Un Unico Accordo Ecumenismo

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Volume 5, numero 2

Ecumenismo

Primavera 2025

CONTENUTO

EDITORIALE

Lucinda M. Vardey

ESPRIMERE LA FEDE E IL CULTO COMUNI

Michael Pirri

UN VIAGGIO PERSONALE CON IL ROSARIO E LA MADONNA

Tania Brosnan

MATRIMONI MISTI: L’INCARNAZIONE DELL’ECUMENISMO

Kathleen MacInnis Kichline

L’INTERVISTA DI MAGDALA: UN ABBRACCIO ECUMENICO

Emily VanBerkum con Lidiya Lozova

“UN

ECUMENISMO NUOVO, PIÙ AMPIO E PIÙ APPROFONDITO”

John Dalla Costa

Editoriale

Mentre mettevo insieme un libro di preghiere di donne di tutte le religioni, ho scoperto che vi erano cinque virtù condivise tra le diverse culture. Una di queste è “l’unità.” Edith Stein, Santa Teresa Benedetta della Croce, scrisse: “Il più profondo desiderio della donna è quello di raggiungere un’unione d’amore... tale desiderio è un aspetto essenziale del destino eterno della donna. Non si tratta semplicemente di un desiderio umano, ma specificamente femminile.”1 Il desiderio di unione amorosa è centrale per la maggior parte dei mistici, in particolare per le donne; in effetti, informa la loro vita e la loro preghiera interiore. Ma anche Gesù prega affinché tutti i credenti siano interiormente ed esteriormente uniti “come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai

Ut Unum Sint: Sull’impegno ecumenico Papa Giovanni Paolo II scrive che, essendo figli di Dio e una sola famiglia, la Chiesa deve essere per tutti un “sacramento inseparabile di unità” (n. 5).

John Dalla Costa ci ricorda che l’ecumenismo ha una portata molto più ampia. L’etimologia ci dice che il significato principale della parola greca ouikomene è “l’intero mondo abitato.” Questo rappresenta un invito a pensare all’unità in modo ampio e profondo.

Nell’uso contemporaneo, tuttavia, l’ecumenismo è associato principalmente al dialogo tra cristiani e all’accoglienza dei doni provenienti da diverse confessioni. Nella mia esperienza, da decenni apprezzo e valorizzo il modo in cui la musica gospel vivifica la fede e il culto. E ricordo con gratitudine i lunghi pranzi passati a parlare di Dio e della Scrittura con i miei amici evangelici. Questi momenti di incontro hanno arricchito la mia vita, offrendo diversità nei modi di pregare, di amare Dio e di vivere la relazione con Gesù.

In questo numero, Michael Pirri illustra i progressi compiuti a partire dal Concilio Vaticano II e suggerisce modi in cui, come laici, possiamo creare più facilmente occasioni liturgiche per pregare insieme. Tania Brosnan, in passato metodista e ora quacchera, racconta come il recitare il rosario per la pace abbia avviato una crescente relazione con Maria, generando un effetto a catena anche su altre persone. I racconti di Kathleen McInnis Kichline, che descrivono l’equilibrio tra culto e preghiera nei matrimoni misti, ci offrono uno spunto su come incarnare l’ecumenismo nella vita quotidiana.

L’impegno per l’ecumenismo è ampiamente condiviso tra i cristiani ortodossi. La redattrice associata, Emily VanBerkum, dialoga con Lidiya Lozova, dall’Ucraina, riguardo alla sua vocazione all’ecumenismo, alla costruzione della pace e alla preghiera con le icone, alle sue esperienze di vita e di lavoro fuori dal proprio paese e ai suoi suggerimenti su come testimoniare le ingiustizie e rispondere con il cuore. ■

“L’impegno ecumenico come un imperativo della coscienza cristiana.”

(Papa Giovanni Paolo II)

Ut unum sint: sull’Impegno Ecumenico 1985 Nr. 8

Michael Pirri è membro del Magdala Conciliary e Direttore del Coinvolgimento Comunitario presso la parrocchia cattolica di San Basilio, a Toronto, in Canada. In questo ruolo promuove connessioni significative all’interno della parrocchia, così come nella comunità più ampia. Oltre a essere Coordinatore di Produzione di Un unico accordo, Michael lavora anche come consulente per piccole imprese e organizzazioni non profit, concentrando la sua attenzione sullo sviluppo di missioni orientate allo scopo e sull’implementazione di strategie gestionali complementari. Michael dirige il programma musicale della chiesa anglicana di St. Aidan’s in the Beach, a Toronto. È presidente della Royal School of Church Music Canada, sezione di Toronto, e fa parte del comitato esecutivo nazionale della stessa organizzazione. Inoltre, è redattore di The Liturgical Psalter, Plainsong Edition, un innovativo salterio online la cui pubblicazione è prevista per il 2025. Michael ha recentemente conseguito un master in Musica Sacra presso l’Emmanuel College della Victoria University, all’interno dell’Università di Toronto.

Esprimere la fede e il culto comuni

In occasione della commemorazione del 500º anniversario della Riforma nel 2017, la Federazione Luterana Mondiale e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani hanno pubblicato il documento Comunione in crescita: Dichiarazione su Chiesa, Eucaristia e Ministero . Questo testo si fonda sul dialogo ecumenico promosso già nel 1964 dai documenti Lumen Gentium e Unitatis Redintegratio di Paolo VI. Comunione in crescita è stato stimolato da Papa Francesco nel 2016, quando ha invitato i teologi a esplorare la possibilità di una comunione condivisa tra le Chiese luterana e cattolica.

