recante iscrizioni di reparto scolpite nella roccia. Si incontra,, inoltre l’unica piccola baracca (in muratura e tronchi) ancora in piedi di tutto il Lagorai; 2. vetta del Cardinal: sulla vetta si conservano le varie postazioni in cemento armato per le numerose mitragliatrici, la caverna di vetta recante l’originale rivestimento ligneo, la “posizione n°5”: avamposto realizzato su un ardito sperone di roccia, nonché l’arrivo della teleferica.

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Interventi: Consolidamento dell’ultima baracca rimasta in piedi; recupero e messa in sicurezza della galleria di vetta. Pulizia del sentiero (interessato due anni fa da una grossa valanga) ed eventuale installazione di nuovi cordini d’acciaio. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse.

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Busa Alta/Kaiserspitz Sadole – Forcella Cardinal – Busa Alta italiana – Busa Alta/Kaiserspitz – Forcella Busa Alta

Da Sadole ci si incammina direttamente per il sentiero, costruito dagli imperiali e segnato da bande bianco-ross,e che porta fino alla vetta. In alternativa, un escursionista esperto e preparato potrebbe imboccare la mulattiera 320 fino a raggiungere i prati di Pian dele Maddalene seguendo poi l’indicazione per forcella Busa Alta e salendo per il canalone che porta alla suddetta forcella. Al bivio per salire a cima Cardinal si segue la traccia di sentiero militare che si spinge fino a quota 2.234; salendo di pochi metri si raggiunge un ampio sentiero militare, segnato da sbiaditi segni bianchi e rossi, che porta fino a quella che era la cima italiana della Busa Alta: quota 2.456. Per raggiungere la cima principale, o Busa Alta austriaca, si deve percorrere la cresta verso nord, oltrepassando le trincee austriache profondamente scavate nel dorso del monte. Per tornare a valle si utilizza il sentiero costruito dagli imperiali, dotato di scalette a tratti. Il sentiero è segnato e porta fino a Sadole. Punti di interesse: 1. forcella Busa Alta: a difesa della forcella sono presenti dei ricoveri in caverna; 2. quota 2.234: sono presenti incavernamenti e postazioni di mitragliatrice; 3. ampio sentiero militare: lungo il sentiero si trovano numerose testimonianze: una grande lapide scolpita nella roccia, che ricorda i caduti dell’assalto italiano, nel luogo dove si trovava il cimitero di guerra; i ruderi della cucina della Cividale; il comando della compagnia sistemato 31


in una baracca in muratura costruita in una caverna a due ingressi; un posto di medicazione in caverna; altri baraccamenti, sentieri di guerra e caverne; 4. Busa Alta italiana: qui sono presenti resti di scale di pietra, numerose caverne con interessanti scritte di guerra, trincee e postazioni di mitragliatrice; 5. Busa Alta austriaca/Kaiserspitz: numerose trincee scavate nella nuda roccia, camminamenti di cui quello più profondo quasi intatto, baraccamenti, ricoveri in caverna, postazioni di mitragliatrice e scritte di guerra. Curiosità: pare che il 17 settembre 1917 il giovane imperatore Karl I si recò fin sulla vetta della Busa Alta: onorati dalla visita i difensori del monte ribattezzarono la cima Kaiserspitz; 6. costone Busa Alta: lungo il sentiero di ritorno si trovano numerose baracche con i tiranti che le sostenevano; una postazione d’artiglieria da montagna, sospesa su una cresta che batteva la quota 2.318 del Cardinal sfruttando un varco fra le creste di Busa Alta e Cardinal; muri paravalanghe; isolanti della linea telefonica che scendeva fino a Sadole. Interventi: Pulizia di alcuni tratti di trincea, assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee; consolidamento e pulizia generale delle postazioni della Busa Alta italiana (con le baracche e caverne sottostanti) e austriaca oltre che della postazione d’artiglieria austriaca. Consolidamento delle volte delle caverne e mantenimento delle lapidi e delle scritte sulla roccia. Il tratto che da forcella Busa Alta porta dapprima a quota 2.234, poi alla Busa Alta italiana e infine alla cima principale, è provvisto solo a tratti di sentiero. Sarebbe necessaria la creazione di un sentiero sicuro, dotato in alcuni tratti di cordone di sicurezza e di scale, vista la difficile percorribilità per escursionisti inesperti. Installazioni di cartellonistica nei punti di interesse.

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Coltorondo Malga Valmaggiore – Lago delle Trote – Forcella Coldosè – Coltorondo – Forcella Valbona– Lago di Morena

Da malga Valmaggiore, dove si lascia l’auto, ci si incammina per la mulattiera segnavia 339 che conduce al lago di Moregna. Dopo aver costeggiato il lago si continua per la mulattiera fino a raggiungere la forcella Coldosè. Da qui si ripiega fino al bivio per il lago Brutto per raggiungerlo pochi minuti dopo seguendo il sentiero 349. Esattamente all’inizio del lago si attraversa lo stretto valloncello e si imbocca una comoda mulattiera che sale fino sotto la cresta Coltorondo. Da qui si devono seguire i sentieri di guerra, facilitati a tratti da delle scalinate fino a giungere alla vetta. Dalla vetta si scende ancora per scalinate e sentieri militari che portano fino alla forcella Valbona. Da questa forcella si prende il sentiero 349B che riporta al lago di Moregna ed infine per il 339 fino a malga Valmaggiore. Punti di interesse: 1. malga Valmaggiore: presso malga Valmaggiore si possono trovare numerose baracche, un cimitero militare e la partenza della grande teleferica di Valmaggiore; 2. mulattiera Valmaggiore-forcella Coldosè: ancora ben conservata nella quasi totalità, è un ottimo esempio di viabilità militare;

