Un Unico Accordo: Sapienza

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Sapienza

CONTENUTO

EDITORIALE

Lucinda M. Vardey

LA SAPIENZA DELLA BIBBIA William Irwin CSB GESÙ-SOFIA

Elizabeth A. Johnson CSJ

CHE COS’È LA SOFIOLOGIA?

Barbara Hallensleben SOFIA IN ESILIO

L’intervista di Magdala: Greg Rupik e Michael Martin

LA SCIENZA DI SOFIA: UNA RIFULGENZA DI LUCE ETERNA Elinor Dickson

RISVEGLIO: THOMAS MERTON E SOFIA Lucinda M. Vardey

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UN UNICO ACCORDO
Inverno
Volume 3, numero 1
2022
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Editoriale

I filosofi e teologi russi Sergej Bulgakov, Pavel Florenskij e Paul Evdokimov sono stati tra i pochi a influenzare notevolmente lo sviluppo di quelle idee che avrebbero aiutato a definire le caratteristiche della sofiologia, lo studio della sapienza. In questo numero Barbara Hallensleben illustra come riconoscere e coinvolgersi nella sofiologia oggi. Come spiega Michael Martin nel suo libro Sofia in esilio siamo per lo più estranei a ciò che è reale e, poiché immersi in una dimensione prettamente pratica, perdiamo la capacità di lasciarci incantare dalla bellezza della realtà della sapienza.

La nostra esplorazione inizia con i libri sapienziali della Bibbia. William Irwin CSB ci offre una panoramica chiara e completa di questi libri e di ciò che rivelano. Elizabeth Johnson mette in relazione molte delle figure sapienziali bibliche con l’incarnazione e la missione di Gesù. Michael Martin, nell’intervista a Magdala, mostra come il lavorare la terra entri in relazione con la sapienza e come le arti, in particolare la poesia, siano una forma in cui la Sofia prende vita. Elinor Dickson, che aveva collaborato con la junghiana Marion Woodman, riflettendo sulla presenza della Sofia nel nostro tempo, propone la fisica come strumento di comprensione. Negli ultimi anni di vita Thomas Merton si è avventurato nello studio della Sofia, non solo attraverso la lettura dei russi, ma anche grazie alle sue intuizioni contemplative e alle sue successive esperienze. Queste rafforzano l’intuizione di Barbara Hallensleben, secondo cui possiamo scegliere l’amore e l’influenza di Dio, piuttosto che le influenze del potere e della persuasione mondana. “La verità è un’intuizione dimostrabile,” scriveva Florenskij.

Sergej Bulgakov sosteneva che la Sofia si rivela nel principio organico. Senza entrare nel merito di ciò che egli intendeva per principio, gli articoli di questo numero presentano dei fili comuni che intrecciano un modo organico di riferirsi alla sapienza. I Vangeli ci rivelano come Gesù insegnasse l’organico; i suoi movimenti e le sue azioni erano dettati dallo Spirito, sapeva dove doveva andare e cosa doveva fare. “Vieni e seguimi” è un metodo organico del momento, dell’ordine naturale della volontà di Dio, privo di piani, desideri, attività sociali o obblighi familiari autoimposti. Una fluidità, un flusso, una flessibilità in accordo con gli elementi naturali, le stagioni, il “respiro” stesso dello Spirito. Un rallentamento, una svolta verso la semplicità, una presa di coscienza di ciò che ci circonda. Il fare una cosa alla volta con il cuore, arricchisce questa di significato: anche le cose ritenute insignificanti possono diventare preziose. Essere ricettivi, aperti alla grazia di Dio senza alcuno sforzo da parte nostra è una lezione del “giglio dei campi.” Un’altra è quella di essere consapevoli del proprio stato interiore e di quale verità sta nascendo dentro di noi. La diarista olandese, Etty Hillesum sentiva “un processo organico” all’opera dentro di sé, “qualcosa in me sta crescendo— scriveva—e ogni volta che guardo dentro è apparso qualcosa di nuovo, e

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tutto ciò che devo fare è accettarlo, quindi prenderlo su di me, portarlo avanti e lasciarlo fiorire.”

“Se vogliamo essere pienamente noi stessi,” scriveva lo scienziato gesuita Pierre Theilhard de Chardin nel suo libro Sulla felicità , “dobbiamo quindi lavorare tutta la vita al nostro sviluppo organico, il che significa che dobbiamo costantemente introdurre più ordine e più unità nelle nostre idee, nei nostri sentimenti e nel nostro comportamento.”

(La realtà sommersa)

William Irwin CSB è un sacerdote basiliano, originario di Houston, Texas, e residente in Canada. Ha studiato a Roma e a Gerusalemme specializzandosi nella Legge, nei Profeti e negli Scritti e in alcuni libri conservati in greco che i cristiani chiamano Antico Testamento. Per oltre quarant’anni ha insegnato studi biblici all’Università del St. Michael’s College e alla Toronto School of Theology.

La sapienza nella Bibbia

La parola sapienza in ebraico (hokmah) e in greco (sofia) è di genere femminile. La sapienza è un “lei,” così come lo sono molti altri nomi astratti in queste lingue. Ma il genere grammaticale è una metafora latente e ha prodotto diversi notevoli ritratti della Sapienza, la donna celeste che è la figlia primogenita di Dio.

Sebbene in ebraico la sapienza sia di genere femminile, di solito questa si incarna sia in uomini che in donne. Salomone, ad esempio, è il monarca più saggio che sia mai esistito. Il libro dei Proverbi dipinge un’immagine della sapienza come un essere celeste. Il libro è una raccolta dei saggi motti di Salomone, due raccolte per la precisione, con altre raccolte più piccole di saggi motti di altri sapienti. Pur avendo la forma di genitori che insegnano ai figli, si concentra sulla loro vita da adulti. Dio è l’autorità dietro l’insegnamento dei genitori e la sapienza di Dio. La voce della sapienza si sente sin dall’inizio:-

La sapienza grida per le strade, nelle piazze fa udire la voce; nei clamori della città essa chiama, pronuncia i suoi detti alle porte della città: “Fino a quando, o inesperti, amerete l’Inesperienza e gli spavaldi si compiaceranno dello loro spavalderie e gli stolti avranno in odio la scienza?” (Prov 1,20-22).

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“La Sofia unisce Dio al mondo come unico principio comune, il fondamento divino dell’esistenza creaturale.”

Sembra un predicatore di strada o una maestra del vecchio West che suona la campana della sua scuola. Si rivolge agli inesperti, agli spavaldi e agli stolti chiedendo loro di abbandonare le loro strade e di imparare la sapienza. Il suo discorso si protrae fino alla fine del primo capitolo. È soprattutto un avvertimento di ciò che accadrà loro se non avranno la sapienza al loro fianco. Nei primi nove capitoli dei Proverbi a volte è difficile dire se la voce maestra che sentiamo sia quella dei genitori o della stessa sapienza. Tuttavia, esse portano lo stesso messaggio.

