Osteopatia Magazine n° 11

0 Osteopatia professione riconosciuta Sistema immunitario Il fondamentale ruolo dell’alimentazione

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in questo numero 4

Editoriale: Perché una rivista?

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La formazione dell’osteopata

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Xxxxxx xxxxxxxxx xxxxxx, xxxxxx

Pandemia e smart working Benefici o svantaggi per la nostra salute?

Hotel & Resort

In vacanza con l’osteopatia

ANSIA

Ridurla con l’osteopatia

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MAGGIO AGOSTO 2021

I NOSTRI SERVIZI • IMPLANTOLOGIA • CHIRURGIA GUIDATA 3D • SEDAZIONE COSCIENTE • TAC DENTALE CONE BEAM 3D • FACCETTE ESTETICHE • ORTODONZIA • SBIANCAMENTO • PROTESI FISSE E MOBILI • PREVENZIONE E IGIENE

benefici o svantaggi per la nostra salute?

Meglio in estate...

Sistema immunitario Il fondamentale ruolo dell’alimentazione.

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Pandemia e smart working Benefici o svantaggi per la nostra salute?

Hotel & Resort

In vacanza con l’osteopatia

2 PANDEMIA E SMART WORKING: 6 PREVENZIONE E BENESSERE CON L’OSTEOPATA?

Osteopatia professione riconosciuta

TICO

in questo numero

ANSIA

VACANZE

HOTEL E RESORT

All’insegna del benessere con l’osteopatia

Ridurla con l’osteopatia

Osteopatia Magazine Numero 11 Edizione quadrimestrale maggio - agosto 2021 Euro 3,30 Stampato nel mese di luglio 2021 Testata registrata presso il Tribunale di Ancona con n° 10/2017 Editore Marco Traferri & C. sas Via Scrima, 59 - 60126 Ancona Partita IVA 02407030424 info@marcotraferrieditore.com Direttore responsabile Federica Serfilippi Progetto grafico bnc > Barbara Bonci www.barbarabonci.it Stampa Grafiche Ricciarelli S.r.l.

Via Sant’Ubaldo n. 41 60030 - Monsano (AN)

18 ANSIA

L’osteopatia può ridurre i disturbi d’ansia?

22 RAFFORZARE IL

SISTEMA IMMUNITARIO

L’alimentazione è la chiave di volta delle nostre difese.

27 I RIMEDI NATURALI

CHE MODULANO LE DIFESE IMMUNITARIE

28 OSTEOPATIA

PROFESSIONE RICONOSCIUTA

Fotografie e illustrazioni Adobe Stock: Copertina Song_about_summer; pag. 1 liuzishan; pag. 8-9 Tropical studio; pag. 9, photology1971, Suthiporn, farmuty; pag. 10, NicoElNino; pag. 15, Viacheslav Lakobchuk; pag. 18, anttoniart; pag. 22, kerdkanno; pag. 24 rh2010; pag. 24, anaumenko; pag. 27 spline_x, sommai.

Pag. 4 Valentina Ottaviani

www.osteopatiamagazine.com

Di Fiammetta Bonazzi Con la consulenza del dottor Saverio Colonna, ortopedico e osteopata, direttore della Scuola di osteopatia OSCE (Osteopathic Spine Center Education) di Bologna

PANDEMIA E SMART WORKING: benefici o svantaggi per la nostra salute?

Fino ai primi mesi dell’anno scorso, l’annus horribilis del Coronavirus, il lavoro a distanza - soprattutto in Italia - era considerato un privilegio per pochi. In molti casi, veniva addirittura visto come una soluzione di ripiego, qualitativamente inferiore all’attività svolta in ufficio, che appare più controllata e, in genere, giudicata anche più produttiva.

Un’indagine condotta dall’Eurofound con l’International Labour Office già nel 2017 rivelava come il nostro Paese avesse la percentuale più bassa di lavoratori “da casa” di tutta Europa, valore che si attestava su uno scarno 8% dell’occupazione totale ancora a fine aprile 2020. Tuttavia, con l’emergenza sanitaria imposta dal COVID-19, molte aziende sono state obbligate a implementare per la prima volta il “lavoro in remoto” per ridurre al minimo il contatto fisico fra le persone e per prevenire nuovi contagi. Risultato? Durante la pandemia, in Italia il numero di chi lavorava da casa è aumentato del 69%, mentre è stato stimato che ben l’81% della forza lavoro mondiale sia stata interessata da profondi cambiamenti in termini di modalità di esecuzione delle prestazioni.

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LAVORO AGILE, MA QUANTO? La dicitura inglese smart working, entrata ormai a far parte del vocabolario comune, allude a una forma di lavoro agile e cioè non legato alla presenza fisica in un luogo determinato e che porta con sé numerosi benefici ma anche qualche svantaggio. Fra i punti a favore, ci sono per esempio la riduzione del pendolarismo, il ritrovato equilibrio tra lavoro e vita privata, il più proficuo sfruttamento delle tecnologie e il migliore controllo sulla pianificazione dei tempi, mentre fra i rischi si segnalano i problemi di comunicazione, la mancanza di chiara separazione tra compiti domestici e professionali, lo stress favorito dall’isolamento sociale e dall’impossibilità di confrontarsi con i colleghi. Oltre alla comparsa e al peggioramento anche fra i più giovani, a loro volta impegnati nella didattica a distanza, di disturbi muscolo scheletrici più o meno invalidanti.

LA PERCEZIONE DI UN DISAGIO PIÙ AMPIO Prima di tutto, “va detto che in questa fase storica non è tanto lo smart working in sé a creare danni, quanto la generale sensazione di peso e di costrizione che grava su di noi da più di un anno e mezzo a causa della pandemia”, fa notare il dottor Saverio Colonna, ortopedico e osteopata, direttore della Scuola di osteopatia OSCE (Osteopathic Spine Center Education) a Bologna.

“Da molto tempo viviamo sotto una cappa di ansia e paura che ha modificato le nostre abitudini, ci ha reso meno liberi, ha fatto aumentare la fame compensatoria, lo stress e l’insonnia, e ha generato tensioni che si riverberano anche sul piano muscolare e articolare. In effetti, è vero che lo smart working aumenta l’incidenza di disturbi lombari e di dolore al collo, anche perché nelle nostre abitazioni in genere mancano i mobili ergonomici che si usano negli uffici e, quando si lavora a lungo seduti, questo può favorire l’insorgenza di contratture e algie. Ma, in ogni caso, la componente di sovraccarico fisico e psichico,

Saverio Colonna Dottore in Medicina Ortopedia e Medicina dello Sport.

Osteopata e Direttore Generale OSCE

legata alla situazione odierna, non può essere sottovalutata. Ed è bene che ne tenga conto anche l’osteopata ogni volta che si dovrà occupare di un problema che appare collegato a un eccesso di lavoro da remoto”.

SCHIENA E COLLO RISCHIANO DI PIÙ A confermare alcune criticità dello smart working sono da ultimo i risultati di una ricerca condotta da Assosalute nel 2020, secondo la quale a soffrire di dolori posturali, anche prima del periodo di clausura forzata, era ben il 73% degli italiani: il mal di schiena (49%) è al primo posto, seguito da problemi al collo (37%) e alle articolazioni degli arti inferiori (29%). In un quadro già così compromesso, però, lo smart working ha aggravato i disturbi: un italiano su 2 dichiara ha infatti dichiarato di aver sofferto più spesso di questi disagi durante gli ultimi mesi.

Del resto, “la quarantena ha giocato un ruolo determinante per la salute del nostro apparato muscolo scheletrico, soprattutto per quei soggetti che non erano abituati a svolgere una regolare attività fisica già prima del lockdown”, prosegue il dottor Colonna. “Chi è stato costretto a eliminare del tutto o a ridurre drasticamente i propri allenamenti, ha dovuto fare i conti con una perdita del tono muscolare e una riduzione della coordinazione neuromuscolare, con conseguente sovraccarico articolare; chi invece non era solito dedicarsi allo sport può aver colto l’occasione per iniziare, spesso andando incontro, inconsapevolmente, a dolori muscolari o articolari riconducibili a movimenti scorretti”.

SOFFRE L’INTERA COLONNA Una recente indagine, curata nel 2020 da un team di ricerca italiano (Moretti e altri) e pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, ha cercato di valutare gli effetti prodotti sulla colonna vertebrale dallo smart working. Considerando un panel di una cinquantina lavoratori a domicilio, di età compresa fra i 36 e i 57 anni e per oltre la metà donne, si è rilevato che il 70,5% dei partecipanti ha riportato dolore all’apparato muscolo scheletrico, più frequentemente alla parte bassa della schiena (41,2%) o al collo (23,5%). “Questo risultato non sorprende”, commenta l’osteopata, “considerando che il dolore alla colonna vertebrale e alla zona bassa della schiena, il cosiddetto LBP o Low Back Pain, è uno dei problemi di salute più frequenti nella popolazione in età lavorativa a livello mondiale. Al di là dello smart working, qualunque

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OSTEOPATIA MAGAZINE occupazione sedentaria prolungata in una postura forzata del tronco è un fattore di rischio per il mal di schiena. A causa dell’attivazione di basso grado dei muscoli lombari durante la seduta, il carico viene sostenuto da strutture passive come legamenti e dischi intervertebrali e, per via della viscoelasticità di questi tessuti e della disattivazione dei muscoli lombari, la colonna può risultare iper sollecitata”.

IL RUOLO (SOTTOVALUTATO) DEL DIAFRAMMA Allo stesso modo è stato osservato un nesso fra l’aumento dell’uso del computer e il dolore al collo correlato al lavoro, che si irradia alle spalle arrivando a volte fino alle braccia e ai polsi: “Si sa che la posizione curva che si assume davanti al videoterminale tende a farci spingere

il collo in avanti e a comprimere il diaframma”, precisa lo specialista, “e un’alterata respirazione diaframmatica può comportare dolore al rachide cervicale per la postura scorretta ma anche un peggioramento dello scarico linfatico ed ematico delle stasi, che determina gonfiore e formicolio a livello delle mani”. Non va poi dimenticato che “un errato utilizzo del diaframma interferisce con i processi respiratori, peraltro già resi faticosi dall’obbligo della mascherina, e, nel tempo, altera l’entrata in funzione dei sistemi legati allo stress - l’ortosimpatico e il parasimpatico - con un’iper stimolazione del primo, che ci tiene in stato d’allerta e pronti a reagire a qualunque sollecitazione, rispetto al secondo, che invece induce la calma e il rilassamento”.

MENTI I G R O C C A GLI ARE DA ADOTTITA DI NELLA V IORNI NEI MOMENTI DI RELAX TUTTI I G

QUANDO SI CUCINA non si deve mai stare troppo tempo nella stessa posizione. È consigliabile anche spostare il peso da una gamba all’altra ogni 5 minuti circa.

quando siamo sdraiati sul divano o su una poltrona e guardiamo la TV, magari con la testa appoggiata sul bracciolo (mai troppo alto), cerchiamo di cambiare di tanto in tanto la postura; se invece stiamo seduti, dei cuscini posizionati nella zona lombare preserveranno la corretta curva della schiena. Meglio non tenere i piedi sui pouf, per non flettere la spina dorsale in maniera innaturale.

