MasterX - marzo 2019

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Da sapere

Bitcoin

Cultura

Il personaggio

Auroville, la citta senza monete _ p.14

I segreti di una passione (poco compresa) _ p.10

Un viaggio tra i libri e i film che trattano di soldi _ p.6

Salvatore Rossi, l’uomo a guardia del forziere _ p.4

Anno XVI | Numero I | Marzo 2019 | www.masterx.iulm.it

MasterX Periodico del master in giornalismo dell’Università IULM Facoltà di comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità

denaro La sua materia prima è la fiducia.

L’illusione cognitiva determinata dalle nuove tecnologie apparentemente ci dà il controllo di porzioni sempre più ampie del mondo. Ma nel contempo ci spinge a stare solo con chi la pensa come noi. È questo che mette a rischio le comunità-Paese e ne mina la fiducia. Impoverendole.


SEZIONE

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ARGOMENTO

MasterX MARZO 2019 - N° I - ANNO 16

SOMMARIO

In questo numero

Diretto da: DANIELE MANCA (responsabile)

Il personaggio

Progetto grafico: MASTERX IULM

Salvatore Rossi, colloquio con l’uomo del nostro oro

Redazione: Beatrice Barbato, Chiara Colangelo,

Corinne Corci, Alessandro Di Stefano, Giulia Diamanti, Alessandro Follis, Giulia Galliano Sacchetto, Enrica Iacono, Antonio Lopopolo, Luca Palladino, Federico Rivi, Nausica Samela, Alice Scaglioni, Caterina Spinelli, Alessandro Vinci, Niccolò Bellugi, Andrea Bonafede, Daniela Brucalossi, Ivan Casati, Alessia Conzonato, Sofia Francioni, Eleonora Fraschini, Francesco Li Volti, Mauro Manca, Gabriella Mazzeo, Virginia Nesi, Benny Mirko Procopio, Ilaria Quattrone, Martina Soligo, Lucio Valentini. Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002 Stampa: RS Print Time (Milano) Master in Giornalismo Università IULM Direttore: Daniele Manca Coordinatore organizzativo: Marta Zanichelli Coordinatore didattico: Ugo Savoia Direttore laboratorio digitale: Paolo Liguori Tutor: Sara Foglieni Docenti:

Roberto Andreotti (Giornalismo culturale) Adriano Attus (Art Direction e Grafica Digitale) Federico Badaloni (Architettura dell’informazione) Luca Barnabé (Giornalismo, cinema e spettacolo) Ivan Berni (Storia del giornalismo) Silvia Brasca (Fact Checking & Fake News) Marco Brindasso (Tecniche di ripresa) Federico Calamante (Racconto live evento sportivo) Marco Capovilla (Fotogiornalismo) Marco Castelnuovo (Social Media Curation I) Piera Ceci (Giornalismo radiofonico I) Massimo Corcione (Giornalismo sportivo) Cipriana Dall’Orto (Giornalismo periodico) Nanni Delbecchi (Critica del giornalismo TV) Andrea Delogu (Impresa editoriale) Luca De Vito (Videoediting) Gabriele Dossena (Deontologia) Stefano Draghi (Statistica) Lavinia Farnese (Social Media Curation II) Guido Formigoni (Storia contemporanea) Marco Fraquelli (Media Relations) Alessandro Galimberti (Diritto d’autore) Paolo Giovannetti (Critica del linguaggio giornalistico II) Nino Luca (Videogiornalismo) Anna Meldolesi (Giornalismo scientifico) Caterina Malavenda (Diritto e procedura penale) Micaela Nasca (Laboratorio di pratica televisiva) Pino Pirovano (Dizione) Luca Pitoni (Forma grafica delle notizie) Aldo Preda (Giornalismo radiofonico II) Davide Preti (Tecniche di montaggio) Fabrizio Ravelli (Critica del linguaggio giornalistico I) Roberto Rho (Giornalismo economico) Giuseppe Rossi (Diritto dei media e della riservatezza) Claudio Schirinzi (Giornalismo quotidiano) Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia) Angelo Turco (Geopolitica e informazione) Marta Zanichelli (Publishing digitale)

Cultura Tra pagine e pellicole, il denaro è protagonista

Digital/1 Corsa al bitcoin, l’oro 3.0 che scardina il sistema

Digital/2 Cashback mania Se il risparmio viaggia online

Curiosità I soldi dai latini alle app Le 10 cose da sapere

Sport Un calcio alla crisi Il pallone è anticiclico

Giovani Generazione gig economy: piccoli stipendi non crescono

Linguaggio Etimologia e semiotica Storia del termine “denaro”

Studenti Le cifre da record: Milano, quanto ci costi?

Università twitter.com/masterx_iulm youtube.com/clipreporter facebook.com/MasterX_IULM 2

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Teatro: gli appuntamenti per i 50 anni


EDITORIALE

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Parola chiave. Il denaro si fonda sulla fiducia. Tra i tanti, lo ha affermato anche il saggista israeliano Yuval Noah Harari

Daniele Manca Direttore del Master in Giornalismo IULM

DENARO È LA NOSTRA PAROLA DELL’ANNO _

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a fiducia è la materia prima da cui sono coniati tutti i tipi di denaro, scriveva Yuval Noah Harari nel suo Da Animali a Dei, Breve Storia dell’Umanità (Bompiani). Parliamo di denaro ma intendiamo fiducia. Ce ne dimentichiamo troppo spesso. È la fiducia che permetteva all’oro inizialmente di garantire a chi anticamente ne possedeva un pochino di essere certo che «chiunque altro avrebbe accettato quel pezzetto di metallo in cambio di altri beni utili», spiega I luoghi di riflessione, Salvatore Rossi nel suo di studio, di scambio, libro dedicato al metallo come un’Università, giallo (Oro, Il Mulino). rappresentano È quella fiducia che sta il cuore del comune alla base della costruziosentire ne della comunità, senza la quale non è possibile pensare, immaginare la nostra vita. Siamo individui nati per stare assieme, per vivere collettivamente. Ragioniamo in maniera cooperativa. Steven Sloman, professore alla Brown, e Philip Fernbach, dell’Università del Colorado, hanno scritto un libro, The Knowledge Illusion: Why We Never Think Alone. Man mano che l’uomo fa nuove scoperte si creano nuove aree di ignoranza. Attraverso il nostro modo di pensare cooperativo crediamo di sapere molto di più e in maniera approfondita di quanto in realtà sappiamo. Il lato negativo lo verifichiamo

ogni giorno sui social quando tanti si piccano di poter discutere di qualsiasi cosa con cognizione di causa, dai vaccini allo spread. Quello positivo è che tendiamo a fidarci di ciò che la nostra comunità condivide. Il denaro ne è l’esempio più evidente. E più sperimentato. Grazie alla presenza di istituzioni che fanno da garante. La tendenza è sempre più quella di fidarsi delle comunità ristrette, dalla famiglia a quelle nate sui social. Non è un caso che in questi ultimi anni si sia affievolita in alcuni Paesi, segnatamente anche il nostro, l’affezione a quelle istituzioni che nel corso degli anni hanno fatto sì che le comunità più estese potessero resistere a guerre e conflitti. L’illusione cognitiva determinata dalle nuove tecnologie che apparentemente ci dà il controllo su porzioni sempre più ampie del mondo e nel contempo ci spinge a stare solo con chi la pensa come noi, è ciò che mette più a rischio le comunità-Paese. Ne mina la fiducia. I luoghi di riflessione, di studio, di scambio, come un’Università, rappresentano il cuore del comune sentire. Spazi come la nostra Università, la IULM, sono zone franche dove rinsaldare i legami con le istituzioni (delle quali noi facciamo parte), con quelle rappresentazioni del nostro essere comunità che ci garantiscono continuo alimento per la fiducia. Per questo ci piace vedere nel denaro un suo sinonimo. Piuttosto che il mondo figlio di quella “scienza triste” che è sembrata dominarci nello scorcio di fine secolo e inizio millennio.

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REPORTAGE IL PERSONAGGIO |

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Di Alessandro Di Stefano È l’uomo dell’oro, il nostro. Nei caveaux di Palazzo Koch a Roma ne custodisce 1.100 tonnellate in lingotti e monete, il 45% del totale. Parte della riserva aurea della Nazione giace nelle cosiddette “sacristie” della Banca d’Italia, stanze prive di finestre, con possibilità di accesso limitate ai “casi strettamente indispensabili” come detta il sito dell’Istituto. E tutto l’altro oro dove sta? Al sicuro negli Stati Uniti, in Svizzera e nel Regno Unito. Notizia che può incuriosire (o addirittura spaventare) in un’epoca che registra non poche nostalgie di sovranismo monetario. Dobbiamo preoccuparci se la maggior parte del nostro oro viene protetto da altri oltreconfine? Salvatore Rossi, il Direttore Generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass – l’authority che vigila sulle assicurazioni – è la figura più indicata per rispondere alle domande che qualunque cittadino può porsi quando riflette sul peso aureo del Paese. In fin dei conti, l’oro rappresenta stabilità e fiducia. Nato a Bari nel 1949, Rossi completa i suoi studi al Fondo Monetario Internazionale e al Massachusetts Institute of Technology di Boston, per poi fare il suo ingresso in via Nazionale nel 1976. Dal 2013 ha preso il posto di Fabrizio Saccomanni come Direttore Generale della Banca d’Italia. Alla vigilia del suo intervento all’Università IULM ha risposto alle domande di MasterX.

Salvatore Rossi Direttore Generale Banca d’Italia

«DENARO? È TUTTA QUESTIONE DI FIDUCIA. RECIPROCA» 4

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Come ha ricordato nella cerimonia di insediamento il Rettore Gianni Canova la parola chiave, «Word of the Year», per l’anno accademico 2018/19 è “denaro”, «in sintonia con i tempi che viviamo». Tema a cui Salvatore Rossi ha dedicato diverse riflessioni nel suo ultimo libro, Oro, pubblicato nel 2017 per Il Mulino. «La mia lezione ha per titolo ‘Che cos’è il denaro?’ – spiega il Direttore Generale della Banca d’Italia - Una domanda apparentemente facile, in realtà difficile e sfuggente. Il denaro ha attraversato tutta la storia dell’umanità, è antichissimo, ma al tempo stesso, nelle sue declinazioni moderne, usa le forme tecnologiche più avanzate. Ho ripercorso la vicenda del denaro, discutendo anche di banche centrali e di politiche monetarie. Se ne sente parlare molto ma spesso si hanno idee confuse sui loro obiettivi e su come funzionano». Denaro come moneta, ma anche bene rifugio virtuale che viaggia con un clic da un continente all’altro grazie a internet; perfino in un paese ancora legato al contante come l’Italia, non sono poche le app che ci permettono l’utilizzo dei nostri soldi dal ponte di comando del touchscreen. E se tutto questo è possibile, forse non fa che confermare la validità della citazione dello storico israeliano Yuval N. Harari, ripresa nel libro di Salvatore Rossi: il denaro “è il più universale e il più efficiente sistema di fiducia reciproca mai ideato”. Fiducia, merce rara di questi tempi. Recessione tecnica, mesi di febbre dello spread, sullo sfondo la guerra dei dazi tra Usa e Cina e gli scenari “no deal” come possibile ultimo atto di Brexit. Infine la moneta unica che quest’anno spegne venti candeline come valuta nata per sostenere il progetto politico dell’Unione Europea. Silenziata (per ora) l’ipotesi di un possibile referendum sull’euro, in Italia da anni ci si interroga sulla scelta compiuta alla fine del secolo scorso e sui benefici per i portafogli di consumatori e imprenditori. Incaricato di custodire l’oro, su cui si basa l’affidabilità economica e politica del sistema Paese, cosa ne pensa il Direttore Generale, Salvatore Rossi, di quella decisione storica? «L’euro ha cambiato vite e abitudini degli europei continentali. È stato il frutto di una scelta politica audace dei governi dei paesi fondatori, maturata negli anni Novanta del secolo scorso, poi approvata dai Parlamenti nazionali. La moneta unica europea è stata concepita come tappa fondamentale nel percorso di graduale integrazione e unificazione del nostro continente». Agli


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esordi gli 11 Paesi che la adottarono nutrivano infatti speranze: commercio e occupazione in crescita, lotta all’inflazione. Dei primi compiti a casa richiesti a tutti per fare parte del gruppo originario compariva anche il rapporto debito pubblico/PIL fissato al 60%. Cifra che Roma già all’epoca aveva oltrepassato con un tendenza che si è confermata fino ad oggi: il medesimo rapporto supera il 130%. Secondo Salvatore Rossi la scelta dei Governi di centrosinistra portò comunque acqua anche al mulino italiano. «L’euro aveva anche obiettivi molto concreti: dare una moneta sola al grande mercato interno europeo, fondamentale motore di sviluppo economico, per agevolarne il funzionamento. Una mossa indifferibile. Da questo punto di vista l’euro ha avuto successo: tutti i popoli europei, incluso quello italiano, ne hanno ricavato grandi vantaggi di benessere, a cominciare da tassi d’inflazione e d’interesse bassi e quasi uniformi in tutta l’area». L’altro lato della moneta va letto poi alla luce di una crisi economica decennale che ha investito le economie dell’eurozona, ripresasi dopo anni di austerità e piani di salvataggio visti dai cittadini come calati dall’alto, dolorosi. Terreno fertile per la crescita delle forze politiche antisistema e populiste che promettono la rivincita alle prossime elezioni Europee. «Sappiamo - aggiunge Salvatore Rossi - che il denaro è anche, da sempre, un simbolo d’identità. Se lo spirito europeo si attenua e riprendono forza le ragioni d’identità nazionale l’euro ne risente nei convincimenti degli europei». E a proposito, quanto piace l’euro agli italiani? I dati non sono univoci: secondo Eurobarometro, lo scorso anno il 57% degli italiani riteneva la moneta unica un fattore positivo per il proprio Paese (+12% rispetto al 2017); d’altra parte la stessa ricerca ha .

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chiesto agli intervistati cosa avrebbero votato in un ipotetico referendum sulla permanenza o meno nell’Unione Europea (condizione peraltro necessaria per adottare l’euro): gli italiani a sostegno del remain sarebbero il 44%, i contrari il 22%. La percentuale dei favorevoli all’Ue è stata la più bassa registrata tra tutti gli ex Ventotto.

IL GUARDIANO Nella pagina accanto Salvatore Rossi, nato a Bari il 6 gennaio 1949, Direttore Generale della Banca d’Italia dal 2013.

In Oro il Direttore Generale ricorda che l’Italia detiene la quarta riserva aurea più grande al mondo dopo Federal Reserve, Bundesbank e Fondo Monetario Internazionale. Perché non utilizzare questa montagna di potenziale denaro per investimenti in scuole, infrastrutture, welfare? “Tanto per cominciare – scrive Rossi nel suo libro – riversare 2.500 tonnellate sul mercato mondiale dell’oro lo squilibrerebbe moltissimo […] Un aumento dell’offerta di quell’ordine farebbe crollare vertiginosamente il prezzo […] Quale controparte accetterebbe ciò sapendo che se la transazione transitasse dal mercato, determinando un forte eccesso d’offerta, il prezzo scenderebbe?”. Ecco perché lingotti e monete dovranno rimanere al sicuro nei caveaux ancora per secoli. «L’oro - conclude Rossi a MasterX - è una grande enigma. Da migliaia d’anni è ardentemente desiderato da quasi tutta l’umanità, per ragioni che trascendono di gran lunga la sua relativa rarità e il suo valore effettivo, pur cospicuo, essendo l’oro bello come oggetto di gioielleria e dagli usi industriali non banali. Sovrani e poi banche centrali, creatori del denaro circolante nelle nostre economie, lo hanno accaparrato come ultima riserva di valore. Tuttora non c’è banca centrale al mondo che non abbia la sua riserva di lingotti e monete d’oro. Perché? Perché ciascuno ha sempre avuto fiducia che tutto il resto del mondo avrebbe attribuito un alto valore all’oro, nei secoli dei secoli. Su che cosa si basi quella fiducia è parte dell’enigma oro, ma seimila anni di storia la giustificano in pieno».

