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Giocolieri & Dintorni ASD
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Finito di stampare il 20 settembre 2025
In copertina e nell’editoriale
Mirabilia Festival, Focus Cile
“Proyecto X” compagnia Silere Arts foto di di Andrea Macchia
circo aumentato
Con il sostegno di
“Operazione Speciale”, “Il Giorno del Giudizio”, “I Carri di Gedeone”, “Inizio della Luce”… non sono titoli di romanzi d’appendice, ma grotteschi paraventi alle agghiaccianti operazioni di morte e devastazione in Ucraina, al subdolo genocidio e alla deportazione di massa a Gaza. “Sentinella dell’Est” è la risposta della NATO. L’orrore della guerra dissimulato con citazioni bibliche. In questo scenario apocalittico, dove il diritto alla vita e alla pace viene negato quotidianamente, andiamo in stampa mentre la Global Sumud Flotilla veleggia nel Mediterraneo alla volta di Gaza, con l’intento di aprire un corridoio umanitario in uno scacchiere dove l’unica regola del gioco è la sopraffazione.
Riusciranno mai il Medioriente e l’Europa dell’Est, oggi martoriate terre di conquista, ad affermarsi come regioni dove la pace nutre l’incontro e lo scambio tra Oriente e Occidente?
“…The answer, my friend, is blowin' in the wind…”
Durante la ventennale guerra in Vietnam gli artisti crearono opere memorabili in segno di protesta, per toccare i cuori, per invocare un’alternativa alle logiche della distruzione. Fu anche da quei moti che nacquero i movimenti pacifisti e la rivendicazione dei diritti civili a cui tanto dobbiamo. Oggi tocca a noi prendere il testimone e nella comunità del circo si moltiplicano appelli e iniziative, invitando il pubblico a dare il proprio contributo. Mentre gli Imperi scrivono l’ennesima pagina buia della storia, la società civile evoca indignata la pace, alimenta un moto di solidarietà, esorta a porre fine al massacro.
“…Fermati Piero, fermati adesso. Lascia che il vento ti passi un po’ addosso…”
Nelle pagine di questo numero parliamo di arte, di scienza, di architettura, di scambi culturali, di cannoni che lanciano pacifici proiettili umani invece che ordigni mortali. Spuntiamo le armi dell’arte e dello spettacolo dal vivo, celebriamo il circo, gli scenari di bellezza e di inclusione che riesce a creare. Celebriamo il tempo sospeso della pace, che ci ha permesso di costruire una comunità forte, di godere del sostegno pubblico all’arte.
Siamo dei privilegiati, ma non accontentiamoci della festa, degli applausi, delle lusinghe, dei riconoscimenti. Portiamo in scena e nelle piazze un circo per la pace.
“You+me= wEJC” è stato il tormentone di 9 giorni di convention entusiasmanti e ben gestiti dal core team composto da Simon, Piet, Mees, Hanna, and Martijn.
L'organizzazione olandese si riconosce e il meteo anche… ma EJC bagnata, EJC fortunata!
La location era molto ampia, nel verde, con 5 palestre a disposizione e spazio all’aperto.
Ben serviti i catering a prevalenza vegana e molto comodo il market della convention, anche vista la distanza dal centro cittadino.
Novità proposta da questo team, i circus talks, 5 incontri aperti distribuiti nella settimana su varie tematiche legate al circo, con l’obiettivo di connettere le persone e creare possibilità di confronto!
COMPETIZIONI
L’EJC quest’anno ha ospitato le competizioni della WJF, per la prima volta in Europa, regalando due appuntamenti da cuore in gola per gli appassionati di tecnica e numbers. E questa non è l’unica novità in ambito di competizioni!
Anche JuggleFit si è rivelato un nuovo e appassionante appuntamento: vince chi completa più trick, da una lista di 15, in 30 minuti di tempo.
Per quanto riguarda le competizioni storiche dell’EJC invece, Alejandra Parada si conferma vincitrice della battlestick , mentre Kilian Maidhof, dopo anni di partecipazione alla Fight Night, conquista la meritata vittoria!
Impossibile dimenticarsi della Diabolo Battle, quest’anno arricchita dalla presenza dei membri del collettivo taiwanese “Fly diabolo”, artisti di chiusura del Gala; anche se nel finale è stato Damian Kubitzki a conquistare la giuria e a salire sul gradino più alto del podio.
Molto partecipati i tornei di Volleyclub, il Joggling e i Juggling Games, che hanno
visto la vittoria del nostro Geo nell’endurance di balance con la clava!
SPETTACOLI
Come ogni anno, la convention europea è una sfida per le persone indecise, perché la proposta di spettacoli è molto elevata e quando gli spettacoli si sovrappongono bisogna fare delle ardue scelte.
Speriamo però che tutt ə abbiano visto “ Claudette ”, risultato dell’incontro tra Maleta Company e Cie Balancetoi: uno spettacolo emozionante, divertente e intelligente.
“Escalate”, una brillante combinazione di coreografia, musica e trick, è stato tra gli spettacoli più acclamati, mentre “Diabolero” risponde alla fame degli appassionatə di diabolo mettendo in scena insieme 8 tra lə migliori diabolistə al mondo.
Particolarità di questa EJC è stato il Youth Circus Show, appendice della European Youth Circus Convention, che per la prima volta prende forma e proprio durante l’EJC!
Da citare anche la proposta di Tall Tales Company, che ha lavorato con una trentina di giocolierə della convention in due workshop finalizzati alla creazione della performance collettiva presentata prima dell’inizio dei Juggling Games.
Per quanto riguarda il Gala, spettacolo di punta di ogni convention, si può essere soddisfattə: bei numeri, bella presentazione e buon equilibrio tra giocoleria e altre discipline circensi che tutto sommato ogni tanto ci piace vedere. Menzione speciale a Felix Feldmann, che dopo anni di Open Stages quest’anno arriva sul palco più importante con i suoi particolari e affascinanti attrezzi, e a Luca Lombardi, unico italiano al Gala, che con le sue percussioni ha accompagnato le clave di Liza Van Brakel in un pezzo ritmato, divertente e pieno di sorprese.
QUEER NIGHT
Grande novità di quest’anno, la Queer Night! Una serata di performance, musica e spettacolo all’insegna della celebrazione della comunità e di ogni individualità che ne fa parte, abbracciando qualsiasi identità ed espressione di genere. La serata, presentata da Anika Baines A.K.A Chardonnay Sommers e accompagnata dalla musica dei travolgenti 45ACIDBABIES, ci ha regalato momenti di stupore, gioia, festa e riflessione tra performance di burlesque, giocoleria, circo e drag. Un bellissimo modo di fare festa e politica insieme, di guardarci e vedere nella community non solo persone con cui si condivide una passione, ma anche alleatə, sorellə accoglienti con cui essere noi stessə
Queer Night EJC competitions
Build Up recap
foto di Joke Schot
ph Camilla Poli
EJC IN TEMPI DI GENOCIDIO
Come si comporta la community di giocoleria in un periodo storico di conflitti?
La risposta non è affatto semplice e lo abbiamo visto gli ultimi giorni di questa EJC, dove non è mancata tensione riguardo al genocidio in Palestina.
Tutto nasce dalla volontà del team dell‘EJC di far sentire a proprio agio lə numerosə giocolierə israelianə che ogni anno partecipano al meeting europeo, mettendo l’attenzione sulla passione che ci accomuna e non sul conflitto in atto. Una mail mandata dall’EJA allə partecipanti dell’EJC diceva che si proibiva “qualsiasi espressione visiva o verbale che discrimini, umili o inciti all'ostilità
verso gruppi specifici”. Nonostante le buone intenzioni, il tentativo di non parlare di politica è fallito e anzi si è trasformato (involontariamente, si immagina) in una censura della libertà di espressione quando il team ha chiesto a coloro che avevano maglie con simboli legati alla Palestina di non mostrarli, pena esclusione dalla convention. Purtroppo questa pena è diventata reale quando un giocoliere è salito sul palco prima dell’inizio del Gala dicendo che non si può smettere di parlare di Palestina e dicendo “stop genocide”. Come prevedibile, una grande fetta della community ha reagito a questa espulsione creando un’assemblea spontanea prima e un dialogo aperto con EJA e team dell’EJC dopo.
Senza entrare nei dettagli delle dinamiche dell’assemblea, possiamo sicuramente notare alcune cose importanti da ricordare per il futuro: 6500 persone nello stesso luogo per 9 giorni non possono mettere il mondo in stand-by e dimenticare un genocidio in atto; creare spazi di dialogo appositi, quand’anche si tocchino momenti di tensione, è più funzionale che silenziarci; la community di giocoleria è un ambiente vivo e politico e la queer night ne è un lampante esempio; in ultimo, chiediamoci perché non ci preoccupiamo di sapere come stava l’unico giocoliere palestinese presente all’EJC in mezzo a numerosə israelianə, di cui alcunə magari nell’IDF, e ci preoccupiamo invece di non esporre bandiere della Palestina per non ferire le persone che da Israele vengono in Europa e nello specifico nei Paesi Bassi, paese che non ha ammesso due ministri israeliani in quanto complici di genocidio. Davanti a queste contraddizioni, il team dell’EJC 2025 ne esce sicuramente provato ma anche stimolato e ci auguriamo che il team dell’EJC 2026 a Ptuj, in Slovenia, possa, con l’aiuto di una rinnovata community che si è attivata e unita proprio a seguito di questo triste episodio, gestire la questione in modo più costruttivo, creando adeguati spazi che siano davvero safe, soprattutto per chi ha meno voce e privilegio.
jugglers4palestine
Day 6 Recap
GIOCOLERIA RISCOPERTA TRA PASSATO E
PRESENTE - PART II
di Shay Wapniaz
in collaborazione con DOCC
Nell’articolo precedente si è parlato di alcuni attrezzi e discipline che sono stati riscoperti e reinterpretati. In questo terzo appuntamento, invece, vorrei parlare di alcuni tipi di giocoleria dimenticate o poco conosciute, che potrebbe valere la pena riscoprire, studiare… o semplicemente guardarli con curiosità. Alcuni stanno tornando alla ribalta, altri aspettano ancora qualcuno che li riporti in scena.
ll primo oggetto di cui vorrei parlare sono le pipe da tabacco, molto comuni tra il XVIII e il XIX secolo. Le pipe erano particolarmente popolari tra i giocolieri dell’epoca per l’esecuzione di numeri di equilibrismo. In quel periodo, infatti, gli esercizi di equilibrio rappresentavano una parte fondamentale, se non predominante, degli spettacoli di giocoleria. Una delle prime testimonianze risale agli inizi del Settecento: un’esibizione in cui undici pipe venivano infilate una dentro l’altra, creando una struttura con linee e angolazioni irregolari, e tenute tutte in equilibrio sul naso. I giocolieri di quell’epoca eseguivano una vasta gamma di numeri utilizzando pipe e, talvolta, aggiungendo anche bicchieri come oggetti di equilibrio.
Spesso, mentre tenevano le pipe in equilibrio, camminavano sul filo, suonavano strumenti musicali come il violino, oppure manipolavano oggetti come spade o torce infuocate.
A metà Ottocento, un giocoliere afroamericano includeva nel suo repertorio un numero intitolato Pipe e piccione in equilibrio , in cui uno o più piccioni addestrati si appollaiavano sulla cima di una torre di pipe tenute in equilibrio, mentre lui suonava le cornamuse. Tra i suoi numeri si annovera anche un esercizio in cui manteneva in equilibrio una lampada su un bastone, una bottiglia e una pipa, il tutto appoggiato su una pipa tenuta in bocca.
Con l'arrivo del Novecento, l’uso delle pipe nei numeri di giocoleria cominciò a declinare, fino a scomparire del tutto intorno al 1929, quando questi oggetti furono considerati ormai fuori moda.
Un altro esercizio di giocoleria meno conosciuto, ma piuttosto in voga nell’Ottocento, si chiama Gli uccelli sull’albero Il trucco consiste nel tenere in equilibrio sulla fronte una specie di albero finto, con rami e uccellini di scena appoggiati sopra. Il giocoliere, con una piccola cerbottana, cerca poi di colpirli e farli cadere, soffiando palline con la bocca. Oggi può sembrare un numero buffo o antiquato, ma all’epoca faceva sicuramente colpo.
Il primo artista conosciuto a proporlo è un giocoliere indiano, che lo ha portato in scena all’inizio dell’Ottocento. Una pubblicità dell’epoca lo annuncia così: “Terrà in equilibrio sulla fronte un albero artificiale, sui cui rami sono posti undici uccelli, e con una cerbottana e delle palline li sparerà via con il suo respiro.”
Nel 1834 compare anche una vignetta politica che prende in giro la società del tempo: al posto degli uccelli ci sono i teschi di alcuni politici, in una chiara chiave satirica. Il numero arriva perfino nella letteratura.
Nel romanzo I vagabondi (1852) di Karl von Holtei si parla di un giocoliere indiano immaginario che tiene in equilibrio un parasole, con sopra un tetto cinese pieno di uccelli finti. Ha una cerbottana tra le labbra e soffia dei piselli per colpirli.
L’autore si ispira molto probabilmente a una versione reale del trucco.
Il numero viene eseguito anche da alcune donne giocoliere e da artisti brasiliani, a dimostrazione del fatto che, per quanto bizzarro, riesce ad attirare l’attenzione del pubblico in più parti del mondo.
rubrica
The birds in the tree
Tra le branche della giocoleria che più mi affascinano c’è la giocoleria aerea, che deriva dalla sospensione capillare o dentale, una disciplina già riscoperta nel circo contemporaneo. La sospensione capillare è un numero di circo aereo in cui le artiste (spesso donne) sono sospese per i capelli, eseguendo pose acrobatiche e/o manipolazioni. Alcuni ritengono che la performance abbia avuto origine in Sud America; altri sostengono che provenga dalla Cina.
Molte persone sottovalutano la resistenza alla trazione dei capelli. Un singolo capello può potenzialmente sostenere un peso fino a 100 grammi, in teoria, con la tecnica corretta, un'intera testa di capelli umani potrebbe sostenere tra 5.600kg e 8.400kg.
Tra le famiglie più famose che praticano la sospensione per capelli ci sono gli Holt e gli Ayala. Le donne della famiglia Ayala, in particolare, hanno fatto della sospensione capillare una vera e propria tradizione: si appendono per i capelli ed eseguono movimenti acrobatici mentre restano sospese.
La storia della sospensione capillare nella famiglia Ayala risale a circa il 1916, quando Francisca Vásquez, una giovane artista circense messicana, assistette a uno spettacolo del circo Barnum & Bailey in tournée in Messico. In quell’occasione vide un numero di origine cinese: due o tre uomini volavano in aria sospesi per i capelli, legati a un’imbracatura, mentre bevevano tè come se fossero seduti comodamente su una sedia.
Questa immagine è stata poi ripresa anche da una compagnia francese Galapiat Cirque negli anni 2010 nello spettacolo Capilotractées.
essere considerata piuttosto tradizionale era in linea con lo stile degli anni ’80, all’epoca però ebbe un grande successo grazie alla novità che rappresentava per il pubblico di allora.
Oggi il giovane artista argentino Álvaro Zanou, sta sviluppando una ricerca sulla sospensione capillare, integrandola alla giocoleria dei giorni d’oggi con un'estetica ispirata al Butoh. Nella branca aerea, alcuni artisti hanno sviluppato il trapezio Washington integrandolo con la giocoleria. Parallelamente, è stata esplorata anche la giocoleria in verticale sulla testa, una tecnica già proposta da Tito Reyes, nonno di Selyna Bogino, ed elaborata in chiave più contemporanea dal colombiano José Valencia.
Negli anni ’40, Bert Holt sviluppò un numero in cui si appendeva per i denti a un attrezzo aereo, veniva soprannominato “mascella di ferro” e faceva il giocoliere sospeso in aria. Bert Holt nel suo numero poteva lanciare fino a otto cerchi mentre ne faceva girare altri due attorno alle caviglie. Holt, o forse il suo agente, non si faceva problemi a esagerare nelle pubblicità e nei commenti sullo spettacolo, dichiarando: “Posso fare tutto quello che fa Francis Brunn, ma appeso per i denti”. Anche sua figlia, Chrys Holt, si esibiva in un numero di sospensione capillare. La sua giocoleria, che oggi può
Per concludere, l’esempio di Álvaro Zanou è un ottimo caso di come si possa partire da un concetto poco esplorato e adattarlo al linguaggio artistico contemporaneo.
Le discipline dimenticate o poco conosciute nel mondo della giocoleria sono davvero moltissime: quelle che ho scelto di raccontare sono solo alcune tra quelle che più mi hanno colpito, ma ce ne sono molte altre (è un invito allo studio e alla ricerca). Sarebbe bellissimo poterle recuperare e sviluppare con uno sguardo attuale, come è stato fatto per la sospensione capillare, l’antipodismo o per alcuni attrezzi menzionati nell’articolo precedente. Nel prossimo e ultimo appuntamento di questa rubrica, condividerò una riflessione personale sul termine “innovazione”.
Bert Holt
Capilotractées
Álvaro Zanou
José Valencia
Chris Holt ph
Giorgio Sottile
archivio David Cain
CIRCOXPERIENCE
FESTIVAL DI CIRCO E SCIENZA
3-6 LUGLIO, MUSE, TRENTO muse.it
di A.R. in conversazione con il MUSE
Nel panorama internazionale dei musei scientifici, scienza, circo e arti di strada dialogano da più di vent’anni, divenendo aggancio strategico per la divulgazione di scienze come la fisica, la matematica e la chimica. Anche il MUSE - Museo delle Scienze di Trento, le cui fondamenta poggiano su una lunga evoluzione, è oggi un luogo simbolo dell’incontro tra conoscenza scientifica e cittadinanza. Una realtà che vanta una storia lunga un secolo, fatta di rigore e passione, scienza e politica, memoria e visioni sul futuro. Dal 3 al 6 luglio scorsi, MUSE ha ideato e presentato CircoXperience, una quattro giorni di spet-
tacoli di circo scientifico che hanno coinvolto oltre 2500 spettatrici e spettatori, un unicum nel panorama italiano.
“CircoXperience è stata una grande occasione per riscoprire, con occhi nuovi, la forza comunicativa della scienza e dell’arte circense. Insieme, queste due discipline, solo apparentemente distanti, hanno dialogato e si son intrecciate sapientemente, raccontando con nuove modalità espressive le leggi e i principi della fisica, della matematica, della chimica ma anche le bellezze del mondo naturale, in una sfida avvincente che ha saputo coinvolgere tutte e tutti” ha spiegato il direttore del MUSE Massimo Bernardi al termine della manifestazione.