IL PESO… DEL SOVRAPPESO

SE TENIAMO I BAMBINI IN BRACCIO è bene alternare il loro peso sul fianco destro e sinistro, cercando di mantenere il piccolo il più vicino possibile al busto.

DURANTE LE PULIZIE se ci abbassiamo per raccogliere un peso, dobbiamo sempre piegare le ginocchia; se invece dobbiamo effettuare lavori che ci portano a tenere dei carichi in alto o in bilico sopra la testa, è bene cercare di sollevarli con gradualità, così da diluirne il peso.

SE SI INIZIA (O SE SI RITORNA) DOPO IL LOCKDOWN A FARE SPORT è importante che l’attività fisica venga seguita da professionisti, in modo da allenarsi in maniera personalizzata e graduale e, soprattutto nel caso dei principianti, evitando di commettere errori di sovraccarico.

Le patologie osteomuscolari spesso vengono influenzate anche dalle modifiche ponderali. In uno studio condotto nel 2020, curato da Di Renzo, Gualtieri, Pivari e altri, pubblicato sul Journal of Translational Medicine, sono stati forniti i dati sullo stile di vita degli italiani e sulle le abitudini alimentari durante il lockdown. La percezione di un aumento di peso, che peggiora il rischio di compressione sulla colonna e sugli arti inferiori, è stata osservata nel 48,6% della popolazione. È interessante notare che il gruppo di intervistati di età compresa tra 18 e 30 anni è risultato avere una maggiore aderenza a una dieta di tipo mediterraneo rispetto alla popolazione più giovane e anziana. Inoltre, il 15% del campione si è rivolto ad agricoltori o gruppi di acquisto biologico per frutta e verdura, soprattutto al Nord e al Centro Italia, dove i valori dell’indice di massa corporea (BMI) erano già più bassi.

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I CONSIGLI PER PREVENIRE E RIDURRE I DISTURBI DA SMART WORKING Con la pratica massiccia dello smart working, cui nel corso degli ultimi mesi si sono spesso aggiunti anche il cambio dell’alimentazione, una netta riduzione dell’attività fisica e in molti casi l’aumento ponderale, il corpo è andato incontro a disarmonie alle quali non era preparato. Dopo aver analizzato con cura le abitudini lavorative del paziente e i disturbi che riferisce, “l’osteopata può fornire un valido aiuto per ridurre o eliminare i sintomi di sofferenza tramite il potenziamento della respirazione diaframmatica e la Lo sguardo va diretto sulla prima metà dello schermo e il monitor non deve essere né troppo alto né troppo basso, così da non causare un’inclinazione della testa permanente.

La distanza ideale è di circa 50 cm dagli occhi.

correzione della postura”, assicura Saverio Colonna.

“Se però non si modificano le abitudini che hanno preso piede o sono peggiorate durante la pandemia, i problemi potranno facilmente ripresentarsi e l’intervento dello specialista non sarà risolutivo”.

Ecco allora qualche consiglio per non cadere nei soliti errori: quando si lavora in modalità smart, ma non solo.

Durata e pause: non bisognerebbe lavorare al computer per più di 8 ore al giorno (mai la sera) e, utilizzando un timer su cellulare o pc, è necessario alzarsi almeno ogni 20 minuti per camminare, svolgere qualche piccola faccenda domestica e far riposare anche gli occhi.

Le spalle andrebbero tenute all’indietro, ben rilassate, con le scapole in leggera adduzione. Se durante il lavoro si avverte una tensione sulle spalle, occorre fermarsi e “scioglierle” con qualche movimento di stretching o di rotazione delle braccia.

La tastiera dovrebbe collocarsi un pochino più in basso rispetto ai gomiti. Se si utilizza un portatile, è meglio collegarlo a una tastiera esterna, avendo sempre cura che lo spazio sul piano di lavoro permetta di appoggiare gli avambracci durante la digitazione. È vietato lavorare sul divano e sulla poltrona. Quando si opera con pc o tablet, la schiena deve essere diritta e comunque ben aderente a uno schienale, ed entrambi i piedi andranno appoggiati a terra, con le ginocchia che formano angoli di 90 gradi.

Il piano di lavoro e la sedia dovranno essere regolabili in altezza, in modo che i piedi siano sempre ben appoggiati a terra. In assenza di una sedia ergonomica, che rispetta le curve fisiologiche della spina dorsale, si consiglia l’uso di un poggiapiedi. Da evitare la classica sedia da cucina a quattro gambe, con la seduta fisso e lo schienale concavo e non inclinabile: con una seduta del genere, è fatale che schiena e collo scivolino in avanti, comprimendo il diaframma e forzando la colonna in una postura innaturale.

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OSTEOPATIA MAGAZINE

Prevenzione e benessere con l’osteopata?

Meglio in estate...

Dr. Gabriele Benedetti European Academy of Osteopathy

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Da sempre il motto “prevenire è meglio che curare” rappresenta una buona pratica che andrebbe seguita con scrupolo. Il caldo estivo favorisce la nostra migliore condizione fisica, siamo portati a camminare all’aperto, andare al mare, prendere il sole, aspetti fondamentali per l’assorbimento di vitamina D, elemento cardine della salute ossea e del sistema immunitario.

I nostri muscoli sono più morbidi e rilassati, grazie alla vasodilatazione delle strutture vascolari il sangue affluisce in maniera migliore a tutti i tessuti e in particolare alle fibre muscolari che assumono una condizione di base simile a quella che otteniamo attraverso una breve attività di riscaldamento prima di un’attività sportiva. Ciò significa avere muscoli più disponibili al trattamento, meno rigidi e retratti; “caldi” al punto giusto, per facilitare tecniche di stretching e allungamento muscolare, ma soprattutto, significa ridurre la rigidità articolare tipica dell’artrosi e delle malattie reumatiche come l’artrite, favorendo al massimo il trattamento osteopatico in tutte le sue forme.

Un approccio miotenisivo strutturale con la manipolazione tipica dello sblocco articolare, risulta ideale per terapie che interessano i visceri e il sistema duramerico vista la tendenza di tutti gli sfinteri e degli organi a rilassarsi, senza l’eccessivo richiamo protettivo di sangue e rigidità, causati dal freddo invernale. Per questo, prima di combinare qualche pasticcio posturale, o di rimandare quel famoso doloretto in agguato, approfittate del bel tempo per rivolgervi al vostro osteopata di fiducia e godetevi un fantastico trattamento.

Ciò significa avere muscoli più disponibili al trattamento, meno rigidi e retratti; “caldi” al punto giusto, per facilitare tecniche di stretching e allungamento muscolare.

CALORE E INFIAMMAZIONE Se per la maggior parte dei processi infiammatori, il freddo è la miglior soluzione, (basti pensare a quanto riduca il dolore dopo l’estrazione di un dente), di tutt’altro significato è invece l’utilizzo della crioterapia (ghiaccio) per le problematiche muscolari, neurologiche, artrosiche, dove il freddo porta a vasocostrizione, ovvero riduce l’afflusso di sangue, rendendo tutte le strutture del corpo più rigide e aride di liquidi, come se venisse a mancare la lubrificazione delle articolazioni. In questi casi il freddo porta a un effetto contrario che peggiora lo stato di flogosi (infiammazione), aumentando la sintomatologia. In caso di mal di schiena, con forte dolore ai muscoli lombari, di fronte a una sciatica o alla più classica delle contratture muscolari, è fondamentale proteggere la zona da abbassamenti di temperatura, magari con la borsa dell’acqua calda o una sciarpa per il collo. Proprio la cervicale è l’esempio più lampante

di come un colpo di freddo dovuto magari all’aria condizionata, possa contribuire a bloccare del tutto il nostro collo con dolori fortissimi che possono irradiarsi fino alle braccia e alla testa.

Si tratta di condizioni che sicuramente d’estate trovano meno complicazioni che in inverno, pertanto, favoriscono il trattamento osteopatico delle patologie cosiddette croniche, come l’osteoporosi, ma potrebbero interfacciarsi con sintomatologia acuta come la cervicalgia. In questo caso l’osteopata non è più una scelta preventiva, ma una necessità urgente.

Saranno poi le condizioni favorevoli del clima estivo a velocizzare il processo di guarigione. L’aumento della circolazione sanguigna dovuto dal calore, fa sì che aumenti il “torrente circolatorio”, come un fiume in piena che porta via i detriti, spazzando via le componenti algiche, riducendo lo stato infiammatorio e apportando nutrimento ai tessuti lesi.

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LE PATOLOGIE DA TRATTARE IN ESTATE. Esistono delle condizioni cliniche che potrebbero trarre giovamento dal trattamento osteopatico in pieno periodo estivo. In primis, l’artrosi vede come principale alleato proprio l’estate, ringiovanendo il corpo e fornendo quella carica energetica che il calore sa dare. Una bella “sgranchita” dall’osteopata permette di preparare, ginocchia, anche, spalle e schiena al movimento, eliminando la ruggine accumulata nel tempo e che riconosciamo nelle radiografie sottoforma di osteofiti, ovvero quelle “stalattiti” di calcio che portano alla fusione delle vertebre, alla rigidità di spalla e anca o al dolore del ginocchio. Approcciare tutte queste condizioni, quali la coxartrosi, la gonartrosi, la spondilosi, terminologie che riassumono etimologicamente il quadro di degenerazione ossea rispettivo di ogni articolazione specifica, nella stagione calda, non può che rappresentare una marcia in più in ogni pianificazione di trattamento, riabilitazione e perché no, allenamento.

L’ERNIA DEL DISCO. Il trattamento estivo, tanto in fase acuta quanto in fase cronica, può rappresentare un punto di svolta nelle discopatie. Essendo l’ernia composta di acqua, infatti, sfruttando la manipolazione e i relativi protocolli miotensivi e duramerici, si può decomprimere sicuramente con maggior facilità ed efficacia il disco (fibrocartilagine) che ha determinato la fuoriuscita del nucleo polposo (parte liquida e centrale). Proprio per sottolineare la natura acquosa dell’ernia discale, bisogna tenere a mente che ogni espulsione di liquido è soggetta al fenomeno di guarigione conosciuto come disidratazione. Ovvero, l’ernia

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non rientra, ma evapora. Questo se abbiamo eliminato il fattore biomeccanico di compressione del disco tra due vertebre, e il caldo non può che contribuire positivamente a questo processo fisiologico che spesso rappresenta il pericoloso bivio tra il trattamento conservativo e quello chirurgico.

I CONSIGLI PER IL POST TRATTAMENTO. Che si ami il mare o la montagna, l’attività fisica deve essere alla base della nostra vacanza. Per gli sportivi questo è un consiglio che può apparire scontato, ma per gli altri potrebbe essere una proposta stimolante. Per tenersi in forma e scaricare lo stress è sufficiente una bella passeggiata all’aria aperta. Ognuno adotterà il ritmo più consono alle proprie caratteristiche fisiche e alle esigenze personali. La parola d’ordine sarà: eliminare le tossine attraverso il sudore, per poi godersi una bella doccia e sentirsi freschi e rigenerati.