A fianco, Palazzo Koch, la sede di Bankitalia in via Nazionale a Roma.

LINGOTTI

A quanto ammontano le nostre riserve auree? La Banca d’Italia venne fondata nel 1893 con la fusione di tre istituti di emissione. Erano la Banca nazionale del Regno d’Italia, la Banca nazionale toscana e la Banca toscana di credito, dalle cui casseforti si assommarono le prime 78 tonnellate di oro fino di proprietà dell’Istituto. In Oro il Direttore Generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, spiega i passaggi che hanno portato il nostro Paese a vantare la quarta riserva aurea a livello globale. Dopo l’8 settembre ’43 parte dell’oro italiano

venne preso dai tedeschi per essere trasferito in Germania come ulteriore forma di dominio di Berlino su Roma. Nel 1945, a guerra finita, le nostre riserve pesavano soltanto 22 tonnellate. Grazie però alla ricostruzione e al miracolo economico lingotti e monete tornarono ad ingombrare i caveaux della Banca: il governatore Guido Carli fu l’ultimo a disporre l’acquisto di lingotti d’oro per aumentare l’affidabilità dello Stato. Nel 1973 le riserve auree sfiorarono le 2.600 tonnellate. L’ultimo passaggio storico

per Palazzo Koch fu la nascita della Banca Centrale Europea, a cui via Nazionale destinò 141 tonnellate di oro nel 1998 per costruire le fondamenta della moneta unica. A vent’anni dalla nascita dell’euro come valuta le riserve auree contano, tra lingotti e monete, 2.452 tonnellate di oro italiano. Il nostro oro, comunque lo si intenda, in ottica sovranista o meno. Lingotti di ogni tipo, dai 4 ai 20 kg di peso e con un titolo medio ovvero la percentuale media di oro fino usato nella lega - di 996,2 su 1000.

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TRA CINEMA DEONTOLOGIA E LETTERATURA|

Ma quanti soldi tra libri & film Da Dostoevskij a Saul Bellow, da Stanley Kubrick a Martin Scorsese, il denaro è stato, ed è ancora, protagonista di centinaia di opere. Anche di perle di comicità come La banda degli onesti del 1956, quando Totò e Peppino De Filippo si improvvisano falsari... Il nostro viaggio in dieci capolavori che hanno raccontato il rapporto dell’uomo con la ricchezza

Pagine a cura di Corinne Corci _ Nascosto, come nell’Avaro di Plauto e di Molière o rubato come quello che Pinocchio seppellisce nel Campo dei miracoli. O ancora riprodotto, come prova a fare Totò nel film di Mastrocinque La banda degli onesti. Perché che sia pesante come l’oro, leggero come uno stormo di banconote, o invisibile come i flussi della finanza, il denaro nella vita reale, nel cinema e nella letteratura, è divenuto divinità mitologica. È refurtiva in una valigia, ossessione del giocatore d’azzardo e carta frusciante, come quei due milioni di dollari che Kubrick disperde nel cielo di un aeroporto in Rapina a mano armata: «In una riflessione sull’avidità e sul destino che si dispiega durante il finale», osserva il critico cinematografico e rettore dell’Università IULM Gianni Canova. Negli ultimi secoli, ha infine abbandonato le sue sembianze fisiche per divenire materia invisibile che scorre nelle vene dei finanzieri. Nel 1891 Émile Zola scrisse L’argent, dove il protagonista Aristide Saccard non desidera ammucchiare denaro come il Mazzarò di Verga, ma farne sgorgare dappertutto. Finirà divorato dal suo sogno, poiché il potere dei

soldi, soprattutto di quelli senza corpo, non smentisce la sua tendenza all’esagerazione. Ne sa qualcosa Jordan Belfort, anti-eroe di Scorsese: «Genio del raggiro e della frode dal sorriso posticcio dei venditori di macchine. Come un diavolo post moderno nella giungla degli investimenti dell’America anni ’80», spiega Luca Barnabé, critico cinematografico e docente di “Giornalismo, cinema e spettacolo” al Master in Giornalismo IULM. «I film che hanno affrontato il tema del denaro sono tantissimi. Era cantato dai protagonisti di Casinò, dove i dollari dei potenti cadevano dall’alto e finivano a cascata nelle tasche dei mafiosi», continua. «Si potrebbe dire in questo senso che le allucinazioni di Jordan iniziano in termini cronologici esattamente dove finiva Casinò. Perché la bestialità fa sempre parte dell’anima del maschio americano, ma quando si tratta di denaro, ogni cosa è esagerata». Ne sa ancora Matt Prior, il poeta finanziario in bancarotta di Jess Walter, che si arrovella in un’America giunta al dunque di quella grande crisi del 2008, descritta nel suo principio in The big short. Da Pinocchio al film di Mckay, ecco allora cinque opere letterarie e altrettante pellicole memorabili, che hanno raccontato le differenti forme e la grande avventura del denaro.

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GIORNALISMO CULTURA |

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Rovinosa parabola autobiografica di chi ha condannato la propria anima al tavolo verde, la vicenda si svolge nella fittizia (ma evocativa) città tedesca di Roulettenburg, dove la giovane Polina è giunta per vincere e restituire 50 mila franchi a un ex amante che l’ha umiliata. Per raggiungere il suo scopo, si serve di Aleksej, il giocatore alter ego dell’autore: un precettore un tempo innamorato della donna, e ormai conquistato dal demone del gioco. Due passioni, quella per l’azzardo e quella amorosa, speculari e parimenti sterili, animati dal brivido di sfidare la sorte e dalla tensione di chi ama sporgersi sul baratro. Un po’ tragedia, un po’ pochade, il romanzo è l’analisi di un’anima viziata. Che, una banconota dopo l’altra, aspetta solo «che tutto finisca».

Quei cinque zecchini d’oro, regalo di Mangiafuoco per Mastro Geppetto, brillano, tintinnano, e lo mettono nei guai. Perché la truffa ai danni di Pinocchio comincia nel segno dell’Avaro plautiano (nascondere il tesoro) e sconfina nel sogno speculativo: sotterrare un capitale, per riprodurlo all’infinito. Parola del Gatto e della Volpe, consulenti senza scrupoli che approfitteranno dell’ingenuità del burattino: «Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro, per esempio, uno zecchino d’oro. Poi ricopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. […] La mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini».

Nella vita di Tommy Wilhelm ogni giorno è come gli altri. Al pari di un Pinocchio dissoluto con un padre ricco che ha smesso di aiutarlo e un’ex moglie arrabbiata, insegue l’agonia dei suoi ultimi soldi sul grande tabellone alla Borsa merci di Chicago. Avvicinato da uno speculatore (il dottor Tamkin) che scommette sulle oscillazioni del lardo e del pollame, si separa dai suoi ultimi 700 dollari: «Fin dal momento in cui aveva sentito l’odore della fatalità nel dottor Tamkin, non aveva più saputo tenersi il denaro». E così, turbato dall’importanza di un denaro che ormai «move il sol e le altre stelle», Tommy diviene un navigatore senza orientamento, che per sorte avversa e incapacità riesce sempre a prendere la rotta sbagliata.

Per dare inizio a un’avventura basta un colpo di fortuna. Anche se stai per compiere cent’anni, e non hai più voglia di festeggiare. A muovere il romanzo d’esordio dello svedese Jonas Jonasson è una valigia di soldi dimenticata da un giovane che doveva correre al gabinetto. La trova il vecchio Allan Karlsson, in fuga da un ricovero. Preso un autobus con le pantofole ai piedi per sfuggire alle infermiere, Allan si ritrova ospite dell’anziano Julius. Non sa ancora cosa vi sia nel baule ma promette: «Tutto ciò che è mio è tuo. Dividiamo il bottino in parti uguali, ma se dentro ci sono un paio di scarpe della mia misura le prendo io». Saranno le 500 corone trovate a mettere in moto il resto della storia, di chi è pronto a tutto per non lasciarsi scappare questo improvviso e pericoloso dono del destino.

Poesia ed economia, storia di rime tempestose. Come quella di Matt Prior, che ha lasciato il lavoro di giornalista economico poco prima della crisi americana del 2008, per dedicarsi al suo sito web poetfolio.com: consigli finanziari sotto forma di parole in versi. «La poesia di investimento avrebbe attirato i curiosi […] e di conseguenza, avrebbe aperto la strada al dibattito letterario sulla cosa su cui la maggior parte di noi passa giorni interi a riflettere: i soldi». Ex ingranaggio-ostaggio di quel meccanismo infernale che porterà al disastro dei mutui subprime, Prior cerca di salvarsi in ogni modo dal disastro, anche quando ogni cosa sembra non funzionare più. La bancarotta è assicurata, il finale quasi catartico.

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Nella rapina all’ippodromo, il tempo gioca un ruolo fondamentale. Tutto si basa sulla precisione degli spostamenti, poiché anche dieci secondi di ritardo potrebbero far saltare il piano. E tutto salta, letteralmente. «John è in aeroporto e ha finalmente tra le mani la grande valigia piena di due milioni di dollari. Ma, rifiutandosi di pagare un’aggiunta per portarla a bordo, sceglie di farla imbarcare», racconta Canova. «È la scena finale, tutto sta giungendo a compimento ma succede l’impensabile: l’autista del furgone con le valigie frena di colpo a causa di un cagnolino corso sulla pista, la borsa cade, si apre. Il suo stormo di banconote vola nel vento. Ed eccoli: avidità e destino. Ciò che più di tutto può compromettere la fatica degli uomini».

CAMILLO MASTROCINQUE, LA BANDA DEGLI ONESTI (1956) In uno dei tanti popolatissimi alveari di Roma, sta per nascere la più bella “associazione a delinquere” della storia del cinema. Totò è il portiere del palazzo, Antonio Buoncore che, avuto quanto necessario per fabbricare biglietti da 10 mila lire da un ex incisore della zecca, convince il tipografo Giovanni e un pittore d’insegne a fabbricare banconote. Inizia così la commedia degli equivoci d’impronta neorealistica tra chi, troppo onesto e pavido per truffare, spende e brucia per errori soldi veri. Tra divertimento e polemica sociale, il film di Mastrocinque racconta la coeva delusione per un’Italia sempre sotto il tallone del profittatore: un’umanità minore che, vessata dai prepotenti, cerca di coalizzarsi in una rivincita velleitaria facendo propri i metodi scorretti dei persecutori, perché «o sei roso dai morsi di coscienza, o da quelli della fame».

Come nei romanzi di Balzac e nel racconto di Tolstoj da cui è tratta l’ultima opera di Bresson, il denaro è qui il reagente usato per indagare la natura più intima dei rapporti umani: mogli e mariti dilaniati dalla spartizione dei beni, amicizie naufragate per litigi da pochi spiccioli. Visti nelle loro sfumature più tenui, essi rivelano una trama meccanica, arida, automatica. È la storia di Yvon, onesto lavoratore che, accusato a torto dello spaccio di una banconota falsa, diviene un pluriomicida per poi costituirsi. Insomma, Bresson è uno scrutatore di destini, che considera il denaro una peste che si sparge nel passaggio di mano. Principale causa della scomparsa del sacro: «È il Dio invisibile dell’odierno assetto sociale. In cui non ci sono nomi e tutto è permesso».

Gordon Gekko di Wall Street è il suo personal guru. La storia? Un baccanale indisciplinato. «La vera droga consumata dal broker Jordan Belfort non è la cocaina, ma quella banconota da 100 che arrotola per inspirare. Simbolo del denaro con tanti zeri che fin da piccolo ha mosso il suo desiderio di emergere», spiega Barnabé. «Sin da piccolo, Jordan è un cucciolo di lupo affascinato da quel grande bestiario che è Wall Street. Una matricola in grado di apprendere in fretta dai cattivi maestri come diventare il maschio alfa nella giungla finanziaria». Insomma, fulgido esempio di chi ha creduto alla più grande promessa fatta dalla cultura americana: se sei in gamba e hai tenacia, nel paese dello zio Sam puoi diventare qualsiasi cosa. Così, Jordan è diventato satanasso, «maschera di un sogno distorto e lupo della contemporaneità». Entra a Wall Street il Black Monday del 1987. Un segno?

Leggere i titoli di coda è una perversione da cinefili. Peccato. Perché per comprendere i drammi che la crisi finanziaria del 2008 ha provocato, attendere la fine del film di Mckay può rivelarsi un valido aiuto: «5 mila miliardi di dollari erano spariti […] 8 milioni di persone persero il lavoro; 6 milioni, invece, la casa». Sono solo alcune delle conseguenze della Grande Recessione che condusse l’economia americana al suo collasso, estendendosi, negli anni, a livello globale ed entrando con impeto nella vita della gente comune. In che modo? Come ne La lettera rubata di Poe, la soluzione sta davanti ai nostri occhi: in tre scene che convocano alcune star mediatiche (Margot Robbie, Selena Gomez e lo chef Anthony Bourdain) e in cui il linguaggio dell’economia si fa decifrabile.

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SEZIONE DIGITAL/1

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ARGOMENTO CRIPTOVALUTE

2008

LA STORIA

Dalla genesi al boom, le tappe della moneta digitale

Nell’agosto 2008 viene registrato il dominio bitcoin.org, che anticipa la pubblicazione, il 31 ottobre 2008, del Whitepaper di bitcoin firmato da Satoshi Nakamoto. L’anonimo inventore della criptovaluta pubblica infatti un link al documento Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, in cui si spiegano i meccanismi che regolano la moneta digitale.