Sperimentazione e commistione tra linguaggi differenti sono elementi costitutivi del MUSE, che ha acquisito un’esperienza ventennale nell’esplorare nuovi modi di relazionarsi con il pubblico, nuove forme di comunicazione della scienza attraverso iniziative interessanti e innovative. Tra queste ricordiamo – solo per citare le ultime esperienze - le “Nanne al MUSE” per bambini e famiglie, gli spettacoli di teatro-scienza ideati dal museo, le collaborazioni con i Festival di cinema e teatro, le co-produzioni di spettacoli teatrali su temi scientifici, progetti allestitivi tra scienza e arte contemporanea, gli eventi di scienza e gioco come il “Delitto al MUSE”, gli aperitivi “intelligenti” Drink ‘n’ Think, la serate con proposte specifiche per i giovani adulti “MUSE Fuori Orario”, le
attività di risveglio muscolare “scientifico” nelle sale del museo “MUSE – Gym tonic”, gli eventi in cui la scienza incontra la cucina come quelli che hanno previsto l’assaggio di alghe e insetti. Di questa lunga serie, CircoXperience costituisce l’ultimo appuntamento in ordine cronologico.
Tutti questi eventi sono stati realizzati grazie a un importante investimento nella formazione specifica del personale e nello sviluppo di nuovi format di “science show”, alcuni dei quali caratterizzano tutt’oggi l’offerta di animazione scientifica come, ad esempio, l’attività Azotomania o Bolle, bolle, bolle. Recente e di grande appeal è stato il coinvolgimento di David
Price (novembre 2023) con la formazione del personale interno per la realizzazione di eventi per il pubblico sulla tecnica del Science Busking, attività di circo e giocoleria inserite nei palinsesti di eventi per bambini e famiglie (MUSE Party) o per giovani adulti (MUSE Fuori Orario), tutte iniziative che hanno registrato ottimi riscontri da parte del pubblico.
“Procedendo in questo solco – spiega la direttrice dei programmi per il pubblico Patrizia Famà - era quasi inevitabile che il MUSE finisse per approcciarsi al circo con un’iniziativa dedicata e di rilievo. L’idea di coniugare due linguaggi apparentemente diversissimi è nata più di un anno fa, con l’intento di dimostrare che le due realtà possono dialogare. Come nei migliori spettacoli di clown, il rigore del serioso Bianco (la scienza) non può fare a meno dell’imprevedibilità del buffo Augusto (il circo), e viceversa”
Il risultato di un’organizzazione durata più di un anno sono stati 4 giorni di puro divertimento intrecciato alla divulgazione scientifica, in cui il MUSE è divenuto il palcoscenico di 20 diversi spettacoli portati da una decina tra compagnie e singoli artisti provenienti dall’Italia e dall’Europa.
Eia, con La piedra de madera), poetici e insieme riflessivi (Hibakujumoku di Gloria Barbanti), per non parlare della bizzarra storia del vino proposta dai Teatri della Viscosa, dello scatenato nerd muto di Nicola Virdis e della dimensione sociale proposta da L’azzardo del giocoliere di Federico Benuzzi.
Non sono mancati nemmeno escape room e laboratori a tema circense curati da Claudia Sodini e le eccellenze del territorio trentino nell’ambito dell’arte circense, con la partecipazione della scuola di circo Bolle di Sapone che, per il Festival, ha proposto una suggestiva performance site specific di acrodanza e corda aerea nell’Orto Aromatico con Amelia Arantxa Albatici e Angela Ventulini.
Un programma di spettacoli sviluppato da MUSE assieme a un comitato artisticoscientifico formato da Pietro Olla, Sara Berni e Tommaso Brunelli che con professionalità e passione si sono adoperati per rendere speciale e unica questa prima edizione del Festival.
rience i cui risultati di partecipazione del pubblico invitano a proseguire sulla strada tracciata e dare seguito a questo progetto anche nel 2026.
RICERCARE, IMMAGINARE, COINVOLGERE
Negli ultimi 20 anni, il senso dell’agire dei musei si è spostato dalle collezioni al pubblico. I musei mettono sempre più al centro delle proprie azioni le persone che lo visitano, che diventano materia di studio e ricerca: si analizza la domanda culturale e d’intrattenimento dei diversi target (differenti per età, livello d’interesse per temi scientifici, ecc.) e si individuano le strategie effica-
Dalla clownerie più scatenata alla giocoleria più spettacolare, passando per la poesia dell’acrobatica aerea e la magia del teatro, il festival ha proposto un repertorio variegato in 5 diverse location, all’interno e all’esterno del museo. Spettacoli “elettrici” (REX, di Chilowatt), esplosivi (Mr. Bang, nomen omen), coinvolgenti e sognanti (la compagnia sardo-spagnola
A godere dell’evento estivo sono stati circa 2500 persone che hanno fatto registrare costantemente sold out a tutte le performance. Un grande successo per la prima edizione del Festival CircoXpe-
ph
Matteo De Stefano
ci, i temi culturali di maggior interesse e i format originali ad alto livello d’intrattenimento al fine di rendere unica ed emozionante l’esperienza di visita al museo.
“I musei dovrebbero costantemente chiedersi”, sosteneva la museologa Gail Anderson, “se i valori sui quali si fondano siano risonanti con quelli della società”, ed è ciò che il MUSE fa con i suoi programmi per i pubblici fondati sul rigore scientifico, guidati dai criteri cardine dell’accessibilità e dell’inclusività: mostre, attività educative, progetti partecipativi offrono esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze. In questo senso il MUSE ha colto l’occasione della ricerca di linguaggi di narrazione accessibili e inclusivi ai diversi pubblici, per mettersi in dialogo con il mondo del circo, in forte espansione, evoluzione e trasformazione, al fine di sperimentare nuove formule di coinvolgimento del pubblico.
MUSE, DA DOVE VIENE
Il progetto architettonico del museo, opera dell'architetto Renzo Piano, inaugura nel 2013 dando vita a uno dei rari esempi di armoniosa coerenza tra contenitore e contenuto. Da quel momento il MUSE diventa, grazie alla sua programmazione sempre ricca e coinvolgente, un punto di riferimento per cittadine/i e una destinazione turistica molto apprezzata da un pubblico regionale, nazionale e internazionale, arrivando a contare oltre 440.000 presenze annue. Ma le sue radici sono profonde e si muovono dalle antiche raccolte di alcuni notabili trentini della fine del Settecento. Nel 1846, viene fondato il Museo Civico, subito denominato Museo Trentino, e nel 1964 viene instituito il Museo Tridentino di Scienze Naturali, di cui il MUSE raccoglie l’eredità.
Fin dagli anni Novanta, gli spazi storici del palazzo in cui il museo era ospitato si rivelano insufficienti per la grande creatività e il crescente successo delle iniziative proposte. Questa vivacità porta all'approvazione nel 2006 da parte della Provincia autonoma di Trento del progetto di una nuova sede, costruita nell'ambito di un più ampio disegno di riqualificazione urbana dell'area industriale dismessa, sede fino all’inizio degli anni ‘90 degli stabilimenti Michelin di Trento. Parte così la progettazione del MUSE e il successivo Piano culturale, entrambi elaborati assieme alla cittadinanza e con il contributo di 50 qualificati esperte ed esperti nazionali e internazionali.
Il MUSE è oggi uno spazio articolato di partecipazione, con una rete di sedi e centri
convenzionati in cui operano oltre 250 persone in dialogo con associazioni, singole persone e istituzioni, con la comunità scientifica, le aziende, il terzo settore e tutti coloro i quali riconoscono nel museo un’occasione di incontro, confronto e crescita. I progetti di Citizen Science, le riviste scientifiche, i gruppi spontanei sorti nel corso degli anni testimoniano di un museo partecipato e attivo
LA RETE TERRITORIALE
Fanno parte della rete territoriale del MUSE, anche alcune strutture sul territorio della provincia di Trento, collocate in zone ad alta valenza turistica e che declinano con mille attività e proposte, soprattutto durante il periodo estivo, temi specifici come botanica, astronomia, geologia, preistoria alpina. Sono il Giardino Botanico Alpino Viote e la Terrazza delle Stelle sul monte Bondone, il Museo delle Palafitte del Lago di Ledro, il Museo Geologico delle Dolomiti a Predazzo. Nel 2006, il museo istituisce in Tanzania il centro di monitoraggio ecologico ed educazione ambientale dei monti Udzungwa, situato all'interno del parco nazionale dei monti Udzungwa, tutt’ora operante.
Stefano
BOLLA DI SAPONE
bolladisaponetrento.it
Eccomi, sono Tommaso, uno dei membri del comitato organizzatore di CircoExperience. Mi sono affacciato al mondo del circo una ventina di anni fa, all’età di 17 anni, grazie ad una associazione di Trento. Poco dopo ho frequentato presso Circomix (BZ) un corso biennale di pedagogia del circo e ho dato il via a Trento al progetto Bolla di Sapone: una scuola di circo amatoriale per bambini e ragazzi. Da un lato non vedevo l’ora di mettere in campo le conoscenze apprese durante la formazione biennale, dall’altra sentivo necessaria per il mio quartiere una proposta culturale-sportiva differente, dove libertà, non-competitività e creatività potessero avere un ruolo centrale. Negli anni la scuola è cresciuta, anche grazie ai tanti insegnati che hanno dedicato energie al progetto, e oggi vuole essere un piccolo ma concreto punto di riferimento per il circo a Trento, per chi vuole imparare, per artisti di passaggio, per accogliere idee nuove. Sono stati organizzati svariati festival sia in città che nelle valli adiacenti, luoghi marginali che spesso non vengono raggiunti da proposte culturali indipendenti. L’attenzione per le marginalità, sia geografiche che sociali, credo sia uno dei punti chiave dell’impegno della scuola. La carrozza di bolla di sapone ha raggiunto con laboratori e spettacoli piccoli paesini sperduti, boschi, picchi montuosi, castelli, soffitte… ma anche i bambini curiosi di Chocanari in Romania, il villaggio isolato di Velica Hocha in Kosovo, i sogni delicati di Dynamo Camp, in Toscana.
Con il furgone rigorosamente carico fino a scoppiare, il circo ci ha fatto viaggiare in lungo e in largo nel nostro territorio provinciale. Mi stupisce ogni volta la capacità che ha il circo di trasformare i luoghi dove arriva. Ci sono prati, piazzette, giardini che per quella serata di spettacoli si trasformano, si accendono. Ci sono residenti entusiasti di vedere i luoghi che attraversano tutti i giorni essere trasformati in piste luc-
cicanti. Ci sono gli anziani, che si affacciano ai balconi per vedere gli spettacoli da postazioni di primissima scelta. Ci sono i bambini, che faticano a riconoscere la piazza del paese e si chiedono quale sia la strada per poterci tornare il giorno successivo. E poi il circo riparte, raccoglie le sue cose e torna a viaggiare, i posti tornano quelli di sempre e il silenzio torna immobile. A me piace pensare che non tutto torni come prima, che la trasformazione del circo lasci un profumo, un suono, un ricordo, qualcosa da raccontare. Negli anni abbiamo portato oltre 250 spettacoli in altrettanti pae sini laterali del trentino, una trasformazio ne capillare, ostinata, entusiasmante.
In questo panorama si inserisce CircoEx perience, che bussa alla mia porta un po’ per caso, e mi dice che sì, è venuto il mo mento di collegare il circo con l’altra metà della mia vita, delle mie passioni profonde. Di formazione ingegnere mec canico e chimico, sono docente di Mecca tronica presso ITT di Trento e di Oleodina mica presso UNITN. La scienza e la chimi ca occupano le mie giornate, i miei pensie
ri, la mia libreria. L’idea di un festival in cui circo e scienza potessero unirsi in un dialogo equilibrato e di alto livello mi ha subito entusiasmato. Il mio ruolo è stato quello di partecipare alla selezione artistica, all’elaborazione del concept del festival e all’allestimento del bar nella nostra tenda di Microcirco. Essendo inserita nel contesto culturale cittadino da svariati anni, Bolla di Sapone ha permesso una promozione capillare del festival in città Lavorare con il Team di CircoExperience è stato molto piacevole e ho riconosciuto un alto livello di professionalità e passione. MUSE nello specifico ha dato incredibile solidità all’organizzazione e alla logistica, dando la percezione di essere alle prese con un festival già ben rodato, pur essendo solo alla prima edizione. Passo le giornate a scoprire nuovi intrecci tra circo e scienza, a coltivare spunti per la didattica, a cercare nuovi spettacoli da
di Tommaso Brunelli
ph Matteo De Stefano
Per Via Festival
Mi sono laureato in ingegneria elettronica nel 2000. Ma sono guarito subito… perché ho incontrato il teatro. Non rinnego la formazione tecnica –ne riconosco ogni giorno l’utilità – ma per anni ho vissuto l’ingegneria come una malattia culturale: razionale, analitica, efficiente… eppue poco ludica. Il teatro, e poi il circo, mi hanno insegnato a pensare con tutto il corpo, a sbagliare ridendo, a stare in equilibrio tra rigore e creatività.
Da questo incontro nasce “Learning by Juggling”: una pratica didattica che usa la giocoleria per esplorare concetti scientifici e mecca nismi dell’apprendimento. Non è solo spettacolo, né solo laboratorio: è un ponte tra mondi, discipline, persone.
PIETRO OLLA
Quest’anno per il MUSE di Trento ho avuto l’onore e l’onere di far parte del Comitato Scientifico e Artistico del Festival CircoXperience, insieme a Sara Berni e Tommaso Brunelli per l’area circo, e con Massimiliano Tardio, Chiara Trevisin e Diego Sala del MUSE.
CircoXperience, il primo Festival italiano di Scienza e Circo, è stato per me un vortice di gioia circense e passione scientifica. Per dieci mesi abbiamo cercato un format che non fosse né convention di giocolieri, né festival di strada, né rassegna di scienza. Dopo questo incredibile viaggio con i sei del venerdì pomeriggio (le nostre videocall settimanali), sono partito per Trento per vivere quattro giorni intensi di spettacoli e laboratori che hanno dato forma concreta al festival. Il nostro ruolo? Funambolico: tradurre linguaggi, costruire ponti tra poesia e contenuto, tenere insieme rigore scientifico, stupore scenico… e anche un budget che sapesse valorizzare la qualità, senza dimenticare la sostenibilità.
Il MUSE ha avuto il coraggio – raro e prezioso – di credere che un museo scientifico potesse diventare, anche solo per qualche giorno, una pista da circo: uno spazio dove si fa ricerca col naso all’insù e l’apprendimento nasce dal corpo, dall’errore, dalla relazione. Ha accolto artiste e divulgatori come co-autrici di dispositivi educativi vivi, aperti, multiformi. Sul piano performativo non ho presentato i miei spettacoli ma solo “La Fisica del Gioco”, un laboratorio-spettacolo dove il pubblico sperimenta concetti di equilibrio, baricentro, centro geometrico, distribuzione di masse. Le protagoniste: asticelle di legno da bilanciare tra le dita e i pensieri. Ogni caduta è una nuova ipotesi. Una fisica da giocolieri: dove il corpo precede la formula ed è parte del metodo scientifico.
Dal 3 al 6 luglio al MUSE abbiamo visto bambine e adulti entrare in relazione profonda con il circo: foulard che fluttuano, palline diventate codici e traiettorie, bastoni in bilico, cigar box impilate, tubi sonori, calici narrati, asticelle con mollette, musicassette, sacchetti leggeri, petardi
ironici, alberi superstiti, mani-pianoforti, pietre rituali, scienziati pazzi e clown scientifici. Ogni oggetto era una miccia narrativa, un’energia pronta ad accendersi. Questa è forse la parte più vera di CircoXperience: la meraviglia che nasce dal quasi-nulla.
Per tutto questo adoro il mio lavoro. Vorrei portare questa sublimazione della bellezza anche a scuola. Una scuola nuova, in ascolto. Una scuola degli apprendimenti, dove alunne e alunni siano davvero al centro. Noi, che siamo scuola, cerchiamo il ritmo, la scena, gli strumenti. Cerchiamo e sperimentiamo nuove forme per diventare invisibili, architetti di scenari dell’autoapprendimento. Guy Brousseau afferma che “l’allievo apprende adattandosi a un ambiente”. È il conflitto cognitivo con il sapere che attiva l’apprendimento autentico, specie tra pari. Il docente? Meglio se resta sullo sfondo: regista invisibile di un’esperienza significativa.
Sorprendiamoci. Usiamo palline, parole, fogli, asticelle. Ma non cambiamo la sostanza. Il nostro compito non è semplificare: è ascoltare. Stare nella relazione. Perché tra un equilibrio instabile, una traiettoria imperfetta e un gesto condiviso… qualcosa si accende, parte, e resta in volo.
ph Matteo De Stefano
Learning by Juggling
CLAUDIA SODINI
CIRCOESPLORATRICE DEL MONDO E Q kproductionteatrocircoscienza
Dopo una laurea in Ingegneria Informatica, un dottorato in Informatica e 10 anni di teatro ho incontrato il circo e non l’ho più lasciato! Ho frequntato il 2° corso di formazione universitario per lo studio delle Attività Motorie applicato alle Arti Circensi organizzato da Giocolieri & Dintorni. Uno dei miei insegnanti fu Pietro Olla che mi insegnò la giocoleria e l’equilibrismo unendo circo e scienza. Fu un’illuminazione. Da allora, dal 2012, utilizzo anche io il circo come strumento didattico.
Il circo è una magia, la sua potenzialità narrativa è unica e il suo effetto “WOW” facilita a noi insegnanti, pedagoghi, educatori tutta la parte di coinvolgimento del pubblico, così il nostro lavoro può concentrarsi solo sul “come” possiamo utilizzare il circo per fare divulgazione scientifica.
Credo sia più semplice inserire circo e scienza all’interno di musei o festival scientifici piuttosto che farlo in contesti puramente circensi e scolastici. Il mondo della divulgazione scientifica è continuamente alla ricerca di nuovi modi per coinvolgere il pubblico e il circo si presta in maniera fantastica. Ci chiamano spesso per laboratori e spettacoli perché “il circo funziona e diverte”.