Per una corsa o una camminata possono bastare 60 minuti di attività con intensità più o meno elevata. Prediligete terreni morbidi evitando l’asfalto e munitevi di scarpe da running, ovvero con proprietà ammortizzanti. In relazione al movimento la seduta osteopatica potrebbe avere una doppia valenza, quella di preparare il fisico all’attività motoria, per ridurne i microtraumi, quindi effettuandola prima di muoverci, oppure dopo l’allenamento, scaricando ogni eventuale sollecitazione di muscoli e articolazioni. E come ciliegina sulla torta, un bel riposino pomeridiano. Il nostro corpo recupera infatti tutte le sue energie e rafforza il sistema immunitario, proprio quando dormiamo. Per farlo bene,

abbiamo bisogno di un buon materasso rigido, cuscino basso e non deformabile, e soprattutto stare lontani dagli smartphone e dai computer, almeno in vacanza.

I MIGLIORI ESERCIZI. Attività come il pilates e la ginnastica posturale, si sposano a meraviglia con la seduta osteopatica, mentre per chi si trovasse da solo, senza possibilità di rivolgersi a un allenatore, o con l’intento di limitare la ormai dilagante dipendenza da internet, il consiglio è quello di dare un’occhiata ai tanti libri sull’argomento.

Con l’allungamento muscolare possiamo garantire alla nostra colonna vertebrale, alle anche, ginocchia, e così via, tutta la salute di cui hanno bisogno.

Ed è proprio mantenendo l’elasticità del muscolo che coadiuviamo il trattamento osteopatico.

Tra i migliori esercizi c’è la flessione del busto in piedi con le gambe dritte. Si tratta di scendere con la testa verso il terreno, mentre siamo in piedi. Ogni venti secondi circa, riusciremo ad avvicinare le nostre mani alle caviglie. Il tutto, ripetuto per tre minuti, un tempo che sembra non finire mai, ma che è necessario per permettere al muscolo di apportare reali modifiche alla nostra postura.

Anche l’espirazione è molto importante durante la fase di tiraggio e faciliterà la discesa del busto. Si avvertirà un normale dolore da “sfibramento” dietro le cosce e nella porzione inferiore della nostra schiena. Al termine dei tre minuti, piegare le gambe e tornare in stazione eretta con molta calma, attenzione e delicatezza. È preferibile fare questo esercizio dopo un’attività fisica o la sera, quando è più facile allungare i nostri muscoli, essendo più caldi rispetto alla mattina.

PREVENZIONE E BENESSERE CON L’OSTEOPATA? MEGLIO IN ESTATE....

Attività come il pilates e la ginnastica posturale, si sposano a meraviglia con la seduta osteopatica.

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Vacanze

e all’insegna del benessere con l’osteopatia.

Di Marco Benedettelli

In ripartenza dopo il duro e lungo periodo delle chiusure per la pandemia, oppure già avviati da anni, in alta quota o vista mare, sul lago, in mezzo al bosco o nei pressi di snodi urbani, per gli ospiti o per chi non soggiorna nella struttura. L’offerta dei trattamenti osteopatici negli alberghi, resort, hotel è in crescita, si direbbe a vista d’occhio. Ecco nove strutture dove l’osteopatia è di casa.

L’osteopatia risponde a una domanda crescente del cliente, che in vacanza intende proseguire le proprie terapie, o desidera dedicare il tempo libero alla guarigione da dolori e problemi fisici. Così i direttori degli hotel si avvalgono sempre più dei trattamenti dei migliori professionisti dell’osteopatia che, spesso su appuntamento, incontrano i 12

pazienti e costruiscono per loro percorsi di cura estremamente personalizzati. Ma ci sono anche Hotel e Resort dove si è scelto di praticare un determinato approccio e il professionista propone terapie specializzate.

Seguono, in ogni caso, singole sedute o pacchetti di interventi, proprio come se ci si recasse nello studio di un osteopata per praticare le proprie terapie.

Col vantaggio che all’interno di un resort dotato di una spa una seduta osteopatica può anche affiancarsi ad altri tipi di momenti benessere, come saune e bagni caldi, che vanno ad arricchire il trattamento medico. La vacanza diventa così un percorso per prendersi cura del proprio corpo secondo un approccio poliedrico.

Tra chi ha deciso di far crescere la possibilità dell’offerta di cure osteopatiche c’è uno dei 5 stelle più eleganti della Capitale, l’Hotel Eden 1 . Qui l’offerta è rivolta sia ai guest in house, sia alle persone esterne.

Sempre su richiesta e prenotazione. Sono numerosi gli sportivi che si rivolgono ai trattamenti, ormai avviati da anni. “L’offerta sta andando benissimo – spiega la direttrice Elisabetta Trezzi – abbiamo numerosissime richieste. L’osteopatia ha la virtù di sbloccare problematiche e dolori fisici con un approccio in profondità, che lascia molto soddisfatti.

L’Eden è un hotel nel cuore di Roma, una struttura storica, bellissima, che nei suoi dettagli racconta tanto dello spirito della Capitale. Avvolto nella tranquillità di Villa Borghese.

I due hotel gemelli, l’hotel Lefay Resort & SPA Lago di Garda, a Gargano nel Bresciano, e il Lefay Resort & SPA Dolomiti, a Pinzolo nel Trentino, offrono 2

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entrambi cure osteopatiche, in offerte ben inserite e avviate all’interno dei propri percorsi di consulenze specialistiche e terapie che spaziano anche negli ambiti della medicina occidentale e della medicina naturale. In ambito osteopatico, il trattamento si articola in una completa scelta di check up specifici, che aiutano a riconoscere le difficoltà dell’organismo. E dunque le cure si sviluppano in massaggio osteopatico cervicale, trattamento manipolativo osteopatico, trattamento cranio sacrale.

L’obiettivo finale è la salute, perseguita attraverso la riduzione del dolore, il miglioramento della funzione articolare, il trattamento di disfunzioni fisiologiche e la rimozione degli ostacoli, per un’ottimale trasmissione nervosa. “Qui il benessere è ovunque – spiegano dal Lefay Resort & SPA Lago di Garda 2 – nell’esplosione di luce che filtra dalle ampie vetrate, nel meraviglioso parco, nell’acqua delle piscine, nella magica atmosfera che 13

OSTEOPATIA MAGAZINE circonda tutto. Grazie alla collaborazione di un team di professionisti riconosciuti a livello internazionale nelle diverse discipline olistiche, Lefay ha creato gli innovativi programmi salute Lefay SPA Method, che hanno l’obiettivo di riportare gli ospiti al completo riequilibrio e ringiovanimento di corpo, anima e spirito e alla riscoperta di uno stile di vita sano e consapevole”.

Il Lefay Resort & SPA Dolomiti 3 invece si presenta come un luogo che “si distingue per i percorsi energetici-terapeutici, i trattamenti Signature, i rituali del territorio e i sentieri della Tartaruga Nera. Con i suoi oltre 5.000 mq di superficie, Lefay SPA Dolomiti si colloca fra le SPA più estese dell’arco alpino”. Lefay SPA è la prima in Italia a ottenere la nuova prestigiosa certificazione “Being Organic and Ecological SPA” Livello Excellence di Ecocert.

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Villa Abbondanzi Resort Wellness & Spa 4 a Faenza (RA) è specializzata in benessere olistico ed estetica, con la possibilità di beneficiare di cure osteopatiche. Nella struttura l’offerta osteopatica coinvolge mamme e bambini, attraverso le pratiche di baby therapy training e tuina pediatrico, per approcciare alle patologie dell’età infantile attraverso il massaggio, con particolari accortezze.

L’appuntamento con la osteopata di Villa Abbondanza è su prenotazione, con possibilità di consulenza e trattamenti e percorsi integrati, per una cura di lunga visione. I percorsi salute e bellezza comprendono anche la possibilità di avvalersi di un nutrizionista e di trattamenti di medicina estetica. La Spa è arredata in stile orientale con Private Spa, Sala Fitness, Piscina Sensoriale, Garden Spa. La struttura sorge a Faenza, in un contesto unico, immerso nel verde tra fiori, alberi tra il Fiume Po, gli Appennini e il mar Adriatico.

Spostiamoci sulla costa meridionale della Sicilia, a Sciacca (AG), circondati da rigogliosi aranceti e uliveti, a Sciacca. In questo angolo di 14

VACANZE: HOTEL E RESORT ALL’INSEGNA DEL BENESSERE CON L’OSTEOPATIA Mediterraneo il Vedura resort 5 propone cure osteopatiche da ormai cinque anni. Le cure sono su appuntamento, per gli ospiti che possono anche avvalersi, in combinazione, di una consulenza con il nutrizionista per delineare approcci precisi e personalizzati. I trattamenti si rivolgono anche agli sportivi, con un’apposita valutazione delle condizioni muscolari e scheletriche.

Prima del soggiorno al Verdura Resort, l’ospite può compilare un questionario dettagliato per comprendere al meglio le proprie esigenze e quindi al momento dell’arrivo si fissa la consulenza privata con gli specialisti. La struttura, parte del gruppo Rocco Forte Hotels, è un resort di lusso con campi da golf, una piscina infinity, campi da tennis.

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Specializzato in accoglienza per viaggi di affari, convention e meeting di lavoro ma non solo, a Cavenago di Brianza (MB) il Devero Hotel 6 garantisce servizi volti al relax, al benessere e alla salute. Tra questi, non mancano le cure osteopatiche. Le sedute con il Covid sono state momentaneamente sospese ma a settembre si riparte. Lo sguardo è attento ai tipi di fastidio posturale, che possono venire anche dalla dimensione di una vita professionale intensa. Dolori e disturbi osteo-articolari del rachide e degli arti, disturbi nervosi d’origine vertebrale, craniale, nevralgie, disturbi degli organi di senso, postumi dei traumatismi, patologie muscolari, articolari, discali e degenerazione di tipo artrosico, postumi del parto, postumi operatori e dei trattamenti ortopedici, effetti somatici dello stress, problemi viscerali spesso legati all’apparato muscolo-scheletrico.

Molteplici sono le patologie e le problematiche muscolo-scheletriche trattate, con sedute sul lettino a conclusione di una giornata di lavoro e di affari, tra Milano e la Brianza.

OSTEOPATIA MAGAZINE Siamo sul lago di Garda, a Lazise, vicino a Verona. Al Quellenhof Luxury Resort 7 la possibilità per i clienti della struttura di affidarsi alle cure osteopatiche è stata attivata da qualche mese: “Abbiamo registrato fra gli ospiti dell’albergo questa domanda. La nostra clientela si aspetta un servizio completo”, spiega il direttore Stefan Margesin. L’offerta anche qui è altamente personalizzata.

Dopo una prima anamnesi, si procede con la seduta. Per chi soggiorna fino a due o tre settimane, sono disponibili pacchetti fino a 5 sedute. Le cure osteopatiche sono aperte anche agli ospiti esterni, all’interno del percorso benessere di una giornata. “L’approccio è altamente individuale – continua il direttore Margesin – e corrisponde alla filosofia che ci contraddistingue.

Vogliamo che i nostri ospiti assorbano tutti i benefici che le atmosfere e le

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acque del lago di Garda possono sprigionare, al meglio delle potenzialità”.