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3. forcella Coldosè: presso la forcella vi è un grande sistema di trincee, postazioni di mitragliatrice, postazioni in caverna e resti di reticolati. Appena dietro la forcella ci sono il villaggio di baracche e alcune piazzole di artiglieria; 4. mulattiera lago Brutto-Coltorondo: agevole mulattiera che permette di portarsi fino sotto la cresta del Coltorondo; in alcuni tratti è però franata. Lungo la via si trovano diversi baraccamenti; 5. Coltorondo: vi sono molte baracche, resti di cucine e caverne collegate tra loro da una fitta rete di sentieri e scale. Raggiungendo la quota 2.418 si può osservare un avamposto brevemente occupato dagli alpini del Matajur nel 1916. A quota 2.413 vi è una postazione di fucilieri in ottimo stato di conservazione. Pochi metri sotto la cima vi è la caverna del presidio di vetta, mentre permangono, sospesi sul versante meridionale, ampi tratti di reticolato; 6. forcella Valbona: Seepass, secondo la denominazione di guerra austriaca, dotata di numerose postazioni, trincee ed alti muri di protezione. Grandi baracche si trovano sotto il costone adiacente la forcella e sono davvero notevoli e uniche le grandi cataste di legna predisposte per superare l’inverno del 1917-18 e rimaste inutilizzate per lo spostamento del fronte. Interventi: Pulizia di alcuni tratti di trincea, assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee; consolidamento e pulizia generale delle postazioni della forcella Coldosè, Coltorondo e forcella Valbona; ripristino dove serve della mulattiera. Assestamento, ripristino e segnalazione del sentiero che, partendo dalla mulattiera sopra lago Brutto, sale a Coltorondo e ridiscende a forcella Valbona. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse e di un totem per le cartine a Valmaggiore.

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Cece Ponte di Valmaggiore – Lago di Cece – Lago Caserina – Forcella Cece – Cima Cece – Campanile di Cece – Forcella Valmaggiore – Laghetti di Valmaggiore

Da malga Valmaggiore, dove si lascia l’auto, si torna brevemente indietro fino a ponte di Valmaggiore; da qui per il sentiero 336 si ripercorre a tratti la viabilità di guerra, raggiungendo prima il lago di Cece, il lago della Caserina e, successivamente, forcella Cece. Dalla forcella si segue la mulattiera che va verso est per 500 metri fino a raggiungere i baraccamenti dove alloggiava la guarnigione. Si torna poi a forcella Cece e si prende il sentiero 349 che porta fino a cima Cece, la più alta vetta della catena e splendido punto panoramico. Si scende poi, sempre per il 349, fino alla forcella sotto il campanile di Cece e poi fino a forcella Valmaggiore. Imboccando successivamente il sentiero 335 si scende a località laghetti di Valmaggiore dove inizia una mulattiera che arriva fino a malga Valmaggiore. Punti di interesse: 1. malga Valmaggiore: vedi sopra; 2. forcella Cece: postazioni di mitragliatrice e caverne erano poste a difesa dello stretto e ripido canalone che degrada verso i prati della Miesnotta; 3. forcella sotto cima Valbona: la guarnigione di forcella Cece era qui stanziata; sono infatti numerosi i baraccamenti tra cui una grande caserma. Vi è inoltre una profonda trincea posta a

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difesa della forcella, oltre a postazioni di mitragliatrice e caverne. Due mulattiere collegano questa posizione con la vicina forcella Cece; 4. cima Cece: numerose le trincee e i muri delle baracche, ancora ben conservati, che si possono trovare sulla sommità del monte. Da qui si può avere un’ampia panoramica di quello che era il settore del Vanòi; 5. anfiteatro di Cece: nella conca sotto cima Cece, lungo la mulattiera che va verso forcella Valmaggiore, si possono trovare numerosi ricoveri anti bombardamento creati nella roccia o sotto a grandi massi; 6. forcella sotto Campanile di Cece: una spessa e alta trincea è posta a difesa di questa forcella; sui costoni adiacenti la stessa vi sono postazioni di mitragliatrice, caverne e baraccamenti, come pure lungo la mulattiera che scende a forcella Valmaggiore; 7. forcella Valmaggiore: l’ampio valico di Valmaggiore è inciso da numerose e profonde trincee, postazioni di mitragliatrice e sulle pareti circostanti si possono notare diverse caverne. In posizione defilata vi è l’arrivo della grande teleferica di Valmaggiore relativamente ben conservato; 8. laghetti di Valmaggiore: in questa località è presente il piantone di cemento della seconda stazione intermedia della teleferica; 9. mulattiera Laghetti-Valmaggiore: la mulattiera che parte da Laghetti passa vicino alla prima stazione intermedia della teleferica e più a valle vicino alle numerose baracche della riserva. Interventi: Pulizia di alcuni tratti di trincea, assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee; consolidamento e pulizia generale delle postazioni della forcella sotto cima Valbona, forcella sotto campanile di Cece e forcella Valmaggiore; ripristino dove serve della mulattiera. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse e di un totem per le cartine a Valmaggiore.

