Scriveresitere mensile di informazione www.scriveresistere.it
Reg. Trib. Monza nu. 24/2021
Dir. Editoriale: Roberto Mauri
Dir. Resp.: Fabrizio Annaro
Coord. Edit.: Luisa Sorrentino
Redaz.: L. Picheca, P. Musso, Cl. Messa, L. Tangorra Prog. Grafico: C. Balestrini
MA CHE FREDDO FA rà !
Chi se lo aspettava? Nell'epoca della vita più agiata che abbiamo mai vissuto in Europa, ci tocca tornare indietro nel tempo e rivedere il nostro modo di vestire! Infatti, il caro bollette, per via dell'aumento del gas e dei combustibili fossili, ha determinato un brusco calo dei consumi e del riscaldamento nelle case e negli ambienti pubblici e privati. Anche negli ospedali e nelle strutture per disabili e per anziani i dirigenti devono trovare soluzioni per adeguarsi e per far quadrare i bilanci già complicati.
La vita è come un frutto o, per meglio dire, come un dolce prelibato con tutti i suoi gustosi e profumati canditi che fanno da contorno esaltandone la dolcezza. È per questo che bisogna sapersela godere, gustandola come bambini felici che si lasciano appiccicare dallo zucchero di una leccornìa.
Giorno dopo giorno, ora dopo ora, bisogna guardare la vita come se fosse una sorpresa dell’uovo di Pasqua, perché non puoi mai sapere ciò che da un momento all'altro ti può riservare! La vita è anche come un fiume che corre per gettarsi nella quiete del mare. La vita ti chiama dolcemente e ti vuole parlare, mentre noi non l’ascoltiamo e facciamo scatenare tempeste, tuoni fulmini e saette. Ma come è bella la vita così come si presenta, semplice e pulita!
Amo l'autunno con il suo profumo di caldarroste che quando scoppiettano sopra la brace ardente fanno venire l'acquolina in bocca, finché non te le gusti una dopo l'altra tutte d’un fiato!
Amo la nebbiolina che ti pizzica il viso lasciandoti poi quel tepore che sa di umidità. Amo passeggiare nei boschi per sentire quel profumo inebriante di terra umida che ti invita piano piano a respirare e nello stesso tempo, serenamente, si sposa con tutti gli altri profumi del creato, lasciandoti dentro quella gioia di vivere, di gioire con tutto il creato. Così ringrazio il Signore per quel momento di pace che ti fa vivere, come
Tornano di moda i mutandoni di lana? Così non andremo più in giro per casa mezzi nudi e non andremo a letto in mutande d'inverno, ma ci metteremo i capi intimi di lana, quelli che si usavano indossare per difendersi dal freddo fino agli anni '60, dopo i quali con l'avvento del boom economico si sono diffusi i riscaldamenti con i caloriferi nelle case e nei posti di lavoro. Una pacchia per la nostra comodità e per il nostro benessere, ma che ha contribuito ad incrementare e ad accelerare il disastro ambientale che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Ci accorgiamo finalmente che il nostro rapporto con la Terra, poteva essere migliore e più rispettoso osservando delle regole che oggi appaiono evidenti ma tardive, come correre dal medico quando la malattia è diventata cronica.
Allora torniamo a muoverci a piedi o in bicicletta, abbassiamo il condizionatore in estate e accendiamolo solo nelle stanze in cui si sta. Per quanto riguarda la stagione invernale, compriamo i vecchi capi intimi di lana e pensiamo che stiamo facendo bene al nostro pianeta!
di Luigi Picheca
un raccomandato dal cielo, e vorresti che quell'incanto durasse in eterno.
Amo guardare un tenero e indifeso filo d'erba appena nato, con le sue fragili radici e il suo finissimo stelo, come l’esile corpicino di un bambino, mentre la foglia rivolta verso il cielo sembra ringraziare il Dio dell'amore e della bellezza del creato. Ma cosa cerchiamo, cosa vogliamo quando da un semplice filo d'erba si può capire la bontà e l'amore che sta dentro quella semplicissima creatura? È mai possibile che bisogna essere per forza possidenti, benestanti o milionari per apprezzare la vita? Come si vive male se non si sanno apprezzare questi piccoli doni che il Signore con infinito amore, ci dona! A che serve accumulare denaro sopra denaro quando si passa la vita a privarsi delle cose che contano, solo per non veder scendere il proprio conto corrente, privandosi del regalo più bello che è donare?