All’Hotel Pineta 8 di Predaia (TN) le cure osteopatiche saranno disponibili a partire da agosto, dopo un lungo periodo di preparazione che ha risentito anche degli stop da lockdown. La possibilità di ricevere i massaggi osteopatici diventa un tassello nella variegate proposte presentate dall’Hotel Pineta. L’albergo è grande e frequentato, le cure sono rivolte in precedenza agli ospiti ma poi, come per tutti gli spazi della spa, i servizi sono disponibili e aperti anche agli esterni. Il trattamento osteopatico è quello classico, a 360 grandi. Sarà possibile fare una sola seduta, per curare un dolore momentaneo. Oppure continuare, anche in albergo e durante la vacanza, il ciclo di interventi che si sono avviati già prima del soggiorno.

Con la possibilità di unire all’osteopatia anche altri momenti curativi, dato che il percorso benessere della spa permette di avvalersi dei più differenti strumenti di ristoro fisico in spa e piscina, con idromassaggio interno ed

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VACANZE: HOTEL E RESORT ALL’INSEGNA DEL BENESSERE CON L’OSTEOPATIA esterno riscaldato a 30°, sauna, bio-sauna, bagno turco aromatico, laconicum, grotta del fieno e grotta del freddo. Visto dall’esterno, l’Hotel Pineta ha le fattezze di un tranquillo villaggio di montagna, circondato da boschi ombrosi e arieggiato dalla brezza fresca che scende dalle Dolomiti di Brenta.

Aquapetra Resort & Spa 9 è un albergo diffuso in 25 ettari di bosco, nel cuore dell’Alto sannio, a Telese Terne, nel Beneventano. Qui si praticano trattamenti osteopatici da più di un anno, nell’ambito di un programma che si chiama Elements, che unisce medicina tradizionale cinese e osteopatia. Consiste in quattro percorsi terapeutici per il benes8

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sere psicofisico basati sui quattro elementi: Aria, Acqua, Terra e Fuoco. I trattamenti Elements hanno l’obiettivo di ristabilire l’armonia tra corpo e mente e riportare la persona al centro di se stessa. Sono quattro proposte diverse e complementari che uniscono trattamenti osteopatici, terapie in acqua ed esercizi all’aria aperta nel grande parco di Aquapetra. Oltre alla serie di trattamenti Elements, è possibile usufruire di una sola seduta, della durata di 50 minuti e su prenotazione. Gli appuntamento con l’osteopata al momento sono disponibili solo nel weekend, ma il resort si sta organizzando per ampliare la disponibilità dell’offerta a tutti i giorni della settimana.

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Informazione pubblicitaria

Bonus Smart Working, il benessere adesso è deducibile!

Lo smart working, comunente detto ‘lavorare da casa’ è stato per molte persone una scelta obbligata per poter continuare a lavorare, a causa delle direttive in materia di prevenzione e sicurezza imposte per contenere la diffusione del virus.

Le case si sono trasformate in uffici, con soluzioni spesso di fortuna, usando sedie e tavoli non appropriati, e non tenendo conto che una postazione di lavoro agile, deve avere gli stessi requisiti di ergonomia e sicurezza della postazione in azienda.

Quella che all’inizio è stata una scelta obbligata, oggi potrebbe diventare una possibilità di sviluppo, perché moltissime imprese anno valutato positivamente il risparmio sui costi di gestione del personale e degli immobili.

Per chi non lo ha ancora fatto è ora possibile richiedere un contributo dell’azienda per allestire una postazione ergonomica per lo smart working, approfittando del bonus stabilito nel Decreto Sostegni Bis approvato lo scorso 20 maggio dal CdM.

Bonus Smart Working, cosa è Il “bonus smart working”, è un’agevolazione fiscale di cui i datori di lavoro possono beneficiare per fornire beni e servizi ai dipendenti, che per tutto il 2021 avrà un importo massimo di € 516,46.

Il datore di lavoro è quindi libero di scegliere il modo con cui erogare il beneficio: l’unico limite che è posto dalla norma è che debba trattarsi di beni e servizi e non di danaro. L’azienda può quindi scegliere cosa acquistare, oppure dare ai dipendenti dei titoli di acquisto, in modo che ognuno possa decidere della scelta del bene/servizio da acquistare.

L’acquisto può essere anche effettuato con dei voucher, da spendere presso negozi con cui l’azienda si convenziona per usufruire di agevolazioni provenienti dall’acquisto di maggiori quantità di prodotto. L’azienda ha quindi due possibilità: acquistare direttamente sedie e scrivanie consegnandole ai dipendenti e deducendo poi le spese sostenute; oppure utilizzare piattaforme di welfare ad hoc per erogare dei voucher ai dipendenti che possono poi spenderli in negozi convenzionati.

Bonus Smart Working, a chi è rivolto Questa agevolazione spetta ai titolari di redditi da lavoro dipendente ed assimilati. Ma è bene ricordare che le imprese che intendono offrire l’utilizzo di beni o servizi inerenti l’attività d’impresa ai dipendenti, possono farlo anche in maniera diretta, con la stipula di contratti specifici, e qualora venga dimostrata la pertinenza dei beni/servizi concessi in uso rispetto all’attività svolta, i costi sono deducibili e l’IVA è detraibile.

Bonus Smart Working, come usufruire delle agevolazioni Non sono previste specifiche modalità per la richiesta, essendo l’agevolazione un diritto che spetta al verificarsi delle condizioni previste dalla Legge.

La scelta di avvalersi o meno della agevolazione del bonus smart working è a discrezione dell’azienda o del datore di lavoro. Un’occasione comunque da non sottovalutare per dotare i dipendenti di strumenti migliori, per migliorare il loro benessere ed aumentare anche la produttività.

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HOME OFFICE A VISTA? SCEGLI LEGNO E TESSUTO

Hai uno spazio dedicato? prova una sedia personalizzata

L’utilizzo di sedie statiche convenzionali rappresenta uno dei principali fattori di rischio, per questo la scelta di una seduta ergonomica e dinamica, che lasci grande libertà di movimento è largamente consigliato dagli specialisti. Ma come inserire nel nostro Home Office una sedia ergonomica?

Scegliendo un modello che unisca design, colore ed ergonomia.

Dovremmo creare microaree versatili e funzionali all’interno dello spazio comune, sedie diverse ma con lo stesso stile, da posizionare intorno allo stesso tavolo che useremo per lavorare e studiare, ma anche per mangiare e stare insieme.

Varier ha dimostrato che le regole relative al mondo della seduta possono essere infrante.

Abbiamo lavorato sulla creazione di nuovi prodotti destinati a rivoluzionare il modo di sedersi.

Sedie progettate per seguire il corpo umano in ogni movimento, per assecondarlo nella ricerca della postura più confortevole, vere espressioni del concetto di ergonomia.

Per chi passa molte ore ad una scrivania, per lavorare o studiare, la sedia è uno strumento di lavoro tanto quanto il computer o il telefono.

Ma su una sedia tradizionale capita di faticare a concentrarci per via di un dolore alla schiena o al collo, oppure di finire la giornata con i muscoli rigidi e le articolazioni bloccate, trascinando questo malessere nei giorni seguenti.

Tutto questo perché utilizziamo una sedia fissa, invece di una sedia ergonomica, dinamica e regolabile.

HÅG produce strumenti di lavoro regolabili in ogni loro aspetto, dalla profondità del sedile, all’altezza del supporto lombare, passando per i braccioli regolabili in altezza e profondità.

Nuove forme di seduta che permettono di inclinarsi in avanti e all’indietro, sempre garantendo il corretto supporto esattamente dove serve. Non esiste un’unica posizione corretta, ma ce ne sono molte ed una sedia dinamica HÅG permette di alternarle senza sforzo.

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OSTEOPATIA MAGAZINE

L’OSTEOPATIA

può ridurre i

disturbi

d’ansia?

Di Nicola Barsotti e Alessandro Casini

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Oltre una persona su quattro ha sentito la necessità di rivolgersi a uno psicologo e una su cinque ha assunto psicofarmaci nell’ultimo anno. È quanto emerge dal 33° Rapporto Italia Eurispes 2021 che ha indagato sul comportamento degli italiani rispetto al consumo di psicofarmaci e sul ricorso al sostegno psicologico in questo ultimo anno caratterizzato dall’emergenza Covid. Negli ultimi 12 mesi, rileva il rapporto, il 19% degli italiani, cioè quasi uno su cinque, ha assunto farmaci come ansiolitici, antidepressivi, stabilizzatori dell’umore, antipsicotici e addirittura più di una persona su quattro si è rivolta a uno psicologo (27,2%). Per chi ha avuto la sfortuna di sperimentare direttamente il virus, inoltre, studi scientifici rivelano che circa una persona su cinque ha disturbi psichiatrici tra 14 e 90 giorni dopo la diagnosi di Covid-19. Questo è il dato principale che risulta da un’ampia ricerca con uno studio su 69 milioni di cartelle cliniche delle quali 62.354 con diagnosi di Covid-19, condotta dal Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Oxford (USA), pubblicata sulla rivista The Lancet Psychiatric. In tale contesto, l’osteopatia può rivelarsi utile nel trattamento dei disturbi relativi all’ansia.

Lo stato d’ansia. Come si manifesta?

L’ansia è un’emozione che si manifesta di fronte alla percezione di una minaccia e rappresenta una normale risposta di attivazione, fondamentale per prepararci ad affrontare il pericolo. Vista in quest’ottica, quindi, l’ansia non è qualcosa di negativo. Contrariamente a quanto si pensa, è una normale reazione del nostro corpo, che scompare nel momento in cui il pericolo ambientale è stato rimosso. Pertanto, le sensazioni spiacevoli che proviamo quando siamo esposti all’ansia sono la naturale conseguenza dell’adattamento del nostro corpo nei confronti dello stress e possono coinvolgere sia la componente psichica, sia quella fisica.

I sintomi psichici dell’ansia sono quelli più evidenti: tra di essi troviamo l’agitazione, il deficit di concentrazione e di memoria; la tendenza a rimuginare costantemente sul motivo della preoccupazione. Ad essi si accompagnano tutti quei sintomi sintomi fisici, corporei, come l’aumento della frequenza cardiaca, palpitazioni, insonnia, disturbi gastrointestinali, sudorazione accentuata e tensione muscolare.

Tutti questi sintomi, apparentemente sconnessi tra di loro, compaiono come conseguenza dell’attivazione del cosiddetto “Stress System”, una rete di strutture all’interno del cervello che si attivano, appunto, in situazioni di stress e che sono in grado di modificare il funzionamento del nostro corpo. L’attivazione di questo sistema dovrebbe avvenire soltanto in situazioni di reale necessità, motivo per cui esistono delle aree nella corteccia cerebrale, l’area più evoluta del cervello, che ne limitano l’attivazione nella vita quotidiana, fungendo da meccanismi di controllo.

Disturbo d’ansia generalizzato o disturbo di panico.

Situazioni di incertezza o di pericolo particolarmente intense e/o prolungate, come la pandemia da Covid-19, possono determinare un esaurimento di questi sistemi di controllo, e conseguentemente un’attivazione prolungata e “maladattativa” dei network dello stress e della paura. In questa condizione, l’ansia diventa disfunzionale, con risposte sproporzionate, persistenti o improvvise e spesso associate a eventi “neutri”, o comunque non pericolosi. L’ansia diventa in questo caso una vera e propria patologia e può assumere differenti nomi, come disturbo d’ansia generalizzato o disturbo di panico.