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Forte Buso e Dossaccio Forte Buso – Forte Dossaccio – Carigole - Cheta

La località di partenza ideale è presso il forte Buso, dove, lasciata l’auto, si percorre la strada forestale che porta a località Carìgole fino a quota 1.612, dove si svolta a destra per il sentiero militare che porta, con una tranquilla passeggiata, fino al forte Dossaccio. Dal forte ci si porta nel bosco adiacente per visitare le postazioni dei cannoni. Da qui si prosegue lungo la strada forestale che porta fino a Carìgole e si rientra lungo quella che era la vecchia strada che collegava Predazzo con passo Rolle fino a località Cheta. Da qui si scende lungo il sentiero che porta di nuovo a forte Buso. Punti di interesse: 1. Forte Buso: sorge in Val Travignolo, sulla strada che da Predazzo porta a Passo Rolle, a quota 1.450 m. Faceva parte del complesso formato dal forte Dossaccio e dalle difese poste a Cima Bocche e alle Carigole chiamato Sperre Paneveggio. Il suo scopo era di sbarrare la strada e la valle del torrente Travignolo; 2. Forte Dossaccio: è un’opera fortificata per combattimenti a lunga distanza, perno centrale del sistema Sbarramento Paneveggio, edificato dagli austriaci nel 1895 a protezione della Val Travignolo quale possibile accesso verso Trento ed il Sud Tirolo. Il monte Dossaccio, a quota 1.838, presentava notevoli vantaggi: controllava la valle e le strade che scendevano sia dal Passo Rolle che dal Passo Valles e poteva agire in contemporanea con l’opera posizionata a Moena, al fine di controllare con le artiglierie l’intermedia Alpe di Lusia;

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3. postazione artiglieria Dossaccio: con l’avvento del nuovo secolo, le teorie tecnico-militari subirono evoluzioni notevoli, per cui si dovette procedere ad un ammodernamento della struttura e venne deciso di portare all’esterno le artiglierie. Vennero pertanto realizzati i nuovi pozzi per i 4 mortai, tolti dal forte, su un rilievo roccioso a 150 mt. sul versante nord-est del forte, mentre i 4 cannoni vennero spostati all’esterno del forte e posizionati in un caposaldo trincerato per la difesa della strada del passo Rolle; 4. Carìgole: nell’ampio valico delle Carìgole vi sono profonde linee di trincee, rafforzate da sei ordini di reticolato. In posizioni defilate si possono trovare diverse baracche; 5. Cheta: in questa località vi è un grande fienile centenario, utilizzato come ricovero per le guarnigioni di soldati stanziati in questa posizione; di fronte allo stesso vi è una lapide che ricorda la riuscita custodia dei confini imperiali. Interventi: Pulizia di alcuni tratti di trincea, assestamento dei muretti a secco di alcune baracche e trincee. Il forte Dossaccio è in fase di ripristino. Il comune di Predazzo ha già presentato in PAT un piano di recupero delle postazioni d’artiglieria esterne al forte e ne presenterà uno per il recupero di forte Buso. Presso Forte Buso potrebbe concretizzarsi quello spirito di cooperazione auspicato dalle autorità provinciali e fortemente ricercato dalle comunità di Fiemme Fassa e Primiero già con la Rete Dolomitica. Attualmente di proprietà della società Primiero Energia, vista la sua posizione privilegiata e l’ottimo stato di conservazione, potrebbe divenire il centro visitatori ideale per tutta l’area del passo Rolle, ivi compresi i campi di battaglia di Colbricon e cima Bocche, oltre a poter essere sede di una mostra fotografica permanente. Installazione di cartellonistica nei punti di interesse e creazione di un centro visitatori a forte Buso.

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Piccola Lusia Castelir – Canvere – Piccola Lusia – Carìgole – Cheta

Dopo aver lasciato l’auto nel parcheggio degli impianti di risalita in località Castelir, si prende la strada forestale che porta a malga Canvere fino a raggiungere quota 1.950. Sulla destra della strada si può notare una profonda trincea che la accosta. Si segue la trincea fino a raggiungere la quota 1.926 chiamata, secondo la denominazione di guerra austriaca, Piccola Lusia. Sempre seguendo le linee trincerate si scende verso le Carìgole incontrando un fortino in cemento e la postazione del comando di zona. Dalle Carìgole si rientra poi, passando per Cheta, di nuovo a Castelir. Punti di interesse: 1. Piccola Lusia: nei pressi di questa posizione si possono trovare numerosissime linee di trincea, baraccamenti, postazioni di artiglieria, tane di volpe e ricoveri in caverna; 2. fortino in cemento: un fortino in cemento si trova in una posizione avanzata del sistema trincerato; sotto di esso vi è una grande caverna con ancora i binari, dove era alloggiato un potente riflettore che illuminava Paneveggio e passo Rolle; 3. comando di zona: una grande trincea e diverse postazioni di mitragliatrice sono posti a difesa di quello che era il comando di zona, situato nei pressi di quota 1.843. È a disposizione una mappa originale dell’epoca dov’è indicato che vi era una mensa ufficiali, un’infermeria, un ricovero in caverna oltre a baraccamenti; 4. Carìgole: vedi sopra; 5. Cheta: vedi sopra. 39


Linea di estrema resistenza

Passo Feudo – Monte agnello – Corno Nero/la Rocca – Solombo – Solaiolo – Passo Cisa Questa linea di resistenza, approntata già a partire dal 1915 a difesa del valico di San Lugano e del versante nord della Val di Fiemme e mai interessata dai combattimenti, testimonia una prima fase della guerra contro il Regno d’Italia, dove la difesa del Tirolo e della valle appariva quasi disperata. Di questo sbarramento si conservano in diverse zone alcune tracce, tutte facilmente raggiungibili con piacevoli passeggiate, permettendo così di coinvolgere l’intero territorio della Val di Fiemme. Punti di interesse: 1. Trincee di passo Cisa: situate sul territorio di Capriana, facilmente raggiungibili partendo dalla località di Prà del Manz. Si rilevano alcuni tratti di trincea e un lungo muretto a secco. Si renderebbe necessario un intervento di pulizia e segnalazione tramite apposita cartellonistica; 2. Trincee e baraccamenti in località Solaiolo: situate sul territorio di Carano, potrebbero essere oggetto di intervento analogo a quello realizzato sul Solombo (vedi sotto) e di segnalazione tramite apposita cartellonistica; 3. Trincee del Solombo: situate sul territorio di Carano sono state recuperate ad opera di un gruppo di volontari di Carano. Le trincee, facilmente raggiungibili a partire dal paese o dalla località Ganzaie, nel territorio di Daiano, offrono una vista stupenda sul sottostante Passo di San Lugano. Sono inoltre già segnalate in un percorso progettato dall’Apt locale; 4. Trincee di passo Agnello e di passo Feudo: raggiungibili anche tramite gli impianti di Pampeago, richiederebbero un’eventuale segnalazione tramite cartellonistica.