Ciò che appaga veramente è dare, è aiutare chi ha bisogno e ti ripaga con un sorriso, semplicemente ringraziandoti come se il tuo fosse un dono del cielo! Fare felice una famiglia, vedere il viso del loro piccino gioire per un regalo… Ecco questa è la vita.
di Pippo Musso
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Editore: La Meridiana SCS P.IVA 02322460961 Viale Cesare Battisti 86 20900, Monza (MB) ANNO 3 - N° 11 Novembre 2022
magazine di chi scrive con gli occhi"
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COINVOLGERE... permette di fare insieme la storia
GEOTERMICO Ma... cos'è?
Geotermico,... e che cos'è? La defi nizione è questa: “Che sfrutta il calore interno della Terra”. Non è bellissimo?
Mancare di qualcosa a cui si è abituati e ormai si dà per scontato, scatena spesso una serie di stati d’animo con cui fare i conti, prima di riuscire ad andare oltre il vuoto che produce la mancanza. A volte, il vuoto sembra creare sensi di colpa (cosa ho fatto di male?), oppure fa sentire come ammalati (che cos’ho? Cosa mi succederà? Morirò?), difettosi perché mancanti; quando addirittura non procura come un senso di morte, di lutto, di vuoto incolmabile…
E se il vuoto creato dalla mancanza fosse invece il luogo dove mettere nuovi bisogni e desideri? Se fosse espressione della nostra meravigliosa imperfezione? Se stare dentro il vuoto ci permettesse di mettere insieme ai difetti e alle colpe anche la possibilità di cambiare e la capacità di dar vita a nuovi progetti? Se il mancare lo vedessimo come uno stimolo, qualcosa che ci dota di nuovi occhi?
Forse le restrizioni ci stanno insegnando a non arrenderci e a cercare nuove soluzioni, a ri-pensare ai nostri errori in modo da correggerli e smettere di perseverare nell’ignorarli. Dunque, vogliamo essere positivi nel guardare avanti con coraggio, nell’attribuire ai cambiamenti in corso e in prospettiva il valore della vita e l’occasione di una conversione dell’umanità verso la ricerca del bene comune. Così agisce la nostra Cooperativa La Meridiana, cercando soluzioni nuove e adeguate alla realtà che cambia, anche dal punto di vista energetico.
Ecco cosa dice in questo senso il direttore generale Fulvio Sanvito: “Lavoriamo in un clima di grande incertezza, navigando a vista cercando di ottenere risparmi significativi in ogni angolo della cooperativa. Siamo consapevoli che la situazione non è delle migliori, ma al tempo stesso abbiamo grande fiducia.
La crisi energetica, paradossalmente, ha aperto nuovi orizzonti. Stiamo valutando la possibilità di produrre energia con fonti sempre più rinnovabili. Abbiamo in cantiere un progetto per installare un sistema geotermico alimentato anche da pannelli fotovoltaici che ci renderà più indipendenti e più sostenibili sotto il profi lo dell’emissioni di CO2 .”
Il presidente Roberto Mauri spiega così il progetto: “Insieme ai rappresentanti dell’Opera Diocesana Istituto San Vincenzo, la proprietà dell’edificio che ospita la RSA San Pietro, abbiamo messo a punto un progetto che sostituirà le caldaie a gas con pompe di calore geotermiche alimentate anche da pannelli fotovoltaici. Sia l’edifico che ospita la RSD che la RSA avranno “luce e calore” grazie ad un nuovo sistema geotermico, un investimento importante che consente un reale risparmio di energia primaria con conseguente riduzione dell’impatto ambientale. La simulazione dinamica di funzionamento dell’impianto nelle condizioni reali consente di ottimizzare il rendimento medio, riducendo i consumi di energia primaria negli impianti tradizionali di oltre il 30%. Abbiamo fatto qualche conto. Non nascondiamo qualche vertigine. Il progetto prevede una spesa complessiva di
circa 1 milione e 500 mila euro. Ci mancano 500 mila euro. A questo punto non rimane che attivare il secondo capitolo della nostra storia: affidarci alla comunità, ai cittadini, alle imprese, alle famiglie. Parte proprio in questi giorni una campagna raccolta fondi dai molteplici obiettivi: sostenere la fragilità, operare per il bene dell’ambiente, promuovere esempi che potranno essere emulati anche da altri enti.”