L’ORIGINE DELLA SAPIENZA NELLA CREAZIONE

Nel capitolo 3 i Proverbi fanno un’affermazione tradizionale:-

il Signore ha fondato la terra con sapienza, ha consolidato i cieli con intelligenza; con la sua scienza si aprirono gli abissi e le nubi stillano rugiada (Prov 3, 19-20).

Ma in Proverbi 8:22-31 questa affermazione tradizionale assume una vita propria, quando la sapienza dice:

Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero poste le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, cosi che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra il genere umano.”

Colpisce l’enfasi sulla giocosità della sapienza; cfr. Sal 104,26: “Leviatan che tu hai plasmato per giocare con lui.” Era la primogenita di Dio, si compiaceva del mondo fatto da Dio in ogni particolare, ma soprattutto dell’umanità. Era come se guardasse deliziata, mentre Dio le costruiva una casa di bambole e ciò che le piaceva di più era giocare con l’umanità. Così il suo atteggiamento nei confronti di questa era come quello di una bambina verso i suoi giochi preferiti. Parliamo del gioco della ragione o del gioco del pensiero e lo immaginiamo come un concetto prettamente greco, ma è presente anche nei salmi. Il Salmo 19 recita: -

I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce (Sal 19, 1-4).

La sapienza può insegnare perché essa ha una conoscenza diretta di tutto ciò che è stato

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creato. Questo era l’argomento di Dio in risposta alla lamentela di Giobbe: “Quando ponevo le fondamenta della terra, tu dov’eri?” (Giobbe 38:4).

LA CASA DELLA SAPIENZA E LA CASA DELLA STOLTAGGINE

Costruire una casa era molto importante nella Bibbia, non solo come abitazione ma anche come famiglia. Proverbi 14:1 recita: “La donna saggia costruisce la sua casa, ma quella stolta la demolisce con le proprie mani.” I Proverbi 31 mostrano in dettaglio come la “donna virtuosa” costruisca la sua casa. La costruisce con sette colonne, secondo i Proverbi 9.1 E invita gli inesperti e i creduloni, cioè coloro che non la conoscono ancora ma sono disposti a imparare, a cenare lì. Sa che gli schernitori e gli stolti rifiuteranno il suo invito. Il suo banchetto è un banchetto che porta alla vita. Per comprendere questa variazione della metafora, dobbiamo renderci conto che è solo una parte della metafora delle due case. La sapienza ha una rivale, la donna stolta. All’inizio dei Proverbi non è un’astrazione. È semplicemente la “donna straniera,” o la non-israelita contro cui la Legge aveva messo in guardia e che era stata la causa della rovina di Salomone, o la “donna straniera,” la donna che vive da sola senza una famiglia conosciuta, o la donna che si allontana dal marito e lo tradisce. I Proverbi 1-9 mettono in guardia da due grandi tentazioni del giovane adulto: una vita di crimini e una vita di licenziosità.

LA SAPIENZA DEL SIRACIDE NELLA CREAZIONE

Il libro del Siracide fu scritto intorno al 175 a.C., ovvero circa tre o quattro secoli dopo la conclusione dei Proverbi. Il Siracide 24 si basa sulla descrizione del ruolo della Donna Sapienza nella creazione, contenuta nel Proverbio 8. “Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno.” (Sir 24,9). Ma il Siracide aggiunge qualcosa. Secondo i Proverbi, la Sapienza si dilettava con il genere umano e secondo il Siracide:- “La Sapienza si diletta con il genere umano.”

“Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi ha cercato un luogo di riposo, qualcuno nel cui territorio professi risiedere. Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele” (Sir 24, 6-8).

1 La riflessione successiva, in particolare quella islamista, cerca di dare un nome ai sette principi su cui si fonda la sapienza. La Bibbia non lo spiega. Alcuni hanno pensato che si riferisca al modo in cui sono costruiti i Proverbi o i Proverbi 1-9.

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La sapienza si è stabilita in Israele. Il Siracide fornisce esempi di ciò che intende. Il libro della Legge è un’incarnazione della sapienza. Lo scriba che dedica la sua vita allo studio della Legge e alla ricerca della sapienza, e che insegna e loda Dio, è ispirato dalla sapienza. Infine, tutti i santi della storia di Israele, fino al sommo sacerdote Simone, sono, in un modo o nell’altro, figli della sapienza. Parlando delle incarnazioni della sapienza, il Siracide si inserisce nella tradizione biblica che vede Salomone come incarnazione del sovrano saggio. Agli occhi del Siracide la sapienza diventa quasi una musa greca.

LA SAPIENZA COME AMANTE

Un’altra caratteristica dell’uso che il Siracide fa della personificazione della Sapienza come donna è quella di introdurre una certa intimità nella relazione tra individui e Dio. La descrive come una donna corteggiata dai suoi pretendenti. Ciò gli permette anche di spiegare in modo personale le prove della vita, intendendole come lo sviluppo di una relazione amichevole con Dio. In Siracide 4,12, inizia in modo abbastanza tradizionale dicendo quanto sia importante perseguire costantemente la sapienza ed esserle sempre fedeli.

LA SAPIENZA COME SPIRITO

Il libro della Sapienza, o Sapienza di Salomone, fa molto più uso della filosofia greca. Mette insieme tre concetti biblici: lo spirito di Dio, la parola di Dio e la sapienza, che è pervasiva e presente ovunque. In Sapienza 7 Salomone recita:

“In lei c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, beneficio,” e continua ad elencare tutte le qualità dello spirito dicendo anche che “è effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà” (Sap 7,23-26).

È anche la parola attraverso la quale Dio ha creato l’universo, il λογος. In greco λογος non significa “parola” come la usiamo noi. Significa discorso fatto con la voce e discorso fatto con la mente, ragionamento. Così l’autore della Sapienza traduce la giocosità della sapienza nei Proverbi nel gioco della mente che si riflette nelle opere della creazione. La sapienza è anche quella della filosofia greca. Molte traduzioni dicono: “pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova,” ma questo dimostra una mancata comprensione della filosofia greca. Si dovrebbe dire: “Poiché è unica può fare tutte le cose.”

LA SAPIENZA COME SALVATRICE

La seconda grande innovazione che il libro della Sapienza introduce nella personificazione della Sapienza come donna è quella di attribuirle il ruolo principale nella storia della salvezza. Come la dea Iside, la Sapienza è salvatrice. Questo è uno dei momenti più notevoli della storia biblica. Alla fine della preghiera di Salomone per la sapienza, durante la quale egli canta le lodi della sapienza, egli dice: “Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; e il popolo

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fu istruito in ciò che ti è gradito e fu salvati per mezzo della sapienza.” Dico notevole perché è il momento in cui la storia della salvezza diventa oggetto di sapienza. I precedenti autori sapienziali della Bibbia non avevano mai parlato di Israele o della sua storia. Il Siracide iniziò a fare della storia un oggetto di sapienza, ma in termini di agiografia: “lodiamo gli illustri nelle loro generazioni.” Ma ora la storia di Israele, con il suo Dio salvatore, entra a pieno titolo nella sapienza e nella sapienza di Dio.

