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Chetzeron Hotel

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Incanto a Venezia

Incanto a Venezia

IL LUSSO DEL SILENZIO

a cura di Samantha Passuello

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Un design semplice, sobrio, efficace e dritto al punto.

In una società che corre sempre troppo in fretta, ricavarsi dei momenti di silenzio è senza dubbio una necessità fisiologica, ma paradossalmente difficile da ottenere. Non c’è tempo. La sveglia suona presto per ricordarci di essere performanti. Le responsabilità, sempre troppe. Il tempo per sé stessi, sempre troppo poco. Sono sicura che Sami Lamaa si sia ispirato anche a questo concetto per cercare di risolvere un problema, diciamo così, quando scelse di metter mano alla vecchia stazione della cabinovia in Crans Montana e trasformala in un Hotel di lusso.

Il Chetzeron Hotel si trova a 2.112m di altitudine e vanta una vista a 360°. Una posizione perfetta per concedersi il lusso del silenzio, un panorama sorprendente fatto di natura e un feeling che sa di casa grazie al piccolo staff del posto, dove tutti si conoscono e tutti giocano un ruolo fondamentale. Serve altro, forse? Probabilmente no. Ma non contento, Sami va ben oltre e basa la genesi del progetto su altri tre princìpi cardine: la cucina, l’architettura e il design.

La cucina

Parola d’ordine: Slow Food. Il movimento dello Slow Food è presente in 160 paesi e prevede un tipo di approccio sostenibile e rispettoso dell’ambiente, che promuove le specialità locali e di stagione. In Chetzeron, non a caso, si lavora esclusivamente con produttori del posto e si mira a ridurre il più possibile lo spreco alimentare, grazie al menu ridotto ma assolutamente di qualità: poco ma buono, come si suol dire! Tra le specialità e gli ingredienti principali segnaliamo ben volentieri la carne proveniente dalla Boucherie du Rawy e Boucherie La Lienne, il formaggio della Laiterie le Terroir: tutte prelibatezze da gustare al loro ristorante e da accompagnare con dell’ottimo vino, selezionato direttamente dalla Sommelier Françoise Lamaa.

Come il cibo, anche gli eventi sono sinonimo di convivialità, ma in questo caso passano decisamente in secondo piano:

“Partecipiamo con i nostri partner alla vita locale. Tuttavia, a causa della nostra posizione, non siamo molto influenzati dagli eventi organizzati a Crans-Montana. I nostri ospiti vengono a Chetzeron per vivere un momento indimenticabile e senza tempo, non per partecipare ad un evento. Ed è proprio questo il nostro concetto: godersi la vista, il silenzio, la natura e ricaricarsi”

“Il nostro lavoro è vendere sogni”. Un’affermazione forte, bella, carica di magia che racchiude tutto il Core del progetto e che coinvolge anche, e soprattutto, l’architettura e il design del posto.

L’Hotel è stato progettato da Ambroise Bonvin dello studio Actes Collectifs, che sceglie un design ispirato all’ambiente alpino circostante. L’esterno dell’edificio è rivestito con pietre recuperate da una pista da sci a pochi chilometri di distanza dall’Hotel e il design degli interni gioca con volumi, luce e materiali per ricreare un’atmosfera tipica dei rifugi di montagna. Materiali come vetro, pietra e legno di quercia sono stati utilizzati per godere di più luce possibile e al contempo godere di una meravigliosa vista da ogni singola stanza. La vetrata principale è quella della Hall, che si apre sul paesaggio in contrasto con il suo stile loft industriale contemporaneo. All’interno troviamo angoli lettura con libri d’arte e di architettura, un caminetto, che la rendono calda e confortevole: un vero e proprio equilibrio tra volumi aperti e piccoli spazi intimi. L’impronta dell’intera struttura gioca, in sintesi sulla geometria e sull’organicità, inserendosi nel paesaggio in maniera armoniosa, come se fossero una cosa sola.

