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Tecnologie, sostenibilità e politiche pubbliche.
Covid-19 ha solo accelerato una serie di trasformazioni in atto da un decennio. Ma è bene farsi trovare preparati per reggere l’urto del cambiamento
Meno 40%. È questa la percentuale più impressionante contenuta nel World Investment Report per il 2020, curato dalla Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo. Il dato in questione si riferisce al calo di investimenti diretti esteri previsti quest’anno nel mondo. Il termometro con cui si misura la globalizzazione. In cifre: -1,54 trilioni di dollari. Mai così male dal 2005 e con la prospettiva di una piena ripresa solo nel 2022. Numeri che dipendono da come viene affrontata la crisi pandemica in atto (il report risale a giugno 2020, mentre la notizia dell’efficacia dei vaccini di Pfizer e Moderna risale a poche settimane fa), ma che restituisce la dimensione di una recessione senza precedenti nella storia recente. La pandemia ha infatti congelato i progetti di investimento delle multinazionali che guidano la globalizzazione. Secondo le stime riportate dallo studio, le 5.000 più importanti imprese mondiali prevedono un calo dei “guadagni” stimati intorno al 40%. Un tracollo che porta con sé altre notevoli conseguenze sulle catene globali del valore, tra cui la brusca frenata degli investimenti “green” verso le economie in via di sviluppo, dove sarebbero più necessari per mitigare gli effetti del cambiamento climatico innescati dall’attività antropica.
Trasformazioni e tendenze in atto
Ma Covid-19, secondo gli analisti delle Nazioni Unite, ha solo accelerato le trasformazioni in atto dentro al sistema di produzione globale. Un sistema alle prese da almeno un decennio con i cambiamenti imposti dalla nuova rivoluzione industriale e in particolare dall’automazione dei processi produttivi, dal crescente nazionalismo economico e dalle politiche a favore di una maggiore sostenibilità ambientale. Tecnologia, politica e sostenibilità saranno dunque gli elementi che determineranno il futuro delle catene globali del valore nel prossimo decennio. Tra le principali tendenze individuate nel report, c’è il cosiddetto reshoring (letteralmente il rientro di attività de-localizzate all’estero ndr.) che interesserà in particolare le economie avanzate e a maggior valore aggiunto, la digitalizzazione dei processi tra clienti e fornitori, la capacità dei cluster regionali di attrarre investimenti, di offrire servizi avanzati alle imprese manifatturiere e di avere infrastrutture fisiche e digitali di alta qualità. Anche per queste ragioni l’attenzione dei policy makers deve essere pronta ad accogliere le richieste del mondo imprenditoriale. Dall’attrattività dei territori dipende il loro futuro. Alta presenza di materie prime Presenza di materie prime Scarsa partecipazione alle catene globali del valore Alta presenza di attività innovative Attività manifatturiera e servizi avanzati Bassa attività manifatturiera e presenza di materie prima Nessun dato disponibile
Cosa sono le Catene globali del valore
Secondo la definizione della Banca Mondiale per “catena globale del valore” (CGV) si intendono le fasi in cui è suddivisa la produzione di un prodotto o servizio rivolto ai consumatori. Ogni fase della CGV aggiunge valore e almeno due fasi sono in paesi diversi. Ad esempio, una bicicletta assemblata in Finlandia con componenti provenienti dall’Italia, dal Giappone e dalla Malesia ed esportata in Egitto è una CGV. In base a questa definizione, un paese, un settore o un'impresa partecipa a una CGV se partecipa (almeno) a una fase di questo processo. In linea di massima tutti i paesi del mondo partecipano alle catene globali del valore, ma non tutte vi partecipano allo stesso modo. L’Italia, secondo la tassonomia fornita dal World Development Report 2020 della Banca Mondiale, rientra tra i Paesi ad alta concentrazione di imprese manifatturiere e di servizi avanzati.