La pandemia da Covid-19 ha avuto dunque un forte impatto sulla salute mentale di ogni persona. Ha rappresentato una enorme fonte di stress per diversi motivi: dalla paura di contrarre la malattia, alle incertezze economiche, passando dai cambiamenti forzati delle proprie abitudini, fino alla perdita dei contatti sociali e alla costante preoccupazione per i propri cari. Questo senso di incertezza e di paura ha rappresentato un

Nicola Barsotti, Osteopata, Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative, Fisioterapista.

Socio Fondatore C.M.O. Centro di Medicina Osteopatica e Terapie Integrate, docente a contratto Università dell’Aquila, Membro del Direttivo Nazionale SIPNEI, Coordinatore della Commissione Nazionale di Ricerca Discipline Corporee SIPNEI, Docente presso il C.I.O. Collegio Italiano di Osteopatia, Membro C.O.M.E. Collaboration Onlus.

Alessandro Casini, Osteopata, Fisioterapista, Membro C.O.M.E. Collaboration Onlus,

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OSTEOPATIA MAGAZINE terreno fertile per lo sviluppo di sintomi psichici, tra cui ansia e depressione, ma anche di vere e proprie patologie psichiatriche. A conferma di ciò, nel mese di Aprile 2021 è stato pubblicato uno studio scientifico del prof. Giampaolo Perna della Humanitas University a cui hanno partecipato oltre 3000 persone. Tale studio ha evidenziato un aumento della frequenza dei sintomi ansiosi del 21% e dei disturbi d’ansia in musura superiore al 10%, portando verosimilmente a soffrire di ansia patologica ulteriori 5 milioni di italiani.

Tra le categorie più vulnerabili agli effetti psicosociali della pandemia troviamo le persone che contraggono la malattia e i loro parenti, i pazienti ad alto rischio, come gli anziani o coloro con situazioni di multi-patologia o di compromissione delle difese immunitarie, le persone con malattia psichiatrica pre-esistente e, non per ultimi, gli operatori sanitari coinvolti in prima linea nella gestione dell’emergenza sanitaria. A contribuire al cambiamento dei propri ritmi vitali e delle proprie abitudini ci sono fattori legati alla quarantena, all’attività lavorativa o scolastica, alla diminuita attività fisica, all’alterazione del ritmo sonno-veglia e anche al cambiamento dell’alimentazione. Tutto ciò ha contribuito a influenzare negativamente la nostra salute, facilitando il sovraccarico dei nostri meccanismi di adattamento.

L’ansia e i disturbi d’ansia vengono generalmente diagnosticati valutando la presenza di sintomi caratteristici, in genere tramite la somministrazione di questionari. Si valuta quindi se i sintomi riportati dal paziente rientrano nelle classificazioni presenti nei manuali di psichiatria.

Come misurare l’ansia?

Sebbene per la diagnosi di disturbi d’ansia sia fondamentale fare riferimento ai sintomi, esiste però un ulteriore esame diagnostico che è possibile eseguire per valutarne l’impatto sulla salute, ossia la misurazione della Variabilità della Frequenza Cardiaca (HRV). Questo esame, rapido e non invasivo, misura quanto l’attività del cuore sia in grado di variare in base al contesto ambientale, determinando se ci stiamo adattando efficacemente allo stress o meno. In effetti, i valori della HRV sono fortemente ridotti in presenza di ansia e di sintomi ansiosi ma, più in generale, lo sono in tutte quelle condizioni di “maladattamento” psichico, come sintomi depressivi, o fisici, tra cui l’infiammazione cronica o il dolore cronico. Al contrario, valori elevati di HRV sono correlati a una maggiore capacità di far fronte allo stress e di mantenere un buon livello di salute. La misurazione della HRV non è un esame nato in maniera specifica per l’ansia, ma ci consente di osservare i processi interni al nostro corpo, che, se alterati, possono influire negativamente sul nostro stato di salute.

Il trattamento dei disturbi dell’ansia.

Similmente a quanto concerne la diagnosi, anche il trattamento dell’ansia può essere affrontato con due differenti modalità: l’approccio più classico consiste nella gestione dei sintomi ansiosi attraverso farmaci specifici come gli ansiolitici, ma anche attraverso la psicoterapia, che mira a fornire al paziente strumenti per riconoscere, controllare e ridurre i sintomi dell’ansia. A fianco della gestione dei sintomi è tuttavia possibile intervenire cercando di potenziare le capacità di far fronte allo stress, migliorando il funzionamento dei sistemi del nostro corpo, in particolare del nostro cervello, che ne regolano le risposte.

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RESPIRARE? UN ESERCIZIO QUOTIDIANO L’osteopatia sembra agire proprio in questa direzione: numerosi studi scientifici hanno infatti dimostrato che il trattamento manipolativo osteopatico determina non soltanto un incremento dei valori della HRV, ma anche una variazione dell’attività di aree del cervello coinvolte nella regolazione dei meccanismi di adattamento allo stress. Inoltre, alcuni studi preliminari hanno mostrato un potenziale effetto dell’osteopatia nei confronti dei sintomi ansiosi (Dixon 2020, Edwards 2018). Questi effetti del trattamento sulle capacità adattative della persona si conciliano bene con la visione dell’osteopatia da parte del suo fondatore, Andrew Tailor Still. Egli riteneva infatti che l’obiettivo dell’osteopata fosse quello di determinare, attraverso il suo intervento manipolativo, un miglioramento delle capacità di auto-regolazione e auto-guarigione del paziente, e conseguentemente, della sua salute. Gli studi scientifici sembrano confermare questo ruolo dell’osteopatia, indicando che il trattamento manipolativo osteopatico determina effetti ben più profondi del semplice trattamento muscolo-scheletrico. In quest’ottica, l’osteopatia potrebbe dunque rivelarsi una risorsa efficace nei confronti dei sintomi ansiosi, sopratutto in questo particolare periodo storico legato alla pandemia, da un lato incrementando le capacità della persona di far fronte allo stress e dall’altro contribuendo a mitigarne gli effetti non solo a livello fisico, ma anche a livello psichico.

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OSTEOPATIA MAGAZINE

A tu per tu con Debora Rasio.

Rafforzare il sistema immunitario

L’alimentazione è la chiave di volta delle nostre difese.

Una sana alimentazione prima di tutto, assieme a una vita all’aria aperta e a contatto con il sole, sono elementi fondamentali per il rafforzamento delle sistema immunitario e con esso, del nostro benessere.

Ma cosa mangiare, di che vitamine nutrirci, affinché il nostro organismo si riequilibri e si rafforzi?

Ne parliamo con la dottoressa Debora Rasio, medico chirurgo, specialista in oncologia e autrice del best seller Mondadori “La Dieta non Dieta”.

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Una conoscenza quella della dottoressa Rasio - anche direttrice del Master di secondo livello all’università telematica San Raffaele di Roma - fondata su vasti studi di biologia molecolare, come ricercatrice in campo internazionale con la Thomas Jefferson University di Philadelphia.

“Una miriade di osservazioni, alcune piuttosto antiche e altre recenti, dimostrano chiaramente che il sistema immunitario non può funzionare in situazioni di malnutrizione, sia per eccesso che per difetto. Le carenze nutrizionali sono anzi considerate la causa più comune di immunodeficienza nell’uomo – spiega a Osteopatia Magazine – A ‘paralizzare’ il nostro sistema immunitario ci sono anche altri fattori, come lo stress, la mancanza di sonno, o l’eccessiva attività fisica”. Per prevenire le malattie, dunque, si tratta innanzitutto di stare attento al nostro “terreno interno”, per usare un’espressione cara allo scienziato francese Antoine Bechamp, contemporaneo di Pasteur e assertore d’una visione scientifica messa un po’ in secondo piano dallo sviluppo medico, quella che fonda la difesa del nostro organismo dai germi esterni prima di tutto sullo sviluppo di pratiche che partono dal nostro corpo: una dieta sana, il movimento all’aria aperta e le corrette pratiche d’igiene. Tutte prassi oggi tornate alla ribalta anche per fronteggiare malattie croniche: cardiovascolari, respiratorie, neurovegetative o il diabete e tumori. Patologie mortali, queste, spiega la dottoressa Rasio “che per diretta ammissione degli esperti possono essere controllate solo attraverso un cambiamento di stile di vita”.

E dunque, vediamo quali sono le pratiche alimentari da seguire per rafforzare il nostro sistema immunitario. “La prima cosa da fare è ridurre al minimo il consumo di zucchero, onnipresente negli alimenti trasformati industrialmente – spiega la dottoressa. – Mantenere un adeguato apporto di glucosio in alcuni casi può fare la differenza tra la vita e la morte. Lo zucchero da una parte crea stress ossidativo-infiammatorio, dall’altra indebolisce l’azione delle cellule immunitarie che non sono più in grado di funzionare al meglio. I picchi glicemici vanno evitati, ma attenzione – aggiunge Debora Rasio – diverso è il caso di fonti di zucchero più stabili come quelle provenienti dai cereali in chicchi e dai legumi che, oltre al glucosio, riforniscono il corpo non solo di glucosio, ma anche di vitamine, minerali

e oligoelementi: tutti importanti cofattori degli enzimi coinvolti nella risposta immunitaria. Per non parlare della fibra, il nutriente preferito dei buoni batteri del nostro intestino”. E dunque occorre limitare il consumo di biscotti, pani, cracker, creme e dolciumi, succhi di frutta e fritture industriali e tutta la gamma di cibi che arrivano dalla ristorazione collettiva e dai fast food, con il loro apporto di zucchero e di oli vegetali che indeboliscono l’azione delle cellule immunitarie.

Per la nostra salute, fondamentale è il contributo di vitamine. La D, la C, la A, bioregolatori che possono essere assunti attraverso una alimentazione varia, ricca di alimenti freschi o minimamente trasformati.

Come i cereali in chicco, legumi, frutta secca a guscio, verdure, spezie, erbe aromatiche e frutta. A questi alimenti si accostano carni provenienti da allevamenti all’aperto, latticini, pesce.

Fondamentale è la vita all’aria aperta, per integrare la vitamina D, una vitamina fondamentale, che in questo ultimo anno pandemico è stata anche al centro di numerosi studi. Poiché, si è dimostrato, in corso di infezione da Sars-CoV-2 riduce il rischio di gravi complicanze. Specifica la dottoressa Rasio: “La vitamina D è un ormone noto per la sua capacità di assorbire il calcio e assicurare la tenuta delle ossa. Svolge però anche un ruolo, forse meno noto, nel funzionamento del sistema immunitario in quanto lo attiva contro germi patogeni e contrasta l’eccessiva risposta infiammatoria. Come sperimentato, ha un ruolo nella terapia da tubercolosi, influenza e altre infezioni virali. Si è rivelato anche un importante alleato nella lotta al Covid 19 e agli effetti più gravi della malattia”. La dottoressa cita studi dagli Usa, dalle Filippine e l’Indonesia.