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VARIE ATTIVITÀ DI RICERCA E DOCUMENTAZIONE Una seconda fase operativa del progetto in questione, che dovrà costituirsi in divenire man mano che ci si avvicinerà alle celebrazioni per il Centenario, sarà caratterizzata da un insieme variegato di attività di ricerca e documentazione, volte ad approfondire e a ricostruire il dramma che la Grande Guerra rappresentò per la popolazione locale, coinvolta suo malgrado nel conflitto.

La valorizzazione delle collezioni già presenti nel territorio Nel territorio della Valle di Fiemme risultano già presenti alcune importanti collezioni di residuati bellici che meritano di essere valorizzate quali: •

Il Museo della Scuola Alpina della Guardia di Finanza Il Museo, che ha sede nel padiglione Nicolaucic, è nato nel 1996, a seguito di una mostra temporanea dedicata al 70° anniversario della fondazione del Gruppo Sciatori Fiamme Gialle, al fine di valorizzare e far riscoprire la gloriosa storia del Corpo. Oltre ai documenti che ripercorrono la storia in campo militare, sportivo ed alpinistico della Scuola Alpina della Guardia di Finanza, nel museo è stata allestita una sala dedicata alla memoria dei conflitti dove sono custoditi, oltre a numerosi residuati bellici, anche preziosi documenti e foto d´epoca con immagini che riguardano momenti di vita nelle trincee o nelle immediate retrovie di militari del Corpo, appartenenti ai battaglioni mobilitati della Guardia di Finanza che hanno partecipato alla Grande Guerra. Da non dimenticare, poi, che la scelta di Predazzo, quale sede della più antica scuola militare alpina del mondo, fu determinata dell’esistenza in loco di una caserma la cui costruzione, iniziata dagli austriaci per un battaglione di Kaiserjäger e lasciata incompiuta posteriormente all’occupazione italiana di cima Cauriol, venne poi ultimata dal nostro Genio Militare e ceduta alla Guardia di Finanza dopo una breve occupazione dei bersaglieri.

Il Museo della Guerra di Ermanno Deflorian Il Museo privato, situato nel comune di Ziano di Fiemme, custodisce una ricca collezione di residuati bellici, rinvenuti dal proprietario in tanti anni di ricerca sul Lagorai, distribuiti in due stanze: la prima con numerosi effetti personali esposti nella ricostruzione dell’interno di una baracca dei soldati, la seconda con un’esposizione di fucili, fotografie e cartoline alle pareti, mitragliatrici e caricatori al centro. Ascoltando la storia e la spiegazione dell’uso dei diversi oggetti, risulta evidente che l’obiettivo del Signor Deflorian era quello di raccogliere 41


le testimonianze di quei tempi per ricordare il sacrificio di tanti uomini che hanno combattuto e sofferto per il bene delle generazioni future, per rendersi conto di quali cose impressionanti siano successe sulle nostre montagne. •

La collezione di cimeli del Rifugio Cauriol Presso il Rifugio Cauriol, in località Sadole, è osservabile un’accurata esposizione di cimeli e materiali raccolti su questi monti, che costituirono il formidabile fronte naturale del Lagorai tra il 1916 e il 1917. Il nucleo iniziale fu costituito attraverso i consistenti ritrovamenti effettuati nel corso delle numerose escursioni compiute da Aldo Zorzi e dai suoi familiari sui sentieri e sui ghiaioni che portano alle vicine vette del Cauriol, Cardinal, Busa Alta, Litegosa e Copolà. Successivamente, la collezione si arricchì grazie alle donazioni di privati cittadini di Ziano che, stimolati da Zorzi, recuperarono nelle soffitte i reperti raccolti nell’immediato dopoguerra dai loro genitori o nonni, gratificati dal fatto che i “loro” pezzi contribuivano a costituire un “luogo della memoria”. Oltre all’esposizione di tali consistenti materiali rinvenuti nelle immediate vicinanze, all’interno del rifugio è allestita anche una piccola biblioteca con testi relativi alla Grande Guerra.

La Collezione Tagliabue Oltre ad un archivio con oltre 3.000 foto e cartoline d’epoca relative al fronte ItaloAustroungarico, la collezione comprende numerosi cimeli, tra cui elmetti, divise ed equipaggiamenti, ed infine un’importante raccolta di “KappenAbzeichen” (i distintivi da berretto austroungarici).

