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In copertina
Foto di Johanna-Maria Fritz / OSTKREUZ, dalla serie “Like a bird”. Combattenti di Hamas passano davanti all’artista Majed Kallub, nei pressi della Gaza Circus School, distretto di Betlaahya, Gaza City, Palestina, 2017.
La recente traduzione in lingua italiana delle “ Lettere Aperte al Circo ” ripropone il dibattito, ancora attuale a 10 anni dalla loro pubblicazione, sul ruolo degli artisti in scena e nella società. Un tema che abbraccia non solo gli artisti ma tutti i professionisti all’interno del settore circo.
Arte, intrattenimento, impegno nel sociale? Una combinazione di tutto questo? Quale debba essere il ruolo dello spettacolo dal vivo nella società è una domanda sempre più stringente di fronte all’ennesima, aberrante propagazione della guerra, in un già lacerato Medio Oriente, a cui assistiamo mentre andiamo in stampa. Una domanda che reclama risposte, che genera imbarazzo, sensazione di impotenza, ma anche slanci e impegno per non subire passivamente la barbarie.
Foto di Johanna-Maria Fritz / OSTKREUZ, dalla serie “Like a bird”. Veduta di una delle tende del circo Khalil Oghab al Velayat Park, un ex aeroporto. Teheran, Iran, 2016
Con il sostegno di
In questo ultimo triennio abbiamo assistito a dolorose devastazioni anche all’interno della comunità circense. Preziose vite perse, strutture distrutte, carriere infrante, talenti negati, collaborazioni interrotte. Ucraina, con il suo inestimabile patrimonio circense; Palestina, con la resilienza eroica dei suoi progetti di circo; la stessa Israele, con un tessuto di circo emergente e la seconda convention di giocoleria più grande al mondo… comunità, universi, cuori che avevano imparato ad aprirsi, ad accogliere. E quanto altro circo, più o meno sommerso, starà soffrendo in tutto il Medio Oriente a causa dello stato di guerra diffusa?
«Il circo in un mondo islamico è nato per divertire, ribellarsi o è una combinazione di entrambe le cose?» si chiedeva la fotoreporter Johanna Maria Fritz nel suo viaggio tra i circhi in Medio Oriente, Iran compreso. Gli scatti raccolti nella serie “Like a bird” , frutto del suo talento fotografico e della sua sensibilità, ci restituiscono suggestioni crudeli, spietate, al tempo stesso ricche di speranza, di umanità.
Si moltiplicano le iniziative dal basso a favore della pace, in difesa dei diritti e della dignità di chi ha perso tutto, sta perdendo tutto. Anche per il circo è arrivato il momento di professare con più forza l’idea di pace e comunità internazionale concepita e praticata al suo interno. Un circo impegnato nel difendere il diritto alla meraviglia, al sogno che diventa realtà, ad un mondo libero, senza barriere di sorta.
30 APRILE / 4 MAGGIO – CELLENO (VT) ilcircoverde.com/acdc
di Geo TG Juggling
Già il solo arrivarci è qualcosa di magico. Non importa da dove parti, lasciata la strada principale, statale o autostrada che sia, e imboccata la provinciale, ci si immerge nell’esplosione primaverile della natura, un sali e scendi tra pendii rigogliosi, paeselli arroccati, boschetti incantati.
Fino al momento in cui, tutto ad un tratto, compare una indicazione e in lontananza, dove scende la strada, iniziano a spuntare un gruppetto di silos luccicanti e una grande struttura bianca e verde… Siamo arrivati, benvenut3 alla quarta edizione de ‘A Convention De Celleno!
Questo per me è il terzo anno che partecipo a quella che a tutti gli effetti sta diventando la convention di giocoleria italiana, andando ad occupare emotivamente e temporalmente il posto lasciato libero dalla Brianzola.
Sfruttando infatti i ponti che si vengono a creare tra il Primo Maggio e i weekend vicini si riesce davvero a staccare dalla vita di tutti giorni ed entrare nel flow che solo una convention sa creare.
Il nome sempre più conosciuto, la buona riuscita delle precedenti edizioni, i continui accorgimenti e miglioramenti hanno aumentato di anno in anno la partecipazione all’evento, arrivando quest’anno a superare, grazie ad un meteo quasi impeccabile, le 400 presenze! ll merito di questo va naturalmente a Il Circo Verde, che ha saputo fondere l’entusiasmo e il senso di comunità nati con il Teverina Buskers, festival internazionale degli artisti di strada nel Borgo Fantasma di Celleno, insieme all’esperienza maturata negli anni della Convention Romana, e
dedicarli all’organizzazione di un evento per giocolier3 che richiede un enorme e volontario dispendio di energie.
Chi arriva all’ACDC si sente subito accolt3! Superato l’ingresso infatti ci si trova in
quello che per 360 giorni l’anno è solo un semplice piazzale degli impianti sportivi, ma che in quei giorni diventa la piazza principale, crocevia di incontri, sorrisi e abbracci.
Da lì si raggiunge comodamente ogni luogo della convention: dalla palestra, un’enorme tensostruttura luminosa e sterminata accessibile h24, alla serigrafia
da campo, nella quale puoi farti personalizzare al momento qualunque indumento oppure comporre la tua maglietta grazie ad una varietà pazzesca di colori e disegni originali; dall’area wellness, con tanto di carovana sauna, alla zona food, che tra bar, cucina, pizzettaro e soprattutto l3 meraviglios3 ragazz3 della Tana, che offrono ricchi piatti vegani ad offerta libera,
ACDC 2025 After movie 2024
ph Claudio Polvanesi
ph
Camilla
Poli
permette di godersi ancora più serenamente (e a pancia piena) la convention, creando un importante spazio conviviale tra workshop, djset e concerti.
La scelta di concentrare questi ultimi in un’unica zona ha permesso di riorganizzare anche il Fire Space, che quest’anno si presentava con tanto di tribuna semicircolare per poter ammirare più comodamente le piromanti esibizioni.
Ma la vera novità di quest’anno è stato lo chapiteau!
Il bellissimo tendone del Circo Madera ha avuto l’onere e l’onore di ospitare tutti gli spettacoli in programma… e che spettacoli! Ad aprire le danze è stato il Duo Full House. La scoppiettante coppia svizzeroamericana ha dominato il palco per un’ora, non lasciando un attimo di respiro al pubblico, tra ironici siparietti matrimoniali, evergreen ma mai stucchevoli, improbabili abilità circensi e musicali e una parlantina (multilingue!) senza freno. Sarà l’effetto chapiteau, sarà la voglia di condividere e dare lustro alla ricerca e all’impegno che mettiamo nelle nostre creazioni, fatto sta che questa convention ha potuto vantare due Open Stage davvero superlativi!
Più di 30 artist3, tra performer, presentatrici e presentatori, hanno avuto spazio per stupire, emozionare e mandare in visibilio il pubblico, ricordando quanto questo luogo sia importante per innovare e crescere come scena artistica, sia personale che collettiva.
Tanto ci si aspettava dal Gran Galà… e le aspettative sono state ampiamente ripagate!
La Compagnia Chalibares, Alice e Andrès, nel loro delicato intreccio di giocoleria e mano a mano. Pitch, Niccolò Piccioli, con un numero di palline estremamente tecnico, divertente e poetico allo stesso tempo. Garu con la sua scarica di follia ed esplosive routine clavettare. Carlo Cerato e la sua ricerca onirico-cromatica con i cubi. Lo schitarrante umorismo vir-
tuoso dei Los Gonzalos, gli incontenibiliSalvo e Dodo della compagnia My!Laika. Poter applaudire sul palco artist3 con cui molti di noi hanno condiviso allenamenti, convention e festival, dando il giusto riconoscimento al loro percorso, è stato un vero privilegio!
E non sono mancat3 artist3 internazionali. La diablista spagnola Carla Carnenero è
qualunque oggetto finisse sui suoi piedi all’insù poteva essere giocolato e manipolato a piacimento… con una facilità apparentemente disarmante!
Insomma, un galà tecnico ma genuino, poetico ma frizzante, reso armonioso dalla conduzione tutta canora delle Radiose rendendolo davvero un unico grande show!
uscita completamente dalle routine canoniche di questo attrezzo, proponendoci una personalissima ricerca ingegnosa ed originale che coinvolgeva molto filo e bacchette. Molto innovativo anche il numero di Jean-Souleymane dalla Francia, uno studio giocolante sul moto e le meccaniche di alcuni particolari ombrelli esaltato da giochi di luce e nuvole di fumo.
A far impazzire definitivamente il tendone ci ha pensato Nata Galkina: antipodista ucraina formata nelle scuole circensi di Kiev e Mosca. Nel suo numero spaziale
La bellezza di questa convention sta principalmente nelle persone, nella buona onda che si respira tra i tavoli, in palestra, dietro al bancone. Una convention che si regge su uno Staff che per mesi dà anima e cuore e tant3 volontari3 che concedono parte del loro tempo per far sì che la festa vada avanti.
Una comunità sensibile che si riconosce nei valori del rispetto, della sostenibilità e della solidarietà, perché l’ACDC è una convention che non ha paura a schierarsi, anche fosse con un banchetto sulla Palestina o piccoli dettagli come i bicchieri riutilizzabili e la Gaza-Cola.
Questo senso di unità emerge forte nella grande partecipazione alla parata verso il paese: colorata, festosa, instancabile!
Le tradizionali Giocolimpiadi, che quest’anno sono state aperte per la prima volta dalla finale del Volleyclub a squadre, hanno animato per quasi due ore il centro di Celleno, attirando residenti curiosi ad assistere alle innumerevoli pazze sfide. E poi ancora festa, in attesa del Grande Renegade Show Italiano di mezzanotte, luogo di follie conclamate e trovate geniali, per posticipare il più possibile la partenza e gli ultimi saluti.
Perché si sa, poi c’è da aspettare un anno intero per ritrovarsi lì, in mezzo ai campi di ranuncoli e papaveri, per tornare a godersi a pieno la vita.
CARLA CARNERERO labarqueacide.com
Quando avevo 18 anni ho incontrato un gruppo di giocolieri di Valladolid. Allora studiavo Belle Arti all'Università di Salamanca e, quando tornavo nel fine settimana, ho cominciato a praticare il diabolo con uno di loro. All'inizio era solo un hobby. Poi un giorno, al festival TAC di Valladolid, ho visto uno spettacolo di Roman Müller. Era la prima volta che vedevo il circo contemporaneo. La ricerca tecnica era approfondita, la scrittura diversa. Non sapevo che si potesse esprimere così tanto con il circo, e in particolar modo con il diabolo.
Dopo aver terminato nel 2013 l'università ho iniziato ad allenarmi con maggiore assiduità. Anche se non me ne rendevo conto, mi stavo preparando per una nuova fase. Durante il mio ultimo anno di università avevo iniziato a lavorare ad una creazione con El Circo de los Muchachos, dove avevo incontrato molti artisti formatisi nelle scuole di circo. il progetto di creazione non si concretizzò, ma decisi di iscrivermi anch'io ad una scuola di circo.
Prima alla scuola di Cirko Vertigo (2014-2016), poi a Le Lido, a Tolouse (2016-2019).
Il mio fascino per il diabolo è strettamente legato al palcoscenico. Ho iniziato molto presto a fare spettacoli di strada e ho scoperto la possibilità di trasmettere, di raccontare storie. A poco a poco, il mio interesse si è concentrato sulla traduzione del movimento e della tecnica in un linguaggio comprensibile e sensato. È il legame con il pubblico che mi spinge ad approfondire la mia pratica e a cercare modi per rendere leggibile ciò che accade sul palco.
La mia ricerca tecnica si concentra sul diabolo da contatto e sull'uso delle bacchette senza diabolo. Non mi interessa tanto mostrare trick quanto creare immagini, atmosfere o tensioni attraverso la manipolazione. Cerco un dialogo costante tra corpo e oggetto. Mi interessa questa relazione instabile, in cui a volte è l'oggetto a guidare il corpo e altre volte avviene il contrario. Non cerco di dominarlo, ma piuttosto di relazionarmi con esso.
Una parte importante di questa ricerca ruota attorno al cordino, quell'elemento quasi invisibile che sostiene e permette il movimento del diabolo. Mi affascina la sua capacità di creare illusioni: con pochi nodi o torsioni, dà l'impressione che l'oggetto fluttui, scivoli da solo o abbia una vita propria. Si tratta di un dispositivo scenico discreto ma potente, che consente di manipolare non solo il diabolo, ma anche la percezione dello spettatore.
Parallelamente, nel 2018/2019 mi sono allenata con Iris Ziordia. Attualmente (2023-2025) sto seguendo un corso di formazione per clown con Caroline Obin. Tra gli artisti che mi hanno influenzato c'è Roman Müller, che mi ha mostrato la possibilità di trasmettere emozioni oltre la competenza tecnica; Nina Illouz, pioniera del diabolo contact; Miguel Gigosos; Jur della Crida company; Iris Ziordia e Morgan Cosquer, con cui condivido la sensibilità per l’intersezione tra corpo, oggetto e drammaturgia.
Mi interessa anche cosa succede quando il diabolo scompare. Cosa rimane quando l'oggetto principale non c'è più? Le bacchette e la corda diventano strumenti coreografici, capaci di modellare il movimento, sostenerlo, sbilanciarlo o limitarlo. Esploro come posso essere l'oggetto manipolato, come il mio corpo può diventare il centro dell'azione, utilizzando questi elementi come estensioni o restrizioni del gesto. Così la tecnica si apre alla scenografia, la manipolazione cessa di essere una questione di controllo e diventa un linguaggio sensibile, capace di suggerire fragilità, resistenza, gioco o mistero.
Non seguo da vicino tutto ciò che si fa con il diabolo, ma ho osservato come si sia evoluto enormemente, diversificandosi in molteplici direzioni. Sebbene oggi occupi un posto più legittimo nel circo contemporaneo, porta ancora con sé alcuni stigmi ereditari, associato all'infantilismo, al virtuosismo vuoto o all'intrattenimento superficiale. Tuttavia, una generazione di artisti sta smantellando questi pregiudizi, dimostrando che il diabolo può essere anche un mezzo espressivo, poetico e complesso.
ph Francis Rodor
ph Thomas Mathieu Bertrand
GIOCOLERIA RISCOPERTA
TRA PASSATO E PRESENTE
di Shay Wapniaz in collaborazione con DOCC
La giocoleria è un’arte antica che accompagna l’umanità da secoli e si intreccia con rituali, tradizioni e feste di culture diverse in tutto il mondo. Nel tempo, però, alcuni esercizi sono stati dimenticati, lasciando spazio alle più convenzionali palline, clave e cerchi.
Gran parte di questo cambiamento è dovuto a Enrico Rastelli (1896-1931), che ha scelto di concentrarsi su oggetti più adatti a essere lanciati e presi, piuttosto che sugli oggetti di uso quotidiano che molti giocolieri dell’epoca usavano. Questa scelta gli ha permesso di raggiungere un livello tecnico superiore rispetto ai suoi contemporanei, influenzando profondamente il modo in cui la giocoleria si è evoluta.
Uno dei casi più curiosi riguarda le Holy Club, clave forate utilizzate e promosse da Jay Gilligan e Tom Kidwell, co-fondatore di Renegade Juggling. Studiando nei libri di David Cain, ho scoperto che un attrezzo molto simile era già stato fabbricato da Harry Lind, un importante costruttore di attrezzi di giocoleria statunitense della prima metà del ’900. Jay e Tom hanno ripreso quel concetto, reinterpretandolo con materiali moderni e adattandolo alla giocoleria di oggi.
