Capitolo 1
Il nome 1.1 Teoria della flessione
L
e parti del discorso in latino sono otto, a differenza dell’italiano che ne presenta nove, perché la lingua latina non ha l’articolo. Quattro sono variabili, in quanto soggette a mutamenti nella parte finale della parola, quattro invariabili, cioè non soggette a mutamenti. Parti variabili: sostantivo; aggettivo; pronome; verbo. Parti invariabili: avverbio; congiunzione; preposizione; interiezione.
L’insieme dei mutamenti in fine di parola prende il nome di flessione: la flessione di sostantivi, aggettivi e pronomi si chiama declinazione; la flessione del verbo si chiama coniugazione. Nelle parole soggette a flessione si possono individuare due parti: il tema1, che è portatore del significato ed è generalmente invariabile; la desinenza, che è l’elemento portatore di informazioni grammaticali ed è la parte variabile. In latino la desinenza può indicare il numero e il genere o, nel caso dei verbi, la persona, come in italiano. Le desinenze nominali hanno però un’altra funzione fondamentale, quella di indicare la funzione sintattica di una parola, che in italiano viene espressa con l’uso delle preposizioni e con una determinata posizione delle parole all’interno della frase.
Flessione nominale o declinazione Nella declinazione latina di un nome, aggettivo o pronome, dobbiamo distinguere il numero, il genere, il caso. Mentre per il primo abbiamo singolare e plurale come in italiano, per il genere troviamo il maschile, il femminile e il neutro; quest’ultimo indica per lo piú esseri inanimati (dal latino neutrum, «né l’uno né l’altro»), che non presentano distinzioni di sesso. Questa caratteristica, comunque, si è andata perdendo nel corso del tempo, per cui si possono trovare anche esseri inanimati di genere maschile e femminile (liber, «libro», pur essendo un oggetto inanimato, è un sostantivo maschile). Con il termine caso2, invece, si indica la funzione sintattica che la parola assume nella proposizione: ad esempio nella parola puellārum, che viene da puella, «fanciulla», la desinenza -ārum ci informa che si tratta di un sostantivo plurale, che potrebbe essere femminile e che esprime l’idea di appartenenza o di possesso. La traduzione in italiano è «delle fanciulle», espressione nella quale notiamo l’uso della preposizione articolata per esprimere lo stesso concetto che il latino esprime con una sola parola. 1 Il tema talvolta coincide con la radice, cioè l’elemento irriducibile in comune con intere famiglie di parole; spesso non coincide con la radice ma deriva dalla unione di questa con suffissi che conferiscono significati particolari. 2 Il termine deriva dal latino cadĕre = cadere e significa «caduta»; i grammatici latini usarono il termine riferendosi al fatto che le parole nella declinazione si concludono, cioè «cadono», ora in un modo ora in un altro. La declinazione veniva immaginata come una progressiva deviazione da un’ideale linea retta tracciata dalla «caduta» del primo caso (il nominativo).