Loci Scriptorum - Profilo storico della letteratura latina

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4.1 L’etàgiulio-claudia giulio-claudia. Storia e cultura 4. Dall’età all’età flaviada Tiberio a Nerone La vita di Fedro Fedro

Fedro nacque attorno al 15 a.C. in Tracia o in Macedonia e, giunto a Roma come schiavo in età giovanile, fece parte della familia di Augusto che lo liberò. Da liberto probabilmente visse svolgendo attività di insegnamento. Durante il regno di Tiberio, subì un processo da parte di Seiano, oggetto di allusioni poco gradite in alcune favole. Morì intorno al 50 d.C. senza aver ottenuto la notorietà.

L’opera favolistica Le Fabulae

Il corpus della sua opera, le Fabulae, è stato tramandato dai codici che raccolgono 94 favole in senari giambici, divise in 5 libri pubblicati separatamente tra il 20 e il 50 d.C.; a esse si aggiungono 31 favole raccolte dall’umanista Niccolò Perotti (1429-80), conosciute come Appendix Perottina.

Il rapporto con il modello esopico

Fedro tratta dunque un genere nuovo nella letteratura latina, prendendo a modello il celebre favolista greco Esopo (vi sec. a.C.) del quale però non ritiene di essere un imitatore pedissequo, ma un emulatore. A questo proposito, sono importanti i prologhi (D TESTO 1) e gli epiloghi dei vari libri, nei quali l’autore ci fornisce alcune importanti indicazioni di poetica, come per esempio la seguente:

TESTO 1

Esopo è l’autore. La materia da lui trovata io l’ho rimessa a nuovo in versi senari. Duplice il pregio del libretto: muove al riso e stimola la vita del saggio con una riflessione. Se poi qualcuno volesse cavillare perché gli alberi parlano e non solo gli animali, si ricordi che scherziamo con le favole, dove tutto è fantasia. (Fabulae 1, Prologus; trad. F. Solinas)

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Implicazioni morali e sociali p@gine critiche

L. Rodler Da Esopo a Fedro, la favola diventa letteratura

Al rispetto per il modello a cui Fedro si ispira, corrisponde la consapevolezza dell’originalità letteraria e l’individuazione della finalità dell’opera: educare attraverso il riso. Dunque, secondo l’assunto oraziano miscere utile dulci («unire l’utile al dilette­vole»), la favola, attraverso la narrazione di una vicenda divertente, deve fornire un insegnamento morale ispirato spesso al buon senso comune, all’accettazione delle leggi di natura e dei rapporti sociali esistenti. Per esempio, nella celebre favola La volpe e l’uva (D TESTO 2), l’intento didascalico-morale è esplicitato nella conclusione, dove il poeta replica con efficace stringatezza alla furbesca falsità della volpe.

Particolare da un mosaico di età imperiale (Tunisi, Museo del Bardo).

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