Tutti insieme possiamo creare il clima necessario Diamo calore alla fragilità
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2 Novembre 2022
La Redazione
PERMETTERE... alla vita di meravigliarci
LA MANCANZA
Il libro, uscito il 25 ottobre, è nato nel tentativo di indagare per cosa valga la pena vivere. Lui stesso spiega: "La sensazione più forte, dopo tutto quello che abbiamo passato in questi anni, è di quanto la nostra esistenza sia precaria. Così ho cercato persone che potessero regalarmi con l’esempio una convinzione: si vive una volta sola e non bisogna sprecare un solo istante. Bisogna essere fedeli a se stessi, fare scelte coraggiose e appassionate e vivere con intensità. Regalandosi, ogni giorno, la possibilità di scegliere. Anche quando sembra impossibile."
di Laura Tangorra
Ricordo che a scuola, qualche mia compagna di classe aveva il diario gonfio tre volte il mio (che pure era vissuto) con le pagine piene di immagini incollate, di scritte colorate, disegni e cuoricini. E poi fotografie. La foto di un abbraccio in riva al mare, o quella di un ragazzo in divisa militare. E ovunque, mi manchi. E c'era un dolore vero dietro quei mi manchi: a quell'età si vive intensamente. Quando una persona che amiamo o a cui siamo affezionati, si allontana per un lungo periodo o purtroppo per sempre, proviamo un senso di vuoto dentro, una nostalgia, una malinconia che stritola il cuore, e dalla quale sembra impossibile rialzarsi e tornare in frantumi alla vita di sempre. Ma la vita non si ferma, il tempo non ci aspetta, e soffrendo e un po' piangendo ce la facciamo, andiamo avanti. A me manca tanto la mia vita di prima, la mia quotidianità. La mia normalità. Avrei voglia di alzarmi dal letto e andare a lavorare, di passeggiare al parco con Franco tenendolo per mano, di chiacchierare coi miei figli per ore, di pulire la mia casa, di mangiare una focaccia. Che nostalgia quando ci penso... Allora mi proibisco di fermare il ricordo su queste cose, per rivolgere il pensiero a tutto quello che di bello ho adesso. Aver visto i miei figli diventare adulti, e aver conosciuto i miei nipotini sono stati, e sono ancora, ogni giorno, il più grande e inaspettato regalo. E poi ho scoperto di saper scrivere, cosa che mi ha aiutato a fare ordine nella mia testa, sconvolta, devastata come tutto il mio mondo dopo la diagnosi di SLA. Questo nuovo "lavoro" che mi sono inventata, mi ha permesso oltretutto di fare incontri Impensabili, l'ultimo dei quali è avvenuto proprio grazie a scriveresistere.
Inutile dire che ancora oggi fatico a credere all'onore che Mario Calabresi mi ha concesso, quello cioè di far parte di questo libro meraviglioso, e anche di averne scritto il capitolo conclusivo. Nonostante questo posso dire che incontrarlo è stato come rivedere un caro amico dopo tanto tempo. Ci sono sorrisi che creano distanze, e sorrisi che abbracciano. Con lui è stato così. Altissimo, abbronzatissimo, si è seduto di fronte a me e abbiamo iniziato a raccontarci, e la cosa veniva naturale anche con l'aiuto di Franco, che compensava come sempre la mia lentezza nello scrivere. Ogni tanto lo guardavo e stentavo a credere che Mario Calabresi, quello che abbiamo visto e apprezzato tante volte in TV, fosse qui nella nostra casa con un ghiacciolo in mano! Continuava a dirmi grazie, ma ero io quella onorata. Quindi è vero che mi manca la vita di prima, tantissimo, però dopo tanti anni ho imparato che la mancanza di qualcuno o di qualcosa destabilizza, sì, rompe gli equilibri più profondi, ma se la accogliamo, se la accettiamo, può aprire le porte a qualcosa di bellissimo.
L'ultimo viaggio con mamma e papà di Luigi Picheca
Leggendo il nostro giornale scritto con gli occhi, Mario Calabresi ha trovato questa frase in uno dei miei articoli: "Qualche volta mi piace fantasticare su ciò che farei se avessi la possibilità di guarire per ventiquattr’ore. Oppure cosa sceglierei se potessi riacquistare l’uso di una, una sola delle tante facoltà che la SLA mi ha portato via" Questo l'ha spinto a contattarmi per chiedermi di scrivere qualche pensiero per il suo nuovo libro in uscita "una volta sola".