LE INCARNAZIONI DELLA SAPIENZA

Oltre a Salomone, agli scribi e ai sacerdoti che il Siracide propone come modelli di vita sapienziale, ci sono incarnazioni della sapienza anche tra le donne, come Debora, giudice e profeta, Ester e Giuditta. Giuditta, in uno degli ultimi libri dell’Antico Testamento, è presentata come un modello di sapienza. È un’insegnante di religione di grande saggezza ed eloquenza che guida il popolo nella riflessione su cosa fare nel momento di crisi.

Poi c’è la donna di Proverbi 31,10-31. Non viene chiamata “saggia,” ma “forte” e viene presentata come “buona moglie.” La sua sapienza è menzionata esplicitamente solo in Prov 31,26: “Apre la bocca con saggezza e la sua lingua ha solo insegnamenti di bontà.

La sapienza, quindi, nella Bibbia, è rappresentata nel genere femminile come un essere celeste, un’insegnante, la beniamina del Creatore, l’amica della razza umana, l’amante, lo spirito e la salvatrice, che invita a una relazione incarnata con lei e i suoi attributi.

Elizabeth A. Johnson CSJ è professore emerito di teologia alla Fordham University di New York. E’ stata presidente della Catholic Theological Society of America e della American Theological Society; ha ricevuto quindici dottorati honoris causa. Fa parte dei comitati editoriali di quattro riviste teologiche e tra i suoi numerosi libri, tradotti in tredici lingue, ricordiamo “Colei che è: il mistero di Dio nel discorso teologico femminista” (Crossroad l992); “Veramente nostra sorella: una teologia di Maria nella Comunione dei Santi” (Continuum 2003) e “La forza della sua testimonianza: Gesù Cristo nelle voce globale delle donne” (Orbis 2016). Quello che segue è un estratto da “Colei che è.” Il libro stato ristampato in accordo con The Crossroad Publishing Company. Copyright © Elizabeth A. JohnsonThe Crossroad Publishing Company. © Elizabeth A. Johnson. www.crossroadpublishing.com

Gesù-Sofia

C risto è potenza e sapienza di d io (1 Cor 1,24).

L’uso della figura femminile intesa come Sapienza personificata, così importante nella cristologia biblica per parlare di Gesù Cristo, presenta un vasto campo di metafore con cui interpretare il significato salvifico e il radicamento in Dio di quest’ultimo, alleggerendo il monopolio delle immagini maschili di Logos e Figlio. Con categorie sapienziali possiamo dire

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che l’intima solidarietà della Sofia con il Dio increato e la sua altrettanto compassionevole e vivificante solidarietà con gli esseri umani che lei rende amici di Dio sono incarnate in Gesù-Sofia, la cui persona è costituita da queste due relazioni fondamentali. Questo tipo di lettura scardina l’assunto che vi sia una “connessione ontologica necessaria” tra l’essere umano maschile Gesù e un Dio maschile. Ciò porta a capire che, come Sofia incarnata, Gesù, anche nella sua mascolinità umana, può essere pensato come rivelatore della grazia di Dio immaginato come femmina. Allo stesso modo, la divina Sofia incarnata in Gesù si rivolge a tutte le persone in virtù della sua chiamata ad essere amici di Dio e può essere realmente rappresentata da qualsiasi essere umano, sia donna che uomo, chiamato nel suo Spirito. Non a caso, gli stereotipi tipici del maschile e del femminile vengono sovvertiti: la femminile Sofia rappresenta la trascendenza creativa, la passione primordiale per la giustizia e la conoscenza della verità, mentre Gesù incarna queste caratteristiche divine in modo immanente riguardo alla corporeità e alla terra.

Il paradosso creativo e redentore di Gesù-Sofia indica la strada per la riconciliazione degli opposti e la loro trasformazione in una diversità liberatoria e unificata, da nemici che erano. In definitiva, il genere non è costitutivo della dottrina cristiana dell’incarnazione.

Oltre ad aiutare a sciogliere il nodo della cristologia sessista, le categorie sapienziali portano in primo piano altri benefici:

1. La relazione con l’intero cosmo è già costitutiva della tradizione sapienziale biblica, e questo orienta la cristologia oltre il mondo umano verso l’ecologia della terra e, di fatto, verso l’universo, rappresentando una mossa vitale in quest’epoca di crisi planetaria. In quanto incarnazione della Sofia creatrice di tutto ciò che esiste, la cura redentrice di Gesù Cristo intende far sbocciare tutte le creature e la terra stessa. La potenza dello Spirito di Cristo si manifesta ovunque gli esseri umani partecipino a questo amore per la terra, prendendosi cura della sua fecondità, rispettandone i limiti e proteggendola dalla distruzione.

2. Il discorso sapienziale, inoltre, orienta la fede verso una prospettiva globale, ecumenica e rispettosa di altri percorsi religiosi. L’immaginario della sapienza agisce oggi come la metafora del logos operava nei primi secoli cristiani per dare voce alla bontà di Dio e al suo giusto ordine nel mondo; una funzione questa che oggi si ritrova ad essere ridotta rispetto al logos , a causa della sua lunga associazione con la teologia androcentrica e la storia ecclesiale imperialista. Sofia, tuttavia, è amore per le persone; la sua luce risplende ovunque, facendo diventare amica di Dio e profeta la gente di tutto il mondo. Gesù-Sofia incarna questa cura benevola nella sua persona e nella sua storia particolare, a beneficio di tutti, tracciando una molteplicità di strade in culture diverse, attraverso le quali tutte le persone possono cercarla e trovarla.

3. Diventando una cosa sola con l’umanità nell’incarnazione e nella sofferenza, la Sofia, le cui vie sono la giustizia e la pace, mostra che la passione di Dio è chiaramente orientata verso la rimozione dell’oppressione e l’instaurazione di giuste relazioni. La tavola è imbandita per coloro che verranno, il pane e il vino sono pronti a nutrire la lotta. È necessario ascoltare le forti grida di Gesù-Sofia che risuonano nelle urla dei poveri,

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dei violati e dei disperati, e accordare le nostre vite come comunità sapienziale alla divina opera creativa e redentrice nel mondo.