Bitcoin, il nuovo Wild West Nonostante il crollo del mercato che ha interessato tutto il 2018, bitcoin rimane uno dei fenomeni più chiacchierati e controversi nel mondo delle criptovalute. Ecco perché Di Alice Scaglioni _ A dicembre Gerald Cotten, fondatore della piattaforma canadese di scambio di criptovalute e bitcoin QuadrigaCx, è morto appena trentenne, portando con sé per sempre le chiavi di accesso ai bitcoin del sito. Sito che, come sa bene chi mastica un po’ di temi come bitcoin e blockchain, ha un livello di sicurezza mostruoso, tale da aver impedito agli altri investitori di recuperare i propri portafogli virtuali, per un totale di quasi duecento milioni di dollari. La morte del fondatore, che non si è preoccupato di mettere al sicuro le chiavi di accesso (se non in un cassetto della propria memoria), ha così congelato per sempre tutti i soldi digitali degli iscritti a QuadrigaCx. Tralasciando le teorie complottistiche, che vorrebbero Cotten in ottima salute e astuto Arsenio Lupin dei bitcoin, la vicenda ha contribuito a riportare al centro del dibattito le criptovalute, e in particolare quella inventata più di dieci anni fa dal misterioso Satoshi Nakamoto: il bitcoin. Intorno a questa figura mitologica 3.0, metà moneta digitale e metà metodo di pagamento, aleggia un’aura di mistero, spesso legata alle incomprensioni e alla scarsità (nonché alla falsità) di informazioni che negli anni passati hanno caratterizzato il boom dei bitcoin. Si è raccontato e detto di tutto, fin dalla loro comparsa, il 31 ottobre 2008: che fosse una bolla destinata a scoppiare presto, l’oro del Terzo Millennio, una frode o ancora una catena di Sant’Antonio. Ma cos’è realmente il bitcoin? Innanzitutto, come spiega il ricer-

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catore e docente Iulm Alberto Mingardi, è una vera e propria rivoluzione: per la prima volta ci troviamo al cospetto di qualcosa che è al tempo stesso digitale e scarso, quando per definizione ciò che è digitale è illimitato e infinito (basti pensare a quante volte possiamo copiare e incollare un articolo che ci piace da un sito Internet). Il bitcoin è il primo ossimoro di questo tipo in quanto non esiste materialmente, non c’è un corrispettivo che ne supporti il valore - o come direbbe Mingardi «Non c’è dell’oro in un caveau nascosto sottoterra che ne sia l’equivalente» - ma è una risorsa limitata a causa della natura del suo processo di produzione, il mining. Parallelamente a qualsiasi metallo prezioso, il bitcoin viene estratto, e questo meccanismo ha dei costi via via più elevati, e difficoltà sempre più ingenti, che ne determinano la scadenza, fissata per il 2140. «Il bitcoin è moneta-merce», continua Mingardi, «e il valore di questa merce dipende anche dalla sua scarsità: ovviamente se una cosa è infinita, è difficile darle un prezzo, ma siccome bitcoin una fine ce l’ha, noi siamo in grado di attribuirgli un valore». Si parla di rivoluzione, dunque, per la sostanza stessa della criptovaluta, ma in realtà la vera innovazione deriva dalla disruption che ha messo in atto contro il sistema creditizio tradizionale, finora mai intaccato. Molti studiosi, come Andreas Antonopoulos, hanno paragonato l’avvento di bitcoin all’Internet of Money, sostenendo che la criptovaluta creata da Satoshi Nakamoto possiede la stessa capacità di rottura con i meccanismi dell’economia e della grande finanza. «(Bitcoin) è completamente decentrato, la moneta è scarsa e le transazioni avvengono tra le persone, ma non c’è nessuna Banca Centrale. I minatori rendono disponibili le risorse, che vengono scambiate, ma non c’è un punto di irradiazione e di diffusione della moneta. Ed è lo stesso principio che regola Internet: non esiste un’autorità che smista le informazioni» continua Mingardi. È insolito infatti che un sistema così fondamentale, come è quello del credito, nella vita

di tutti i giorni sia rimasto pressoché invariato, nonostante le grandi trasformazioni dovute a Internet e al galoppare della tecnologia dalla fine degli anni Novanta ad oggi. «Bitcoin è l’unica cosa che ha portato innovazione radicale in quella direzione, e oggi è ancora lì», precisa Mingardi, che aggiunge «È vero che il suo valore è diminuito rispetto ai picchi dell’anno scorso, ma comunque il meccanismo rappresenta un passaggio clamoroso». Focus quindi sulla longevità della moneta digitale, che nell’ottobre scorso ha compiuto dieci anni, dimostrandosi molto più resistente alle oscillazioni di valore rispetto a diverse altre “farfalle” nel mondo delle criptovalute. «Il successo di bitcoin ha innescato una pletora di tentativi emulativi (alternative coin, .

GLOSSARIO

Bitcoin: può indicare sia una moneta digitale coniata ogni dieci minuti, grazie a computer connessi tra loro da un unico software, sia il metodo di pagamento, tramite una serie di transizioni registrate sotto un unico file, la blockchain. Blockchain: è un file che racchiude tutte gli scambi di bitcoin effettuati dal 2009 fino ad oggi. A ogni transazione diventa sempre più complesso, e quindi più difficile da violare. Il sistema garantisce sicurezza e anonimato, grazie a una doppia chiave composta da 33 caratteri alfanumerici. Mining: dall’inglese, significa “minare”; indica il processo di produzione di bitcoin, che avviene tramite la soluzione di complessi algoritmi da parte di una serie di computer collegati alla rete peer-to-peer. Via via che risolvono i problemi, si creano i bitcoin.


CRIPTOVALUTE ARGOMENTO

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Il primo blocco di 50 bitcoin viene minato il 3 gennaio. Pochi giorni dopo, il 12 gennaio, viene effettuata la prima transazione, per un valore di 10 bitcoin, direttamente da Nakamoto. A inizio ottobre viene stabilito il prezzo di mercato: 1 dollaro vale 1309.19 BTC. Il 30 dicembre si verifica il primo incremento della difficoltà nelle operazioni di mining.

6 marzo 2010: nasce Bitcoin Market, il primo sito dedicato allo scambio. A maggio il primo acquisto: due pizze in Florida. Il 17 luglio nasce Mt.Gox, storico exchange della criptovaluta. Iniziano i primi hackeraggi e fioccano le accuse di utilizzo del sistema per fini illegali. Nel 2011 nasce SilkRoad, mercato illegale dove comprare droghe e armi. Il 9 marzo 1 dollaro vale 1 bitcoin.

24 aprile 2012: viene creato il primo sito di scommesse che prevede bitcoin. Nel 2013 la moneta raggiunge una grande diffusione sul web, tanto che la capitalizzazione tocca quota 1 miliardi di dollari. A maggio il primo ATM Bitcoin. A novembre 2013 bitcoin raggiunge i mille dollari. Dopo il ban della Cina alle transazioni, dal 2014 al 2017 c’è un periodo di stagnazione.

Il 2017 è l’anno dei record. Il Giappone riconosce bitcoin come strumento di pagamento, e gli exchange registrano aumenti importanti. Il 17 dicembre raggiunge il valore massimo di 19.783,21 dollari. Il 2018 è stato l’anno della correzione, visto il crollo del valore della criptovaluta: a gennaio era già scesa a 9mila dollari, a fine anno ne valeva poco più di 3mila.

o più brevemente altcoin): il sito CoinMar- natura stessa del bitcoin. Se si pensa all’oro, ketCap ne registra migliaia (inclusi token o all’argento, è piuttosto facile stimarne il vae forkcoin). La quasi totalità di questi cloni lore, dato che entrambi, ben prima di essere non apporta innovazione, manca di sostanza usati come monete, servivano per altri scopi, tecnica e meriti funzionali». Niente di più di come monili o oggetti di vario tipo; la cripmediocri copie, secondo Ferdinando Maria tovaluta di Nakamoto, invece, non risponde Ametrano, docente al Politecnico di Milano e chiaramente a questo interrogativo, essendo all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, qualcosa di completamente nuovo. Per Ameuno dei massimi esperti trano queste incertezze e di bitcoin e blockchain nebulosità che circondano in Italia. «Molti di questi il bitcoin non fanno altro sono cresciuti semplice- Il bitcoin è moneta-merce. che incoraggiare una “new mente perché avendo un Wild West”, una corsa all’oIl valore dipende anche prezzo basso sono stati ro dettata dalla poca chiadalla sua scarsità. percepiti come a magrezza della sua natura, che gior potenziale rispetto di per sé però non rappreAlberto Mingardi a bitcoin, un po’ come senta qualcosa di negativo, capita con i penny stock», precisa Ametrano, anzi: «Negare che luccichi non aiuta nessuno. «Insomma, pensando di aver perso il treno Dopotutto, città straordinarie come San Franbitcoin, in tanti cercano nuove opportunità: cisco sono nate proprio dalla corsa all’oro». salgono su convogli merci di incerta destina- Ma oggi quanto vale un bitcoin? Dopo aver zione, non hanno capito che il treno ad alta raggiunto la soglia dei 19mila dollari per sinvelocità bitcoin è appena partito». gola unità, attualmente la cifra supera di poco i 3500 dollari. Un ridimensionamento noteParlando di bitcoin, di prezzo di acquisto e vole, che per molti non è altro che la punta di scambio, è inevitabile chiamare in causa il dell’iceberg di un fenomeno in rapida decre(presunto) valore che dovrebbe avere questa scita. Per altri invece, come gli stessi Mingarmoneta digitale. Ragionando per sillogismo, di e Ametrano, il fatto che la moneta digitale infatti, se il bitcoin è una merce, e la merce resista, nonostante queste forti oscillazioni, è per essere tale deve avere un valore, allora lo sintomo di un rafforzamento delle sue radistesso vale anche per la criptovaluta in que- ci nel terreno dell’economia mondiale. Per il stione. Per Mingardi, il suo valore dipende docente e ricercatore Iulm il bitcoin esprime dalla domanda delle persone e dalla risposta oggi il suo massimo potenziale come bene-riche la società darà al quesito riguardante la fugio, al pari di un lingotto d’oro racchiuso

nella cassaforte di famiglia, anche grazie all’ineguagliabile sicurezza in materia di transizioni che può offrire. La blockchain infatti fa sì che il proprietario del “fondo” non rischi che gli venga sottratta la titolarità del proprio portafoglio digitale, grazie ai meccanismi di protezione e identificazione sicura che regolano gli scambi peer-to-peer, scongiurando così anche le accuse di finanziamento al terrorismo o di riciclaggio di denaro sporco. Bitcoin è basato infatti sulla trasparenza, che rivela tutti i movimenti della moneta pur senza associarli fisicamente a una persona. Anche per Ametrano sarebbe insolito un Pablo Escobar che paga in bitcoin. «L’Europol in un documento del 2016 ha dichiarato che non vi sono evidenze dell’uso di bitcoin per il finanziamento al terrorismo. Inoltre, la trasparenza delle transazioni bitcoin lascia scie elettroniche che facilitano il lavoro d’indagine rispetto al contante, ai diamanti o all’oro fisico». E sul valore della criptovaluta decennale, guarda al futuro con positività: «È stato scoperto l’oro digitale, un numero crescente di persone ne comprende il luccichio inossidabile e il potenziale come asset di investimento. La corsa all’oro apre sentieri in territori ancora selvaggi. È un ecosistema dove, al fianco di esploratori e guide serie, c’è un pullulare di furfanti ed imbroglioni. Ma per chi saprà arrivare in fondo, senza farsi frodare e avendo chiaro l’orizzonte, il premio esiste: bitcoin, oro digitale a 24 carati».

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L’ascesa del cashback (ma la trasparenza?) Anche in Italia utilizziamo sempre meno denaro contante. E la tecnologia continua a spingerci a farlo. Sono sempre più numerose le app, i siti e le piattaforme che prospettano agli utenti facili guadagni sui loro stessi acquisti, in alcuni casi anche tramite il coinvolgimento di terze persone. Ma è tutto cosìì facile? E quanto si può realmente incassare? Di Alessandro Vinci

social commerce

cashback

Il cashback (letteralmente “soldi indietro”) è un sistema utilizzato dalle piattaforme digitali grazie al quale gli utenti registrati possono guadagnare in base agli acquisti effettuati presso i negozi convenzionati. La dinamica è tipicamente molto lineare e si innesca nel momento in cui l’utente, deciso ad acquistare un determinato bene, si reca in un negozio (fisico o online) convenzionato per godere dei benefici economici previsti. In un primo momento, tramite apposita card, questi pagherà la merce a prezzo pieno. Successivamente riceverà però un bonifico o un accredito pari a una parte della commissione corrisposta dal negozio alla piattaforma di cashback per avere incentivato il cliente a effettuare l’acquisto. Il consumatore potrà così effettivamente pagare il prodotto meno di quanto avrebbe fatto altrimenti. Si tratta insomma di una sorta di sconto, ma iformulato” in veste di entrata successiva all’acquisto. Di fatto, dunque, il meccanismo del cashback non permette di guadagnare, bensì di risparmiare. Per questo può senza dubbio rappresentare un’opzione allettante per chi è solito recarsi abitualmente nei negozi convenzionati. Diversamente, rischia di “ingabbiare” il consumatore nel network delle aziende partner facendogli perdere di vista eventuali offerte più vantaggiose presenti sul mercato. Tuttavia, essendo a quest’ultimo garantita piena libertà di acquisto, il cashback così descritto è assolutamente legale. l’italia

In Italia gli utenti che utilizzano piattaforme di cashback sono mezzo milione. Una cifra considerevole, ma che nulla ha a che spartire con i numeri registrati in Usa, Francia, Spagna e Gran Bretagna. Basti pensare che Quidco, la principale app d’oltremanica, può da sola annoverare oltre 5 milioni di utenti. In Italia, invece, i brand più conosciuti sono Bestshopping e Beruby, ma anche Satispay ha attivato un programma dedicato. Il tutto mentre il colosso Amazon attende alla finestra. L’ascesa più vertiginosa degli ultimi mesi riguarda però una piattaforma che, pur basandosi su un sistema di cashback, preferisce definirsi di “social commerce”: SixthContinent.

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Nata da un’idea del livornese Fabrizio Politi, ex paparazzato fondatore dell’ormai defunta Fashion Yachts, nel solo 2018 SixthContinent ha visto aumentare il proprio valore del 700%: da 7 a 49 milioni di euro. È la diretta conseguenza della crescita del numero degli utenti della community – dai 132mila del 2017 agli oltre 480mila del 2018 – e del parallelo incremento della loro spesa media pro capite, che è arrivata a superare i 450 euro annui. Cosa differenzia SixthContinent dalle altre società di cashback? Il fatto che le shopping card siano acquistabili non solo previo pagamento in denaro, ma anche accumulando un certo numero di punti e crediti virtuali; questi si ottengono non solo acquistando i prodotti tramite la piattaforma, ma anche recensendoli, effettuando regolarmente il login e invitando altri amici a iscriversi. In più, ogni giorno viene redistribuita a beneficio di ciascun utente una cifra compresa tra i 30 e i 40 centesimi di euro derivanti dagli acquisti degli iscritti di tutto il mondo (profit sharing). La quantità di denaro a disposizione, dunque, non dipende più solamente dalla gestione del singolo. Per questo è stata coniata la definizione di social commerce. A differenza di quanto accade in altri contesti, il sistema permette quindi all’utente di maturare una rendita passiva. La quale, premi derivanti dagli amici invitati esclusi, ammonta all’incirca a 11-12 euro al mese. Un bonus che le altre piattaforme non riescono a offrire. Tutto, a questo punto, lascerebbe pensare che su SixthContinent si possa guadagnare. Eppure non è così. All’inizio di ogni mese, infatti, la piattaforma obbliga gli iscritti che volessero continuare a usufruire dei suoi servizi ad acquistare una shopping card che, nel più economico dei casi, costa 20 euro. Una cifra più elevata della rendita passiva mensile di base, e che va corrisposta almeno per il 50% con denaro proprio. In più, se un utente trascorre un qualsiasi mese senza effettuare alcuna transazione, tutti i crediti accumulati in precedenza gli verranno azzerati. Di fatto, su SixthContinent è quindi impossibile che un consumatore medio incassi più di quanto spenda. E la forbice si allarga al crescere degli acquisti fatti, sebbene salga parallelamente anche il numero dei rimborsi ricevuti. Tutto questo – si badi bene – a meno che il

singolo utente non sia così abile da far iscrivere alla piattaforma un numero di amici tanto elevato da ricavare da questi entrate superiori alle spese. Un’eventualità improbabile ma non impossibile, non essendo previsto alcun limite numerico agli affiliati da cui è possibile trarre guadagno. Ecco perché è lecito domandarsi se il meccanismo possa tradursi in un sistema piramidale, ossia una degenerazione del network marketing (o multi-level marketing) in cui, a differenza di quest’ultima fattispecie, il grosso dei guadagni deriva dal giro d’affari generato dai soggetti reclutati anziché da quello personale. la legge

Trattandosi di modelli di business non sostenibili, in quanto alla lunga per i nuovi arrivati sarà impossibile arruolare nuovi iscritti, non vi è nazione che non abbia promulgato norme contro di essi. In Italia è ad esempio in vigore la legge 173/2005, che effettivamente qualche dubbio in merito a SixthContinent lo solleva. Il primo comma dell’articolo 5, in linea con quanto già descritto, vieta infatti «la promozione e la realizzazione di attività e .