Sebbene l’attuale insegnamento ufficiale sulla comunione eucaristica condivisa richieda un’ecclesiologia comune, le discussioni e le prassi avviate nel periodo successivo

al Concilio Vaticano II proseguono ancora oggi in ambito episcopale. Esse includono, tra l’altro, la comprensione specifica e il significato del termine “comunione,” nonché la direttiva attuale secondo cui, se la celebrazione eucaristica è richiesta da cristiani battezzati non cattolici, può essere concessa in determinate circostanze.1 La base teologica di questa apertura si trova chiaramente nella Lumen Gentium, che riconosce la possibilità di salvezza anche al di fuori della Chiesa cattolica romana, e rafforza il legame tra il Battesimo e la Chiesa come Corpo mistico di Cristo. Il legame tra Battesimo, Eucaristia e Corpo mistico di Cristo è approfondito anche nel Direttorio Ecumenico, ovvero il Direttorio per l’Applicazione dei Principi e delle Norme sull’Ecumenismo, pubblicato dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Come ha scritto il sacerdote americano Virgil C. Funk: “L’Eucaristia è, per i battezzati, un nutrimento spirituale che consente loro di vincere il peccato e di vivere la vita stessa di Cristo, di essere incorporati più profondamente in Lui e di partecipare più intensamente all’intera economia del Mistero di Cristo.”2

La tensione tra un’ecclesiologia comune e un culto comune rimane uno dei principali ostacoli all’unità, causato dalle differenti concezioni circa la liturgia sacramentale. Il teologo gesuita Thomas Rausch osserva: “Accettare una pratica liturgica da un’altra comunità significa riconoscere una fede condivisa che si esprime attraverso un rito. Lo stesso vale per le formulazioni dottrinali. Quando i rappresentanti delle Chiese in dialogo riescono a giungere a una dichiarazione di consenso o di accordo su questioni che in passato li dividevano, il compimento del processo di dialogo rappresenta più della semplice accettazione reciproca di una formula linguistica; implica anche il riconoscimento di una fede comune.”3

FORMULA LINGUISTICA

Come è possibile descrivere ciò che è indescrivibile? Esiste un modo particolare di pregare Dio, un insieme preciso di frasi che riescano davvero a plasmare le realtà spirituali? Le formule linguistiche finite per esprimere Dio sono, per loro natura, imperfette. Per fare un paragone, un artista potrebbe dipingere diverse versioni di una stessa scena prima di scegliere una tavolozza di colori definitiva, ma ciò non rende i tentativi precedenti meno efficaci nel rappresentare quella scena, perché, se presi insieme, non sono equivalenti alla scena stessa. Si potrebbe usare la stessa analogia per descrivere il linguaggio del culto? È corretto pensare che i primi cristiani non celebrassero un’unica Eucaristia a causa della mancanza di un linguaggio liturgico uniforme?

Nel Messale romano, le quattro preghiere eucaristiche non dicono esattamente la stessa cosa, ma questo non le rende meno valide. Anzi, questa diversità ci parla di diversi aspetti di Dio e del sacrificio di Cristo che nessuna preghiera eucaristica, per quanto perfetta, potrebbe mai spiegare del tutto. Può l’ammissione dell’inadeguatezza del linguaggio stesso diventare una via per allargare il nostro abbraccio all’ecumenismo?

CULTO ECUMENICO

Lo scopo del culto ecumenico è, forse, quello di condividere la comprensione cattolica

(cioè universale) che le nostre vite e le nostre preghiere sono comuni semplicemente perché siamo compagni e seguaci di Gesù. È qui che dovrebbero prosperare le celebrazioni non eucaristiche. Eppure, al contrario, sembra invece esserci un divario sempre più ampio tra le comunità di culto. Per esempio, le congregazioni sono riluttanti a partecipare insieme alla celebrazione comune della Preghiera del Vespro. C’è una particolare esitazione da parte delle tradizioni liturgiche (cattolici e protestanti) i cui membri, quasi sempre, insistono affinché la preghiera comune sia guidata da qualcuno che sia stato ordinato.

Credo che spetti ai laici, rafforzati dalla sinodalità, guidare la creazione di connessioni ecumeniche attraverso la preghiera e la comunità. Quando si parla del desiderio di una sola espressione di culto nella Chiesa anglicana, il sacerdote anglicano Percy Dearmer (1867-1936) scrisse parole che oggi sono fresche come lo erano nel 1923: “La diversità nel culto è stata un segno di unità organica […] L’uniformità è anticattolica.”4 Per Dearmer, “La vera cattolicità è quella che presta attenzione al tutto (kata’holos) secondo il tutto, la frase greca dalla quale deriva la parola ‘cattolico,’ non cercando di fare in modo che il tutto assomigli esattamente a una parte.”5 Forse, nel cercare di colmare il divario tra anglo-cattolici e anglicani evangelici, Dearmer ha esplorato senza volerlo un percorso per comprendere le relazioni ecumeniche. Lo stesso forse può dirsi di Papa Francesco: il Sinodo sulla Sinodalità potrebbe rivelarsi un catalizzatore che abilita i laici a formare proprie relazioni e liturgie ecumeniche. Ciò non avverrà adattando le liturgie esistenti—o anche modellandone di nuove su strutture già esistenti—ma invece attraverso il cammino organico e imprevedibile tracciato dallo Spirito Santo. ■

Tania Brosnan è cresciuta come metodista. Dopo aver seguito il corso ministeriale della Chiesa anglicana orientale in Inghilterra, che l’ha aperta ad altre tradizioni e spiritualità, si è formata nella direzione spirituale ed è stata ordinata presbitera nella Chiesa metodista nel 2009. Ha lavorato come cappellana ospedaliera, radiografa e mammografa, concludendo la sua carriera come responsabile dell’Unità di Imaging Mammario a York. Ora si è ritirata nelle Yorkshire Dales, dove conduce una vita tranquilla e contemplativa con il marito e frequenta la comunità quacchera della Leyburn Local Meeting, nel North Yorkshire.

Un viaggio personale con il Rosario e la Madonna

È stato durante la Preghiera del Mattino nel 2023, mentre recitavo il Salmo 125 con il suo ultimo versetto “Pace su Israele!” che è iniziato il mio cammino personale con il Rosario e con Maria. Come tanti altri, ero nella disperazione e versavo lacrime per la guerra in Israele.

Da ex metodista e ora quacchera, non ho mai avuto un rosario e non sapevo niente di come si recita. Non conoscevo nemmeno le parole dell’Ave Maria e, a dire il vero, ho sempre avuto un po’ di paura di Maria, perché pensavo che fosse troppo lontana da me come donna!

Per mesi avevo provato tristezza e un senso di impotenza di fronte alla quantità di violenza a cui assistevo attraverso tutti i mezzi di comunicazione. Guerre, conflitti, accuse di abusi, accoltellamenti...potrei continuare. Abbiamo tutti vissuto qualcosa di simile. Poi, una luce ha illuminato la mia oscurità.