Ma ancor prima di Rastelli è stato Paul Cinquevalli (1859-1918) a separare la giocoleria dalla magia nell’immaginario collettivo. Fino alla fine dell’Ottocento, infatti, molte persone consideravano la giocoleria una pratica esoterica. Cinquevalli ha sfatato questo mito utilizzando oggetti comuni, dimostrando che il segreto non era la stregoneria, ma anni di allenamento e dedizione. Riscoprire oggi tecniche ed attrezzi dimenticati, oltre a ridare vita a esercizi poco conosciuti, offre l’opportunità di re-introdurli, rivisitandoli e adattandoli ai materiali e alle conoscenze moderne. Nel mondo del circo lo sguardo attento verso il passato, alla ricerca di nuova ispirazione è stata una pratica molto diffusa, quindi non sorprende che alcuni attrezzi o discipline siano riapparse dopo un centinaio di anni di assenza. E chissà quante discipline o attrezzi ancora dimenticati riappariranno in futuro… Ecco alcuni esempi di ritorni (quasi) inaspettati.
Oppure le Cuphead, oggi prodotte da Niels Duinker, sono nate nel 2010 sempre grazie a Jay Gilligan e Tom Kidwell. L’idea iniziale era semplice: prendere una clava Fathead della Renegade, tagliare la parte superiore della pancia, capovolgerla e riattaccarla, così da creare una parte concava che potesse accogliere facilmente una pallina. Sembra una trovata strana e allo stesso tempo geniale, ma in realtà questo concetto esisteva già nella metà dell’800. All’epoca, infatti, si usavano dei bastoni con una tazzina rovesciata su un lato, chiamate in inglese cupstick, o delle campanelle liturgiche, che suonavano al momento della presa di palline di metallo, creando probabilmente una melodia o,
quantomeno, un effetto sonoro. Esistono illustrazioni d’epoca che raffigurano giocolieri in equilibrio sulla corda molle che lanciano sette palline, con un cupstick per mano. Con il tempo, questo oggetto è caduto in disuso, e all’inizio del ‘900 sono stati rimpiazzati da una specie di racchetta con una rete per catturare le palline. Poi, negli anni ’90, alcuni giocolieri russi hanno ripreso l’uso dei cupstick con palloni.
Cup Head by Ameron Rosvall Holy club by Lauri Koskinen
Clave fabbricate da Harry Lind anni '20
Cupstick inizio '900
Clava cuphead Renegade 2010
Clava cuphead ND 2024
Holy Club 2010
Un altro esempio affascinante è il Salerno Ring, inventato dal tedesco Adolf Behrend, in arte Salerno (1869-1946). Salerno, oltre a essere un elegantissimo gentleman juggler, si è distinto per la sua creatività e capacità innovativa nell'inventare esercizi unici, come il trick della cornice, la routine della lettera o il trick della pistola. Tra le sue invenzioni più brillanti c’è proprio il Salerno Ring: un anello fissato su un palo tenuto in equilibrio sulla fronte, con una palla da biliardo che ruota all’interno, mentre il giocoliere lancia quattro palline in shower attraverso l’anello. Successivamente molti giocolieri, tra cui anche Michael Kara (1867-1939), hanno utilizzato questo attrezzo apportando variazioni personali. Con il tempo, questo esercizio è stato reinterpretato in vari modi, eliminando anche il concetto dell’anello con l’equilibrio, creando versioni in cui veniva tenuto con la bocca o con altre parti del corpo. Attualmente il concetto della palla che ruota all’interno dell’anello è tornato molto popolare, dopo essere stato dimenticato per un centinaio di anni. Alcuni giocolieri hanno creato strutture che arrivano anche fino a dodici Salerno Rings, ed uno dei nomi di spicco in questa riscoperta è lo svedese Ameron Rosvall, rinomato per le sue ricerche innovative sui materiali e reinterpretazioni originali di vecchi esercizi.
Come ultimo esempio vorrei riportare quello di Emilia Taurisano, giocoliera italiana che vive in Francia da vent’anni. La sua innovazione non riguarda un attrezzo, ma una disciplina: l’antipodismo, che ha scelto di rivisitare in tre aspetti. Il primo è stato abbandonare la trinca, la classica seduta da antipodismo, e lavorare invece sdraiata a terra. Una scelta derivata dalla necessità di muoversi liberamente, ispirandosi ad una giocoleria dove il movimento sia libero e non confinato. Il secondo cambiamento è stato l’uso delle palline al posto di rulli, “sigari”, tappetini o palloni. Una scelta che offriva maggiore libertà di movimento e nuove possibilità creative. Infine, ha integrato l’estetica del Butoh, una forma di danza originaria del Giappone negli anni ’50, la cui estetica ha poi cominciato a contaminarsi fortemente con quella di altre culture.
Quando ha presentato per la prima volta questa nuova visione dell’antipodismo all’European Juggling Convention di Atene nel 2007, il pubblico di giocolieri ha accolto la sua esibizione con entusiasmo. La sua ricerca ha ispirato tanti giocolieri di tutto il mondo a esplorare nuove maniere di approcciarsi all’antipodismo.
Antipodismo Emilia Tau
Salerno by Gustaf Rosell
rubrica a cura di Shay Wapniaz
Salerno 1918
Antipodista Azteco 1528
James Bassi anni '80
Emilia Tau, Les Fauves 2024
Michael Kara 1920 King Repp 1928
Ameron Rosvall 2025
BAM CIRCUS
di Francesca Colombo direttore generale culturale BAM –Fondazione Riccardo Catella
GENESI
BAM – Biblioteca degli Alberi Milano sorge sull’area che un tempo ospitava la stazione ferroviaria "Le Varesine", dismessa negli anni ’60. Negli anni successivi, la zona divenne nota per la sua vivace vita notturna e per accogliere circhi e una ruota panoramica, entrando così nell’immaginario collettivo dei milanesi come luogo di spettacolo e divertimento.
A partire dagli anni ’80 e ’90 si comincia a parlare di riqualificazione urbana, un processo lungo che ha ricevuto impulso dalla giunta Albertini e si è sviluppato nel tempo grazie alle successive amministrazioni. Il progetto di trasformazione è stato guidato inizialmente dalla società americana Hines e successivamente portato avanti con visione e determinazione da COIMA, con l’obiettivo di creare un’area di eccellenza urbanistica, fondata su sostenibilità e innovazione.
Architetti di fama internazionale come Pelli, Boeri, Cucinella e altri hanno contribuito alla realizzazione di un intervento plurale e ambizioso, che ha incluso anche la creazione di un parco pubblico per la città.
IL PARCO:
LA GESTIONE E IL MODELLO
La realizzazione del parco è stata un processo lungo e articolato, iniziato con la bonifica dell’area e affidato, tramite bando internazionale, alla paesaggista Petra Blaisse, che gli ha dato il nome di Biblioteca degli Alberi.
Realizzato da COIMA e finanziato dal Comune di Milano, il parco ha donato alla città un giardino botanico contemporaneo con 520 alberi, prati fioriti, piante aroma-
16/18 MAGGIO, MILANO
bam.milano.it/bam-circus-2025
tiche, un laghetto, aree gioco, fitness e relax. Esteso su 10 ettari e privo di recinzioni, il suo reticolo di viali è pensato per connettere i quartieri circostanti al centro città, trasformandolo in un vero nodo urbano di incontro e attraversamento.
Nel gennaio 2018 sono stata chiamata dalla Fondazione per assumere la direzione generale e culturale del Parco. Dopo un lungo lavoro di collaborazione con il Comune di
del parco, COIMA è l’operatore e fa da garante, FRC è il gestore e ha la responsabilità della manutenzione, della pulizia, della sicurezza e dell’attivazione culturale del parco.
Milano, un ascolto della cittadinanza da parte della Fondazione Riccardo Catella e una ricognizione sulle best practice di gestione di spazi pubblici nel mondo, siamo arrivati a luglio 2019 a sottoscrivere come modello di gestione, una innovativa partnership pubblico-privato a 3 soggetti: il Comune, Coima e la Fondazione Riccardo Catella (FRC). Il Comune rimane il proprietario
Un modello, innovativo in Italia, adottato ora anche in altre zone, come nella rigenerazione di Milano City Life. Un modello che abbiamo voluto impostare sostenibile. Tra le mie mansioni, una delle più rilevanti, è quella di coinvolgere il settore privato che contribuisce fortemente alla copertura dei costi pari a circa 3 milioni di euro all’anno.
Andrea Lorieni ph Dimitar
Ti ricordi il circo a Milano? BAM Circus 2025
LA PROGRAMMAZIONE CULTURALE
La sfida per me più stimolante è state quella di dare un’identità al Parco e definirne la programmazione culturale, facendo tesoro della mia esperienza trentennale di manager culturale. Con una formazione da ingegnere gestionale e pianista, ho sempre operato nel settore culturale non profit, in particolare nella lirica, nella musica classica e nelle performing art, dirigendo Istituzioni di rilievo, supportando imprenditori nella creazione di fondazioni e ideando numerose startup innovative, radicati e diffuse nei territori e sostenute da solide partnership pubblico-private.
BAM CIRCUS
Dopo i primi anni di attività, nel 2022 arriva anche BAM Circus. Tra i miei ricordi d’infanzia non dimentico che papà, accompagnandomi da Lecco, mia città natale, al Conservatorio di Milano, mi portava ogni tanto qui a vedere il circo e gli elefanti.
Alla ricerca di una identità forte per questo parco non potevo non valorizzare, con la cultura, le radici di questo luogo
Ho accolto con entusiasmo la sfida lanciata da FRC: trasformare un parco in un luogo di attivazione culturale. Alla Biblioteca degli Alberi ho aggiunto la mia energia e professionalità per costruire BAM, un progetto con un’identità forte e una missione chiara per la città, un teatro a cielo aperto, un luogo dedicato alle performing art e alla comunità, inclusivo e accessibile a tutti. Insieme a Kelly Russell Catella, Direttrice Generale della Fondazione, siamo partite dalla definizione dei valori e della strategia, dando vita al logo, a un team oggi composto da 14 persone, a un programma culturale strutturato, a una comunicazione distintiva e a una community in costante crescita.
La natura è la nostra scenografia, ispirazione e protagonista. Le stagioni ne guidano la programmazione: in primavera la danza, in estate la musica, in autunno il teatro e la letteratura, in inverno la luce. Anche la traiettoria del sole, con i suoi giochi di luce, diventa parte integrante dell’esperienza culturale.
che portavano al circo, un genere che però conoscevo molto poco. Mi sono messa a studiare, a seguire festival importanti internazionali e mia sorella Carlotta, che è la responsabile della produzione, mi ha consigliato di coinvolgere
Alessandro Serena, che era stato suo professore all'università e oggi è tra i nostri partner. Ho ampliato la rete di collaborazioni, sia internazionali che locali, incontrando personalmente le realtà circensi del territorio e avviando progetti con Quattrox4, Maurizio Accattato e il Milano Clown Festival.
Per valorizzare le radici del circo a Milano, ho anche commissionato un documentario, oggi su YouTube, che racconta storie e protagonisti come le famiglie Orfei e Togni, Paolo Grassi, Giorgio Strehler e Federico Fellini. Un investimento importante per la prima edizione, che ritenevo essenziale per coniugare tradizione e innovazione.
GIGANTI DI CRISTALLO
Per noi, i grattacieli che circondano il parco sono prima di tutto simboli di contemporaneità, ma anche elementi scenografici con cui amiamo dialogare. Nel 2023 ho invitato il funambolo Andrea Loreni a solcare il cielo sopra BAM su un filo teso tra due torri, sotto lo sguardo stupito di 10.000 persone. Quest’anno, lo spettacolo aereo serale Sylphes Aerial Ballet si è svolto sullo sfondo delle mille luci accese nei palazzi. Ci piace giocare anche con le ombre che proiettano sul parco e con la luce del sole che vi si insinua tra loro.
IL PUBBLICO
Tutta la politica della Fondazione, e di conseguenza del progetto BAM, di gratuità, inclusione, ascolto dei bisogni delle comunità è finalizzata a rendere il parco un luogo di contenuti, di meraviglia, partecipato e amato. Il pubblico, sempre molto numeroso, apprezza la bellezza e la cura, e risponde con entusiasmo ed educazione. Se inizialmente c’erano timori che il parco potesse diventare uno spazio caotico o poco sicuro, oggi è percepito come un luogo di qualità.
Lavorare come Direttore Culturale in questo contesto è stimolante, soprattutto grazie a una comunità così partecipe, che ci incoraggia a sperimentare. Il parco è visitato da circa 10.000 persone al giorno, con picchi di 50.000 durante i festival. Per ampliare il pubblico, oltre a una comunicazione capillare anche nelle periferie, abbiamo avviato progetti di ascolto come Voci di Comunità, mappando comitati, associazioni e centri di aggregazione per intercettare nuovi bisogni, soprattutto nel post-pandemia.
Da questo percorso sono nate iniziative concrete: il BAM Talent, un contest dedi-
cato ai giovani nei linguaggi del circo, della musica e del teatro, e un nuovo festival musicale – in programma il 22 giugno 2025 – per celebrare la creatività di migranti e rifugiati.
IL TERRITORIO
Il quartiere che circonda il parco ha un dinamismo meraviglioso, basta passeggiare tra i suoi tanti bottegai ed artigiani presenti per percepirlo. La Fondazione Riccardo Catella, fondata nel 2005 con la missione di promuovere la sostenibilità sul territorio attraverso progetti civiciculturali, aveva già realizzato tanti progetti di ascolto delle comunità per concepire un'offerta rilevante. Cerchiamo costantemente un dialogo con il quartiere attraverso incontri e impegnandoci a coinvolgere anche le zone della periferia. Quest’anno, per esempio, siamo andati a fare la prima selezione di BAM Talent alla Martesana, ed è stato bello vedere come poi sono venuti in tanti a BAM Circus.
I nostri festival diventano anche catalizzatori per progetti nel sociale. C'è un grande senso e voglia di inclusione e quest’anno nella zona dei food truck abbiamo invitato PizzAut e il suo geniale fondatore Nico Acampora, che ha creato un’opportunità stupenda per le persone autistiche.
C'est
ph Alessandro Villa
CROSS OVER #2: SGUARDI ESTERNI
IL
CIRCO COME ESPRESSIONE
ARTISTICA PLURALE
12 APRILE, TORINO flicscuolacirco.it/news/crossover
di Giovanna Milano co-curatrice del convegno
La seconda edizione del convegno organizzata da FLIC scuola di circo e Cordata For, si è tenuta negli spazi del Polo del ‘900, nel cuore di Torino, portando la riflessione sul circo all’interno di uno dei luoghi simbolo della vita culturale cittadina. Il circo è stato introdotto come forma d’arte popolare, spazio di straordinaria libertà immaginativa, capace di reinventarsi continuamente e di fungere da ponte tra mondi diversi — dalla periferia al centro e viceversa. Una vocazione ben rappresentata dallo chapiteau, che sorge in luoghi alternativi rispetto ai tradizionali spazi della cultura: ambienti aperti a tutt*, dove tutto può accadere.
“Sguardi esterni” incipit e sottotitolo della seconda edizione ha voluto sottolineare l’approccio adottato dalle curatrici e dai curatori Giovanna Milano, Teresa Noronha Feio, Stevie Boyd e Francesco Sgrò. Il punto di partenza è stato un incontro ideale tra prospettive esterne che hanno messo al centro del loro discorso il circo. I diversi punti di vista emersi al convegno sono stati sapientemente raccolti e condivisi in maniera dinamica e brillante da Luisella Carnelli, ricercatrice senior e consulente della Fondazione Fitzcarraldo e dell’Osservatorio Culturale del Piemonte.