Una intuizione che anche la direzione del MUSE, organizzando CircoXperience, ha dimostrato di aver ben compreso! Il team che ha curato l’iniziativa ha fatto un ottimo lavoro nel mescolare proposte di circo e scienza con proposte meno scientifiche ma comunpue spettacolari. Sta a noi che lavoriamo nel mondo della divulgazione prendere sponto dal lavoro di ricerca degli artisti e trasformarlo poi in proposta didattica.
Quando ho ricevuto la convocazone da Pietro Olla per CircoXperience ho pensato a un sogno. Il circo e la scienza, uniti e presenti in uno dei musei scientifici più belli d’Italia. È stata un’occasione fantastica per lavorare con un pubblico di un museo scientifico, non per forza appassionato del mondo circense, e far scoprire come i circo possa essere uno strumento non solo ricreativo ma anche didattico potentssimo.
Al MUSE ho condotto tre laboratori per famiglie che sfruttano il concetto di #learningbyexperience. Due ladoratori a base di gioco, circo, esperienze, domande scientifiche. A rispondere è il corpo che è il primo canale di apprendimento, sia quando si è piccoli - e questo lo si sa - ma anche da grandi - e questo spesso ce lo dimentichia-
mo. E poi una escape room su circo e scienza. Uso le escape room come strumento didattico dal 2016 e le ho finalmente integate anche con il mondo di circo e scienza.
Cosa sono le escape room? Di solito un gruppo di persone è chiuso in una stanza con l’obiettivo di poterne uscire risolvendo enigmi e lavorando in gruppo. L’integrazione di un gioco inclusivo, di aggregazione, unito alla sfida intellettuale e al divertimento, permettono ai partecipanti di imparare attraverso l’esperienza del gioco, e in questo risiede la sua forza. Al MUSE nessuno è stato chiuso in una stanza ma tutti hanno lottato contro il tempo giocando su barcentro, gravità, siteswap, sfere e molto altro.
E visto che tra tentativi ed errori tutti sono riusciti a diventare CIRCO-ESPLORATORI DEL MONDO, vediamo se scoprirete qual è il filo conduttore dei 3 laboratori portati a Trento.
“La vita è come un numero da circo: per mantenere l' - - - - - - - - - - tra le forze della fisica e le incertezze del percorso, bisogna continuare a muoversi con precisione e un pizzico di follia.”
Se pensate che i refusi (in num tot 10) trovati in questo articolo fossero casuali...vi dico che non lo soni.
Uno dei miei obiettivi è far sì che sempre più ragazzi sappiano che esiste la possibilità di fare divulgazione tramite il circo anche in ottica lavorativa. L’insegnante di circo che accoglie questo cambio di prospettiva può infatti sviluppare progetti scolastici innovativi in cui l’attività motoria circense non è il fine ma il mezzo. E la scuola è affamata di progetti di questo tipo, anche se ancora in molti casi non lo sa. Importante è che lo sappiamo noi. E noi lo sappiamo.
Cultura, Comunità, Meraviglia!
Polo culturale e di formazione di circo contemporaneo a Bologna. Corsi, convention, alta formazione, eventi, residenze artistiche e rigenerazione urbana.
ph Matteo De Stefano
Classe ’76, giocoliere dal ’98, intraprendo gli studi in fisica teorica perché un gran curioso. Discutendo la tesi scopro l’amore per il “raccontare la scienza” e inizio a insegnare, conseguendo relativa abilitazione. Nel 2005 fondo le mie 3 anime in una conferenza spettacolo – Fisica sognante – che racconta la fisica tramite la giocoleria e viceversa e inizio la carriera di divulgatore. Il lavoro piace, le date aumentano, scrivo nuovi spettacoli scientifici, ma capisco anche che ho bisogno di una vera formazione teatrale per portare in scena temi così complessi. Così mi iscrivo a una accademia – 2 anni, 5 giorni a settimana, 6 ore al giorno – conseguendo il diploma di attore professionista nel 2010. Ed eccomi qua. Quella al MUSE sono state le repliche, come divulgatore-teatrale, numero 1204 e 1205.
Nella prima delle due ho usato il circo come cavallo di troia per creare attenzione prima e passare un messaggio importante poi. Nel saltare col monociclo sopra una volontaria, una voce fuoricampo (un immaginario “vecchietto”, spettatore tra il pubblico) mi accusa di aver rischiato troppo. Mi fermo, chiedo scusa e trascorro l’ora successiva a cercar di convincere il signore che il rischio –l’azzardo – è ben altro. Seguono un turbinio di monologhi teatrali a sfondo matematico ma di stampo comico, per disvelare l’inganno dietro i giochi d’azzardo e denunciare i rischi dell’azzardopatia. Termino con una routine di diabolo di 5 minuti dopo aver invitato a coltivare le proprie passioni invece che il gioco d’azzardo. Nella seconda ho invece usato i cigar box, tra esibizioni tecniche e monologhi teatrali, per parlare di attrito, caduta dei gravi, metodo scientifico e principio di equivalenza.
FEDERICO BENUZZI
federicobenuzzi.com
Aggiungo: porto i miei lavori su circo e scienza e teatro e scienza in giro per la penisola, un po’ ovunque – scuole, teatri, festival, piazze, musei – e ovviamente l’attenzione, la risposta del pubblico, risate e applausi, cosa riesco a seminare, cambiano in base alla location e al pubblico stesso (famiglie, bambini, teenager, adulti, universitari, … sono diversi). Ma, fatto salvo adattamenti legati alla natura del pubblico (velocità, timing, registri comunicativi, …), le mie conferenze-spettacolo “sono quello” e chiedo al pubblico un piccolo sforzo. La divulgazione è un processo di trasmissione del sapere al pubblico, nel quale il divulgatore fa uno sforzo per semplificare i concetti, ma il pubblico deve fare uno sforzo per comprenderli. Se non c’è questa “fatica”, il sapere non passa e non si apprende nulla.
In tutti questi anni – 27 come giocoliere di cui 20 come divulgatore –ho partecipato a una marea di festival, convention, raduni, e, senza falsa piaggeria, metterei CircoXperience nella top-ten, forse anche nei primi 5: la location è unica nel suo genere – esibirsi sotto un fossile di balenottera non ha prezzo, per intenderci – e gli spazi sono stati usati magistralmente per far vivere l’anima del circo, delle convention e dell’arte di strada dentro un museo scientifico (e che museo!), permettendo al pubblico di assaporare l’una intravvedendo l’altra e le possibili connessioni.
Lavorare in un contesto come quello di CircoXperience rende chiaramente tutto più semplice, con una struttura idonea e un pubblico più ricettivo, pronto a fare quella sana fatica. Quando lo fanno, non solo al MUSE, escono dallo spettacolo con una luce nello sguardo, perché circo e scienza o, più in genere, scienza e arte, sono entangled (l’entanglement quantistico, o interlacciamento, è uno stato in cui due particelle distinte si comportano come se fossero lo stesso sistema anche quando separate fisicamente da distanze enormi). Mettere queste connessioni in evidenza, come a Trento in quei giorni, aiuta a capire che la separazione tra prima e seconda cultura non solo è forzata, ma è profondamente sbagliata. Esiste una sola cultura, quella umana.
ph Matteo
De Stefano
La matematica dei giocolieri
CIRCEN DOLOMITES FESTIVAL
di Circen Staff
Il Circen Dolomites Festival continua a volare in alto tra le vette, raggiungendo la sua settima edizione. Il sentiero è ben tracciato, i segnavia di questo viaggio sono condivisione, emozioni, applausi e panorami magnifici.
Il team del Circen Staff è composto da quaranta volontari, tutti giovani fassani.
A capitanare il gruppo sono i giocolieri di Circensema, con Martin Pederiva, Thomas Pederiva e Thomas Zulian responsabili e direttori artistici del Circen Dolomites Festival.
Martin e Thomas Pederiva sono neo-laureati in Scienze Forestali e Ambientali all’Università di Bolzano, mentre Thomas
Zulian è docente di matematica e fisica al Liceo Scientifico della Scuola Ladina di Fassa e presidente della Cooperativa sociale INOUT, che promuove attività giovanili in tutta la valle. Nel 2017, dopo aver conosciuto Tommaso Brunelli, maestro della Scuola di Circo Bolla di Sapone di Trento, decidono di lanciarsi in un progetto sulle arti circensi che decolla, nasce Circensema, il gruppo di circo delle Dolomiti. Incuriositi da questo mondo magico Circensema visita i vicini festival del Trentino Alto Adige: Asfaltart e Per Via, creando rete e facendo conoscenze di artisti da tutta Italia.
La coesione del gruppo contraddistingue il gruppo di Circensema e anche durante gli allenamenti passing e coreografie di gruppo vanno per la maggiore.
Coinvolti da questa energia positiva nel 2018 si decide di gettarsi a pié pari in una nuova avventura, il Circen Dolomites Festival, con l’obiettivo di creare qualcosa di
unico, sia nel mondo del circo sia nel contesto delle Dolomiti Patrimonio Unesco. La nostra idea è di creare un intreccio tra natura e arte, arrivando al pubblico con un linguaggio comune fatto di emozioni profonde, silenzio e poesia. Là su tra le guglie e i pinnacoli di dolomia, dove il contesto naturale non è scenografia fissa, ma protagonista maestoso e indiscusso, gli spettacoli assumono un’altra sfumatura ed un valore aggiunto. Portare arte in aree del Patrimonio Unesco è un onore ma anche una grossa responsabilità e il Circen Dolomites Festival negli anni ha sviluppato sensibilità ed esperienza nell’organizzare spettacoli ed eventi in montagna. Il rispetto del luogo dello spettacolo, le praterie alpine, i pascoli e i boschi, sono alla base del successo dell’evento in alta quota. Gli allestimenti e le zone spettacolo vengono tutte montate e smontate in giornata, così che la pressione sull’ambiente sia davvero minima. In queste sette edizioni abbiamo capito che per mettere in risalto la montagna basta realizzare allestimenti essenziali. Un piccolo impianto audio, dei semplici flag dell’evento, rendono giustizia al patrimonio paesaggistico che riempie gli occhi di chi guarda.
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Inoltre educhiamo e informiamo gli spettatori sulle tematiche ambientali, per creare un legame attento tra pubblico, montagna e artista. Il Circen Dolomites Festival si fregia infatti anche del titolo di “Evento Attento”, all’inclusione, alla sostenibilità, sia ambientale sia sociale.
La scelta delle location è cruciale per far sì che performance e palcoscenico naturale si amalgamino al meglio. Dalla prima edizione infatti si è assistito ad un’evoluzione delle location in montagna. Si punta ad un accesso escursionistico medio/facile per garantire la fruibilità a famiglie con bambini e a una stretta collaborazione con i rifugi alpini che ci danno supporto tecnico e logistico durante gli eventi ad alta quota. Questi due fattori hanno portato negli anni a selezionare le location dolomitiche, dando anche un occhio certamente al panorama e al quadro scenico che riempie il
escursionistico durante tutta la settimana di eventi. Località come Gardeccia sotto le Torri del Vajolet, il Buffaure, il Ciampedie, la Val San Nicolò e la Val Contrin, il Ciampedie divengono tappe di un percorso per il pubblico tra arte e paesaggio. La nostra mission è infatti regalare serenità tramite sorrisi ed emozioni, cosa che montagna e circo sanno fare benissimo.
Questo è possibile solo grazie al supporto della Regione Trentino Alto-Adige, la Provincia di Trento, i comuni della Val di Fassa e i Comitati Manifestazione che supportano e sostengono l’evento. L’edizione 2025 ha visto il susseguirsi di 33 eventi su 10 giorni, tra spettacoli e concerti, contando la partecipazione di più di
palcoscenico. Il pubblico è informato sul nostro sito e il libretto cartaceo su come raggiungere gli eventi in montagna. Itinerari giorno per giorno sono riportati, per guidare tutti i presenti nelle loro gite a piedi, o in parte con impianti di risalita, verso il luogo dello spettacolo. Il Circen Dolomites Festival infatti punta a far vivere i luoghi in un modo nuovo. Sì segue un itinerario artistico, paesaggistico ed
quattromila persone. Per il Circen Staff i numeri contano relativamente. Forse il numero che più conta, per i quaranta volontari è il numero di sorrisi, pacche sulla spalla, abbracci e applausi vissuti in questi 10 meravigliosi giorni di festival.
L’edizione 2025 si è contraddistinta per aver portato sulle Dolomiti artisti di livello internazionale provenienti da tutte le latitudini: Alexander Koblikov e Charlotte de
la Bretèque, rispettivamente ucraino lui e francese lei, Domenyk La Terra artista australiano, Brunitus dall'Argentina, Gaku dal Giappone, Cho Karin dalla Cina e Muruja dall’Argentina, Andrea Agostini funambolo italiano. Il livello tecnico è stato altissimo ma il gruppo di organizzatori è contento soprattutto delle relazioni e delle amicizie che si sono create. Le persone dietro gli artisti, il pubblico e gli amici del festival rendono unica questa settimana di eventi in Val di Fassa.
Il Circen Dolomites Festival, per tutto il Circen Staff che da volontari ne segue l’organizzazione durante tutto l’anno, è sempre di più un modo per fare comunità e portare messaggi culturali positivi in una piccola e chiusa località di montagna. La passione che unisce i volontari è vera e profonda. Ognuno esprime le sue capacità al meglio sentendosi in un ambiente sano e di crescita di gruppo.
Pian piano il pubblico ha imparato a conoscere questo “strano” circo delle Dolomiti e come si dice nelle fiabe “C’era una volta un festival, che portava artisti e saltimbanchi tra le guglie e i castelli dolomitici, lì si viveva in un mondo incantato fatto di arte e natura. Questa fiaba narra di valorosi volontari, che insieme, uno affianco all’altro rendevano questa magia possibile. C’era una volta e ci sarà tante altre volte Circen Dolomites Festival, il festival più bello del mondo.”
ARENA ANTILIA
a cura della compagnia Antilia
Antilia è un progetto di Giulio Lanzafame, Silvia Martini, Selvaggia Mezzapesa e Mario Levis, quattro artisti con una lunga esperienza nell'arte di strada, nel teatro fisico e nel circo contemporaneo. A farci incontrare è stata la vibrante città di Torino, animata da un ricco fermento circense. Parlando in una serata qualsiasi tra le vie del Baloon, ci accorgiamo di nutrire lo stesso sogno: dare vita a un circo a cielo aperto. Da quel momento le idee hanno iniziato a concretizzarsi, trasformando un sogno in realtà.
L'Arena Antilia che abbiamo realizzato si ispira all'essenza dei primi circhi di una volta: leggeri, mobili, a basso impatto energetico, pensati per dialogare con i luoghi e le comunità che incontrano.
Il nome Antilia si ispira a quello di una immaginaria isola dell'Atlantico che appariva e scompariva misteriosamente ai marinai in naufragio. Antilia rappresenta il qui e ora; la sua versatilità le permette di essere montata e smontata, creando il miraggio di un'apparizione che dura il tempo di uno spettacolo... Una versatilità che permette di portare il circo e la cultura ovunque, anche in quelle piazze in cui un tendone o altre strutture complesse non possono arrivare per ragioni logistiche.
Che sia una periferia o un paese di montagna o il centro di una grande città, Antilia si organizza durante l'inverno per tessere relazioni con le comunità locali e portare durante l'estate, non solo spettacoli, ma cultura e divulgazione di uno stile di vita che ha come etica l'aggregazione e la condivisione. L'obiettivo è stato creare uno spazio intimo e poetico che unisse praticità e adattabilità agli ambienti. La scelta dei materiali e delle dimensioni dell'arena è funzionale alla gestione dei montaggi e degli allestimenti gestiti da sole quattro persone. Questo ha dato vita ad una struttura su misura per noi. La ricerca estetica è stata frutto di una approfondita indagine volta a dare un tocco personale, unico e riconoscibile alla compagnia.
La caratteristica delle sue gradinate, suddivise in tre sezioni e tre moduli sovrapposti è quella di rispettare le normative italiane vigenti e dà la possibilità al pubblico di camminare su un piccolo corridoio che consente di raggiungere i posti centrali anche con persone già accomodate. È inoltre predisposta per accogliere ausili per la mobilità con posti predisposti e riservati.
Nel progetto è stato incluso anche uno sguardo attento all'ambiente, infatti la compagnia ha scelto una tecnica audio e luci alimentata tramite led a basso consumo. La struttura autoportante consente di non avere bisogno dell'utilizzo di picchetti preservando l'integrità dei suoli e dei terreni.
Un'area esterna che offre ristoro e convivialità prima e dopo gli spettacoli, fa sì che il pubblico possa sentirsi accolto ancor prima di entrare ed avere la sensazione, una volta dentro, di sedersi in una piccola grande casa delle meraviglie.
Combinando la formazione circense nelle scuole tra le più importanti d'Europa e del mondo, la nostra esperienza come clown e acrobati ha dato ai nostri spettacoli una poetica contemporanea.
Nonostante la nostra formazione sia diversificata ed eclettica, ci accomuna una visione artistica che sfocia nel teatro fisico con una forte dose di comicità. Nella nostra ricerca artistica abbiamo deciso di non usare il testo, per poterci esibire in palchi internazionali e contribuire alla diffusione di un'arte che accoglie e include senza confini. Il pubblico si affeziona ai personaggi dell'arena ed è invogliato a tornare stimolato anche dal fatto che Antilia porta con sè una rassegna di più di 7 spettacoli di circo e clown contemporaneo.
Ogni artista presenta un proprio spettacolo solista, mentre la creazione Devualè ci unisce tutti e quattro in uno spettacolo collettivo, tra l'altro vincitore del primo premio Teatro Ragazzi di Vimercate 2025. In soli quattro anni di attività Antilia ha già conquistato confini e cuori: dalla Germania alla Danimarca, passando per alcuni dei più importanti festival italiani di circo e arti performative. Un circo in movimento dove l'incontro e il dialogo con il territorio sono il centro della loro poetica.
ph Loris Salussolia
La Rassegna
Antilia CIrco
THÉÂTRE CIRCULAIRE
di Luca Lombardi
Luca Lombardi e Jean-David L’Hoste si incontrano nel 2016 all’Accademia Dimitri di Verscio, ma non frequentano la stessa classe: Jean-David era arrivato un anno prima. Un giorno, durante le vacanze di Pasqua, scoprono di aver acquistato lo stesso modello di camper. Decidono così di fare un giro intorno al Lago Maggiore per provare i nuovi veicoli. Durante il viaggio organizzano, per divertimento, uno spettacolo di strada in occasione di una festa di paese.
