Un Unico Accordo: Profezia

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Volume 5, numero 1

Profezia

CONTENUTO

EDITORIALE

Lucinda M. Vardey

IL PROFETA E LA VOCAZIONE PROFETICA

Judette Gallares R.C.

LA SCUOLA DEI PROFETI: FORMAZIONE ED EDUCAZIONE

John Dalla Costa

VERSO UN DIACONATO SINODALE RINNOVATO E PROFETICO

CHE INCLUDA LE DONNE

JoAnn Melina Lopez

IN ASCOLTO DEI GIOVANI

Paola Bignardi

L’INTERVISTA DI MAGDALA: UN VIAGGIO PROFETICO

Greg Rupik con Sandra M. Schneiders I.H.M.

Inverno, 2025

Editoriale

Tutti, nel battesimo, ricevono la partecipazione sacramentale alla missione di Gesù come sacerdote, re e profeta. Come per il sacerdozio e la regalità, spesso associamo il ruolo profetico a una prerogativa maschile. Allo stesso modo, la figura stereotipata del profeta soffre del fatto di essere di solito associata all’immagine di un individuo trasandato, solitario e ai margini della società. Tuttavia, la profezia non è un’attività riservata solo agli uomini, ai solitari o a pochi eletti, ma a tutti i battezzati. Infatti, nelle liturgie della Chiesa primitiva del I e II secolo, l’ordine del culto comprendeva canti, salmi, letture e discussioni, profezia, preghiere e un pasto comunitario. Le donne, in quel tempo, erano associate alla profezia liturgica, definita come “preghiera profetica,” che faceva parte della celebrazione eucaristica. La profezia includeva una vasta gamma di espressioni liturgiche, “tra cui il parlare estatico, la benedizione, l’insegnamento e la rivelazione” (Karen Jo Torjesen). Le donne nella profezia esercitavano il loro ministero all’interno della comunità, e lo fanno ancora oggi, sebbene in modo più informale e, in molti casi, senza supporto, riconoscimento o piena valorizzazione. Tuttavia, i tempi stanno cambiando, e in questo numero affrontiamo alcuni dei movimenti e sviluppi emergenti che indicano come lo Spirito Santo stia guidando il rinnovamento profetico nella Chiesa odierna.

Iniziamo con una panoramica della profezia come vocazione tradizionalmente esemplificata nelle Scritture. Suor Judette Gallares R.C., da Macao, in Cina, ci offre un’introduzione approfondita all’argomento e ci fa conoscere alcune donne riconosciute come profetesse nella Bibbia. John Dalla Costa condivide il suo ministero profetico attraverso la fondazione di una Scuola dei Profeti con le Carmelitane di Oxford, in Inghilterra, con l’obiettivo di educare e sostenere donne e uomini nel trovare la loro vocazione profetica e svilupparla all’interno di una comunità online, ma non solo.

Come scrive JoAnn Melina Lopez nell’ introduzione al suo articolo sul rinnovamento

profetico per un diaconato più equo: “L’immaginazione profetica ci chiama a riconoscere il tragico divario tra il mondo così com’è e il mondo come Dio lo sogna.” Lopez ci presenta le attività e le preghiere dell’associazione Discerning Deacons negli Stati Uniti, che risponde a particolari necessità della Chiesa senza attendere approvazioni ufficiali o direttive dall’alto.

La ricercatrice e scrittrice religiosa Paola Bignardi condivide ciò che i giovani di oggi, che hanno lasciato o stanno lasciando la Chiesa, esprimono riguardo a come vorrebbero che la Chiesa fosse. Le loro voci riecheggiano in gran parte quanto già indicato da Papa Francesco: dobbiamo essere una Chiesa accogliente, come una Madre.

Il redattore Gregory Rupik intervista suor Sandra M. Schneiders, I.H.M., una delle prime donne a conseguire un dottorato in teologia e a ottenere una cattedra come professoressa in una scuola gesuita in America. Il suo contributo profetico alla Chiesa è stato immenso negli ultimi cinque decenni: ha denunciato le ingiustizie legate all’ineguaglianza delle donne, documentato l’emergere del femminismo e della teologia femminista, e offerto il suo sapere per educare alla spiritualità cristiana e al profetismo nella vita religiosa. La sua testimonianza ha certamente aperto la strada a un accesso più ampio agli studi teologici e a modi diversi di essere Chiesa. ■

Lucinda

“Siamo stati formati per essere creatori e realizzatori, non sognatori e visionari.” (Joan Chittister O.S.B.).

Judette Gallares R.C., una religiosa delle Suore del Cenacolo originaria delle Filippine, è attualmente missionaria in Cina e risiede a Macao. È impegnata nella direzione spirituale, nella formazione religiosa e nella guida di ritiri. Professoressa emerita di Teologia della Vita Consacrata presso l’Istituto per la Vita Consacrata in Asia a Manila, è anche docente associato di Teologia all’Università di San Giuseppe a Macao. Gallares è membro del comitato editoriale di Religious Life Asia e collabora alla redazione accademica Orientis Aura, pubblicata annualmente dalla Facoltà di Studi Religiosi e Filosofia dell’USJ. È un’autrice pluripremiata, con diverse opere di rilievo, tra cui “Immagini di fede: Spiritualità femminile nell’Antico Testamento da una prospettiva del Terzo Mondo” (Claretian/ Orbis, 1992) e Immagini di coraggio: Spiritualità delle donne nei Vangeli da una prospettiva asiatica e del Terzo Mondo” (Claretian, 1995). I suoi numerosi scritti affrontano temi come teologia, spiritualità biblica, formazione religiosa e vita consacrata.

Il profeta e la vocazione profetica

Il termine “profeta” nella Bibbia indica una persona che funge da canale di comunicazione tra il mondo umano e quello divino. La parola inglese “profeta” deriva dal greco prophetes, “colui che parla prima degli altri,” che significa, quasi sempre, colui che comunica la rivelazione divina.1 Nella Bibbia greca prophetes traduce l’ebraico nabi, la parola usuale per indicare il profeta nelle Scritture ebraiche. Nella traduzione dal greco all’inglese, però, è stata fatta una distinzione tra la forma maschile e quella femminile, per cui la parola “profetessa” è stata utilizzata per indicare le donne profeta. Poiché le donne sono state considerate cittadine di seconda classe, anche il loro ruolo profetico sembra essere meno importante nella narrazione delle storie bibliche.