In sintesi, la dottrina dell’incarnazione confessa che, in Gesù Cristo, Dio è entrato realmente nella storia umana, per la nostra salvezza. Né la divinità né l’umanità a cui si fa riferimento in questa confessione richiedono la mascolinità come condizione esclusiva e costitutiva. Da un lato Dio non è maschio. Le metafore del Verbo e del Figlio, più spesso utilizzate per articolare la relazione tra Gesù Cristo e il mistero assoluto di Dio, non significano la mascolinità di Dio, ma un tipo di relazionalità divina che può essere superbamente riproposta nel simbolo della Sofia. D’altra parte, per storia umana, si intende l’intero genere umano in una solidarietà di peccato e di sofferenza, come la dottrina classica ha sempre affermato. Le particolarità storiche della persona di Gesù, tra cui il sesso, le caratteristiche razziali, l’eredità linguistica, la classe sociale e così via, non significano che Dio si incarni in modo più appropriato in queste realtà piuttosto

che in altre.

La teologia sarà diventata adulta quando la particolarità evidenziata non sarà il sesso storico di Gesù, ma lo scandalo della sua opzione per i poveri e gli emarginati secondo lo Spirito della sua Sofia-Dio, compassionevole e liberatrice. È questo lo scandalo della particolarità che conta davvero, finalizzato alla creazione di un nuovo ordine di pienezza nella giustizia. A tal fine, il discorso teologico femminista su Gesù Sapienza di Dio sposta l’attenzione della riflessione dalla mascolinità all’intero significato teologico dell’evento Cristo. Gesù, nella sua specificità umana e storica, viene confessato come Sofia incarnata, rivelatrice della grazia liberatrice di Dio immaginato al femminile; le donne, in quanto amiche di Gesù-Sofia, partecipano in egual misura con gli uomini alla sua missione salvifica nel tempo e possono rappresentare pienamente Cristo, essendo esse stesse, nello Spirito, altri Cristi. Queste sono le tappe del cammino verso una comunità di uguali interrelati in un’autentica reciprocità, sia in teoria che in pratica.

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Barbara Hallensleben è professore ordinario di teologia dogmatica e teologia dell’ecumenismo presso l’Università di Friburgo, in Svizzera. È membro dell’Istituto per gli studi ecumenici e direttore del Centro studi per le Chiese orientali, nonché della Commissione teologica internazionale in Vaticano (dal 2004 al 2014). Oltre ai suoi numerosi incarichi nel dialogo ecumenico, tra cui quello di consulente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, è membro della Commissione vaticana per lo studio del diaconato femminile.

Che cos’è la Sofiologia?

“Che cos’è la sofiologia?” è una domanda da porre non all’inizio, ma piuttosto alla fine di un percorso di pensiero e di esperienza. Se poniamo questa domanda all’inizio, la sofiologia potrebbe facilmente cadere in un’altra “ologia,” che, come la maggior parte delle “ologie,” può essere tentata di diventare un’ideo-logia. Le ideologie sono sistemi di pensiero che cercano di spiegare il mondo nel modo più completo possibile e di plasmarlo secondo idee prestabilite.

La sapienza (in greco: sophia; in latino: sapientia) in modo diverso. Una persona che sa molto non viene comunemente definita saggia. Questo appellativo è più facilmente assegnato a una persona modesta e umile, che sa quasi intuitivamente—senza parlare o discutere—ciò che conta davvero nella vita. Poiché la saggezza ha una qualità pratica, le persone sagge sanno come dominare la vita anche nelle circostanze più difficili e sono in grado di guidare non solo se stessi, ma anche gli altri, ad agire nel modo giusto. Ecco perché la saggezza è una virtù privilegiata nella leadership. Aristotele scriveva “sapientis est ordinare”: i sapienti sono in grado di stabilire il giusto ordine.

Il re Salomone incarnava la saggezza. Aveva chiesto a Yahweh un “cuore saggio e intelligente” (1 Re 3,12). I suoi giudizi come sovrano permisero alla gente di riconoscere “che la sapienza di Dio era in lui” (3,28). La sapienza è percepita come appartenente a Dio non solo in Israele, ma anche in altre nazioni e culture. È così che Tommaso d’Aquino definirà in seguito la sapienza, come intuizione cioè della più alta delle cause e come fine ultimo. Solo Dio ha questo ampio orizzonte, come la postmodernità sa troppo bene. La sapienza non si impara, non si certifica con un diploma; è un dono di Dio e punta oltre il mondo terreno.

Agostino ha prodotto una grande teologia riguardante la sapienza di Dio e ha scritto che essa si trova in particolare nella teologia mistica. Nel “Libro della Divina Sapienza” del domenicano Heinrich Seuse (+1366), la dimensione femminile della sapienza riappare, probabilmente

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grazie allo scambio che egli ebbe con le sue figlie spirituali nei monasteri femminili. Nel suo libro “Sapienza segreta”, il pastore e agiografo riformato Walter Nigg (+1988) raccolse le testimonianze protestanti per una teologia della sapienza, mentre Jakob Böhme (+1624), con un approccio sofistico, avrebbe dato forma alla filosofia dell’Idealismo tedesco.

Come introduzione rudimentale allo sviluppo della sapienza, è chiaro che la sofiologia non può ricadere esclusivamente sotto gli auspici della Chiesa orientale. A Costantinopoli (l’attuale Istanbul), nell’allora capitale dell’Impero Romano, fu costruito l’importante monumento architettonico di Hagia Sophia, probabilmente per mostrare la somiglianza dell’imperatore regnante con il Cristo onnipotente. Nelle chiese di Santa Sofia del mondo russo, tuttavia, predomina un’interpretazione mariologica. In Russia, una misteriosa icona di un sovrano femminile sotto il trono del sovrano celeste perpetua anche la memoria della Casa della Sapienza terrena. Questa tradizione è stata fondamentale per lo sviluppo della filosofia religiosa russa e della teologia del XX secolo, che avrebbe unito le tradizioni orientali e occidentali.

La sapienza divina divenne il centro della visione del mondo dell’economista, filosofo religioso, sacerdote e teologo russo ortodosso Sergej Bulgakov (1871-1944). Per lui l’esperienza precede la riflessione. Egli descrisse l’esperienza vissuta durante la prima visita a Santa Sofia: “La ristrettezza e la pesantezza del nostro piccolo e sofferente io sono scomparse...”, scrisse, “l’anima ne è guarita, fondendosi con gli archi e unendosi ad essi. Diventa il mondo: Io nel mondo e il mondo in me—questo sentimento non è solo di felicità e di gioia, ma di beatitudine —una sorta di intuizione finale, tutto in tutto e tutto in me, una totalità onnicomprensiva, il mondo nella sua unità. Questa è davvero la Sophia, l’unità attuale del mondo nel Logos.” Anche la morte del figlio, che non ha ancora quattro anni, fa sì che il cielo si apra per lui in modo inaspettato. Ex marxista, Bulgakov passò da materialista convinto a “idealista”, per poi scoprire che “l’uomo non deve fuggire dal mondo (materiale), perché Cristo si abbassa fino a questo con le nozze dell’Agnello.” Quando Dio non solo ci impone la sua volontà, ma ci comunica la sapienza e la bontà come dimensioni dell’essere di Dio, allora il mondo è infinitamente prezioso. Partecipa al mistero di Dio. La terra è affidata all’umanità, non solo come tappa di una prova etica, ma come materiale per la preparazione di una nuova creazione.