I miei genitori erano sepolti nel cimitero di Monza da vent'anni ed è arrivato un ordine di recupero dei resti dal comune. Noi fratelli abbiamo pensato di chiederne il trasferimento nel cimitero vicino a casa, quello di San Fruttuoso. Lì avevano costruito di recente dei nuovi loculi per la conservazione delle ossa dei defunti. Accettata la richiesta dal comune arriva il giorno della convocazione presso il cimitero di Monza per presenziare al trasferimento. Mi ci sono recato io e mi hanno consegnato le due cassette di metallo con i poveri resti. È sempre un momento in cui le emozioni e i ricordi affiorano con prepotenza e bagnano gli occhi e gonfiano il cuore. Li carico in macchina e comincio ad avviarmi verso casa. Durante il breve tragitto tra un cimitero e l'altro, è stato inevitabile pensare a quanti viaggi avevo fatto da passeggero con papà alla guida della 1100 rossa di cui andava fiero e mamma seduta davanti al suo fianco. Papà era un istruttore di guida molto bravo ed apprezzato a Sesto San Giovanni, dove ha svolto la sua professione per tanti anni, mi era dispiaciuto non poterne usufruire delle capacità per il conseguimento delle mie due patenti di guida, perché quando avevo sedici anni era già malato di cancro e non poteva più fare il suo lavoro. Il giorno in cui gli ho detto che stavo per fare la patente per condurre i motocicli ci siamo emozionati, c'era un legame particolare tra noi due, non solo perché festeggiavamo il compleanno nello stesso giorno, ma anche perché ero sempre stato orgoglioso di mio papà e del suo impegno nello svolgimento del suo lavoro. A volte mi portava in macchina con lui, col permesso di qualche allievo, per vedere come si fa a guidare. Io guardavo, osservavo e memorizzavo istruzioni, errori e i consigli pratici impartiti da mio padre, e a dieci anni, in un'area riservata, mi ha fatto provare a guidare la sua auto con i doppi comandi, ho provato grande gioia, euforia e orgoglio, anche per la fiducia che papà mi aveva prestato. Nel momento in cui mi sono messo al volante per quel battesimo alla guida, l'emozione e l'adrenalina, a fiumi mi avevano fatto dimenticare quasi tutti gli insegnamenti appresi alle spese degli allievi passati. Quel giorno, con i miei genitori a bordo, mi sentivo per l'unica volta in vita mia, il figlio che porta a spasso i vecchi genitori, quelli dietro a me non erano più resti, erano i miei cari genitori! Allora ho allungato un po' il giro e sono passato davanti alla nostra vecchia casa e ho fatto il giro del paese, come per fargli vedere che stavano tornando a casa dopo tanti anni. Arrivati al cimitero di San Fruttuoso, c'era il custode che mi aspettava, abbiamo messo le due cassette su un carretto e siamo andati a scegliere il posto. C'erano tanti loculi ancora liberi e ne ho scelto uno abbastanza comodo da raggiungere. Dopo una infinità di traslochi fatti nella vita, gli avevo scelto la loro ultima dimora in un posto tranquillo. Ero contento di averli riportati a San Fruttuoso, ero contento di averli riportati a casa.
3 Novembre 2022
se la accogliamo, se la accettiamo, può aprire le porte a qualcosa di bellissimo
SCOPRIRE...
che i desideri sono realizzabili
UN SOGNO
Il mio primo viaggio da solo
Il mio nome è Tomas e mi trovo a bordo di una nave da turismo da crociera per un viaggio di piacere, che i miei genitori proprietari terrieri mi hanno voluto regalare per il mio venticinquesimo compleanno: un viaggio in Brasile. È la prima volta che viaggio da solo, dopo alcuni viaggi di lavoro per affari di mio padre e che ho sempre fatto in compagnia dei miei genitori, che mi portavano con loro per non lasciarmi con i nonni. Ma adesso che sono grande, faccio il mio primo viaggio da solo in Brasile. Confesso che la cosa mi eccita, mi emoziona, vedendomi solo in mezzo a tutta questa gente sconosciuta ed elegante. Mi sento come un bambino spaesato senza il sostegno del babbo e della mamma... Nello stesso tempo, sono contento di fare la mia prima esperienza da uomo. Non ero mai stato a bordo di una nave da crociera. La trovo affascinante con la sua enorme sala da pranzo, la sua bellissima sala da ballo in cui giovani e anziani arzilli e giovanili, si scatenano con la loro consorte, sgambettando sulla pista. C’è persino la sala giochi con la grande e bella roulette e resto sbalordito per la grande quantità di fish sul tavolo da gioco. Non avevo mai visto questo gioco dal vivo e quanto alte sono le vincite che pagano i croupier: ho scoperto che con questo gioco d’azzardo se hai fortuna puoi arricchirti davvero, cosa per niente facile e soprattutto con il rischio che se sei sfortunato perdi tutto, famiglia compresa. La mia non ne vuole sapere dei “giochi rovina famiglie” e dice che restano due possibilità: ti suicidi oppure ti unisci ai clochard e vivi mendicando, senza contare il fatto di rovinare e perdere gli affetti familiari, stare senza casa, perdere la fiducia dei genitori e restare solo…
Che pensieri sto facendo! Comunque ho capito che bisogna accontentarsi senza illudersi di diventare milionari per fortuna. La nave continua silenziosamente il suo percorso verso la meta. Vivendo in campagna aiutavo i miei genitori, che lavoravano dall'alba al tramonto, con la schiena curva. Questo impegno di lavoro non mi permetteva di giocare con i miei amici coetanei, anche loro impegnati in campagna. Così, non frequentandoci mai, neppure con le poche ragazze che lavorano nei campi, è nata la mia timidezza. Il timore di parlare, di
esprimermi, di mettermi in mostra come facevano i miei coetanei molto più disinvolti; non ho mai avuto una ragazza con cui parlare, da coccolare, da amare come fanno tutti i miei coetanei, che non si lasciano prendere dalla timidezza si incontrano in mezzo ai campi...