Il convegno è stato suddiviso in quattro quadri:
Il circo dal punto di vista della commedia dell’arte e del disegno con Michele Guaraldo regista e attore, Andrea Niccolai, illustratore, street artist, e Federico Bassi, artista del collettivo Circo Paniko. Il punto di partenza è stato il rapporto fra Circo e Commedia, due forme originali e simmetriche, due fratelli che si guardano, entrambe con origini popolari e girovaghe, nate dalle piazze, improvvisando, recitando facendo acrobazie, giocolerie in un cerchio di ascoltatori attenti e stupefatti. La maschera del commediante nella riflessione si è trasformata nella maschera del supereroe del linguaggio circense, dando vita ad un discorso sul rischio in cui l’elemento extra ordinario diventa artigianale, finemente studiato in ogni dettaglio. L’incontro con il disegno nasce dal rapporto fra la sua prossimità, ma al tempo stesso la visione esterna, che guarda lo chapiteau e lo spettacolo da dietro il foglio da disegno con la matita in mano. È una posizione ambigua e preziosa, quella dell’illustratore: dentro e fuori, partecipe ma distaccato, con lo sguardo che
raccoglie le luci, i corpi, le cadute e gli slanci, e li traduce in immagine, cerca il segno che rimane, l’eco del movimentoche si imprime nell’occhio e nella memoria.
Ma oltre il fascino cosa significa essere un circense con chapiteau oggi? Significa scegliere una vita nomade, itinerante, Una vita che si muove insieme ad un tendone. È un'esistenza fatta di strade, di soste temporanee, di montaggi e smontaggi, di legami che si costruiscono in viaggio e in accampamento. Ma soprattutto, è un modo poetico di abitare il mondo attraverso il corpo, l’immaginazione e il gesto. É un atto di resistenza, di presenza, di libertà, è una posizione politica.
Il circo dal punto di vista della danza con Andrea Zardi (Coreografo e Professore presso l’Università degli Studi di Torino): nel circo e nella danza contemporanei si riduce il ruolo del linguaggio verbale a favore di un’esperienza fondata sulla relazione tra corpi umani e non-umani. Il corpo diventa luogo di tensione tra potenziamento tecnico ed esercizio del controllo. Come scrive Foucault, ogni movimento è disciplinato per essere più effi-
ph
Luca
Quaia
foto di Davide Garrone
ciente, ma anche più obbediente. L’oggetto, in una prospettiva post-umanista, non è più semplice strumento o simbolo; può agire, reagire, determinare le azioni del performer, fino a far scomparire la centralità del corpo. Circo e danza si affermano come linguaggi trasversali e marginali rispetto alla cultura dominante, capaci però di generare sperimentazione, apertura e avan-
teragisce con molteplici ambiti: educazione, partecipazione, rigenerazione urbana, ricerca interdisciplinare. Il circo contemporaneo ha saputo assumersi il rischio di cambiare e proprio in questo processo si è rivelato un luogo fertile
guardia. La scena diventa così un ecosistema dove il significato nasce dall’interazione tra corpo, oggetto e spazio, in una dimensione in cui l’agire prevale sul rappresentare, e dove il senso si costruisce oltre la parola.
Il circo contemporaneo letto in una prospettiva di sistema con Francesca D’Ippolito, Presidente di C.Re.S.Co coordinamento delle realtà della scena contemporanea. La riflessione è partita dalla constatazione della progressiva trasformazione del circo, dal suo distacco dall’immaginario tradizionale — legato all’uso degli animali, alla spettacolarizzazione della tecnica, alla dimensione familiare — per arrivare a riconoscerlo oggi come un dispositivo culturale complesso, un sistema artistico e sociale che in-
a Francesco Sgrò, hanno realizzato il documentario Sospesi , dedicato al circo contemporaneo italiano così come è nato e si è sviluppato dal 2000 ad oggi. Dalla nascita delle scuole alla comparsa dei primi chapiteau italiani di circo contemporaneo, il documentario entra nella vita degli artisti, dietro le quinte degli spettacoli, sotto la pioggia nell’accampamento, nelle palestre
per l’innovazione culturale. Tuttavia, in una fase storica in cui il settore culturale ha urgente bisogno di visione e coraggio, il nuovo Decreto Ministeriale del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo, che ha espunto i concetti di "innovazione" e "rischio culturale", sembra indicare una direzione opposta. È un segnale preoccupante per settori come il circo contemporaneo, che proprio sull’innovazione e sul rischio fondano la loro legittimità e la loro rilevanza.
Il circo dal punto di vista del Cinema. A rispondere sono tre voci: il regista teatrale e fotografo Luca Quaia, la montatrice Morena Terranova e il produttore Damiano Monaco di Flash Future Film, casa di produzione attenta alle narrazioni ibride e alle forme visive innovative che, insieme
della scuola, nelle roulotte. Lo fa offrendo un racconto vero, affascinante che mostra una nuova estetica e un nuovo significato della parola circo, riportandoci all’inizio di questo convegno: il circo come universo di immensa libertà, in cui tutto può accadere.
Infine un momento molto speciale del convegno è stata la presentazione del libro Lettere aperte al Circo, pubblicato da Editoria & Spettacolo con le traduttrici Gaia Vimercati, Maristella Tesio e Teresa Noronha Feio, la co-autrice Bauke Lievens, l’artista Elena Zanzu e la prof.ssa Silvia Mei. Tutte insieme hanno raccontato da diversi punti di vista l’importanza e la bellezza delle Lettere, testo fondamentale per coloro che praticano il circo, ma non solo.
LETTERE APERTE AL CIRCO
Giuseppina Francia in dialogo con Teresa Noronha Feio
Davanti a noi ci sono due croissant e succhi di frutta, chiedo a Teresa una citazione dalla traduzione delle “Lettere aperte al circo”* e mi propone:
Il campo del circo è popolato da una comunità eterogenea, con una pluralità di pratiche artistiche. Alcune di noi iniziano la creazione pensando in termini di intreccio, altri in termini di immagini, altre ancora in termini di compiti fisici. Alcuni di noi sono dipendenti dal linguaggio e altre si sentono intrappolate da esso; c’è chi viene ispirato dal ‘mondo reale’ e chi ha bisogno di chiudere bene la porta dello studio per sentirsi a proprio agio nell’esplorazione. (...). Piuttosto che cercare di correggere le tendenze ‘indesiderate’ indicando ciò che il circo dovrebbe essere in base ad una particolare visione del qui-e-ora, dovremmo nutrire e coltivare con attenzione questa diversità.
(Lettera aperta al circo #3; A chi spetta costruire il futuro? Sebastian Kann)
QUANDO VI È VENUTA L’IDEA DI TRADURRE
“LETTERE APERTE AL CIRCO”?
Io ero incinta, eravamo a Lisbona, per fare le riprese del documentario Sospesi diretto da Francesco Sgrò, stavamo intervistando MagdaClan. In quell’occasione avevamo invitato Gaia Vimercati e Filippo Malerba. Eravamo in un momento di pausa, tra una chiacchiera e l’altra, ci siamo ritrovati a confrontarci ancora una volta sul comune desiderio di portare più letteratura circense in Italia. Sia io che Gaia avevamo letto il testo, io l’avevo usato come spunto artistico nel progetto Puntata Zero e lei in “La parola ai corpi”. Ci siamo confrontate sui nostri due progetti, che hanno in comune una caratteristica: non configurarsi come residenze strettamente finalizzate alla realizzazione di un progetto personale ma come un incontro in cui dedicarsi alla creazione e sperimentare teorie e pratiche all’interno del circo. Entrambe pensiamo che gli artisti abbiano costantemente bisogno di uno spazio dedicato alla ricerca, non finalizzato alla produzione. Entrambe sentiamo la necessità di parlare del nostro lavoro e di cosa significhi praticare questo mestiere.
TU E GAIA FATE DUE LAVORI DIVERSI, COME DEFINIRESTI LE VOSTRE PROFESSIONI E PERCHÉ AVETE COINVOLTO MARISTELLA TESIO, CHE HA UNA PROFESSIONALITÀ ANCORA DIVERSA?
Sia io che Gaia avevamo riscontrato dei dubbi nella traduzione da proporre come spunto di lavoro agli artisti, perché spesso riflettere con la parola ha un significato diverso dal riflettere nel e con il corpo. Ci interessava aprire un dialogo su queste interpretazioni. Maristella è un’amica e una straordinaria professionista e avrebbe offerto un altro punto di vista. Ci siamo interrogate su come definirci e abbiamo scelto di pubblicare questo nelle note di traduzione: “Maristella Tesio è autrice, interprete e performer di circo, Teresa Noronha Feio ha una formazione come danzatrice e lavora nel campo della danza e del circo come practitioner e come maker, Gaia Vimercati è ricercatrice e dramaturg, lavora nella dimensione teorica, fondante delle nostre pratiche”
HAI DETTO CHE È S TATA UNA LETTURA SIGNIFICATIVA PER TE, MI PUOI SPIEGARE MEGLIO COSA INTENDI E RACCONTARMI IL TUO METODO DI LAVORO?
Questa lettura, a mio parere, ha il valore di distruggere il mito del circo “come forma di rivoluzione” e restituire umiltà e concretezza al lavoro, riconoscendone i limiti. Il mio metodo di lavoro con gli artisti non ha mai un obiettivo prestabilito ma si genera attraverso il processo e il dialogo. Durante la creazione di Bello! ad esempio abbiamo deciso di costruire un gruppo dedicato al lavoro drammaturgico composto da me, Francesco Sgrò, Jean Michel Guy, Luca Quaia e Davide Visentini. Tutti abbiamo professionalità diverse. Incrociando
Bello!
ph Luca
Quaia
rubrica di spunti e riflessioni per il circo a cura di Cordata F.O.R.
suggestioni, abbiamo semplicemente suggerito delle possibilità e approcci diversi per la creazione di materiale e significati. Il nostro ruolo è stato offrire le parole giuste per far esplodere ciò che osservavamo latente in scena. Così è nato ad esempio il duetto tra Camille e Tijs. Non so se lo definirei “un metodo” perché ognuno di noi porta le proprie esperienze personali. In più c’è la discriminante di chi hai davanti, gli artisti con cui stai lavorando. Lo definirei più un “dialogo”.
TU SEI NELLA GIURIA DI CIRCUS NEXT, A LIVELLO DRAMMATURGICO NOTI DELLE TEMATICHE RICORRENTI IN EUROPA?
Ho fatto selezioni in Olanda e Portogallo e sono molto diverse. È evidente che le forme di sostegno sono molto differenti. Non ho visto filoni, ogni artista ha un’identità diversa. Noto però un interessante e diffuso rifiuto del virtuosismo. Si sta ricercando un piacere che non risiede nell’espansività del gesto ma nei dettagli. Vedo anche molta intimità che vuole essere condivisa. Il desiderio di esprimere un’emozione, un acrobata che sente, non solo che fa. Vedo spesso in scena un lato privato che, come spettatrice, va a toccare il mio intimo.
BAUKE NEI SUOI PRIMI SCRITTI PARLA DI RUOLO POLITICO DEL CIRCO, PENSI CHE ESISTA?
Io penso che l’arte è già politica di per sé dal momento che si rivolge al pubblico. La questione è se si debba essere consapevoli o meno di questo potere. Bauke credeva in un circo politico e proiettava quella sua visione come un ruolo assoluto, imposto a tutto il circo. È stata anche criticata per questo. Per me quello che è importante è che venga fuori questa forma di condivisione e dialogo.
COSA AUGURERESTI AD UN GIOVANE ARTISTA DI CIRCO IN ITALIA OGGI?
Di non essere ingenuo. Di avere consapevolezza della propria posizione. Di situarsi come artista, come artigiano del corpo e partecipe in un contesto socio culturale specifico. Di scegliere chiaramente cosa dire e a chi, attraverso la propria pratica circense. Risponderei con un’altra citazione dello stesso testo: ...E se l’artista non fosse incompetente, ma in realtà stesse facendo qualcosa di strano in modo del tutto perfetto?...
Lettere aperte al circo di Bauke Lievens & Sebastian Kann all’interno del progetto Circus Dialogue. Traduzione di Gaia Vimercati, Maristella Tesio e Teresa Noronha Feio; pubblicate da Editoria e Spettacolo 2024
IL CIRCO E IL SUO OLTRE PASSAGGI SULLE LETTERE APERTE AL CIRCO
di Silvia Mei
Bauke Lievens è un nome nel mondo delle performing arts che non necessita di presentazioni. Non è nota nella sola arena circense ed è una dramaturg: ha quindi sviluppato un approccio centrifugo al pensiero tale da renderlo un gesto artistico nello spazio centripeto della scrittura di scena. È proprio questa profonda e ineludibile dimensione speculativa a trasferire il “fare circo” quale consuetudine artistica ad un altro “fare”, ad altre pratiche: le pratiche discorsive del circo.
Per molti/e artisti/e, soprattutto in alcuni ambiti e a determinati livelli, la speculazione non è considerata un atto, tantomeno un gesto performativo. Vige ancora la dicotomia cartesiana, incancrenita nelle nostre mentalità occidentalizzate, tra mente e corpo, tra pensiero e materia. Lievens, con Sebastian Kahn e a seguire Fran Hyde, nel ciclo delle Lettere aperte sul circo (la traduzione italiana è del 2024), ha rotto un meccanismo inceppato, ha aperto la scatola nera dell’“essere circo” svelandone alcuni infingimenti e affezioni legati a immaginari e matrici storiche. Le preoccupazioni di Lievens sono serie e urgenti, squadernate in un modo che è sembrato indelicato, quasi irrispettoso. Ma il vulnus è ormai scoperto, il dibattito acceso.
Se pensiamo a una pellicola come Les Ogres (2015) di Léa Fehner, ambientato in un chiassoso e disordinato circo viaggiante, non si esiterebbe a concordare con le prime due lettere. Non sono solo miti ma soprattutto stereotipi quelli che fondano, circondano e costituiscono il circo: quali marginalità e anarchia, libertà e disobbedienza, utopia e fantasia. Ecco, il film succitato è un pessimo esempio di narrazioni che circolano sul circo/teatro e che contribuiscono alla
sua leggenda, obliterando nello stesso tempo l’arte della pista come professione, arte, disciplina. Si tratta di rappresentazioni emanate da un certo modo di intenderlo, ma prevalenti e maggioritarie, ed è opportuno smascherarle nonché, a mio avviso, combatterle. Non perché l’arte, in senso lato, debba essere irregimentata nei binari delle istituzioni, piuttosto perché rischia di staccarsi completamente dal suo tempo, quello del presente, e di ridursi a entertainment tout public. Cosa che non è malvagia in se stessa ma − a dire la verità − è poco interessante, se non per politici imbonitori di masse.
Il dibattito delle Lettere si contende lo spazio delle parole e dell’immaginario che queste veicolano. Il terreno di scontro si apre in seno a una vexata quaestio che ruota intorno alle due nozioni di “nuovo” (nouveau cirque, nuovo teatro, nouvelle danse etc.) e “contemporaneo” (con un chiaro e nobilitante calco dalle arti visive). Si tratta di due etichette critiche in parte storicizzate, in parte invalse nell’uso, usate come discrimine tra critica e ministero. Ma cosa rende contemporaneo un prodotto o un processo artistico? Cosa significa per il circo essere contemporaneo? Al di là dei canoni estetici, “contemporaneo” non è una definizione rigida, negozia continuamente la sua identità; contemporaneo è un lessico aperto che imbastisce chiavi di lettura pronte all’uso sulla nostra condizione di viventi in un tempo condannato alla perdita di senso, che è uscito dai binari. Ogni artista è contemporaneo, in ogni epoca storica, solo se sa essere anticipatamente il suo tempo e vedere “oltre”. Il circo è in grado di parlare oltre se stesso e il suo “qui e ora”?