L’ESPERTO A cura di Francesco Massara*

Cinque consigli per difendersi dal marketing ingannevole

*professore associato di marketing Università IULM


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di strutture di vendita nelle quali l’incentivo economico primario dei componenti la struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi». Non solo: SixthContinent era finita nel mirino dell’Antitrust (Agcm) già nell’autunno 2014, quando venne inclusa nel novero dei «programmi di investimento aventi struttura sostanzialmente piramidale». Interpellata da MasterX in relazione a tali perplessità, l’azienda si è trincerata dietro il silenzio. A tenere le bocche cucite è però anche l’Antitrust stesso. Negli ultimi mesi l’istituto ha infatti ricevuto diverse segnalazioni riguardanti i meccanismi di funzionamento della piattaforma. Le verifiche del caso sono dunque in corso, per cui l’argomento è ad oggi coperto dal massimo riserbo. Ma non è solo SixthContinent a distribuire premi legati alle attività degli amici. Un altro brand che fa ricorso a questa tecnica è, ad esempio, CashbackDeals. Ciò su cui, invece, l’Antitrust si è ampiamente espresso di recente è la legalità di un altro portale che fa affari col cashback: Lyoness.

1) Non fidarsi di chi non ha una reputazione da difendere, perché l’investimento nella marca e nella reputazione ha un costo molto elevato, che normalmente non si è disposti a sacrificare. 2) Mai fidarsi di chi propone guadagni facili, economici o di altro genere, e in generale “cose troppo belle per essere vere”: solitamente dietro a questo c’è chi vuole attrarre per altri motivi. 3) Cercare un contatto fisico o telefonico. Diffidare in generale se la comunicazione viene mantenuta su canali asincroni (eccetto per i brand con buona reputazione). 4) Guardare con sospetto un venditore che usa l’attrazione fisica per ottenere l’attenzione: l’arousal può distogliere ed essere utilizzato per dissuadere e confondere. 5) Diffidare dai consigli dei testimonial “non spontanei”: se sono pagati dall’azienda diranno quello che l’azienda vuole che dicano o facciano.

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struttura» derivi dalle commissioni passiva«L’Autorità Garante della Concorrenza e del mente incassate non risulta più un privilegio Mercato ha accertato che il sistema di pro- riservato a pochi, valenti pubblicizzatori (il mozione utilizzato dalla società Lyoness Ita- che sarebbe comunque ugualmente illegale), lia S.r.l. per diffondere fra i consumatori una ma l’idilliaco scenario che viene prospettato a formula di acquisto di beni con cashback è ogni nuovo iscritto. scorretto in quanto integra un sistema dalle In particolare, sottolinea ancora l’Antitrust, caratteristiche piramidali»: così recita l’ul- «la possibilità di ottenere uno sconto differito timo comunicato diffuso dall’Agcm, appena sugli acquisti sotto forma di cashback costilo scorso 14 gennaio. «Pertanto, l’Autorità ha tuisce in realtà un aspetto secondario del voconcluso il procedimento comlume economico generato minando una sanzione comOcchi aperti, perché dal sistema Lyoness (pari a plessiva di euro 3.200.000». Un circa 1/6 dei ricavi complesin epoca digitale sivi)». conto salatissimo, ma motivato dalle numerose violazioni della incappare in offerte Non tutti i membri di Cashback World fanno però legge di cui si è resa colpevole poco chiare parte di Lyconet. Il motivo, anche nel nostro Paese la sogià al centro di un servizio cietà fondata nel 2003 dall’auè più che mai di Striscia la Notizia dell’astriaco Hubert Freidl. frequente prile 2017, è stato certificaLyoness, che si definisce «la to sempre dall’Agcm: per più grande shopping community del mondo», conta in totale circa 8 mi- accedere al «primo livello commissionale», lioni di iscritti, 800mila dei quali in Italia. diventando così Premium Marketer, gli utenti Numeri derivanti anche dallo spregiudicato sono tenuti a pagare una fee d’ingresso «pari approccio con cui l’azienda si presenta ai po- a 2.400 euro». Il che aggrava ulteriormente tenziali interessati. Attraverso una spassio- la posizione dell’azienda, caratterizzandola nata riflessione sulla monotonia del lavoro come una forma ancor più specifica di sistequotidiano e sul rischio di invecchiare senza ma piramidale: lo schema Ponzi (moderna dedicare abbastanza tempo alla famiglia, all’i- versione della vecchia “catena di Sant’Antognaro utente viene prospettata la possibilità nio”), fondato proprio sulla corresponsione di «raggiungere l’indipendenza economica» di denaro a tutti gli strati più elevati della gee «migliorare la propria situazione a lungo rarchia. Lyoness finisce così col violare anche termine». Questo, tramite una «valida alter- il secondo comma del già citato articolo 5 delnativa» che permetta «non solo di recuperare la legge 173/2005. Quello in base al quale «è una parte delle spese, ma anche di guadagna- vietata, altresì, la promozione o l’organizzazione di tutte quelle operazioni, quali giochi, re denaro grazie a questa idea». È il chiaro emblema del duplice funziona- piani di sviluppo, “catene di Sant’Antonio”, mento di una piattaforma finita nel mirino che configurano la possibilità di guadagno delle autorità anche in Germania, Francia, attraverso il puro e semplice reclutamento di Austria, Grecia, Norvegia, Svezia, Ungheria, altre persone e in cui il diritto a reclutare si Repubblica Ceca, Polonia, Svizzera e Austra- trasferisce all’infinito previo il pagamento di lia. Da una parte vi è infatti l’iperpubblicizza- un corrispettivo». to Cashback World, mero sistema di cashback Non bastasse, sono state anche riscontrate basato sull’utilizzo di un’unica shopping card «modalità ingannevoli con le quali sono proper tutti i negozi convenzionati, dall’altra il spettate le caratteristiche, i termini e le conpiù misterioso Lyconet (LYconet COmmunity dizioni del sistema di promozione Lyoness». NETwork), rete commerciale di natura chia- Occhi aperti, dunque, perché in epoca digitaramente piramidale che permettere di rice- le incappare in offerte poco chiare è più che vere commissioni sugli acquisti effettuati non mai frequente. Unico modo per difendersi, solo dagli amici invitati, ma anche dagli amici essere al corrente dei meccanismi sottostanti degli amici, illimitatamente a cascata. In que- ogni potenziale truffa. E in caso di perplessisto caso, dunque, la possibilità che «l’incen- tà il suggerimento è uno soltanto, sempre lo tivo economico primario dei componenti la stesso: rivolgersi a un esperto del settore. sistemi piramidali

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REPORTAGE CURIOSITÀ

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TUTTO SUL DENARO 10 COSE DA SAPERE PECORE E SALE

PECUNIA NON OLET

L’ODORE DEI SOLDI

Quando non esistevano le monete, le società utilizzavano il baratto: ti do una gallina in cambio di una pecora. Con lo specializzarsi dell’economia è nato il bisogno di creare unità di scambio uguali per tutti. Le più usate in Occidente sono state il bestiame, dal cui termine latino pecus deriva il sostantivo pecunia cioè denaro e il sale, che rappresentava la retribuzione, il salario appunto, dei soldati romani. Col tempo si passò a beni durevoli, non deteriorabili e facilmente trasportabili, così dopo le conchiglie ci si orientò sui metalli con cui furono coniate le prime monete.

La frase latina, il cui significato letterale è “Il denaro non ha odore”, sarebbe stata pronunciata dall’imperatore Vespasiano, dopo che il figlio Tito gli aveva rimproverato di aver messo la centesima venalium, una tassa sull’urina nei bagni pubblici, anche detti vespasiani. Secondo quanto riportato da Svetonio (70-126) in “De vita Caesarum”, Tito, in segno di sfida al padre, avrebbe gettato in uno dei bagni delle monetine presto raccolte da Vespasiano, che una volta avvicinatele al naso avrebbe pronunciato le suddette parole, rimaste celebri fino ai nostri giorni.

In realtà i soldi un odore ce l’hanno ed è simile a quello del sangue. O meglio, al ferro contenuto sia negli oggetti metallici che nell’emoglobina. A scoprirlo è stato Dietmar Glindemann, chimico americano, con un esperimento su sette volontari. I soggetti, dopo essersi strofinati delle monetine sulle mani hanno riferito di aver avvertito un sentore ferroso. I ricercatori hanno così scoperto che i grassi della pelle quando entrano in contatto con il metallo formano sostanze volatili che si chiamano chetoni e aldeidi, dal forte odore metallico.

LE APP CHE TI PAGANO Cerca l’applicazione e guadagna in criptovalute direttamente sul tuo conto PayPal. Con la piattaforma norvegese Hold il guadagno è semplice: una volta scaricata, ti basterà spegnere il telefono. L’idea alla base del sistema è infatti quella di limitare le distrazioni degli studenti durante le ore di lezione: l’utente accumulerà un punto (spendibile in siti affiliati e in alcuni punti vendita) ogni venti minuti trascorsi lontano

dal touch. Per i più salutari c’è invece Sweatcoin, che ogni mille passi consente di ricevere una somma di criptocash da utilizzare nei negozi convenzionati. Oppure Ti Frutta, un’app made in Italy che ti accredita soldi sul conto corrente. Come? Basta scoprire i prodotti del giorno, acquistarli in qualsiasi punto vendita, fotografare lo scontrino, uploadarlo su Ti Frutta e il guadagno è fatto.

MAIALI Rosa, a forma di maialino e, nel migliore dei casi, colmo di monete. Da bambini ne abbiamo avuto almeno uno, ma perché il salvadanaio ha la forma di un porcellino? La pygg era un tipo di contenitore di argilla utilizzato nel XV secolo per custodire anche denaro. Solo più tardi, intorno al 1800, l’assonanza con la parola pig (maiale) indusse i ceramisti inglesi alla produzione di recipienti a forma di porcellino dotati di fessura in cui inserire le monete che si volevano risparmiare. Secondo altre

teorie invece i salvadanai sarebbero un’invenzione cinese o indonesiana, paesi in cui il maiale indica abbondanza e prosperità. La forma del contenitore simboleggiava l’uso che si faceva dell’animale stesso: prima veniva rimpinguato con i frutti del raccolto ottenuto col duro lavoro, poi si uccideva per assaporarne la carne. Forse è anche per questo che sono rari i salvadanai arrivati fino ai nostri giorni: per beneficiare del contenuto dobbiamo rompere il contenitore.

I L CASO

Auroville, la città che vive senza soldi Autosufficienza, libertà di professare il proprio credo, sviluppo ecosostenibile e assenza di denaro. Coesistono e si trovano ad Auroville, una città indiana in cui soldi, politica e religione restano fuori dai confini. Si potrebbe pensare che si tratti di una comunità in cui il tempo si è arrestato,

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REPORTAGE CURIOSITÀ

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Non fanno la felicità, ma certamente aiutano a vivere meglio. I soldi sono parte integrante della vita quotidiana: si maneggiano, permettono di comprare, si possono risparmiare, sperperare oppure scommettere. Ne siete costantemente a contatto, ma sapete quali sono gli aneddoti e le curiosità che si nascondono dietro al denaro? Eccone dieci che probabilmente non conoscevate

IL VILE DENARO

PHOTOSHOP NON FALSIFICA

UN’IDEA NATA IN BAGNO

Quanto è costata la vita di Gesù? Più o meno come un salario mensile di un bracciante. Le monete con cui Giuda Iscariota mise in atto il tradimento del profeta corrispondevano a 30 sicli di Tiro, una città lungo la costa del Libano, a un centinaio di chilometri a sud di Beirut. Con 120 di questi denari d’argento, che pesavano tra gli 11 e i 14 grammi l’uno, si poteva riscattare la libertà di uno schiavo. Questo la dice lunga su quanto fosse tenuta in considerazione la vita di Gesù, venduto a un quarto del valore di un servo.

I soldi non possono essere falsificati, almeno su Photoshop. Il programma di fotoritocco, infatti, non consente di modificare un’immagine di una banconota, riconoscendone la sagoma e segnalando un errore all’interno di un’icona in cui appare la scritta “questa applicazione non supporta la modifica di immagini di banconote”. La compagnia Adobe, produttrice di Photoshop, ha inserito il blocco sotto richiesta della Central Bank Counterfeit Deterrence Group, che scoraggia la contraffazione digitale, impedendo la produzione di falsi.

Oggi esistono più di 1,7 milioni di sportelli bancomat in tutto il mondo. A inventare il primo è stato lo scozzese John Shepherd-Barron. L’ideatore avrebbe avuto il lampo di genio mentre si trovava in bagno, dopo aver perso una giornata ad andare in banca e averla trovata chiusa. Il 27 giugno 1967 entrò così in funzione alla Barclays Bank di Londra lo sportello inaugurato in diretta tv da un vip dell’epoca, l’attore Reg Varney. Nove anni dopo, la prima banca italiana a dotarsi del sistema automatico fu la Cassa di risparmio di Ferrara.

I SOLDI CHE VALGONO Sono le banconote con il più alto valore al mondo, anche se sono sempre meno diffuse. Sono in pochissimi ad averle viste, eppure quelle che restano in circolazione mantengono ancora valore legale. Un’élite di americani può dire di aver stretto tra le mani una banconota da 10 mila dollari e secondo la Bank of America restano in circolazione poco più di 300 tagli, sebbene la loro emissione introdotta negli anni ’50 sia stata

sospesa nel 1969. Usati raramente anche i 10 mila dollari di Singapore che non si stampano più dal 2014, mentre quelli di Brunei sono stati oggetto di una nuova emissione in polimeri e dotati dei più alti standard di sicurezza. Esiste poi la banconota da mille franchi svizzeri e quella da mille dollari canadesi che è stata sospesa su richiesta della polizia finanziaria per rischio riciclaggio.

SOLDI, SOSTANTIVO MASCHILE PLURALE Il mondo delle valute internazionali non è a favore delle quote rosa. Le figure femminili rappresentate sulle cartamonete di 196 Paesi presi in considerazione dall’indagine di Vox, basata sul Catalogo standard della cartamoneta, sono appena 48. Si tratta quasi sempre di donne politiche o scrittrici, molto spesso sono attrici o cantanti. In Svezia, ad esempio, Greta Garbo è impressa sulle 100 corone e Astrid Lindgren, la mitica Pippi Calzelunghe, sulle 20 corone, mentre Frida Kahlo divide i 500

in realtà, la “città dell’unità umana”, riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco, è stata fondata solo cinquantuno anni fa dalla francese Mirra Alfassa. Era il 28 febbraio 1968 quando i rappresentati di 124 nazioni si riunirono sulla costa meridionale dello Stato indiano di Tamil Nadu per realizzare un progetto ambizioso che trasformasse una zona desertica in un’area verde, in cui i 25 mila abitanti potessero vivere in maniera egualitaria producendo ciò che è indispensabile. Ad Auroville la proprietà è collettiva e i cittadini lavorano almeno 5 ore al giorno per contribuire al miglioramento della comunità. La città sfrutta l’energia solare,

pesos messicani col bismarito Diego Rivera. La superstar è la Regina Elisabetta II che appare su 74 delle 120 cartamonete raffiguranti una donna sulle 1300 in circolazione. La reale di Windsor è stampata sulle banconote dai 5 fino ai 50 pound solo nel Regno Unito, ma appare anche in Antigua e Barbuda e sui 20 dollari canadesi (dove ha esordito all’età di 8 anni). È impressa poi sul denaro di Grenada, della Nuova Zelanda e di altre zone legate al Commowealth.

sostiene l’agricoltura biologica e crede in un sistema scolastico gratuito e senza voti. In realtà il progetto della città indiana è finanziato dall’Unesco, dalla Comunità europea, dal governo indiano e da donazioni di privati. I fondi vengono investititi in piccole imprese e start up, che hanno dato vita a progetti agricoli, artigianali, culturali e tecnologici. I cittadini non percepiscono uno stipendio, ma una specie di reddito di cittadinanza, al quale molti rinunciano vivendo dei risparmi accumulati nei paesi d’origine. Per diventare cittadini di Auroville è necessario passare un processo di ammissione complesso in cui ogni richiesta è ana-

lizzata da un comitato ristretto e c’è l’obbligo di provvedere da soli alle proprie spese per il primo anno. Questi limiti non hanno rappresentato un deterrente per gli italiani, che costituiscono la quarta nazionalità più rappresentata dopo gli indiani, i francesi e i tedeschi. Ma non è tutto oro quel che luccica – e mai questo detto fu più vero in un luogo in cui il denaro è bandito – e ad Auroville non mancano problemi di sicurezza sociale (negli ultimi anni si sono verificati casi di molestie, stupri e omicidi da parte delle gang fuori dai confini della città) e di scarsità di risorse, dall’acqua limitata all’incapacità di soddisfare l’alto numero di richieste. Pagine a cura di Giulia Diamanti

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REPORTAGE SPORT |

|PALLONE NBA E DENARO

Cifra record. Nell’estate 2017, il trasferimento di Neymar Jr dal Barcellona al Paris-Saint Germain è stato il più costoso della storia del calcio: 222 milioni di euro.