INVITO

Il 25 novembre 2023 ho partecipato al webinar virtuale di Un unico accordo intitolato Nonviolence and Peace: The Reality of Jesus Today (Nonviolenza e pace: la realtà di Gesù oggi). Padre John Dear ha parlato del Vangelo di Gesù come di un Vangelo di totale nonviolenza. Ci ha sfidato a fare tre cose per vivere una vita nonviolenta

(I) Praticare la nonviolenza verso noi stessi.

(II) Praticare la nonviolenza verso tutte le persone e il creato.

(III) Unirci al movimento globale di base per la nonviolenza per cambiare il mondo. Come avrei risposto a questa sfida?

A metà dicembre ho avuto la risposta. Ho sentito parlare del Rosario Globale durante

un incontro online di donne con una spiritualità simile alla mia. L’impegno era di pregare il Rosario ogni giorno per i primi cento giorni del 2024, dedicando ogni decina alle seguenti intenzioni:

1. Per la guarigione dalla violenza contro le donne, i bambini e le persone con identità di genere diverse.

2. Per la guarigione dalla violenza contro la Terra.

3. Per la guarigione dalla violenza contro affiliazioni, pratiche e credenze religiose.

4. Per la guarigione dalla violenza tra nazioni e razze.

5. Per la guarigione dalla violenza nelle famiglie e nelle case

Ero sicura che fosse un invito del Divino e, con entusiasmo, ho detto “Sì.”

INCONTRO

Mentre riflettevo sulla nonviolenza, riconobbi che qualsiasi creatura sottoposta alla violenza viene privata della propria libertà. Così, in solidarietà con tutti coloro che subiscono qualsiasi forma di violenza, decisi di limitare la mia stessa libertà e di rimanere per quei cento giorni nella mia città natale, scegliendo di non viaggiare né di visitare amici o familiari.

All’inizio facevo un po’ di fatica con le parole e la ripetizione del Rosario. Ho scoperto che mi aiutava avere anche un punto di riferimento visivo e così ho scelto un’immagine per rappresentare ogni decina.

Pregare il Rosario era ormai diventato un’esperienza totalmente sensoriale. Ovunque mi trovassi, riuscivo a vedere, sentire e percepire il Rosario. Amavo il ritmo della preghiera; era diventato per me un canto di lode al Divino.

Mentre ogni sera recitavo il Rosario, le parole cominciavano a sparire. Le sentivo, ma non venivano dalla mia bocca, bensì dal profondo del mio essere; diventavano il mio desiderio, il desiderio che è Dio. Alla fine del Rosario mi ritrovavo in uno stato di preghiera contemplativa, in silenzio con Dio. Come ha osservato Wendy Robinson, psicoterapeuta e collaboratrice della Comunità delle Suore dell’Amore di Dio, nel suo saggio Exploring Silence, (Esplorare il silenzio) non solo stavo esplorando il silenzio di Dio, ma era il silenzio di Dio che stava iniziando a esplorare me.

In questo spazio intimo scoprii un amore per Maria. Lei sedeva accanto a me nel silenzio, custodendo questo incontro sacro, donandosi come Madre, Sorella, Amica e Sostenitrice. Durante quei cento giorni diventammo compagne: non era più distante e irraggiungibile, ma una donna che aveva anch’essa risposto con un “Sì” all’invito di Dio.

Quarantasette giorni dopo l’inizio del 2024, il 16 febbraio, fu annunciato al mondo che Alexei Navalny, leader dell’opposizione russa, avvocato e attivista anticorruzione, era

stato ucciso in un campo di detenzione nell’Artico russo. Rimasi sconvolta e addolorata. Tuttavia, invece della disperazione, la mia reazione fu di aggiungere una sesta decina al mio Rosario: per la guarigione dalla violenza contro i prigionieri di coscienza e di guerra.

Ormai diventava evidente che i miei incontri con il Rosario erano saldamente radicati e fiorivano nel mio cuore.

DIFFUSIONE

Stavo iniziando a vedere come l’apertura al Divino permette alla grazia di Dio di diffondere i semi dello Spirito.

Durante quei primi cento giorni di gioia nella preghiera del Rosario Globale, parlai con entusiasmo ad altri della mia felice scoperta di questo prezioso e arricchente modo di pregare. Scelsi di condividere, durante il mio incontro quacchero di culto e in un gruppo ecumenico di Quaresima, la mia crescente consapevolezza di Maria, del Rosario come porta d’accesso alla preghiera contemplativa, della speranza per il mondo e per tutti i suoi popoli, nell’offrire tutto nel cerchio del Rosario, dove tutto viene accolto e custodito.

Con mia grande sorpresa, iniziai a ricevere risposte ai miei racconti. Dopo aver sentito parlare del Rosario Globale, un uomo cattolico, cresciuto recitando il Rosario da bambino—e che da adulto si era allontanato con disillusione da questo modo di pregare—riscoprì la fede e il desiderio dei suoi tesori. Divenne uno dei tanti pellegrini impegnati a pregare per cento giorni.

Una donna quacchera mi raccontò di aver ricevuto un rosario molti anni fa, senza sapere cosa farne né perché le fosse stato dato...ora lo sapeva! Una donna anglicana anziana parlò con emozione del rosario prezioso di sua madre. Sentì la Comunione dei Santi e si unì alle preghiere del Rosario Globale per la nonviolenza e la pace. Una donna metodista acquistò il suo primo rosario all’età di 76 anni e mi informò che lo utilizza ancora come parte della sua pratica spirituale.

BENEDIZIONE

Ho scritto questo articolo poco più di un anno dopo aver sentito parlare John Dear per la prima volta. Allora non avevo idea di tutte le cose belle che sarebbero successe. Continuo a usare il rosario come pratica spirituale, aprendo la mente ad altri temi per ogni decina. Questo arricchisce, nutre e rende più profonda la mia vita di preghiera.

Nel pregare il Rosario ho trovato il mio canto e desidero continuare a cantarlo, ricevendo tutte le sue numerose benedizioni. Prego che, forse, io abbia incoraggiato qualcun altro a unirsi a questo canto.