Le Lettere questionano chiaramente molti altri temi di rilievo, tra cui la “libertà”, su cui torna con fermezza anche Kahn nella terza replica. Sorta di parola-chiave che tende ad essere letta per paradossi o con sinonimi mistificatori, è connessa ad una altra keyword come “marginalità”, spesso fraintesa con un modo e un luogo del vivere ma che è prima di tutto una postura, un punto di osservazione (si rilegga Bell Hooks). Ora, cosa significa per un artista essere libero? Per fare un esempio, citerei uno degli artisti più radicali e controversi della scena performativa europea, ovvero Jérôme Bel, danzatore e coreografo noto per le sue esplorazioni del grado zero della danza e per l’esposizione delle strutture materiali dello spettacolo in prodotti spesso disturbanti ed estremi. E, nello specifico, il lavoro Véronique Doisneau, perfomance unica e irripetibile, che celebra una ballerina, gerarchicamente defilata, dell'Opéra di Parigi nel giorno del suo pensionamento. La quarantenne cita estratti di “repertorio” nella nudità e vastità di un palcoscenico vuoto, parla molto, danza per pose e cambi di posizione, non più dissimulata nei ranghi del corps de ballet, espone le sue fragilità contro i meccanismi spietati di una macchina impersonale. Virtuosismo, subordinazione, inflessibilità: come ai tempi del Re Sole.
Le pratiche discorsive che le Lettere si propongono di attivare esprimono l’insoddisfazione nei confronti di una autoreferenzialità artistica diventata noiosa. Chi guarda il circo purgandolo della sua presunta magia e utopia non può che dirla con Lievens: “Forse è tempo di andare oltre il circo”.
Véronique Doisneau
foto di Photo Icare
IL TAVOLO CIRCO DI C.RE.S.CO.
di Giovanna Milano coordinamento Tavolo Circo
C.Re.S.Co - Coordinamento delle realtà della Scena Contempora nea – nasce nel 2010 a Bassano del Grappa per iniziativa di artisti e organizzatrici che hanno scelto di mettere al primo posto un Co dice Etico basato su principi come la trasparenza, la concorrenza leale, la dignità del lavoro.
Nel manifesto fondativo si trovano i valori che ancora oggi sono perseguiti dalla rete: “Costruire un progetto e una sensibilità che siano insieme poetici e politici, necessari per continuare a creare bellezza e pensiero, ma anche fun zionali alla difesa della dignità lavorativa di chi opera in questo settore, al recupero di un ruolo riconosciuto per gli artisti/e del contemporaneo nel contesto sociale nazionale, alla crescita complessiva dei linguaggi della ricerca e dell’innovazione”.
Ad oggi C.Re.S.Co rappresenta oltre 250 realtà, sia imprese sia lavoratori/lavoratrici dello spettacolo dal vivo; la compresenza di istanze diverse permette un ascolto costante delle reciproche esigenze e favorisce una sintesi funzionale al benessere dell’intero sistema.
L’attività è suddivisa in dieci tavoli di lavoro: etico, welfare, finanziamenti, sostenibilità, formazione, danza, circo, internazionalizzazione, idee e nuove tecnologie. La pratica di lavorare collettivamente e la possibilità di partecipare a più tavoli permette una grande crescita professionale, nella consapevolezza del valore che gli organismi di rappresentanza ricoprono oggi nella tutela dei sistemi democratici.
Il Tavolo Circo è nato nel 2022, durante l’Assemblea Nazionale di C.Re.S.Co, da sei realtà: Circo all’Incirca (UD), Cordata For (TO), Dinamica (RE), FLIC scuola di Circo (TO), Magdaclan Circo (TO), Quattrox4 Circo (MI), che si sono riconosciute nei valori della rete e hanno preferito lavorare in una visione di sistema, mettendosi in relazioni con il mondo della danza e del teatro. Al contempo è stata immediata la necessità di creare un tavolo dedicato alla riflessione sul linguaggio, le politiche e le esigenze del circo contemporaneo, quale settore giovane, in forte espansione da curare e far crescere.
Il lavoro del Tavolo si fonda sull’analisi dei bisogni delle professionalità che ne fanno parte, sul monitoraggio della salute del
ta anche all’attualità politi ca e culturale del tempo in cui vive. Ad esempio nel corso dell’ultimo anno ha lavorato prioritariamente sulle proposte tecniche di modifica al DM che disciplina i finanziamenti a valere sul FNSV, sia partecipando alle audizioni che si sono svolte a Roma tra il MiC e le realtà di rappresentanza, sia portando all’attenzione delle Istituzioni le istanze del circo contemporaneo e d’innovazione. Ha realizzato inoltre un documento sul rapporto tra l’arte del circo e gli animali in risposta alla discussione attuale sul tema.
Nel corso di quasi tre anni dalla sua nascita il Tavolo è cresciuto, contando 24 realtà fra compagnie, scuole, festival e professionisti/e del settore. I suoi membri sono attualmente impegnati nella realizza zione di una ricognizione degli spazi sul territorio italiano potenzialmente idonei e interessati ad ospitare il linguaggio caleidoscopico del circo contemporaneo nelle diverse fasi di residenza arti stica, libera ricerca e spe rimentazione, prove e allesti menti. È un lavoro che parte dal basso per dare visibilità, conoscenza e consapevolezza agli spazi e metterli in relazione con gli artisti, con l’idea di costruire un ponte. Liber* di attraversarlo. Nel 2025, per la prima volta, il Tavolo ha preso parte al progetto Lo Stato dell’Arte con Sweet Molotov, creazione dell’autrice Giorgia Russo. Lo Stato dell’Arte è un’iniziativa che promuove il dialogo tra alcune delle voci più significative della creazione
poranea ita liana, nei campi del teatro, della danza e, per la prima volta, del circo.
Le prospettive di sviluppo del Tavolo sono molteplici. In primis, l’auspicio è di continuare a rafforzare la rete tra le realtà del circo contemporaneo e i vari ambiti dello spettacolo dal vivo, affinché possa emergere un sistema culturale sempre più integrato. L'intento è di continuare a lavorare su politiche di sostegno al settore, sia a livello legislativo che finanziario, per garantirne una maggiore sostenibilità. Tra gli obiettivi fondamentali: l’internazionalizzazione, per creare opportunità di scambio e collaborazione con realtà artistiche di altri paesi, arricchire il panorama culturale e garantire una crescita continua; la formazione, che rappresenta uno degli strumenti chiave per il futuro del settore; la creazione di un sistema di welfare, in assenza del quale non sarà mai possibile garantire tutele adeguate a chi opera professionalmente nello spettacolo dal vivo.
ph Anna
Marcato
LE QUALITÀ DEL SALTO MORTALE
ELOGIO DEL VIRTUOSISMO
di Raffaele De Ritis
“Devi rischiare una morte fisica definitiva. La drammaturgia del circo lo esige. Esso è con la poesia, la guerra, la corrida, uno dei soli giochi crudeli che restano”.
(Jean Genet, “Il Funambolo”, 1958)
Lo spettacolo “ Alegria – In a new light ” del Cirque du Soleil ha riportato al grande pubblico una disciplina divenuta rara: il trapezio volante. Sebbene essa sia ancora frequente, e a buoni livelli, sotto molti tendoni anche italiani, il pubblico che non li frequenta ha potuto provare il brivido delle evoluzioni nel vuoto, e ad opera di alcuni fuoriclasse tra i più talentuosi al mondo.
Se il gesto è l'essenza delle arti circensi, cosa trasmette realmente al pubblico?
Le arti sceniche si basano certamente sulla fisicità. Certo, nella musica e nel teatro l'energia dell'interprete serve in primo luogo a stimolare il nostro udito verso note e parole, mentre nel circo e nella danza domina la visualità. Ma cosa c'è di più profondo che ci affascina e ci coinvolge realmente?
L'affermazione del circo e delle sue discipline attraverso millenni di storia è stata più che in ogni altra arte la forza del gesto, con un'immediatezza che non ha mai avuto bisogno di narrativa o di significati aggiunti. La fragilità dell'artista che si confronta solo col pubblico e col rischio attraverso la propria abilità è già in sé un meraviglioso e profondo atto di mistero, che, si sa, rimanda a radici rituali remotissime.
Le avanguardie sceniche hanno sempre cercato di nutrire il gesto di significati: è naturale che l'arte rifletta lo spirito della società e dell'estetica del momento. Il circo primitivo era una metafora rituale
della mistica religiosa; l'acrobazia orientale è stata sempre carica di simboli; il circo ottocentesco era costruito sulla lettura di simboli coloniali di quel presente. La purezza del gesto, del resto, sembra aver sempre bisogno di un veicolo spirituale o intellettivo. Ma un elemento è stato sempre centrale: la priorità del gesto virtuosistico estremo. Il “sempre più difficile”, la ricerca dell'impossibile sono sempre stati il DNA del circo. È del resto la stessa forza che troviamo nel teatro lirico o nella danza. Possiamo affidare l'estetica di un'opera lirica ai più sofisticati creatori di avanguardia, concedere loro le più concettuali metafore interpretative: ma si dovrà fare i conti con
i momenti essenziali, quelli immutabili, in cui l'aria del solista, dell'orchestra o del coro restano pezzi di pura abilità tali da concedere la rottura della finzione e l'applauso a scena aperta.
E qui il punto: si va a teatro per seguire una storia e ricevere un “messaggio”, o per ammirare l'abilità artistica degli interpreti? Diceva Ettore Petrolini, grande virtuoso e innovatore del linguaggio scenico del primo Novecento: “io i messaggi li mando tramite le poste”.
È di questi tempi l'attenzione verso un'idea ancora non appieno codificata di “drammaturgia circense”, tanto da ipotizzare che il virtuosismo possa ostacolare le intenzioni autoriali.
Alegria in a new ligth
ph Matt Beard costumes Dominique Lemieux Cirque du Soleil 2021
Compagnie
XY
ph
Christophe Raynaud de Lage
La drammaturgia è fondamentale, perchè guida un tratto chiave dell'esperienza artistica: la coerenza estetica, ovvero l'accompagnamento alla conquista della bellezza. Il gesto virtuosistico, se lasciato senza un intervento artistico, rischia di non trasmettere le giuste emozioni. Tale gesto è però l'essenza di ogni arte, e nel circo ancora di più. Ed è richiesta l'eccellenza. L'estetica è accompagnamento necessario, il virtuosismo è essenza imprescindibile. E il virtuosismo del circo è per sua natura estremo. Negli ultimi decenni, le discipline classiche hanno mantenuto un grado di evoluzione virtuosistica all'altezza della loro storia: tra esse, anche le declinazioni della ricerca hanno contribuito non poco. Esempio recente, all'ultimo Festival di Monte-Carlo il primo premio è andato alla troupe Scandinavian Boards, un perfetto equilibrio tra virtuosismo e innovazione estetica contemporanea. In molti casi però la creazione contemporanea sembra aver ceduto più alle suggestioni della ricerca espressiva che a quelle dei risultati spettacolari. In Francia, la nuova direttrice del CNAC al proprio insediamento un paio di anni fa dichiarò che “la tecnica deve superare l'intento dimostrativo ed essere al servizio di una storia o di un'intenzione”. È certamente una possibilità, anche se il circo nella sua storia ha mostrato i migliori risultati quando, pur superando la mera dimostrazione, ha fatto il contrario: la drammaturgia al servizio dell'exploit. L'attenzione eccessiva all'espressività gestuale rischia di nuocere alla spettacolarità. Se molti artisti contemporanei hanno portato all'eccellenza discipline acrobatiche altamente spettacolari, in altri casi si sembra voler accantonare la suspence della tensione tra corpo e vuoto; non solo le discipline a terra ma anche quelle aeree sono quasi sempre legate a un supporto statico, incoraggiando più l'intenzione teatrale che il virtuosismo circense. Questo però è un rischio di tradimento e smarrimento delle radici del circo. Se si facesse un sondaggio, quanti circensi italiani nel 2025 sono in grado di compiere un salto mortale a terra? Quanti artisti o allievi hanno un background di acrobazia dinamica, sia al suolo che aerea? Sicuramente sono molto di più
quelli concentrati su scrittura, drammaturgia o riflessione sui contenuti estetici.
Alla fine, non dovrebbe esserci un dilemma tra contenuto e forma. Nelle arti non è possibile un ordine di importanza. Semplicemente, la creazione estetica deve accompagnare e valorizzare l'eccezionalità del gesto perchè questo trasmetta emozioni uniche. In questo forse sta il segreto del circo. Il problema nasce quando il gesto circense viene “usato” per trasmettere la visione di un autore. Se l'eccellenza della
te, sembra che su quest'ultimo aspetto ci sia un'energia maggiore che negli altri. Ma non basta, se si vuole che non si resti per decenni a praticare un genere di nicchia o per addetti ai lavori.
Compagnie attuali come Circa (Australia), XY (Francia) o Les 7 Doigts (Canada), e molte altre, riescono in questo con meraviglioso minimalismo, pur senza bisogno di avere la bella saturazione visiva del Soleil. O compagnie come Cirque Inextremiste, che riportano al centro una operazione sia formale che di contenuto concreto sull'estetica del rischio. I più bei momenti della storia del circo sono stati quelli in cui la drammaturgia era spontanea, una estetizzazione essenziale ma altissima cucita addosso al talento dell'interprete: da Enrico Rastelli a George Carl, da Grock a Miss Mara (cercare su internet, o Circopedia, per saperne di più). Una figura emblematica di questo esempio è lo straordinario Francis Brunn; il QR in margine a questo articolo ci suggerisce di riscoprirlo e forse ci fa riflettere.
tecnica circense non è centrale, non si parla più di circo, ma di teatro gestuale con elementi circensi.
La dissoluzione/dilatazione delle tecniche classiche sembra uno degli elementi di maggior fascino della creazione contemporanea. È certamente più facile elaborare un' ”estetica” per un modesto numero di giocoleria che imparare un salto mortale sul filo. Ma l'emozione di un salto mortale perfetto sul filo, se accompagnata dal giusto lavoro estetico, avrà sempre una profondità e un'universalità imbattibili.
Il Cirque du Soleil continua a insegnarci qualche lezione, per quanta diffidenza possa suscitare nella professione contemporanea. Eccelle in tre cose (per restare ai suoi aspetti artistici): la precisione drammaturgica, l'eccellenza degli interpreti, il livello dei contenuti visuali e sonori. Il contenuto artistico del circo deve crescere, e per farlo ha bisogno di eccellenza senza compromessi: interpreti fuoriclasse, bellezza imprescindibile di elementi scenici (costumi, luci, scenografie, musiche), e certamente di una definizione drammaturgica. Ultimamen-
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circusnext è un programma e un marchio europeo che dà spazio alla creazione circense, ad artisti emergenti, a scritture emozionanti, strabilianti o oscure, a viaggi di ogni tipo, valorizzandone diversità e originalità. Oggi circusnext è garanzia di eccellenza artistica e contribuisce al riconoscimento del circo contemporaneo in tutta Europa, sostenendo e incoraggiando l'assunzione di rischi artistici, sia da parte degli artisti nelle loro creazioni, sia dei luoghi che presentano al loro pubblico nuovi punti di vista sulle nostre società e sul mondo. In occasione della pubblicazione dei risultati finali dell’edizione 2025, ne approfittiamo per comprendere meglio i meccanismi che regolano circusnext e riflettere sulle caratteristiche delle candidature di questa edizione.
GLI ARTISTI EMERGENTI
E IL CIRCO DI CREAZIONE
Possono candidarsi al programma di sostegno di circusnext tutti gli artisti emergenti che presentano un progetto creativo in corso. Sono ammissibili tutti i contesti creativi, le forme, i formati, le durate, le estetiche, i soggetti, i pubblici previsti, le discipline circensi e tutte le interdisciplinarità tra il circo e altre forme artistiche. I progetti vengono discussi secondo criteri molto accurati, e quella che segue ne è una sintesi, non esaustiva.
• Originalità del progetto: un nuovo approccio alle tecniche circensi, un processo di ricerca originale, la creazione di un universo artistico forte e unico, lo sviluppo di un
nuovo vocabolario circense; • Autorialità: capacità di difendere il proprio lavoro e le proprie scelte artistiche, capacità di posizionare se stessi e il proprio lavoro nel campo delle arti circensi, necessità di creare; • Coerenza e pertinenza del progetto: tra le intenzioni artistiche e il modo di strutturare il proprio lavoro, il proprio pensiero, la propria produzione; • Qualità della performance: capacità di trasmettere sul palco le intenzioni artistiche del progetto, qualità del movimento, ritmo, presenza scenica.
