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I’s all in the family
It’s all in the family
In Italia le varie forme di famiglia subiscono spesso un giudizio moralistico, mentre negli Stati Uniti vengono giudicate pragmaticamente in base alla loro valenza economica e politica
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Il dibattito sulla famiglia nel nostro Paese si nutre di argomenti eterogenei che rendono difficile identificare i termini della questione. Navigando in internet, seguendo gli umori e cercando di capire su cosa si concentri il dibattito, si passa attraverso una serie di temi che vanno dalla teoria del gender alla fecondazione assistita. Argomenti vari, discussi per lo più con una certa ferocia, che però si limitano a trattare aspetti a latere del tema “famiglia”. Eppure la famiglia cambia, è già cambiata: nel quinquennio 2008 -2013 i matrimoni hanno visto un calo complessivo del 77 % (fonte Istat); già dieci anni fa le nuove forme famigliari (cioè composte di conviventi, single, coppie non coniugate o ricostituite e genitori soli) erano 5 milioni e duecentomila, il 23% del totale (fonte Comm. Affari Sociali 2007). Perchè è così difficile allora guardare a questa trasformazione con uno sguardo distaccato che permetta di cogliere il fenomeno nel suo complesso e poi discuterne? Perchè in Italia la famiglia è un assun
18 to antropologico, è un simbolo forte che definisce l’identità di una società e, a seguire, di un Paese. E mettere in discussione un simbolo è sempre un processo lungo e faticoso. Altro è l’approccio al dibattito sull’altra sponda dell’oceano. Anche l’America deve confrontarsi con la disgregazione della famiglia tradizionale, con la parcellizzazione e ricomposizione fantasiosa dei nuclei famigliari. Ma in una società così fortemente votata all’economia, la famiglia continua ad essere il primo tassello di un tessuto produttivo che, come tale, va giudicato solo in base alle sue performance rispetto al benessere globale. Alla famiglia si guarda, insomma, in maniera funzionale, politicamente o commercialmente, secondo le due grandi direttrici degli USA. Vent’anni fa, nel 1992 la famiglia tradizionale era politicamene funzionale, rappresentando un blocco coeso di circa 92 milioni di elettori, cioè il 57 % degli americani. In dieci anni era già cambiato tutto ed è il commercio ad accorgersi per primo dei mutamenti. Le adozioni da parte delle coppie omosessuali aprono una prospettiva sociologica a carattere commerciale nuova: scompare la categoria NK2I (no kids 2 incomes – due stipendi e niente figli) a cui era stata dedicata una grande fetta di mercato in prodotti e servizi, ma si crea un po-
tenziale nuovo target commerciale ed economico. Negli Stati Uniti, insomma, l’approccio sociologico suggerisce che non sia la famiglia in crisi, ma il modello che si era conservato per 0 anni almeno. Il problema che si pongono è, quindi, determinare se e come queste nuove identità famigliari sostengano la stabilità sociale e lo sviluppo economico.
Erika Waldboth Centro Studi
