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Dialoghi sul bullismo con genitori ed insegnanti
Interessante esperienza del centro studi
Nei giorni scorsi il Centro studi ha tenuto su richiesta della Gewerbeoberschule Bozen (l’ istituto superiore corrispondente alle ITI italiane) tre relazioni sul bullismo a scuola rispet
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tivamente ai genitori degli alunni delle prime, delle seconde e delle terze classi, riuniti in assemblee plenarie assieme alla direzione scolastica e al corpo insegnanti. Il tema della relazione è stato scelto dalla scuola, la quale ci ha contattato sulla base di una collaborazione attiva già dagli anni ottanta grazie ad un insegnante particolarmente attento al
16 lavoro della nostra associazione. Un invito che abbiamo colto al volo, visto che la tematica da affrontare ci era già sembrata molto attuale durante i nostri interventi di prevenzione nelle classi, tenuti nella medesima scuola lo scorso anno scolastico. La tecnica della presentazione di diapositive e filmati (powerpoint) si è rivelata utile per catturare al meglio l’attenzione di un pubblico sempre abbastanza numeroso (in media 70-80 persone). Parlando del bullismo, della sua definizione, di alcuni aspetti sociologici, del ruolo della famiglia e della scuola, nonché di possibili soluzioni e interventi abbiamo cercato di usare un linguaggio semplice e diretto, poco tecnico e molto comprensibile al fine di stimolare al meglio la riflessione nei partecipanti . Tra i vari punti trattati poniamo qui l’accento sulla definizione dei ruoli che si cristallizzano durante gli episodi di bullismo, caratterizzati da attacchi violenti verbali o fisici, reiterati nel tempo nei confronti della stessa persona. Come vedete vanno già delineandosi i primi due ruoli, quello della vittima e del “carnefice”, due personalità specularmente deboli e bisognose di aiuto. Molti sono portati
I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s a pensare che il tutto si circoscriva a queste due figure: un ragazzo, solitamente robusto e forte che vessa continuamente un’ altro ragazzo, per motivi apparentemente banali come il vestirsi o il comportarsi in modo non convenzionale, oppure l’avere un aspetto fisico che non garba al suo carnefice, ecc... Andando oltre si scopre che la scena di un atto di bullismo è sempre popolata anche da un gruppo nutrito di spettatori (il resto della classe), ragazzi che assistono e assumono due tipi di atteggiamento: o appoggiano più o meno marcatamente l’autore delle violenze o se ne stanno in disparte, perché temono di diventare essi stesse vittime. Dalle fila di questi ultimi potrebbero arrivare aiuti per la vittima del mobbing, ma ciò si verifica rarissimamente a causa della paura che blocca sul nascere qualsiasi azione. Ecco perché risulta fondamentale l’intervento di adulti attenti e sensibili, in grado di proteggere la vittima, ma anche di dare sicurezza a quei ragazzi che da spettatori passivi possono trasformarsi in “soccorritori”. Il “carnefice” va infatti in difficoltà quando sente che molte persone condannano il suo comportamento. Egli infatti utilizza la violenza proprio per attirare l’attenzione e l’ammirazione degli altri, che con lui condividono il pensiero della legge del più forte. A questa legge va contrapposta quella del rispetto. Qui entrano in gioco gli adulti di riferimento (genitori, insegnanti, allenatori, educatori, ecc..) che hanno il compito di educare al rispetto: ciò significa “tirare fuori” dai ragazzi quella loro innata capacità ad accorgersi dell’altro (rispetto: dal lat. Re-spicere, guardare più volte) ad accettarne non solo le cose in comune ma soprattutto le differenze. Se ai ragazzi non viene data la possibilità di allenarsi in questo aspetto, è facile che in molti prevalgano atteggiamenti egoistici ed utilitaristici, tra l’altro veicolati in modo massiccio da una certa cultura televisiva e pubblicitaria, tipici di colui che vede solo se stesso e i propri bisogni e non dà adeguata considerazione agli altri. La cultura del rispetto diventa perciò il fondamento per costruire quella cultura anti-bullismo di cui abbiamo parlato in questi tre incontri con i genitori. Una cultura che può nascere e crescere solo dalla collaborazione attiva di tutti i soggetti educativi coinvolti (famiglia, scuola, associazionismo, mondo del lavoro, ecc..) e che non ammette che qualcuno si chiami fuori delegando le proprie responsabilità agli altri.
Barbara Messner Massimo Antonino Centro Studi “G. Antonin” Manuela Gius – Coordinatrice Centro diurno “H. Lanz”