L’allestimento di un Museo permanente dedicato alla memoria dei conflitti Pur non avendo ancora trovato una sede appropriata, vista la partecipazione di diversi collezionisti che si sono dichiarati disponibili sia a prestare che a donare preziosi cimeli e documenti presenti nelle proprie collezioni private, un obiettivo di primaria importanza è quello di prevedere la predisposizione di un percorso museale che andrebbe a dar vita, materialmente, ad un centro di documentazione sulla guerra in Valle di Fiemme, centro del quale sarebbero naturale complemento anche il Museo del Rifugio Cauriol e il Museo di Ermanno Deflorian. Nella nostra ipotesi progettuale risulta già chiaro che un Museo della Grande Guerra permanente non dovrebbe essere una muta esposizione di “reperti bellici”, che avrebbe semplicemente lo scopo di trasmettere contenuti precostituiti ad un visitatore passivo, bensì un percorso narrativo che potrebbe snodarsi secondo settori cronologici e tematici di particolare rilevanza, attraverso un suggestivo percorso didattico che accompagna il visitatore in un viaggio 42


ideale attraverso i luoghi e gli avvenimenti che scandirono la Grande Guerra in Valle di Fiemme: il progetto fortificatorio dello sbarramento di Paneveggio, i primi anni del conflitto, le grandi battaglie sul Lagorai, il terribile inverno del 15-16, la costruzione della ferrovia, gli anni del dopoguerra. Per recuperare la memoria di un passato che ha profondamente segnato le coscienze di tutti noi, il materiale illustrativo, costituito da pannelli esplicativi, corredati da immagini storiche ed attuali, dovrebbe essere accompagnato da una ben disposta collezione d'oggettistica d'epoca, formata anche con reperti perlopiù ritrovati sugli ex campi di battaglia: essa offrirebbe non solo una panoramica sugli equipaggiamenti impiegati dagli eserciti operanti sul fronte italoaustriaco, ma anche la suggestione emanata dal pezzo riportato alla luce a cent’anni dal suo utilizzo. Vero “fiore all'occhiello” potrebbe essere la realizzazione di un plastico in rilievo, che ricalchi fedelmente la morfologia del teatro operativo locale, sul quale vengano tracciate con precisione le posizioni fortificate, le linee trincerate, le vie d'approvvigionamento, i rispettivi schieramenti nell’estate del 1917, quando le linee erano abbastanza ferme ed era già in funzione la ferrovia della Val di Fiemme, e tutti gli altri dettagli essenziali alla comprensione degli eventi bellici che investirono questi luoghi. A seconda dei fondi a disposizione, come fatto in occasione della mostra “1914-1918. I Trentini e la Grande Guerra” nelle gallerie di Trento, potrebbe essere installato un plastico multimediale sul quale vengano proiettati gli avanzamenti del fronte e gli avvenimenti, corredati da spiegazioni audio e suggestivi effetti di vario tipo. Attraverso un simile allestimento, evocativo e coinvolgente, i reperti non avrebbero unicamente l'obiettivo di scandire le principali tappe della guerra 1914-18, quanto piuttosto quello di sollecitare una serie di interrogativi fondamentali per ricostruire la vita dei nostri coraggiosi progenitori, circostanza essenziale per poter recuperare un pezzetto di storia che, intesa come un pezzetto di noi stessi, andrebbe a forgiare le nostre radici identitarie, ma anche a favorire la consapevolezza del presente. Si tratterebbe quindi di un percorso espositivo che, utilizzando vari strumenti (immagini fotografiche, ambientazioni, ricostruzioni, sussidi tecnologici e multimediali, suggestioni visive e sonore), meglio se supportati da attività di divulgazione e di intrattenimento culturale, andrebbe ad alimentare la discussione in un pubblico partecipe, visitatori che agendo in prima persona nel processo di conoscenza, potrebbero vivere un'esperienza coinvolgente ed efficace dal punto di vista della comprensione di un tema sempre attuale qual’è quello della guerra. In conclusione, l'obiettivo finale di una simile esposizione dovrebbe essere quello di costituire un attivo polo di comunicazione culturale, un valido strumento per valorizzare la storia del territorio, un luogo di incontro aperto alle realtà locali, destinato a 43


rivestire un ruolo di primo piano anche nell'offerta culturale e turistica di tutta la Valle di Fiemme.

La ricerca di documenti In un primo momento, per dare un solido fondamento storico al progetto, sarà necessario effettuare un’indagine in tutti gli archivi presenti sul territorio per verificare la presenza di documenti relativi al periodo in questione. Tra questi, oltre agli archivi comunali, dove si possono trovare libri-giornali con indicati i nomi di coloro che partirono per la leva, di coloro che partirono per il fronte, nonché la data e il luogo in cui alcuni di essi perirono, merita fin da subito particolare attenzione l’archivio della Guardia Alpina di Finanza, custodito presso la Caserma di Predazzo, estremamente ricco di documentazione sia cartacea che fotografica. Oltre a questa ricerca negli archivi ufficiali, per acquisire ulteriore materiale, dovrà essere effettuata una richiesta di partecipazione rivolta gli abitanti della valle, ovvero un’indagine allargata finalizzata all’acquisizione di tutta una serie di documenti quali reperti bellici, diari di guerra, cartoline spedite dal fronte, francobolli, medaglie, monete, ecc., custoditi nei loro “archivimusei” privati. Per la realizzazione di un simile lavoro, in maniera analoga a quanto è già stato fatto per altri progetti inerenti le tradizioni popolari (ad es. la catalogazione dei reperti del Museo del Nonno Gustavo di Bellamonte), si può verosimilmente ipotizzare di coinvolgere gli studenti delle scuole in modo tale che, effettuando una ricerca storica sul campo, fotografando e catalogando il materiale recuperato, oltre ad esercitare un ruolo attivo nel processo di conoscenza, essi avranno la possibilità ascoltare le testimonianze orali riportate dai figli e dai nipoti dei soldati che furono gli involontari protagonisti del conflitto. Un lavoro estremamente prezioso, ma purtroppo più difficile da ottenere, sarebbe quello di realizzare una serie di video interviste a tutti coloro che, anche per esperienze riportate, sono in grado di fornire una testimonianza della reale tragedia che la guerra rappresentò, non solo per i soldati che combatterono al fronte, ma anche per le donne, i bambini e gli anziani che rimasero impotenti in attesa del ritorno dei loro cari. A questo proposito è doveroso citare la videointervista recentemente effettuata alla Signora Costanza Zanol che, essendo nata a Capriana nel 1908, è uno dei pochi superstiti rimasti in grado di raccontare in prima persona l’esperienza della guerra.

