Rivista Santuario della Consolata - ottobre/dicembre 2019

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Un grazie alla Madre per una madre Cesare Balbo e Francesco Gonin alla Consolata

Lino Ferracin

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ra i mille e mille ex-voto che arricchiscono le pareti della nostra Basilica, uno in particolare spicca per la bellezza dell'opera, per il nome del donatore e per quello del suo esecutore: si tratta di un quadro ad olio di Francesco Gonin, dipinto per la famiglia di Cesare Balbo. L'opera, la più grande per misure di tutta la nostra attuale collezione (cm 58,5 x 97), riporta nella targhetta bronzea sul retro della cornice questa motivazione dettata dal cuore di Cesare Balbo: “L'an. 1833 addì 21 nov. natalizio del marito, Maria Felicia Balbo veniva, secondo l'uso suo, a raccomandar la famiglia in questa chiesa a Maria Vergine ed offerirsi per quella. Infermava nel medesimo giorno, e moriva addì 29. L'anno 1835 il vedovo marito, temendo per li gli, raccomandavali per li meriti della madre alla divina Protettrice e Consolatrice. O gliuoli di quella Pia, serbate la materna divozione.”. Grande era l'amore di Cesare per la sua sposa e così ne parla nella sua breve autobiograa: «Ei perdette la compagna sua, la madre degli otto gliuoli suoi, quella che non gli aveva dato in vita un momento, che non gli lasciò morendo una memoria che non fosse di santità, felicità e dolcezza»1. Difcili furono quei due primi anni di vedovanza ed a peggiorare le cose nell'estate del 1835 Torino fu colpita dal colera, mettendo in pericolo la vita dei gli; queste preoccupazioni ed il dolore non ancora sopito portarono il Balbo ad ammalarsi “n presso all'agonia”. Il quadro, dipinto certamente dopo il colera nel 1836, ha come scenario sullo sfondo a sinistra l'edicio all'angolo tra via della Consolata e via Valerio Lorenzo, sulla destra la porta meridionale della chiesa com'era prima dell'apertura della piazzetta nel 1846 e della realizzazione del pronao sulla stessa. La scena si articola in tre momenti: in alto a sinistra la Vergine Consolata, rappresentata non nel tradizionale gesto della mano destra ad in-

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Il Santuario della Consolata

dicare il Figlio, ma con la mano rivolta in basso verso quella di Felicita Balbo che, come un angelo biancovestita, si innalza verso la Vergine, lo sguardo sso su di Lei. In basso un uomo di spalle, nero vestito, alza la mano verso l'anima della moglie che sale al Cielo e vi è come una linea continua che parte dalla mano di Maria, scende lungo il corpo di Felicita Balbo e passa come una scarica di grazia in quella di Cesare Balbo. Attorno al padre gli otto gli: Prospero di 11 anni, Luigi di 10 e Ottavio di 9, tutti e tre in divisa di collegio militare; poi Enrichetta di 8, Ferdinando di 7, Casimiro di 4, Cesarina di 3 e, ultimo, Paolo di soli 2 anni 2. Tutti raccolti in pose diverse: chi a guardare in alto, chi col viso raccolto. Solo Cesarina guarda verso di noi spettatori come a invitarci ad unirci nel ringraziamento alla Vergine e nel ricordo della madre. Ma forse il particolare più curioso è proprio la rappresentazione del donatore che volge le spalle a chi guarda, tutto rivolto alla visione celeste del suo amore. Quale può essere il senso di quella particolare posa, certamente voluta dall'offerente? Umiltà o volontà di non interferire con la sua presenza, lui persona conosciuta nei salotti e nelle stanze del potere di Torino, con il centro dell'azione del quadro: un omaggio e una preghiera alla donna della sua vita e alla madre dei suoi gli e una supplica alla Consolata Consolatrice, Madre di tutti i credenti. “O gliuoli di quella Pia, serbate la materna divozione”. Non dimenticatevi, o gli, e voi fedeli di fronte a questo quadro, della devozione che Felicita Balbo ebbe per la Vergine Consolatrice!

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BALBO CESARE, Vita di Cesare Balbo scritta da lui medesimo, Torino,1853. 2 cfr. BALBO DI VINADIO CHANTAL, Cesare Balbo. Un ritratto di famiglia, Neos Edizioni, Rivoli, 2011.


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