“Maledetta timidezza”, mi dicevo, per non avere il coraggio di affrontare una donna, neppure durante le sagre di campagna dove si stava tutti come in famiglia con un buon vinello. Invece io e un mio coetaneo con problemi di socializzazione come me stavamo solo a guardare come due imbranati. Che brutto sprecare gli anni più belli della mia vita, gettarli al vento, rinunciando alle belle cose della vita, che il buon Dio ci ha dato. Non potevo andare avanti cosi e permettere che si ridesse di me, mentre proprio in me sbraitava il mio istinto maschile!
Mentre sentivo dentro di me un qualcosa che mi diceva “dai, dai, Tomas, ma che minchia stai ancora aspettando? Niente niente vuoi far la parte della signorina?
Erano queste attanaglianti parole che con la loro intensa acidità mi macinavano il cervello, non sapendo neanche da che parte iniziare per poter fare amicizia, per potere parlare, o magari discutere… insomma fare qualunque cosa, purché fosse un’amicizia con qualcuna. Ho pregato e chiesto aiuto dentro di me perché potessi trovare un punto di partenza… Ma ecco che all’improvviso, come la lampada di Aladino, mi si accende una lampadina: vedo che tutti quanti gli invitati piuttosto brilli e ballano e ridono, scherzano, così, senza pensarci, comincio anch’io a sorseggiare… a sorseggiare… sorseggiare… fregandomene di tutti quelli che mi guardano e mi butto in mezzo alla mischia cantando, ridendo e scherzando. Ho passato la serata più bella della mia vita!
Pippo! Pippoo!! Pippoooo!!!
Che c’è, che c’èè, che c’èèè!!!
Ma è possibile che non ti svegli neppure con le bombe??
dialoghiamo
di Pippo Musso
IL LAVORO CHE SOGNAVO: IL PULMINO DEI GELATI
Il suo nome è “Dulcibus” ed è un vero e proprio autobus dei gelati: un pulmino Volkswagen pronto a distribuire dolcezza e gusto ovunque ce ne sia bisogno. Alla guida c’è Barbara, 44 anni. Originaria di Merate, oggi abita a Calco. Gelataia da sempre, ‘on the road’ dal 2016.
“Ho avviato la mia attività dopo aver lavorato per 15 anni in una gelateria come dipendente”, racconta al Dialogo di Monza. “Il sogno di un furgoncino lo coltivavo già da tempo. Ogni tanto dicevo al mio titolare di allora che avremmo dovuto prendere un pulmino e andare a vendere gelati lungo l’Adda”.
Quando la gelateria dove lavorava chiude, Barbara prende la palla al balzo. Coi soldi della liquidazione, compra il furgoncino, un vecchio pulmino Volkswagen T2 un po’ arrugginito, lo fa sistemare a puntino e dà inizio alla sua nuova vita professionale. “Il nome l’ho trovato io e anche le grafiche sono mie: ho studiato grafica pubblicitaria e questo mi ha permesso di costruire anche l’aspetto estetico di Dulcibus”.
Quando però avvia le pratiche necessarie a ottenere i permessi per svolgere la nuova attività, Barbara si rende conto che vendere il gelato sul Lungo Adda non si può. “Ho scoperto che in molti dei posti in cui avevo sognato di portare il mio gelato non era possibile andare, oppure c’erano regole burocratiche complicatissime”. Ma lei non si dà per vinta. “Ho iniziato a
partecipare alle feste di paese. Mi sono iscritta a un’agenzia specializzata in eventi. Hanno cominciato a chiamarmi per i matrimoni o le feste private”. Così Dulcibus ingrana la marcia e inizia a viaggiare. Quel furgoncino piace ovunque vada, sempre più. Attira l’attenzione perché è proprio bello, la sua proprietaria è simpatica e fa un gelato davvero buono. “La mia è una piccola produzione, ma di qualità”, spiega Barbara. “Mi appoggio a un laboratorio in cui posso produrre io stessa il gelato che vendo e il latte che uso proviene da una casa agricola della mia zona. Poi porto in giro anche altri tipi di dolci e torte. Ma posso anche preparare aperitivi, su richiesta. Sono pronta a esaudire i desideri di chi ingaggia Dulcibus”. Un servizio importante che offre Barbara è proprio la personalizzazione, sia del tipo di prodotti, sia dell’aspetto del furgone, che si può arricchire con foto e grafiche a tema.