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SERENA CONFALONIERI

a cura di Lara Vidotto

Quello di Serena Confalonieri è un linguaggio eclettico ma dalle fondamenta solide, cesellate da un metodo finissimo, fatto di ricerca, ascolto, attenzione ai processi produttivi e alle lavorazioni dei materiali. La sua cifra stilistica fortemente identitaria è costruita intorno ad una visione grafica, colorata ed emozionale, con iperboli decorative e forme geometriche. Soggetti, accostamenti cromatici e materici inaspettati, ispirazioni antropomorfe e zoomorfe danno vita a progetti dove il design viene letto in chiave ironica e, viceversa, il gioco diventa progetto. Una decorazione estrosa ma sintetizzabile attraverso pattern schematici e replicabili.

C’è un’esperienza precisa, legata alla tua storia personale, che ha fatto scattare la molla del design?

Credo sia legata ad alcuni ricordi di mia mamma che ho da bambina: ha sempre disegnato molto bene, appassionata di ricamo, uncinetto e lavoro a maglia, immagino di aver assorbito da lei la passione per il tessile, il gusto per il decoro e per i pattern.

Da dove comincia il tuo lavoro di designer? Ti hanno scoperto a qualche esposizione tra i designer emergenti?

Dopo la Laurea Specialistica in Interior Design al Politecnico di Milano ho trascorso alcuni periodi all’estero vivendo prima a Barcellona e poi a Berlino, dove ho collaborato con studi di design e grafica. Il percorso come designer però è nato in maniera molto più spontanea: mi sono buttata! Ai tempi lavoravo in uno studio di progettazione, stavo attraversando un periodo di incertezza e ad un tratto mi sono detta “adesso ci provo, inizio a disegnare qualcosa di mio”. Ho iniziato a contattare vari brand tra quelli con cui mi avrebbe fatto più piacere collaborare. Tra questi, Nodus mi ha risposto subito chiedendomi dei progetti. Non puoi immaginare, ero spiazzata, ero convinta che nessuno mi avrebbe risposto. Non avevo nulla di pronto ma in una settimana ho preparato 20 bozze. E così è nato il tappeto Flamingo, il mio primo progetto presentato al Fuorisalone, e tutto è cominciato.

Oltre al tessuto, quali materiali ti rappresentano?

Mi trovo molto a mio agio con i materiali bidimensionali, quindi tessuti, carte da parati, etc., perché mi danno la possibilità di giocare con più libertà tra pattern, colori e decori. Un altro materiale che mi rappresenta molto è il vetro, che infatti è diventato uno dei protagonisti delle mie autoproduzioni.

Come nutri la tua immaginazione? Cosa fai nel tempo libero?

La mia principale fonte di ispirazione sono i viaggi: scoprire culture, luoghi, tradizioni e storie lontane è una sorta di carburante per la mia creatività! Sono particolarmente affascinata dalle civiltà precolombiane, che ritornano in alcuni dei miei progetti. Negli ultimi anni, causa pandemia, purtroppo non c’è stato modo di viaggiare molto, quindi ho letto tanto e ho pianificato quelli che saranno i prossimi viaggi non appena sarà possibile ripartire! Quando non lavoro sono in giro con il mio cane – Fausto, un Lakeland Terrier – e, ogni volta che riesco, gioco a tennis!

Una cosa che ti annoia.

L’ostentazione.

Il viaggio che vorresti fare.

La Mongolia, era in programma prima della pandemia ed è rimasta in cima alla lista.

Un progetto che nessuno ti ha mai chiesto ma che tu vorresti tantissimo realizzare?

Nell’ultimo anno ho lavorato tanto con il Comune di Milano su una serie di progetti di riqualificazione urbana, come Quadra nel quartiere di Quarto Oggiaro e il nuovo murale di Città Studi. Avere a disposizione ampi spazi è stata una bella sfida, molto

stimolante, ma soprattutto mi è piaciuto immaginare come le persone avrebbero reagito e interagito con le mie opere. Mi piacerebbe continuare su progetti simili, magari con una finalità sportiva o ludica, un minigolf ad esempio!

La cosa più inutile imparata sul design?