La possibilità di candidarsi è inoltre circoscritta ad autori circensi emergenti. Ma quali sono i criteri specifici che regolano l’ammissibilità?
I candidati devono essere residenti in Europa, con la produzione e residenza giuridica ubicata in un paese firmatario di Europa Creativa. Possono essere individui, compagnia o collettivo, ma non sono ammissibili le formazioni che includano un autore non emergente. L’età minima per potersi candidare è di 18 anni; non è richiesto alcun diploma di circo, ma se hanno fatto una scuola di circo devono aver terminato la formazione entro fine agosto dell'anno di presentazione della domanda. È eventualmente accettato lo status di lavoratore autonomo. Non possono essere laureati o selezionato/finalista di altre edizioni di circusnext, e possono candidarsi come autori con un solo progetto creativo per edizione.
Circusnext e i suoi partner valutano lo status di artista emergente in base a ciascun contesto nazionale. Un artista può candidarsi in Francia, Belgio, Paesi Bassi con la sua prima o seconda creazione, oppure con la sua terza creazione in altri paesi europei ammissibili, ma le creazioni autoprodotte non vengono conteggiate.
Révélations circusnext 2025
Viene inoltre tenuto in considerazione se le precedenti creazioni dell'artista in qualità di autore hanno avuto un'ampia tournée in Europa o a livello internazionale. Oppure se le precedenti creazioni dell'artista in qualità di autore hanno ricevuto un sostegno finanziario pubblico significativo. Ovviamente la creazione potrà debuttare solo dopo la presentazione al pubblico dei progetti laureati.
EDIZIONE 2025
Tra le 115 candidature ricevute per l'edizione 2025 gli 11 comitati nazionali di preselezione hanno fatto una prima selezione di 29 progetti guidati da 38 autori. Da agosto a novembre 2024, gli autori preselezionati hanno beneficiato dei LAB, laboratori collettivi di 10 giorni presso le sedi aderenti alla piattaforma, un supporto fondamentale offerto ogni anno da circusnext. Durante ogni LAB, da 6 a 9 autori si sono riuniti per 10 giorni di lavoro alla scrittura del loro progetto, supervisionati da un mentore esperto.
foto di Christophe Raynaud de Lage
L'obiettivo principale dei LAB è consentire il lavoro collettivo su ogni progetto, concentrandosi sulla drammaturgia e sulla scrittura. È anche un'opportunità per gli autori di incontrare artisti e professionisti. L’elenco dei LAB per questa edizione comprendeva i seguenti appuntamenti: Dynamo (Danimarca), con Delphine Lanson; Riga Cirks (Lettonia), con Rafaël de Paula; Cirkusfera (Serbia), con Elena Zanzu; CIAM (Francia), con Morgan Cosquer; Room 100 (Croazia), con Kitt Johnson; circusnext (Francia), con Fatou Traoré. Al termine della seconda fase di selezione (Parigi, 20/22 novembre 2024), la giuria composta da rappresentanti di sedi e artisti partner europei ha scelto i 12 finalisti, che hanno beneficiato del supporto di circusnext e delle sedi partner europee attraverso coproduzioni, residenze, presentazioni di stage di lavoro, formazione. La fase di selezione finale si è tenuta al Théâtre de la Cité internationale (Parigi, 21/23 maggio 2025) dove i 12 finalisti hanno presentato un estratto delle loro creazioni, della durata di 20 minuti ciascuno. Nello stesso teatro, dopo le consultazioni che hanno avuto luogo all’interno della giuria di circusnext, il 12/13 giugno sono stati presentati ad un folto pubblico i work in progress dei quattro laureati.
I dodici progetti di questa XIII edizione di circusnext mettono in mostra un circo che parla ai nostri tempi difficili, fondendo resistenza e poesia e bilanciando fragilità e forza. Gli autori emergenti di questi progetti usano i loro corpi e i loro materiali per avventurarsi in territori sensibili, portando in primo piano voci diverse. Le loro opere affrontano questioni che vanno dalla violenza contro le donne a scenari distopici e postapocalittici, celebrando la differenza ed esplorando esperienze universali di perdita e dolore. Da notare anche il ritorno diffuso ad oggetti/attrezzi circensi convenzionali.
LAUREATI & FINALISTI
Laureati
● Ghetto Cie Dissociée
Marcelo Nunes, Francia trapezio statico, fachirismo, clown
● Ce(ux) Qui Reste(nt)
Cie Inéluctable
Marius Fouilland & Aimé Rauzier, Francia, acrobatica al suolo
● Metaphoric Objects
David Martin, Svezia, giocoleria
● In Difference
Jef Everaert & Marica
Marinoni, Francia, roue Cyr
Ogni autore crea il proprio linguaggio circense unico, prendendo liberamente in prestito dalla poesia, dalle marionette e dalle arti visive per arricchire le proprie esplorazioni creative. I quattro laureati affrontano il dolore, la perdita, l'alterità, la resilienza coloniale e anche la fantasia.
In questi tempi incerti, i loro progetti ci incoraggiano a non rifuggire dalla complessità, ma ad abbracciarla. È stata un'edizione di alta qualità e le creazioni hanno esplorato temi contemporanei profondi e importanti.
Altri finalisti
● Hack the Circus - Cie Farö Céleste, Justine BernachonIrisarri, Francia, equilibrismo, acrobatica aerea
● Insomnia - Jakob Jacobsson, Olanda - corda
● Body Territory - Cie Betterland, Marion Coulomb & Pépita Car, Francia, corda, lancio di coltelli
● ES - Cie Kimera, Cecilia Alice Manfrini & Aivjà Pezza, Italia, acrobatica al suolo, equilibrismo, fachirismo
● Salar la pena - Juan Carlos Panduro, Spagna equilibrismo, poesia
● Bestiaire/Vestiaire - Maison De La Antoine Linsale, Francia, acrobatica al suolo, tessuti, trazione capillare
A.C.C.I. (Associazione Circo Contemporaneo Italia) è nata nel 2017 per creare la rappresentanza del settore e interloquire con istituzioni pubbliche e private, colmando un vuoto precedentemente esistente. Il network, che conta oggi circa trenta realtà ed è membro di Agis/Federvivo, intende approfondire temi artistici, culturali e organizzativi, privilegiando cinque azioni che fanno da volano alla valorizzazione del circo contemporaneo: programmazione, produzione, formazione, promozione e residenze artistiche.
CIRC_ UP
Impegnata nella valorizzazione della creatività emergente, A.C.C.I. sostiene gli artisti attraverso attività di formazione, consulenza, confronto e feedback sulla creazione, scambio con altri artisti e percorsi di mentoring. Una delle iniziative di rilievo che rafforzano l’identità di A.C.C.I. in questo ambito è senza dubbio il progetto Circ_Up, sostenuto fin dal 2018 dal Ministero della Cultura nell’ambito delle azioni trasversali. Nato con l’obiettivo di valorizzare il panorama della giovane creatività italiana e promuoverlo in Italia e all’estero, Circ_Up è diviso in quattro sezioni: Trampolino Vetrina, PILLS, ProudAct e PerMano.
Trampolino Vetrina, è uno showcase di opere che abbiano una forma esaustiva e coerenza drammaturgica con durata fino a un massimo di trenta minuti, selezionate da una commissione artistica che valuta tutte le proposte che aderiscono alla call. Promosso per dare risalto alle nuove creazioni italiane di circo contemporaneo, Trampolino Vetrina è aperto a tutte le realtà artistiche professionali, senza vincoli
di età dei componenti. La vetrina è da sempre e per scelta inserita all’interno di un Festival italiano di circo contemporaneo o multidisciplinare.
Le domande pervenute quest’anno sono state trenta, con un numero crescente rispetto agli anni scorsi e provenienti da dieci regioni italiane: EmiliaRomagna, Friuli, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Trentino, Veneto. Purtroppo, anche quest’anno la presenza del sud è limitata. Per incentivare e promuovere le realtà meridionali è intenzione di A.C.C.I. ospitare Trampolino Vetrina nelle prossime edizioni all’interno di un Festival nel sud Italia. Tra le candidature abbiamo notato molti giovani artisti, in alcuni casi associati a strutture consolidate, ma anche un consistente numero di compagnie storiche.
I principali criteri adottati dalla commissione sono stati: presentazione esaustiva dell’opera, coerenza drammaturgica, originalità. Un aspetto presente nel bando e perseguito da molte compagnie si è rivelato vincente: il diritto alla ricerca. Attraverso le proposte pervenute, Il circo contemporaneo, esente fino ad ora dalla logica iperproduttiva, ha dimostrato la libertà e il diritto naturale alla ricerca. È stato inoltre un piacere verificare all’interno di un panorama di progetti così variegato un comune denominatore: la qualità artistica. La giuria, compo-
sta da Leonardo Adorni, Nicola Campostori, Federico Cibin, Luisa Cuttini, Fabrizio Gavosto, Milo Scotton, Rolando Tarquini e Boris Vecchio ha valutato attentamente i progetti pervenuti, decidendo di aumentare a cinque il numero dei vincitori.
La commissione è rimasta particolarmente colpita dal significativo salto di qualità dei progetti presentati rispetto alle edizioni precedenti, soprattutto in termini di visione artistica, originalità, innovazione, ricerca, drammaturgia, scrittura. È stata notata anche in molti casi l’elaborata pre-
sentazione dei progetti e delle compagnie. La scelta si è rivelata ardua ma di grande soddisfazione, poiché sono stati numerosi i lavori che hanno mostrato una visione del circo autenticamente contemporanea, innovativa e in linea con i più alti standard europei. Questo testimonia non soltanto una maturazione artistica delle produzioni italiane, ma anche una significativa riduzione della fuga di talenti, poiché ora anche in Italia si aprono le possibilità di sostenere concretamente gli artisti nel loro percorso di crescita.
L’ampia partecipazione a Trampolino Vetrina 2025 dimostra la fiducia che le compagnie hanno posto nel bando. La maggior parte dei progetti ha centrato la call proponendo tematiche diverse ed elaborate con una estesa varietà di discipline circensi proposte attraverso il funambolismo, il cerchio acrobatico, la corda, la roue cyr, il clown, la giocoleria e l’acrobatica. Una minima parte delle proposte artistiche ha faticato a rientrare nell’ambito del circo contemporaneo essendo più consona al teatro ragazzi.
La vetrina, ospitata nelle precedenti edizioni in importanti festival di circo italiani (Sul filo del circo, Tutti Matti per Colorno, Mirabilia, Artisti in piazza, Tendenza Clown e Circumnavigando), quest’anno si terrà a
Duo Bau Doppie Punte
Luca Piallini L’omino blu
Oltrenotte Finzioni
Piacenza all’interno del Festival Stralunà 2025, supportata da Manicomics Teatro. Gli artisti selezionati potranno incontrare operatori nazionali e internazionali con cui, dopo la visione degli spettacoli, approfondire aspetti artistici, organizzativi e distributivi. A questo si aggiunge la possibilità di essere ospitati in residenza presso le strutture che all’interno dell’Associazione ne daranno la disponibilità. Le compagnie vincitrici avranno inoltre l’opportunità di essere programmate presso i festival e le iniziative dei soci A.C.C.I. nell’ambito dell’azione PILLS.
Fiducia, crescita, multidisciplinarietà, ricerca, innovazione, sfida, queste le parole che vanno a suggellare la scelte delle cinque opere vincitrici di Trampolino 2025:
● Striptease Claudio Cremonesi /Piazzato Bianco;
● Doppie Punte Duo Bau;
● Io Bestia Incipit Company;
● L’omino blu Luca Piallini;
● Finzioni Oltrenotte
Allo spettacolo della compagnia Oltrenotte va inoltre una menzione speciale: “Ha saputo distinguersi per l’eccellente dialogo tra danza e circo, rompendo uno steccato e offrendo un esempio particolarmente efficace di multidisciplinarietà e innovazione del linguaggio scenico”.
Claudio Cremonesi
Piazzato BiancoStriptease
Incipit company Io bestia
Basque Street Arts Italia
Nuovi orizzonti internazionali per chi pensa e crea outdoor di Outdoor Arts Italia
Maggio è primavera e un'iniziativa promossa da Outdoor Arts Italia, in collaborazione con Artekale, ha posto le prime basi per una collaborazione strategica con il sistema basco delle arti in strada e segna la prima effettiva tappa di un progetto di scambio culturale pianificato sul prossimo triennio. È l'avvio di un percorso volto a stabilire una rete professionale innovativa e, in maniera concreta, si è tradotto con la firma di un accordo che impegna reciprocamente le parti a favorire la crescita e la circuitazione delle produzioni artistiche
La XXV Fiera degli Artisti Callejeros di Leioa, Umore Azoka, si è svolta dal 15 al 18 maggio. Outdoor Arts Italia ha supportato la partecipazione di una delegazione italiana composta da sei programmatori rappresentativi del panorama nazionale di riferimento: Terminal Festival di Udine, Festival Battiti di Roma, Direzioni Altre Festival di Tuscania (Viterbo), Tutti Matti per Colorno di Parma, Valdemone Festival di Isnello (Madonie) e Asti Teatro Festival. Duplice l’obiettivo. Permettere un'esplorazione approfondita del sistema basco delle arti di strada e creare un contatto diretto tra i professionisti italiani attivi nella programmazione, nel finanziamento e nella strutturazione dei percorsi artistici, attraverso la condivisione di criteri di selezione, di strategie di sviluppo del pubblico e immaginari poetici.
Sono stati organizzati oltre 25 incontri individuali e colloqui one-to-one che hanno messo i programmatori italiani in relazione con importanti referenti baschi e internazionali, tra cui rappresentanti di realtà come il Green Man Festival, un evento multidisciplinare gallese che celebra arte e sostenibilità, ill Circuito SESC São Paulo, che promuove cultura e inclusione sociale in Brasile e
Iparralde, nel Paese Basco francese, un ecosistema creativo che valorizza lingua, identità e innovazione artistica locale.
La collaborazione ha quindi preso forma nella sottoscrizione della lettera di intenti denominata BASQUE STREET ARTS ITALIA, un memorandum d'intesa tra Outdoor Arts Italia e Artekale, organizzazione corrispondente che opera nei Paesi Baschi, che stabilisce il quadro di riferimento per la reciprocità negli scambi culturali e la circuitazione delle produzioni. È il primo atto di questa natura che l'ente sottoscrive con un soggetto internazionale strutturato e corrispondente, inaugurando di fatto una nuova fase operativa. Il patto si traduce infatti in impegni concreti e specifici per le parti come promozione e realizzazione di coproduzioni bilaterali, facilitazione di residenze artistiche, possibilità di lanciare bandi condivisi per sostenere progetti specifici, un maggiore interscambio di informazioni per sostenere la genesi e la promozione di nuove opportunità per il settore
Outdoor Arts Italia facilita la tessitura di queste reti, unendo la vitalità dei piccoli festival indipendenti con la struttura delle grandi realtà pubbliche, stimolando un'azione collettiva per confrontarsi efficacemente con istituzioni e potenziali finanziatori a livello internazionale. Non si tratta semplicemente di individuare nuove sedi o festival, ma di costruire le condizioni strutturali necessarie affinché gli artisti e le compagnie italiane possano circolare, essere coprodotte e ottenere riconoscimento a livello internazionale. Questa espansione deve avvenire all'insegna della sostenibilità delle pratiche e ponendo una forte enfasi sul valore culturale delle proposte artistiche rappresentate. Condivi-
dere criteri, visioni poetiche e metodologie di coinvolgimento significa anche incentivare una crescita della qualità delle creazioni, arricchire i contesti in cui si inseriscono, garantire un impatto e degli effetti sostenibili nel tempo.