Tuttavia, i profeti biblici (donne e uomini di saggezza) sono stati interpretati in molti modi diversi: come veggenti, guide del culto, guaritori, operatori di miracoli, voci della coscienza, consiglieri, messaggeri, ecc. Nella tradizione cristiana, i profeti sono stati considerati come veggenti le cui parole indicavano la venuta di Gesù. 2 La moglie o la vedova di un profeta era anche chiamata profetessa. A volte ci si aspettava che le vedove dei profeti continuassero alcune delle funzioni dei loro mariti e vivessero una vita di preghiera. Anna, l’unica donna del Vangelo a essere chiamata “profeta” (o “profetessa” in alcune traduzioni) era una di queste. Sebbene sia menzionata solo brevemente e nessuna parola di profezia sia mai uscita dalle sue labbra nel racconto del vangelo di Luca, il suo ruolo è comunque significativo in quanto “rese pubblicamente grazie” a Dio e diffuse continuamente la parola sul bambino “a tutti coloro che cercavano la redenzione di Gerusalemme.”3

LE CARATTERISTICHE SALIENTI

Possiamo ricavare dalla letteratura biblica alcune delle caratteristiche salienti della vocazione profetica. In primo luogo, il profeta biblico è colui che ha ricevuto una chiamata divina per essere un messaggero e interprete della Parola di Dio. Lo Spirito di Dio permette ai profeti di sentire con Dio e di condividere gli atteggiamenti, i valori

e le emozioni di Dio. Questo Spirito consente loro anche di vedere gli eventi del loro tempo come li vede Dio e di provare lo stesso sentimento di Dio riguardo a questi eventi.

Il profeta è anche la coscienza di una comunità e la coscienza di una nazione. Il profeta è là fuori a osservare ciò che potrebbe accadere alla comunità, lanciando un avvertimento, cercando di allertare tutti e cogliendo le implicazioni di ciò che sta accadendo se la comunità non risponde ai “segni dei tempi.” Il profeta va sempre avanti, seppur con riluttanza, portando un messaggio che non è il proprio. Questo messaggio è sempre rivolto al nostro mondo affinché torni a ciò che è essenziale, per scoprire una relazione con Dio, il cui amore è eterno.

Anche se nella Bibbia sembrano esserci più profeti maschi, non significa che quando si tratta di donne ci sia una carenza di questo dono. Considerando la cultura patriarcale e androcentrica che ha prodotto la Bibbia, non sorprende quindi trovare in essa poche donne bibliche riconosciute e nominate come dotate di tale dono. Nelle Scritture ebraiche abbiamo Miriam, la sorella di Mosè e Aronne che compose un canto per celebrare l’attraversamento del mare da parte di Israele (Es 15:20-21) ; Debora, uno dei giudici d’Israele, guidò il popolo in battaglia con Barak come suo generale (Gdc 4:110). Culda appare come un importante funzionaria religiosa a cui il re Giosia inviò dei messaggeri per chiedere informazioni a Dio (2 Re 22:14-20); e nel resoconto di Neemia sulla ricostruzione di Gerusalemme, egli riporta l’opposizione di diversi profeti e della profetessa Noadia (Neh 6:14).4

Secondo gli studi biblici, l’istituzione profetica cessò di esistere al tempo dei Maccabei, poiché non era più ritenuta necessaria. Israele riconobbe chiaramente questo fatto e attendeva la sua ricomparsa. Con la scomparsa dell’istituzione profetica, furono gli scribi e i dottori della Legge a istruire il popolo, un gruppo di uomini fallibili eccessivamente legati alla lettera della Legge di Mosè. Tuttavia, vi era la sensazione che le promesse divine fossero sul punto di compiersi, e l’apocalisse imminente accrebbe e intensificò questa aspettativa. Tale atmosfera di attesa è palpabile nei racconti iniziali di tutti e quattro i Vangeli. Non era quindi inappropriato che Dio permettesse un intervallo tra i profeti dell’Antica Alleanza e Gesù Cristo, il quale sarebbe stato il coronamento e il compimento delle loro profezie. È in questo contesto che compare la seconda donna definita profeta, all’alba della nuova dispensazione. Il suo nome è Anna.

Prima che Zaccaria potesse profetizzare sul ruolo di suo figlio Giovanni Battista, come “profeta dell’Altissimo,” sua moglie Elisabetta fu la prima persona nel Nuovo Testamento ad avere il privilegio di pronunciare una profezia sulla benedizione del bambino nel grembo di Maria. Anna profetizza l’adempimento della promessa di Dio insieme a Simeone quando vede il bambino Gesù nel tempio. Fin dall’inizio, notiamo che l’autore del Vangelo di Luca utilizza la tecnica dell’ “accostamento” che prevede due versioni di una storia o di un insegnamento, una riferita a un uomo e l’altra a una donna, per rafforzare il messaggio e incoraggiare le donne e gli uomini a identificarsi con i personaggi.5

ANNA

Anna è accostata al profeta Simeone durante la presentazione di Gesù al Tempio. Tuttavia, a differenza di Elisabetta e Maria, che pur non ricevendo il titolo di profeta svolgono comunque una funzione profetica proclamando l’adempimento della promessa di Dio, Anna ha la particolarità di essere l’unica donna nelle Scritture cristiane a cui viene conferito formalmente il titolo di “profeta,” senza però pronunciare alcuna parola profetica. Questo è un fatto sorprendente per chi occupa un ufficio profetico. Tuttavia, basandoci sul ritratto che Luca offre delle donne sia nel suo Vangelo che negli Atti degli Apostoli, si può dedurre che egli stia semplicemente riflettendo, attraverso il personaggio di Anna, il suo pensiero sulle donne, che riecheggia le convenzioni del suo tempo. Per Luca, l’atteggiamento principale e corretto di una donna è quello di un’ascoltatrice, che riflette su ciò che non viene compreso e impara in silenzio.6 Il breve passaggio su Anna è una semplice narrazione che descrive lei e le sue azioni quando vede il bambino Gesù. Come Simeone, Anna è presentata come l’incarnazione della virtù dell’attesa paziente del Signore. Ma a differenza di lui, non le è dato un ruolo di parola. Si limita a testimoniare in silenzio il significato di Gesù per coloro che desiderano la redenzione.7

Oltre al silenzio di Anna, viene sottolineata la grande durata della sua vedovanza e la sua continua presenza, digiunando e pregando nel Tempio, presumibilmente nel cortile esterno dove le donne potevano entrare. 8 Alcuni commentatori ritengono che Anna potesse appartenere a un ordine di vedove anziane con funzioni specificamente religiose nel Tempio.9 Nella prima lettera di Paolo a Timoteo, egli descrive le funzioni religiose delle vedove anziane, che includono pregare giorno e notte Dio (Cf. 1 Tim 5:5) Forse è proprio qui che risiede l’abbondanza delle benedizioni di Anna. Non si trova nella maternità fisica, che nella sua cultura definiva il significato e lo scopo di ogni donna, ma nella sua vita di preghiera e nella sua saggezza spirituale, che le permisero di riconoscere nel bambino Gesù il Messia tanto atteso.