Oltre al grande amore per i camper, durante quel piccolo viaggio scoprono anche di condividere la stessa visione artistica del clown. Entrambi provengono dal teatro e dal circo. Luca nasce e cresce alla Scuola La Ribalta di Novara, mentre JeanDavid si forma all’École de Cirque de Lausanne. Nel 2019, dopo diverse esperienze come duo clownesco nei varietà svizzeri, fondano la compagnia Théâtre Circulaire. Il primo spettacolo della compagnia si intitola Roulé-Boulé, e viaggia in bicicletta attraverso la Svizzera. In scena ci sono Jean-David, Morgane e Mirabelle. Nel 2021 la voglia di creare un nuovo spettacolo comincia a bussare alla porta. Riuniti nel “rulottone” a Les Cullayes, iniziamo a immaginare il prossimo lavoro. La prima idea è quella di giocare con una scenografia enorme: una casa costruita dimenticando tutte le regole dell’architettura. Tetto sotto, nessun pavimento, pareti tutte storte...
Abbastanza in fretta arriva la fatidica domanda: “Ma se piovesse, dove mettiamo il pubblico?” Così iniziano a cercare una copertura sui marketplace di tutta Europa alla ricerca di un piccolo chapiteau. Alla fine, il chapiteau perfetto è dietro casa, a Berna. E non si chiama chapiteau: si chiama DÔME.
24 archi in legno alti 7 metri e una cupola centrale, per un diametro di 12 metri. Nessun palo, nessuna antenna, niente metallo. Solo legno.
Dalla prima idea di casa Luca e Jean-David decidono di mantenere solo un elemento: le porte. Iniziano così a collezionare porte di ogni misura e a creare una scenografia adatta alle dimensioni del Dôme, unico luogo dove può esistere lo spettacolo
Porte-à-Faux
Contemporaneamente alla scenografia costruiscono anche un palco ovale (7x5 metri) e una gradinata per 110 persone. Pensano anche alla zona esterna e trovano un vecchio rimorchio da cantiere, trasformato in un food truck con prodotti locali del Canton Vaud: birre artigianali alla spina e bibite di marchi indipendenti da un lato, crêpes dolci e salate dall’altro.
L’idea della casa resta comunque nell’aria. Quando il pubblico entra nel Dôme per lo spettacolo Porte-à-Faux si sente accolto, coccolato, scherzosamente provocato con estrema sensibilità. Gli archi in legno, le tonalità calde delle porte, i lampadari che illuminano il pubblico fanno sentire ogni spettatore e spettatrice come a casa. In una pazza casa, abitata da Din, Drück e Misette da centinaia e centinaia di anni. I personaggi sono tre, oltre a Luca e JeanDavid sul palco c’è anche Andrea Camatarri, in arte “Ualler Band”, polistrumentista e attore trecatese famoso per la sua “trombetta con la bocca”. L’incontro tra i tre, sotto lo sguardo esterno di Celyne
Rey, è un miscuglio di discipline, punti di vista, approcci alla scena e preferenze musicali molto diversi tra loro. Diciamolo: può andare benissimo o malissimo! Non ci sono vie di mezzo.
Théâtre Circulaire, in viaggio con Porte-àFaux è diventata una folle famiglia, piena di “running gag” dentro e fuori dal palco. Grazie a Paola Berton, che si occupa della distribuzione e che ci segue in tournée, si è aperta per noi la strada fuori dalla Svizzera, in particolare verso l’Italia, dove lo spettacolo sta riscuotendo un grande successo. Il pubblico italiano è decisamente il nostro preferito!
Porte-à-Faux è uno spettacolo in continua evoluzione. Cambia con noi e con i pubblici sempre diversi che incontriamo, trasformandosi spesso in una grande festa, dove gli imprevisti nati durante la rappresentazione diventano un terreno di gioco vivo, sorprendente e piacevole. Tanti tornano a vedere lo spettacolo, per sapere cosa succederà il giorno dopo, oppure cosa accade quando il pubblico parla un’altra lingua. Non avvertiamo il peso delle 150 repliche fatte e abbiamo ancora tanta voglia di esibirci e di cantare insieme a loro.
foto di Mattia Medici Fotografia
Out of the comfort zone
FiraTàrrega, Middle Org, OUTit Platform di Outdoor Arts Italia
Autunno non è solo assottigliarsi delle forme e delle luci, ma è ancora stagione prospera in cui si raccolgono i frutti della semina. E se i frutti sono l'internazionalizzazione e lo sviluppo del settore, allora è una buona stagione, questa del 2025, per raccogliere e riseminare. Siamo stati in Spagna, a Tàrrega, alla Fira che è il più importante appuntamento europeo dedicato al teatro di strada. In quel contesto Outdoor Arts Italia si è fatta portavoce di una serie di azioni di sistema, rientrando per la prima volta ufficialmente anche nella programmazione. Tre le azioni principali che lì hanno preso forma e da lì ripartono per un percorso che vale almeno un triennio.
Italia in primo piano a FiraTàrrega
La prima azione è stata la partecipazione ufficiale alla Fira, con un panel dedicato a raccontare l'ecosistema italiano dello spettacolo nello spazio pubblico. Mapping Italy: ecosystem, networks and public space ha offerto un quadro d’insieme della complessa e stratificata scena italiana: un paesaggio composto da reti pubbliche e private, festival e centri di produzione, compagnie indipendenti e organizzazioni intermedie che, insieme, contribuiscono allo sviluppo e alla circolazione delle creazioni contemporanee.
La presentazione, realizzata in collaborazione con Circuito CLAPS, è stata l'occasione per mostrare all’estero la visione artistica e le declinazioni creative del nostro sistema e al tempo stesso dare nuovo alimento alla costruzione di un percorso pluriennale: la strada che porterà, a FiraTàrrega entro il 2027, alla realizzazione di uno specifico Focus Italia. La delegazione italiana di quest'anno è stata composta da producer e programmatori selezionati tramite una call pubblica.
Who needs Middle Org?
La seconda azione è stato il “kickstart” di una riflessione internazionale, promossa proprio da OAI, sul ruolo delle Middle Organizations ossia quelle realtà che operano come intermediari e facilitatori, mettendo in relazione artisti, festival, istituzioni e circuiti distributivi. Alla Fira si è tenuto un incontro esplorativo, aperto a organizzazioni di diversi paesi, con l’obiettivo di avviare un confronto sul riconoscimento istituzionale del ruolo e sul valore delle loro funzioni fondanti: stimolare la crescita del settore, sviluppare competenze, creare opportunità di circuitazione, rafforzare i processi di internazionalizzazione. Si tratta di una sfida cruciale in quanto il sistema culturale tende ancora a riconoscere come filiera di mercato soprattutto la produzione artistica e la distribuzione, mentre il lavoro di connessione, accompagnamento e sviluppo resta spesso invisibile. Eppure è questo un ruolo spesso decisivo per costruire politiche più eque ed inclusive e per fornire ai professionisti strumenti e competenze specifiche per il loro lavoro.
OUTit Platform: infrastruttura digitale
La terza azione ha infine guardato nettamente verso l'innovazione e il digitale, con la presentazione ufficiale di OUTit Platform, la nuova piattaforma dell’ente. Nata come directory online già accessibile ai soci, la piattaforma si è arricchita oggi, grazie agli investimenti del PNRR, di innovative funzioni di interazione tra compagnie, festival, agenzie e distributori indipendenti. L’obiettivo è duplice: da un lato facilitare la circuitazione in Italia e all’estero e, dall’altro, alzare la qualità delle comunicazioni professionali tra artisti e programmatori. OUTit rappresenta un cambio di paradigma rispetto agli strumenti di promozione tradizionali. Niente marketing massivo e
dispersivo, ma un ecosistema digitale orientato alla completezza delle informazioni, alla tutela dei dati personali, alla trasparenza nei rapporti professionali e alla valorizzazione delle singole identità artistiche. Uno strumento pensato per rafforzare la comunità artistica e sostenere anche i distributori indipendenti, rendendo più sostenibile e accessibile il lavoro nello spazio pubblico.
Verso una nuova centralità Queste tre azioni tracciano un orizzonte comune che è quello di consolidare Outdoor Arts Italia come infrastruttura di riferimento per la crescita del settore. Consapevoli, come chiunque operi professionalmente in questo ambito, che non basta sopravvivere alle sfide del presente, ma occorre prendersi dei rischi e uscire dalla zona di comfort, costruendo insieme nuovi strumenti, nuove reti e nuove possibilità di sviluppo. Outdoor Arts Italia si muove a partire da questa declinazione internazionale, mantenendo uno sguardo costante e appassionato rivolto al tessuto produttivo italiano. Senza mai dimenticare, però, che nello spazio pubblico le arti sono capaci di trasformare i luoghi e attivare comunità e che, quindi, questo comparto merita di essere sostenuto con creatività sì, ma anche con visioni lungimiranti e strumenti concreti.
Nell'immagine: Who needs Middle Orgs?
Photo credits: Unsplash Archive
Maggiori info: www.outdoorarts.it
FESTIVAL CHÂLON DANS
di Léa Legrand
Il festival Châlon dans la Rue, arrivato alla sua XXXVIII edizione, è uno dei più antichi festival di arti di strada. Esiste dal 1987 e si svolge nella città di Châlons-sur-Saône, dove quest’anno abbiamo incontrato Patricia Jacques, responsabile delle relazioni con il pubblico e dell’accompagnamento delle creazioni sul territorio per il CNAREP (Centre National des Arts de la Rue et de l’Espace Public), nonché del festival Châlon dans la Rue. Il suo ruolo consiste nell'accogliere durante tutto l’anno le attività artistiche e creare legami tra pubblico e spettacolo. Durante il festival, si occupa dell’accoglienza del pubblico in uno degli spazi dedicati a questa attività, chiamato Place des Publics. È uno spazio conviviale dove si può mangiare, assistere a spettacoli, ricevere consigli e partecipare ad attività di mediazione culturale.
udire l’accesso a giubbotti vibranti che permettono di percepire le vibrazioni della musica. L’accessibilità per tutti è una delle priorità del festival introdotta di recente”
le, spesso consultato quando è necessario prendere decisioni importanti.
Patricia collabora con il festival da 20 anni, il che la rende una delle figure con maggiore esperienza all’interno dell’organizzazione. Lei ci racconta del festival: “La particolarità di questo evento è l’attenzione e la struttura dedicate all’accoglienza del pubblico. È un festival familiare che propone una grande varietà di spettacoli: danza, teatro, arti visive e circo fanno parte del programma, con molti spettacoli adatti a tutti i tipi di pubblico. Sono stati inoltre adattati spazi e materiali per permettere alle persone con disabilità di isolarsi dal rumore, oppure per offrire a chi non può
Nel 2025, Châlon dans la Rue ha accolto in cinque giorni più di 200.000 spettatori, con 900 professionisti accreditati. Il pubblico ha potuto assistere a 149 spettacoli nel programma Off e una ventina nel programma In, per un totale di 700/800 rappresentazioni. Tra le compagnie presenti, per lo più provenienti dall’Europa, anche una compagnia coreana.
Nonostante Châlon dans la Rue non proponga un tema annuale specifico, attraverso la sua storia possiamo vedere come rifletta ciò che accade socialmente e politicamente, affrontando spesso tematiche come il femminismo, l’ecologia, l’ascesa dell’estrema destra nel mondo… Anche l’organizzazione legata alla sicurezza degli spettacoli e alla qualità dell’esperienza del pubblico cambia ogni anno. Tutto questo è possibile anche grazie al rapporto tra il festival e il territorio, testimoniato dalla fedeltà del pubblico abitua-
Oltre a questi dispositivi, ogni anno il festival coinvolge gli abitanti della città e dei dintorni attraverso il progetto “Des aventures artistiques”, che consiste nel lavorare con una compagnia durante l’anno e presentare il risultato della ricerca durante il festival. I mesi di settembre e ottobre sono dedicati alla preparazione e organizzazione del progetto, e da novembre a luglio gli artisti partecipano a una settimana di residenza ogni mese. Quest’anno è stata coinvolta la compagnia Le Polymorphe, che lavora con le arti visive e ha scelto come tema l’innalzamento del livello dell’acqua. Gli abitanti hanno costruito circa 150 meduse, ricamate e cucite, realizzato riprese subacquee e raccolto testimonianze di persone che raccontano ciò che vorrebbero vedere scomparire sotto l’acqua. Il pubblico privilegiato con cui è stato realizzato questo progetto è composto da persone con disabilità fisica o mentale. La creazione non è ancora conclusa e sarà presentata nel 2026. Tuttavia, l’edizione del 2025 è servita per raccogliere ulteriori testimonianze. Un progetto che è stato presentato anche in altri festival, come ad Avignone. Inoltre, alcune compagnie esprimono il desiderio di lavorare con un pubblico specifico che diventa parte integrante della drammaturgia del loro spettacolo.
Cie Les Filles du Renard Pale ph Michel Wiart
CieEAEO
Dans Ma Piscine ph Thomas Lamy
Trans Express ph Michel Wiart
CLOWN
“Il clown non ride di sé: ride con gli altri, per rendere più lieve il peso della vita.”
IL CLOWN E LA RICERCA: UN ATTO DI RISCHIO E VERITÀ
Quando si parla di clown, l’immaginario comune corre veloce alla figura che fa ridere, che intrattiene, che diverte i bambini. Ma il clown contemporaneo è qualcosa di più sottile e potente: è un artista che affronta il rischio, che accetta la vulnerabilità, che vive la verità della propria presenza in scena. Non è un personaggio di cartapesta, ma un corpo vivo che reagisce al presente, agli imprevisti, al pubblico.
Su queste premesse si fonda la riflessione alla base dell’edizione 2025 di Puntata Zero, spazio di residenza curato da Cordata F.O.R. che non vuole produrre spettacoli “chiusi”, ma aprire processi. Il progetto è nato nel 2019 da un’idea di Teresa Noronha Feio e Francesco Sgrò che hanno sentito l’esigenza di creare uno spazio per gli artisti dove prendersi il tempo di cercare senza dover per forza trovare, dove la priorità non è l’applauso finale, ma la strada percorsa per arrivarci. Ogni edizione prevede una call aperta ad un numero variabile di artisti, che lavorano al proprio progetto personale, sotto lo sguardo attento e rispettoso dei tutor e degli altri partecipanti.
COLLABORAZIONI
CHE AMPLIANO L’ORIZZONTE
Ad affiancare Cordata F.O.R. nella realizzazione di questa edizione di Puntata Zero sono intervenute due realtà di rilievo nel panorama del clown.
Teatro C’art, fondato da André Casaca, è un centro di ricerca noto per il metodo Educazione comico-relazionale, che destruttura la gestualità ordinaria per far emergere un linguaggio corporeo personale e autentico.
Jacques Lecoq
Pagliacce Network, la prima rete di donne clown in Italia, nata nel 2021 per promuovere la comicità femminile. Negli ultimi anni ha ospitato workshop di alta professionalizzazione con artiste internazionali come Hilary Chaplin, Jimena Cavalletti e Gardi Hutter, creando occasioni di scambio e formazione uniche nel panorama italiano.
UN TAVOLO DI CONFRONTO
Il cuore di questa edizione nasce dal confronto tra Giulio Lanzafame e Teresa Noronha Feio di Cordata F.O.R., Beatrice Nutini di Teatro C’art e Martina Soragna di Pagliacce Festival. La loro collaborazione è iniziata proprio nella fase di selezione dei candidati per Puntata Zero , quando si sono trovati di fronte 25 progetti, diversi per stile, linguaggio e provenienza.
Dal 1 al 7 settembre, presso il Teatro C’art di Castelfiorentino, l’ottava edizione di Puntata Zero ha riunito artisti e artiste per una ricerca senza rete di protezione, tra autenticità scenica e nuovi linguaggi comici. Una settimana di lavoro con un’uscita aperta al pubblico, e una presentazione finale dei lavori il 18 ottobre al Pagliacce Festival di Torino, davanti a una platea di operatori e professionisti del settore.
LA QUALITÀ STA NEL PROCESSO Durante le selezioni, emerge subito un dato interessante: i punteggi relativi alla “qualità progettuale” sono alti, mentre la “qualità dei materiali” è spesso più bassa. Un segnale che i progetti sono solidi nelle intenzioni, ma non sempre già compiuti nella forma.
Per Giulio Lanzafame questo è un punto di forza: “La ricerca, nel clown, non è necessariamente produttiva. Può portare a uno spettacolo, ma anche no. Il valore sta nel processo, nello scardinare le abitudini, nel mettere in discussione ciò che crediamo di sapere. Il punto non è il fare, ma lo stare. Tutti i clown, normalmente lavorano su strutture, già nella produzione. lavorare nello stare non sul fare potrebbe essere interessante per la disciplina clown. In questo senso il nostro ruolo sarà difficile perchè è difficile scardinare l’idea che ciascuno ha di sè e del proprio operato”
Puntata Zero 2025
Critical Response Process
rubrica di spunti e riflessioni per il circo a cura di Cordata
F.O.R.
Beatrice Nutini lo conferma: “Gli artisti arrivano spesso carichi di oggetti, scenografie, copioni. Ma nel lavoro sul clown si tenta l’opposto: si spoglia, si destruttura, si manda in crisi. È lì che il clown trova il suo spazio”
UN LINGUAGGIO DA ESPLORARE
Martina Soragna amplia la prospettiva, collegando la ricerca al potenziale drammaturgico: partire dall’autenticità dell’esperienza clownesca può diventare il motore di nuove drammaturgie, ancora poco esplorate in Italia. È un terreno fertile, pronto per essere coltivato con sguardi nuovi e approcci meno convenzionali. Un tema cruciale, sottolinea Giulio, è quello della riproducibilità. In un contesto in cui spesso si cerca di “ripetere la scena”, Giulio suggerisce un approccio più profondo: non tanto chiedersi come rifarla uguale, ma comprendere quali canali hanno reso efficace l'improvvisazione, per poterne riattivare il potenziale creativo. Tutto questo converge in una riflessione potente: non si tratta di sapere se qualcosa funziona o no, ma di chiedersi come farla funzionare. Un cambio di sguardo che trasforma il fallimento in apertura, l’errore in scoperta. Molti clown sviluppano molto il concetto di “funziona” o “non funziona” ma non è quello il punto. In Puntata Zero il punto è andare oltre: magari una cosa ha funzionato, ma se non mi limito a replicarla nello spettacolo posso aprire nuove finestre.