Doversi necessariamente incanalare in un sentiero: product o interior designer. Giò Ponti insegna che un metodo progettuale sensato e coscienzioso è applicabile a tutti i campi.

Tre elementi del tuo metodo:

In primis, la ricerca approfondita dell’esistente: del tema che si sta trattando, degli aspetti culturali. In secondo luogo, il confronto con il cliente, le sue necessità e le sue peculiarità. Infine, ma altrettanto importante, lo studio degli aspetti produttivi. Il designer deve pensare anche alle fasi successive, di produzione e commercializzazione. Il prodotto non è un’opera d’arte fine a sé stessa.

Hai un team di collaboratori o lavori in solitaria?

Quando progetto preferisco lavorare da sola, ma trovo sia molto utile il confronto con i colleghi e soprattutto con le persone completamente esterne al design, spesso mi aiuta a capire come vengono percepiti i progetti da interlocutori estranei al nostro mondo, come spesso sono i consumatori finali.

Un romanzo o un libro che hanno lasciato un segno?

Libri su tematiche diverse, legati a differenti passioni o aspetti della mia vita: ‘Scritto di notte’ di Ettore Sottsass, ‘Quando siete felici fateci caso’ di Kurt Vonnegut e ‘Open’ di Andrè Agassi.

Cosa significa per te il concetto di lusso?

Poter scegliere pezzi che abbiano una storia, che abbiano un processo etico e sostenibile, oppure produzioni in serie che prendano le distanze da processi poco sostenibili.

Qual è il tuo rapporto con il caso, l’imprevisto?

Amo abbastanza programmare, ma avendo viaggiato ho imparato che l’imprevisto è parte del pacchetto. Anche nel caso più recente e destabilizzante, la pandemia, non mi ha scossa l’incertezza sul futuro immediato, ma su altri fronti. Mi ha spiazzato la staticità, la distanza che si è creata tra pensiero e azione. Ma ho reagito creando. Calypso, infatti, è una collezione frutto della pandemia, ho attinto all’ immaginario, all’esotico anche come forma di evasione, segni e simbologie che ti portano lontano. In barba alle regole, senza un appuntamento ufficiale dove presentare la collezione, l’ho sviluppata e promossa in autonomia, aprendo il sipario addirittura in agosto, nel mese più infelice per il design.

Cosa non mancherà nella tua nuova casa?

Un tavolo grande per stare, lavorare, leggere, cucinare; colore e un terrarium con tanto verde.

Tre oggetti della storia del design che hai o che vorresti avere.

Falkland di Bruno Munari, Valentine e Carlton di Ettore Sottsass. Le prime due le ho, sono tra gli oggetti che custodisco più gelosamente a casa! La libreria di Sottsass invece è ancora nella lista dei desideri.

FUNZIONE E VERSATILITÀ

Contenitori dalle collocazioni multiple

a cura di Chiara Bocciolini

Simbolo di un’antica tradizione che la voleva fulcro di tutte le attività delle massaie nella preparazione del pane e della pasta (usandola anche come piano di lavoro), la madia è stata ed è custode di piatti, stoviglie e vasellame. Ed è il posto in cui oggi riponiamo anche il materiale tecnologico, cavi, device, caricatori, power-bank e joystick che hanno invaso piani d’appoggio e superfici delle nostre case. Oggi la tradizione viene reinterpretata con madie che si propongono come complementi d’arredo funzionali sì, ma anche versatili: pronte a cambiare uso, se cambia il nostro indirizzo o se vogliamo utilizzarle per suddividere in modo nuovo gli spazi. È un arredo super moderno che asseconda le tendenze e gli stili, multifunzionale, indispensabile per l’ordine domestico anche per chi non sia un seguace fedelissimo delle 10 regole di Marie Kondo, la guru del riordino. Le madie più piccole possono essere ideali per la camera dal letto, per un guardaroba o un sottoscala: quando invece pensiamo ad ambienti più ampi allora anche la madia aumenta nelle dimensioni e diventa un pratico contenitore capace di accogliere al proprio interno tante tipologie di oggetti diversi, sia che si trovi in sala da pranzo, in soggiorno o in cucina.