C’è anche un report italiano, a riguardo: “A Bari su 42 pazienti afflitti da Covid complicato, ben l’81 per cento presentava livelli di vitamina D inferiori alla soglia raccomandata”. Come rinforzare dunque la presenza di questo ormone nel nostro corpo? Con la vita all’aria aperta e l’esposizione dei raggi UVB del sole, la loro principale fonte. “La carenza di vitamina D è infatti particolarmente diffusa in modelli sociali come il nostro, caratterizzati da una vita sedentaria, in ufficio. Bisogna dunque godersi il sole, in alternativa va assunta tramite

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supplementi, perché i cibi non garantiscono i livelli adeguati”, specifica la specialista. Altra nostra alleata è la vitamina C, un nutriente essenziale per l’uomo, con la sua capacità di donare elettroni e spegnere lo stress ossidativo. La si trova in agrumi, kiwi, mango, prezzemolo, peperoni, cavolo, fegato. Anche la vitamina A è vitale per l’integrità delle prime linee difensive dell’organismo, da cui il suo nome di “anti-infettiva”. Funziona soprattutto per le barriere mucose presenti in occhi, polmoni, intestino e vie urinarie che aiutano a intrappolare gli agenti infettivi, come i virus.

Una carenza di vitamina A ritarda il recupero in caso da malattia.

Ogni vitamina, se manca, dà luogo a una sintomatologia caratteristica. La mancanza di A, si diceva, causa infezione, quella di D il rachitismo, quella di C il sanguinamento delle gengive e, quando totale, lo scorbuto.

Macchie bianche che compaiono sulle unghie segnalano che abbiamo bisogno di zinco, altro importante attivatore del sistema immunitario.

Ma non va sottovalutata, per il rafforzamento delle nostre difese, la cura del microbiota intestinale, l’insieme di microorganismi

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simbiotici costituiti da batteri, lieviti, parassiti e virus. Il 70% del nostro sistema immunitario se ne sta schierato sotto la superficie delle pareti dell’intestino dove è pronto ad attaccare i frammenti proteici derivati dalla incompleta digestione degli alimenti. “Tra tutte, le proteine più comunemente ‘irritanti’ sul nostro sistema immunitario sono il glutine e la caseina: è stato dimostrato che entrambe, durante la digestione, danno luogo a piccoli frammenti proteici o peptidi chiamati gluteomorfine e caseomorfine che riducono la tolleranza immunitaria alle proteine alimentari e possono innescare reazioni autoimmuni. Se il nostro sistema immunitario deve schierarsi ogni giorno contro altri invasori, come frammenti di proteine alimentari o di batteri penetrati attraverso una barriera intestinale difettosa, sarà più sguarnito nel difendersi da un eventuale attacco da parte di microrganismi esterni”, spiega la dottoressa Debora Rasio. Che indica anche una serie di alimenti in grado di equilibrare il sistema immunitario e le mucose dell’intestino, così da renderli più pronti a neutralizzare gli attacchi di virus o batteri. Per la Rasio, è necessario innanzitutto ridurre il consumo di alimenti super-processati: apportano zucchero, sale, oli vegetali e additivi

RAFFORZARE IL SISTEMA IMMUNITARIO

che disregolano il microbiota, danneggiano la barriera intestinale e creano infiammazione, aumentando il rischio che un’infezione si complichi. Sono inoltre privi di vitamine e minerali e perciò depauperano le nostre già esili scorte di questi nutrienti, necessari per trasformare le loro calorie in energia. Va poi limitato il consumo di pane e pasta a favore dei cereali in chicco: farro, orzo, riso integrale, quinoa, miglio, grano saraceno, avena, amaranto. È bene poi sostituire il latte vaccino con altri tipi di latte le cui caseine non generano caseo morfine, e cioè quello proveniente da capre e pecore. Una porzione di fegato a settimana, proveniente da animali allevato all’aperto, fornisce la giusta scorta di vitamina A, D, zinco, ferro, e vitamine del gruppo B mentre il pesce garantisce - oltre a quegli acidi grassi omega-3 così importanti per il corretto funzionamento delle cellule del sistema immunitario – una pletora di minerali, iodio in primis.

Il nutrimento sano e corretto è il punto di partenza d’ogni pratica di rafforzamento del sistema immunitario. La difesa inizia dal cibo.

Ma purtroppo nel caso dei milioni di morti che si verificano ogni anno per eccesso di smog, fumo, pesticidi, zucchero, oli raffinati, alimenti ultraprocessati e altri veleni, vige un immobilismo impressionante. Si guarda alle emergenze, ma non si riesce a costruire una visione a lungo termine. Debora Rasio lo spiega con un esempio, ripreso dal linguista e filosofo americano Noam Chomsky, quello del ‘Principio della rana bollita’. “Se mettiamo una rana viva dentro una pentola di acqua bollente essa, percependo il pericolo, balzerà fuori salvandosi la pelle. Se, invece, mettiamo il povero animale dentro una pentola di acqua fredda e accendiamo il fuoco, esso se ne starà beato nel tepore dell’acqua che va lentamente riscaldandosi. Quando, a un certo punto, si renderà conto che l’acqua sta diventando troppo calda e pericolosa e sarà finalmente pronta a saltare fuori, la rana non potrà più farlo perché le sue carni, nel frattempo, si saranno intenerite e i muscoli non reagiranno più. Non riuscirà più a salvarsi e morirà bollita.

Questa storia rappresenta, purtroppo, una gran parte dell’uomo moderno”.

Nessuno si cura veramente dei milioni di morti per smog: 80.000 l’anno solo in Italia, oltre a 90mila per diabete e 220mila per malattie

cardiovascolari, che si potrebbero in gran parte prevenire mettendo in atto politiche economiche e sanitarie diverse. E ancora, conclude la scienziata, con un altro esempio dal mondo dell’alimentazione: “La Danimarca nel 2004 ha bandito l’utilizzo di acidi grassi idrogenati nei biscotti, merendine e dolciumi vari e la mortalità per malattie cardiovascolari è crollata passando da 359,9 per 100.000 persone nel 2003 a 210,9 per 100.000 persone nel 2012.

Continuiamo a inviare ambulanze e utilizzare tecnologie sofisticatissime per salvare tutti quelli che cadono da una rupe, ma non ci preoccupiamo di mettere una rete protettiva per evitare le cadute. Sarebbe semplice, economico e risparmierebbe molte sofferenze”.

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I rimedi naturali che modulano le difese immunitarie Con il ritorno alla libertà di movimento, l’aumento delle trasferte e dei contatti negli ambienti pubblici e sui mezzi di trasporto, è sempre utile fornire un minimo di sostegno al sistema immunitario: a maggior ragione, nel periodo estivo e con la profilassi vaccinale non ancora completa per tutti. Se, infatti, è vero che i virus (e dunque anche il COVID-19) tendono a diventare meno aggressivi fra maggio e settembre per l’effetto “sterilizzante” dei raggi solari ultravioletti, non va tuttavia dimenticato che anche nel periodo più caldo dell’anno gli agenti patogeni restano comunque in circolazione. In questa stagione, del resto, sono sempre in agguato le otiti, le gastroenteriti e le cistiti favorite dai colpi d’aria (condizionata), oltre alle dissenterie dovute a viaggi e cambi d’alimentazione: tutte situazioni che possono fiaccare le difese, che peraltro sono già state debilitate a causa della pandemia.

Il Coronavirus non ama il sole L’aumento dell’esposizione ai raggi UVA, che rappresentano circa il 95% dello spettro della luce solare, potrebbe abbassare l’incidenza dei contagi da COVID-19. Lo conferma una ricerca curato da un team di esperti dell’Università di Edimburgo, in Scozia, secondo i quali i raggi solari provocherebbero un rilascio di ossido nitrico attraverso la pelle, sostanza che può ridurre la capacità di replicazione del SARS-CoV-2. Un altro studio condotto alle Università di Brasilia e di Tocantins, in Brasile, e ha evidenziato che a ogni aumento della temperatura atmosferica pari a un grado Celsius, nella fascia fra i 16,8 e i 25,8 gradi, la trasmissione del SARS-CoV-2 si riduce del 4%. Una condizione che, per ora, è stata però verificata solo nelle regioni a clima subtropicale.

Una premessa, tuttavia, è d’obbligo: il sistema immunitario non può né deve essere sollecitato a oltranza. Così facendo, infatti, il rischio che si corre è che, al momento dei bisogno, sia davvero troppo “stanco” per scendere in campo. Per evitare cedimenti improvvisi, sono molto utili i rimedi adattogeni, e cioè quegli estratti naturali che aumentano la resistenza generale dell’organismo rispetto alle aggressioni esterne. In pratica, si tratta di ricostituenti ad ampio spettro che impediscono ai fattori stressogeni - come sbalzi climatici, esposizione continua a virus e batteri, ansia, paure, sforzi, lunghe convalescenze - di indebolire il corpo a livello fisico e psichico. Sono piante che, migliorando la qualità del “terreno” biologico, potenziano i livelli di energia vitale ed evitano che la debolezza organica aumenti il rischio di contagio.

Fiammetta Bonazzi

GLI INTEGRATORI DA SCEGLIERE IN BASE AI SINTOMI LA RHODIOLA ROSEA - Se prevale la stanchezza psicofisica

Nota ai popoli del Grande Nord col nome di “radice d’oro”, e utilizzata da secoli come ricostituente dalla Scandinavia alla Siberia, la Rhodiola rosea è la regina delle piante adattogene. Tonica e antiossidante, la Rhodiola “insegna” all’organismo a reagire ai contagi nella misura adeguata e solo quando serve.

E, poiché favorisce la sintesi di serotonina, migliora anche il tono dell’umore e allenta la morsa dello stress che può alterare la risposta immunitaria. Non ultimo, la Rhodiola stimola l’organismo a produrre più ATP, la molecola dell’energia, aumenta la produzione di globuli rossi, migliora l’ossigenazione del sangue e potenzia il tono muscolare, con un’ottima azione anti fatica. Apprezzabile anche in viaggio e in vacanza.

- La Rhodiola rosea si assume in estratto secco: ne bastano 300 mg (una caspula), da deglutire con acqua la mattina a digiuno, per cicli di 3 settimane, ripetibili nel corso dell’anno.

L’ACEROLA - Quando ci si ammala troppo spesso

L’acerola è il piccolo frutto rosso della Malpighia glabra, una pianta originaria del Sudamerica e dei Caraibi. Antinfiammatoria e antiossidante, è un eccezionale concentrato di vitamina C (ne contiene fino a 40 volte più di un’arancia) e, di conseguenza, fortifica il sistema immunitario e migliora la reattività dell’organismo alle infezioni; è un valido rimedio anche per prevenire e curare la cosiddetta “diarrea del viaggiatore” e la cistite, migliora l’assorbimento del ferro e, dunque, contrasta l’anemia e la spossatezza, anche quando sono dovute al rialzo delle temperature.

- L’acerola si trova sotto forma di succo (un misurino al giorno diluito in un piccolo bicchiere di acqua naturale o in una spremuta d’arancia) oppure in compresse, da far sciogliere in bocca: ne basta un grammo al giorno anche per lunghi periodi, di 1-2 mesi continuativi, soprattutto durante la stagione invernale.