Peggiora la crisi, più affari: il calcio è anticiclico? Il mondo del pallone in controtendenza rispetto all’economia globale: aumentano ricavi e investimenti delle società, mentre le famiglie hanno sempre meno risparmi. Parla Matteo Marani, vicedirettore di Sky Sport Di Luca Palladino _ Da dieci anni stiamo vivendo un periodo difficile che però non ha toccato il mondo del calcio, dato che le varie squadre hanno sborsato sempre più soldi per trasferimenti e stipendi dei giocatori, così come hanno aumentato a dismisura i propri ricavi. Si tratta di una disparità molto importante, perché più aumentano i problemi, più il mondo del calcio cresce, tanto da permettersi di chiudere i bilanci con segno positivo. Per Matteo Marani, vicedirettore di Sky Sport, «lo sport è anticongiunturale, più forte della crisi. La passione non si ferma mai, nemmeno nei momenti drammatici». Perché un tifoso non rinuncia alla propria fede calcistica: ha bisogno di comprare una maglietta del proprio idolo e deve sempre guardare la partita, allo stadio o in televisione. Le squadre di calcio hanno ottenuto negli ultimi anni sempre più ricavi. Come recita anche Deloitte Football Money League, report annuale sul giro d’affari nel mondo del pallone, il Real Madrid, dopo la terza Champions League consecutiva, è tornato in vetta alla graduatoria con 750,9 milioni di entrate, contro i 665,2 della passata stagione. Molto significativa la crescita in un anno di 54 milioni dei ricavi commerciali, derivanti da nuovi sponsor e vari canali di merchandising. Sul podio della classifica, altre due big europee come Barcellona e Manchester United. Nella top 20, stilata da Deloitte, non si può negare

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che una grande mano all’aumento di incassi è urgente bisogno degli stadi di proprietà. Quearrivata dai diritti tv. sto porterà anche a un aumento di comfort e Infatti, essi coprono in media il 43% del tosicurezza all’interno degli impianti». Oggi intale delle entrate mentre un 40% tiene confatti sono solamente cinque le squadre di Seto dei ricavi commerciali e soltanto un 17% rie A ad averlo (Juventus, Atalanta, Sassuolo, viene costituito dal cosiddetto “match day” Udinese e Frosinone). (biglietti e introiti da bar, ristoranti, negozi, Nelle ultime sessioni di calciomercato, i costi museo all’interno dello stadio). dei trasferimenti dei giocatori si sono gonLe squadre italiane in graduatoria sono quatfiati a dismisura. Il passaggio “monstre” si tro (Juventus, Inter, Roma, è registrato nell’estate 2017: Milan), ma tutte fuori dalla Neymar dal Barcellona al Patop ten. Anche se negli ultimi ris Saint-Germain per 222 dieci anni hanno aumentato milioni. Ormai sfondare i 100 del 53% i propri ricavi, i nomilioni per il cartellino di un stri club devono ancora fare top player è diventata quasi un salto importante per ragla prassi. Anche se, la scorgiungere le altre big europee. sa estate, Cristiano Ronaldo, Perché se nel terzo millennio, cinque volte Pallone d’Oro, i top club come Barcellona, universalmente riconosciuMatteo Marani, Real Madrid, Manchester to come il miglior calciatore United e Bayern Monaco, ex Guerin Sportivo, al mondo insieme con Lionel hanno rivoluzionato il proprio Messi, è passato alla Juvendal 2016 è giro d’affari, raddoppiando i tus per “soli” 105 milioni di propri ricavi, le italiane staneuro. Le due operazioni però vicedirettore no incominciando ora a invernon possono essere paragonadi Sky Sport tire questa tendenza negativa. te, perché come dice Marani, Come afferma Marani, «la «l’acquisto di Neymar è stato Juventus è stata la prima all’avanguardia. Ma fatto da parte di uno stato, il Qatar, che ha ora si stanno muovendo anche le altre, divenscelto il migliore della sua generazione, come tando sempre più aziende, facendo comunitestimonial per i Mondiali 2022 (che si svolcazione e marketing». Ad esempio, anche se il geranno nel paese asiatico)». dato è passato sotto traccia, nell’ultimo anno La Juventus, invece, si è esposta in prima l’Inter ha aumentato di 70 milioni i propri ripersona per l’operazione Cristiano Ronaldo, cavi commerciali. Piano piano, quindi, le socapace di farle fare l’ultimo gradino a livello cietà italiane stanno venendo fuori. Però, «c’è sportivo, ma anche a livello economico, in


NBA | BETTING

REPORTAGE | SPORT

L’APPROFONDIMENTO

Crescono le scommesse online Ma è allarme sui rischi Internet ha contribuito all’evoluzione del fenomeno. Pubblicità, siti di facile accesso e giocatori sempre più giovani incrementano la probabilità di perdere denaro. Ma perché sfidiamo la sorte? Colpa delle endorfine è proprio il loro normalizzare, attraverso un personaggio pubblico, questo di tipo di attività - le parole di Riccardo Manzotti -. Così Il mondo delle scommesse ha subito un’evo- facendo la gente pensa che questo sia un luzione molto significativa negli ultimi dieci comportamento da assumere normalmente anni grazie anche alle tecnologie offerte da senza timore di incorrere in pericoli di alcun Internet e allo svolgimento delle manifesta- tipo, paragonabile a un qualsiasi gesto quotizioni in diretta. diano». Le scommesse sono di due tipi: quelle basate Un discorso a parte merita la solitudine: la su qualche tipo di valutazione cognitiva (la fruizione dell’online avviene in un momento schedina del totocalcio o chi vincerà Sanre- di isolamento. «Quando si comincia a giocare, mo) e il gioco d’azzardo. Le prime inducono e si puntano anche i soldi di famiglia, è fondal’individuo a credere di avere degli elementi mentale avvisare le persone care che ci stanper prevedere l’esito della scommessa. Una no intorno - dice ancora il professor Manzotsopravvalutazione cognitiva che porta le per- ti -. La famiglia, soprattutto, deve essere resa sone a pensare di essere più furbe della me- partecipe di questo perché nel momento in dia, illudendosi di poter fare previsioni più cui le cose vanno male, e tu non l’hai detto a corrette rispetto agli altri. Questa percezione nessuno, la tentazione è quella di aumentare l’abbiamo tutti noi, anche chi non scommette. l’esposizione economica per riuscire a risolvere il danno che si è creato. Questo porta reE spesso l’abuso conduce alla rovina. Il gioco d’azzardo, invece, è costruito in modo golarmente a un disastro». tale da non avere alcun appeal di tipo cogni- Fare una puntata “al banco” con un pagamento cash è un gesto tivo. L’azzardo puro tangibile, mentre la si basa sul meccascommessa online, nismo della dereIl gioco d’azzardo espressione massponsabilizzazione. sima della smateProprio perché non si basa sul meccanismo rializzazione del c’è alcuna responsadella deresponsabilizzazione. denaro, è un’opebilità nella scelta, si razione facile che è contenti di giocare Ma incide anche la solitudine offre l’opportunità perché finalmente Riccardo Manzotti allo scommettitosi fa qualcosa dove re di continuare a sono tutti alla pari. In questa situazione si massimizzano i limiti puntare, spesso senza nemmeno accorgersi positivi e le probabilità legate agli esiti positi- di quello che sta spendendo. Così facendo l’uvi, mentre si minimizzano i rischi e le proba- tente “soffre meno” quando perde. Un altro grave problema che affligge la sobilità legate agli esiti negativi. Ma perché la gente scommette? «Un ruolo cietà è l’abbassamento dell’età media degli determinante lo recita il nostro meccani- scommettitori: il grosso delle giocate proviesmo interno che produce endorfine - spiega ne da 25-34enni. Questa è la normalità perRiccardo Manzotti, docente dell’Università ché rispecchia un andamento dovuto a fattori Iulm di Milano - Correre un rischio, avendo demografici e culturali. I giovani hanno una la possibilità di avere un esito positivo (o an- maggiore propensione e sono quelli più abili che con esito negativo), provoca un piacere a utilizzare gli apparecchi elettronici. non diverso da un piacere sessuale. Chi va al «Il rischio più grosso a cui siamo esposti oggi casinò, ad esempio, continua a giocare anche è la cosiddetta ‘inflazione del valore’ dove se perde perché prova piacere. Nel momento l’utilizzo dei mezzi informatici rende il vain cui gioca e non conosce ancora l’esito della lore del denaro trasparente, lo smaterializza scommessa, il giocatore dal punto di vista del -chiosa Manzotti - Le giovani generazioni, sistema nervoso prova un qualcosa di molto che in realtà non hanno ancora patito le angustie della vita, non hanno modo di toccare simile a un orgasmo». Il gioco dunque è un meccanismo equipara- con mano l’importanza dei soldi. Di consebile a una droga che viene proposto alla gente guenza il peso che noi diamo alle cose scomda pubblicità ammalianti e pop, sembran- pare in una percezione alterata, molto molto do non solo vantaggioso ma anche innocuo. negativa». «La cosa peggiore degli annunci pubblicitari Di Antonio Lopopolo _

termini di fatturato e ricavi. «Infatti, la Juventus ha capito – continua Marani – che era il momento giusto per sfruttare al meglio questo acquisto dal punto di vista societario e commerciale. Qualche anno fa probabilmente non ne sarebbe stata capace. Oggi si tratta di una società globale: basti pensare alla collaborazione con i Brooklyn Nets (squadra di basket NBA)». La storia del calcio ci insegna comunque che non sempre, chi investe di più nel mondo del calcio ottiene i migliori risultati, basti pensare a Manchester City e Paris Saint-Germain che, nonostante tutti gli investimenti, non sono ancora riuscite a imporsi fuori dai confini nazionali. Infatti, come afferma Marani, «nel mondo del calcio, ma anche nelle altre discipline si tratta di tradizione, consuetudine e abitudine al successo. Come all’epoca la Jugoslavia negli sport di squadra o l’Italia nella scherma». Insomma, anche nello sport, non ci si inventa da un giorno all’altro. «Devi prima perdere, imparare dagli errori, poi dopo una serie di passaggi acquisisci esperienza e provi così a ottenere la vittoria». Questo vale per le squadre europee, ma chiaramente anche per i nostri club. La Juventus si è mossa in anticipo rispetto alla concorrenza. Il Napoli è la squadra che, risultati alla mano, più si è avvicinata ai bianconeri. Inter, Milan e Roma ci stanno provando con nuove proprietà. Ma anche la stessa Juventus non ha ancora avuto grandi risultati oltre il campionato. Basti pensare alla finale di Champions League di due stagioni fa contro il Real Madrid. Conclude Marani: «Per la squadra di Allegri la partita è stata molto più difficile e logorante rispetto agli spagnoli». In quel Real c’era Cristiano Ronaldo, uomo decisivo, abituato a vincere, che si esalta nei grandi eventi. Ora il portoghese veste la maglia bianconera e potrebbe aiutarli a raggiungere l’obiettivo. È arrivato il momento di capire se i soldi investiti daranno i loro frutti.

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REPORTAGE GIOVANI |

| ECONOMIA NBA

Lavoretti e stipendietti: la gig economy in due parole Il settore impiega oggi più di 700 mila persone. Ma in quale modo si appresta a cambiare il mercato del lavoro per le prossime generazioni? Lo abbiamo chiesto a due esperti Di Chiara Colangelo _ Rider, massaggiatori, babysitter, estetisti, servizio di lavaggio dell’auto, idraulici, un esercito di più o meno giovani entrati a far parte della «rete» della “gig economy” ovvero l’economia dei “lavoretti”. Grazie alla tecnologia e a Internet, le grandi piattaforme – Deliveroo, Foodora, Airbnb per citarne alcune – accorciano la distanza tra la domanda e l’offerta e abbattono le barriere all’ingresso nel mondo del lavoro. In Italia si calcolano dalle 700 mila a quasi un milione di persone impiegate nella gig economy, un numero che rappresenta però solo «un’istantanea». A dirlo è Paolo Griseri, giornalista di la Repubblica Torino, dove l’11 gennaio la Corte d’Appello ha parzialmente accolto il ricorso di cinque ex rider di Foodora che in primo grado avevano chiesto di essere assunti dall’azienda. Una sentenza, questa, in linea con quella dei giudici londinesi, che nel novembre 2017 hanno riconosciuto i conducenti di Uber come “workers” ovvero dipendenti e non più come lavoratori autonomi o «imprenditori di se stessi». Puntando sulla flessibilità, le piattaforme oggi possono contare su una fetta consistente non solo di giovanissimi, che scelgono di svolgere un “lavoretto” durante gli studi, ma anche di persone over 30, poco qualificate, che hanno perso il posto di lavoro o che sono alla ricerca di un secondo impiego. In base a un primo censimento, realizzato dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti, presentato al Festival dell’Economia di Trento e pubblicato sul Sole-24Ore a giugno dello scorso anno, solo il 10% dei gig workers sono rider e circa il 3% sono stranieri.