Oggi il furgoncino di Barbara viaggia col vento in poppa. Il suo gelato, partito dalla Brianza, è arrivato fino al Friuli e all’Emilia Romagna. Ha conquistato matrimoni e compleanni, sagre paesane e notti bianche, è atterrato persino in una palestra di arrampicata e sui set cinematografici. È un mestiere impegnativo, quello della gelataia itinerante. “Qualche volta è capitato che qualche amico mi aiutasse”, ammette. Ma alla guida di Dulcibus c’è sempre e solo lei: Barbara, la gelataia viaggiatrice.
4 Novembre 2022
Articolo di Francesca Radaelli tratto da Il Dialogo di Monza
INCANTARSI... di fronte ai capolavori che ci circondano
SCELGO PER VOI I FILM PIU' BELLI
i film che fanno emozionare, conoscere e riflettere
di Claudio A.F. Messa
TITOLO: IL RICHIAMO DELLA FORESTA (2020) REGISTA: CHRIS SANDERS ATTORI PRINCIPALI: HARRISON FORD, DAN STEVENS, OMAR SY
TRAMA: In California, alla fine del '800, il grosso cane Buck vive nella villa di un giudice. Rapito per essere venduto come cane da slitta per i cercatori d'oro del Klondike, Buck si ritrova in Alaska, rinchiuso in gabbia e addestrato alla legge del bastone. Acquistato da un francese che consegna la posta negli avamposti dei cercatori d'oro, entra in una muta di cani e in poco tempo, coraggioso e possente, ne diventa il capo. Quando però il postino perde il lavoro, viene acquistato da un feroce viaggiatore in cerca di fortuna, che a causa del suo egoismo rischierà di far perdere la vita ai suoi compagni (i cani fuggiranno una notte, abbandonandolo), mentre Buck verrà salvato dall'eremita John Thornton. Al fianco di John, Buck trova finalmente un amico con il quale spingersi nelle profondità delle terre selvagge. Qui sentirà sempre più forte il richiamo della foresta e si unirà a un branco di lupi, senza però dimenticare l'affetto per il suo anziano padrone.
Questo film mi è piaciuto così tanto che ho deciso di vederlo più volte. Mi è piaciuto tutto di questa pellicola, dall’ambientazione ai personaggi. In particolare l’ambientazione è molto bella: i paesaggi che mostrano sono mozzafiato e permettono allo spettatore di viaggiare nello spazio
e nel tempo. Per me che non posso viaggiare fisicamente film come questo sono un’opportunità per visitare luoghi così lontani da qui che in altri modi sarebbero irraggiungibili. Spesso i film infatti diventano per me una finestra sul mondo. In “il richiamo della foresta” l’ambiente è tanto protagonista quanto i personaggi. È grazie alla sua natura duplice, stupefacente da una parte e minacciosa dall’altra, che il personaggio principale, Buck, scopre parti di sé e con lui possiamo farlo anche noi. Da qui parte anche una riflessione sull’istinto. Nel film viene rappresentato come un lupo cattivo, che inizialmente atterrisce Buck. Il nostro istinto è di sopravvivenza, ma noi esseri umani dovremmo fare attenzione al nostro istinto perché potrebbe renderci più pericolosi di quello che già siamo.
Un altro aspetto del film che mi ha colpito è l'intelligenza di Buck perché gli permette di capire le persone, le loro intenzioni. Noi esseri umani facciamo più fatica a comprenderci, a vederci per quello che siamo davvero. Questo aspetto della nostra società è molto ben rappresentato nel film.
Consiglio questo film davvero a tutti coloro che, come me, amano viaggiare ma non possono farlo come vorrebbero, a coloro che amano gli animali perché anche attraverso un film su un cane possiamo scoprire aspetti di noi stessi che ci erano nascosti. E soprattutto perché questo film è bello, sotto ogni punto di vista.
LE ILLUSIONI DIETRO IL MONDO FACILE DEL WEB
Deniel ha 19 anni e gli abbiamo chiesto di aiutarci a conoscere il mondo del web. Grazie!