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OSTEOPATIA professione

riconosciuta

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della Salute Roberto Speranza, ha approvato il 24 giugno scorso, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, della legge 11 gennaio 2018, n. 3, il recepimento dell’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente l’istituzione della professione sanitaria dell’osteopata, sancito il 5 novembre 2020 (rep. atti n. 185/CSR), rettificato con atto della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in data 23 novembre 2020 (rep. atti n. 190/CSR).

L’Accordo descrive l’individuazione della figura e del profilo dell’osteopata, gli ambiti di attività e competenza e il contesto operativo. In particolare, si definisce il campo di intervento del professionista abilitato, si descrivono le attività di valutazione e le modalità operative del trattamento, si individuano le strutture ove si svolge l’attività professionale.

Inoltre, si rimandano a un successivo accordo da stipularsi in Conferenza Stato-Regioni la determinazione dei criteri di valutazione dell’esperienza professionale, nonché i criteri per il riconoscimento dell’equipollenza dei titoli pregressi alla istituenda laurea in osteopatia.

Osteopatia Magazine ha raccolto il parere dei tecnici e degli addetti ai lavori.

IL FOCUS DI ALESSANDRO BEUX Alessandro Beux Consigliere FNO TSRM e PSTRP Affiancamento alla Presidente per le relazioni e le comunicazioni istituzionali, comprese le FNO e i CNO. Delega agli Aspetti giuridici e medico-legali

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La questione Osteopati, per le incertezze che l’hanno caratterizzata e ancora la caratterizzano, è in grado di rendere ben evidente come l’informazione completa e corretta sia un elemento indispensabile per determinare scelte consapevoli.

L’Osteopata è ormai una professione sanitaria in senso compiuto, a seguito della individuazione avvenuta con l’art. 7 della legge 3/2018 e della istituzione di cui al DPR di prossima pubblicazione.

Ma se questa prima porzione del processo è stata completata, ne restano altre, tutte importanti, da progettare e realizzare: decreto interministeriale (MUR-MdS) con cui si definisce l’ordinamento didattico del corso di laurea in osteopatia;

decreto ministeriale (MdS) con cui si individuano i titoli pregressi equipollenti; decreto ministeriale (MdS) con cui si istituisce l’albo degli Osteopati in seno all’Ordine TSRM e PSTRP, a cui si potranno iscrivere i futuri possessori del diploma di laurea e coloro che tra gli attuali Osteopati possiede un titolo che sarà riconosciuto equipollente.

L’equipollenza -esito della valutazione comparativa tra l’ordinamento didattico del corso di laurea e quello dei titoli pregressi- sarà un passaggio obbligato, caratterizzato da un alto grado di incertezza, dovuto sia al fatto che i titoli pregressi sono tutti stati erogati da soggetti privati sia all’eterogeneità dei percorsi formativi.

La lealtà comunicativa, ora anche richiamata dall’art. 21 della Costituzione etica della FNO TSRM e PSTRP, impone di fornire informazioni chiare e complete, affinché i destinatari possano orientare in maniera libera e consapevole le proprie scelte. Ovviamente, ciò vale anche quando i destinatari sono gli Osteopati, coloro che stanno studiando per diventarlo e coloro che vorrebbero iniziare il percorso formativo.

Tale impostazione ha da sempre caratterizzato la FNO TSRM e PSTRP, che sin dalla primavera del 2019 ha dichiarato le numerose incertezze che caratterizzavano e in parte ancora caratterizzano la questione Osteopati, compresa la spendibilità dei titoli posseduti o per i quali si studia. Per quest’ultimo aspetto, nel marzo 2019 la Federazione ha formalmente ricercato il supporto delle scuole di osteopatia a favore dei loro studenti e di coloro che avrebbero voluto diventarlo.

Ai fini della iscrizione all’albo, a oggi solo il diploma che sarà conseguito da coloro che avranno frequentato con profitto i tre anni del corso di laurea è in grado di garantire il buon esito della domanda; per tutti gli altri titoli permane l’incertezza che, per alcuni di essi, sarà risolta con la pubblicazione del decreto di equipollenza, a cui non è possibile pensare, se prima non viene definito l’ordinamento didattico che fungerà da comparatore. Ciò va dichiarato in questi termini ai fini di un’informazione chiara e completa che consenta ai destinatari di orientare in maniera libera e consapevole le proprie scelte.

Tenuto conto del fatto che gli Osteopati sono fisicamente presenti nel nostro contesto sociale e che, letteralmente, mettono le mani sulle persone, cosa si potrebbe responsabilmente fare per anticipare la funzione che l’Ordine deve esercitare sui primi a favore delle seconde? La proposta che, su impulso della Federazione, sin dal dicembre 2020 è in discussione in seno al Ministero della Salute è l’istituzione di un elenco speciale a esaurimento a cui possano iscriversi gli Osteopati in possesso del più alto livello formativo (non è stato semplice definirlo) e che abbiano esercitato per un periodo minimo di trentasei mesi, anche non continuativi, negli ultimi dieci anni (essendo un elenco speciale a esaurimento in seno all’Ordine TSRM e PSTRP, non si può non tener conto di quanto sul tema è stato previsto dalla legge 145/2018 e applicato per gli attuali 18 ESE). Se si realizzasse, tale soluzione normalizzerebbe in modo anticipato la posizione dei soli Osteopati in possesso del più alto livello di formazione e che abbiano esercitato per almeno trentasei mesi, quindi non anche di quelli che possiedono titoli di durate e qualità inferiore e/o che hanno esercitato per meno di trentasei mesi e non anche degli studenti o di coloro che ambiscono a diventarlo.

Ciò va dichiarato in questi termini ai fini di una informazione chiara e completa che consenta ai destinatari di orientare in maniera libera e consapevole le proprie scelte.

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IL PARERE DEGLI OSTEOPATI “Il riconoscimento dell’osteopatia nell’ambito sanitario vede finalmente la luce”, dichiara Carlo Broggini, presidente dell’Associazione Professionale degli Osteopati. “Non possiamo che esserne felici e anche orgogliosi. È una battaglia che, come Associazione, ci ha visto protagonisti fin dall’inizio e sulla quale non ci siamo mai risparmiati”.

Anche Paola Sciomachen, presidente del ROI Registro degli Osteopati d’Italia che riunisce 4.000 osteopati, esprime, nel comunicato stampa del 24 giugno scorso, il suo compiacimento: “Oggi viviamo una giornata storica, che gli osteopati italiani aspettavano da molto tempo.

Questo traguardo -prosegue la Presidente- è una grande vittoria per tutta la categoria che non ha mai smesso di lottare nonostante le molte difficoltà. L’adozione di questo primo decreto è un passo cruciale per l’attuazione della legge 3/2018 e rappresenta un importante riconoscimento della nostra professione. Attendiamo ora, con ansia, la firma del Presidente della Repubblica e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale”.

Le fa eco Maurizio Zanardi, presidente e direttore didattico di EIOM, European Institute for Osteopathic Medicine : “La notizia del riconoscimento definitivo della professione dell’osteopata da parte del Ministero della Salute chiaramente ha ricevuto la riconoscenza da parte di tutti gli Osteopati d’Italia”.

Alfonso Mandara, presidente di Malta Icom Educational Ltd e presidente della FeSIOs Federazione Sindacale Italiana Osteopati, dichiara: “Il 24 giugno 2021 rimarrà una data indelebile per tutto il mondo dell’Osteopatia Italiana, sia per coloro che hanno lavorato affinché ciò avvenisse, sia per coloro che la pensano diversamente.

Essere diventata una Professione Sanitaria rappresenta e rappresenterà, per l’osteopatia, una svolta integrale, sostanziale rispetto a quanto abbiamo conosciuto dagli albori della professione sino a oggi. Mi riferisco non solo al raggiungimento di una propria identità attraverso il profilo professionale ma anche alla stessa formazione che è ormai di competenza ed esclusività delle Università italiane.”

Commozione e incredulità esprime Franco Guolo, direttore didattico di CIO Collegio Italiano di Osteopatia e vicepresidente AISO Associazione Italiana Scuole di Osteopatia: “Dopo quasi tre anni dalla formulazione della legge Lorenzin 3/2018 e dopo un’alternanza di aperture e di chiusure, avevamo quasi perso la fiducia. Ora invece, per chi come lavora sin da tempi in cui l’osteopatia era vista quasi come una stregoneria, per chi come me ha cercato di operare nel tentativo di far conoscere e diffondere la filosofia osteopatica, per chi come me ha investito tanto tempo, risorse ed energie nella formazione, diventare

consapevole che finalmente fosse arrivato il giorno di un riconoscimento ufficiale è stato veramente emozionante”.

Alla commozione e alla soddisfazione, Guolo affianca tuttavia anche un certo timore. “Prendere consapevolezza che il tanto atteso giorno del riconoscimento possa rappresentare anche il giorno in cui, probabilmente, si possa consumare la fine stessa dell’osteopatia come io l’ho sempre studiata, praticata e, a mia volta trasmessa a tanti allievi, muove in me un mix di timore, tristezza e delusione.

La scorporazione di concetti fondamentali della filosofia e della pratica osteopatica, la relegazione in un’area della sanità che non deve prendersi cura della persona malata e che soffre, la sensazione che sarà molto difficile che la figura dell’osteopata possa essere inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e quindi nella sanità pubblica, mi fanno pensare che si sia persa un’occasione incredibile per far capire a tutti che si può operare e collaborare insieme al fine della salute del paziente, senza calpestare i diritti di nessuna professione e riconoscendo a ciascuno i propri giusti ambiti”.

C’è in tutti, ad ogni modo, la consapevolezza di come il provvedimento del 24 giugno scorso, oltre a rappresentare una pietra miliare nella storia dell’osteopatia italiana, costituisca anche e necessariamente un punto di partenza verso traguardi futuri.

Traguardi futuri che tuttavia, dichiara Mandara, avrebbero dovuto ispirare le scelte dei formatori già da tempo: “L’arrivo della Legge, l’istituzione del profilo professionale, che aspetta solo di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale, e il successivo programma formativo universitario, -chiosa Mandara- avrebbero dovuto fungere già da tempo, per tutti noi formatori, da indicatori dell’arrivo del nuovo corso e consentirci di riprogrammare, laddove possibile, le nostre realtà formative in ossequio a quanto determinato e a quanto previsto da una Osteopatia rientrante tra le Professioni Sanitarie. Purtroppo, nulla o almeno molto poco, fino a oggi, è mutato. Solo poche realtà formative hanno percepito e colto il passaggio.

L’ Osteopatia italiana sembrerebbe voler far ricadere quanto sancito dagli organi istituzionali, quanto profuso dalle associazioni di categoria presso i tavoli ministeriali in termini di lavoro e mediazione, quanto richiesto dalle due missive di Alessandro Beux, presidente FNO TSRM (Federazione Nazionale degli Ordini dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica, delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione), nel più classico atteggiamento gattopardesco del lasciare che tutto muti per continuare a fare come prima. Questi atteggiamenti sordi alle evidenze, ma anche tutte quelle condotte sin accettate e tollerate, ora, se reiterati, costituirebbero vera e propria pubblicità ingannevole. Le scuole -prosegue Mandara- devono, una volta per tutte, essere consapevoli del fatto che quanto offrono non solo è molto distante da una Laurea abilitante alla Professione, ma che il loro stesso futuro è ormai relegato al rilascio di una

OSTEOPATIA PROFESSIONE RICONOSCIUTA

formazione solo ed esclusivamente postgraduate. Mi preme ricordare che la formazione undergraduate sarà a carico delle sole Università italiane o delle Università/Istituti stranieri dove la Professione è già riconosciuta. Continuare ad arruolare nuovi studenti bypassando quanto sopra, pur sapendo che in questo modo si andrà anche ad aumentare il numero già consistente di pregresso che dovrà necessariamente integrare per sperare di esercitare la Professione sul territorio nazionale, non è più accettabile né tollerabile.