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I dati emersi dalla ricerca sembrano confer- voro parziale, “on demand”, ovvero su specimare il carattere occasionale del lavoro, vi- fica richiesta, è sempre esistita. Ciò che oggi sto che in Italia per 150mila persone si tratta fa la differenza, grazie all’evoluzione delle dell’unico impiego, con un guadagno medio tecnologie digitali, è quella di poter estendedi 839 euro al mese, e il 50% lavora per una re a tantissimi ambiti questo tipo di lavoro». o quattro ore a settimana, mentre appena il È in questo senso che la gig economy «non 20% tra le cinque e le nove ore. è un nuovo modello di sfruttamento, ma un «L’economia dei “lavoretti” non costituisce sistema efficace ed efficiente che consente una novità, lo è invece l’impiego delle tecno- soprattutto ai lavoratori meno qualificati di logie digitali che consentono di portare facil- accedere al mercato». Per Miglietta bisogna mente una prestazione lavorativa sul merca- sfatare il mito che vede la gig economy come to», dice convinto Griseri. In questa «rete» è un modo per sottopagare i lavoratori, «al consempre più difficile capire chi è che fa impre- trario consente a tante persone di fare delle sa e chi è invece il lavoratore. cose, ben vengano allora meccanismi di rego«Questo meccanismo alla lunga non è eco- lazione che garantiscano un livello minimo di nomico – avverte il giornalista – perché crea tutele». «E’ chiaro però – continua – che oggi delle distorsioni del mercato, che danneggia- stiamo andando verso una trasformazione no quelle attività che invece del mercato del lavoro, dove assumono in modo regolaci sono meno lavoratori dire le persone, alimentando pendenti e più lavoratori una forma di concorrenza autonomi, dove le tutele L’economia dei sleale». Così per il futuro tipiche garantite ai primi “lavoretti” non è la gig economy non rapprepossono costituire delle senta un’opportunità, pervere e proprie gabbie». una novità. ché è un sistema “liquido” Davanti a un mercato, come Lo è invece l’impiego che non offre quelle garanquello globalizzato, da semzie richieste dai lavoratori delle tecnologie digitali. pre alla ricerca di nuovi più qualificati e non è permodi per generare ricchezPaolo Griseri ciò la soluzione in un Paese za, i diritti dei lavoratori a come l’Italia, in cui il tasso una giusta retribuzione, alla di disoccupazione, soprattutto quello giova- pensione, alle ferie, alla malattia, alla sicureznile, è ben al di sopra della media europea. E za e alla salute restano garanzie imprescindilo scenario prospettato da Griseri non esclu- bili, perché la gig economy non diventi una de la possibilità che, nel giro di pochi anni, «forma di sfruttamento», ma «garantisca più questi “lavoretti”, facilmente sostituibili, si- semplicemente al lavoratore uno stile di vita ano svolti da robot e non più da persone in elevato». Un’occasione – dice Miglietta – in carne e ossa. grado nel futuro di rivoluzionare il mercato, Anche per Angelo Miglietta, professore or- arrivando a coinvolgere persino i professionidinario di Entrepreneurship and Innovation sti e trasformando, in modo profondo, l’idea all’Università Iulm di Milano, «l’idea del la- del lavoro per le prossime generazioni.


| REPORTAGE GIOVANI

NBA FUTURO |

Sogni o soldi, che cosa influisce di più nella scelta universitaria? Seguire il cuore o la testa, guadagnare bene ma con un lavoro che non piace o fare il lavoro che si ama? Giro di pareri tra gli studenti e gli ex della IULM Di Niccolò Bellugi, Daniela Brucalossi e Alessia Conzonato _ “Seguo le mie passioni incondizionatamente o penso già allo stipendio che potrei avere?”. È questo l’interrogativo che molti giovani italiani si pongono al momento della scelta della facoltà universitaria. In un’Italia dove è sempre più difficile trovare lavoro, in particolare uno che allo stesso tempo rispecchi i propri interessi e soddisfi la necessità economica, molti studenti si ritrovano davanti a un vero e proprio bivio. Una decisione che può condizionare il loro futuro. La situazione precaria del mercato lavorativo attuale, l’ingerenza dei genitori e il timore di non riuscire a mantenersi autonomamente sono tutti fattori che alimentano i dubbi. «Ho scelto questo corso principalmente per passione perché adoro viaggiare» dice Francesco Matteucci, studente 21enne di Turismo, Management e Territorio. «Inoltre ho studiato al liceo linguistico. Penso che la conoscenza delle lingue unita a uno studio sul turismo mi permetta di realizzare i miei sogni». Alla domanda se accettare un impiego che rispecchi appieno le sue passioni ma meno retribuito rispetto ad un altro a stipendio più alto ma lontano dalle sue aspirazioni, Francesco non nasconde la sua preoccupazione per l’immediato futuro: «Non saprei… Come primo lavoro forse preferirei quello pagato meglio per mettere qualcosa da parte. Ma come obiettivo lavorativo di vita farei più una scelta di passione». La pensa diversamente Leonardo Lair, studente 22enne della stessa facoltà: «Ho scelto Turismo, Management e Territorio più per un eventuale sbocco lavorativo che per passione. Avendo la mia famiglia già un’attività turistica in Toscana ed essendo stato sempre incuriosito dal settore, la mia scelta è ricaduta su questo percorso. Che lavoro sceglierei? Penso quello che mi appassiona di più. Ritengo che se non facessi ciò che mi piace, alla lunga mi stuferei; quindi questo aspetto prevarrebbe su quello monetario». Marianna Castelletti, 26 anni ex studentessa di Comunicazione, Media e Pubblicità, ha davvero affrontato una decisione simile: «Sono appena tornata da due anni e mezzo in Australia dove guadagnavo molto ma non mi piaceva il lavoro. Adesso guadagno molto meno ma sono molto più felice e appagata». C’è anche chi pensa di conciliare la passione all’aspetto economico lavorativo, come Giulia Quaterna, studentessa di 20 anni che frequenta il corso di Turismo, Management e Terri-

torio: «Confrontando le diverse facoltà, questa mi è sembrata la più completa per me. Così credo di riuscire a coniugare sia la mia idea di lavorare in questo ambito sia la possibilità di avere sbocchi occupazionali ben remunerati. Dovendo scegliere tra un impiego che soddisfi le mie passioni ma meno retribuito rispetto ad un altro, più lontano dalle mie aspirazioni, opterei senz’altro per una remunerazione più bassa ma facendo ciò che mi appassiona di più». «Scegli un lavoro che ami…» Questo è il consiglio dell’Ufficio di Orientamento, Tutorato e Counseling dell’Università IULM, che si propone a sostegno degli studenti nella scelta della facoltà più adatta a loro. In particolare è Laura Gariboldi, dirigente dell’area servizi agli studenti, a indirizzare i ragazzi verso il percorso accademico più incline alle loro aspirazioni. Ad aiutarla in questo difficile compito ci sono anche Raffaella Bianchi, responsabile dei progetti con le scuole superiori, e Antonella Silva, responsabile dei progetti di tutorato. In base alla vostra esperienza, cosa richiedono prevalentemente gli studenti da un corso di laurea triennale? Sono inclini a seguire le loro passioni o sono più preoccupati per sbocchi lavorativi futuri? Da quello che abbiamo visto in anni di colloqui orientativi, i ragazzi sono molto preoccupati di trovare un’occupazione. Soprattutto negli ultimi tempi, non chiedono quanto guadagneranno, ma se lavoreranno.

Non vogliono assolutamente tradire le aspettative della famiglia, che vedono l’università come un investimento per il futuro del figlio. La loro difficoltà principale è capire nel concreto quali professioni sono legate al corso di laurea che li interessa. È vero che le condizioni del mercato del lavoro hanno spinto all’abbassamento delle aspettative, ma è anche vero che dopo le scuole superiori c’è ancora un forte idealismo. È più difficile la conversazione con lo studente quando al colloquio sono presenti anche i genitori? Solitamente è più complicato per il ragazzo dire davvero cosa pensa, è inibito anche nell’esplicitare i propri dubbi. Diventa quindi una conversazione con il genitore, preoccupato per il futuro lavorativo del figlio, più che per le sue vere inclinazioni. Alla domanda di uno studente medio “seguo il cuore o la mente?” cosa rispondete? È corretto partire dall’interesse ma bisogna sempre avere a mente le possibili professioni. Consigliamo quindi di trovare il giusto compromesso tra le due cose. Confucio diceva: Scegli un lavoro che ami e non dovrai lavorare nemmeno un giorno della tua vita. Noi consigliamo sicuramente di partire da cosa interessa di più, dalle passioni, però senza perdere il lato realistico della questione. Trasformare una passione in professione è possibile, tenendo però sempre un occhio sulla realtà.

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REPORTAGE LINGUAGGIO

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NBA ETIMOLOGIA

La parola del potere La lingua cambia e si evolve, con la stessa velocità con cui muta l’essere umano. Accoglie nuovi termini e ne perde altri. Ma cosa accade a quelli che restano? Le risposte arrivano dal latino cialmente in Campania, dove già circolavano. care che ogni termine assume il significato in Al 269 a.C. risalgono le prime emissioni mo- base al contesto e all’epoca in cui viene usanetarie, quando fu istituita sul Campidoglio to. Denaro ne è un esempio. Nessuno avverte Che cosa significa quella parola? Abbiamo la zecca di Stato. Il tipo denarius (da deni, die- più la connessione con dieci o semplicemensmesso di chiedercelo da tanto tempo, ormai. ci e sottinteso nummus, moneta), che aveva il te con la moneta in quanto oggetto materiale. La maggior parte dei vocabolari giace, im- valore di 10 assi e il peso di 4,55 grammi, fu Per noi denaro significa valuta. polverata, sulle mensole più alte delle nostre diffuso da lì a poco e destinato a rimanere per Io sono intimamente convinto, inoltre, che librerie. Usiamo migliaia di termini al giorno, circa mezzo millennio il fondamento del si- ogni parola abbia due facce: il significante, tra email, tweet e messaggi, parliamo lingue stema monetario romano, nonché simbolo di cioè i suoni che la compongono, e il signifidiverse, scegliamo abbreviazioni e neologi- unificazione economica in Italia. cato, ovvero il contenuto. Ripercorrere a rismi. Eppure non ci chiediamo più perché. «L’asse valeva pochissimo – spiega il profes- troso la storia dei significanti è possibile, ed Proviamo a porci, allora, una semplice – e for- sore Mario Negri, docente di Glottologia nella è quello che facciamo noi studiosi. Lo studio se banale – domanda: cosa vuol dire denaro? Libera Università di Lingue e Comunicazione dei significati obbliga, invece, a riconoscere i Per cercare una risposta bisogna andare in- IULM di Milano, nonché ex Rettore – ne par- contesti storici in cui si sono costruiti». dietro nel tempo a più di 2.300 anni fa, in la Catullo nel celebre Carme 5 in cui esorta Ma sono tante le parole legate al termine epoca romana. la sua Lesbia a vivere e ad amarsi. Per il poe- denaro di cui abbiamo ormai dimenticato la Non ci fu, infatti, una monetazione regolare ta neoterico le chiacchiere di anziani troppo storia e l’evoluzione. Moneta, ad esempio, di Stato fino al IV sec. a C., quando iniziarono severi valevano davvero poco, un solo asse». era uno degli epiteti della dea Giunone, con il a circolare barre del peso di una libbra osca La parola è entrata, poi, nelle lingue roman- significato di “colei che avverte”. (circa 330 grammi), note con il nome di aes ze «con una fonetica un po’ turbata – conti- In Cicerone si legge che la dea aveva messo grave. nua Negri – accanto al tipo in guardia i Romani su un imRecavano la figura di Giano Bifronte da una denaro esiste il toscanismo minente terremoto. Secondo parte e il rostro di una nave dall’altra, oppure danaio, da cui deriva il noil racconto dello storico LiLo studio dei rappresentazioni di animali come il toro. Pro- stro salvadanaio ad esempio. vio, invece, l’epiteto sarebbe prio dal latino libra, misura del peso di dodici In Toscana, infatti, il gruppo collegato al tentativo di assesignificati obbliga once (circa 327 grammi), e dal corrispettivo –aro diventa –aio al singoladio del Campidoglio da parte a riconoscere i greco λίτρα (litra), deriva il termine lira, va- re. La e lunga del termine è dei Galli Senoni, nel 390 a.C. luta italiana per circa 140 anni. Ma la libra passata poi al greco, trasforcontesti storici in cui Quando di notte tentarono era anche una bilancia poiché gli antichi non mandosi in i. Da qui deriva l’irruzione, le oche – animali si sono costruiti contavano le monete ma le pesavano, grazie il termine dinaro», moneta sacri alla dea, che vivevano alla figura del libripens, un pubblico pesatore. ancora in uso in molte zone, nel tempio a lei dedicato – Mario Negri Prima del IV secolo, la ricchezza era rap- dalla Giordania al Kuwait, iniziarono a starnazzare, sveportata al bestiame, in latino pecus. Da qui passando per l’Iraq e gli Emigliando tutti i Romani che, deriva la parola pecunia che ha il significato rati Arabi Uniti. Oggi il termine si è, però, così, poterono impugnare le armi e allontanaappunto di “averi”. Ed è significativo come desemantizzato, assumendo il significato di re il nemico. l’influenza dei ceti aristocratici, legati alla banconota e di valuta virtuale. Nel momento in cui sorse la zecca di Stato, mentalità rurale, abbia causato un ritardo «Nella mentalità antica l’etimologia doveva nei pressi di quello stesso tempio, ci volle nell’emissione di monete d’argento romane, fornire il valore vero della parola – precisa il poco perché si iniziasse a chiamare moneta rispetto ad esempio al resto dell’Italia, spe- docente IULM – Ma non dobbiamo dimenti- il denaro che veniva lì coniato. Più tardo è il termine soldo, dal latino solidus, che indicava una moneta d’oro di età imperiale, poi divenuta d’argento. La conseguente perdita di valore ha fatto sì che anche il nome subisse una declassazione. Quando gli eserciti iniziarono a essere composti da mercenari, la paga che veniva data loro era nota come soldo, proprio perché in moneta. E coloro che la percepivano diventavano assoldati. A distanza di qualche secolo, con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, il termine è passato a indicare la ventesima parte della lira, ovvero cinque centesimi. Oggi non si limita più a indicare una somma precisa e materiale. Ha a che fare, piuttosto, con l’insieme di denaro, che siano L’epiteto. “Moneta” era uno degli appellativi della dea Giunone e significava “colei che avverte”. banconote, monete o valuta virtuale. Di Beatrice Barbato _