SPIRITO PROFETICO

Proprio come le profetesse e i profeti che ci hanno preceduti, tutti siamo chiamati a portare il messaggio profetico di Dio mentre cresciamo nella nostra relazione personale con il divino. È all’interno di questo rapporto che Dio plasma in noi uno spirito profetico, uno spirito vivificato dalle energie della vita quotidiana e incoraggiato dall’amore ardente e dalla compassione di Dio, affinché proclamiamo la buona notizia della salvezza.

La vita di ogni persona battezzata deve comportare l’affermazione del primate di Dio in ogni aspetto della propria vita, sia nei momenti di turbamento che di pace. È fondamentale che ogni membro della Chiesa, qualunque sia il proprio stato di vita, incarni la risposta profetica alla chiamata di Dio, seguendo l’esempio non solo dei profeti come Maria, Elisabetta e Anna, ma anche di tutti coloro che hanno ascoltato la loro chiamata profetica attraverso i secoli. Il rafforzamento autentico di una forma vocazionale all’interno della Chiesa può solo contribuire al sostegno di altre vocazioni, mentre lo Spirito Santo continua a riversare sulla Chiesa i doni necessari per la sua rivitalizzazione e rinnovamento. ■

La scuola dei profeti: Formazione ed educazione

John Dalla Costa è esperto di etica, teologo e autore di cinque libri. Per maggiori informazioni su di lui, visitate il nostro sito web.

Ogni epoca ha le sue urgenze profetiche. La ricerca di significato o della verità si colloca in mezzo a forze che svuotano la speranza umana e minacciano la dignità umana. Le guerre di oggi con droni e armi robotiche, lo sviluppo fulmineo dell’intelligenza artificiale, le tempeste e le siccità sempre più intense causate dal cambiamento climatico, e le ondate massicce di disinformazione sui social media sono tra le molteplici complessità che stanno lacerando il nostro tessuto sociale. In questo mondo che gli esperti definiscono come una policrisi, gli individui si trovano sempre più alla deriva in mare di sospetto e solitudine. Di recente, le persone hanno iniziato ad adottare il concetto di “post-verità,” percependo che i tradizionali fondamenti delle certezze – che si tratti di scienza, educazione, governo o religione – hanno smesso di offrire punti di riferimento affidabili per una vita umana giusta e appagante.

È in questo contesto sociale e culturale che Papa Francesco ha convocato il Sinodo. Nel documento che ha avviato il pellegrinaggio sinodale della Chiesa, il Santo Padre ha invitato tutti al compito profetico di questo tempo: “germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranza, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno all’altro, e creare un immaginario positivo che illumini menti, riscaldi i cuori, ridoni forza all mani.” (Per una Chiesa sinodale: Documento Preparatorio 2021).

Che missione ispiratrice! Ma come possiamo realizzarla? Come possiamo sviluppare questa capacità profetica, mettere alla prova e affinare il nostro ascolto, e diventare, quando necessario, servitori stimolanti della Parola di Dio?

Molti di noi hanno dimenticato (o non sono stati formati) a riconoscere che questo lavoro profetico è costitutivo del discepolato. Come insegna il Catechismo, tutti noi al momento del Battesimo siamo unti per partecipare con i nostri doni e talenti al triplice ufficio di Cristo come “sacerdote, re e profeta” (1241). Ad essere sincero, questa è stata una sorpresa per

me quando, a metà della mia vita, ho scoperto questa missione studiando teologia. Non avevo compreso che, attraverso la fede in Cristo e, soprattutto, ricevendo l’Eucaristia, non solo stavo ricevendo la Parola, ma, in un certo senso, venivo incaricato di esserne un portatore profetico.

I seminari e una serie di programmi di formazione spirituale ci preparano al ministero pastorale. Esistono anche un numero crescente di programmi per l’amministrazione legati alla costruzione del Regno. Ma, come cattolici, abbiamo una scarsità di opzioni per formare il discernimento e la voce profetica. Sia i credenti che la società nel suo insieme hanno bisogno, forse come mai prima d’ora, della luce guida della verità per orientarsi tra le false narrazioni dilaganti e radicare nuovamente le vite nel terreno fertile della speranza.

STUDIARE LA DIMENSIONE PROFETICA

L’idea di fondare una scuola chiamata Diventare Profeti e di creare un programma di formazione per affrontare i “segni di questi tempi” è emersa inaspettatamente durante la preghiera. Quel desiderio iniziale ha preso forma solo quando è stato espresso e condiviso. Attraverso ripetuti incontri su Zoom con padre Alexander Ezechukwu, O.C.D., priore carmelitano del Boars Hill Priory a Oxford, in Inghilterra, abbiamo lentamente, e ancora una volta in preghiera, definito gli obiettivi e la struttura formativa del corso. Prima di invitare altri alla scuola, siamo diventati una cosa sola, cocreando un corso che fosse rigoroso ma accessibile. Composto da 15 sessioni, il nostro programma inizia identificando le qualità dei profeti, uomini e donne, nella Bibbia ebraica. Successivamente, ci concentriamo su Gesù Cristo come Colui che compie tutte le profezie bibliche, stabilendo al contempo un nuovo modello profetico per i Suoi discepoli. È stato entusiasmante scoprire in profondità come Gesù ha incarnato la profezia, ad esempio con le Beatitudini e le Sue incessanti domande. E, come conseguenza, abbiamo imparato ancor di più che l’imitazione di Cristo include anche l’assorbire e l’imitare questa dimensione profetica.

La Scrittura e la riflessione teologica sono le fondamenta per risvegliare cuori e immaginazioni profetiche. Ci ispiriamo anche agli esempi di numerosi santi, come Santa Elisabetta e Santa Teresa Benedetta della Croce, per comprendere meglio le dinamiche che trasformano le consolazioni della preghiera in una testimonianza pubblica della presenza di Cristo tra noi. Adottando i passi unici di Papa Francesco per leggere i “segni dei tempi,” abbiamo sviluppato una metodologia per i profeti a immagine e somiglianza di Cristo, basata su tre pilastri: contemplazione, discernimento e proposta.