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La costituzione di un archivio e di un database Dopo aver acquisito la documentazione di cui sopra, sarà ovviamente necessario costituire un archivio informatico che dovrà essere custodito presso la Comunità territoriale della Val di Fiemme, in modo tale da rimanere a disposizione delle generazioni future per consentire, qualora ci sia interesse, di effettuare ulteriori ricerche ed approfondimenti. A tal scopo, i vari documenti, pur di diversa tipologia, dovranno essere scansiti, digitalizzati ed archiviati nel database che, auspicabilmente, sarà messo on line e quindi avrà il vantaggio di essere consultabile anche a distanza.

La realizzazione di un apposito Sito Web In un secondo momento, per dare maggior risalto alla copiosa documentazione raccolta, sarà necessario predisporre la costruzione di un apposito sito web destinato a diventare la “vetrina” del progetto in questione. Un sito che dovrà essere costantemente aggiornato caricando tutte le informazioni inerenti le attività ipotizzate o già in corso d’opera, le proposte di ulteriori progetti realizzabili, le pubblicazioni prodotte o in corso di stampa, nonché tutte le indicazioni pratiche su come partecipare alle attività, agli eventi dedicati, alle ricerche in corso, agli itinerari sul territorio e alle visite guidate alle esposizioni permanenti o alle varie mostre temporanee.

L’organizzazione di mostre Per divulgare la documentazione acquisita grazie alle iniziative sopra accennate, e quindi renderne la cittadinanza direttamente partecipe, sarà fondamentale predisporre l’organizzazione di una serie di mostre ricorrenti finalizzate a presentare gli scenari degli eventi bellici, nonché i protagonisti, diretti ed indiretti, dei tragici avvenimenti. Considerate le competenze necessarie per organizzare una qualsiasi mostra, ma anche il successo riscontrato, sia da parte dei turisti che dei residenti, è opportuno ricordare che il Dottor Fulvio Vanzo ha contribuito con varie fotografie alla mostra "Paesaggi di Guerra", realizzata presso il Centro visitatori del Parco Naturale di Paneveggio nell’estate del 2010, mentre il Ragionier Luca De Marco ha allestito la mostra fotografica “La Grande Guerra 1915-18 in Valle di Fiemme e Lagorai”, esposta presso il Teatro di Panchià l’estate scorsa, ed ha già in pro-

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gramma un’altra mostra, da realizzare la prossima estate, che sarà dedicata al Trenino della Val di Fiemme.

La pubblicazione di documenti inediti Sempre allo scopo di divulgare e valorizzare i risultati acquisiti, è auspicabile che i lavori di ricerca svolti portino alla pubblicazione di vari prodotti editoriali: da quelli riservati ad un pubblico di specialisti a quelli destinati ad un target più ampio e variegato. In via del tutto ipotetica è possibile pensare a pubblicazioni quali guide escursionistiche, cartine topografiche corredate da specifiche descrizioni storiche dei luoghi che si vanno a visitare, cataloghi delle mostre proposte, pubblicazioni di diari o epistolari, trascrizioni delle video interviste. Un’iniziativa già attuata, che riveste grande importanza a riguardo, è rappresentata dalla realizzazione, per merito dell’Associazione Proecomuseo della Magnifica Comunità di Fiemme e del Parco di Paneveggio-Pale di San Martino, della cartografia dei manufatti bellici insistenti nel Lagorai Orientale con l’intento di creare degli anelli escursionistici all’interno, ma non solo, delle foreste demaniali di Paneveggio. Pensando alla pubblicazione di un inedito libro sull’offensiva italiana verso il Lagorai, è significativo ricordare che recentemente è stato recuperato parte dell’archivio personale dell’ufficiale di collegamento cap. Pezzi, in forza durante l’estate del 1916 al 18° Corpo d’Armata italiano e operante nella zona Brenta-Cismon. Obiettivo dell’attuale proprietario sarebbe, in occasione delle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra e nell’ambito del relativo progetto patrocinato dalla Comunità territoriale della Val di Fiemme, ricavare una pubblicazione da questi documenti. Entrando nello specifico, sono stati recuperati una decina di libretti contenenti i dispacci che tale ufficiale era incaricato di trasmettere al proprio Comando; alcuni di questi libretti riportano i fatti verificatisi durante l’offensiva italiana dell’estate 1916 verso la catena del Lagorai. Oltre a recare uno ad uno la rispettiva ricevuta telegrafica e i timbri ufficiali, ognuno di questi dispacci, scritti a mano, cita in codice, per ragioni di segretezza, luoghi e fatti sensibili, rendendo unici e degni di interesse questi documenti inediti (sono presenti a parte anche due pagine di cifrari per decodificare in parte i messaggi). Si precisa inoltre che tali dispacci contengono informazioni aggiuntive che non sono mai state trasmesse ai comandi e che pertanto non sono rintracciabili in nessun archivio militare. Sono inoltre state recuperate anche alcune veline, riportanti le trascrizioni a macchina in chiaro di tali dispacci (anche se la maggior parte è purtroppo stata dispersa nel mercato del colle-

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zionismo), utili sia per identificare i codici che per effettuare un confronto con i messaggi originali scritti a mano. Infine, sono oltremodo interessanti ulteriori documenti ufficiali riportanti la dislocazione nei luoghi sopraccitati delle truppe italiane, nonché, classificato come riservatissimo, un documento del Servizio Informazioni italiano riportante un rapporto di spionaggio sulle difese e sulle truppe austroungariche presenti a difesa del Lagorai nel 1916.

