Devizes, UK foto di My!Laika
giornaletti, i telegiornaletti e i loro bollettini tendenziosi o semplicemente irragionevoli. Concordiamo che preservare la vita, in generale, debba essere imperativo e assoluta priorità della politica ma non potendo più discernere il vero dal falso, la nostra opinione sulla realtà medica-epidemica è sospesa. Invece, sulla restrizione delle libertà l’opinione è sempre la stessa: la riduzione indifferenziata dei diritti è sempre nociva alla società. “Repressione e controllo” è il titolo di un incubo foucaultiano che ci sveglia di soprassalto. La scelta funesta del governo di usare la parola assembramento, poi, ci da pelle d’oca, anzi vomito. La sua connotazione ci riporta in un sol balzo a crimini di ieri. Un vento gelido separa le lettere della parola libertà e rotolano sparse sul precipizio. Le orme degli stivali nel fango, le nuvole nere che si addensano all’orizzonte, i proclami patriottici dell’ultimo dei cretini, sono segnali che ci preoccupano e nemmeno un’emergenza sanitaria li autorizza a esistere. Esiliati in casa proviamo a capire gli sviluppi del nostro lavoro. Sentimenti discordi corrono sul rettilineo finale e l’incertezza taglia il traguardo. Ma da sempre l’incertezza è la nostra campionessa. Da quando abbiamo deciso di fare questo lavoro che poi è questa vita. La prossima stagione: come sarà? Chi può dirlo. Sempre così; prima di tornare dopo i lunghi inverni a Kiev o Mosca: che succederà l’anno prossimo? dove lavoreremo? Finite le scuole: in strada? nei varietà? Quando siamo andati a vivere in Francia: e la prossima stagione? in teatro? chi sapeva? Quando decidemmo di lasciare il teatro per lo chapiteau: dove avremmo girato con un tendone? O più semplicemente, domani, la prossima città, la prossima data: come sarà il pubblico e il terreno per i picchetti? Il nostro spettacolo sarà adatto? E a natale? Insomma, l’incertezza noi l’abbiamo scelta. Non c’è niente più stabile del precario. Adesso, mentre stiamo fuori dalla pista, vogliamo difendere la nostra professione. Difendere lo spettacolo dal vivo dal tentativo, voluto o no, sicuramente maldestro, di sminuire o di mettere in stand-by il valore della nostra arte. Incensurabile, scomodo, non in regola, non riconosciuto, il nostro lavoro è minacciato dalla recrudescente virtualizzazione d’ogni cosa. La corrente ghiacciata è forte e anche al-
A M P I O N E S S A
L ALAN ONOSTRA CAMPIONESSA S T R A C
LA NOSTRA CAMPIONESSA Donnafugata, Sicilia foto di My!Laika
mylaika.com
1 Impatto 2 Resistenza&Resilienza 3 Opportunità 4 SOS 5 Aneddoti 6 IN PRIVATO di Salvatore Frasca e Philine Dahlmann
cuni colleghi si lasciano trascinare in gorghi commerciali. No. Non ci stiamo dentro …un display. Lotteremo per portare il pubblico fuori dalle case, staccarlo dalla tv, dalla rete, dai telefonini, e portarlo nel nostro mondo parallelo. Rapirlo dallo schifo che ci assedia. Come abbiamo sempre cercato di fare. Come ci ricordano gli esperti, la legge statale che disciplina il circo è una legge che riconosce la funzione sociale del circo, non la funzione social. Ripartiremo. Il treno che si è fermato in piena corsa ha lasciato l’eco d’un fischio nelle nostre orecchie. La condizione del non-lavoro si somma a quella del nonviaggio e per noi, che abbiamo trascorso gli ultimi vent’anni senza fermarci mai, ci riporta a un’altra vita, a noi aliena, quella del nostro pubblico. Vivere la condizione di “fermo” come si dice in gergo, ci fa comprendere meglio il valore delle origini nomadi del nostro genere. Sospiriamo, dietro barricate fatte coi libri. Ancora un sogno, e saremo di nuovo in viaggio. Come, dove, quando sono nodi da sciogliere nel solito rebus del futuro. L’avvenire appartiene a tutti ma è un percorso privato, intimo. Difenderemo le nostre scelte e andremo avanti verso la nostra prossima avventura con tutto il coraggio che ogni salto, ogni tecnica, ogni spettacolo rispettabile esige per esistere. Il circo sopravviverà alle miserie con la sua fantasia, con la sua capacità straordinaria di adattamento e tutto il suo nobile fascino selvaggio. Forse.
Ultima data in Svizzera. Poi l’autostrada deserta, si torna in Italia. Nel giorno che precede la serrata totale di un paese “in crisi sanitaria”, alla frontiera, a controllare chi entra e chi esce, non c’è nessuno... Ci sparpagliamo: A Torino, a Toulouse, il resto scivola al quartiere d’inverno: la base di My!Laika e il Circo SIDE, in Toscana. Campagna, primavera, fuochi, portico e loncia, allenamenti marziali, manutenzione strutture, sala musica, e il mondo vada a farsi benedire. L’ecatombe, per noi tangibile, è quella degli spettacoli. Una dopo l’altra, le date della nostra tournée appena iniziata saltano. Prima le disdette arrivano dall’Italia, ovviamente. Poi in ordine di calendario. Cancellano dalla Polonia, dalla Germania, dalla Lituania, dall’Olanda. Restiamo attoniti a guardare il trionfo della politica del panico. Inevitabilmente pensiamo alle iper-restrittive leggi antiterrorismo che hanno strangolato gli eventi culturali negli ultimi anni. Pensiamo alla continua diffusione di allarmi rossi meteo per ogni acquazzone, il terrore quotidiano della diffusione di teorie catastrofiste sui social, la paura di un’apocalittica invasione di migranti. Pensiamo a tutte quelle catastrofi che ci hanno spruzzato negli occhi giornali e politici e osserviamo la realtà tangibile. Tuona la sacra parola della demagogia: “Siamo in guerra”. E noi no. Quindi non ci rimane che disertare i social, i JUGGLINGMAGAZINE.IT
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