L'accordo con il sistema basco va dunque visto come un modello replicabile La timeline condivisa a Leioa allinea opportunità importanti come residenze congiunte, la potenziale creazione di circuiti itineranti, specificamente dedicati alla circuitazione delle eccellenze creative italiane e basche, incontri istituzionali strategici. Tra Italia ed Euskadi, e presto anche con altri partner internazionali, Outdoor Arts Italia sta costruendo non solo un ponte culturale, ma una vera e propria comunità di pratiche. Una comunità che si propone di trasformare il paesaggio delle arti di strada a livello internazionale, esplorando confini inediti e mettendo in rete la creatività, i territori, le istituzioni, mantenendo un'attenzione particolare per garantire la trasparenza sui processi di accesso alle opportunità disponibili e la coerenza con la propria missione di promuovere il ricambio generazionale
Nell'immagine: Meeting a Umore Azoka
Photo credits: Outdoor Arts Italia ETS
Maggiori info: outdoorarts.it
Agenzia di Promozione e Sviluppo
Studiare conta
toso per OCA Doc
Siamo stati a Milano, al teatro Carcano, all'evento annuale del network Outdoor
Arts Italia. Una giornata di studi in cui è stato possibile raccontare, in una dimensione di presenza non digitale, progetti e prospettive che l’associazione sviluppa anche attraverso la collaborazione con altri enti, in un modello di partenariato strutturale che guarda allo sviluppo del sistema spettacolo nel suo insieme, più che agli interessi delle singole parti. È stata un’esperienza dove è stato possibile portare tematiche dedicate al professionismo, facendo incontrare i protagonisti di alcuni cambiamenti in corso e di cui si conosce ancora molto poco.
Il tavolo che ci siamo ritrovati a coordinare è stato quello sul professionismo, professioni e buone pratiche nello spettacolo dal vivo. Nelle more del riavvio delle discussioni per il nuovo codice che ci riguarda, Massimo Pontoriero ha raccontato come la mappatura delle nuove professioni, promossa da Unisca, sia un percorso che mira a garantire le tutele del lavoro, includendo professioni e mestieri che esistono senza essere conosciute. Matina Magkou di Circostrada ha introdotto e sviluppato il focus specifico sul programma Spark, in cui siamo coinvolti direttamente. Insieme a Chiara Chiappa della Fondazione Centro Studi Doc sono stati condivisi i percorsi di studio, analsi e pubblicazioni. Azioni che testimoniano come sia fondamentale, tanto a livello nazionale che a livello internazionale, implementare la ricerca e la produzione di documenti che contribuiscano a “portare a terra” lo stato dell’arte dello status dell’artista.
Gira la ruota
Lo spettacolo di strada così come il circo partecipano del grande gioco del mercato, dove trovi chi vende e chi
compra. Il valore economico è strumento capace di trainare anche il valore culturale. Un’opera che gira nel circuito performativo, ha più possibilità di amplificare il proprio impatto. La dinamica economica non è di per sé valore culturale, ma contribuisce rendere questo sostenibile e diffuso. La discussione ha fatto così emergere come resta ancora poco conosciuto e riconosciuto, dagli stessi attori principali del gioco (i produttori e i programmatori), il ruolo sempre più importante che le organizzazioni intermedie e quelle funzionali al settore stanno rivestendo.
In Italia opera da qualche anno il Centro Studi Doc. Nato in seno alla Rete cooperativa di Doc Servizi, porta uno sguardo sul mondo dello spettacolo, rileggendolo attraverso la lente e lo sguardo della cooperazione, intesa come strumento precursivo per anticipare soluzioni nel magma evolutivo della disciplina del lavoro. Un istituto, la Fondazione, che non opera dentro i meccanismi canonici del mercato come intermediario di filiera, ma che è fondamentale per contestualizzare il quadro complessivo dentro cui raccogliere l’urgenza di tutele e di riconoscimento dei diritti che il settore rivendica come patrimonio di ogni professione culturale e di ogni inquadramento professionistico.
I compagni di viaggio Esistono enti che operano supportando il lavoro artistico e spesso non lo sappiamo. Il Centro Studi Doc è una di queste risorse. Presente a tutti i tavoli istituzionali, dove è possibile negoziare i futuri cambiamenti normativi, il Centro Studi è orientato a un'advocacy continuativa e diffusa. Sostiene la ricerca sul mondo del lavoro nello spettacolo e produce risorse editoriali fondamentali per lo sviluppo del pensiero professio-
nistico. Le sue pubblicazioni elaborano i temi della dignità del lavoro artistico, della sostenibilità e dell'innovazione delle opere, delle pratiche della cooperazione. Sono accessibili liberamente e sono un grande aiuto per chi intende dare consistenza teorica e analitica allo sviluppo di azioni culturali e creative che garantiscano equità e inclusività.
Formarsi ad essere professionisti dovrebbe essere materia importante e complementare ai percorsi di apprendimento delle discipline artistiche, accompagnando lo sviluppo psico-fisico e quello creativo. Questo però non avviene quasi mai e gli allievi, al termine del percorso, escono performer preparati, ma con un’attitudine amatoriale alla gestione del proprio profilo occupazionale. È un po’ come l’educazione civica a scuola: tanto importante quanto bistrattata nei programmi scolastici. Chi lavora nello spettacolo queste domande comincia a farsele tardi, quando è proprio inevitabile. Quando il committente ha chiesto fattura e l'artista scopre di non sapere da che parte iniziare.
Questa letteratura scientifica è sviluppata di chi lo spettacolo lo vive non da artista o curatore, ma ne rilegge gli scopi da altre angolazioni, usando la leva dei dati, delle proiezioni e delle pubblicazioni per amplificare l'ineluttabile evidenza: solo se “nutri” l'arte e chi la fa contribuisci a “nutrire" il mondo.
Nell'immagine: Lo stato dell'arte 2025
Photo credits: Outdoor Arts Italia
Maggiori info: Fondazione Centro Studi Doc
La Fondazione Centro Studi Doc e i compagni di viaggio che non ti aspetti di Federico
NIKOLAI STRIEBEL
nikolaistriebel.de
Avevo tredici o quattordici anni quando ho iniziato a lavorare al mio primo numero. Ero a scuola, trascorrevo il tempo a esercitarmi sotto il banco, con carta, matite, libri, aeroplanini... Così è nato un numero ambientato nel mondo scolastico che racconta di un ragazzino che fa troppa magia a scuola e viene espulso. Un atto muto, visuale, poetico. Era semplice, ma sentivo che c’era qualcosa di mio lì dentro. Con il tempo, quel numero è cresciuto con me. Ogni sei mesi lo modificavo, perché io stesso cambiavo; un processo andato avanti per oltre dieci anni. Ogni versione era diversa, ogni fase della mia vita si rifletteva in quella routine. Ho capito che, in fondo, anche un numero può maturare, evolversi, invecchiare con te.
con Thomas Guené, un attore francese che mi ha aiutato a capire quanto conti la componente emotiva, narrativa, e quanto la magia possa essere anche uno strumento teatrale. Ho iniziato ad allontanarmi dai principi tradizionali, a dimenticare le regole che avevo imparato, per cercare un linguaggio personale. Credo che il mio numero con l’aeroplanino sia quasi completo. Lo lascerò così, con qualche piccolo aggiustamento.
Ho iniziato a fare magia a undici anni. Come molti, ero un bambino curioso, affascinato da questa arte misteriosa che sembrava capace di trasformare la realtà. Ho cominciato con quello che avevo a disposizione: libri, siti internet, video, ogni fonte era buona per imparare. Passavo ore a osservare, provare, capire come funzionavano i trucchi, ma soprattutto cosa li rendeva davvero magici agli occhi del pubblico. Un punto di svolta è stato l’incontro con Eberhard Riese, una delle figure più influenti dell’illusionismo tedesco, sempre impegnato nella promozione di giovani talenti come docente e regista. È stato lui a mostrarmi che la magia non è solo tecnica o inganno, ma anche estetica, racconto, presenza scenica. Mi ha insegnato che non basta eseguire un trucco: bisogna raccontare qualcosa, costruire un mondo. È stato lui a farmi capire che la magia è un linguaggio. Grazie a lui ho conosciuto anche l’illusionista Topas e, più avanti, Jaana Felicitas, con cui collaboro tuttora. Con loro ho trovato un ambiente di condivisione creativa dove si lavora insieme, si scambiano idee, si costruisce davvero qualcosa di nuovo.
Lavorare con Jaana, che viene dalla danza contemporanea, mi ha aperto ancora di più lo sguardo. Abbiamo realizzato insieme numeri che uniscono magia e movimento. Grazie a Jaana mi sono interessato di più alla Magie Nouvelle. Ho capito che, dopo aver appreso i principi della magia, dovevo dimenticarli per seguire una nuova strada. Ed è molto difficile: se hai imparato una struttura e delle regole, dimenticarle per fare qualcosa di nuovo è complicato. Sono ancora in quel processo, ma mi piace molto vedere e creare la magia in modo diverso. Collaboro anche
Ora sento il bisogno di passare a un nuovo progetto. Ho tante idee, voglio esplorare altre strade. Con Jaana abbiamo uno spettacolo serale da 90 minuti che portiamo nei teatri tedeschi. Anche lì sto cercando un modo diverso per raccontare un’illusione. Negli anni ho avuto la fortuna di partecipare a festival e spettacoli in tutta Europa e in Canada. In uno di questi mi sono esibito accanto ad artisti come Yann Frisch, Hector Mancha, Antoine Terrieux. È un privilegio enorme poter condividere il palco con chi ti ha ispirato. Una delle cose più belle di questo ambiente è proprio la possibilità di incontrare i tuoi maestri, parlare con loro, ascoltarli, crescere. Ho partecipato anche a un talent show in Francia, La France a un incroyable talent. Non era il mio contesto ideale, in televisione non riesci a trasmettere emozioni come in teatro. Ho partecipato anche a Fool Us di cui conosco il team e mi fido: trattano la magia con rispetto. Se dovessi dare un consiglio a chi inizia oggi, direi questo: segui l’energia. Quando un’idea ti entusiasma, ti dà forza, ti fa venire voglia di lavorare giorno e notte, allora è quella giusta.
Rubrica di meraviglie a cura di Giorgio Enea Sironi
IL TEDESCO NIKOLAI STRIEBEL (VINCITORE MAGIA GENERALE AI CAMPIONATI EUROPEI FISM 2024), IL BELGA TIM OELDBRANDT (NUMERO PIÙ ORIGINALE AI CAMPIONATI EUROPEI FISM 2024), ENTRAMBI OSPITI A SUPERMAGIC 2025 AL TEATRO SISTINA (RM), E IL COREANO YOUNG-KIM MING (CAMPIONE DEL MONDO MAGIA GENERALE FISM 2020), NEL CAST DELLO SCORSO ABRACADABRA AL TEATRO GHIONE (RM)
TIM OELDBRANDT
norabbits.be
La magia è stata sempre una mia passione come le belle arti e il disegno. Crescendo, mi sono avvicinato di più allo sport e sono diventato maestro di sci. Di giorno insegnavo sci, la sera mi esibivo con spettacoli di magia nei bar e ristoranti. Non ho mai pensato alla magia come a un’arte vera e propria fino a quando, stanco di viaggiare, ho deciso di tornare in Belgio e cercare un ”lavoro vero”. Inizialmente sono finito in teatro, come tecnico delle luci. Ogni anno il teatro organizzava un festival, Circa Roma, dove si esibivano artisti circensi. Qui ho conosciuto Alexander Van Turnhout, iniziando a collaborare alle luci dei suoi spettacoli. Così ho scoperto il circo contemporaneo, dove il teatro si fonde con il circo come strumento narrativo.
Ho iniziato a lavorare sempre di più al design delle luci per il circo, sviluppando il desiderio di creare qualcosa di mio. Nel frattempo, mi dedicavo alle installazioni artistiche e alla saldatura. Ho costruito una Running Ball Machine, una scultura cinetica per palline da biliardo ispirata al film Fracture con Anthony Hopkins. Non era concepita per la magia, ma solo come oggetto affascinante. Dopo un anno di lavoro, nel 2016 la macchina era pronta. Un amico mi suggerì di creare un numero che la utilizzasse. Era anche il periodo in cui la Magie Nouvelle stava emergendo. Ho iniziato con un numero breve: una palla appariva, entrava nella macchina e scompariva. Poi ho aggiunto più palle e ho partecipato prima ai campionati di magia belgi e poi a quelli olandesi, facendo scomparire l’intera macchina, e vincendo il Gran Premio nel 2017-18.
Quando è arrivato il lockdown avevo molto tempo a disposizione e ho deciso di trasformare il numero in uno spettacolo intero, Spirals, da 60 minuti. Inizialmente durava solo 37 minuti, poi lo abbiamo ampliato e portato in tour in Belgio e Portogallo, presentandolo anche al festival Theater Op de Markt in Belgio. Spirals è nato durante la pandemia, racconta di un uomo solo che trascorre il tempo tra piccoli rituali quotidiani. Poi gli oggetti iniziano a scomparire e riapparire. Alla fine, accetta l’assurdo e lascia che tutto accada, senza più stupirsi. Nel mio spettacolo non ci sono applausi. Ogni volta che il pubblico applaudiva, io e il mio regista ci chiedevamo perché: forse stavano vedendo un trucco e non una storia. Abbiamo reso il tutto più fluido, eliminando momenti di rottura. La musica gioca un ruolo cruciale: in ogni spettacolo inserisco almeno qualche secondo di Arvo Pärt.
come Peeping Tom influenzano molto il mio lavoro. Loro non pensano a cosa si può fare, ma a cosa si vuole raccontare. Questo approccio è il mio punto di partenza: prima la storia, poi il trucco. Spirals è nato dalla macchina in rame che ho costruito da solo. Amo creare tutto con le
mie mani, perché il processo è più lento, ma mi aiuta a dare un senso al mio lavoro. La macchina stessa è un’opera d’arte, non solo uno strumento di scena.
A differenza di molti maghi che si concentrano solo sulle tecniche, io cerco ispirazione nella danza, nell’opera e nel teatro. Artisti come James Thierrée e compagnie
A Las Vegas, durante un festival, ho incontrato alcuni artisti belgi che mi hanno incoraggiato a partecipare al FISM Europa 2024 dove ho vinto il premio per l’originalità. Ora sto lavorando a un nuovo spettacolo, Dopamine, che debutterà a ottobre. Sarà un’esperienza immersiva con il pubblico sul palco, senza sedute tradizionali. Parlerà di dipendenze moderne: droghe, internet, app di incontri. Collaborerò anche con il coreografo Piet Van Dycke per un altro progetto.
Per chi vuole iniziare una carriera nello spettacolo suggerisco di ascoltare i consigli degli altri ma soprattutto di seguire ciò che desideri davvero. Non tutti i consigli sono sempre validi. Bisogna sperimentare sempre, non temere il fallimento. Se già sai che qualcosa funzionerà, probabilmente è già stato fatto. Se non lo sai, allora è probabile che sia qualcosa di nuovo. E soprattutto vale il motto: nessun rischio, nessun divertimento!
YOUN G-KIM MING
youngmin_illusionist
Quando ero piccolo trascorrevo molto tempo da solo. Un giorno sono entrato in una libreria, c’era un libro dorato di magia che brillava. Mi sembrava incredibile: la magia era qualcosa di soprannaturale, eppure bastava leggere quel libro per impararla. Così ho cominciato a esercitarmi a casa. Provavo e riprovavo, poi mostravo i giochi ai miei genitori: quello è stato l’inizio del mio viaggio. Poi, senza una causa precisa, ho cominciato a soffrire di attacchi di panico e depressione, mi era difficile persino andare a scuola, mentalmente ero in un momento buio. Mia madre ci teneva molto che io studiassi e frequentavo scuole private per diventare un veterinario. La depressione però non mi permetteva nemmeno di leggere: tremavo, non riuscivo a concentrarmi. Ma quando facevo magia e tenevo le carte in mano mi sentivo calmo. Almeno non tremavo. In quel momento ho pensato: “Forse è l’unica cosa che riesco a fare”. Così mi sono detto: “Voglio diventare un grande mago”. Quello è stato l’inizio vero del mio percorso.