Sebbene ciascuno di noi possieda queste possibilità profetiche come qualità della propria dignità personale derivante dal Battesimo, è altrettanto cruciale, come membri del Corpo Mistico di Cristo, sviluppare la profezia

all’interno della nostra comunità e metterla al suo servizio. Questa dimensione sociale è profondamente eucaristica, quindi la nostra formazione è fortemente orientata a creare, come ai tempi di Samuele ed Elia, delle “corporazioni” o comunità di profeti. Come sempre, abbiamo bisogno gli uni degli altri per ascoltare la Parola di Dio, per essere fortificati e valorizzati mentre ciascuno di noi assume il ruolo rischioso di parlare la verità in una cultura che, perlopiù, preferisce il conforto delle menzogne.

LEZIONI APPRESE

Ora che la formazione della nostra seconda coorte è in corso, stanno emergendo alcune lezioni preliminari, 1)C’è una vera e propria voglia di capire meglio e di crescere nella vocazione profetica. Anche i partecipanti che avevano una scarsa conoscenza dei profeti hanno scoperto che lo Spirito Santo animava in loro il desiderio non solo di ascoltare la verità, ma anche di esprimerla.

2)I laici, soprattutto le donne, che da tempo sentivano di non avere un ruolo nella Chiesa, sono stati ispirati dalla possibilità di aggiungere la voce della loro esperienza di Dio come profeti. L’invito a “piantare sogni, trarre profezie,” che abbiamo alimentato attraverso discussioni in piccoli gruppi e meditazioni guidate, ha evocato un profondo senso di appartenenza e di orientamento. Coloro che si erano sentiti messi a tacere o inadeguati a parlare, hanno imparato, grazie all’ascolto degli altri, a credere che la propria saggezza abbia un valore incommensurabile per Cristo e per la Chiesa di Cristo.

3)L’età non conta. Secondo la cronologia dell’Esodo, Mosè aveva 80 anni quando incontrò il Roveto Ardente e cominciò ad assumere il ruolo di profeta liberatore di Israele. Allo stesso modo, Anna, la profetessa nel Vangelo di Luca, che cominciò a testimoniare che il bambino Gesù era il Messia, aveva circa ottantacinque anni. Qualunque siano i carismi personali che possediamo, o qualunque sia il nostro stadio di vita, il nostro compito spirituale è essere pronti a servire come testimoni profetici quando si presenta il momento di importanza cruciale, che sia per un’altra persona, una comunità, o per l’intero popolo di Dio.

4)Diventare profeti significa diventare più contemplativi. Quando ascoltiamo nel profondo del cuore la Parola di Dio, quella Parola vive in noi. A volte svolgiamo un ruolo profetico indispensabile semplicemente adottando la postura contemplativa che è completamente contro-culturale rispetto al nostro mondo frenetico. Non tutti noi saremo Geremia o Dorothy Day, ma nessuno di noi può essere discepolo senza coltivare quelle sensibilità profetiche che ci attraggono verso una comunione più profonda con Cristo.

Molte mani hanno contribuito da allora alla scuola Diventare Profeti presso il Centro per la Spiritualità Carmelitana Applicata, inclusi, soprattutto, i partecipanti, le cui intuizioni e successivi lavori sono la prova della premessa. Non siamo profeti a causa di ciò che siamo da soli, ma per ciò che Cristo ci rende per servire gli altri nel qui e ora delle nostre vite.■

Per maggiori informazioni sulla Scuola in lingua inglese, visita il sito https://www.carmelite.uk.net/pilgrimage/school-of-prophets-2024-2025/

JoAnn Melina Lopez è direttrice della formazione alla fede presso la parrocchia cattolica di San Basilio a Toronto. Cresciuta in India e a Singapore, ha conseguito un Master of Divinity presso la Boston College School of Theology and Ministry e ha svolto il suo ministero in parrocchie, università e comunità ignaziane negli Stati Uniti e in Canada. La sua predicazione è stata selezionata per la pubblicazione in Catholic Women Preach: Raising Voices, Renewing the Church – Cycle B (2023). È impegnata nella sinodalità e nella creazione di comunità di speranza, immaginazione e accompagnamento, in cui tutti si sentano accolti, amati e incoraggiati a collaborare con il sogno di Dio per il mondo. Dal 2022 partecipa attivamente al lavoro e alla missione di Discerning Deacons (Discernimento dei diaconi www.discerningdeacons.org), prendendo parte a due pellegrinaggi a Roma in occasione delle assemblee sinodali dell’ottobre 2023 e 2024.

Verso un diaconato sinodale rinnovato e profetico che includa le donne

L’immaginazione profetica ci chiama a riconoscere il tragico divario tra il mondo così com’è e il mondo come Dio lo sogna. Il ministro profetico, guidato dallo Spirito, si trova in questo divario; curando le ferite, risvegliando tutte le persone alla realtà e proclamando e incarnando con gioia e speranza la Buona Novella del regno di Dio che irrompe nel mondo. Questo tipo di ministero richiede comunità di pratica che si impegnino a rendere visibile il sogno di Dio nel mondo e che sostengano i loro membri affinché possano uscire con coraggio per vivere la Buona Novella.

Una di queste comunità per me è Discerning Deacons (DD), un’organizzazione fondata negli Stati Uniti che riunisce persone da tutto il mondo impegnate a rafforzare e rinnovare il diaconato attraverso la preghiera, la testimonianza e il discernimento.

Il Rev. William Ditewig, diacono permanente della Chiesa cattolica e studioso del diaconato, afferma: “Il diacono deve essere la coscienza della Chiesa, trascinando l’ambone nelle strade e le strade all’ambone.” Queste parole illuminano la vocazione profetica del diacono: incarnare l’interconnessione tra Sacramento, Parola e servizio ai più vulnerabili. Nei loro contesti specifici, i diaconi si collocano nel tragico divario e animano tutti i battezzati nella loro corresponsabilità per la missione, ravvivando il senso della diakonia (chiamata al servizio) dell’intera Chiesa. Questa è la promessa e la possibilità del diaconato in questo millennio: ministri ordinati che risvegliano tutta la Chiesa alla diaconia.