Il ricordo della ferrovia Ora-Predazzo Considerata anche la recente pubblicazione del libro “Un binario per Fiemme” di Rolando Cembran, nelle varie attività che verranno predisposte per il Centenario, una menzione speciale sarà sempre riservata alla ferrovia che, fino al 1963, collegava Ora a Predazzo. Dal punto di vista storico, una simile decisione scaturisce naturalmente dalla constatazione che, anche se di questa si parlava già nel 1891, furono proprio gli eventi bellici a dare un notevole impulso alla sua costruzione, nel senso che l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale a fianco dell’Intesa nel maggio del 1915 accelerò la realizzazione della ferrovia. L'obiettivo di trasportare in 24 ore da Ora alla Val di Fiemme un'intera brigata di fanteria, completa di equipaggiamento e armamento, indusse lo stato maggiore dell'Impero austro-ungarico a fare proprio il progetto. In alternativa allo scartamento metrico previsto dai progetti sino ad allora elaborati, si optò per lo scartamento 76 cm, maggiormente diffuso nei territori dell'Impero in quanto, così facendo, sarebbe stato più agevole reperire il numeroso materiale rotabile. Le priorità belliche non impedirono di sviluppare l'opera anche nella prospettiva di un successivo utilizzo civile e turistico: infrastrutture, traversine e materiale rotabile di nuova costruzione furono sin dall'inizio progettati per consentire un'agevole migrazione allo scartamenti metrico e ad una eventuale elettrificazione. I lavori iniziarono nell'inverno 1915-16. Gli addetti raggiunsero punte massime di 6.000 uomini: 3.900 civili, 600 militari e 1.500 prigionieri, prevalentemente serbi e russi. Non mancò, soprattutto nel tratto terminale della linea, il contributo di numerose donne. A metà marzo del 1917 la ferrovia funzionava nel tratto Ora – Castello di Fiemme, ma la conquista da parte italiana del monte Cauriòl obbligò il progettista, ingegner Orley, a modificare il tracciato, facendolo passare sul fondovalle invece che transitando per i paesi, per evitare che la ferrovia potesse essere osservata dalle vedette italiane. Pertanto il tratto Castello di Fiemme – Predazzo entrò in funzione solo il 1° febbraio 1918 quando ormai, a causa dell’arretramento

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del fronte italiano seguito alla disfatta di Caporetto, la zona del Lagorai era diventata una tranquilla retrovia.

MANIFESTAZIONI TEMPORANEE DI VARIA TIPOLOGIA Per arricchire ulteriormente il progetto in questione, sarà necessario organizzare una serie di manifestazioni temporanee, che saranno debitamente distribuite nell’arco dei cinque anni delle celebrazioni del centenario e che dovranno essere organizzate con il prezioso supporto logistico ed organizzativo dei Comuni della valle e della locale Azienda di Promozione turistica. Tre queste è possibile ipotizzare fin da ora: •

presentazioni di libri inerenti la Grande Guerra. Riguardo alla già accennata recente pubblicazione di “Un binario per Fiemme”, è opportuno ricordare che è già in programma una presentazione ufficiale del libro, fissata per il 26 novembre a Predazzo, nel corso della quale verranno ovviamente ricordati tutti gli eventi bellici che influirono sulla costruzione della ferrovia Ora-Predazzo.

Letture pubbliche di diari ed epistolari effettuate da parte di attori professionisti o amatoriali, magari cercando di coinvolgere maggiormente le filodrammatiche locali, al fine di rispolverare la memoria storica per le giovani generazioni dalle pagine di chi l’ha vissuta e vista da vicino. Il successo di simili iniziative è per altro stato dimostrato in occasione del recital “Voci dalla Grande Guerra”, performato recentemente da Andrea Castelli proponendo un percorso di lettura di brani tratti da Lorenzo dal Ponte, Quinto Antonelli, Paolo Monelli, Fritz Weber e Robert Musil.

Serate musicali realizzate coinvolgendo i cori e le bande locali per riproporre i canti popolari dell’epoca, i canti dei soldati, le musiche militari. A questo proposito, un fiore all’occhiello è lo spettacolo “Si sta come d’autunno” realizzato, in occasione dei 90 anni dalla fine della Grande Guerra, dal Coro Genzianella di Tesero. Nello specifico, non si tratta del solito concerto con la semplice presentazione ed esecuzione dei brani, ma di un emozionante racconto realizzato alternando la lettura di vere testimonianze dei soldati ai canti di guerra.

Mostre nelle scuole, allestite ed organizzate dagli stessi alunni e dai loro insegnanti per illustrare alle famiglie e agli altri studenti il lavoro svolto nell’ambito dei progetti storico-culturali predisposti dalla Comunità territoriale.

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Realizzazione di un inedito film sulla conquista del Monte Cauriòl per rivivere, da entrambe le prospettive e attraverso gli occhi degli stessi combattenti, le battaglie epocali che lì si svolsero. Un’idea che nasce dalla lettura delle pubblicazioni autobiografiche di alcuni protagonisti di questi eventi, in particolare: “Memorie di un volontario di guerra” del ten. Oskar Schmilauer, “Ricordi di guerra” del ten. Angelo Manaresi nonché il famigerato “Le scarpe al sole” del ten. Paolo Monelli.