Vorrei chiudere con le parole di Jim Cotter, prete anglicano e grande scrittore: Dio di mistero e rivelazione nei momenti più bui della nostra angoscia e disperazione quando sei l’unica speranza rimasta, fa’ che sentiamo di nuovo il tuo nome e troviamo così il coraggio di andare avanti. 1 ■

Il webinar di cui si parla in questo articolo, Nonviolence and Peace: The Reality of Jesus Today (Nonviolenza e pace: la realtà di Gesù oggi) si può vedere in inglese su News and The Meeting Place all’indirizzo www.magdalacolloquy.com

“L’ecumenismo deve significare l’unità della Chiesa al servizio della vita, non l’unità di una particolare ecclesiologia o dogma.”

(Mercy Amba Oduyoye)

Figlie di Anowa: Le Donne Africane e il Patriarcato

Kathleen MacInnis Kichline ha conseguito un Master of Divinity presso la Seattle University, dove ha anche insegnato come docente a contratto tenendo corsi nei ritiri spirituali. Attualmente in pensione, da Seattle continua a svolgere un ministero attivo conducendo ritiri e presentazioni sia online sia in presenza. È autrice di “Sisters in Scripture: Exploring the Relationships of Biblical Women” (Paulist Press, 2009) e di “Never on Sunday: A Look at the Women NOT in the Lectionary,” pubblicato anche in spagnolo. I suoi libri più recenti sono “Why These Women: Four Stories You Need to Read Before You Read the Story of Jesus” (2022) e “Royal Wives: David & His Wives: Michal, Abigail & Bathsheba” (2023). Sito web: www.sistersinscripture.com

Matrimoni misti: l’incarnazione dell’ecumenismo

Gesù utilizzò la parabola del Buon Samaritano per rispondere alla domanda: “Chi è il mio prossimo?” una questione che nasceva dalla Regola d’Oro: “Ama il tuo prossimo come te stesso.” Se chi poneva la domanda—un esperto della Legge—stava cercando una scappatoia, ricevette tutt’altro. Gesù rispose con un esempio concreto, perché è nel concreto che la fede si vive. È, per usare un’espressione colloquiale, come “quando si passa dalla teoria alla pratica” oppure, per parafrasare in linguaggio teologico, “quando l’ortodossia incontra l’ortoprassi”

Il matrimonio è il punto d’incontro più intimo e personale tra teoria e pratica. È vero che tutte le coppie attraversano le varie fasi della vita, dai novelli sposi che imparano a gestire le differenze, alle coppie anziane che si prendono cura delle reciproche fragilità. Ma quando si parla di ecumenismo, sono le coppie di diverse a incarnarlo pienamente, vivendo l’ecumenismo nel concreto.

Mio marito ed io ci siamo scambiati le promesse l’11 maggio 1968, durante una cerimonia cattolica presso la Cappella dell’Accademia della Guardia Costiera degli Stati Uniti a New London, in Connecticut. In quanto battezzati—lui luterano e io cattolica—siamo stati noi i ministri di quel Sacramento. Le parole che ci siamo detti, le promesse che abbiamo pronunciato, hanno realizzato la grazia del Matrimonio in virtù del potere che ci appartiene come persone battezzate. Il sacerdote era presente come testimone, insieme ai familiari e agli amici riuniti da entrambi i lati dell’altare, ma siamo stati noi a celebrare il rito. A dire il vero, in quel momento non erano questi i pensieri che attraversavano la mia mente, anche se sapevo che erano veri; eppure sono tornata molte volte, nel corso degli anni, a quella convinzione fondamentale. Inoltre, anche i matrimoni tra cattolici e non battezzati, pur non essendo sacramentali, sono riconosciuti come benedetti e santi agli occhi della Chiesa, poiché ogni persona ha il diritto naturale al matrimonio, un’unione benedetta da Dio.

Spesso, in un matrimonio misto, una delle due persone è più impegnata nella pratica religiosa rispetto all’altra, e questo tende a segnare il tono del matrimonio. Questo è stato il nostro caso. In fondo, le promesse di Brian riguardavano soltanto il garantire a me e ai nostri figli la libertà di praticare la nostra fede cattolica—cosa che ha fatto in modo encomiabile, sostenendo le scuole cattoliche, partecipando ad aste di beneficenza, facendo donazioni, offrendo il suo volontariato, e altro ancora. Tuttavia, la pratica personale della sua fede si è affievolita, e persino quando partecipava alla

Messa non ne traeva alcuna attrazione. Ricordo bene le volte in cui faticavo da sola a svegliare i bambini, vestirli e portarli in chiesa, oppure i momenti in cui mi sentivo colpevole per l’invidia che provavo vedendo altre coppie inginocchiate fianco a fianco nello stesso banco.

IL PROPRIO PERCORSO

La nostra storia di matrimonio misto ha avuto la sua parte di benedizioni e di difficoltà. Alcune cose, come crescere i nostri figli, le abbiamo fatte bene; altre, come le domeniche mattina, non altrettanto. Solo in pensione, quando lo incoraggiai a intraprendere il suo personale cammino spirituale, mio marito tornò alla Chiesa luterana della sua infanzia. Oggi sta fiorendo nella fede, camminando come un fedele compagno di Cristo.

Per coloro i quali “l’essere soli la domenica” diventa troppo difficile da mantenere senza il sostegno del partner, gran parte della pratica religiosa finisce per svanire gradualmente. Il suo declino non è un giudizio sulla loro fede in Dio. Certamente non è predittivo di ciò che accadrà nel loro cammino di fede, nel mistero che va oltre la nostra comprensione. È semplicemente il riflesso del loro vissuto.

Ci sono anche esempi di impegno davvero unico. Abbiamo un amico che è cresciuto a New York, figlio di una madre cattolica e di un padre ebreo. I suoi genitori si sono sposati in chiesa, hanno avuto due gemelli e, per ragioni a me sconosciute, la madre andava raramente in chiesa. Tuttavia, il padre andava in sinagoga ogni sabato e poi, la domenica, prendeva i ragazzi per mano e li accompagnava alla Messa, mentre lui andava a prendere un caffè dall’altra parte della strada. Ogni famiglia trova il proprio cammino.