Dalila by Miniforms

Ad ognuno la sua madia!

Perf by Diesel + Moroso Love by Driade

Una scelta non sempre facile, ma esiste la madia giusta per ognuno di noi.

Ai romantici contemporanei che amano anche il design iconico e spiritoso consigliamo la madia Love. Il design è quello visionario e pop di Fabio Novembre, la qualità del prodotto è quella di Driade, brand che da oltre 50 anni lavora sul design industriale e sullo sviluppo di una creatività applicata al mondo dell’arredo che non conosce pause. La madia Love è una dichiarazione all’Amore Universale, è una icona potente che definisce lo stile di ogni spazio e lo rende riconoscibile. Il materiale è l’MDF nella finitura laccata sia nella versione tono su tono che nella versione bicolor. La madia poggia su esili piedini cilindrici che la sollevano da terra di 10 cm con lo scopo sia di dare leggerezza al pezzo e che di facilitare le operazioni di pulizia.

Perf di Diesel con Moroso è per chi ama il colore e i richiami allo stile anni ’50. Possiede un raro equilibrio estetico: le virtù del manufatto assieme alle caratteristiche del design industriale più funzionale e pratico. È in metallo nero con ante traforate, dotata di scaffalature interne in legno e può essere personalizzata con tanti dettagli, incluse le maniglie a scelta in colore rosso Diesel.

Dalila by Miniforms

Doppler K by Bonaldo

Con Dalila di Miniforms le proporzioni verticalizzano. Si distingue per i due brillanti colori in cui viene proposta: rosso marsala e verde veronese. Dalila è decisamente elegante e ci piace anche per quei bei maniglioni grandi in rame, per gli intagli sulle ante e per la sua capienza che è davvero notevole. Un oggetto di classe che possiamo posizionare in ogni spazio della casa, che sarà sempre un segno indelebile del nostro stile eclettico e che non ci tradirà mai, offrendo un rifugio per le mille cose sparse per casa e da riporre con la massima urgenza!

E in quanto a design nordico? La credenza alta Blackbird di Ethnicraft è un mobile contenitore polifunzionale che abbina ai vani chiusi dalle ante i ripiani a vista e rappresenta una interpretazione dinamica della classica madia. Inoltre qui ce la giochiamo in altezza: 178 cm tutti da sfruttare in tanti modi diversi. Il design di Alain Van Havre privilegia l’utilizzo di materiali naturali come il legno di quercia abbinati all’acciaio nero per un risultato finale di estrema semplicità e grande praticità d’uso.

Quando poi il mondo dell’arredo si confronta con materiali tradizionali, come per esempio la ceramica effetto marmo, nascono oggetti senza tempo, dalla bellezza sospesa al di sopra di mode e tendenze passeggere come la credenza

Doppler K disegnata da Giuseppe Viganò per

Bonaldo. L’asimmetria dell’apertura delle ante segue quella delle strutture di appoggio a terra, creando un contrasto con la compattezza del mobile.

Zoom by Mogg

Licia by ThESIGN

Tenendoci nella scia dello stile e dell’eleganza incontriamo un’altra madia ed una essenza che, per la sua resistenza, è da secoli fra le più apprezzate in ebanisteria. Si tratta del mogano e della splendida consolle Zoom di Mogg. Ricercatezza, creatività libera e cura dei dettagli: questi gli ingredienti con cui Uto Balmoral ha dato vita ad un oggetto che, come questo, celebra il design lineare e geometrico e gioca sull’accostamento di materiali diversi come MDF, metallo, legno e cristallo. Il design del legno passa per tradizione anche dalla piegatura. Una pratica antica che fu brevettata in modo rivoluzionario da Thonet e che ancora oggi rappresenta la sintesi perfetta fra artigianalità e industria. La credenza bassa Licia di ThESIGN rappresenta questa sintesi con grande modernità: un mobile contenitore in legno curvato di mango o di acacia con gambe e dettagli in metallo nero opaco. L’assenza di maniglie valorizza la sua forma essenziale e la pulizia estetica che lo caratterizza.