In Corea allora non c’erano scuole di magia e ho iniziato guardando video su internet, soprattutto di maghi statunitensi. E ho pensato che il modo migliore per fare il mago fosse partecipare ai concorsi
di magia con un’idea originale. Mi chiesi: “Cosa posso creare che sia diverso da tutto il resto?”. Mi venne in mente un’immagine: un oggetto che si dissolve nella sabbia. Quella visione mi toccava profondamente. Anche la mia depressione era così: ogni giorno da affrontare era una fatica e il giorno dopo sembrava peggiore. Avevo voglia di sparire, o di non essere mai esistito. L’oggetto che svanisce nella sabbia ero io. Mi ci identificavo totalmente. Allora ho cominciato a lavorare su quella idea. Ci sono voluti cinque anni per svilupparla. Nei primi quattro anni, non ho vinto nulla. Neanche nei concorsi nazionali. Fallimenti continui. Non avevo nemmeno i documenti richiesti per andare all’estero. Ma non mi sono arreso. Al quarto anno ho vinto un piccolo premio. Poi, ho partecipato a concorsi all’estero: in Asia ho ottenuto un secondo posto, poi un terzo. L’anno successivo, nel 2020, ho partecipato al FISM, il campionato mondiale, e ho vinto il primo premio. Quello è stato il vero punto di svolta. Per me, il personaggio della sabbia è un altro “me stesso”. Voglio nutrirlo, farlo evolvere.
Dopo il FISM, ho cominciato a esibirmi all’estero e lì, osservando altri artisti, sono cresciuto moltissimo. Il personaggio che porto in scena oggi non è il classico mago
o manipolatore, ma una figura quasi archetipica, uno stregone. Un creatore di immagini, che trasforma la scena in un altro mondo. Non è giocoleria o tecnica, è qualcosa di più intimo. Per esempio, il lavoro con la sabbia. Tutto è nato dalla depressione. Le idee non le prendo da altri, le cerco tutte dentro me stesso. Quando tocco il fondo, non riesco a fare nulla. Ma quando risalgo anche solo un po’, è da lì che nascono le immagini, le idee. Non ho avuto insegnanti veri ma tanti amici maghi con cui mi confronto. Non copio metodi altrui, perché mi annoio facilmente con la magia “tipica”. Per me, la cosa più bella è anche la più potente per lo spettatore. Quindi immagino decine di effetti, ma solo uno o due sono realizzabili, e impiego anche un intero anno per svilupparne uno solo.
Oggi, in Europa, la cultura coreana è ovunque: cinema, letteratura, arte e nella magia, tutto è cominciato vent’anni fa, quando Choi Hyun-Woo e Lee Eun-gyeol hanno portato la magia in TV ogni giorno. Quanto al futuro… sogno di creare uno spettacolo che sia un vero “genere”, come un film. Un mix di horror, thriller, dramma… Voglio esprimere qualcosa di unico, solo mio, sia a livello emotivo che visivo. Voglio portare qualcosa di nuovo, non solo nella magia, ma nell’intero mondo dello spettacolo.
Ai giovani maghi dico: non c’è una risposta giusta, non c’è un solo percorso. Fate quello che amate. E fallite in fretta. Perché si impara dal fallimento. E se fallisci in fretta, cresci più in fretta.
Rubrica di meraviglie a cura di Giorgio Enea Sironi
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DONNA, CIRCO E LIBERTÀ
29 APRILE – 4 MAGGIO, ROMA teatrofuriocamillo.com/donna-circo-liberta
di Alessandra Lanciotti co-direzione artistica
Il Teatro Furio Camillo ha ospitato la prima edizione di Donna, Circo e Libertà, rassegna di spettacoli e performance al femminile, promossa da Roma Capitale –Assessorato alla Cultura. In programma compagnie italiane ed estere che hanno declinato, ognuna con la propria specificità, un racconto del femminile fuori dagli stereotipi. La scelta di realizzare una rassegna di spettacoli ideati e realizzati da donne, nasce dall’urgenza di riportare al centro dell’attenzione il lavoro e la creatività femminile nel circo contemporaneo. Una scelta in linea con la direzione del teatro, guidata da donne, sempre attenta alle tematiche sociali affrontate attraverso il linguaggio del circoteatro e del teatro di contaminazione.
Negli ultimi anni le compagnie costituite da donne, o le artiste che hanno intrapreso un percorso solista, sono fortunatamente diventate un fenomeno sempre più diffuso. Questa tendenza ha creato una nuova consapevolezza e una specificità di forme e contenuti, facendo emergere tematiche lavorative e esigenze pragmatiche. Come il sempre difficile equilibrio nella gestione della vita personale e del lavoro, che nel caso delle donne continua ad essere una questione.
Durante la rassegna è stato presentato il libro “La Rivoluzione in Pista” di Maria Vittoria Vittori, che evidenzia come nell’immaginario collettivo la donna circense sia stata sempre catalogata come una fuori casta nel già liminare mondo del circo. For-
tunatamente il movimento al femminile sta, anche se lentamente, aiutando a riformulare l’immagine dell’artista donna nel circo. Nel foyer del teatro è stata ospitata la mostra “Pioniere del Circo” dell’illustratrice Chiara Guidi, ispirata alle donne che hanno lasciato il segno nella storia del circo, soprattutto ai suoi albori; in parallelo veniva proiettata una selezione di performance di artiste di circo contemporaneo che eccellono nella propria disciplina.
Allo spettacolo "Belisa non Buttarlo”, che maggiormente si è distinta nel trattare all’interno del proprio lavoro tematiche sociali, di parità di genere e di rispetto ambientale, è stato assegnato il premio “Maud Wagner”.
foto di Marco Barca
C.ia Aga
Fabiana Gargia
MAUD WAGNER
di Alessandra Lanciotti
Sono nata in Kansas, nel 1877, fra praterie, cavalli, ubriaconi e una noia grande come i covoni di fieno nei campi. Nel mio paese Emporia, non succedeva mai niente, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Una volta però è passato un circo! E io sono corsa a vederlo, con mia sorella e i miei fratelli. Davanti ai miei occhi si è spalancato un mondo meraviglioso e sono stata folgorata da questa gente che gira il mondo, che fa cose fantastiche! Ma ve lo immaginate?
più forte del mondo… questa roba qua. E quelli spesso andavano e venivano, non sempre facevano parte dello spettacolo, spesso erano di passaggio o si univano al circo per un po’ e poi se ne andavano. Insomma alla fiera di St. Louis si presenta da noi un tipo con il corpo completamente coperto di tatuaggi. Come un arazzo fitto di disegni si propone per il nostro freak show come “l’uomo più artisticamente disegnato del mondo”.
anche lei. Dovevate vederla, a 9 anni era già bravissima, la mia adorata Lotteva. Lei invece non avrà mai neanche un tauaggio sulla sua pelle, unica tatuatrice con la pelle immacolata. Perché? Beh, perché suo padre non volle poggiare mai l’ago sulla sua pelle candida, e lei ha deciso che se non lo aveva fatto suo padre, nessuno mai lo avrebbe fatto. Insomma come fa-
Ero agile, forte, alla ricerca di av-
venture e quando la carovana è ripartita io... sono partita con loro. Quando si dice scappare con il circo, ecco.. io l’ho fatto! Ho imparato a fare la contorsionista, l’acrobata, la trapezista. Niente male per una ragazza di campagna eh? Se pensate che scappare con il circo sia stato un gesto eccessivo, aspettate di sentire il resto!
È il 1904, sono alla fiera mondiale di St Louis, dove sono arrivata con il tendone e la carovana. Ai miei tempi il circo viveva non solo dello spettacolo vero e proprio, ma anche dei side show, una spece di zoo che invece degli animali metteva in mostra i freak, i fenomeni da baraccone. La donna barbuta, l’uomo con tre gambe, il
Al tempo vedere gente tatuata non era così facile. I tatuaggi erano roba da marinai, da galeotti, e da selvaggi. Figurarsi coprirsi ogni centimetro del corpo! E guarda un po’: questo tipo non si mette a farmi la corte? Figuratevi, un ex marinaio, spiantato, che gira il modo a tatuare la gente e a fare mostra di sé come un animale strano... certo che mi piaceva! Ma ancora di più mi piaceva questa cosa dei tatuaggi. E quindi quando mi chiese di uscire gli dissi: ok, ma solo se mi insegni a tatuare le persone. Rimane un po’ così, non è una cosa da signorine, ma gli piaccio un sacco e mi accontenta. E io divento veramente brava. E mi innamoro veramente di questo uomo/affresco che, nonostante da qualche anno sia stata inventata la macchinetta per tatuare, continua ostinatamente ad usare stecca e pennino, come un tempo. Così faccio anche io, e pian piano anche io divento una donna affresco. Qualcosa mi disegna lui, ma per lo più sono io che rendo il mio corpo un’opera d’arte.
Divento la prima donna tatuatrice della storia degli Stati Uniti, e la prima donna a fare di sé una tela di un quadro in continua evoluzione. Dopo di me altre donne decideranno di seguire le mie orme, perché sono diventata famosa, e ricca. Insieme io e August “Gus”, iniziamo a girare tutto il paese, facendo tatuaggi ed esponendo i nostri corpi, come pezzi da collezione. Ci sposiamo, mettiamo al mondo una figlia, che prestissimo inizia a fare tatuaggi
miglia eravamo un po’ sopra le righe. Sono orgogliosa di essere stata padrona del mio corpo. In un’epoca in cui noi donne non votavamo e non potevamo neanche parlare, il mio corpo parlava, anzi, urlava per me. Urlava contro i benpensanti, che mi guardavano come un animale strano; contro i vicini di casa, che dicevano ai bambini di non giocare davanti a casa mia perché ero una freak; contro la vita monotona da casalinga, da cui ero scappata unendomi al circo. Ho vissuto la vita che volevo, facendo quello che amavo, sfidando tutto e tutti. È stato facile? No, ho pagato tutto sulla mia pelle, letteralmente. Ma è stato fantastico. E l’ho deciso io. Mi chiamo Maud Wagner e nel mio piccolo, ho fatto la storia.
Cultura, Comunità, Meraviglia!
Polo culturale e di formazione di circo contemporaneo a Bologna. Corsi, convention, alta formazione, eventi, residenze artistiche e rigenerazione urbana.
Elisa Zanlari Circo Puntino
Maud Stevens Wagner
illustrazione di Chiara Guidi
LE DONNE CANNONE
DA ORDIGNO BELLICO A STRUMENTO DI MERAVIGLIA
di Claudia Ossola e Shay Wapniaz
D.O.C.C. Documentazione per il circo contemporaneo docctorino.com
UOMINI E DONNE, CANNONI E CANONI: UN SECOLO DI STUPORI E ANTITESI
Nella seconda metà dell'800, mentre il progresso tecno-industriale imprime una svolta epocale al tessuto sociale europeo, un numero circense arriva al culmine della popolarità: l’esibizione del lancio umano col cannone. In un'epoca in cui i melodrammi presentano una donzella indifesa, in pericolo, che ha bisogno di essere salvata, questi numeri presentano donne che si mettono volontariamente in pericolo, accompagnate da spari fragorosi.
Queste performance circensi accentuano l'impressione di pericolo e di morte, in cui l’azione fisica è rafforzata dalla muscolosità evidenziata dai costumi, ma, al tempo stesso, rovesciano canoni tradizionali, e numerosi sono i lanci effettuati da uomini travestiti da acrobate. “Sfidavano le convinzioni sociali prevalenti sull’identità di genere del corpo, le loro pratiche erano anche strategie artistiche” (Circus Bodies, cultural identity in aerial performance - Peta Tait)
Nella prima parte di questo viaggio vi raccontiamo di tre figure precorritrici di una delle performance più iconiche del circo moderno, e i cui destini risulteranno sorprendentemente interconnessi.
ZAZEL (1860-1937)
Zazel, che significa “Spirito di Saturno”, è lo pseudonimo di Rosa Matilda Richter, la prima donna cannone a conquistare la fama mondiale, con l'appellativo di "the beautiful human cannonball".
Nata a Londra nel 1860 in una famiglia d’artisti, Rosa mostra fin da tenera età un talento innato per le acrobazie. La sua carriera artistica decolla prestissimo, a quattro anni, esibendosi con il nome d'arte La Petite Lulù. La svolta arriva per lei con l'invenzione del cannone umano da parte di William Leonard Hunt. Meglio conosciuto come The Great Farini, questo artista canadese era famoso per le sue acrobazie e per aver attraversato le cascate del Niagara su una corda tesa, portando sulle spalle uno dei primi modelli di lavatrice!
Farini brevetta un dispositivo pionieristico per lanciare persone in aria ad alta velocità. Non si tratta ancora di un vero cannone, ma di un obice sospeso in aria che utilizza corde e molle per creare la propulsione, "limitando" la distanza del volo tra i 6 e i 21 metri. Farini diventa l’impresario di Zazel che nel 1877 debutta come prima donna cannone al Royal Aquarium di Londra.
La performance la vede lanciata in aria, afferrare un trapezio con le mani, agganciarsi alla barra con le caviglie per poi lasciarsi cadere nel vuoto a testa in giù ed atterrare in una rete di sicurezza.
Le sue imprese e la sua bellezza non passano inosservate tanto che il pittore Watts la descrive come "la donna più coraggiosa" e della "forma più perfetta" che abbia mai visto.
Purtroppo, la sua carriera è segnata da diversi infortuni, che la vedranno diventare una fervente sostenitrice dell'uso delle reti di sicurezza, arrivandone a dimostrarne l'efficacia con impressionanti lanci da alti edifici. Un ultimo incidente avvenuto a Tolosa nel 1891 la costringerà a ritirarsi dalle scene.
ELLA ZUILA (1854-1926)
Catherine Isabella Webber, in arte Zuila, è un'artista australiana che debutta come trapezista a Sydney nel 1872, istruita dal celebre funambolo inglese George Loyal. Rapidamente conquista fama internazionale come The Ethereal Queen, eccellendo nel trapezio e nell’equilibrismo a grandi altezze, a ben 27 metri da terra, in grado di rivaleggiare e superare i colleghi uomini.
Il punto di svolta arriva con il numero della donna cannone, che incanta lo stesso Loyal. I due si sposano e formano un duo di grande successo; la loro performance The Human Cannonball entusiasma l’Europa e il Nord America. Talvolta, in questa performance, George, travestito da donna, compare con il nome di Lulù. La loro performance prevede il lancio di George a grandi altezze da un cannone a molla che termina con la presa delle mani di Ella, appesa a testa in giù al trapezio, ed una delle prime donne a fare da "catcher" al trapezio!
Alcune fonti attribuiscono loro la creazione di questa performance, mentre altre ne confutano la paternità, attribuendone l'invenzione (e il brevetto) del meccanismo a The Great Farini
Nonostante le controversie, la loro performance sfida le aspettative del pubblico e sovverte i ruoli di genere. Assegnando a Zuila i numeri di maggior impatto fisico e sfruttando i travestimenti di Loyal, il duo gioca con le convenzioni sceniche ed avvia una nuova prospettiva sulla presenza femminile nel circo.
LULÙ O EL NIÑO FARINI (1855-1939)
La vita di Samuel Wasgate, nato negli Stati Uniti nel 1855, cambia radicalmente quando, rimasto orfano, viene adottato dal canadese The Great Farini, il celebre equilibrista, inventore del cannone umano ed impresario di Zazel. Fin dall'età di dieci anni, Farini avvia Samuel a rigorosi allenamenti nelle discipline aeree, presentandolo poi al pubblico europeo con il nome di El Niño Farini. Tra le sue prime performance di successo spicca Le Tambour Aerial, in cui Samuel suona un tamburo mantenendosi in equilibrio con una presa di collo su un trapezio sospeso a grande altezza. Con l'intento di rinnovare la sua immagine e catturare l'attenzione di un pubblico ormai stanco di acrobati tradizionali e trapezisti maschili, Samuel compie nel 1870 una scelta coraggiosa: adotta un'identità femminile, esibendosi con il nome di Mademoiselle Lulù. Per rendere credibile la trasformazione, si fa crescere i capelli e inizia a indossare abiti femminili anche al di fuori della scena.