Purtroppo, la nostra Chiesa oggi non riconosce pienamente la dignità e la corresponsabilità delle donne nell’opera della missione o la diaconia ad essa inerente. C’è un tragico divario tra ciò che è e il sogno di Dio per ciò che potrebbe essere. Proclamare la verità sui doni delle donne e sulla loro chiamata a servire come diaconi ordinati significa stare in questo divario, profetizzare. Le donne stanno già servendo

come diaconi de facto nelle carceri, nelle parrocchie, negli ospedali e altro ancora. Le donne sono state chiamate dallo Spirito Santo e dal popolo di Dio a servire, accompagnare e predicare, spesso nelle periferie, e stanno dando vita alla diaconia, dando potere e incoraggiando tutti i fedeli. In alcuni luoghi le donne hanno ricevuto l’autorizzazione ufficiale a svolgere le funzioni diaconali senza le grazie dell’ordinazione. Un esempio qui in Canada è Rosella Kinoshameg (vedi foto), una donna indigena dell’Ontario appartenente al popolo Ojibway, che è stata incaricata dal suo vescovo attraverso l’Ordine di Servizio Diocesano. In altri luoghi le donne non riconosciute ufficialmente dalla Chiesa affrontano ostacoli enormi e lavorano in modo coraggioso e creativo per garantire che coloro che sono ai margini non rimangano senza un ministro che li accompagni. Il Discernimento dei diaconi (Discerning Deacons) testimonia la chiamata diaconale, i doni e l’impegno delle donne condividendo storie e offrendo opportunità di incontro e dialogo. Qui sono nate comunità di sostegno reciproco, di gioia e di speranza in cui donne e uomini camminano insieme al di là dei confini geografici per sognare e agire per la promessa e la possibilità di un diaconato sinodale rinnovato, profetico e che includa le donne. Per me, il Discernimento dei diaconi offre una comunità di fede piena di speranza che rafforza la mia chiamata e il mio impegno a servire il popolo di Dio.

La preghiera è una componente fondamentale del lavoro della DD, in particolare per ravvivare la devozione verso la diacona Santa Febe attraverso nuove icone, preghiere, musica e celebrazioni in occasione della sua commemorazione a settembre. Nel 2023 e 2024, un totale di 215 organizzazioni hanno celebrato Santa Febe in 67 diocesi di nove paesi in quattro continenti. Febe, l’unica persona nominata con il titolo di diacono (diakonos) nelle Scritture (Romani 16.1-2), è una patrona della sinodalità, del servizio e della corresponsabilità di cui abbiamo disperatamente bisogno oggi nella nostra Chiesa.

Sin dalla sua fondazione nel 2021, poco prima che Papa Francesco annunciasse il Sinodo della Sinodalità, Discernimento dei diaconi ha lavorato per coinvolgere i cattolici di tutto il mondo in un discernimento attivo sul rinnovamento e l’espansione del diaconato per includere le donne. Durante la Prima Fase hanno coinvolto 9000 persone nell’ascolto sinodale. Durante la Fase Universale, la DD ha continuato a incoraggiare la sinodalità tra i fedeli e ha coinvolto i delegati del Sinodo attraverso sessioni educative, preghiera pubblica e dialogo. Ho avuto il privilegio di partecipare ad alcuni di questi lavori, tra cui due pellegrinaggi a Roma nel 2023 e nel 2024 per

sostenere l’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi attraverso la preghiera, l’educazione e la testimonianza.

Il Discernimento dei Diaconi si impegna a incarnare la sinodalità, anche attraverso la collaborazione con la Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia (CEAMA), la prima conferenza ecclesiale a includere le donne nelle strutture di governo. Nell’ottobre 2024 la DD e la CEAMA hanno ospitato oltre 50 pellegrini provenienti da tutto il mondo, di età compresa tra i 20 e gli 80 anni, per l’apertura del Sinodo a Roma. Eravamo donne e uomini: sacerdoti, diaconi, religiosi, ministri ecclesiastici laici e fedeli cattolici, che si sono riuniti per pregare, testimoniare e costruire relazioni che continueranno a servire il discernimento sulle donne e il diaconato. Abbiamo celebrato liturgie pubbliche in onore di Santa Febe; abbiamo ospitato sessioni educative sull’ecologia, la sinodalità e il ministero femminile; abbiamo pregato con e per i delegati del Sinodo e abbiamo partecipato in preghiera alle cerimonie di apertura del Sinodo. Ho avuto l’onore di essere tra le nove donne provenienti da quattro continenti (tra cui Rosella Kinoshameg) che hanno rappresentato il nostro gruppo e hanno incontrato privatamente Papa Francesco alla vigilia del Sinodo. Durante il nostro incontro, abbiamo espresso il nostro sostegno alla sinodalità e ai modi in cui ci ha unite, condiviso il nostro desiderio di servire la Chiesa e pregato insieme, per lui e per il Sinodo. Papa Francesco ha anche benedetto un’icona di Santa Febe, che abbiamo utilizzato nella preghiera a Roma durante quella settimana.

Mentre il Sinodo si è concluso, il discernimento sinodale sul futuro della Chiesa continua. In definitiva, la questione del diaconato riguarda la chiamata. Lo Spirito chiama le donne al diaconato? Lo Spirito chiama la Chiesa a rafforzare ed espandere il diaconato per includere le donne?

Il processo sinodale ha rivelato che la risposta è sì. La questione delle donne e del diaconato è emersa come un tema di interesse a livello globale già nella prima fase del Sinodo ed è stata discussa nell’Assemblea del 2023. Anche quando è stata rimossa dall’agenda per l’Assemblea del 2024, lo Spirito ha guidato i delegati a mantenere viva questa domanda e a proclamare nel paragrafo n o60 del Documento Finale: “la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta e occorre proseguire il discernment a riguardo.” Papa Francesco ha dichiarato che questo documento fa parte del Magistero ordinario. Il paragrafo n o73 sottolinea la natura profetica del diaconato e la necessità di studiarlo e rafforzarlo per il bene di tutta la Chiesa. Non sappiamo quale sarà l’esito del discernimento sul diaconato femminile, ma siamo fiduciosi, perché come dice anche il paragrafo 60, a proposito della leadership delle donne: “Non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo!”■

Paola Bignardi, pedagogista, è impegnata da anni in ambito sociale; è stata responsabile della Casa Famiglia S. Omobono e coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo. Impegnata nell’associazionismo laicale, è stata Presidente nazionale dell’Azione Cattolica. Ha scritto, tra l’altro “Esiste ancora il laicato? Una riflessione a quarant’anni dal Concilio”, AVE, 2006 (Premio Capri S. Michele 2007); “Dio a modo mio: Giovani e fede in Italia” (a cura di e con Rita Bichi) Editrice Vita e Pensiero, 2015; “Il coraggio della santità” Queriniana, Brescia 2019; “Metamorfosi del credere,” Queriniana, Brescia 2022; “Dio, dove sei?” Vita e Pensiero e Avvenire, 2024; “Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità,” (a cura di e con Rita Bichi) Editrice Vita e Pensiero, 2024) .