Quante volte capita di vedere un video su youtube?
Video di persone che viaggiano, fanno investimenti, fanno esperienze…
A volte dietro determinati video si nasconde un affare economico, qualche accordo, qualche sponsor… Noi vediamo il contenuto fatto e finito. A volte gli autori accennano al retroscena che c’è stato per creare quel prodotto video, altre volte no.
Il problema è che chi guarda i video, le stories o anche semplicemente tik tok, pensa che per arrivare a creare un contenuto simile non ci voglia molto, anche per quanto riguarda la musica.
Una volta c’era tanta gavetta da fare per realizzare i concerti live e prodotti visivi. Oggi sembra tutto facile e creare contenuti sembra qualcosa che potrebbero fare tutti!
Chi lo fa senza passione, solo per interesse e guadagno personale oppure
soltanto per apparire… beh sarebbe meglio che si prendesse il tempo per cercare la vera propria strada…
Non è facile, né una banalità trovare qualcosa che ti faccia alzare dal letto al mattino, un obiettivo che ti faccia affrontare la realtà fiducioso di superare le delusioni e la paura di fallire, riuscire ad essere costante. La propria meta si raggiunge piano piano, giorno dopo giorno, perché non esiste il DETTO e FATTO e in cinque minuti si ottiene il successo! Anzi, si ottiene proprio tutt’altro, se no saremmo bravi tutti senza fatica…
Si perde troppo tempo a cercare di rendere la propria vita invidiabile e così, anziché diventare un personaggio famoso, bello, alto, ricco e chi più ne ha più ne metta, si rischia solamente di diventare delle “bellissime” persone vuote.
di Deniel Gonni
Scrivi un tuo pensiero-dono a scriveresistere@cooplameridiana.it
5 Novembre 2022
Diventiamo un coro di voci che raccontano la vita
scriviconnoi
SENTIRE... con il cuore
GRANDE E GROSSO, EPPURE INDIFESO
Grande, forte, alto, possente, esperto, pieno di segni del tempo, sicuro di sé, lanciato nello stesso istante verso terra e verso il cielo, inamovibile e mutevole nelle sue forme, si afferra alle sue radici e tende all’alto, ambizioso, ospitante… Che bello! Non si riesce neppure ad abbracciare per quanto è larga la sua circonferenza. La sua solidità inibisce, fa sentire piccoli e fragili… Da quanto tempo sarà in quel posto, in quello stesso posto che l’ha visto nascere dal grembo della terra e dove si è nutrito, è cresciuto, ha visto cambiare il mondo attorno a sé, si è fatto degli amici e li ha ospitati, ha figliato rami e foglie!
Però l’albero ha un punto debole: non può scappare!
L’albero non può difendersi dall’uomo che non vede quella maestosa bellezza e lo taglia spietato, cancellando la vita e la storia… L’uomo si deve scaldare e nello stesso tempo deve coltivare il terreno e l’albero gli serve o gli dà fastidio.
Che male! Volendo, si può sentire il pianto, il dolore di quel legno pieno di vita che, guardato con indifferenza sprezzante, subisce impotente il piccolo uomo armato di sega e si lascia cadere tra le lacrime delle radici mutilate. Eppure, gli alberi tengono salda la terra su cui l’uomo appoggia la propria esistenza, tant’è che poi piange sulle macerie delle case e la perdita dei suoi affetti. L’albero è un condominio grandissimo in cui vivono migliaia di famiglie, è una macchina perfetta per pulire l’aria e ossigenarla, è un riparo con la sua ombra fresca, è un’opera d’arte con le sue forme originali, si fida dell’uomo… finché non viene tradito… Prendiamo spunto da questo nonsenso per farne la metafora di una cultura che svuota l’anziano dei suoi valori e della sua importanza come radice della società. Basta lo slogan “vecchio è inutile”!
Con il progetto Generazione Senior La Meridiana lotta per dar vita ad una cultura che restituisca all’anziano il giusto spazio e lo restituisce alla Società come indispensabile risorsa.
di Luisa Sorrentino
di Natale!
Non si sa se un albero travestito da Natale sia contento o infastidito… Noi pensiamo sicuramente di valorizzarlo e renderlo protagonista della scena, ma sinceramente chissà come vive la cosa lui…
L’importante è che finito lo spettacolo possa ritrovare il suo terreno naturale e crescere in pace. È bello pensare di essere sempre davanti a qualcosa di vivente, un qualcuno più che un qualcosa di fronte al quale mettersi con rispetto e curiosità, entrare in contatto alla ricerca di una sintonia, di un luogo comune in cui incontrarsi… Che ne sappiamo se un albero ha la voce o no? L’importante forse è affinare il nostro sentire con il cuore. Comunque, chi non si è mai cimentato nel cercare di fare l’albero di Natale più bello possibile, l’albero a cui lasciare il compito di creare un’atmosfera unica, inondando la casa di positività, colori, lucentezza, amore…?