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NBA SEMIOTICA

REPORTAGE LINGUAGGIO

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Il significato del denaro Un segno è qualcosa che per qualcuno sta per qualcos’altro. Il denaro può essere considerato un segno? Lo abbiamo chiesto al semiologo Giampaolo Proni Di Giulia Diamanti _ Nell’antica Grecia era usanza mettere una moneta sotto la lingua dei defunti che avrebbero potuto così offrire un tributo a Caronte per essere trasportati sulla riva opposta del fiume Acheronte. Esiste una connessione tra lingua, intesa come linguaggio, e denaro? Tra parola e moneta? In effetti entrambi sono due sistemi di segni, dove per segno, come diceva uno Nel caso dei soldi, come chiarisce Proni, il vadei padri della moderna semiotica, Charles lore corrisponde a ciò che posso ricevere in Peirce, si intende qualcosa che per qualcuno cambio dell’ammontare di una moneta, per sta per qualcos’altro. E se il linguaggio è evi- cui lo scambio deve essere equo. In questo il dentemente un sistema costituito da segni, lo linguaggio è profondamente diverso perché stesso si può dire del denaro? «non può essere rimpiazzato se non da un «Il denaro è eminentemente un segno – ci altro linguaggio, in quanto il suo ‘stare per spiega Giampaolo Proni, che insegna semio- qualcos’altro’ è l’unica cosa che fa – prosegue tica all’Università di Bologna - dato che con- il semiologo - La moneta invece sostituisce divide con la definizione di Peirce il fatto che una certa quantità o tipo di prodotti o servista per qualcos’altro (un valore di scambio), zi, e quindi può essere ridotta ad essi. Il deper qualcuno (il soggetto che lo riconosce naro, storicamente, nasce proprio da questo. come valore), sotto qualche aspetto (la rela- Inizialmente accade che entro un gruppo di zione tra moneta e merce)». È a questo che scambio un prodotto viene scelto come mezserve la semiotica, a occuparsi della significa- zo preferenziale di determinazione e deposizione, cioè di come un segno produce signi- to del valore. Il sale e le pecore hanno avuto ficato e della comunicazione, cioè di come la questa funzione, perché erano beni durevoli significazione si usa tra persone e gruppi. Sì, e utili a tutti, quindi era comodo usarli per perché sia il linguaggio che il denaro sono due misurare e accumulare il valore: la Bibbia usa sistemi che per funzionare hanno bisogno di spesso le greggi per rappresentare la ricchezun riconoscimento sociale e della condivi- za di un patriarca. Poi si è passati a beni ansione: Robinson Crusoe su un’isola deserta cora più facili da accumulare e più universali, non se ne farebbe nulla del denaro e sarebbe come le monete». Il denaro stesso in quanto costretto a condividere i propri pensieri solo segno sociale acquista dunque un valore: ciò con se stesso. che stabilisce il valore di un bene, diventa a «È la società, sono gli utenti, che conferisco- sua volta un bene ed è così che il denaro dino valore al denaro e venta un bene desial linguaggio – sotderabile. tolinea Proni - Se un Lo stesso accade per Il linguaggio gruppo sociale non il linguaggio, che condivide determicrea informaziodifficilmente può essere falso. nati codici, cioè non ne, che a sua volta L’inglese di Totò e Peppino accetta che certi segenera potere digni abbiano certi sifa ridere ma non inganna nessuno ventando un bene gnificati, allora quei spendibile e dunGiampaolo Proni segni non hanno quei que vendibile. Ecco significati». Rimane allora che si rischia da chiedersi allora quale sia il valore attribu- di immettere nel mercato informazioni più ito al denaro e alla parola. Se nel linguaggio gradite e più spendibili, cioè quei contenuti il valore è di tipo qualitativo perché fa riferi- che solleticano i gusti della maggioranza demento al mondo come l’uomo lo percepisce, gli utenti, magari a discapito della qualità dei i soldi e il loro modo di misurare tutto tra- contenuti. sformano il valore in quantitativo. Dunque Visto che l’informazione è una componente le parole contano e il denaro si può contare. fondamentale della vita democratica, essendo

il principale strumento che consente ai cittadini di generare opinioni politiche autonome, la sua degenerazione o corruzione potrebbe minare il benessere della democrazia stessa. Non dovremmo mai dimenticare che il fine ultimo dell’informazione è la produzione e la diffusione di conoscenza. Vero è che sempre più spesso linguaggio e denaro tendono ad amalgamarsi tra loro, come commenta Proni: «Il linguaggio serve a significare e comunicare, il denaro a mediare scambi economici. Naturalmente il linguaggio può anche generare valore monetario, come un comico che viene pagato per dire parole, e il denaro può essere usato per dire altro, come una valigia piena di dollari che suscita desiderio ma anche una certa inquietudine, in tempi nei quali grandi somme in contanti si usano solo per scopi illeciti». Nella capacità che il denaro ha di suggerire altro può imbattersi nella menzogna più o meno intenzionale: ad esempio, un uomo che va in giro con una Ferrari informa implicitamente chi lo guarda che è un benestante. In realtà potrebbe trattarsi di una costruzione di immagine ai fini di una truffa, o magari quella persona ha deciso di affittare l’auto per l’ebbrezza di provare almeno una volta nella vita la rossa fiammante. Il concetto di falsificazione nel denaro e delle fake news nell’informazione è un tema dibattuto e complesso conclude Proni: «Sia il denaro sia il linguaggio possono essere usati per mentire. Il linguaggio difficilmente può essere falso, perché un finto linguaggio ha le gambe corte: l’inglese fantasioso di Totò e Peppino a Milano fa ridere, ma non inganna nessuno. Il denaro invece è costituito di eventi materiali, e come tale può essere falsificato. Banconote, monete o falsi numeri scritti su estratti conto o altri documenti, sono strumenti di scambio non generati legalmente e pertanto prima o poi portano alla perdita del valore che rappresentano».

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REPORTAGE | | MOBILITÀ STUDENTI NBA SOSTENIBILE

Taxi, bici, tram: muoversi a Milano Vivere nel capoluogo più “cool” d’Italia non è semplice. Gli studenti della Iulm ci hanno dato alcuni consigli “economici” per spostarsi in città

Di Ilaria Quattrone e Martina Soligo _ Enjoy, metropolitana, tram, autobus, Uber, Car2go: Milano è la città degli spostamenti facili e comodi. Ma per quanto riguarda i costi? È davvero così economico spostarsi e “vivere” il capoluogo più cool d’Italia? Lo abbiamo chiesto ai ragazzi dell’università IULM, uno dei poli universitari più frequentati da studenti provenienti da ogni parte della penisola. Da nord a sud, le differenze sono tante ma le difficoltà incontrate, in fondo, sono simili. Milano offre la possibilità di avere tutto a portata di mano. O almeno è così da qualche anno a questa parte. Prima del car sharing, prima di Uber, godersi la movida notturna della città della moda non era poi così semplice. O per lo meno, non era così economico. Gli studenti fuori sede che volevano divertirsi, uscire con gli amici e magari fare un po’ più tardi del solito, erano costretti a scegliere tra un viaggio sicuro e uno economico. Il taxi, che garantisce un ritorno a casa confortevole, è però dispendioso per le finanze dei ragazzi costretti a sopravvivere in una delle città più care d’Italia; la corsa sostitutiva, ovvero il trasporto pubblico alternativo, che entra in vigore negli orari notturni, continua a essere economica ma rischiosa. Sono molti gli studenti, soprattutto ragazze, che ci hanno confidato di non sentirsi sicuri a bordo del mezzo a causa degli scarsi controlli e dei furti frequenti.

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I ragazzi, invece, confessano di non aver problemi a utilizzare la sostitutiva ma nutrono dubbi se a farlo fossero le loro amiche o fidanzate. Francesco, di Roseto degli Abruzzi, infatti usufruisce del servizio tranquillamente «ma se dovessi uscire con una ragazza non la farei tornare da sola». Anche Manuel di Lecce dice di aver utilizzato la sostitutiva «che però è indecente». In disaccordo Michael di Catanzaro: «secondo me funziona ed è anche sicura». Francesco di Venezia sostiene che: «purtroppo la sostitutiva non ti porta dappertutto e poi non è sicura, soprattutto per le ragazze» quindi consiglia di scaricare l’app Heetch. «Con pochi euro potrete muovervi per tutta la città». Purtroppo però i driver di Heetch, non avendo la licenza, sono stati fermati più volte dalla polizia locale per aver infranto il codice stradale. L’accusa è quella di taxi abusivo. Negli ultimi anni, c’è un fenomeno che è cresciuto in maniera esponenziale e che si è imposto come alternativa sicura ed economica per tutti gli studenti che vogliono spostarsi la sera a Milano. Si tratta del car sharing. Il servizio offre mezzi condivisi e piace tanto agli abitanti del capoluogo lombardo, tanto da porlo ai primi posti per numero di veicoli e utenti registrati ai diversi servizi. Eleonora di Roma, ad esempio, utilizza Car2go. «I taxi hanno un costo troppo elevato per le mie finanze. Questa piattaforma di car sharing offre tutte Smart, da due o quattro posti, a 20 centesimi al minuto. Le auto sono ben

CAR SHARING

Auto a benzina o elettriche Milano è la città italiana regina del car sharing con la maggiore offerta e varietà di servizi a livello nazionale Oltre ai tradizionali veicoli con motore a benzina, sono anche disponibili mezzi elettrici e motorini. Queste le principali app del settore.


MOBILITÀ SOSTENIBILE NBA

I consigli degli studenti per spostarsi in città senza spendere troppo ➀ Programmate in anticipo i viaggi di ritorno a casa ➁ Utilizzate il car sharing, soprattutto la sera ➂ Fate l’abbonamento Atm annuale ➃ Utilizzate i mezzi pubblici durante il giorno ➄ Iscrivetevi al programma “Carta Freccia Young” di Trenitalia ➅ Controllate le offerte giovani di Alitalia TAXI VS UBER: LO SCONTRO CONTINUA La battaglia tra Uber e i taxi tradizionali non si svolge solo nelle aule dei tribunali. Il terreno di scontro più importante è sicuramente la strada. Ma che differenza di prezzo c’è tra i due servizi? In Italia, opera solo UberBlack, considerato il più costoso tra le offerte dell’azienda di San Francisco. La tariffa standard si aggira attualmente intorno ai 10 e 17 euro. A differenza dei taxi però, il prezzo della corsa è preventivamente definito e non può subire variazioni. Non si paga tramite contanti e i conducenti non ricevono mance, se non stabilite precedentemente attraverso il proprio profilo nell’app. I taxi hanno un costo iniziale del servizio che si differenzia tra feriale (3.30 euro), festivo (5.40 euro) e notturno (6.50 euro). I parametri base della tariffa sono di 1.09 euro al km e di 28.32 euro all’ora.

1) Enjoy: il brand di Eni Smart Consumer S.p.A. (società del gruppo Eni) ha avviato il suo servizio a Milano nel 2013. I veicoli scelti sono Fiat 500 rosse con motore a benzina e una tariffa di 0.25 euro al minuto. Enjoy non prevede interazioni con il personale. Tutte le operazioni, infatti, si svolgono tramite l’utilizzo di una App e del computer di bordo. 2) Car2go: è un servizio di car sharing gestito dalla società moovel GmbH. La società ha avviato il servizio a Milano nel 2013. Le car city di Car2go sono delle Smartfortwo e Smartforfour, la maggior parte con motore a benzina. La tariffa varia in base alla tipologia di veicolo e del chilometraggio: da 0.19 euro al minuto a 0.29 euro al minuto. Per l’utilizzo delle auto è sufficiente scaricare l’app dedicata e versare una quota di convalida di 9 euro. 3) Drive Now: nasce dalla collaborazione tra la casa automobilistica BMW e la società di autonoleggio Sixt e arriva a Milano nel 2011. A differenza degli altri servizi di car sharing, Drive Now prevede una quota di iscrizione standard di 29 euro e un’ampia gamma di veicoli che vanno dalle Mini alle BMW in versione benzina ed elettrica. Si può usufruire del servizio tramite app e il costo varia da 0.31 euro al minuto a 0.34 euro al minuto. 4) Share’n go: è il primo car sharing elettrico nato da un progetto italiano. Attivo a Milano dal 2015, per accedere al servizio basta scaricare l’app dedicata. La tariffa è di 0.28 euro al minuto senza costi di iscrizione. La società offre sconti nel giorno del compleanno, tariffe agevolate per l’utenza femminile e incentivi per i clienti assidui.

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mantenute e pulite». D’accordo con lei anche Luca di Catania. «Io utilizzo Enjoy. È molto più comodo e conveniente. Ti consente di spostarti agevolmente spendendo pochi euro. Preferisco guidare io, piuttosto che dare soldi a gente che guidi per me». Non tutti i giovani però escludono l’alternativa del taxi. Anche se il più delle volte la scelta ricade sul tanto discusso servizio offerto da Uber. È possibile utilizzare l’attività di trasporto automobilistico privato grazie a un’applicazione mobile che mette in collegamento diretto passeggeri e autisti. In Italia, dopo diverse controversie legali, è disponibile solo nella versione più costosa, UberBlack. Attraverso l’app si svolge tutta la transazione, dalla prenotazione dell’auto fino al pagamento con carta di credito. Manuel di Lecce ci spiega che lui utilizza Uber «perché lo trovo più comodo e conveniente rispetto ai “normali” taxi». I problemi non riguardano solo la mobilità all’interno del capoluogo lombardo. Gli studenti incontrano difficoltà anche per i viaggi di ritorno verso le loro città. In questo caso, le differenze tra Nord e Sud sono evidenti. «Devo cercare i biglietti sempre con largo anticipo. Con Ryanair prima risparmiavo. Adesso, che il bagaglio a mano è a pagamento – spiega sconfortato Giorgio di Palermo - convengono di più le offerte giovani di Alitalia». Più complicato il viaggio di Francesco originario di Barletta. «A volte ho dovuto usufruire del pullman di Flixbus fino a Napoli e poi tornare a casa con il treno. Flixbus è un buon servizio, ma se ti capita il mezzo vecchio e senza wi-fi allora il viaggio diventa interminabile». Meno difficoltà invece per Gianmaria di Treviso: «prenoto anche una settimana prima il viaggio di ritorno a casa. Con Italo si possono trovare offerte vantaggiose anche ad un giorno dalla partenza». Semplice anche per Benedetta di Torino che torna a casa tutti i weekend. «Non ho problemi a prenotare il treno a prezzi ridotti». A unire tutti gli studenti sono le opinioni positive relative al rapporto qualità-prezzo dei trasporti di Milano rispetto a quello delle loro città. Beatrice di Monopoli, in provincia di Bari, si trova infatti benissimo nel capoluogo lombardo. «Nella mia città non esistono mezzi pubblici. Qui ho l’abbonamento annuale della metro, che costa 200 euro ed è un ottimo prezzo». Eleonora ci tiene a sottolineare le differenze con la Capitale: «Milano è ben fornita, molto più di Roma dove ci sono scarsa organizzazione e poca sicurezza sui mezzi». Apprezza il servizio milanese anche Alessandro. «Milano è molto più fornita di Verona. La mia città è piccola, non ha bisogno di collegamenti. Qui invece sono fondamentali». D’accordo anche Giovanni che si lamenta dell’inefficienza dei mezzi della sua città. «La qualità qui è alta e il prezzo quindi è giusto. Sono abituato ad altre realtà. A Napoli, ad esempio, i collegamenti sono quasi inesistenti». E anche sull’aumento dei prezzi dei biglietti voluto dal sindaco di Milano, Beppe Sala, i ragazzi della Iulm sono quasi tutti d’accordo. Per Francesco la misura è necessaria: «è un’economia che deve girare. A Barletta pago 16 euro al mese di bus per fare pochi chilometri-. Qui a Milano con 22 euro, ti sposti per tutta la città e con diversi mezzi». Luca di Novara pensa che «è meglio spendere due euro di biglietto per i mezzi pubblici che quattro di treno dove il servizio è disorganizzato e inefficiente». Meno convinta Veronica di Rimini. «Se l’aumento del prezzo corrisponde a un aumento della qualità, in modo particolare sugli autobus, sono favorevole. Credo anche sia necessario intensificare i controlli per evitare che alcuni non paghino». Nonostante ci siano opinioni contrastanti, non si può negare che Milano sia una città all’avanguardia e in grado di essere sempre al passo con i giovani.

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REPORTAGE | | TROVARE STUDENTI NBA CASA

Notizie in breve 1

COLLEGI, DOVE TROVARLI? ALCUNI CONSIGLI Se vi incuriosisce l’idea di un collegio studentesco e avete deciso di farne il vostro alloggio universitario, ecco alcuni consigli per non perdervi nel mare di internet e trovare subito quello che cercate: collegati al sito www.collegiuniversitari.it e usa lo strumento di ricerca per avere subito una lista dei collegi più vicini alla tua università.

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I SITI PER GLI AFFITTI

Visto il continuo andirivieni di giovani in città, trovare una stanza in affitto a Milano può spesso risultare impresa ardua. Tra i migliori portali del settore segnaliamo immobiliare.it, idealista.it e uniaffitti.it. Sono inoltre tantissimi i gruppi dedicati presenti su Facebook.