In ascolto dei Giovani

Le chiese sempre più vuote, le proposte parrocchiali sempre più disertate generano nelle persone che si occupano di pastorale sentimenti di scoraggiamento e di preoccupazione. Molti sono portati a pensare che i giovani siano tutti disinteressati alla dimensione religiosa della vita o che siano diventati tutti increduli. Ma questa è un’opinione che proietta sui giovani il modo di pensare degli adulti e le loro attese sulle nuove generazioni. La realtà potrebbe essere diversa, se si fosse disposti a cambiare il punto di vista.

Vorrei allora che provassimo a domandarci: “Che cosa i giovani ci stanno dicendo? Che cosa lo Spirito ci sta dicendo attraverso di loro? Non ci potrebbe essere una profezia nel loro allontanamento dalla Chiesa? Loro dissentire rispetto allo stile delle comunità cristiane, dalle loro proposte, dal loro modo di entrare in relazione con le persone?”

Per cambiare il punto di vista occorre passare dall’osservazione dei comportamenti giovanili all’ascolto: dei pensieri, dei vissuti, dei sogni di Chiesa e di vita. È quello che ha fatto la ricerca dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo che ha ascoltato, attraverso lunghe interviste, cento giovani tra i 18 e i 29 anni, che hanno abbandonato la Chiesa.

Hanno preso le distanze dalla Chiesa perché la ritengono vecchia, lontana, chiusa; poco inclusiva, poco accogliente e poco disponibile al dialogo. Si direbbero atteggiamenti più da figli delusi che da contestatori. Loro hanno un sogno di Chiesa molto bello. Dice una ragazza: “io vorrei la Chiesa come una cena a casa di amici, in cui si parla di tutto con libertà, con naturalezza; in cui ci si sente a proprio agio.” I giovani vorrebbero una Chiesa umana, accogliente e in dialogo. Come non riconoscere che questo modello di Chiesa corrisponde ai desideri di tutti, e che provocare le comunità cristiane a darsi questa forma significa desiderarle migliori, attraenti, capaci di far vedere il Vangelo?

DESIDERIO DI INTERIORITÀ

La presa di distanza dalla Chiesa non significa per i giovani l’abbandono della propria

fede, ma piuttosto l’approdo a una fede solitaria, molto personale e molto intima. Significa approdare ad una spiritualità nella quale i giovani sentono di muoversi in maniera più libera che dentro gli schemi della religione tradizionale, con le sue regole, i suoi riti, i suoi dogmi. Cogliendo in maniera sottile la differenza tra religione e spiritualità, una giovane afferma: “L’essere religioso è una cosa un po’ dogmatica e fissa. Invece essere spirituale è qualcosa di un po’ più libero, che ti lascia un po’ più spazio.” E un coetaneo le fa eco: “Lo spirituale è tra te e te stesso, il religioso è una cosa più di comunità. Una persona può essere spirituale senza essere religiosa.” Per i giovani la spiritualità è un’esperienza di ricerca dentro di sé, nel desiderio di capire meglio chi sono come uomini e donne, e di esplorare le domande più intense e più impegnative della vita. La spiritualità è un viaggio alla ricerca di sé stessi, un’esperienza interiore, è meditazione e silenzio, ricerca di armonia e di contatto con la natura. Le parole che ricorrono più frequentemente nei giovani per dire che cosa intendono per spiritualità sono interiorità, introspezione, meditazione; viaggio interiore alla ricerca di sé stessi, del proprio io profondo e al tempo stesso del senso della vita. Spiritualità è guardarsi dentro, è stare in ascolto, è fare posto alle domande. Da queste definizioni appare chiaro che non è necessario essere credenti per essere spirituali; basta essere uomini e donne pensosi e in ricerca. Essere in ricerca: mi pare che sia questo l’atteggiamento di molti giovani, al di là delle apparenze. Ai credenti può sembrare povero e insufficiente questo modo di pensare la spiritualità, eppure vi è in essa un orizzonte universale che può accomunare credenti e non credenti, e costituire spazio per dialoghi fecondi.

UNA METAMORFOSI DEL CREDERE

Nei giovani è in atto una metamorfosi del credere; la loro è la ricerca di un modo nuovo di vivere la fede perché essa sia contemporanea, possa fare tutt’uno con il loro essere uomini e donne di questo tempo. In loro sembra realizzarsi ciò che Giovanni XXIII chiedeva ai padri conciliari all’inizio del Concilio nel discorso Gaudet Mater Ecclesia: non la condanna di eresie né la definizione di nuovi dogmi, ma semplicemente interrogarsi su come la perenne dottrina della Chiesa può incontrarsi con le donne e gli uomini del nostro tempo. È quello che i giovani oggi vorrebbero vedere, in una Chiesa che gli auspici e gli insegnamenti del Concilio li ha forse più ripetuti che realizzati.

Quella dei giovani allora appare sempre più chiaramente come una profezia. La loro protesta silenziosa è il loro modo di dire alle comunità cristiane che il loro stile di vita le porta fuori dal tempo e rende la proposta del Vangelo che esse dovrebbero annunciare non più comprensibile e accettabile per le persone di oggi. Più che limitarsi a giudicare le scelte dei giovani e di definirli come “lontani e increduli,” il compito delle comunità cristiane dovrebbe essere quello di mettersi in dialogo con una sensibilità giovanile nella quale lo Spirito parla, dentro la parzialità e la fragilità delle “parole” umane.

Cambiano le forme del credere perché cambia il contesto culturale in cui, soprattutto nei paesi occidentali, si vive e si crede. E il credere non può essere avulso dal modo con cui uomini e donne interpretano l’umano. I giovani sono coloro che meglio di altri possono intuire gli indizi del mondo che verrà, dell’umano che sta prendendo forma dentro questo mondo: la loro generazione è quella che interpreta la novità e spinge verso l’innovazione.

