4. Dall’età giulio-claudia all’età flavia va considerata una componente di sincera ammirazione; Velleio, infatti, apparteneva a una classe sociale di militari e funzionari provenienti dalle province o dai municipi italici che, grazie al riordinamento amministrativo voluto da Augusto e proseguito da Tiberio, erano riusciti a rivestire ruoli importanti nella vita politica. Lo stile
Lo stile non è molto omogeneo: nell’opera si alternano parti caratterizzate da una esposizione asciutta e frettolosa e passi in cui è più evidente l’impegno retorico dell’autore al fine di conseguire un tono più drammatico e patetico.
Valerio Massimo La vita
Di Valerio Massimo abbiamo pochissime notizie, tutte desunte dalla sua opera: di famiglia modesta, si pose sotto la protezione di Sesto Pompeo; fu console nel 14 d.C. e proconsole d’Asia nel 27 d.C.
I Detti e fatti memorabili: la storia fatta dagli exempla
La sua opera, Factorum et dictorum memorabilium libri novem (pubblicata dopo il 31 d.C.), si apre con la dedica a Tiberio, adulato come «sicuro presidio della patria»; il testo denota inoltre un consenso all’ideologia dominante per i toni celebrativi di esaltazione del mos maiorum e legittimazione dell’imperialismo romano. In 9 libri, è una raccolta di «fatti e detti» di personaggi storici proposti come modelli di vizi e di virtù. Gli exempla sono raccolti in 94 rubriche a carattere tematico (mitezza, crudeltà, clemenza...) in cui vengono presentati prima esempi romani (la maggior parte), cui seguono quelli relativi ad altri popoli (soprattutto Greci). Ogni libro è dedicato a un tema (per esempio il primo alla religione, il secondo alle istituzioni di Roma...) e la narrazione del singolo episodio ha una struttura costante: dapprima v’è l’introduzione dell’argomento, poi l’esposizione del fatto e, infine, la riflessione morale che ha lo scopo di renderlo esemplare. L’intento dell’opera, dichiarato da Valerio Massimo nel proemio, è quello di raccogliere fatti e detti presenti negli scritti di altri autori «per evitare, a chi volesse compulsare tali fonti, la fatica di una lunga ricerca»; il testo era destinato soprattutto alle scuole di retorica, in quanto forniva agli studenti che dovevano esercitarsi a comporre controversiae e suasoriae un utile prontuario di esempi.
Lingua e stile
Lo stile è elaborato, caratterizzato da parallelismi e conclusioni a effetto. La lingua è ricca di poetismi e arcaismi, ma anche di termini che si trovano attestati per la prima volta proprio nella sua opera.
Curzio Rufo Le Historiae Alexandri Magni
Di Curzio Rufo nulla sappiamo se non che fu autore delle Historiae Alexandri Magni, opera in 10 libri, probabilmente pubblicata durante il principato di Claudio. Nelle Historiae, Curzio Rufo narra la vita e le imprese di Alessandro Magno fino alla sua morte, attingendo soprattutto allo storico greco Clitarco (iv sec. a.C.). L’opera testimonia il particolare interesse che la figura di Alessandro Magno suscitò in quegli anni, al punto che l’imperatore Caligola aveva proposto il sovrano macedone come modello da imitare, mentre, al contrario, l’oligarchia senatoria lo presentava come esempio di tiranno feroce e incline all’ira.
Una storia romanzesca
Lo storico si rifà alla storiografia ellenistica, fortemente encomiastica, in cui le vicende di Alessandro Magno venivano narrate con particolare insistenza sugli elementi meravigliosi e favolosi, fino a delineare un ritratto degno di emulazione (imitatio Alexandri). Pertanto Curzio Rufo, rinunciando al rigore storico, privilegia il racconto di aneddoti e di episodi particolarmente patetici o drammatici, per suscitare il coinvolgimento emotivo dei lettori. L’autore cerca di mettere in luce la personalità eccezionale del re macedone, fatta di virtù ma anche di vizi come la violenza, l’ambizione e l’ira irrefrenabile; con atteggiamento equilibrato ne esalta le grandi doti naturali e
10