Siamo ora in grado di rispondere meglio alla domanda “Che cos’è la sofiologia?” Per ricapitolare, sappiamo almeno che la saggezza non è un sistema di pensiero che viene imposto alla realtà per formare un partito e per competere con altri sistemi di pensiero. È la capacità di accogliere la realtà nel suo carattere di dono, aprendoci a comprendere e ad agire in modo nuovo, sorprendente, unico.

LA LUNGA STORIA D’AMORE

La sapienza possiede sempre una qualità personale, come noi in quanto cristiani confessiamo. Ha origine in Dio Padre, si rivela nel Figlio e diventa accessibile con la

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creazione nello Spirito Santo. Non solo gli esseri umani sono creati a immagine di Dio, ma tutte le creature portano tracce della sapienza divina, “ogni filo d’erba e ogni raggio di sole,” come scriveva Dostoevskij.

La sapienza si rivela a ciascuno di noi in modo molto personale, eppure è una sapienza unica a darci la fiducia dell’unità, permettendoci di plasmare questo mondo insieme, nella pace e nella giustizia. La sapienza consente una comprensione che si accompagna al rispetto per le differenze degli altri. La sapienza crea amicizia.

La sapienza ha un messaggio speciale per ogni tempo e per ogni epoca. Nel mondo di oggi, caratterizzato dalla sfiducia, dalla violenza e dalla propaganda, siamo tentati di dare la priorità alla nostra sopravvivenza e al nostro benessere, rinunciando a sacrificare la nostra libertà e le nostre idee per promesse politiche, economiche e giuridiche di sicurezza. La sapienza si mostra aperta in questo teatro mondiale e ci consiglia: Non rassegnatevi alle innumerevoli vittime della storia dei potenti. Non cercare di salvare solo te stesso. Non vendete la vostra anima agli idoli fai-da-te di questo mondo. Dio, l’unico Creatore e Redentore, ha costruito la sua casa in mezzo a noi. La vita finita è proprio la vita che il Dio eterno, nella sua sapienza, ci ha destinato e condivide con noi.

Non esiste un mondo “secolare” completamente privo di Dio. Piuttosto, il mondo è “secolare” proprio perché Dio lo ha creato come una controparte libera e amorevole, come la “Sposa dell’Agnello.” L’apocalisse di questo mondo è il rovescio di un’immensa e duratura storia d’amore a cui tutti partecipiamo.

Sofia in esilio: L’intervista di Magdala

Gregory Rupik è redattore di Un unico accordo. Per ulteriori informazioni su di lui visitate il nostro sito web.

Michael Martin è uno scrittore, filosofo, poeta, musicista, cantautore, redattore, direttore del Center for Sophiological Studies e agricoltore biodinamico nel Michigan, USA. Ha trascorso sedici anni come insegnante e maestro Waldorf e ha insegnato inglese, filosofia e teologia a livello universitario per oltre diciassette anni. Ha iniziato a fare l’agricoltore nel 1990 e attualmente alleva mucche da latte, api e altri animali e al tempo stesso gestisce un’orticoltura su larga scala con la moglie e alcuni dei suoi nove figli. Le sue poesie e le sue ricerche sono apparse in molte riviste. È direttore di “Jesus the Imagination: A Journal of Spiritual Revolution” e autore di molti libri, tra cui “The Submerged Reality: Sophiology and the Turn to a Poetic Metaphysics” [La realtà sommersa: la Sofiologia e la svolta verso una metafisica poetica] (Angelico Press, 2015), “Transfiguration: Notes Toward a Radical Catholic Reimagination of Everything” [Trasfigurazione: appunti per una rivisitazione cattolica radicale del tutto]. (Angelico Press, 2018) e “Sophia in Exile” [Sofia in esilio] (Angelico Press, 2021). Il suo sito web è www.thecenterforsophiologicalstudies.com.

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Gregory Rupik Il titolo del suo ultimo libro è Sofia in esilio . Come trampolino di lancio per la nostra conversazione, cosa potrebbe dire l’espressione “Sofia in esilio” riguardo al nostro attuale stato di cose? Riguardo in particolare alla situazione in cui ci troviamo oggi nella Chiesa e nel mondo?

Michael Martin Viviamo in una sorta di pseudo-mondo fabbricato e distante da ciò che è reale. Gran parte della nostra vita è trascorsa online o in mondi virtuali non reali. A differenza della maggior parte delle persone, le mie giornate non sono solo online, ma sono un agricoltore e devo avere a che fare con ciò che è reale per affrontare la giornata. C’è l’idea della dimenticanza: dimentichiamo chi siamo: “Perché siamo qui?” e “Qual è il nostro scopo?” Sono domande importanti.

GR Come si manifesta questa dimenticanza? Cosa abbiamo dimenticato?

MM Abbiamo dimenticato il nostro rapporto con la creazione e il nostro rapporto con il Divino e questo è il fulcro della sofiologia. La sofiologia ci chiama a ricordare queste due cose, a entrare in un modo di vivere che le riconosca e le riverisca. Poiché siamo esiliati dalla natura e dalla creazione, e anche dalla nostra stessa biologia, rifiutiamo esteriormente ciò che è reale nella creazione e nella biologia quando smettiamo di avere una relazione con il Divino.

GR Si perde una sorta di riverenza: la capacità di apprezzare una parte della sapienza creata in natura.

MM Mi spingo oltre. Si nega la realtà sacramentale di tutto ciò che è. Vede, Sofia non è in esilio, lo siamo noi. Non appena prestiamo attenzione alla sapienza del mondo, lei si risveglia e noi ci risvegliamo in una relazione reciproca.

GR Che cosa dobbiamo fare per riattivarci?

MM Mi sono specializzato nei poeti metafisici, come il poeta inglese del VII secolo Thomas Traherne e la scrittrice del secolo scorso Eleanor Farjeon: entrambi ci mostrano come vedere il mondo con gli occhi di un bambino, proprio come dice il Vangelo: “Se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete mai nel regno dei cieli”. Sono loro ad insegnarci come un adulto possa tornare bambino.

GR Per lei, il tramite della poesia—e la capacità dei poeti di vedere, di impegnarsi materialmente con la bellezza della creazione—è un modo di vedere il mondo in una nuova luce e un invito agli altri a sperimentare il mondo in questa nuova luce.