A volte si sposano coppie in cui entrambi hanno un forte legame con la propria tradizione religiosa. In questo caso, non è una scelta facile per uno dei due sottrarsi alla propria fede. Sia la sfida che la ricompensa sono percepite come più grandi. Parlai con Ron poco dopo la morte di Rose, sua moglie per 56 anni. Come racconta lui, la sua famiglia era “molto luterana” e quella di lei “molto cattolica”. Nessuno dei genitori si oppose al loro matrimonio, ma, disse, espressero le loro riserve. Ron e Rose fecero battezzare i loro figli in una chiesa luterana, ma li mandarono a scuole cattoliche fino alla loro adolescenza. Rose andava ogni domenica alla Messa cattolica e Ron la accompagnava spesso insieme ai bambini, facendo parte anche dell’Associazione genitori-insegnanti della scuola. Ron continuò a frequentare la chiesa luterana ogni volta che poteva. Dopo la scuola elementare, la loro figlia continuò ad andare alla Messa settimanale con la madre, ma il loro figlio scelse di partecipare ai servizi luterani. Con i figli cresciuti e la libertà della pensione, Rose e Ron finirono per stabilire una routine di partecipazione alla Messa del sabato sera e al servizio luterano della domenica mattina. Ron disse: “Abbiamo scoperto che ci piaceva di più stare insieme. Preferivamo andare due volte insieme piuttosto che una volta da soli.” Alla Messa funebre di Rose, celebrata nella chiesa cattolica, partecipò un ampio gruppo di parrocchiani e pastori luterani che l’avevano conosciuta e amata come una di loro.

Per molti anni, ho lavorato come collaboratrice pastorale nelle parrocchie cattoliche. Tra i miei compiti c’era quello di incontrare inizialmente le coppie che si preparavano al matrimonio. Più tardi avrebbero incontrato il consulente e il sacerdote, ma il mio ruolo era un ministero di prima accoglienza, fatto di ospitalità e

conversazioni gentili. Ascoltavo sempre con attenzione le loro storie, in particolare le storie sulla loro fede. Anche con coloro che non professavano una fede particolare o che erano incerti su ciò in cui credevano, non ho mai smesso di aspettarmi di incontrare il Sacro nelle nostre conversazioni. Nel corso degli anni ho trovato che ciò era sempre vero. Onorando il cammino di fede di un altro, per quanto possa essere nascosto, permettiamo che la luce della grazia di Dio venga rivelata.

Per me, non esiste altro modello di matrimonio misto o di ecumenismo se non la convinzione che Dio sia coinvolto nella vita dell’altro in modi che vanno oltre le nostre aspettative, conoscenze e comprensioni. Creare un linguaggio per esprimere questo e viverne le particolarità è un cammino sacro.

Coloro che in un matrimonio misto onorano il cammino del loro partner tracciano una strada per tutti noi. La loro è la storia e l’esempio di come incarnare veramente l’ecumenismo. ■

L’intervista di Magdala

Un abbraccio ecumenico

Lidiya Lozova è stata ricercatrice presso l’European Humanities Research Centre dell’Università dell’Accademia Kyiv-Mohyla ed è traduttrice e curatrice editoriale di libri. Ha conseguito la laurea e due master in studi culturali e discipline umanistiche interculturali presso l’Università Nazionale dell’Accademia Kyiv-Mohyla e la Jacobs University di Brema, in Germania. La sua tesi di dottorato, completata nel 2015 presso l’Istituto di Ricerca sull’Arte Moderna dell’Accademia Nazionale d’Arte dell’Ucraina, si è concentrata sulla Storia e la teoria della cultura e della storia dell’arte. La sua tesi ha esaminato la dimensione teologica della Scuola d’arte d’avanguardia di Leningrado tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento. Attualmente conduce un progetto di ricerca presso l’Università di Exeter, in Inghilterra, dedicato all’ethos sociale delle icone cristiane orientali, con particolare attenzione alle icone moderne e alle immagini simili alle icone che compaiono durante la guerra in Ucraina. I suoi ambiti di interesse accademico includono l’iconografia, l’ethos sociale ortodosso, l’incontro tra spiritualità ortodossa tradizionale e le sfide della modernità, e la costruzione della pace in ambito religioso.

Emily VanBerkum is è redattrice associata di Un unico accordo. Per saperne di più su di lei, consulta il nostro sito web

Il video di questa intervista si trova nell’edizione inglese di questo numero. Visita il sito www.magdalacolloquy.org

EMILY VANBERKUM: Raccontaci un po’ di te e di cosa ti ha spinta a fare questo lavoro e questa ricerca.

LIDIYA LOZOVA Sono stata battezzata da piccola, ma ho iniziato a interessarmi davvero al cristianesimo e a partecipare alla vita della Chiesa ortodossa solo nel 2006, in seguito a una profonda crisi personale. Quell’anno ha cambiato la mia vita e, col tempo, anche il mio lavoro. La mia carriera è diventata una risposta a una chiamata che ho sentito in quel momento, e questa chiamata ha influenzato l’argomento della mia tesi di laurea sulla teologia e l’arte moderna e ha determinato dove ho lavorato in Ucraina. Le attività svolte in quel periodo comprendevano la traduzione e la revisione di testi di teologia contemporanea, oltre al coordinamento ed alla partecipazione a conferenze teologiche ecumeniche internazionali annuali. Lì ho incontrato ortodossi, cattolici, protestanti provenienti da tutto il mondo, tra cui cardinali, vescovi, studenti e laici, e in seguito mi sono avvicinata al movimento Comunione e Liberazione e ho stretto amicizia con la comunità di Taizé, tra le altre. Non era solo lavoro, ma uno stile di vita condiviso in Cristo con altre persone.

