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“Quale pena?” - Un webinar ..................................................................pag

Quale pena? Un webinar

di Fabrizio Mattevi

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La giustizia penale è uno dei capisaldi del moderno stato di diritto. Il suo esercizio poggia su secolari approfondimenti e dibattiti teorici. Eppure questa realtà, tanta complessa e delicata, è spesso ridotta a slogan, luoghi comuni, preconcetti. La drammaticità dei fatti di cronaca, come quelli che recentemente hanno turbato la collettività bolzanina, è alimentata dai mezzi d’informazione e amplificata dall’incontinenza della comunicazione sui social. Le onde emozionali semplificano e Fabrizio Mattevi banalizzano eventi che sono invece densi e aggrovigliati. Così si smarrisce la consapevolezza che i dilemmi giudiziari riguardano persone in carne e ossa, le loro vite, quelle dei loro cari. Persone sono, di volta in volta, le vittime, gli accusati, gli innocenti, i condannati.

Per contrastare superficialità e frasi fatte, per riflettere più in profondità su questi temi e questa realtà, l’Associazione La Strada-Der Weg ha organizzato un incontro online con gli avvocati Mauro De Pascalise Alessio Cuccurullo, lo psicologo Luca Guerrato. L’ immagine scelta per la locandina del webinar L’incontro si è svolto martedì 23 febbraio, dalle ore 18.00 alle 19.45 ed è stato seguito da un’ottantina di persone.

Lo spunto iniziale è venuto dal romanzo che De Pascalis ha recentemente pubblicato, intitolato “Solo tredici chilometri”. Narra la vicenda processuale che il giovane avvocato De Pascalisvisse da protagonista. Nel novembre del 2000, a San Stino di Livenza, fu trovato il corpo senza vita di Johanna Pichler, una diciannovenne che abitava a tredici chilometri da San Candido, in territorio austriaco. Dell’omicidio venne accusato Martin, un ventiseienne di San Candido, con cui la ragazza aveva trascorso la sera prima di scomparire. Il giovane fu subito incarcerato. Ne seguì un lungo iter processuale, che impiegò tre anni per giungere alla prima sentenza, che dichiarava innocente il presunto colpevole. La vicenda, devastante, evidenzia la potenza della pressione che opinione pubblica e mezzi d’informazione possono esercitare, condizionando lo svolgimento dell’azione penale. Esiste infatti, e agisce, una “vox populi”, di cui ciascuno di noi è parte inconsapevole, alimentata da chiacchiericcio, pressione mediatica, affermazioni incontrollate diffuse sui social. All’interno di questi canali si emettono sentenze definitive e perentorie, ancor prima e a prescindere dallo svolgimento del dibattimento. Il “giusto processo” è dunque una procedura, articolata e sofisticata, a tutela dei diritti e della dignità di ciascuna delle parti in causa: vittime e imputati. Senza paletti e senza dispositivi giuridici si ritornerebbe alla giustizia sommaria, alla vendetta, alle esecuzioni fai da te del Far West. In questa cornice si inserisce la funzione essenziale e irrinunciabile dell’avvocato difensore, su cui si è soffermato Alessio Cuccurullo, da tanti anni prezioso componente del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione, nonché consulente instancabile per molte questioni di natura penale. Ciascuno ha diritto a essere difeso e questa tutela è indispensabile per permettere un giusto processo.

Mauro De Pascalis

L’avvocato non legittima né approva le azioni commesse, ma garantisce che il procedimento penale si svolga nel rispetto delle regole e della tutela di tutte le parti in causa. Il suo giuramento professionale gli impone di impegnarsi affinché la legge sia rispettata. Si scorda sempre che quelli che vengono bollati come “cavilli” sono norme previste dalla legge, approvate da altri, non dagli avvocati, preesistenti al processo. L’avvocato si limita a richiamare e invocare disposizioni previste dall’ordinamento. Allo steso modo si ignora che nel dibattimento si confrontano le parti, accusa e difesa, mentre la sentenza viene decisa da un soggetto terzo: il giudice o la corte. Solo e soltanto ad essi spetta il compito di pronunciarsi sui fatti ed emettere un giudizio, sulla base di prove e argomentazioni presentate nel corso del processo. Tale articolazione permette di giungere a una motivata condanna o a un’altrettanta motivata assoluzione. Spesso l’opinione pubblica Alessio Cuccurullo manifesta delusione per una sentenza, ritenendola inadeguata rispetto alla gravità delle azioni commesse (oppure, al contrario, eccessiva). Le reazioni emotive sono alimentate anche dal fatto che le cronache giornalistiche solitamente indicano il massimo della pena prevista dal codice per un dato reato ma non riportano anche la pena minima. Luca Guerrato coordina, all’interno de La Strada-Der Weg, il progetto “Giustizia riparativa”. La sua esperienza, profonda e significativa, porta con sé e propone una visione più ampia, che va al di là della questione della pena. La giustizia riparativa pone al centro dell’attenzione le persone e la loro esperienza vissuta: la vittima con le sue sofferenze, il colpevole chiamato a prendere coscienza delle conseguenze reali di quanto ha commesso. Si tratta di un percorso lungo e irto, che prevede successivi incontri con le parti per

raccogliere stati d’animo, sentimenti, attese e desideri. Se e quando le persone accettano di incontrarsi, hanno la possibilità di esprimere e condividere quel che hanno intimamente vissuto e ancora stanno vivendo interiormente. Per le persone in conflitto è difficile ascoltare l’altro, perché prevale l’urgenza di parlare di sé ed esprimere turbamenti e tumulti del proprio animo. In questa fase diviene centrale la figura del mediatore, che si offre appunto come ascoltatore attento e partecipe. Sentendosi ascoltato ciascuno riesce un po’ alla volta ad ascoltare, a sua volta, l’altro. Allora, lentamente, può avviarsi un percorso di conciliazione. Non è sufficiente una sanzione per sanare gli effetti di un reato. La giustizia non coincide con il commutare una pena. Uno degli esempi citati ha riguardato atti aggressivi e minacce tra compagni di classe in una scuola superiore. Non basta prendere un provvedimento punitivo, non basta una sospensione per sciogliere e dirimere il conflitto e la reciproca ostilità, che continua a circolare, sottotraccia, nel gruppo classe; non bastano scuse formali e atti di costrizione solo esteriori. Occorre giungere a una reale conciliazione, al reciproco riconoscimento tra i protagonisti della vicenda. Questo traguardo si raggiunge soltanto dando voce al dolore, al trauma, alla rabbia, Luca Guerrato all’angoscia di ognuno e in particolare delle vittime. La giustizia riparativa non intende sostituirsi alla giurisprudenza, ma vuole andare oltre, dato che perseguire la giustizia non si esaurisce nell’infliggere una pena. In particolare solleva la questione delle vittime, delle loro sofferenze, della loro aspirazione e del loro diritto a essere riconciliati con la vita.

Di recente è tornata alla ribalta una storia da questo punto emblematica e straordinariamente significativa.

Molti anni fa, a Novi Ligure, Erikae Omar, due adolescenti, uccisero la mamma e il fratellino di lei. Il padre di Erikaè sempre rimasto accanto alla figlia, evitando ogni apparizione pubblica, accompagnandola in un lungo e sconvolgente percorso di rinascita. Una vicenda abissale che mostra tutto lo scarto che separa la condanna penale dalla riparazione.

Il romanzo di Giovanni Accardo e Mauro De Pascalis

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