Questo rappresenta di sicuro il discorso più complesso e problematico che toccherà affrontare. ovvio che questo sarà il momento in cui verrà presentato il “conto” all’osteopatia italiana per i suoi decenni di formazione altamente eterogenea, fatta totalmente da istituti privati che quindi obbligheranno molti di coloro formati negli ultimi anni e quindi non in possesso nemmeno dei requisiti di esperienza lavorativa pregressa per poter accedere nell’eventuale elenco speciale, a dover necessariamente integrare la loro formazione con percorsi integrativi.

Siamo consapevoli tutti di questo ed è per tale motivo che risulta fondamentale e deontologicamente imperante cessare immediatamente con le nuove iscrizioni che rappresenterebbero oggi non solo un andare contro le indicazioni di Legge ma anche mettere a rischio il futuro di numerosi altri studenti. Preme ricordare che equipollenza e percorsi formativi integrativi saranno previsti per coloro in carriera o per coloro che hanno concluso il percorso pochi anni fa ma di sicuro non per coloro che eventualmente verranno arruolati dall’anno accademico 2021/2022”.

Sempre in tema di traguardi futuri, Paola Sciomachen, nel comunicato stampa emesso dal ROI il 24 giugno, precisa: “Il raggiungimento di questo obiettivo, che sancisce l’identità degli osteopati, lascia spazio a un tema altrettanto importante, quello della formazione e delle relative equipollenze. Il nostro auspicio -prosegue la presidente ROI- è di poter compiere rapidamente gli ultimi passi del nostro lungo percorso che porterà l’osteopatia a ricoprire pienamente il suo ruolo fra le professioni sanitarie mettendo a disposizione le competenze che le sono proprie al servizio dei cittadini.”

“Certamente non è finita”, avvisa Carlo Broggini.

“Quando si arriva in cima alla montagna si è a metà strada. Bisogna ancora scendere e ci vogliono le energie per farlo. Ora siamo nel momento forse più delicato perchè si comincerà a entrare nel merito del profilo professionale, che va riempito di contenuti. Toccherà al MIUR stilare il percorso formativo e di conseguenza decidere insieme al Ministero i criteri di equipollenza e/o equivalenza per tutti coloro che già lavorano da anni come osteopati o che hanno un diploma. Come sempre non ci tireremo indietro. Anzi, è proprio adesso che il nostro ruolo sarà ancora più importante per aiutare tutto il nostro mondo (studenti in corso, neodiplomati e

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Paola Sciomachen, Presidente ROI Registro Osteopati d’Italia Maurizio Zanardi. Presidente e Direttore Didattico EIOM Franco Guolo, Direttore Didattico CIO e Vicepresidente AISO Alfonso Mandara, Presidente Malta Icom Educational e Presidente FeSIOs Carlo Broggini. Presidente Associazione Professionale degli Osteopati

osteopati di lunga data) a poter lavorare serenamente e capire, qualora necessario, cosa occorrerà fare per adeguarsi alla futura regolamentazione”.

In tema di formazione, sostiene Alfonso Mandara, già da tempo il profilarsi del riconoscimento avrebbe dovuto ispirare mutamenti sostanziali. Con l’approvazione del Profilo Professionale avvenuta con il DPR del 24.06.2021, il contesto formativo osteopatico italiano -prosegue il principal di Malta Icom Educational- è ufficialmente entrato in una nuova epoca. Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione, da intendersi come lo stravolgimento di abitudini e paradigmi formativi osteopatici che si portavano avanti da oltre 30 anni e che hanno determinato quella bolla endemica fatta di autoreferenzialità ed eterogeneità nella formazione che sono, a mio modo di vedere, i problemi reali dell’osteopatia italiana. Ci sarà da attendere - continua Mandara - la definizione del programma formativo per vedere quali Atenei decideranno di aprire il corso di Laurea in Osteopatia ma è ormai di dominio pubblico che arruolare oggi nuovi studenti, in realtà distanti da quanto prescritto dalla 33

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legge e dallo stesso Profilo, è inopportuno, anacronistico e deleterio. A questo proposito ho già appreso di realtà che, successivamente al 24 Giugno, hanno deciso di non procedere con nuovi arruolamenti proprio in un’ottica di trasparenza e coerenza con quanto raggiunto e soprattutto nei confronti dei futuri studenti e delle loro famiglie”.

“Alla fine di questo percorso”, precisa Maurizio Zanardi, mancano ancora alcuni passi, ben evidenziati nel convegno “Corso di Etica, Deontologia e Responsabilità Professionale” del 30 giugno scorso organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Roma, e che sono: 1) L’approvazione dell’Ordinamento Didattico da parte del Ministero della Salute e del MIUR tramite apposito decreto e con l’istituzione del relativo corso di Laurea in Osteopatia, e 2) l’istituzione dell’Albo degli Osteopati all’interno dell’Ordine dei TSRM e PSTRP tramite decreto del Ministero della Salute. Rispetto a questi punti occorre considerare a) il percorso didattico i cui programmi sono in gran parte già stati evidenziati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso le Linee guida per la formazione dell’Osteopata nel 2010 a cui il MIUR potrà sicuramente fare riferimento e b) i criteri di equipollenza stabiliti attraverso una valutazione comparativa tra l’ordinamento didattico del corso di laurea in osteopatia e quello dei titoli pregressi. Dobbiamo considerare che questi titoli sono stati erogati da società private con ordinamenti didattici differenti e per questo motivo bisognerà verificare, tra le altre cose, le differenti offerte formative, la durata dei corsi, i CV dei docenti. In questa fase le Linee Guida dell’OMS potrebbero essere un buon supporto come elemento di confronto. Il passo successivo sarà poi quello dell’iscrizione all’Albo professionale dei Professionisti Sanitari. Sempre riguardo all’equipollenza, e rifacendomi a quanto emerso dai tavoli tecnici sulle varie possibilità del riconoscimento del pregresso, sono state presentate tre possibili soluzioni: a) Osteopati con titolo idoneo e attività professionale svolta per un periodo minimo di 36 mesi, anche non continuativo, negli ultimi 10 anni, b) Osteopati con titolo idoneo e attività professionale svolta per un periodo inferiore di 36 mesi, anche non continuativo, negli ultimi 10 anni, c) Osteopati con titolo idoneo acquisito recentemente e senza attività professionale, compresi studenti prossimi alla fine del percorso di studi. Questa potrebbe essere una buona soluzione per sanare il maggior numero di osteopati con formazione idonea all’esercizio professionale.

Chiaramente tutto ciò è nelle mani dei Ministeri competenti che sicuramente sapranno cosa fare utilizzando le norme nazionali ed europee che regolano la materia.

L’auspicio di Franco Guolo è che, in tema di formazione, vi possano essere spazi di collaborazione tra il mondo universitario e le realtà formative che hanno sin qui operato sul territorio italiano. “La legge prevede una formazione triennale che, come per le altre professioni sanitarie di qualunque livello, dovrà essere universitaria. Quindi spetterà a MUR e CUN -spiega Guolo- l’elaborazione del progetto formativo e della successiva equiparazione del pregresso.

La mia speranza è che nel porre le basi di queste fasi successive venga data la possibilità agli enti ed organismi che hanno contribuito a diffondere l’osteopatia in Italia e formato migliaia di professionisti, di portare la propria esperienza. Parlo di un’esperienza ormai quasi quarantennale, con strutture molto simili agli enti accademici pubblici e con strutture cliniche adeguate al tirocinio; alcune di esse hanno anche convenzioni per l’insegnamento con enti universitari pubblici. Altra speranza -prosegue il vicepresidente AISO- è che, in qualche modo, l’università si renda conto dell’importanza di dare incarichi di docenza a coloro che fanno formazione da tanti anni.

Altrimenti il rischio è che venga a mancare un insegnamento efficace della parte caratterizzante di una materia che all’interno dell’università non è mai esistita. Questo porterebbe inevitabilmente alla perdita di conoscenze ed esperienze che rischierebbe in poco tempo di alterare la natura stessa dell’osteopatia. Altra cosa fondamentale sarà trovare le giuste modalità in tempi e modi, per creare equipollenze ed equivalenze del pregresso, identificando e riconoscendo quelli che devono essere i criteri minimi per poter accedere al futuro ordine professionale, sempre nel rispetto della sicurezza del paziente, ma anche nel rispetto di quelle migliaia di professionisti che hanno effettuato un percorso lungo e tutt’altro che facile per acquisire le competenze necessarie a un osteopata. Ritengo che la cosa più semplice per le istituzioni sarebbe quella di collaborare in tutto questo soprattutto con AISO, che rappresenta il maggior numero di enti formativi osteopatici e come associazione rappresenta una realtà esperta, regolata, controllata e preparata. Riterrei quindi fondamentale che venisse data la possibilità alle scuole che corrispondano a tali criteri, non solo di completare la formazione in essere, ma anche di continuarla fino al momento in cui non fosse pronta la classe di laurea. Ciò garantirebbe una continuità nella formazione di professionisti senza creare un vuoto temporale e generazionale che potrebbe durare anche anni”.

Da segnalare, per concludere, la decisione del CIO Collegio Italiano di Osteopatia, scuola parmense attiva dal 1994, di non attivare per l’anno formativo 2021/2022 un nuovo corso di Osteopatia con Ordinamento T1 (ex Full Time) e T1 con esoneri (per laureati in Scienze Motorie e Biologia) per concentrarsi sulla ricerca osteopatica e sulla formazione postgraduate. Simile la decisione annunciata dall’Osteopathic College di Trieste, che dalla propria home page annuncia: “Nel rispetto del DPR e nella attuale mancanza di direttive ministeriali certe atte ad assicurare il riconoscimento legale della formazione erogata presso le scuole di osteopatia attualmente sul territorio, la direzione dell’Osteopathic College ha deciso di non aprire a nuove iscrizioni fino a quando, da un punto di vista ministeriale, non vi siano indicazioni formali sul se e come continuare la formazione in osteopatia presso le scuole private al fine di dare garanzie e risposte certe ai nostri studenti”.

L’INTERVISTA: XXXXXXXXXXXXXXXX

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Xxxxxx Xxxxxxxxxx a cura di Federica Serfilippi

Titolo/sottotitolo articolo UNTEOLLABO. UT ALIGENTOREM HIL MAGNIHIT ASSIT ASIN CON CONEMQU ASIMPOR EMPOREM VENDIO DUNTIORIBUS ET ET VOLO VOLOR SENIS SECULLABORUM ET UT HARIORE HENDUNT. TUS PRAT ET ESENT UT QUATI CUS ETUR AS AUT IMINVELLORE LABORE COR SOLUPTAS ET AUDI SIMOLOREM QUAM ID

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