La Meridiana è la prima a fare l’albero più bello che può, a cui dare voce per richiamare l’attenzione sui bisogni della fragilità. La Meridiana guarda avanti e prepara doni speciali e di qualità, le cose più buone e più belle che può offrire a chi conosce il suo impegno e sa perché è bene preferire un suo panettone: per sostenere la fragilità anche con il Natale. Ecco allora che l’albero addobbato troneggia appena entrati nella RSD, accanto a innumerevoli pacchi e pacchetti contenenti prodotti prelibati. Un piccolo e bellissimo alberello addobbato diventa complice della solidarietà e sosta imperterrito finché tutti non l’hanno guardato e… ascoltato!
Non perdete tempo e fate subito Natale sotto l’albero di La Meridiana!
6 Novembre 2022
Ci sono alberi che desiderano essere ascoltati… gli alberi
IN OPERA un progetto editoriale
Una nuova testata fatta di tanti amici (tra cui scriveresistere)
Si chiama Mabul il giornale che sta nascendo in carcere
Si chiama Mabul il giornale che sta nascendo in carcere
Mabul è il particolarissimo nome del giornale che Claudio Lamponi ha ideato come allegato della sua tesi di laurea in Scienze della Comunicazione e soprattutto come progetto che nasce nella Casa di Reclusione per uscire e dialogare con il mondo esterno, divulgando le iniziative e le attività delle numerose realtà che operano a favore del sociale. Tanti Enti e tanti amici. Non è stato certo facile, progettare e costruire il prototipo di Mabul e noi siamo felici di pubblicarne in anteprima almeno il sapore, le intenzioni, attraverso qualche riga estratta dalla prime pagine che descrivono come è nato Mabul e che significato ha questo nome così suggestivo e originale!
“Lo chiameremo “MAbuL”. Quando nella nostra minuscola, nascente “redazione” del periodico da produrre nella Casa di Reclusione di Opera ci stavamo interrogando su quale nome dare alla testata, nel disordinato brain storming in cui ci eravamo infilati, a un certo punto è saltata fuori quella parola. S’è verificato come un fermo immagine: siamo rimasti colpiti e non c’è stata discussione ulteriore. Il nome era stato trovato. Mabul. La parola è di origine ebraica ed è quella che normalmente noi traduciamo come “diluvio”. Nella Bibbia, il mabul è un momento di rinascita e di ricominciamento ( dopo il diluvio il mondo è lavato, pulito e pronto a un inizio) e ciò che conta in quella vicenda è il messaggio forte che per ricominciare qualcosa di bello, di nuovo, di duraturo, spessoforse sempre - bisogna ribaltare, bisogna far sì che l’alto diventi basso, che il sopra vada sotto.”……..
Ci fermiamo qui e non aggiungiamo altro a questo piccolo assaggio, perché quando sarà pronto per uscire lo divulgheremo in versione integrale. Che bello assistere e partecipare alla nascita di progetti che si abbandonano alla speranza e aprono le braccia al futuro.
Benvenuto MABUL!
7 Novembre 2022
Complimenti e auguri di cuore a Paolo!
nostro amico Paolo Marchiori esce con un libro tutto suo, un libro d’amore e di speranza! Eccolo
Il
PER LA MERIDIANA è SEMPRE OGGI!
Eppure è un semestrale…
OGGI perché La Meridiana è dentro il presente per poter guardare e ascoltare la realtà in cui siamo immersi, da cui giungono bisogni evidenti o latenti, nascosti nelle pieghe della comunità, delle famiglie, della solitudine.
OGGI perché la fragilità non può aspettare e bisogna andarle incontro, accoglierla, costruire benessere, arginare sofferenze, creare modelli da esportare da comunità a comunità.
OGGI perché è il luogo del poter fare concretamente, della ricerca, della sperimentazione, del dare voce, del preparare il futuro, dell’off rire opportunità.
OGGI perché la prevenzione si fa oggi per domani. OGGI perché è oggi che bisogna mobilitare e impegnare risorse, investire in strutture e servizi di accoglienza e cura. Per questo La Meridiana OGGI può restare per sei mesi a disposizione, essere sfogliata e risfogliata senza perdere la sua attualità, mantenendo la freschezza di un quotidiano.
8 Novembre 2022
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