La protesta silenziosa del mondo giovanile che parla senza parole, semplicemente andandosene dai luoghi ecclesiali, in sé contiene, una provocazione che ha un sapore profetico. Sono parole che sollecitano a una revisione, a una conversione, a interrogarsi su che cosa Dio stia dicendo attraverso di loro. I giovani non stanno chiedendo che sia la dottrina ad essere cambiata, ma che siano aggiornati i linguaggi, i riti, le forme espressive, lo stile di vita e di relazione delle comunità cristiane. Allora viene da dire che le loro posizioni sono un modo con cui lo Spirito ci spinge a ricordarci del Concilio, che chiedeva alla Chiesa e ai cristiani un aggiornamento. Un semplice aggiornamento, ma decisivo per essere cristiani e chiese di oggi.■

“…solo una Chiesa che sa radunarsi attorno al fuoco della famiglia rimane capace di attrarre l’altro.”
(Papa Francesco)

Discorso ai vescovi statunitensi a Washington, 23 Settembre 2015.

Un viaggio profetico

Sandra M. Schneiders I.H.M., ha studiato filosofia presso la University of Detroit e teologia all’Institut Catholique di Parigi e alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. È Professoressa Emerita di Nuovo Testamento e Spiritualità presso la Jesuit School of Theology e la Graduate Theological Union di Berkeley, California. Ha ricevuto sei lauree honoris causa e numerosi premi per la teologia. Le sue aree di competenza includono la Scrittura (Nuovo Testamento), la spiritualità cristiana, il femminismo e la dimensione profetica della vita religiosa. Ha pubblicato 15 libri, tra cui With Oil in Their Lamps: Faith, Feminism and the Future [Con l’olio nelle loro lampade: fede, femminismo e futuro] (2000, Paulist Press) e Beyond Patching: Faith and Feminism in the Catholic Church [Oltre i Rattoppi: Fede e Femminismo nella Chiesa Cattolica] (2004, Paulist Press). Il suo libro più recente è Jesus Risen in Our Midst: Essays on the Resurrection of Jesus in the Fourth Gospel [Gesù risorto in mezzo a noi: Saggi sulla resurrezione di Gesù nel quarto Vangelo] (2013, Liturgical Press). Ha inoltre contribuito con capitoli a 79 libri e scritto oltre 100 articoli. Ex presidente della Society for the Study of Christian Spirituality, ha tenuto conferenze negli Stati Uniti, in Canada, Taiwan, Australia e Nuova Zelanda.

Greg Rupik è un redattore collaboratore di Un unico accordo Per maggiori informazioni sulla sua formazione, visita il nostro sito web.

GREG RUPIK: Sei stata invitata a studiare teologia in un periodo della Chiesa cattolica in cui pochissime donne lo facevano. Parlaci di questa decisione.

SANDRA SCHNEIDERS: Il mio studio della teologia è dovuto all’iniziativa della nostra Superiora Generale nel 1966. Decise di inviare cinque delle nostre membri nei principali centri di studio teologico con la convinzione che avessimo bisogno di teologi all’interno della nostra stessa congregazione, piuttosto che portare dei sacerdoti a dirci di cosa parlava la nostra vita. Io sono stata una di quelle scelte per studiare. Decisi di andare a Parigi, poiché lì c’era il primo grande istituto di studio della spiritualità cristiana a livello di dottorato nel mondo, all’epoca. Arrivai nel 1968, proprio nel bel mezzo della rivolta studentesca! Dopo aver conseguito la licenza, sono andata alla Gregoriana di Roma, poiché avevano un programma di dottorato in Scrittura e Spiritualità. Mi fu offerto un lavoro con i Gesuiti in California prima che ricevessi il titolo.

GR E hai cambiato il corso delle donne teologhe mentre eri lì?

SS Sì, innanzitutto, ero l’unica donna in una facoltà di teologia dei gesuiti tutta al maschile. Quando, nel normale corso degli eventi, arrivò il mio turno per la promozione alla cattedra, molte persone nella facoltà non volevano il cambiamento permanente che ne sarebbe derivato. Questo avrebbe incluso darmi i diritti di voto e un’influrnza mai avuta prima. Le donne della mia generazione hanno vissuto

questa esperienza anche in altri settori. Dopo aver ottenuto la cattedra, per le donne non c’era più possibilità di tornare indietro.

GR Avendo superato una soglia mai varcata prima, hai visto un’evoluzione nella comprensione da parte della Chiesa della leadership profetica delle donne?

SS Non c’è dubbio che le cose siano cambiate in modo significativo rispetto ai secoli precedenti. Passare da un’istituzione interamente maschile a un’istituzione in cui ci sono diverse donne in facoltà e laici accanto ai seminaristi, riflette l’enorme cambiamento avvenuto negli ultimi decenni.

GR Vedi cambiamenti simili nella struttura della Chiesa, una comprensione più ampia della leadership femminile?

SS Come sappiamo, la Chiesa ha tracciato una linea, e la sta ancora mantenendo, per quanto riguarda l’ordinazione. Dal mio punto di vista, non sono troppo triste per questo. È molto più probabile che le donne ordinate nell’attuale struttura finirebbero per subire una clericalizzazione. Sono stata fortunata ad aver effettivamente cambiato la struttura già esistente nei gesuiti. Ma questo solleva un’altra domanda, e cioè se vogliamo che tutti i principali ministeri nella Chiesa siano ordinati. Cosa significa questo riguardo al potere battesimale per il ministero dei battezzati, se non si può davvero esercitare un ministero a meno che non si sia ordinati?

GR Quello che dici è un apprezzamento della diversità dei doni all’interno della Chiesa.

SS La grande domanda è: se qualcuno è chiamato al ministero, gli si nega quel ministero a causa del colore della pelle o del genere? Giudicarli per qualsiasi altra cosa che non siano le loro qualifiche per il ministero è semplicemente sbagliato. Questo è il problema. Considero il ministero della teologia altrettanto influente nella Chiesa quanto ascoltare la confessione di qualcuno. Questi temi soglia sono sostanziali.

GR Parlando più specificamente ora, riguardo alla vocazione alla vita religiosa. Hai paragonato questa vocazione e la dimensione profetica alla vocazione di un artista. Potresti approfondire questa analogia?