MM Sì, in particolare nel famoso libro di Evelyn Underhill Il misticismo pubblicato inizialmente nel 1911, c’è una sezione sulla poesia. La filosofa francese Simone Weil e anche William Blake cercavano, attraverso la loro poesia e i loro scritti, di aprire la nostra percezione, di mostrare Dio in tutte le cose. Erano spinti dalla loro esperienza personale a vedere come questa potesse essere all’altezza della tradizione in cui erano stati cresciuti.

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GR Esiste una tradizionale opposizione tra techne e poesis, tra il creare per controllare (techne) e il creare per rivelare qualcosa di vero, buono o bello (poesis). Questa tensione getta una luce sul nostro senso di “esilio” oggi, o su un modo per re-incantare la nostra esperienza del mondo?

MM Per me è stato un lungo processo. Nella nostra fattoria alleviamo mucche da latte e da carne, pecore, api, galline e oche. Il nostro orto è di mezzo ettaro e io e mia moglie facciamo tutto senza attrezzi elettrici, nemmeno con l’aratro. Ci si rende conto che non ci si allontana dal creato con cui si lavora, ma non tutti possono farlo. Come facciamo a entrare nella creazione? Questo è un aspetto. L’arte gioca un ruolo in questo senso come pure il modo di educare i bambini, ma sempre più spesso la tecnologia si mette in mezzo. Un bambino può leggere su internet di serpenti e vedere video, ma è un’esperienza molto diversa vedere un serpente nel suo ambiente naturale. È molto semplice e noi cerchiamo di renderlo complicato. Non è esoterico, è tornare allo stato infantile di percezione e di relazione e in questo modo diventa semplice. Il mio libro Trasfigurazione: Appunti per una reimmaginazione cattolica radicale di ogni cosa esplora come rendere le cose più reali, come farlo nella scienza, nell’educazione e nell’economia. G. K. Chesterton è un grande esempio di chi ha visto cosa stava per accadere e anche Hillaire Belloc. All’inizio del XX secolo

stavano svolgendo un lavoro importante. È un peccato che questi scrittori cattolici vengano compartimentati in una bolla cattolica radicale, perché il loro messaggio è davvero per tutti.

Anche i mestieri tradizionali ci collegano a ciò che è reale. Lavorare con cose vere, come i tessuti, la lana, ecc.

GR Quello che trovo interessante è il fatto che impegnarsi onestamente con le cose reali in natura, in un certo senso, rivela quanto queste siano semplici e dirette, ma ci invita anche a conoscere la loro complessità e i modi in cui tali cose possono ancora sorprenderci e insegnarci.

MM Essere connessi al reale richiede flessibilità. Questo dobbiamo fare nella nostra fattoria: essere attenti a ciò che c’è e adattarci ai cambiamenti. Nella nostra fattoria celebriamo le feste cristiane in una sorta di religione popolare. Per esempio, celebriamo la festa di San Michele con una processione. Alcuni dei miei figli hanno fatto una testa di drago di cartapesta e siamo andati in giro per la fattoria finché non hanno incontrato sotto un albero di noce San Michele che ha trasformato il drago. Poi abbiamo fatto una festa, una festa del raccolto. Cose così, molto semplici, che aggiungono tanta vita alla comunità proprio non rifuggendo dalla sapienza della creazione.

Elinor Dickson è stata per otto anni Direttrice dei servizi psicologici del St. Michael’s Hospital di Toronto ed è stata profondamente coinvolta come consulente, consigliere e leader nelle comunità diocesane e religiose. Nel corso degli anni ha condotto molti seminari, tenuto numerose conferenze e collaborato con la scrittrice junghiana Marion Woodman. Questa collaborazione ha incluso la stesura di “ Danzare tra le fiamme: La dea oscura nella trasformazione della coscienza” (Alfred A. Knopf/Shambhala 1996). È autrice di “Danzare al punto fermo: Marion Woodman, Sofia e me: Un amicizia ricordata”(Chiron 2019). Il suo libro di prossima pubblicazione è “L’opzione della sapienza: L’ultima sfida evolutiva dell’umanità.”

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La scienza di Sofia: una rifulgenza di luce eterna

In un antico testo gnostico, c’è un’immagine accattivante di Sofia che allunga il dito per inviare la luce nella materia e poi seguire quella luce nel caos. Per me questa immagine evoca il Big Bang, quando qualcosa esplode dal nulla. Oppure, secondo il mistico indiano del XX secolo Sri Aurobindo, è il momento in cui il Dio nascosto, la forza della coscienza indifferenziata, si è rivelato per la prima volta. Nel XIX secolo, la scienza ha articolato questa rivelazione attraverso Sofia (Savitri) come evoluzione. Per riconoscere l’archetipo di Sofia, nell’evoluzione del nostro tempo, dobbiamo rivolgerci alla luce.

Leggiamo del viaggio di Sofia nella luce nel libro della Sapienza dell’Antico Testamento (7, 24-27) : “La Sapienza, è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. ….un riflesso della luce perenne….pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova.” La scienza ha impiegato un po’ più di tempo per riconoscerla.

POTENZIALE QUANTISTICO

Per preservare e mantenere una posizione materialista, concetti come coscienza o processi psicologici furono eliminati dal vocabolario scientifico. Allo stesso modo, in fisica, le vibrazioni microscopiche nello spazio tra le cose erano considerate un rumore di fondo. Percepite come una costante, queste vibrazioni vennero sottratte dai calcoli fino a oltre trent’anni fa, quando si scoprì che questo rumore era in realtà un mare di luce quantistica, chiamato campo del punto zero. Per spiegare questo mare di luce, l’astrofisico americano Bernard Haisch scrive: “Vediamo le cose per contrasto. L’occhio funziona lasciando che la luce cada sulla retina, altrimenti scura. Ma se l’occhio fosse pieno di luce, non ci sarebbe il buio a creare un contrasto. Il campo del punto zero è una luce accecante. Poiché è ovunque, dentro e fuori di noi, permeando ogni atomo del nostro corpo, siamo effettivamente ciechi nei suoi confronti... Ci acceca della sua presenza. Il mondo di luce che vediamo è tutto il resto al di sopra del campo del punto zero.” 1 Quando si parla della refulgenza della luce eterna, la scienza e le Scritture concordano sul fatto che Sofia non è “là fuori.” È ovunque, dentro e fuori di noi, permea ogni atomo del nostro corpo e dell’intera creazione.

Basandosi sulla teoria ondulatoria, si è scoperto che il campo del punto zero non è solo un mare di luce, ma anche un mare di informazioni sull’intero universo, trasportate dalle onde di torsione del vuoto che interferiscono. Tra particella/onda, materia/spirito, corpo/anima, l’elemento di trasformazione è l’informazione . Questo terzo agente, riconciliatore tra gli opposti, è stato chiamato informazione attiva dal famoso fisico, David Bohm. Non si tratta di informazione “ordinaria,” ma di informazione contenuta nel potenziale quantistico che informa o dà forma all’energia.