AAA cercasi casa in affitto In 600mila cercano una sistemazione a Milano: come si fa? I consigli arrivano direttamente dalla Iulm. Di Sofia Francioni e Gabriella Mazzeo _ Milano è una delle città più costose in Europa. Lo sanno bene i circa 600mila studenti che ogni anno decidono di iniziare un percorso di studi lontano da casa e che cercano, con tante difficoltà, una stanza o un appartamento in affitto. La ricerca parte solitamente da internet. La maggioranza dei ragazzi ci ha raccontato di aver iniziato le proprie ricerche tramite gruppi Facebook: un modo facile e veloce di mettersi in contatto con i privati. Le offerte sono decine al minuto e non sarebbe difficile trovare una sistemazione. Il nocciolo del problema sta nel costo delle case in affitto e quasi mai gli annunci pubblicati rispondono alle esigenze di uno studente. Quando si cerca una stanza a Milano, più dei social può aiutare pubblicare annunci specifici su siti dedicati esclusivamente ad affitti per i gio-

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vani universitari, come uniaffitti.it, per non rischiare di incappare in amare sorprese o prezzi esorbitanti. Conoscere anche i costi medi delle abitazioni in affitto è un altro passaggio utile per trovare la dimora più adatta alle proprie esigenze. Una camera singola costa in media 450 euro al mese ed è una delle soluzioni più richieste. Gli studenti ci hanno raccontato di essere disposti a pagarla mediamente fino a 500 euro. Bruno è uno studente di 23 anni e ha vissuto fino a qualche anno fa a Napoli. Prima di arrivare alla IULM di Milano, ha cambiato tre università, senza però mai cambiare idea sulla facoltà scelta. Ha vissuto sia a Roma che a Firenze, ma è il capoluogo lombardo quello che è costato di più ai suoi genitori. Nulla di nuovo sotto il sole, ci dice quando gli riveliamo il costo medio di una sistemazione in città. «Vivo in casa con altre tre persone e per

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ATTENTI ALLE TRUFFE!

Nei primi mesi di soggiorno a Milano, soprattutto quando gli studenti sono alla ricerca di una casa, è facile inciampare in una truffa. Purtroppo ce ne sono tante e di diversa natura: tra le più frequenti ci sono annunci ed e-mail di persone che fingono di vivere all’estero e di offrire appartamenti a prezzi stracciati. Attenzione ad affidare la ricerca ad agenzie immobiliari che si propongono di mettere gli studenti in contatto con privati. Il costo del servizio è di circa 250 euro, ma la maggior parte delle volte viene offerta agli studenti una lista di appartamenti già in affitto o fatiscenti. E’ importante visitare sempre l’immobile prima di decidere di affittarlo, in modo da accertarsi delle condizioni dell’appartamento. Alcuni proprietari di casa chiederanno il pagamento pattuito dicendo ai giovani inquilini di firmare soltanto un foglio, che non ha alcuna valenza contrattuale. Per firmare un contratto valido è fondamentale infatti fornire la propria carta di identità e codice fiscale. Non solo, lo studente deve accertarsi che sul documento fornito vi siano tutti i punti utili a regolamentare il canone di locazione e i termini dell’accordo. Si consiglia inoltre di pagare soltanto al momento del trasferimento.


TROVARENBA CASA | |

REPORTAGE STUDENTI

una camera singola pago 600 euro. – racconta – I miei due coinquilini dividono una camera da letto e ne pagano 500 ciascuno. L’abitazione non è lontana dall’università, è appena a due fermate di metropolitana, ma quando abbiamo firmato il contratto ci siamo chiesti se fosse giusto pagare tanto per un alloggio da dividere in tre». Durante la chiacchierata, ci dice di conoscere diverse persone che hanno dovuto accettare di pagare l’affitto senza neppure avere un contratto in regola. «Alcuni ti dicono che firmando un contratto si pagano 600 Euro, per esempio, ma che mantenendo tutto in nero il prezzo è di 500, perché non ci sono tasse da pagare. Ti offrono questa soluzione come se ti stessero facendo un favore, ma non è esattamente così. Ho amici che vivono nella costante paura di sentirsi dire dai proprietari di casa di dover lasciare l’appartamento. Ovviamente i pagamenti avvengono tutti in nero, in modo che tu non abbia alcuna prova per fare denuncia in caso di sfratto». I rischi dell’affitto senza contratto sono diversi. Accettando di non firmare, il proprietario può decidere di aumentare il canone di locazione a suo piacimento. Allo stesso modo, può decidere di sfrattare l’inquilino con un preavviso minimo. Il contratto andrebbe sempre concluso e registrato regolarmente entro il limite di 30 giorni dalla stipula. Nel caso in cui i documenti firmati da inquilino e proprietario dell’appartamento non venissero registrati da quest’ultimo all’Agenzia delle Entrate, l’inquilino può procedere con una regolare denuncia. L’importante è trasferire sempre i soldi tramite bonifico bancario, inserendo la causale, in modo tale da lasciare sempre traccia degli spostamenti di denaro. Roberta, 25 anni, ha scelto invece di condividere la stanza di un appartamento in periferia con un’amica. Le camere doppie sono la soluzione più ricercata dai giovani che sono disposti a pagare anche 300 Euro a testa pur di spendere meno rispetto ad una singola. In media, una stanza da condividere costa circa 425 Euro al mese. La studentessa ci racconta di spenderne 350 e quando si sente rivolgere domande sulle fatiche della condivisione, si lascia andare ad un’espressione un po’ scettica. «Se potessi permettermi una stanza da sola, non ci penserei un attimo a lasciare la casa in cui mi trovo – dice – So di amici che si trovano molto bene con i coinquilini, ma si tratta di un caso su un milione. La mia compagna di appartamento, per esempio, mi ha causato diversi problemi in passato. Se non altro, l’esperienza ti permette di diventare molto più tollerante su tante cose». Tra i consigli forniti dagli studenti, il principale è quello di pensare fuori dagli schemi: Milano è una città in continua espansione e i quartieri periferici stanno diventando sempre più forniti di servizi, con mezzi pubblici che collegano in maniera efficiente la zona a quelle più centrali. Il consiglio è non badare troppo alle distanze fisiche, ma allontanarsi dalle aree più note per trovare appartamenti a prezzi più convenienti. È importante informarsi anche sulle soluzioni che in pochi conoscono: esistono infatti dei collegi universitari, molto diversi dai già noti alloggi per studenti forniti dalle università. Si tratta di strutture private che grazie a borse di studio del ministero, offrono vitto e alloggio alle matricole. Si può accedere per reddito e per merito. Per ridurre sensibilmente le spese che una vita lontano da casa comporta, uno studente può decidere di affidarsi all’iniziativa “Adotta un anziano”. Si tratta di un progetto promosso dall’Associazione MeglioMilano, in collaborazione con la fondazione Cariplo. L’idea coinvolge i pensionati nella vita della collettività e contemporaneamente offre un’alternativa di affitto a basso costo. Gli studenti partecipano alle spese di casa senza pagare un affitto mensile. Durante i mesi di coabitazione, l’associazione verifica periodicamente l’andamento dell’esperienza e il grado di soddisfazione di entrambe le parti. La convivenza è regolata da un contratto di ospitalità di almeno sei mesi ed è annullabile in qualsiasi momento. Può anche essere rinnovato su accordo di entrambe le parti.

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REPORTAGE UNIVERSITÀ

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50 anni della IULM, festa con Mattarella L’apertura dell’anno accademico, un’occassione per festeggiare il mezzo secolo di vita dell’ateneo alla presenza del capo dello Stato Pagine a cura di Enrica Iacono e Caterina Spinelli _ Giovedì 28 febbraio si è svolta all’Università IULM la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2018-2019. Per l’occasione e per festeggiare i 50 anni dalla fondazione dell’ateneo milanese è stato ospite il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presente per un saluto al pubblico. Durante l’inaugurazione, il rettore Gianni Canova ha sottolineato l’importanza dello studente all’interno dell’università, come già aveva fatto nel giorno del suo insediamento, avvenuto lo scorso 5 novembre, quando nel discorso inaugurale mise i giovani al centro del progetto accademico. Bisogna formare, infatti, profili profes-

sionali di cui il Paese, il mondo del lavoro e le nuove generazioni hanno bisogno. Canova ha voluto inoltre evidenziare la lotta all’ignorantocrazia, ovvero la capacità di partire dalla base delle cose per arrivare alla democrazia attraverso la cultura e la democrazia culturale. Durante la cerimonia c’è stato poi un momento che ha coinvolto il pubblico grazie all’esibizione del cantautore Roberto Vecchioni che ha intrattenuto i presenti con i suoi più grandi successi. Al cantautore è stato conferito il diploma del Master in Arti del Racconto da Antonio Scurati, coordinatore del corso.

EVENTI

Rassegna teatrale Grande successo per il monologo di Marco Baliani “Kohlhaas”, tratto dal romanzo Michael Kohlhaas di Heinrich von Kleist e riscritto a quattro mani da Baliani e Remo Rostagno, andato in scena sul palco dell’auditorium di IULM 6 lo scorso 28 febbraio. Continueranno nei prossimi giorni gli eventi legati ai 50 anni dell’università. Si tratta di spettacoli rivolti a tutti, come segno di apertura dell’università a un quartiere che ha grande bisogno di offerta culturale. L’8 marzo alle ore 20

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Ottavia Piccolo proporrà lo spettacolo “Donna non rieducabile”, l’adattamento in forma teatrale di brani autobiografici e articoli di Anna Politkovskaja, la giornalista trovata morta il 7 ottobre 2006 nell’androne della sua casa moscovita, uccisa da quattro colpi di arma da fuoco. Il 20 marzo alle ore 20 andrà in scena il monologo di Giacomo Poretti “Fare un’anima”. Il ciclo di spettacoli si chiuderà il 26 marzo alle 20 con Lella Costa che reciterà in “Ragazze, Nelle lande desolate del fuori”. Ispirato a Calvino, il monologo, tutto al femminile, vede come protagoniste donne di tutti i giorni, evidenziando gioia, dolore, leggerezza, rabbia, desideri, violenza e sorellanza.


NBA IULM NEWS

I SEMINARI

LE PRESENTAZIONI

Hospitality e tecnologia

Ritornano i Game Talks

UNIVERSITÀ IL DOCUMENTARIO

IL PREMIO

IULM e le aziende La tecnologia sta cambiando il modo di fare impresa e non solo: ad oggi il settore del turismo e dell’hospitality si sta evolvendo sempre più. E proprio per spiegare l’importanza del digitale per il successo aziendale, IULM Master in Hospitality & Tourism Management, ha proposto una serie di seminari intitolati “Digital Innovation for the Travel Sector Competitiveness”. Durante questi incontri, che hanno preso il via il 7 febbraio e si concluderanno il 9 maggio, ricercatori di livello internazionale si confrontano con aziende leader per dare vita a una nuova chiave di lettura dei fenomeni attuali.

REPORTAGE UNIVERSITÀ

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IULM premia la comunicazione d’impresa in collaborazione con il settimanale del Corriere della Sera “L’Economia”. A partecipare 500 aziende che negli ultimi dieci anni sono sempre cresciute e hanno avuto una forte redditività. Di queste verranno radiografati i bilanci e le azioni di comunicazione per poi scegliere le migliori 30. Sarà proprio la comunicazione, che ha contribuito allo sviluppo delle aziende, a essere analizzata secondo parametri scientifici. Il premio verrà consegnato il 15 marzo nella sede della Borsa, in in Piazza Affari a Milano. A giudicare sarà una giuria esperta di comunicazione social.

Il successo di un ex studente Gli appassionati di videogiochi sono stati accontentati: dal 27 febbraio sono tornati i “Game Talks”, una serie di presentazioni, performance e seminari gratuiti e aperti al pubblico sul game design. Jake Elliott, Tamas Kemenczy, Joseph DeLappe, John Sharp, Robert Yang, Hannah Nicklin, Tatiana Vilela Los Lobos, Kieran Nolan, Jenna NG e Matteo Lana sono solo alcune delle importanti personalità che non hanno voluto mancare alla kermesse. Designer, artisti e docenti sono a piena disposizione di tutti coloro che desiderano apprendere le filosofie e le tecniche per creare esperienze ludiche e interattive.

Grande successo per gli studenti di Televisione, cinema e new media. Il documentario LUCE, realizzato dai giovani in quattro puntate, è andato in onda su Sky Arte per quattro venerdì consecutivi dall’8 febbraio. Il mese di marzo è per i ragazzi anche la fine delle ripresa della loro nuova docu-fiaba, intitolata (Le) Metamorfosi e tratta dall’omonimo poema di Ovidio. Racconta la realtà delle periferie di Napoli, attraverso la voce narrante di Marco D’Amore, l’attore che interpreta Ciro in Gomorra. Una realizzazione tutta firmata IULM, perché anche il regista, Giuseppe Carrieri è un ex studente del nostro ateneo.

LA TAVOLA ROTONDA

Il giornalismo in Libia Il 26 marzo, in occasione dell’incontro Post-Crisis Journalism in Post-Crisis Libya: A Bottom-up Approach to the Development of a Cross-Media Journalism Master Program, organizzato dai progetti Erasmus e PAgES, l’università organizza una tavola rotonda sui temi del giornalismo, della libertà di parola e delle scuole di giornalismo nella Libia di oggi. Appuntamento alle 15 con Lorenzo Cremonesi (Corriere della Sera), Stefano Torelli (Ispi), Andrea Miconi (Iulm), Antonio Morone (Università di Pavia) e Marco Di Donato (UniMed).

GLI INCONTRI

Laboratorio di idee All’università si parla dei temi più attuali. Sarà il nostro professore di Logica e filosofia della scienza, Mauro Ceruti, a portare nelle aule dell’ateneo “La nostra Europa”. Gli appuntamenti fanno parte del ciclo del Laboratorio di idee, coordinato e organizzato dal filosofo e politico in occasione del 50esimo anniversario IULM. L’accademico Massimo Cacciari inaugurerà l’evento il 14 marzo. A seguire ci sarà il giurista Valerio Onida, presente il 16 aprile e Liliana Segre, ospite il 6 maggio. Le sorprese non finiscono qui: Ceruti ospiterà anche delle lectio magistralis per chiarire tutti i dubbi sul denaro. La prima masterclass intitolata “Che cos’è il denaro?” si terrà il 6 marzo e sarà mediata da Salvatore Rossi, Direttore generale della Banca d’Italia. Il 2 aprile, invece, lo psicanalista Massimo Recalcati presenterà “La psicologia del denaro”. Per finire in bellezza, l’8 aprile il giornalista Marino Niola ci spiegherà tutte le curiosità sul tema nell’appuntamento “L’antropologia del denaro”. MARZO 2019

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SEZIONE

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er il numero di MasterX dedicato al tema dei soldi l’idea di Piazza ARGOMENTO Affari, con la controversa opera L.O.V.E. di Cattelan nel mezzo, era quasi scontata. Eppure, proprio per questo, ho deciso di tornarci per l’ennesima volta con l’impegno di provare a realizzare un’immagine diversa. Una sfida impegnativa se si pensa che l’opera L.O.V.E. è stata fotografata e pubblicata migliaia di volte in tutto il mondo, considerata la notorietà dell’artista. L’inquadratura che ho scelto sembra alludere al gesto del “suonare il campanello” oppure al “riconoscimento dell’impronta” dei dispositivi digitali. Una sorta di “per accedere appoggiare il dito Periodico del master in giornalismo dell’Università IULM qui” delle porte blindate delle banche. Facoltà di comunicazione , relazioni pubbliche e pubblicità La scelta e l’uso delle fotografie con una valenza ironica, simbolica, sarcastica, graffiante era molto caro a Leo Longanesi su Omnibus, e, per certi versi, anche a Pannunzio e Flaiano su Il Mondo. Se vogliamo, l’uso allusivo delle fotografie è quasi antitetico al loro impiego per scopi documentari, informativi, giornalistici. Ma rimane un utilizzo possibile, anche se ai limiti. In questo caso, la scelta è stata fatta direttamente dal fotografo, e questo si allontana molto dalla consuetudine delle due testate citate, nelle quali spesso i fotografi erano considerati alla stregua di meri “produttori e fornitori di materia prima”.

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Marco Capovilla, fotografo e docente di Fotogiornalismo al Master in Giornalismo IULM

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