SS La vocazione religiosa non è un lavoro, un compito nella Chiesa. È una chiamata per una persona a una donazione totale ed esclusiva di sé a Gesù per tutta la vita, con l’esclusione di qualsiasi altro impegno permanente nella vita. Questo ha una stretta analogia con l’artista, come quando un bambino di 5 anni fa qualcosa che la maggior parte delle persone non fa con la penna, o quando si siede al pianoforte a 3 anni, c’è la consapevolezza che ha una chiamata specifica a scrivere o alla musica. La chiamata è dentro la persona. Introduco questa analogia per sottolineare che la vita religiosa femminile non deve essere percepita come quella di “sacerdoti difettosi”. La vita religiosa non è una vita sacerdotale, né un sostituto, è una vocazione completamente diversa. A causa del fatto che le donne sono escluse dal sacerdozio, molte persone

pensano che le donne religiose sarebbero sacerdoti se potessero, e poiché non possono, scelgono la vita religiosa come sostituto. Due vocazioni non si implicano a vicenda.Se potessi, non sceglierei di essere ordinata, poiché la vita religiosa da sola è un impegno a tempo pieno.

GR La genialità della vocazione religiosa sembra renderla rara, quindi un tesoro della Chiesa e degno di rispetto. Come vedi il crescente declino del numero di nuove vocazioni e l’invecchiamento dei membri attuali nelle loro comunità?

SS Personalmente non credo che le giovani donne siano mai state chiamate in gran numero alla vita consacrata. In passato, quando le donne avevano solo la possibilità di sposarsi, andare in convento o rimanere zitelle, questa struttura distorceva l’intero concetto di vocazione. Come ho già detto, la vocazione alla vita religiosa è rara quanto quella di essere un’artista. Non significa avere una qualche abilità speciale. È una chiamata che riconosce non solo che il cristiano battezzato è chiamato a fare tutto il bene possibile in questo mondo, ma che alcuni dicono: “non voglio fare nulla di diverso da questo”. Voglio dedicare tutta la mia attenzione, il mio cuore, la mia anima e la mia mente alla ricerca di Dio, alla ricerca di Dio, come un artista persegue da solo la ricerca della bellezza al di sopra di ogni altro impegno di vita.

GR Quindi c’è un elemento di testimonianza nell’aspetto dell’esperienza umana.

SS È un buon modo di dirlo. Quando le persone testimoniano con tutta la loro vita a una sola cosa, c’è una forza in essa che non si ha con coloro che fanno più cose

GR Pensi che questo impegno totale verso Cristo sia in qualche modo in sintonia con la devozione profetica biblica verso Dio?

SS Sì, credo che la testimonianza della vita religiosa si sia un po’ affievolita. Quando le religiose si sono dedicate a vari ministeri, all’insegnamento e al lavoro ospedaliero, e hanno fatto un ottimo lavoro per alleviare molti problemi di personale, si sono identificate maggiormente con il loro lavoro. Dopo il rinnovamento del Vaticano II, molte religiose si sono chieste se sarebbero rimaste religiose perché erano in grado di fare altre cose. Mi chiedo, se non avessi avuto l’opportunità di studiare, o avessi avuto una malattia terminale, continuerei a scegliere di essere una religiosa? Per me, non penserei a nient’altro.

GR Che bella testimonianza avere questa chiarezza di intenti alla fine della giornata!

SS Siamo stati costretti a raggiungere questa chiarezza, a porci la domanda: perché sono qui? Sono qui grazie a Gesù e non penserei di fare altro.

GR Grazie per il tuo tempo, la tua saggezza e il tuo servizio alla Chiesa.■

Un Unico Accordo

O Dio, nostro Creatore, Tu, che ci hai fatto a Tua immagine, donaci la grazia di essere accolti nel cuore della Tua Chiesa.

R: In un unico accordo, preghiamo.

Gesù, nostro Salvatore, Tu, che hai ricevuto l’amore delle donne e degli uomini, cura ciò che ci divide, e benedici ciò che ci unisce.

R: In un unico accordo, preghiamo.

Spirito Santo, nostro Consolatore, Tu, che guidi il nostro lavoro, provvedi per noi, come noi ti chiediamo di provvedere per il bene di tutti.

R: In un unico accordo, preghiamo.

Maria, madre di Dio, prega per noi. San Giuseppe, resta accanto a noi. Divina Sapienza, illuminaci.

R: In un unico accordo, preghiamo. Amen.

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BIBLIOGRAFIA

Judette Gallares R.C—Il profeta e la vocazione profetica

1 John McKenzie, S. I., Dictionary of the Bible, Geoffrey Chapman, Londra, 1968, p. 694.

2 Paul J. Achtemeier, Gen. Ed., Harper’s Biblical Dictionary, Harper & Row Publishers, San Francisco, 1985, p. 826.

3 Jane Schaberg, “Luke” in The Women’s Bible Commentary, Westminster/John Knox Press, Louisville, Kentucky, 1992, p. 283.

4 Si veda Harper’s Bible Dictionary, p. 830.

5 Si veda Schaberg, p. 278.

6 Ibid., p. 281.

7 Robert J. Karris, OFM, “Luke” in The New Jerome Biblical Commentary, p. 674.

8 Si veda Schaberg, p. 283.

9 E. Earle Ellis, The Gospel of Luke. The New Century Bible Commentary, Wm. B. Eardmans Publishing Co., Grand Rapids, Michigan, 1983, p.84.

Immagini presenti in questo numero:

Copertina: “Pensez à Dieu” (Pensieri di Dio) di Hugues Merle (1923-1881).

Pagina 2 Particolare di “La gabbia dorata” di Evelyn De Morgan (1885-1919).

Pagina 6 “Simeone e Anna nel Tempio” di Rembrandt (1606-1669).

Pagina 8 Icona di “Cristo Pantocratore,” Mosca (1703).

Pagina 11 Foto di Rosella Kinoshameg all’altare tratta da “Ignatius Day service 2023” © Jesuits of Canada, www.jesuits.ca. Utilizzata con il permesso.

Pagina 11 Icona di “Santa Febe” di Suzanne Massie © 2023. Utilizzata con il permesso Pagina 14 “Preghiera” di John Phillip (1817-1867).

Pagina 15 “Autunno 1979” di Lewis G. Vardey (1919-1995).

In questo numero

Copyright © 2025 Parrocchia di San Basilio, Toronto, Canada. Per contattare la redazione scrivere a editor@magdalacolloquy.org ISSN 2563-7940

EDITORE

Morgan V. Rice CSB.

CAPOREDATTRICE

Lucinda M. Vardey

REDATTORE ASSOCIATO

Emily VanBerkum

TRADUTTRICE ITALIANA

Elena Buia Rutt

COORDINATORE DI PRODUZIONE

Michael Pirri

RESPONSABILE AMMINISTRATIVO DI PROGETTO

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