IL CRITICAL RESPONSE PROCESS
In questo percorso di accompagnamento, Teresa Noronha Feio racconta l’adozione del Critical Response Process di Liz Lerman, un metodo di feedback partecipativo che valorizza l’artista come protagonista attivo del proprio processo. Non si tratta di formare in senso verticale, ma di affiancare, porre domande, aiutare a focalizzare.
“Il nostro compito – spiega Teresa – non è dare risposte precostituite, ma aiutare ogni artista a trovare il proprio punto di domanda”. È un approccio che trasforma l’errore in scoperta e il fallimento in occasione di apertura.
UNA STRADA CHE NON È MAI DRITTA
La ricerca sul clown è, per sua natura, un cammino incerto. È fatta di deviazioni improvvise, tentativi, ostacoli, piccole epifanie. Ma proprio in questa instabilità si trova la forza di un’arte che non smette di evolversi e di interrogare chi la pratica e chi la guarda. Come ci ricorda Gardi Hutter: “Il compito del clown non è riempire il silenzio, ma ascoltarlo fino a quando diventa necessario parlare”.
LE DONNE CANNONE
HUGO & THE FLYING ZACCHINI
D.O.C.C. Documentazione per il circo contemporaneo docctorino.com Q docc_torino
a cura di Fabrizio Palazzo e Shay Wapniaz
All'indomani della Prima Guerra Mondiale, in un'epoca affascinata dalle macchine e dalla velocità, mentre il mondo cerca di trasformare le cicatrici del conflitto in nuove forme di spettacolo, un'intera famiglia italiana compie un'impresa simbolica: addomesticare l'arma più iconica della distruzione, il cannone, per farne uno strumento di meraviglia.
Le loro performance catturano l'immaginazione di folle sempre più esigenti e desiderose di speranza e stupore. Maxim Gorki riferendosi alle performance circensi degli anni '40 afferma: “tutto ciò che ho visto al centro della pista si è fuso in qualcosa di trionfante dove abilità e forza hanno celebrato, complici, la loro vittoria sul pericolo mortale” (Impression of the circus, A.Lebedeva, 1967)
Vi raccontiamo in questa puntata la storia degli Zacchini, una famiglia di acrobati che hanno incarnato questo trionfo in modo spettacolare. Dalle origini della loro invenzione fino al ruolo cruciale delle donne di famiglia, “The Spice Girls”, che sfidano le convenzioni per diventare proiettili umani, aprendo nuove strade all’immaginario e al potere femminile.
LA FAMIGLIA ZACCHINI E L’INVENZIONE DEL CANNONE
A partire dagli anni Venti, oltre 36 membri della famiglia Zacchini, uomini e donne, dedicano la loro vita a un'impresa unica: trasformare un ordigno bellico in uno strumento circense, ridefinendo i confini del possibile. Con 14 cannoni progettati, realizzano migliaia di lanci in tutto il mondo, raggiungendo distanze di oltre 60 metri e altezze di 30, fino a diventare simbolo stesso del “meraviglioso” nel circo moderno.
Tutto ha origine con Ildebrando Zacchini (1868-1948), acrobata e saltatore che fonda insieme alla moglie Madelina (Nina) dal Paos il Circus Olympia, un circo sotto tendone che mescola acrobazie, circo equestre, numeri di trapezio volante, teatro e lotta. I loro nove figli, tra cui Edmondo, Hugo, Bruno, Vittorio, Mario, seguono le orme paterne.
L'idea del cannone nasce in modo leggendario. Alcuni raccontano che è ispirata da Dalla Terra alla Luna (1865) di Jules Verne, altri che Hugo Zacchini, durante la Prima Guerra Mondiale, pensa e propone un mezzo per lanciare soldati oltre le trincee nemiche. Insieme al fratello Edmondo, ingegnere, progettano il primo cannone modificando un residuato bellico. Il debutto avviene al Cairo nel 1922 con un volo che lascia il pubblico senza fiato e inizia, così, una tournée di tre anni tra Egitto, Libano, Siria e Palestina. Dopo una fase difficile dovuta alla crisi economica, nel 1926 parte della famiglia Zacchini si stabi-
lisce a Torino, dove costruisce un nuovo cannone, il n° 3, il primo a essere montato su un camion. Pochi mesi dopo, nel 1927, Hugo Zacchini compie un'impresa memorabile: il lancio al Motovelodromo di Torino, che lo vede raggiungere un'altezza di 15 metri e una distanza di 30 metri, guadagnandosi il riconoscimento da parte del Principe d'Italia.
Mentre Hugo e Bruno volano di città in città, Edmondo e Vittorio si esibiscono altrove, moltiplicando i successi. A notare il talento della famiglia è il più grande circo del mondo, il Ringling Bros and Barnum & Bailey Circus, per il quale nel 1929 firmano un contratto per 1.200 dollari a settimana e un vagone privato sul treno circense. Il numero diventa l'attrazione principale, e il nome Zacchini sinonimo di spettacolo estremo. Nel 1939 tutta la famiglia Zacchini lascia l'Europa per stabilirsi a Tampa, in California. Qui creano una cittadella circense con cinque abitazioni, officine per le attrezzature e lunghi viali per esercitarsi nei lanci. La cittadella diventa la base fondamentale per il perfezionamento delle loro esibizioni, e la comunità locale li accoglie con entusiasmo, considerandoli un'attrazione distintiva della città. Il culmine arriva con il lancio doppio: due fratelli proiettili nello stesso volo, davanti a migliaia di spettatori in delirio. Il cannone diventa così una firma della famiglia, che nel tempo coinvolge anche figli, nipoti e mogli. Nasce lo Zacchini Bros Show, un parco di attrazioni che continua a infrangere record: si vola sopra ruote panoramiche, si sfidano le leggi della fisica e del buonsenso. Hugo diventa il più celebre tra i fratelli, il “proiettile umano” più noto della storia del circo. La sua carriera, dal 1922 al 1956, lo vede protagonista di oltre 11.000 lanci, affinando la tecnica del proiettile umano e portando l'esibizione a livelli di spettacolarità e rischio senza precedenti. Con l'arrivo degli anni Sessanta, l'immaginario spaziale si fonde con quello circense: i proiettili
Zacchini indossano tute da astronauti e cavalcano l'entusiasmo per la conquista della Luna. Fino agli anni Novanta, cinque spettacoli Zacchini girano gli Stati Uniti, l'ultimo volo avviene nel 1991, con gli ultimi eredi a chiudere una storia durata quasi settant'anni.
THE SPICE GIRLS
Durante la Seconda Guerra Mondiale, molti uomini della famiglia Zacchini partono per il fronte. È allora che Edmondo e Hugo Zacchini, consapevoli della tradizione e dell'importanza del loro numero, si rivolgono alle donne della famiglia.
Le donne Zacchini, senza esitazione, accettano la sfida. Iniziano un intenso addestramento con cannoni appositamente progettati, nei viali del giardino di casa a Tampa, in Florida, trasformando il loro ambiente familiare in un campo di volo. Nasce così l'era dei “proiettili umani” femminili.
A soli 16 anni, Silvana Zacchini (detta Cha Cha) è la prima donna della famiglia a essere sparata da un cannone e, con sua zia Simone Loyal, forma The Zacchini Sisters, un duo acclamato per i lanci doppi.
A seguire, Egle e Duina, figlie di Edmondo, conquistano il pubblico americano, alternandosi con il nome di “Miss Victory” e, insieme, vengono ribattezzate The Spice Girls. Le fotografie che le ritraggono trasmettono un senso di fermezza e complicità, facendo emergere la loro natura di pioniere e aprendo così nuove strade all’immaginario e al potere femminile.
Dopo di loro anche altre donne della famiglia iniziano a volare: Flora, figlia di Emanuel, e Madelina, figlia di Vittorio e Linda.
In occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa di Hugo Zacchini, DOCC ha creato la mostra “ Hugo&The Flying Zacchini” per rendergli omaggio. L’esposizione è ospitata all'interno de Il circolo del Circo, un innovativo salotto culturale itinerante nato dalla collaborazione tra l’associazione Madame Rebinè e DOCC, con il sostegno del MIC.
Per approfondire l'epopea degli Zacchini e l'evoluzione del circo, ti invitiamo a partecipare al talk con il professor Alessandro Serena che si terrà sabato 25 ottobre a Torino, all'interno di progetto SLIP, dove sarà ospitato “Il circolo del circo”. Sarà un'occasione imperdibile per scoprire i segreti di una famiglia che ha tracciato nuovi confini delle performance aeree. Non mancare!
Hugo & The Flying Zacchini
Circolo del Circo
STREET ART FESTIVAL
3-5 OTTOBRE, TORINO justforjoy.it
di Alessandra Lanciotti direzione artistica
Il 2025 vede realizzarsi la XIX edizione del festival Just for Joy, la quarta a conduzione Cita. Il festival nasce nel 2002, dall’entusiasmo e l’incoscienza di Bruno Furnari, che con l’associazione Just For Joy ha realizzato ben 15 edizioni della manifestazione fino al 2018. Nel 2022 a venti anni di distanza dalla prima edizione, la cooperativa Cita ha raccolto l’importante eredità della precedente esperienza, restituendo a Torino il suo festival di teatro di strada. La vecchia e la nuova direzione artistica hanno lavorato in dialogo per mantenere l’identità di Just For Joy e allo stesso tempo percorrere nuove strade, anche nel senso letterale del termine!
Come luogo di elezione è stato scelto Borgo Dora e la scelta non è stata casuale. Borgo Dora è un quartiere di Torino che sta cercando una sua nuova identità; al momento schiacciato fra gentrificazione e vecchio tessuto sociale che non ritrova i suoi punti di riferimento, è un laboratorio prezioso per sperimentare l’arte e lo spettacolo dal vivo come possibile terreno da cui ripartire per trovare nuove
identità. Negli anni la Cooperativa Cita ha sviluppato una sua visione dello spettacolo dal vivo nello spazio pubblico. In questa idea, che è stata messa in essere nel Just For Joy Street Art Festival, l’arte nello spazio urbano è un tassello che concorre alla costruzione del tessuto connettivo della società. Il ruolo degli artisti di strada è proprio quello di portare la meraviglia nei luoghi della quotidianità, di creare comunità anche dove il tessuto sociale è sfibrato dalle modalità faticose e spesso impersonali di quartieri periferici o siti urbani, svuotati della capacità di costruire relazioni.
A questa idea si unisce un senso di responsabilità nel porsi al servizio del dialogo all’interno di comunità sempre più multietniche, sempre meno omogenee culturalmente ed economicamente. Il linguaggio del teatro di strada arriva a chiunque, scavallando barriere sociali, culturali e linguistiche. L’obiettivo è farsi ponte, veicolando valori da condividere e da creare insieme, in un terreno comune che è quello dello stupore per il bello. Gli spettacoli proposti, oltre al chiaro intento di intrattenere e meravigliare il pubblico, propongono con ironia e in modo ac-
cessibile tematiche importanti come gli stereotipi di genere, i rapporti interpersonali, il senso dello stare insieme, l’importanza dell’inclusione. Il tutto utilizzando come scenografia lo spazio urbano. Particolare attenzione è data al dialogo con il contesto, includendo la città come elemento protagonista. Cambiare la prospettiva sull’architettura urbana, rendendola luogo di stupore, portare lo spettacolo ai cittadini, educando un nuovo potenziale pubblico, è questa la potenza dell’arte nello spazio urbano.
Troppo spesso l’arte e lo spettacolo dal vivo vengono visti da una parte della cittadinanza come un bene che semplicemente non è fruibile da tutti, come fosse una realtà inaccessibile e destinata ad altri. La gratuità degli spettacoli del festival e il linguaggio accattivante, li rende accessibili anche a nuovi cittadini o a chi non si sente a vario titolo incluso nell’offerta culturale, pur variegata, della città di Torino.
Negli anni il festival è riuscito a entrare in dialogo, grazie alla collaborazione con le associazioni del territorio, anche con la comunità cinese, molto presente nei luoghi del festival, dando vita ad una vivace integrazione di iniziative. Ci piace l’idea che il festival sia un organismo vivente che cresce, impara, si adatta.
“Che cos’è un nome? Quella che chiamia mo rosa, anche se la chiamassimo con un altro nome, non conserverebbe sempre lo stesso dolce profumo?” Shakespeare “Romeo e Giulietta” %-#*"+"2.#3;#!"#;-)#-;./)#<1.-(",1)=#>;,3(.# oggi è il nostro “numero”. ?#(,@A.#!"#(1)3<.1@)0".-":#B#2CD#+)#71)-E !,#(1)!"0".-,#2;"#1,3()1,#<,!,+"#,#+)#-.E 3(1)#A"22.+)#3(.1")4#>;,++)#2F,#2"#1"7;)1!)# A"G#"-("@)@,-(,#,#2F,4#"-#>;,3("#A1"@"# quindici anni, ci ha fatti identifcare, ap A1,00)1,4#1"2.-.32,1,#2.@,#&"12.#B+#H1"E (.4#2F,#,3"7,#;-#2)@*")@,-(.:# B#3,#+C"!,-("(I#D#;-#A1.2,33.#A"G#2F,#;-# A1.!.((.4#2.-#(;(("#"#1"32F"#2F,#2.@A.1()# "+#/,1*.#(1)!;11,4#.77"#D#"+#(,@A.#!"#(1)E !;1+)#>;,3()#"!,-("(I=#!"#<)1+,#3;A,1)1,# un nuovo fume, di rischiarne persino il -.@,:#JC)+(1.-!,4#2.3C)+(1.#D#"+#&"12.#3,# non sfda del limite?
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IL SALTIMBANCO E IL «SISTEMA» BISOGNI FLUIDI E LIMITI INAFFERRABILI
di Raffaele De Ritis
Nel 1769 a Londra, quando Philip Astley creò il primo luogo di spettacolo ibrido alla base del circo moderno (ancora senza un vero nome), incorse nelle maglie della giustizia a causa di un sistema legislativo che non era in grado di normare forme di innovazione scenica. Una decina di anni dopo, un gruppo di rivali aggiunse alla pista equestre una scena teatrale, introducendo la parola «Circus», tentando di ottenere una regolare licenza: ma fu visto come un concorrente diretto dei teatri. Alcune decine di anni dopo, a Parigi, nel 1820, i fratelli Franconi attirano drammaturghi e coreografi nel tentativo di legittimare il circo come arte teatrale: il ministero competente si dibatteva nella ricerca di strumenti normativi, mentre le influenze politiche dei Franconi riuscivano a far prosperare le loro imprese. Privilegi sociali, denunce, rivalità, corto-circuiti di decreti hanno plasmato le identità delle arti sceniche e del circo attraverso i secoli. Il problema eterno è sempre lo stesso: la tensione tra le ambizioni di soggetti nuovi e i presunti privilegi di chi c'era da tempo.
Oggi sarebbe superficiale ridurre gli attuali equilibri e squilibri del circo a due schieramenti definiti stancamente «tradizionale» e «contemporaneo», termini peraltro di impossibile definizione normativa: le differenze riguardano in realtà identità complesse, dai confini sfumati.
POLITICHE CULTURALI
Il dilemma di ogni forma di politica culturale pubblica è quello tra rischio artistico e produttività. È un tema di lunga tradizione accademica in tutto il mondo. In Italia, un limite importante è la natura stessa della normativa. Essa è di carattere finanziario, e non di politica culturale, aggiornata dalla frammentarietà dei ritocchi e micro-decreti, che spesso servono solo a preservare l'esistente o ad affermare l'ideologia di turno. Ad esempio, l'attuale linea politica ha deliberatamente eliminato la nozione di «rischio culturale» a favore della produttività (criterio comunque importante).
La logica normativa e di valutazione è identica per tutti i settori dello spettacolo, una peculiarità spesso discutibile, presente solo in Italia. Essa impone aderenza ad un unico modello: tempi e risorse di creazione/produzione, distribuzione nei circuiti, programmazione, esercizio di sale, e un forte legame con la territorialità (enti locali, comunità, sponsor, etc.). Per il circo però la cosa si complica: come può la stessa normativa regolare imprese basate su rischio di sbigliettamento e itineranza perpetua, assieme ad altre, più protese ai tempi e ai processi di creazione, che vendono spettacoli ai circuiti e senza l'onere dell'itineranza?
E che peso dare a forme ibride, ad esempio: circhi d'innovazione/sotto tendone (parzialmente)/venduti a circuito... I loro problemi sono più comuni a quelli del mondo «tradizionale» o «contemporaneo»?
RISORSE, SELEZIONE, RILEVANZA «NAZIONALE»
L'aumento delle istanze di contributo genera diversità di livelli sia nella qualità dei progetti che nelle capacità dei soggetti. Parte si deve all'eliminazione nel 2022 di un criterio importante, e cioè l'obbligo di avere tre anni di attività prima di poter presentare una domanda, azzerando così la credibilità e la continuità gestionale. In questo ha anche influito l’intento di passate commissioni, sulla base di un nuova volontà istituzionale, di aprire alle forme di innovazione a tutti i costi, includendo anche proposte ancora fragili. Questa linea si è estesa anche ai festival, spesso molto piccoli sebbene preziosi, in cui il sostegno degli enti locali dovrebbe saper sopperire rispetto all'ambizione di un riconoscimento di «interesse nazionale». Quando un progetto può avere un'eccellenza davvero «nazionale»? Da una parte, un riconoscimento ministeriale anche modesto può avere un prezioso significato simbolico per realtà fragili; dall'altra, non sono pochi i casi di ragioni sociali di spettacolo aperte solo per accedere al contributo. La selettività è importante, ma su quali basi? Cosa deve finanziare lo Stato rispetto al ruolo delle Regioni?
DOMANDE «MULTIPLE»
Esistono oggi organizzazioni articolate e capaci di operare in più campi (festival, scuola, compagnia, promozione, progetti speciali), che hanno dimostrato di essere una preziosa risorsa culturale per tutte le forme di circo. Ma la rigidità normativa (una domanda in ogni settore e una sola
illustrazione di Raffaele De Ritis
FOCUS
In tutto il comparto culturale è in corso un acceso dibattito sul FNSV (Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo).