In biologia, l’informazione “attiva” arriva attraverso quelle che la neurobiologa americana Candace Pert ha chiamato molecole delle emozioni: l’Inforealm . Scrive l’autrice: “Non

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possiamo più pensare che le emozioni abbiano una validità inferiore a quella della sostanza fisica e materiale, ma dobbiamo invece vederle come segnali cellulari coinvolti nel processo di traduzione dell’informazione in realtà fisica, trasformando letteralmente la mente in materia. Le emozioni sono il nesso tra la materia e la mente, vanno avanti e indietro tra le due e le influenzano entrambe.” 2 Mi viene in mente che nel XII secolo, ricco di spiritualità, Sofia, o Sapientia, era considerata sia come l’ordine sottostante dell’universo sia come la creazione materiale del mondo attraverso il suo grande effetto.

L’AZIONE DI SOFIA

Nella fisica, la teoria ondulatoria della luce aveva un ruolo di primo piano, ma con la scoperta della complementarità, la scienza ha capito che anche le particelle hanno una funzione d’onda e che la funzione luminosa di particella/onda opera all’interno del nostro DNA e non solo. Lavorando nel suo laboratorio, il biofisico tedesco Fritz-Albert Popp ha scoperto la luce nella materia. “Le vibrazioni dei biofotoni nel corpo fanno sì che le molecole vibrino e creino una propria frequenza caratteristica che funge da forza motrice unica e anche da mezzo di comunicazione.” 3 Non solo questa comunicazione istantanea avviene all’interno del corpo, ma Popp ha anche scoperto che ogni molecola ha una frequenza unica che si estende oltre il singolo corpo e influenza gli altri corpi.

La ricerca in fisica e biologia è spesso considerata analoga alla scoperta di Carl Jung dell’inconscio collettivo e dei modelli energetici archetipici. Questi abbracciano sia l’istinto che l’immagine e guidano l’interfaccia tra la nostra codifica genetica e quella culturale. Allo stesso modo, Jung immaginava la materia e lo spirito come due coni i cui vertici “si toccano ma non si toccano,”

consentendo il costante libero flusso di energia che informa e trasforma la nostra posizione cosciente nel mondo. Nelle parole dell’analista canadese Marion Woodman, Sofia è il “processo continuo all’interno dell’eterno,” che attira costantemente l’umanità nella continua evoluzione della sua consapevolezza.

Un altro modo in cui possiamo osservare l’azione di Sofia è nei messaggi dei sogni. Una mia paziente ha sognato di avvicinarsi a un palcoscenico dove danzatori cinesi saltellavano facendo scoppiare petardi. Una donna alta saliva sul palco con un lungo e fluente mantello blu facendosi strada tra i ballerini. Il sogno portava un messaggio personale a colei che sognava, ma mi ha colpito la conoscenza da parte della psiche della teoria delle particelle e delle onde! Un altro sogno di un altro mio paziente riguarda una magnifica donna scura che cavalca trionfalmente un’enorme onda fino alla riva: “Ero spaventato, ma all’improvviso io e i miei amici eravamo tutti molecole che danzavano nell’onda e il nostro slancio portava Sofia a riva.”

Spesso ci rendiamo conto di avere bisogno di qualcosa in virtù della sua assenza. Oggi, nella nostra tanto decantata “età della ragione,” in molti ambiti non ci siamo affatto evoluti, ma siamo precipitati in una sorta di incubo nichilista reso possibile dalla scissione tra materia e spirito, corpo e mente. Se la mente si disincarna, o il corpo si traumatizza, il punto di incontro e di non incontro diventa invece un baratro per la follia che ne consegue. Accendere la televisione di oggi potrebbe indicare che l’umanità è in fase di devoluzione. La nostra speranza può risiedere solo nel fatto che la sua luce brilla nelle tenebre. Che il trauma collettivo che sperimentiamo nei nostri corpi e nella natura è, in effetti, non solo riconosciuto, ma in via di liberazione.

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Per essere completi è necessaria la libera energia dell’anima, non solo i nostri migliori sforzi per salvare la Terra e noi stessi. In questa impresa, più la scienza penetra nel cuore della materia, più può affermare la necessità di una maggiore comprensione di Sofia, la cui continua opera evolutiva è la nostra stessa.

1 Haisch, Bernard. The God Theory: Universes, Zero-Point Fields and What’s Behind It All, Red Wheel/Weiser, York Beach, ME., 2006, p. 71.

2 Pert Candace, Molecules of Emotion: The Science Behind Mind-Body Medicine, Simon & Schuster, New York, 1999, p. 189.

3 McTaggart, Lynne, The Field: The Quest for the Secret Force of the Universe. HarperCollins, New York, N.Y., 2002, p. 59.

Risveglio: Thomas Merton e Sofia

Lucinda M. Vardey è la caporedattrice di Un unico accordo. Per maggiori informazioni su di lei, visitate il nostro sito web.

Nel 1962 il trappista americano Thomas Merton scrisse un breve poema-riflessione e preghiera intitolato Hagia Sofia . Come tutti i suoi scritti, Merton aveva il dono di esprimere, con abissale onestà, ciò che aveva nel cuore, registrando nei suoi diari, lettere, poesie e libri i suoi percorsi verso la verità. Le sue esperienze furono numerose e sfaccettate, poiché aveva letto ampiamente le opere di molti maestri del misticismo e riguardanti le rivelazioni divine, non solo nell’ambito del cristianesimo occidentale, ma anche delle Chiese orientali e delle religioni orientali, in particolare del buddismo.

La sofiologia, evidente nel testo di Hagia Sofia , è stata ampiamente documentata e fa eco a molto di ciò che in questo numero viene espresso e condiviso. È un documento importante perché ritrae l’essenza dello sperimentare la presenza di Sophia: l’apertura a una consapevolezza dei suoi molteplici aspetti, compresi gli elementi amorevoli, unificanti, pacifici, curativi e misericordiosi che compongono il suo essere. Il mistero di lei all’interno della Natura, l’invito a partecipare e a trasformarsi nella dolcezza e nella “dolcezza impronunciabile,” l’amore, il “diffuso splendore di Dio,” il Bambino al femminile che gioca “in ogni momento davanti al Creatore” e nel mondo “evidente e invisibile.” Ha una purezza materna che si riflette nella figura di Maria, che acconsente ad accogliere Dio perché Dio possa entrare nella sua creazione. Maria è quindi Sofia, così come Gesù che viene per redimere, risanare,

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“La Sacra Sapienza è la madre dell’universo, la fonte vivente e non originaria di tutto ciò che esiste.” ”

guarire e insegnare le vie del cuore. “Sofia è Dono..... è Dio-dato e Dio stesso è Dono.”