La nostra veloce carrellata fra le madie di design si conclude qui: abbiamo potuto capire come questo classico del contenimento oggi si presti a molteplici giochi di reinterpretazione e che per ognuno di noi, con i nostri spazi, i nostri desideri e le nostre esigenze, esista senza dubbio la madia ideale… basta solo cercarla! Magari vi abbiamo un po’ aiutato..

Funzione & Stile.

7 lati da cui osservare il Design

a cura di Emanuela Perozzi

Come sta cambiando il nostro modo di abitare? È attorno a questa domanda che hanno girato le proposte di design presentate all’ultimo Salone del Mobile di Milano, ed. 2021, ripartito dopo il lungo stop forzato. La pausa di riflessione ha costretto tutti a guardarci dentro, a imboccare una strada nuova, diversa, mai percorsa prima. Oggi alla nostra casa chiediamo un approccio diretto, spontaneo, più in sintonia con la sfera emozionale e con i bisogni essenziali, autentici. Non ci basta più vivere tra oggetti funzionali e iper efficienti che ragionano al posto nostro e risolvono “problemi”. Chiediamo qualcosa di più: la ricerca del bello, anzi della bellezza funzionale, è il nuovo modo di interpretare l’Home Design e ciò che ne racchiude il senso profondo. La ripartenza dei grandi Eventi del Design ha dimostrato la volontà di tracciare un percorso che finalmente si riapre alle possibilità, regalando scorci inaspettati e interessanti variazioni sul tema. Concetti apparentemente distanti si incontrano a metà strada condividendo discrepanze e affinità. Vecchi dualismi - funzione e stile, ragione e sentimento, intelligenza e frivolezza - si coalizzano per creare un binomio molto più potente delle singole definizioni. Perché la bellezza non è mai frivola se ci insegna a cogliere l’armonia insita in ogni cosa. E in ogni casa!

Design funzionale e stiloso.

Qual è lo scopo del design se non quello di incorporare nell’oggetto le idee e i concetti in contrasto con le soluzioni d’arredo predeterminate? Individualità, flessibilità, gioco e capacità di sorprendere: sono questi gli elementi che ritornano, sotto diverse forme e dimensioni, nella progettazione di qualsiasi arredo e complemento di design. Il concetto è semplice quanto indiscutibile: la funzione è anche stile, e lo stile è anche funzione. Non c’è separazione, dunque, tra estetica e funzionalità, perché l’una serve l’altra (e viceversa). Ci sono però tanti lati da cui osservare il design, la cui essenza in fondo è simile alla vita. Lati che poi diventano sottotesti, interpretazioni, sfaccettature, biforcazioni che creano riflessioni sempre nuove.

Noi ne abbiamo individuati sette. Il lato positivo che ha a che fare con i sogni, le aspettative, i progetti. Il lato comico, che ci ricorda di non prenderci troppo sul serio. Il lato luminoso che ci sprona a coltivare i talenti, la “luce” che c’è in noi. Il lato oscuro, che ci avvicina alla profondità e all’introspezione. Il lato nascosto, dove vivono le potenzialità silenti. E infine il lato colorato e il lato leggero, che ci invitano a imitare l’impalpabilità e la suadente policromia dell’arcobaleno.

1. Il lato positivo

Con il salvadanaio in ceramica Moneybox by EVA - La mela del desiderio, i designer Raffaella Guarda e William Zanotto hanno voluto creare un oggetto iconico che potesse ispirare chi desidera, sogna e guarda al futuro con ottimismo. Nella versione incastonata (in nero, bianco o madreperla), la mela di EVA assume una veste elegante e preziosa, combinando i motivi geometrici con ben 249 punti luce realizzati con strass di Murano poggiati uno ad uno nei punti di intersezione dei rombi. La texture finale ricorda una soffice trapunta grazie all’effetto 3D creato dalle sottili linee in platino.