Per fornire utili elementi di conoscenza e riflessone su questo vitale dispositivo di supporto pubblico, pubblichiamo una serie di interventi a cura di esperti della materia (Raffaele De Ritis, Donatella Ferrante, Dario Duranti) e organizzazioni nazionali con rappresentanza nel settore circo (ENC, ACCI, FORUM NUOVI CIRCHI, CRESCO).
Focus a cura di Adolfo Rossomando e Raffaele De Ritis.
domanda per soggetto) ha fatto nascere soluzioni a volte estreme. Alcune istanze, anche beneficiarie di somme importanti, sono in genere ragioni sociali riconducibili a stessi soggetti, e spesso aperte dal nulla, solo allo scopo di poter accedere ad un contributo altrimenti impossibile, per quanto meritato. Ciò inevitabilmente sovrappone organici, ruoli, territori e indirizzi culturali, fino a sfiorare il familismo. Esiste qualche possibilità di normare queste energie positive, concedendo la possibilità di progetti ampi e trasversali?
CENTRI PRODUZIONE: UN’UTOPIA?
Uno dei modelli culturali più importanti del dopoguerra è stato quello dei Teatri Stabili: luoghi di spettacolo identitari e riconoscibili, radicati in una comunità, capaci sia di ospitare una programmazione che di generare contenuti produttivi da esportare; ed eventualmente fare formazione.
In Italia, dal 2022, il modello è stato esteso a musica, danza e circo col termine di «centri di produzione». Nel circo, questo dispositivo si è rivelato utile per la sistemazione normativa di soggetti virtuosi già effettivamente operanti in questo senso. Nonostante requisiti ed obblighi importanti, le caratteristiche restano vaghe e sommarie, e soprattutto anche qui manca l'obbligo della storicità. Si rischia di inventare territorialità che non esistono, gestire luoghi solo sulla carta, e soprattutto affannarsi a collezionare bordereaux fantasma o proposte posticce, intessere «scambi» (tutto quel che già succede da decenni nel teatro), nell'assenza di una vocazione e di una storia di programmazione o produzione. È auspicabile, come nel caso dei «poli» francesi di circo, che le istituzioni prevedano momenti di verifica e confronto progettuale prima, durante e dopo progettualità così impegnative?
ANACRONISMI
DI UN SISTEMA
L'obbligo di un pro getto triennale, se offre qualche cer tezza, è faticoso per un mondo ar tistico in rapido mutamento e un'economia instabi le. Le arti sceniche sono sem pre più fluide: pur se esiste una categoria «multidisciplina re» (a sua volta con restrizioni), il sistema è ancora frenato su confini artistici faticosi. Il «teatro di strada» o le declina zioni del teatro fisico, fanno più parte del teatro, del circo, o della danza? Ha senso che il circo basato sui processi creativi stia alle stesse regole di una spon tanea tradizione itinerante? Può un automatismo informatico gene rare ancora le numerose spropor zioni tra assegnazioni e attività effet tiva? È fondamentale come sempre il dialogo tra operatori e istituzioni: ma tentativi di soluzione «dal basso» sa ranno possibili solo se tutte le forme di circo accetteranno un ri conoscimento reciproco della loro importanza artistica e sociale, con una voce unica verso l'esterno.
L'autore è stato membro della Commissione Circo dal 1996 al 2002, e professore di Economia delle Industrie Creative all'Università Statale "G.D'Annunzio" di Chieti-Pescara
illustrazione di Raffaele De Ritis
DAL FUS AL FNSV LA NORMATIVA ITALIANA A FAVORE
di Donatella Ferrante ex dirigente MiC
Quaranta anni fa veniva istituito con la Legge 163 del 30 aprile 1985, il FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), oggi FNSV (Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo): un intervento legislativo fondamentale per le realtà professionali dello spettacolo dal vivo, alle quali era finalmente riconosciuto un sostegno istituzionale organico, unitario e ricorrente, che costituiva una condizione indispensabile per un’efficace programmazione delle attività.
Tuttavia quella legge rappresentò anche un’occasione mancata rispetto alla previsione, pur contemplata nei documenti preparatori, di adottare in tempi brevi, disposizioni legislative che potessero assicurare un impianto di riferimento per tutto lo spettacolo, a cominciare da una disciplina per le attività di prosa, che, al contrario della musica e degli enti lirici1 (oggi Fondazioni) e dei circhi e dello spettacolo viaggiante2, rimaneva priva di una normativa primaria.
CONTRIBUTI IN ITALIA: come funzionano
L'attuale FNSV finanzia progetti per quattro generi di spettacolo dal vivo: teatro, musica, danza e circo/spettacolo viaggiante. Dal 2015 viene introdotto un sistema di valutazione, unico per tutte le forme. Avviene «su progetto» triennale (ma con sovvenzione annuale) basato sul risultato finale di tre valutazioni: 1) qualitativa (affidato ad una commissione); 2) quantitativa (sulla base dei dati numerici del soggetto); 3) indicizzata (calcolo automatico delle variabili). La progettualità può riguardare vari settori come compagnie, festival, forme di promozione e formazione. I fondi vengono erogati per un deficit fino ad un massimo del 60 % dei costi ammissibili. (R.D.R.).
DELLO SPETTACOLO
La preparazione della legge delega è stata oggetto di una volontà politica condivisa, ma anche il frutto di un intenso confronto tra livello politico, istituzionale e professionale, che ha coinvolto associazioni e rappresentanti del settore. È auspicabile che altrettanto possa avvenire per i decreti legislativi di attuazione della delega, per giungere finalmente all’approvazione di un Codice che sia strumento legislativo stabile ed efficace, ma anche orientato al futuro, dotato, insomma, di un’adeguata flessibilità per essere leva di sviluppo.
In questi quaranta anni l’erogazione del Fondo è stata affidata a circolari e decreti ministeriali che hanno stabilito criteri e modalità per l’ammissione ai contributi, nonché requisiti soggettivi ed oggettivi per le assegnazioni annuali. A partire dal triennio 2015/2017, sono state introdotte alcune importanti novità tra cui la triennalità, la multidisciplinarietà, una nuova definizione delle tipologie dei settori ammissibili ed il riconoscimento del circo contemporaneo e dei centri di produzione circo accanto a quelli di teatro, danza e musica: innovazioni rese possibili grazie alle disposizioni introdotte nel 20134 con una norma di impianto generale rivolta alla valorizzazione ed al rilancio dei beni, delle attività culturali e del turismo.
C’è quindi un arco temporale di diversi decenni che separa la Legge del FUS dalla Legge di Delega3 che nel 2017 e nel 2022 ha assegnato al Governo il compito di emanare con uno o più decreti legislativi un Codice dello Spettacolo per il complessivo riordino della materia.
Con l’introduzione dell’Art Bonus, inoltre, anche le attività di spettacolo finanziate a livello nazionale possono essere destinatarie di erogazioni liberali: una modalità individuata per incentivare donazioni private a favore della cultura, attraverso forme di sussidiarietà orizzontale5, ovvero del concorso dei cittadini alle attività di interesse generale.
È ispirata al principio di cooperazione tra pubblico e privato la recente misura legislativa che ha introdotto la possibilità di attivare forme di partenariato speciale tra Stato, Regioni, Autonomie territoriali e imprese private, con procedure semplificate di assegnazione per la gestione, la valorizzazione e la fruizione di beni pubblici.
Il necessario sostegno istituzionale allo spettacolo dal vivo passa dunque per il concorso di una pluralità di interventi normativi e di azioni amministrative, tra le quali vanno sicuramente ricordati gli Accordi di Programma tra Stato e Regioni finalizzati ad armonizzare le rispettive competenze, per la realizzazione di obiettivi unitari e condivisi, come avvenuto per le Residenze artistiche
Si tratta di un modello di intervento interistituzionale replicabile, che può agire sui contesti per superare squilibri territoriali, favorire lo sviluppo di reti e la collaborazione tra i diversi comparti della cultura, aprendo anche spazi di intervento nell’ambito del welfare culturale.
Lo spettacolo dal vivo è infatti un sistema plurale, complesso e sempre in divenire, che coinvolge soggetti di diversa natura giuridica e con differenti funzioni. Articolare queste funzioni, attribuire missioni di servizio pubblico e definire i dispositivi più adeguati per il loro esercizio significa poter rafforzare e qualificare l’intero sistema a partire alla consapevolezza che la sua qualità è una risorsa per tutti.
1 Legge 800 del 1967
2 Legge 337/1967
3 Legge 175 del 2017, modificata ed integrata con la Legge 106 del 6 luglio 2022
4 D.L. 8 agosto 2013, n. 91 convertito con modificazioni dalla L. 7 ottobre 2013, n. 11
5 Art. 118, c. 4 della Costituzione
LA COMMISSIONE MINISTERIALE STRUMENTI E CRITICITÀ
di Dario Duranti membro Commissione Consultiva FNSV
Quando da osservatore esterno leggevo i risultati delle assegnazioni attribuivo al ruolo del Commissario un potere che mi sono accorto in realtà non ha o non ha più. Chi infatti ha esercitato questa mansione nell’epoca precedente al DM Franceschini racconta infatti un ruolo molto più operativo, concreto ed incisivo. Oggi il Commissario è un elemento di un ingranaggio molto più ampio, che a sua volta rappresenta solo una parte di un processo più complesso e a tratti intellegibile persino per chi vi è coinvolto, essendo demandata a un oscuro “algoritmo” matematico la quantificazione finale degli stanziamenti.
Il primo equivoco da chiarire è che la Commissione non assegna i contributi, non “maneggia” soldi, bensì valuta i progetti, assegna dei punteggi di qualità che rappresentano solo una parte del punteggio finale che influisce (o dovrebbe influire!) sulla valutazione complessiva e dunque sull’assegnazione finale. A loro volta questi punteggi sono assegnati sulla base di griglie per la misurazione della qualità artistica, che non sempre aderiscono correttamente ai progetti da valutare. Si tratta di tabelle sulle quali la Commissione è stata consultata esclusivamente in merito agli indicatori numerici relativi a ogni parametro e non sui parametri in sé. Pertanto, anche laddove la Commissione dovesse rilevare che i parametri siano inefficaci per una corretta valutazione, da essi non può prescindere.
Un altro elemento che complica notevolmente la valutazione è la soglia di ammissione. Nel percorso scolastico, dove i voti sono espressi in decimi, semplificando, 10 è il massimo, 6 è la sufficienza e con 5 si è bocciati. Stando invece al DM in vigore, per tutta una serie di articoli (le imprese di produzione, i festival, i centri di produzione) il massimo è 35, ma la soglia di sbarramento anziché attestarsi intorno al 17 (l’equivalente del 5 scolastico) è fissata a 9 (poco meno di 3 su 10). Per attribuire questi punteggi, occorre sommare ben 8 indicatori previsti dalle griglie di cui sopra. Senza entrare in ulteriori aspetti matematici che risultano poco digeribili, ciò implica che solo attribuendo valutazioni molto basse si possono escludere dei soggetti. Il che potrebbe portare a interpretare il Decreto in maniera molto inclusiva, prevedendo l’esclusione solo per progetti di livello molto scarso. Lo stesso decreto però prevede la possibilità di presentare nuove istanze su tutta una serie di articoli, senza fissare un numero chiuso, un limite (che invece è previsto per l’articolo 45 inerente la promozione, in misura diversa per i 4 ambiti) né richiedere una storicità al soggetto richiedente come invece avveniva fino a qualche anno fa. Sovente i bandi in ambito culturale indicano un numero massimo di progetti ammissibili, proprio per una maggior trasparenza e selettività. Dunque da un lato il DM apre di fatto le porte ai nuovi soggetti senza incrementare le risorse complessive a disposizione, dall’altro la Commissione non dispone di strumenti tecnici per effettuare una reale selezione se non disapplicando i rigidi parametri delle griglie.
LE COMMISSIONI: esperti, politica,sottogeneri,conflittualità
La legge indica esperti «altamente qualificati» ma senza tenere conto della pluralità intrinseca dei settori. Nella ricchezza dello scenario odierno, sarebbe opportuno forse indicare l'obbligo di equilibrare le competenze per sottogeneri. Non sarebbe ora di diversificare esperti di circo di creazione assieme a conoscitori del mondo più tradizionale? Sono poi sempre fisiologici i casi di prossimità tra esperti e soggetti, quanto le nomine di sapore politico, a seconda dei vari governi. Anche per questo il regolamento impone ai commissari un'autodichiarazione sull'assenza di conflitti di interessi «anche potenziali». Il problema è che le linee di potenzialità restano nel vago, e questo genera tensioni. Come è possibile che un Ministero non abbia una normativa dettagliata in merito, al pari di enti e aziende? (R.D.R.)
Alcune commissioni hanno interpretato evidentemente il decreto secondo un principio selettivo e concorsuale, ammettendo un numero limitato di nuove istanze, talvolta mettendo in discussione progetti ammessi nel triennio precedente (cosa non esclusa dal decreto) alla luce delle risorse disponibili. Altre hanno interpretato la propria funzione di “valutazione degli aspetti qualitativi dei progetti e delle iniziative afferenti alle richieste di contributo” come indicato nel decreto senza porsi il tema degli importi, che di fatto compete alla politica e all’Amministrazione.
Detto questo è sotto gli occhi di tutti come, nonostante il clamore suscitato dalle reazioni alla pubblicazione dei punteggi, non vi siano stati scostamenti rilevanti a livello di assegnazioni (ad eccezione appunto dei soggetti non ammessi, ovviamente) rispetto al triennio precedente a riprova del fatto che il ruolo della Commissione e dei punteggi, nonostante sia sovente accompagnato da polemiche, sia stato nella realtà dei fatti depotenziato e svilito dall’Amministrazione e privato di una reale efficacia sulle assegnazioni finali.
illustrazione
di Raffaele De Ritis
TAVOLO CIRCO C.RE.S.CO.
FNSV SENZA ROTTA?
di Filippo Malerba e Giovanna Milano Tavolo Circo C.Re.S.Co.
Il Tavolo Circo ha studiato il funzionamento del FNSV nell’ambito circo, imparando il modello di C.Re.S.Co. e confrontandosi a più riprese con il suo Direttivo. I principi su cui si basano le nostre analisi sono:
● attenzione al settore nel suo complesso, a prescindere da contemporaneo e tradizionale
● considerazione trasversale degli articoli, con la consapevolezza che produzione, programmazione e formazione siano intrinsecamente collegati
● scrupolosa valutazione sulla distribuzione territoriale e sugli squilibri distributivi delle specifiche regioni / province
● evitare personalismi e protagonismi, per non ridurre le questioni di settore a singole battaglie
● approccio propositivo e interrogativo, non polemico né accusatorio
● visione politica e poetica nella stesura dei propri documenti, con la convinzione che in tutto il nostro operato facciamo “cultura”
In questi mesi il Tavolo Circo ha condotto un'attenta analisi sul FNSV 2025-2027, prima sulle ammissioni poi sulle assegnazioni. In generale si evidenzia un sistema opaco, privo di una coerente logica di distribuzione, che non premia i punteggi, non valorizza la crescita, non penalizza le carenze strutturali e non chiarisce i propri criteri di valutazione
Le ammissioni e i punteggi hanno suscitato tanto clamore, ma sono le assegnazioni pubblicate a un mese di distanza (a fine Luglio) a nascondere le storture di un sistema che sembra aver perso coerenza nei criteri distributivi. L’€ punto, pur previsto come strumento di equità, non ha più valore concreto in nessuno degli articoli analizzati. I tetti imposti limitano ogni reale possibilità di crescita e rendono inutili i calcoli dell'€
ASS. CIRCO CONTEMPORANEO ITALIA
POCHE RISORSE E PARAMETRI INCERTI
coordinatrice A.C.C.I.
Dal 2017 a oggi le istanze che A.C.C.I. ha promosso presso il Ministero della Cultura hanno consentito a oltre 30 soggetti che si occupano di circo contemporaneo, declinati nei vari aspetti nominati precedentemente, di accedere ai fondi del FNSV: un grande passo avanti se si considera la condizione di partenza, in un D.M. che, nel triennio 2015-2017, concedeva contributi con requisiti lontani dalla natura del nuovo circo e ancora fortemente legati alle conformazioni del circo tradizionale.
2017, A.C.C.I. svolge un ruolo fondamen tale per il settore del circo contemporaneo: grazie alla sua presenza in Agis è infatti il principale interlocutore con il Ministero della Cultura per il settore. Questa posizione ha permesso di apportare i cambiamenti necessari per sviluppare e sostenere il nuovo circo italiano.
L’assemblea dei soci che si è tenuta lo scorso 7 agosto scorso ha ampiamente dibattuto sull’in/adeguatezza di alcune regole che hanno definito il contributo concesso, considerando che per quasi tutti i nostri associati si è assistito ad una
FORUM NUOVI CIRCHI
STRUMENTI RIGIDI PER UNA NATURA FLUIDA
2024, ma senza significativi tetti di incre mento nell’importo assegnato. Ci si è dunque soffermati sull’analisi del meccanismo che ha portato a questa sorta di cristallizzazione per tutto l’ambito del circo contemporaneo. Ne è emersa un’analisi lucida che ha messo in risalto quanto sia indispensabile l’aumento delle risorse a monte. Il risultato infatti è stato che nonostante i punteggi di qualità artistica di alcuni progetti siano aumentati rispetto all’anno precedente non ci sono state significative variazioni per quanto riguarda l'assegnazione: il tetto di incre-
Tra le principali iniziative promosse dal Forum c’è Città di Circo, il più importante evento nazionale dedicato al circo contemporaneo sotto chapiteau. Per tre settimane, le compagnie coinvolte condividono spazi, esperienze e riflessioni, offrendo al pubblico spettacoli a offerta libera, formazioni tecniche, incontri istituzionali e accademici. Un esperimento collettivo che unisce arte, comunità e pratiche alternative di fruizione culturale. In passato, Città di Circo ha beneficiato, con non poca difficoltà, di una quota ridotta di finanziamenti pubblici, provenienti dall’Extra-FUS. La parte prevalente del bud-
get è stata coperta dalle offerte libere del pubblico. Tuttavia, dopo un’attenta analisi, il Forum ha scelto di non avvalersi più di fondi pubblici per le edizioni future. Gli strumenti messi a disposizione dal FNSV risultano incompatibili con la natura fluida e avanguardistica dell’evento. Le maglie del sistema si stringono attorno a modelli rigidi, che mal si adattano a iniziative ibride come la nostra. Ad oggi l’unica voce apparentemente accessibile sarebbe quella del festival, ma i vincoli e la sproporzione tra costi e benefici lo rendono inadeguato a rispondere alle esigenze delle nostre attività.