LA PROMOZIONE TURISTICA Se nel mondo attuale la comunicazione è considerata sempre più importante, a maggior ragione lo deve essere nel campo del marketing turistico il quale si propone, attraverso un'azione pubblicitaria o di promozione, di creare l'immagine di un territorio, mettendo in luce l'unicità di una geografia, di una storia e di un insieme di tradizioni culturali che, essendo varie e altamente distintive, ne costruiscono l’identità. Come nel caso di tutte le iniziative che hanno l'obiettivo di diffondere conoscenza, dopo aver trovato una propria identità espressiva, utilizzando un logo, un marchio, uno stile e dei colori di riferimento, anche il progetto in questione deve essere sostenuto da un'intensa campagna promozionale e informativa. Per ottenere fin da subito un vantaggio competitivo, oltre ad utilizzare in maniera combinata i principali strumenti pubblicitari e di pubbliche relazioni, dal volantino esplicativo al sito internet, dagli educational tour alla presentazione a fiere e borse del turismo, la campagna promozionale dovrebbe essere condotta in modo tale da unire, nel stesso messaggio, la nuova proposta e il nome del territorio a cui essa fa riferimento. Nel caso specifico, l'iniziativa dovrebbe essere associata non solo alla Val di Fiemme e al Trentino, ma anche e soprattutto alle Dolomiti, le celebri montagne che dal 26 Giugno 2009 sono state proclamate dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità proprio per la loro storia e la straordinaria bellezza del loro paesaggio. Ma per penetrare il mercato in maniera più capillare, la campagna pubblicitaria dovrebbe anche essere integrata in un sistema coordinato di promozione che, attraverso delle partnership strategiche con operatori già esistenti, in primis con la società Trentino Marketing e quindi la locale Azienda di Promozione Turistica della Valle di Fiemme, permetta di collegare il progetto in questione ai numerosi servizi ricreativi e alle altre esperienze di consumo turistico capaci di coinvolgere e appassionare i visitatori sul piano non solo fisico, ma anche emozionale e passionale. Un piano di comunicazione che non si limiti alla sola promozione dell’iniziativa, ma che sia in grado, già a partire dal processo di ri49


cerca delle informazioni, di creare un’empatia con il potenziale visitatore, sia esso turista o residente, e di enfatizzare la dimensione non solo cognitiva, ma anche esperienziale e spirituale di un percorso che guarda al futuro per riscoprire e rivalutare il passato. In quest'ottica, il processo di definizione di strategie promozionali efficaci, sia all’interno del paese che a livello internazionale, dovrebbe muoversi su due binari differenti: il primo riguarda la scelta di strumenti nuovi ed efficaci di veicolazione dell’immagine, strumenti capaci, da un lato di risolvere i problemi di accessibilità informativa che i viaggiatori si trovano ad affrontare in tutte le fasi di consumo della vacanza, dall’altro, attraverso un uso intelligente delle nuove tecnologie e della multimedialità, di mettere in relazione eventi, storie, culture e luoghi, legati ad un determinato territorio, per creare un rapporto diretto, coinvolgente e personale con i viaggiatori. Il secondo binario riguarda invece l’avvio di efficaci strategie di coordinamento e di un’adeguata integrazione relazionale tra i diversi operatori del comparto turistico allo scopo di definire un modello unico di gestione del processo comunicativo e promozionale, ma anche di risolvere il problema degli investimenti in promozione ingenti, ma frammentati e dunque poco efficaci.

LA CREAZIONE DI FIGURE PROFESSIONALI SPECIALIZZATE In un progetto che ha lo scopo di fornire un servizio culturale alla collettività, un obiettivo strategico di fondamentale importanza è rappresentato dalla definizione di un piano di azione che non riguarda solo lo sviluppo di prodotti, bensì la formazione di figure professionali istruite, esperte e motivate, che siano in grado di condurre gli escursionisti sui luoghi della Grande Guerra e di spiegare loro i principali avvenimenti che interessarono le varie località, sempre rapportandoli al quadro più generale del conflitto (Guide Alpine, Accompagnatori di Territorio, ma anche figure nuove per il territorio come gli operatori storico-culturali). Da notare, poi, che l’attuazione di una simile iniziativa rappresenterebbe una significativa opportunità per l’occupazione giovanile a vantaggio dell’economia locale e della permanenza, ma anche del ritorno, dei giovani in valle. Nel mercato del turismo culturale, considerato una sorta di industria ad alto contenuto informativo, i componenti più pregiati, perché in grado di costituire un innegabile vantaggio competitivo, sono proprio le competenze professionali delle risorse umane che andranno a gestire le informazioni legate all'attività. Una professionalità che non si riduce alla sola, anche se indispensabile, qualità tecnica del servizio che si offre, ma che si deve combinare con una quali50


tà generalmente definita funzionale: non solo il cosa, il contenuto storico-scientifico che caratterizza il servizio, ma anche il come, cioè i modi con i quali tale servizio viene offerto e che rappresentano spesso i fattori critici di successo. Su questo punto l’Associazione Proecomuseo della Magnifica Comunità di Fiemme, grazie alla collaborazione di Luca Girotto e Adone Bettega, autori di diversi libri sull’argomento, ha ideato e concretizzato un percorso formativo che ha previsto, oltre alle lezioni in aula, anche dei momenti di approfondimento all’aperto nelle zone attraversate dagli anelli escursionistici.

CONCLUSIONI Come preannunciato agli inizi del presente documento, il progetto è sicuramente ambizioso, ma considerato che il suo scopo ultimo è quello di riscoprire e ricordare un evento tragico di enorme portata, tanto per il Trentino che per l’Europa intera, la Comunità territoriale della Valle di Fiemme, congiuntamente alle Comunità di Fassa e Primiero, si assume responsabilmente l’incarico al fine di poter consegnare alle generazioni future un patrimonio storico, verosimilmente accresciuto e rinnovato, che rivestirà un’importanza fondamentale per poter guardare al futuro in maniera più consapevole.

Cavalese, 14 gennaio 2013

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