All’inizio di Hagia Sofia Merton sogna di sé come un uomo che giace addormentato in ospedale. Nelle prime ore del mattino, durante la festa della Visitazione, sente la voce soave di un’infermiera che lo risveglia dalla separazione e dalla solitudine “nell’unità dell’amore,” la mano fresca dell’infermiera che lo tocca con “tutta la vita, il tocco dello Spirito.” Questa esperienza gli giunge nel suo vulnerabile stato di addormentato, “senza consapevolezza e senza difesa....Amore lo prende per mano.” scrive, “e gli apre le porte di un’altra vita, di un altro giorno.”

In una lettera a Proba, Sant’Agostino scrive della centralità del desiderio di Dio come parte integrante della vita di preghiera: Dio, che sa di cosa abbiamo bisogno, può darci solo ciò che siamo in grado di ricevere. Nel caso di Thomas Merton, quattro anni dopo aver scritto Hagia Sofia , la mattina della domenica di Pasqua del 1966, fu coinvolto in un’esperienza incarnata di quello che potrebbe essere interpretato come un desiderio profetico. Dopo essersi ripreso da un intervento chirurgico alla schiena in un ospedale di Louisville, nel Kentucky, si innamorò profondamente della studentessa infermiera che lo assisteva. Documentò i dettagli di questa relazione nei suoi diari, che mettevano in luce il suo bisogno emotivo “di compagnia e amore femminile.” L’amore che ricevette da lei suscitò in lui “una gratitudine travolgente,” tanto che, anche se coinvolto con una donna come monaco, sentì la pace e la giustezza di lasciare che “l’amore si impadronisse di me nonostante tutta la mia paura.” La paura, naturalmente, era l’ignoto, l’inaccettabilità che poteva portare al disonore. Ma ciò che registrò fu la bellezza di un incontro di cuori, l’essere “riconosciuti” l’uno dall’altro nel profondo, e nel cuore di lei vide “tutta la (sua) preziosità davanti a Dio, tutta la sua bellezza...”. Descrisse di essersi abbandonato alla sua sapienza femminile.... “che istintivamente cercava in me la ferita che più aveva bisogno della sua dolcezza e lì mi riversava il suo amore.”

Merton amava quello che era “il profondo, misterioso, personale, unico potenziale che era in lei... che cercava di diventare libero nel mio amore.” Anche se, per obbedienza al suo abate, Merton smise di vederla, nella corrispondenza con lei rivendicò l’esperienza come un “evento profondo” nella sua vita. Fu un evento che modificò e trasformò tutto il suo io, e quel loro amore continuò in lui come una “presenza nascosta e trasfigurata....lei sarebbe stata sempre per me la sua voce soave che parla dal profondo del mio cuore.” Riconoscendo di aver bisogno di questo amore, egli giunse alla consapevolezza che esso aiutava a guarire ciò che mancava alla sua vocazione monastica. E, durante il dolore della separazione finale, percepì la “vicinanza e la misericordia di Maria.”

Il teologo e studioso di Merton, Christopher Pramuk, ha osservato nel suo libro Sofia: Il Cristo nascosto di Thomas Merton che l’interpretazione di Sofia nei suoi scritti rappresenta la scoperta della “gentilezza nella realtà” dove, come per Maria, sede della Sapienza, Cristo deve nascere nella verità di noi stessi, e Sophia dunque risveglia “un’unione già esistente.”

Il rapporto di Thomas Merton con la sua infermiera, sebbene sia visto come una digressione, potrebbe essere interpretato, invece, come una porta. Il suo desiderio di essere

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risvegliato dal sonno da parte di una dolce presenza femminile, lo portò a ricevere quella presenza in carne e ossa, non solo per essere aiutato a realizzare ciò che desiderava, ma anche per trovare i gioielli spirituali racchiusi in quell’esperienza: ciò che egli identificò come la vera reale possibilità di vivere in unione con l’amore. “È questo il risveglio di un uomo,” scrisse di Hagia Sophia, in un nuovo mondo, una nuova realtà “dal languore e dalle tenebre, dall’impotenza, dal sonno.”

“O Sapienza che ti estendi da un capo all’altro, che stabilisci e governi ogni cosa (Sap 8,1) e che disponi ogni cosa con dolcezza esaltando il sentimento e rendendolo ordinato, guida ciò che facciamo come richiede la tua eterna verità, affinché ciascuno di noi si glori sicuro di te e dica: “Ha ordinato in me l’amore” (Cant 2,4).”

San Bernardo di Chiaravalle (Sermone 50)

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Preghiera

O Dio, nostro Creatore, Tu, che ci hai fatto a Tua immagine, donaci la grazia di essere accolti nel cuore della Tua Chiesa.

R: In un unico accordo, preghiamo. Gesù, nostro Salvatore, Tu, che hai ricevuto l’amore delle donne e degli uomini, cura ciò che ci divide, e benedici ciò che ci unisce.

R: In un unico accordo, preghiamo. Tu, che guidi il nostro lavoro, provvedi per noi, come noi ti chiediamo di provvedere per il bene di tutti.

R: In un unico accordo, preghiamo.

Maria, madre di Dio, prega per noi. San Giuseppe, resta accanto a noi. Divina Sapienza, illuminaci.

R: In un unico accordo, preghiamo. Amen.

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La rivista Un unico accordo viene pubblicata in italiano, inglese e francese. Per accedere alle versioni nelle altre lingue si prega di visitare il nostro sito web.

With One Accord (Un unico accordo), musica originale composta dal Dr. John Paul Farahat per l’intervista di Magdala ed eseguita da Emily VanBerkum e John Paul Farahat.

Immagini presenti in questo numero:

Copertina: “Alba a Montecasale” foto di John Dalla Costa.

Pagina 2 “Tramonto a Montecasale,” foto di John Dalla Costa.

Pagina 5 Dettaglio da “Sapienza e forza” di Paolo Veronese (1585).

Pagina 5 “Re Salomone e tre delle sue mogli” di Giovanni Venanzi di Pesaro (1668).

Pagina 9 “Sapientia” manoscritto illustrato del XII secolo, artista sconosciuto.

Pagina 10 “Hagia Sofia” Istanbul, foto di John Dalla Costa.

Pagina 15 “Arcobaleno su Sansepolcro” foto di John Dalla Costa.

Pagina 19 “Dove cantano i pettirossi” di Thomas Hovenden (1890) Woodmere Art Museum, Philadelphia, U.S.A.

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In questo numero

Copyright © 2022 Parrocchia di San Basilio, Toronto, Canada. Per contattare la redazione scrivere a editor@magdalacolloquy.org ISSN 2563-7940

EDITORE

Morgan V. Rice, CSB

CAPOREDATTRICE

Lucinda M. Vardey

REDATTORE ASSOCIATO

Emily VanBerkum

TRADUTTRICE ITALIANA Elena Buia Rutt

COORDINATORE DI PRODUZIONE Michael Pirri

COORDINATORE DI PRODUZIONE Margaret D’Elia

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