Dal punto di vista delle compagnie di circo contemporaneo con chapiteau, sebbene alcune realtà contemporanee siano finanziate, resta evidente che il sistema previsto dal FNSV per il triennio 25/27 non incentiva le compagnie più piccole, ibride o associative - spesso nate dal basso. L’aumento dei beneficiari senza un corrispondente incremento delle risorse e la concentrazione verso modelli di compagnia-impresa consolidata rischiano di penalizzare la crescita artistica e organizzativa delle realtà contemporanee più innovative e giovani. Questa tendenza non solo accentua la cesura tra circo contemporaneo e circo classico, ma introduce una rigidità strutturale che esclude esperienze non allineate ai modelli di classificazione attuali. Il sistema appare schematico e poco permeabile, incapace di cogliere e valorizzare l'unicità
punto e il principio dei punteggi. Lo scenario diventa che i soggetti già assegnatari del FNSV si vedono assegnati gli stessi contributi del 2024, salvo pochi casi di lieve crescita concessa e rari casi di diminuzione significativa dei contributi. A fianco a questo panorama ingessato che deve fare di più a parità di finanziamenti, i nuovi ingressi nel FNSV sono numerosi, 39 organismi nuovi assegnatari 2025-2027, ma con una media di contributo molto risicata, € 16.400 (escludendo l'unico ingresso "significativo" di un nuovo centro di produzione). Forte è la perplessità su come faranno questi nuovi ingressi a rispettare realmente i parametri del FNSV avendo un contributo così esiguo e come potranno evolvere nei successivi trienni, se il tetto di incremento rimarrà 0 o poco di più. Riteniamo che sia pericoloso dare contributi a pioggia e continuare a sva-
lorizzare il rapporto tra i numeri di attività che si chiedono e le economie che si assegnano, perché porta la cultura sulla strada del fare tanto e male.
Il Tavolo Circo ritiene che serva urgentemente un ripensamento dell’intero impianto, che promuova meccanismi di finanziamento che siano chiari e comunicati prima della presentazione delle domande
Il Tavolo Circo continuerà a divulgare le proprie analisi, per aumentare la consapevolezza del settore, e promuoverà occasioni di incontro con la partecipazione di professionalità esperte sia del circo sia di altri ambiti. Molto stimolante e istruttivo è stato l’incontro pubblico del 13 Settembre a Reggio Emilia, promosso dal Tavolo Circo e C.Re.S.Co, all’interno del Dinamico Festival.
Il Tavolo Circo dentro C.Re.S.Co. è nato nel 2022 e include ad oggi 25 realtà che operano nell’ambito del circo in Italia, di cui molte finanziate dal FNSV. Il Tavolo Circo, così come C.Re.S.Co, non presenta domanda al FNSV, per non entrare in competizione con gli stessi promotori e per tenere un ruolo super partes nell’osservazione dei finanziamenti. progettocresco.it
mento del contributo, fissato in maniera del tutto lecita dal Direttore Generale, ha funzionato da livella, anche nei confronti dei punteggi espressi dalla commissione consultiva. Perché dunque spendere mesi di progettazione per poi non vedere riconosciuto, da un punto di vista economico, lo sforzo fatto?
I progetti artistici del triennio 2025-27 dei nostri soci non sono certamente uguali a quelli del triennio appena concluso e A.C.C.I. si è impegnata a chiedere al Ministero delucidazioni sui criteri con cui sono stati fissati i tetti di incremento per questa annualità. Ogni anno il pronostico sulla percentuale del tetto di incremento (che viene applicato successivamente alla presentazione delle domande e, come preci-
sato nel D.M. deciso dal Direttore Generale) determina per molti di noi la base su cui “tarare” il proprio progetto artistico perché è poco prudente “fare i conti senza l’oste”. Sarebbe forse più opportuno levare la parola “artistico” perché spesso e volentieri si è costretti ad “arrabattarsi” in mille espedienti pur di tener fede al preventivo presentato
A.C.C.I. è impegnata con Agis/Federvivo nel lavoro di revisione della bozza del Codice dello Spettacolo, che costituirà la base su cui costruire un nuovo impianto legislativo a sostegno dello spettacolo dal vivo che dovrà superare le criticità attuali e stabilire un sistema più equo di giudizio che riconosca sia la tradizione che la ricerca contemporanea.
L’Associazione Circo Contemporaneo Italia (A.C.C.I.) associata ad Agis/Federvivo, è un’associazione di secondo livello che raggruppa oltre 30 tra compagnie, centri di produzione, festival, circuiti, enti che sviluppano progetti sociali e formativi nell’ambito del circo contemporaneo. associazionecircocontemporaneo.it
della dimensione italiana, il cui potenziale a livello internazionale è evidentissimo. Ma è semplicemente lasciato a sé stesso, in un'ottica in cui lo spettacolo dal vivo è prodotto prima che cultura, e quindi è il mercato a deciderne le sorti. Il rischio è che si continui a sostenere un solo modello, perdendo per strada le esperienze più vive, sperimentali e in linea con le pratiche europee più avanzate. Paesi come Francia e Belgio - che hanno saputo cogliere e accompagnare la complessità del circo contemporaneo - sono oggi molto più avanzati in termini di riconoscimento, diffusione, sostegno e sviluppo del pubblico. Senza correttivi strutturali e maggiore flessibilità, l’Italia rischia di restare irrimediabilmente indietro, nonostante il grande potenziale del settore.
Forum Nuovi Circhi è un’associazione che rappresenta il circo contemporaneo italiano con chapiteau. Riunisce dodici compagnie - collettivi e singoli artisti - che hanno deciso di formalizzare collaborazioni nate in modo spontaneo e informale nel corso degli anni. Si tratta di realtà che operano in maniera indipendente, con visioni, valori e modalità organizzative eterogenee. Alcune compagnie scelgono di ricorrere ai fondi pubblici, altre preferiscono non farlo. forumnuovicirchi.it
IL MODELLO FRANCESE: itineranza e creazione per un settore flessibile
I contributi ministeriali in Francia sono annuali, legati a strumenti specifici, e non ad un unico modello. Le compagnie di circo dispongono di due dispositivi, diversi ma cumulabili: aiuto alla creazione (progetto artistico valutato unicamente da una commissione, su criteri-guida, fino al 10% dei costi) e aiuto all'itineranza (circhi con chapiteau, valutato dagli uffici).
Vi sono poi i Poli Nazionali di Circo che vengono scelti dal Ministero della Cultura e dagli enti locali attraverso fasi di valutazione. Esiste poi un tipo di bando per i festival di spettacolo, a prescindere dalla natura disciplinare. (R.D.R).
ENTE NAZIONALE CIRCHI
IL PARADOSSO DELLA QUALITÀ
di Antonio Buccioni Presidente E.N.C.
L'E.N.C., che mi onoro di presiedere, ha avuto lustri di splendore e di militanza burocratica dell’intero settore con numeri di iscritti notevoli. Oggi ha una militanza più contenuta, mentre la rappresentanza politica, se possibile, si è addirittura accresciuta.
Certamente non ha vocazioni auto riduttive, da sempre annovera circhi con o senza animali (emblematico il circo-rivista di Palmiri già negli anni ’50) e annovera qualche produzione di quello che viene chiamato circo contemporaneo.
In questa ottica è logico immaginare circa 120 – 130 espressioni riconducibili al concetto di circo. Di queste almeno una trentina di circhi italiani “in esilio”. Cioè, complessi che sono partiti per svolgere delle tournée all’estero e si sono poi trovati complessivamente molto meglio che in Italia, sia dal punto di vista del risultato commerciale che del rapporto con l’interlocutore pubblico che ne ha colto il valore e i contenuti positivi. Tanto da decidere di non fare più ritorno in patria. Ci sono complessi italiani in gran parte del mondo. Dalla penisola iberica alla Germania, all’area balcanica, al continente africano. Dalla Russia all’Azerbaigian, all’Arabia Saudita.
In patria 35 – 40 complessi svolgono attività per 365 giorni all’anno. Alcuni aprono nella stagione invernale. Altri in quella estiva (soprattutto le arene). Esistono inoltre 5 – 10 attività di auto moto acrobatiche e qualche teatro viaggiante.
Riteniamo riferimento imprescindibile la Legge Craxi-Lagorio 163, del 1985. Un provvedimento fantastico che da un lato riconosce in maniera esplicita Circo e Spettacolo viaggiante sieme a Cinema Prosa e Musi ca (la Danza arriverà in seguito). Dall’altro indica che la posta che i due settori sono chiamati a dividersi è circa dell’1,5% del budget complessivo. Questo è il dato storico, il commento resti a chi legge. Per altro ci sono alcune entità, fra gli iscritti all’ENC (per esempio Auto moto acrobatiche), che sostanzialmente non hanno mai beneficiato di nessun contributo. Anche qui la valuta zione resti a chi legge.
Attualmente il quadro com plessivo delle assegnazioni del FNSV non riflette in alcun modo le realtà oggettive del circo italiano. Ci sono situazioni che, pa rametrate, risultano abnormi. E il discorso va oltre i limiti dell’ultimo decreto triennale. Forse non c’è stata alcuna altra organizzazione in Italia come l’ENC che, sin dal 2014, ha espresso in maniera lapidaria e inequivocabile, seppure con educazione, un giudizio assolutamente negativo all’impianto complessivo inaugurato nel triennio 15-17. Che poi è rimasta l’intelaiatura di base e che assolutamente non corrisponde alle esigenze del sistema circo italiano. Ci sono criticità anche in altri settori, nelle quali altri si inoltreranno. Non è un giudizio negativo sull’attuale commissione, dirigenza o governo. Se qualcuno vuole approfondire può andare a guardare chi erano i governanti, i dirigenti e i commissari al momento della riorganizzazione del 2014. Ma, fuori di metafora e per essere chiari, ad ogni triennio il presidente dell’ENC ha sottolineato la valutazione negativa del sistema delle assegnazioni.
Attenzione. L’Ente Nazionale Circhi non è di certo fra quanti hanno inteso dividere il circo atteso tradizionale dal circo atteso contemporaneo. Denuncia piuttosto un fatto molto diverso e grave. Ovvero che grande parte dell’attività finanziata sulla voce circo non finanzia il circo. Magari spettacoli degni di attenzione, per carità e di giudizi positivi, ma che solo in modo stravagante ed arbitrario si possono imputare al settore circense. Non sono né tradizionali né contemporanei ma altro.
Si ritiene inoltre che il sistema delle assegnazioni non dovrebbe essere imperniato sulla qualità. Non per mettere in dubbio la competenza ed il buon senso dei componenti della commissione, ma perché questo criterio è difficile da rapportare seriamente al circo italiano. Non ci sono le possibilità oggettive e serie di finanziare avuto riguardo ad una pretesa qualità. Il dato oggettivo si può riferire al dato del lavoro. Perché tale momento, quanto meno, bene o male, permette di avere dei parametri e quadri di riferimento obbiettivi, almeno nei risultati che chiunque mastichi un pochino di circo può valutare.
CIRCO «TRADIZIONALE» E LUOGHI COMUNI
Se in Italia esiste il riconoscimento al settore circense, lo si deve alle dinastie che hanno costruito l'identità del circo in Italia. Nessuno deve dimenticare che grazie alle loro battaglie pluridecennali, nel 1968, l'Italia fu il primo Paese occidentale al mondo ad avere una legge sul circo. Quel mondo oggi è profondamente mutato, ben oltre i luoghi comuni. Pur in una forte crisi identitaria, vi emergono nuove generazioni spesso interessanti, tentativi sempre più convinti di superamento di modelli e contenuti consueti, che continuano a svolgere un ruolo popolare importante, con un consenso del pubblico numericamente sempre superiore ad altre forme di circo. Le nuove forme di attività (festival, formazione, promozione, centri di produzione), sono diventate opportunità anche per le forme più classiche. (R.D.R.)
L’Ente Nazionale Circhi è nata nel 1948 e da allora è l’organizzazione preposta alla rappresentanza politica del circo italiano. Aderisce sin dai primi giorni all’Agis, la quale vede fra i fondatori proprio Ercole Togni per il comparto Circo. Inquadra, insieme con i circhi propriamente detti, anche le arene, i teatri viaggianti, i teatrini di burattini e marionette (ex legge 337, 1968) e le esibizioni moto auto acrobatiche. Altri iscritti sono organizzatori di festival o di eventi vari. circo.it
illustrazione di Raffaele De Ritis
Bandificare la cultura
Il valore non commerciale dello spettacolo dal vivo di Federico Toso per OCA Doc
Il 2025 ha portato con forza al centro del dibattito una questione cruciale per lo spettacolo dal vivo: la progressiva “bandificazione” della cultura. Parola cruda che descrive la condizione di chi si ritrova a inseguire scadenze, regolamenti e griglie di valutazione invece di prendersi cura della ricerca, della sperimentazione, della creazione di senso per i territori e le comunità. Quel valore non commerciale della cultura, che non si misura con biglietti o profitti, ma con la capacità di generare visioni e relazioni, rischia di restare schiacciato dentro logiche che piegano, talvolta fino a snaturarle, le intenzioni degli operatori.
La promessa e la trappola dei bandi I bandi sono oggi una fonte essenziale di sostegno: permettono di avviare produzioni, garantire continuità, aprire spazi d’azione, ma finiscono anche per condizionare le scelte culturali, orientandole secondo criteri esterni. Non è raro modellare un progetto per aderire ai punteggi premianti, sacrificando elementi artistici e pedagogici che sarebbero più aderenti al valore originario. Così la cultura rischia di ridursi a strumento ancillare di politiche preconfezionate, anziché luogo di ricerca e innovazione dei linguaggi e delle pratiche.
Tre meccanismi distorsivi I bandi fuori tempo massimo, spesso pubblicati in ritardo, talvolta in piena estate, costringono le imprese culturali a un surplus di lavoro proprio nei periodi più intensi, minando la qualità della progettazione e la possibilità di coltivare visioni di lungo periodo.
I ritardi nei pagamenti, che obbligano gli operatori ad anticipare flussi di cassa spettanti agli enti pubblici, generano un cortocircuito di scopo: fondi nati per alimentare la sostenibilità finiscono per soffiare sul fuoco della precarietà.
La sperequazione regionale, che in alcune aree garantisce opportunità ampie e strutturate e in altre invece, per scelte politiche o assenza di investimenti, riduce drasticamente le possibilità di chi sceglie di operare attivamente in territori meno privilegiati, contribuendo ad ampliare un divario che penalizza non per gli aspetti qualitativi, ma unicamente per il territorio in cui si opera.
Un non mercato parallelo
Queste dinamiche alimentano un “mercato parallelo” che finisce per basarsi non sul valore delle produzioni, ma sulla capacità di intercettare bandi. Un contesto che genera dipendenza, riduce autonomia e porta talvolta, complice l'abuso della generazione automatica di testi digitali, anche ad uniformare i linguaggi. Eppure, circo e arti nello spazio pubblico hanno sempre dimostrato di saper coltivare la diversità artistica e di saper incidere sullo sviluppo dei territori e sull’attivazione delle comunità, come forse poche altre espressioni culturali. È questo che rischiamo di perdere se ci affidiamo al bando come principale terreno di legittimazione.
Internazionalizzazione e cooperazione
Particolarmente critico è infine il tema dell’internazionalizzazione, che è un obiettivo esplicito di molti bandi e un percorso realmente fondamentale per far crescere le compagnie nel confronto con mercati e scene più ampie, portando al tempo stesso nuove energie in Italia. Se le risorse tuttavia arrivano tardi, se i tempi di progettazione non sono compatibili con i calendari esteri e la precarietà resta costante, la mobilità rischia di restare un obiettivo solo proclamato. Il modello cooperativo di Doc Servizi e della Rete Doc lavora da tempo per alleggerire queste difficoltà, mettendo in rete competenze e risorse,
creando partenariati strategici con gli enti del terzo settore e spazi condivisi per affrontare la complessità, ma non basta. Servirebbe un cambiamento sistemico, per invertire in maniera durevole una rotta che, a tratti, sembra più una deriva liberista senza ritorno.
Oltre la sopravvivenza Il quadro è dunque quello di un settore che cresce e osa, ma che deve difendere il proprio spazio vitale. Più che fertilizzare un terreno ricco di possibilità, il sistema assomiglia a una selezione naturale che premia chi sopravvive, non chi innova. La cultura è un campo da coltivare: ha bisogno di tempo, cura e condizioni favorevoli per crescere. I bandi possono essere acqua e nutrimento, ma se somministrati con tempi irregolari e criteri sbilanciati si tramutano in tempesta che sradica invece di fortificare.
La sfida? Continuare a lavorare con competenza e creatività all’interno del sistema esistente e aprire al tempo stesso una riflessione collettiva su forme di sostegno più rispettose delle logiche artistiche e comunitarie, meno vincolate a rigidità burocratiche. Solo così i valori non commerciali del circo e dello spettacolo pubblico, come la capacità di creare senso, generare legami, trasformare spazi e persone, saranno riconosciuti e sostenuti davvero, in salvo dall’affanno della prossima deadline.
Nell'immagine: Beppe Vetti e Salvatore Caggiari (DuoDorant) in Über-Marionetten
Photo credits: Andrea Macchia
LE OLIMPIADI DELLA MAGIA
Ogni tre anni, in una città diversa del mondo, il sipario si apre su uno degli eventi più prestigiosi e attesi dagli illusionisti: il Campionato del Mondo di Magia, organizzato dalla FISM – Fédération Internationale des Sociétés Magiques. Fondata nel 1948 ad Amsterdam, la FISM riunisce oggi oltre 110 associazioni nazionali e rappresenta oltre 80.000 maghi da ogni continente. Il campionato nasce con l’obiettivo di elevare l’arte magica promuovendo l’innovazione, la tecnica e l’originalità. Il formato attuale è una competizione serrata che dura circa una settimana, con spettacoli, conferenze, workshop, fiera magica e tavole rotonde tra artisti. Il cuore dell’evento sono le gare ufficiali, suddivise in due grandi aree: magia da scena e magia da close-up (a distanza ravvicinata). All’interno di queste categorie, le discipline spaziano dalla micromagia alla manipolazione, dalla magia generale alla cartomagia, dal mentalismo fino alle grandi illusioni e alla comedy magic. Da quest’anno, inoltre, si sono aggiunte due nuova categoria: la magia online e la street magic. Ogni concorrente ha pochi minuti per impressionare una giuria internazionale di esperti, composta da artisti affermati, storici e tecnici del settore. La valutazione si basa su criteri severi: tecnica impeccabile, originalità, presentazione scenica, impatto artistico. Un numero può essere perfettamente eseguito dal punto di vista tecnico, ma senza una forte personalità scenica difficilmente conquisterà un punteggio alto. Al contrario, un’idea innovativa ma tecnicamente fragile non avrà vita facile. È un equilibrio sottile fra arte e
artigianato, tra precisione e poesia. Per chi vive di trucchi, illusioni e mani più veloci degli occhi, vincere un titolo FISM equivale a conquistare una medaglia olimpica.