2. Il lato comico

Serve una mano? Ci pensa Ambrogio by Slide, il maggiordomo più versatile, ironico e colorato che ci sia! In più ha un’aria familiare - per crearlo Francesco Favaretto si è ispirato ai baffi di suo padre – ed è un convinto ambientalista: realizzato con una nuova miscela di plastica (mai usata nel mondo del design) in cui è presente anche EcoAllene, composta al 100% da materiale riciclato dai cartoni del Tetrapack Rimanendo in tema di design fumettistico, una menzione speciale va ad un pezzo di design senza tempo, Snoopy Touch, prodotto da Flos e diventato una vera e propria icona del Brand. La sagoma del paralume, che strizza l’occhio al muso sporgente dell’amatissimo cane dei fumetti, rappresenta l’elemento giocoso, mentre la base in marmo di Carrara bianco è il tocco di pregio che rende la creazione di Achille e Pier Giacomo Castiglioni adatta a qualsiasi contesto. La luce è diretta ma attutita dal riflettore in metallo verniciato. L’atmosfera è di grande fascino sia nell’elegante versione nera che nella tonalità arancio, più ironica e pop.

3. Il lato luminoso

4. Il lato oscuro

Sembra una scultura sospesa Calabash P2 di Lightyears, invece è una lampada a sospensione che riprende in chiave raffinata le linee di una zucca a fiasco. La superficie cromata e iridescente (disponibile anche in nero, argento e oro) riflette l’ambiente circostante creando suggestivi effetti prospettici. Dotata di un riflettore che intensifica la luce diretta in basso, sempre calda e anti riverbero, Calabash fluttua nello spazio definendo un punto focale di grande atmosfera.

Sguardo imperscrutabile e bellezza mitizzata per la testa-poltrona monoblocco girevole Nemo di Driade. Nella versione in nero assume contorni ancora più misteriosi e “oscuri”, mostrando, e al tempo stesso celando, un volto umano astratto, senza espressione e senza memoria. Come una dea greca, la grande maschera Nemo restituisce una fisionomia di chiara impronta classica. Un modello universale di austerità e bellezza fuori dal tempo. Con l’avvolgente schienale di 41 cm sedersi qui è come nascondersi e scomparire in un luogo segreto.

5. Il lato nascosto

Da chiuso, il fasciatoio appendibile Noga di Charlie Crane passa quasi inosservato con la sua forma curva ma minimal, con la leggerezza del compensato e con i toni neutri del bianco opaco e laminato di rovere. Da aperto svela una postazione nascosta super pratica, sicura e attrezzabile con ogni comfort per la cura del bimbo. Senza dimenticare il valore aggiunto di un design attraversato da influenze francesi e scandinave.

6. Il lato colorato

RB02 Trofeo by Carpet Edition è uno dei 5 tappeti taftati a mano, in velluto, della collezione Roquebrune, liberamente ispirata alle opere architettoniche dell’omonima località della Costa Azzurra. Nati dal talento del duo Michela Alquati e Sebastian Corso, i cinque masterpiece riproducono altrettanti disegni in Lana Nuova Zelanda e Tencel, accomunati dal desiderio di reinterpretare i motivi della tradizione classica in un tripudio di forme, colori e geometrie non convenzionali. RB02 alterna la delicatezza dei toni pastello agli accenti vivaci dell’arancio e al rigore geometrico delle linee nere, che segnano anche il confine di un particolare effetto “Cubo di Rubik”.

7. Il lato leggero

Con un diametro di appena 35 cm e una struttura minimal in ferro battuto a mano, Chele by Atipico sdogana la funzione classica del tavolino aggiungendo un tocco di stile e imprevedibilità. Poggiato su gambe in tondino disposte a triangolo, la creazione di Antonino Sciortino per Atipico suggerisce un design peso piuma, ma anche una spiccata propensione al dinamismo e alla flessibilità funzionale. Un round table leggero e slanciato che può essere sfruttato come comodino in camera da letto, sul balcone come tavolino bistrot a ingombro ridotto o come arredo jolly in un living polifunzionale.

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