L’ultimo seme piantato nel mio cuore è stato il lavoro di co-traduttrice, dall’inglese all’ucraino e al russo, del documento Per la vita del mondo: verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa. Questo testo si concentra sulla dignità della persona umana e sull’uguaglianza tra uomini e donne, sottolineando la nonviolenza e promuovendo un’apertura ecumenica verso la Chiesa e il mondo. La Chiesa ortodossa ha sempre vissuto la tensione tra l’identificazione con il mondo e l’isolamento da esso. La sua tendenza a trascurare il presente, rivolgendo spesso lo sguardo solo al passato, l’ha portata in più occasioni a conformarsi agli ordini sociali

dominanti—talvolta tra i peggiori—e questa realtà mi ha profondamente turbata. Il documento Per la vita del mondo ha offerto una prospettiva diversa sul ruolo della Chiesa ortodossa nel mondo. Tra i temi affrontati, vi sono l’uguaglianza di genere, la connessione inscindibile tra il sacrificio eucaristico e il nostro servizio nel e per il mondo, la consapevolezza sociale, la giustizia sociale e i diritti umani, e la necessità di proteggere la dignità di ogni persona, in particolare dei più vulnerabili. Questi concetti sono certamente in sintonia con lo spirito del Concilio Vaticano II e con altri documenti pubblicati dalla Chiesa cattolica, oltre che con l’impegno ecumenico del Patriarca Bartolomeo. Per la vita del mondo contribuisce a promuovere la dignità umana e a stabilire con chiarezza quanto la guerra sia una tragedia. Il suo messaggio a favore della costruzione della pace e del dialogo mi ha spinta a fondare in Ucraina l’iniziativa Dialogue in Action, che ha coinvolto non solo comunità civili, ma anche comunità di fede, incluse quelle musulmane, e mi ha aiutata a chiarire la mia posizione personale all’interno di quel progetto.

EVB Questo legame profondo che ha dato forma alla vostra realtà mi fa pensare a quello che ha detto Papa Francesco nel suo Angelus del 24 febbraio di quest’anno: “Mentre rinnovo la mia solidarietà al popolo martoriato dell’Ucraina, vi invito a ricordare le vittime di tutti i conflitti armati e a pregare per il dono della pace.” Come pensi che noi, in un abbraccio ecumenico, possiamo agire come operatori di pace in mezzo alla violenza e alla sofferenza che sta vivendo il popolo ucraino?

LL Papa Francesco aveva proprio ragione. L’Ucraina sta davvero scontando un calvario di sofferenza fisica e psicologica che può essere paragonato a

quello di Cristo. Nel 2023 gli iconografi della Scuola di Arte Sacra dell’Ucraina occidentale hanno organizzato un progetto chiamato “Arma Christi.” L’idea teologica era che gli strumenti di tortura usati durante la Passione di Cristo diventassero le armi che lo avrebbero aiutato a vincere la morte. Gli artisti hanno inserito nei loro lavori frammenti di schegge di missili russi, identificando chiaramente la sofferenza degli ucraini con la passione di Cristo. Papa Francesco ha benedetto le opere nel 2023 e altre sono state esposte in Vaticano durante la Quaresima e la Settimana Santa di quell’anno. È stato un gesto molto importante che ha aiutato a raccogliere fondi per le necessità degli studenti, soprattutto quelli sfollati tra l’Ucraina orientale e occidentale.

Cosa vuol dire la parola “martire”? In greco vuol dire “testimone.” E di cosa sono testimoni gli ucraini oggi? Di una violenza continua e brutale. La mia famiglia e i miei amici vivono ancora in Ucraina. Testimoniano la loro dignità umana, il loro diritto di esistere e di essere chi vogliono essere. Per quanto riguarda la costruzione della pace in Ucraina nell’abbraccio ecumenico, si può sicuramente includere la preghiera, il sostegno umanitario alle comunità, la raccolta di fondi per i civili e per chi combatte per il Paese. Ciò che è fondamentale è testimoniare insieme alle persone che soffrono in Ucraina. È un atto di solidarietà. Gli ucraini spesso si sentono soli e isolati sia nel loro Paese che all’estero. Se le persone testimoniano insieme a loro per la giustizia contro l’ingiustizia dell’invasione russa, questo contribuirà a fornire loro sostegno morale e la forza per continuare la loro resistenza.

EVB Un abbraccio ecumenico richiede quindi una testimonianza comune, una conversione del cuore, la preghiera e un cambiamento nel nostro modo di vedere le cose. Ora che vivi e lavori in Inghilterra, come vedi l’atteggiamento degli altri verso le sofferenze in Ucraina?

LL Devo dire che il Regno Unito è un paese molto amato dagli ucraini per la sua generosità e il suo continuo sostegno. Comunque, in generale, la gente è stanca della guerra e, dato che non se ne parla più nei notiziari, mi chiedono se è ancora in corso. Se sei ucraino, questa invasione e questa guerra sono ancora una realtà quotidiana. Ho un’app sul telefono che mi avvisa degli allarmi aerei a Kiev, e ci sono allarmi ogni giorno e ogni notte. C’è tanta sofferenza. In generale, le persone in Occidente evitano di farmi domande, anche solo per chiedermi come sto, per non essere coinvolti. In Inghilterra, i cristiani che ho incontrato sono stati molto partecipi e hanno ospitato ucraini. Le conversazioni sono molto utili e mi permettono di parlare di me stessa e della mia famiglia.

L’apertura del cuore è essenziale per la nostra convivenza in qualsiasi paese. Mi piacerebbe avere più occasioni di condivisione.

EVB L’antidoto all’evitamento è la relazione. Nell’enciclica di Giovanni Paolo II sull’impegno per l’ecumenismo – Ut Unum Sint – egli scrisse che questo impegno richiede una conversione del cuore e la preghiera. Menzionò anche quanto sia

importante uno scambio di doni tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente. Uno di questi doni deve essere certamente l’icona. Come vedi le icone come strumenti per l’ecumenismo?

LL Le icone hanno guadagnato popolarità in Occidente e le incontro frequentemente nelle chiese. L’icona può quindi diventare uno strumento di ecumenismo, perché è pertinente a tutti i cristiani in quanto testimonia l’incarnazione di Cristo e la possibilità della deificazione per ogni essere umano. Siamo tutti chiamati a diventare ciò che l’icona rappresenta: la santità. Ma, a mio avviso, è importante che questa deificazione venga intesa come un diventare pienamente umani – pienamente compassionevoli e capaci del dono di sé, come Cristo, nelle circostanze concrete, rispecchiando la sua vita nel mondo.

Questi aspetti sono essenziali da ricordare quando si creano le icone. Anche se le icone ci mostrano la realtà escatologica, non servono semplicemente a trasportarci in quella realtà in modo magico o come forma di “arteterapia” religiosa. L’icona deve insegnarci a essere come Cristo nella nostra vita, nei nostri pensieri e nelle nostre sfide.