L’edizione 2025, numero XXIX, svoltasi al Lingotto di Torino e organizzata dall’associazione Masters of Magic, è stata particolarmente favorevole per la magia italiana, che ha visto ben sette artisti premiati in differenti categorie su 160 concorrenti in competizione. Un risultato che dimostra come il nostro paese abbia superato ampiamente il divario con gli altri paesi.
La coppia di illusionisti Alberto Giorgi e Laura, dopo aver conquistato il titolo europeo lo scorso anno, ha ottenuto il secondo premio (il primo non è stato assegnato) nella categoria Grandi Illusioni e il premio Invenzione; Francesco Fontanelli, già campione europeo di Cartomagia nel 2021, si è guadagnato il secondo posto nella categoria (il primo non è stato assegnato). Il mentalista Niccolò Fontana ha ottenuto il terzo
posto nella sua categoria, a Starman è andato il terzo posto per la Micromagia e a Piero Venesia il secondo per la categoria Parlour Magic, la magia “da salotto”. Luca Bono si è classificato al secondo posto per la magia online. Tra i primi classificati nelle diverse categorie viene poi assegnato il premio più importante, il Grand Prix, uno per la categoria della magia da scena e uno per la magia da close up. Nel corso della sua storia, questo titolo è andato ad artisti che poi sarebbero diventati leggende come Fred Kaps, tre volte campione del mondo; Lance Burton, che vinse il titolo da giovane con un numero di manipolazione, Yu Ho-Jin, il coreano che nel 2012 stupì coniugando tecnica innovativa e poesia, oppure Shin Lim, oggi star mondiale. Unico italiano a ottenere il Grand Prix in passato è stato nel 1952 Denis Moroso gareggiando come socio di un club francese contro altri 105 maghi al Casino Kursal a Ginevra. Quest’anno per la seconda volta nella storia, il premio tanto ambito è andato ad un italiano, Francesco Della Bona, giovane illusionista originario di Modena, primo posto nella di-
foto di Masters of Magic
Rubrica di meraviglie a cura di Giorgio Enea Sironi
sciplina regina del concorso, la manipolazione, primeggiando contro concorrenti agguerriti, molti dei quali provenienti dalla Corea. Un traguardo importante che segna un punto di svolta per la magia italiana. Della Bona, già terzo classificato nella stessa categoria nell’edizione 2022 in Québec, ha raggiunto un risultato storico e simbolico. La sua vittoria non solo consacra il suo talento a livello internazionale, ma rappresenta anche uno stimolo per le nuove generazioni di illusionisti del nostro Paese.
la trasformista Calista , con un numero in cui l’arte del quick change racconta la storia a ritroso di una donna dalla vecchiaia alla giovinezza.
Per quanto riguarda i gala i momenti più emozionanti sono
Tra gli altri primi posti assegnati la trasformista Lea Kyle nella categoria Magia Generale, il duo di mentalisti MIND2MIND , il danese Mortenn Christiansen nella Parlour magic e il giapponese Ibuki nel close up , altro Grand Prix di questa edizione. Molti concorrenti hanno lasciato il segno nella memoria degli spettatori come il venezuelano Winston Fuenmayor arrivato quarto, l’illusionista francese Dani Lary con una versione originale della pagoda cinese,
stati quelli dell’apertura, con in scena alcuni dei vincitori FISM più recenti come Jason Latimer, Yu Hojin, Hector Mancha, Yann Frisch, Miguel Muñoz, Laurent Piron, Norbert Ferrè con una esibizione speciale dell'icona della magia italiana, Silvan . Tra le numerose lecture in programma spiccano tra tutte quella di Yann Frisch che ha spiegato passo passo le tecniche per eseguire il suo numero e quella del veterano David Williamson . Tra i Solo Show in programma,
oltre allo straordinario successo di una leggenda come Mac King , quello degli italiani Marco Zoppi e Rolanda , rappresentanti indiscussi della Bubble Art a livello internazionale, è stato accolto da una standing ovation del pubblico. Il Crazy & Comedy magic show ha visto insieme sul palco tre giganti tra magia, teatro e comicità: il nostro Sergio Bini in arte Bustric , il russo Voronin e il francese Otto Wessely
Il Campionato del mondo 2025 ha registrato numeri eccezionali: oltre 6.000 spettatori ai Galà serali ospitati nel Teatro del Lingotto e 500.000 persone coinvolte nelle numerose attività collaterali sul territorio - magia di strada, laboratori per bambini, performance negli ospedali, iniziative nei ristoranti – e una ricaduta economica stimata in 10 milioni di euro.
Più di 5.000 maghi da tutto il mondo hanno trasformando Torino nella capitale internazionale della magia per una settimana, un crocevia culturale unico: maghi giapponesi che scambiano segreti con colleghi francesi, artisti sudamericani che si confrontano con illusionisti scandinavi, linguaggi e tradizioni che si contaminano. In sala, il pubblico passa dalle risate fragorose all’applauso carico di stupore, dimostrando che la magia è un linguaggio universale. Il prossimo appuntamento sarà nel 2028 a Busan, in Corea e promette, come sempre, di regalare nuove stelle e momenti memorabili.
Street Magic
La mia passione per la magia nasce da bambino, quando guardavo gli illusionisti in televisione e rimanevo a bocca aperta di fronte ai loro gesti. Volevo capire come fosse possibile creare quell’effetto di meraviglia, volevo scoprire il segreto dietro ogni illusione. Crescendo, la mia curiosità si è trasformata in pratica: internet mi ha aperto un mondo di tutorial, libri e video, e ho iniziato a esercitarmi da solo, imparando a conoscere strumenti e tecniche, sperimentando ogni gesto, ogni movimento, fino a percepire la magia come una disciplina fatta di precisione, ritmo e controllo. A 19 anni ho deciso di fare il passo più importante: iscrivermi al Club Magico di Bologna.
Lì ho scoperto il valore del confronto con altri appassionati, la possibilità di osservare e imparare dagli altri, di mettere alla prova le mie capacità, di capire che la magia non è solo trucco, ma anche comunicazione e spettacolo. In quegli anni ho iniziato a comprendere la differenza tra l’illusione come semplice effetto e la magia come esperienza, come qualcosa che può emozionare chi guarda.
I maestri a cui mi sono da sempre ispirato sono Silvan, Yu Hojin e Lucas. Di fondamentale aiuto nella creazione del mio numero sono stati Alexander De Bastiani in arte Shezan, grazie alla sua regia sono riuscito a ottenere il terzo posto al cam-
FRANCESCO DELLA BONA
pionato mondiale in Quebec nel 2022, e successivamente Andrea Rizzolini con cui abbiamo perfezionato il numero e aggiunto nuove tecniche. Da tutti ho preso qualcosa, ma ho sempre cercato di sviluppare un percorso autonomo, di trovare la mia voce. La manipolazione mi ha catturato in modo particolare: ogni oggetto tra le mani diventa parte di un piccolo universo, un gesto, un movimento, un attimo di tempo che si dilata. La sospensione, lo slow motion, l’illusione del fermo immagine: sono questi gli elementi che trasformano un effetto in un momento memorabile.
Il tempo, più di ogni altra cosa, è ciò che cerco di piegare, il filo conduttore del mio lavoro, il terreno su cui costruisco i miei numeri. Non voglio solo far muovere o sparire oggetti; voglio dare al pubblico la percezione che il tempo stesso si modifichi, che si sospendano secondi preziosi, che ogni attimo diventi una piccola storia di meraviglia. La musica, spesso ispirata al cinema, e gli effetti sonori amplificano questa sensazione, creando una tensione emotiva, scandendo i gesti, trasformando la tecnica in esperienza sensoriale.
Sul palco il mio personaggio appare serio, concentrato, disciplinato, come un narratore silenzioso che guida lo spettatore attraverso il suo racconto. Fuori dal palco, invece, sono più timido, più spontaneo, e questa dicotomia mi aiuta a coltivare la mia umanità e a mantenere il legame con chi guarda. Credo profondamente che il futuro della manipolazione non possa prescindere dalla narrazione. La tecnica fine a sé stessa non basta più: il pubblico vuole senso, emozione, storia. Per questo il mio obiettivo non è solo perfezionare ogni gesto, ogni effetto, ma anche creare spettacoli più articolati, più lunghi, dove la manipolazione diventa parte di un racconto, di un’esperienza condivisa. In questo senso, il mio lavoro evolve continuamente: esploro nuove forme di spettacolo, performance aziendali o eventi, cerco di integrare testo, scenografia e musica in modo che tutto contribuisca a costruire un mondo coerente e coinvolgente.
Per me la magia è la perfetta fusione di tecnica e narrazione. La manipolazione non è solo un effetto visivo; è un linguaggio, personale e universale allo stesso tempo, capace di comunicare meraviglia, stupore e senso, di lasciare un’impronta nella memoria di chi osserva, di trasformare un semplice momento in un ricordo duraturo, di far sentire chi guarda, anche solo per un istante, parte di qualcosa di più grande.
ph Masters of Magic
Ho iniziato con la magia da bambino. Un giorno vidi un mago in TV, rimasi affascinato e chiesi a mia madre una scatola magica. Da lì cominciai: prima le feste di compleanno, poi, a 17 anni, la strada, dove ho incontrato artisti di circo, apprendendo giocoleria e clown. Ma soprattutto capii che non bastava mostrare giochi, bisognava avere un personaggio, dire qualcosa, emozionare il pubblico. Questo mi spinse verso la magia concettuale, perché volevo davvero diventare artista e raccontare me stesso. Al tempo studiavo lingue all’università di Caracas e nei week end mi esibivo. Incontrai Ernesto Melero, mago venezuelano, che divenne il mio mentore. In quegli anni il paese era nel caos: blackout, mancanza di cibo, rapine, famiglie intere che emigravano. Tutti i giorni le conversazioni erano: “Non ho questo a casa”, “Mia madre ha fatto la fila per comprare il riso”, “Mio zio se n’è andato”, “Mio padre sta per partire perché è impossibile vivere qui”. Il paese era nel caos, caos puro. A 17 anni era per me un peso enorme. La magia era il mio sogno, ma dentro avevo un’urgenza da esprimere. Con Ernesto iniziammo a costruire un numero che parlasse della lotta contro ciò che ti distrugge. La sigaretta divenne la metafora perfetta. Ricordo che ci incontravamo ogni giorno, almeno una volta alla settimana. Io portavo a Ernesto un video del mio numero, e lui mi insegnava dettagli preziosi: come respirare, come muovermi, come guardare l’oggetto con disgusto, come connettermi con il pubblico. Mi aprì la mente: potevo essere un mago senza ricadere in uno stereotipo. Ci vollero due anni. Nel 2018 Ernesto emigrò, lasciandomi con quel numero incompiuto. Prima di partire mi disse: “Devi trovare un posto per esibirti. Forse ho qualche contatto a Caracas”. Ma in Venezuela il teatro non è grande cosa. Così iniziai a scrivere a festival e convention di tutto il mondo. Molti mi ignorarono o dissero che il mio lavoro era “troppo oscuro, troppo scomodo”. Ho ancora quelle mail. Ma due realtà mostrarono interesse: la Blackpool Magic Convention, che però saltò perché l’ambasciata inglese mi negò il visto, e soprattutto il Cirque de Demain. Non sapevo cosa fosse, pensavo a uno spettacolo come tanti. Invece era un festival di rilievo mondiale del circo contemporaneo. Mi accettarono e nel 2019, a 19 anni, la mia vita cambiò per sempre. Nessun altro evento l’ha segnata tanto.
Ma io cercavo un linguaggio più drammatico, più cupo. La manipolazione, oggi, resta chiusa in una scatola: il mago elegante, immobile, che mostra effetti. Io penso si possa andare oltre, muoversi nello spazio, dare nuovi significati agli oggetti. Le carte da gioco possono diventare maschere, catene, ferite. Persino un blackout in Venezuela, nel 2018, senza elettricità per una settimana, mi spinse a creare nuove idee. Con il buio e il silenzio, presi le carte e provai. Ero ossessionato dal personaggio Venom di Spiderman che si attacca al corpo del protagonista. Così ho cercato di fare con le carte che si espandono sulla mia faccia, sulle mie braccia, prendono possesso di me.
Le mie influenze vengono spesso dalla musica: una colonna sonora venezuelana tragica, The Cure, Linkin Park, i Gorillaz. La musica mi crea immagini: un uomo solo, al buio, in lotta con se stesso. Quel crescendo diventa gesto scenico. Mio padre è musicista: forse da lì nasce questa sensibilità. Tra i maghi, mi hanno segnato i maestri della manipolazione coreana Lucas e Ju Hojin, il francese Yann Frisch, che mi commosse quando lo vidi la prima volta.
Trasformare la miseria in arte questo il mio obiettivo: oggi vivo di questo e mantengo la mia famiglia. Negli ultimi anni ho lavorato con Luis de Matos in Portogallo, con Jorge Blass in Spagna, ho fatto tournée in Cina, varietà in Germania e Spagna. Per il futuro ho in programma dei festival in Sud America, conferenze, nuovi numeri. Adesso sto creando un mio spettacolo, previsto per il 2027. Ai giovani direi: non imitate ciò che non vi appartiene. Io non potevo fare “il maghetto adorabile”, non sono così. Sono più duro, più cupo, ed è lì che il mio personaggio trova autenticità. Il pubblico sente quando qualcosa è vero. L’arte migliore è quella che nasce dalla propria verità. Anche se la magia è fatta di inganni, sul palco non dovrebbe esserci alcuna bugia.
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INCONTRARSI ATTRAVERSO IL CLOWN
11-22 LUGLIO 2025, GHENT, BELGIO
di Ilaria Bessone
circusplaneet.be
foto di Geert Roels
altrocirco.it
Circus Planeet, nota scuola di circo belga, ha sede in una chiesa ristrutturata e adibita a spazio di formazione, residenza e pratica circense per la comunità e per artisti professionisti, che trovano qui uno spazio di incontro e interazione. A 10 anni di distanza dal primo scambio sul clown, Circus Plaanet ha organizzato “LOL – exchange”, una seconda edizione del progetto. Anche questa volta AltroCirco è stato coinvolto come partner. L’obiettivo dello scambio era aggiornare il dibattito e condividere pratiche formative e artistiche sul clown e sulla comicità in generale, coinvolgendo partner da Italia, Slovenia, Slovacchia, Lettonia, Irlanda e Belgio. Come spiega l’abstract del progetto: “L’umorismo è chiave nei processi di apprendimento, comunicazione e performance, ed è uno strumento fondamentale per allargare l’accessibilità del circo e rafforzare le connessioni tra gruppi e persone. Citando il musicista e attore Victor Borge: “La risata è la distanza più breve tra due persone”. Rispondendo a una call diffusa da AltroCirco lo scorso gennaio, si sono candidate e sono partite 4 persone in rappresentanza della nostra rete: Paola Giulisano e Niall Dowling (Clatù, Catania); Davide Bianchi “Giulivo”; Giampaolo Silvestri “Gippo” (Circo Libera Tutti). Riportiamo qui sotto le loro testimonianze:
“È stata un’esperienza intensa e ricca di stimoli: 6 paesi e più di 30 partecipanti, di tutte le età e i livelli di esperienza. Abbiamo avuto modo di sperimentare diversi approcci, diversi stili di insegnamento, e la grande varietà di modi per avvicinarsi al naso rosso. Questo tipo di esperienze sono fondamentali per ricevere nuovi spunti e costruire contatti in tutta Europa” (Gippo).
“Lo scambio è stata una esplosione di energia e di interscambio. Ad accoglierci è stata la bellissima realtà di Circus Planeet, uno di quei posti che per ambienti, attrezzature e modernità fanno invidia soprattutto a noi italiani, che in tutte le nostre piccole realtà circensi, la cosa più grande che abbiamo è la volontà, l’impegno e il cuore che ci mettiamo. Abbiamo incontrato formatori e professionisti come Mariano Cronopio Gedwillo, clown argentino che collabora con Riga Circus e che ha intrapreso un lavoro potente e interessantissimo sulla commedia dell’arte, riunendo tutto il gruppo, oltre a Steven Desanghere e Eva Kahan di Circus Planeet. Abbiamo inoltre organizzato due uscite con tutto il gruppo, vestiti da clown: una al Festival di strada e musicale di Ghent (Gentse Feesten) e una in un grande ospedale pediatrico” (Giulivo).
“Per me è stata un’esperienza molto arricchente. Ho trovato nuov3 amich3 da diversi paesi, e sono particolarmente grata per la bella energia che si è creata all’interno del gruppo italiano. Occasioni come questa sono preziose per immaginare e costruire progettualità future, per stimolare riflessioni sul proprio lavoro, per poter condividere le proprie competenze in un ambiente sicuro. Alla fine dello scambio mi sono sentita piena di amore, nuove abilità, ispirazione e motivazione” (Paola).
“La città sembrava fatta su misura per noi: i nostri clown hanno attraversato parchi, strade e mercati, occupato bus e tram. I workshop sono stati eccellenti, condotti con stili molto diversi: da quello più spirituale e libero, a quello più rigoroso e giocoso. Il momento più significativo per me è stata la parata all’ospedale pediatrico: un’ondata di gioia divertimento, per pazienti, staff e pubblico. L3 32 partecipanti avevano età, nazionalità, esperienze, obiettivi, corpi e personalità diverse. Abbiamo condiviso consigli, conoscenze e visioni filosofiche. Siamo diventat3 una famiglia che condivideva la routine quotidiana oltre che le attività strutturate…
“and one really lived as in a dream and danced and loved as in a dream and even dreamt as in a dream a dream of clowns”