Non mi interessa solo la teologia, ma anche l’estetica dell’icona. Ci sono icone allegoriche che non sono solo finestre sul paradiso, ma hanno anche una prospettiva sociale ed etica. Questo aspetto viene spesso sottovalutato nel discorso teologico sulle icone. L’etica dell’icona è quella di rendere visibile e trascendente l’immagine di Dio e la dignità umana. Per questo le icone fatte a mano hanno un valore spirituale ed ecumenico maggiore rispetto a quelle prodotte in serie.

EVB Tutta la tua idea che le icone possano essere strumenti efficaci per

l’ecumenismo è davvero bella perché collega il cuore e la preghiera con la giustizia e il sacrificio che servono in questo mondo, qui e ora, in un rapporto sempre più profondo con Dio. Puoi dirci di più su cosa desidereresti e cosa consiglieresti per unire le tradizioni cristiane?

LL L’amore di Dio è inseparabile dal vedere Dio nel proprio prossimo, indipendentemente dalla tradizione di fede a cui l’altro appartiene. Ciò richiede umiltà e fiducia nell’esperienza di fede dell’altro. L’unità non può essere raggiunta attraverso la mancanza di rispetto per la libertà umana, né cercando di convertire qualcuno alla propria versione del cristianesimo. La dignità e la libertà umane sono il frutto del rispetto. Un approccio non violento e pacifico verso l’altro è cruciale per l’unità.

Un altro desiderio che porto nel cuore per l’unità dei cristiani è che ci sia più spazio per la condivisione delle esperienze di fede in modo relazionale, attraverso le storie e la via del cuore, piuttosto che focalizzarsi soltanto sulle consuete questioni dottrinali e accademiche che predominano nel dialogo ecumenico. Abbiamo bisogno di un dialogo ecumenico che si fondi di più sul livello umano e non solo su quello astratto.Questo sarebbe il mio desiderio per il cammino verso l’unità dei cristiani.

EVB Grazie Lidiya. Mi colpisce molto quanto si possa fare con opportunità che mettono al centro il cuore e permettono di condividere esperienze in modo relazionale. È proprio questa l’essenza di un abbraccio ecumenico. ■

“Un ecumenismo nuovo, più ampio e più approfondito”

John Dalla Costa è esperto di etica, teologo e autore di cinque libri. Per maggiori informazioni su di lui, visitate il nostro sito web.

Vale la pena recuperare il significato originario della parola ecumenismo, perché potrebbe offrire le risorse spirituali per affrontare le problematiche derivanti da ideologia e politica che oggi causano tanto dolore, violenza e frammentazione. Abbiamo prevalentemente compreso e utilizzato la parola ecumenismo per promuovere l’impegno e l’unità tra le Chiese cristiane divise. Tuttavia, per etimologia, la parola ecumenismo significa in realtà “coloro che abitano il mondo abitato.” Se osiamo prendere a cuore la possibilità più profonda suggerita da questo significato, allora i nostri orizzonti di apprendimento spirituale e contemplazione si trasformano radicalmente. Non solo tutte le religioni e culture, ma anche tutte le ricchezze naturali della terra diventano fonti da cui attingere per arricchire la nostra fede e i nostri valori come discepoli di Gesù Cristo

IL POMERIGGIO DEL CRISTIANESIMO

Questa è solo una delle cose che si possono capire dal libro profondo e facile da leggere di Tomáš Halík, Pomeriggio del cristianesimo: Il coraggio di cambare . Secondo me, questo libro prepara il cuore allo Spirito Santo, leggendo i segni di questo tempo con implicazioni tanto inquietanti quanto stimolanti. Attingendo

alle sue esperienze di sacerdote cattolico ceco, teologo e filosofo plasmato dalla vita sotto il comunismo, Halík sottolinea che questo momento in cui la fede sembra sopraffatta dal secolarismo non è di declino, ma di transizione. Infatti, la metafora del “pomeriggio” indica qualcosa di immensamente positivo—se siamo disposti a coglierlo—cioè l’assunzione della responsabilità di maturare nella propria fede.

Spezzando le nostre consuete certezze sulla fede e sulla Chiesa, Halík contribuisce a creare uno spazio—dentro e fuori le nostre zone di comfort—in cui, per grazia, possano germogliare sia la creatività che la conversione. Due processi sono necessari:

1) Essere contemplativi, pregare non con le parole, ma in silenzio, per far nascere dentro di noi una sorta di saggezza mistica. In questo “non sapere,” capiamo ciò che la dottrina spesso offusca, ovvero la profonda meraviglia, lo stupore e l’amore di Dio.

2) Prendere sul serio l’esempio e gli insegnamenti di Gesù, portando la croce dell’offerta di sé per colmare le tante divisioni che stanno lacerando la società, la nostra casa comune e persino la nostra Chiesa. Amore e kenosis (offerta di sé) sono sinonimi. Proprio come Gesù ha manifestato lo stile dell’amore di Dio senza trattenere nulla per sé, così la fede cristiana matura e vive grazie a questo stesso movimento di dono totale.

L’interazione tra il contemplativo e il kenotico ci aiuta a sfuggire alle esclusioni

della certezza religiosa, creando spazio per la dignità e i bisogni degli altri. Come spiega Halík, “Il pomeriggio del cristianesimo non sarà un tempo di espansione, ma di approfondimento. Non sarà un tempo di potere, ma di testimonianza.” Questo può sembrare un appello a riformare le strutture ecclesiali, ma è piuttosto un riconoscimento del fatto che tali strutture stanno crollando proprio perché così lontane dai bisogni spirituali dei credenti e dei non credenti. Mentre le istituzioni religiose appaiono forse più sospette che mai, il cuore umano—ora disorientato dai fallimenti dell’Illuminismo, della modernità, della scienza e della tecnologia—soffre per la mancanza di quell’attenzione e cura che Gesù ha insegnato come supremo comandamento dell’amore. In questo contesto, Halík spiega che “i laici non sono nostri nemici, ma spesso nostri compagni di viaggio, che semplicemente seguono strade diverse. Dobbiamo ascoltare prima di parlare.”

Una delle cose che mi ha spinto a studiare teologia è stato l’invito l’appello del teologo svizzero Hans Küng a promuovere una coscienza etica su scala globale. A causa del mio background nel mondo degli affari, ho sempre interpretato la necessità di un dialogo etico non solo in senso interreligioso o interconfessionale, ma anche come dialogo tra sfere diverse del sapere, tra discipline differenti. Una fede matura richiede che ci poniamo proprio sui confini che altri considerano esclusivi, ascoltando e rispondendo attraverso le tensioni tra fede e scienza, tra Islam e Cristianesimo, tra Dottrina Sociale della Chiesa e mondo economico, tra destra e sinistra e tutte le altre opposizioni. Il dialogo non è facile. Richiede empatia e compassione verso gli altri, anche verso coloro che ci minacciano. Allo stesso tempo, esige una partecipazione più profonda alla preghiera di Gesù nel Getsemani, fidandosi e abbandonandosi all’amore di Dio.

Tomáš Halík invita al dialogo con l’ateismo, il secolarismo e le altre religioni—non come minacce, ma come occasioni per approfondire e chiarire la fede. Come spiega Gesù nel Vangelo di Luca, “la misura buona”, che Dio versa in abbondanza fino a farla traboccare nel nostro grembo, non si ottiene per reciprocità né per l’osservanza di dottrine o leggi. Questa partecipazione benedetta ai doni generativi di Dio nasce dalla pratica kenotica dell’amare i nemici, fare del bene a quelli che ci odiano, benedire coloro che ci maledicono e pregare per quelli che, con la loro violenza o indifferenza, ci fanno del male (cfr. Luca 6,27-38).

Tenere conto delle opportunità offerte dal “pomeriggio” del cristianesimo rende la pratica dell’ecumenismo non un semplice processo né un’opzione, ma una dimensione intrinseca e indispensabile dell’essere battezzati nella vita di Gesù Cristo.■

BIBLIOGRAFIA

Lucinda M. Vardey—Editoriale

1 Edith Stein, Essays on Woman, traduzione di Freda Mary Owen, in the Collected Works of Edith Stein Volume Two, Washington, ICS Publications, 1987, pp. 93-94.

Michael Pirri—Esprimere la fede e il culto comuni

1 Si veda l’Istruzione sull’ammissione di altri cristiani alla comunione eucaristica nella Chiesa cattolica in determinate circostanze, Segretariato per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Roma, 1972

2 Funk, Virgil C., “Shared Communion... Revisited.” in Worship 93 (Gennaio): 54–67, 2019, pag. 55.

3 Rausch, Thomas P., 986, “Reception Past and Present.” in Theological Studies 47 (3): 497–508, 1986

4 Ibid, 164

5 Cramer, Jared C., Percy Dearmer Revisited, Wipf & Stock, Eugene, 2020, pag. 52.

Tania Brosnan—Un viaggio personale con il Rosario e la Madonna

1 Jim Cotter, Prayer at Day’s Dawning, Cairns Publications, 1998, p. 37.

Un Unico Accordo

O Dio, nostro Creatore, Tu, che ci hai fatto a Tua immagine, donaci la grazia di essere accolti nel cuore della Tua Chiesa.

R: In un unico accordo, preghiamo.

Gesù, nostro Salvatore, Tu, che hai ricevuto l’amore delle donne e degli uomini, cura ciò che ci divide, e benedici ciò che ci unisce.

R: In un unico accordo, preghiamo.

Spirito Santo, nostro Consolatore, Tu, che guidi il nostro lavoro, provvedi per noi, come noi ti chiediamo di provvedere per il bene di tutti.

R: In un unico accordo, preghiamo.

Maria, madre di Dio, prega per noi. San Giuseppe, resta accanto a noi. Divina Sapienza, illuminaci.

R: In un unico accordo, preghiamo. Amen.

Accogliamo i vostri commenti e le vostre riflessioni (o feedback) e considereremo la possibilità di condividerli nelle prossime edizioni o sul nostro sito web.

Se volete contribuire, si prega di inviare a editor@magdalacolloquy.org

Se non siete ancora abbonati, potete farlo in qualsiasi momento gratuitamente grazie al generoso sostegno dei Padri Basiliani della Congregazione di San Basilio.

Basta visitare il nostro sito web www.magdalacolloquy.org dove potrete anche leggere i precedenti numeri della nostra rivista ed essere informati sui nostri progetti e le nostre attività.

La rivista Un unico accordo viene pubblicata in italiano e inglese. Per accedere alle versioni nelle altre lingue si prega di visitare il nostro sito web.

Immagini presenti in questo numero:

Copertina: Scultura in bronzo “Santa Caterina da Siena” del 1998 di Elena Manganelli O.S.A. Usata con permesso.

Pagina 2 Dettaglio della scultura “Santa Caterina da Siena” di Elena Manganelli O.S.A.

Pagina 5 “Three Destinies” (trittico) usato con il permesso dell’artista, Karen S. Purdy, © 2007. . www.karenpurdy. com

Pagina 7 “La testa della Vergine” vista di tre quarti a destra, disegno di Leonardo da Vinci (1452-1519).

Pagina 8 Dettaglio da “Il rosario” di Beatrice Offor (1864-1920). Dipinto originale al Bruce Castle Museum, Londra.

Pagina 10 Dettaglio da “Ritratto di Maria e Guglielmo d’Orange, 1641” di Anthony Van Dyck (1599-1641).

Pagine 14 “Volto di Cristo” di Taras Novak. Usato con permesso

Pagina 17 “Pomeriggio a Montecasale, Toscana” foto di John Dalla Costa.

In questo numero

Copyright © 2025 Parrocchia di San Basilio, Toronto, Canada. Per contattare la redazione scrivere a editor@magdalacolloquy.org ISSN 2563-7940

EDITORE

Morgan V. Rice CSB.

CAPOREDATTRICE

Lucinda M. Vardey

REDATTORE ASSOCIATO

Emily VanBerkum

COORDINATORE DI PRODUZIONE

Michael Pirri

TRADUTTRICE ITALIANA

Elena Buia Rutt (Italian)

RESPONSABILE AMMINISTRATIVO DI PROGETTO

Margaret D’Elia

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