Il culmine della sua carriera, proprio sotto questa nuova identità, arriva con Il salto di Lulù, una performance concepita per trasmettere al pubblico la sensazione di assenza di gravità. Lulù viene proiettata in aria da un dispositivo meccanico ideato dal Farini, celato sotto il palco, per poi compiere tre salti nel vuoto prima di afferrare un trapezio. Il pubblico rimane incantato di fronte a un numero descritto come "l'Ottava Meraviglia del Mondo".
Il cannone, simbolo di guerra, diventa sulla pista del circo uno strumento poetico di liberazione e meraviglia. Zazel, Zuila e Mademoiselle Lulù gettano così le basi per la famiglia Zacchini che, nel corso del ‘900, svilupperà significativamente la performance del lancio umano al cannone, dando origine ad un'intera generazione di artisti volanti.
In occasione del 50° anniversario della scomparsa di Hugo Zacchini, DOCC ha creato la mostra Hugo & The Flying Zacchini per rendergli omaggio. L’esposizione sarà ospitata all’interno del Circolo del Circo, un innovativo salotto culturale itinerante, nato dalla collaborazione tra l’associazione Madame Rebinè e DOCC, con il sostegno del MIC.
Con il passare degli anni mantenere l’illusione sulla sua identità diventa una sfida sempre più ardua. Durante un'esibizione a Dublino nel 1876, un incidente compromette la finzione: Samuel cade da una piattaforma e, quando un medico accorre per soccorrerlo, la sua natura viene rivelata. La notizia si diffonde ponendo bruscamente fine al sogno che aveva affascinato il pubblico per ben cinque anni.
JIMENA CAVALLETTI
VIVO DI ATTIMI, RIDO DI TUTTO jimenacavalletti.com
intervista a Jimena Cavalletti a cura di Martina Soragna
COME NASCE LA COMPAGNIA JIMENA CAVALLETTI?
Ho fondato la compagnia dopo il mio primo assolo, Mecha Show You. In realtà è una sorta di spin-off della compagnia Aerea Teatro, nata nel 2008. Quando ho iniziato a lavorare come solista, la compagnia non ha accettato questo percorso, così ho proseguito in autonomia. Dopo il suo scioglimento, essendo l’unica fondatrice, ho sentito che la nuova compagnia — chiamata Jimena Cavalletti — ne fosse una naturale evoluzione, oltre ad essere un modo per continuare a portare avanti i miei spettacoli da solista. Ora però il progetto è cresciuto molto, siamo già al quarto spettacolo e stiamo creando il quinto, insieme a Laia Martínez Sález, con cui sto costruendo la compagnia, e Iván Lionel, il nostro socio di produzione
CLOWN E CIRCO,
QUANTO TI IDENTIFICHI
IN QUESTI UNIVERSI ARTISTICI?
In tutti e tre mi sento parte del loro universo, ma mi riconosco soprattutto in quello circense, anche se vengo dal teatro e mi sono formata come attrice. Lavoro nel circo, i miei colleghi e colleghe vengono dal circo e dal teatro di strada, e mi identifico con quello spirito, per una certa vertigine, sia nella recitazione che nel modo di interpretare e di lavorare.
LE PRINCIPALI INFLUENZE SULLE TUE CREAZIONI E SUI TUOI PERSONAGGI?
Le mie principali influenze sono sempre stati gli artisti di strada. Mi attraggono le cose semplici, scarne, artigianali, le preferisco di gran lunga a quelle grandi o appariscenti. La mia ispirazione creativa nasce quasi sempre da piccole situazioni drammaturgiche, da oggetti o perfino da un guardaroba. Mi lascio ispirare dagli aspetti del quotidiano e della semplicità della vita, più che da tematiche astratte o metaforiche! Direi che trovo ispirazione da una situazione particolare e da lì mi lascio trasporta-
re in ciò che da questa ne scaturisce. Rispetto agli stili di comicità, mi riconosco e mi sento affascinata da ciò che è tradizionale più che da ciò che è innovativo… Questa è la realtà!
COSA RENDE UNICHE
LE VOSTRE CREAZIONI?
B.O.B.A.S.
Ciò che distingue le nostre creazioni è l’approccio istintivo e concreto: partiamo spesso da un oggetto, una situazione o una disciplina. Per esempio, con Las Bobas volevamo semplicemente far ridere per un’ora e basta, con qualcosa di molto, molto sciocco… usando l’umorismo su un tema insolito come la sepoltura, con un’estetica rozza e minimale. Anche nella nuova creazione vogliamo giocare con gli stessi personaggi, puntando molto sulla musica dal vivo. Credo ci distinguiamo anche la coerenza: portiamo ogni proposta fino in fondo, con audacia fino al limite delle nostre possibilità. Inoltre siamo un trio femminile, portiamo una presenza ancora poco rappresentata nel panorama.
to in cui provano una sensazione di stupore. Il mio impegno è per la risata. È il mio punto di partenza e il mio punto d’arrivo. Far ridere non è solo un obiettivo artistico, è un atto politico, umano, necessario. La risata è come uno spazio di libertà, rompe le distanze, azzera le difese e ci rende tutt@ uguali, in quell’istante. Per quanto effimera, ha la potenza del riverbero di una goccia d’acqua, come una goccia che cade in uno stagno e l’effetto si propaga oltre il momento in cui accade. Cerco di costruire spettacoli che permettano questo incontro, questo piccolo miracolo collettivo. La
QUALE RUOLO PER L’ARTISTA INTRAVEDI NELLA SOCIETÀ E COSA GUIDA IL VOSTRO INCONTRO CON IL PUBBLICO?
Per me, l'obiettivo e l'impegno quando incontro il pubblico è quello di essere nel tempo presente, di comunicare e di riuscire a toccare nel profondo chi ho davanti. Attraverso la risata, l’obiettivo è di unire tutte le persone in quel momento e attraversarle un po', scuotere la loro vibrazione interna. Per ripercorrerli dal momento in cui si innamorano dei personaggi, dal momento in cui riescono a ridere, dal momen-
risata, per me, è un ponte tra chi sta in scena e chi guarda, ma anche tra le persone del pubblico. E se riesco, anche solo per qualche attimo, a far dimenticare tutto il resto e a far vivere il presente pienamente, allora il mio lavoro ha senso.
contenuti a cura di
ph Camilla Poli
LOS GALINDOS
losgalindos.net
Ispirati dalla poetica e dall'immaginario fantastico del Circo, Los Galindos nascono nel 1991, eredi dello spirito di libertà del teatro indipendente che ci ha preceduto, nel segno di una ricerca instancabile, energia giovanile e creazione collettiva. Ispirati dalla poetica e dall'immaginario fantastico del Circo, siamo rimasti affascinati dalla sfida del superamento, dal bisogno di complicità e dalla possibilità di vivere ed esprimerci in libertà.
datori, direttori e promotori della Scuola di Circo Rogelio Rivel, dalla sua creazione nel 1999 fino al 2003. Abbiamo imparato e condiviso esperienze con diversi insegnanti e artisti provenienti da tutta Europa, anche nell'ambito della concezione e della poetica del teatro. Con Rogelio Rivel, Jean Palacy e Geza Trager ci siamo formati in acrobazia, trapezio volante e porteur acrobatico.
In quegli anni, il circo di Barcellona e della Catalogna era un formicaio molto attivo. L'Ateneu de Nou Barris divenne un centro nevralgico di incontri e fu creato l'ACC. Un fermento associativo e un incontro divertente e professionale.
Autodidatti fin dall'inizio, abbiamo sopperito alla mancanza di risorse formative invitando amici a tenere corsi e a condividere le conoscenze in modo organico e altruistico. Questa mancanza di opportunità formative ci ha portato a essere co-fon-
I primi dodici anni della compagnia, nelle vesti di trapezisti volanti, acrobati, giocolieri poliedrici ed artisti eccentrici, hanno proiettato la compagnia sulla scena internazionale, con Bet Garrel e Marcel Escolano leader naturali del progetto. Nel 1995 abbiamo collaborato per la prima volta con Michel Dallaire, clown e direttore di circo originario del Québec, approdato in Francia con l'affermarsi del Noveau Cirque, dirigendo, tra gli altri, Archaos, Gosh e la sua compagnia Contre Pour. Dal lavoro di regia e di messa in scena abbiamo imparato il metodo, abbiamo condiviso la voglia di imparare e di evolvere insieme.
Quando negli anni ‘90 c'era tutto da fare qui, ci siamo sentiti complici e audaci nel proporre qualsiasi sfida.
Nel corso degli anni abbiamo sviluppato 15 spettacoli di nostra creazione. Tra questi MDR – morto dal ridere - una farsa per creare disagio e divertire, dove i tre protagonisti Melon, Mardi e Rossinyol affrontano una situazione di stallo inaspettata. La loro natura indomita, goffa e la necessità di esistere li conducono a un'opera improbabile, in cui esplorano liberamente ogni barbarie. Una storia di amicizia sincera e dura, provocata da un senso di responsabilità e di colpa. Un crimine improbabile, un processo dubbio e una punizione assurda. Sopraffatti da un senso di devastante ingiustizia e di terrificante squilibrio globale, vogliamo mettere in discussione l'arbitrarietà della giustizia dal punto di vista del clown, come personaggio sul palcoscenico e abitante del circo.
La ricerca di poetiche rivoluzionarie, di trasmissione generazionale e di attenta messa in scena ci hanno spinto nel 2011 verso l'antico desiderio di presentare i nostri progetti nella Yurta, una capanna mongola di nove metri di diametro con una capienza di 100 spettatori, dove abbiamo realizzato gli ultimi sei spettacoli. Con il desiderio di creare un quadro per l'apprendimento e lo scambio di conoscenze, intendiamo lo sviluppo delle arti circensi come la fusione tra arte e artigianato. Il circo, in quanto arte nomade, ci ha portato in tutto il mondo e allo stesso tempo ci permette di viaggiare attraverso diversi scenari emozionali tra creazione, apprendimento e trasmissione. Abbiamo sviluppato un progetto artistico con una nostra impronta, dove la professione esige una ricerca scenica impegnata, un confronto dell'individuo con le sue capacità, ed è lì che comprendiamo che il circo ci permette di essere liberi e onesti. Comprendere la circolarità, essere capaci di rompere tutte le linee e camminare lungo la soglia del possibile.
MDR
foto di Klara Pedrol e Mireia Guilella
TEATRO C’ART UNO SPAZIO DI INNOVAZIONE E LIBERTÀ
di André Casaca, Teresa Bruno e Stefano Marzuoli soci fondatori
LA SCUOLA
Nel 2024 Teatro C’art ha inaugurato i nuovi spazi dedicati alla prima scuola di Scuola di Teatro Comico Contemporaneo in Italia. Da oltre 22 anni, come Compagnia di Circo Contemporaneo Toscana realizziamo un lavoro centrato sull’arte del clown e del teatro fisico. La comicità, nella sua forma più essenziale, è il cuore di ogni processo creativo e formativo. Questa Scuola non è solo un luogo fisico ma il simbolo concreto di una visione: unire la ricerca artistica a quella pedagogica in un’unica linea. Abbiamo trasformato un ex capannone per ricambi auto in uno
stato possibile dare vita ad un progetto con e per la collettività, curato da artisti e operatori che lavorano a 360° nel mondo dello Spettacolo.
LE PRODUZIONI ARTISTICHE
Eccellenza, valori umani e relazione sono qualità che, attraverso un linguaggio poe-
sfera di competenze necessarie a chi lavora nello Spettacolo dal Vivo.
spazio di 300 mq, grazie a numerosi barattoli di vernice, 15.001 chilometri percorsi con il furgone, 240.404,00 € di budget investiti, 653 mail inviate, 578 notti insonni, 34 sedute dal fisioterapista e soprattutto una marea di persone a cui siamo profondamente grati per la loro generosità incondizionata.
LA FORMAZIONE E IL PUBBLICO
Da tutti questi numeri e impegno è emerso uno spazio dedicato a coloro che vogliono mettersi in gioco, a coloro che sentono che fare arte oggi significa soprattutto connettere e provocare. Uno spazio che si spoglia di tutti i preconcetti e che accoglie allievi in un corso continuativo modulare, dedito alla creazione artistica di eccellenza e alla presentazione di una creazione compiuta e pronta alla circuitazione. La direzione pedagogica è di André Casaca e non mancheranno ulteriori docenti di rilievo nel panorama del teatro fisico, insieme ad un supporto tramite masterclass e tutoring sulla sfera gestionale / organizzativa, abbracciando così l’ampia
Negli anni abbiamo compreso che tutto ciò che facciamo, dalla formazione alla produzione, è attraversato da un filo rosso: il nostro lavoro, fondato sulla comicità fisica e sulla semplicità del corpo, esplora l’identità attraverso il linguaggio universale delle emozioni. Il clown è il nostro punto di partenza; figura profondamente umana, capace di unire comico e tragico, scuotere, attivare e generare comunità. Ed è proprio dalla comunità che siamo partiti con un processo dal basso che ha dato vita alla “Scuola”.
tico, vogliamo far riecheggiare nei pubblici anche attraverso le nostre produzioni. Nel linguaggio clownesco, il corpo è lo strumento principale per esprimere comicità, emozioni e fragilità in modo immediato e universale. La drammaturgia si forma spontaneamente dalle improvvisazioni sul palco, permettendo ai contenuti di emergere durante la creazione stessa, rendendo ogni spettacolo autentico e in continua evoluzione.
Per questo immaginiamo la nostra “Scuola” come polo artistico e pedagogico dinamico, centro di produzione e ricerca dove Il “metodo comico relazionale”, sviluppato dal Direttore Artistico André Casaca, ne è il fulcro nevralgico.
Concludiamo con le parole di Annalisa Bonvicini, intervenuta alla tavola rotonda durante l’inaugurazione della Scuola in veste di moderatrice (grazie Annina!!): “Siamo qua oggi in uno spazio che apre. Oggi, in Italia, in Europa e anche un po’
Come compagnia ricerchiamo una dimensione nazionale e internazionale, ma nel contempo con un forte radicamento sul territorio. Grazie alle partnership pubbliche e private create negli anni, al supporto dei nostri pubblici e di tutta la comunità che ci supporta, ognuno a suo modo, è
fuori, spesso gli spazi chiudono. C’è molto più bisogno di spazi che aprono, non che chiudono. C’è bisogno di ponti, non di barriere. Uno spazio che fa cultura, che scuota la gente e gli artisti, che a loro volta scuotano il pubblico, è di straordinaria importanza. Nasce uno spazio di libertà”.
Tavola rotonda
ph Mario Lensi / Giglio Rosso
ACCADEMIA DEL PICCOLO GRANDE CLOWN
DA “AEIOU CIRCUS” AL MILANO
milanoclownfestival.it
di Maurizio Accattato
Mi chiamo Maurizio Accattato, sono un clown, ho creato il Pronto Intervento Clown e il Milano Clown Festival. Il clown
rappresenta l’anima delle persone, proietta in una dimensione di liberta e verita Mi vesto da clown perchè voglio distruggere il male, il pensiero negativo, la morte stessa. Eppure, l’immaginario collettivo e ancora legato a tanti luoghi comuni. A Dario Fo dicevano: "Ma come, un buffone prende il Nobel?". Oppure, dopo il boom della clownterapia, in molti pensano: "Fai il clown? Allora lavori negli ospedali!". Lo stesso naso rosso, uno dei simboli chiave e controversi per i clown di oggi, rimane un oggetto che libera e ingabbia al tempo stesso. Fa parte di una cultura radicata, spesso confusa, che ri-
CLOWN FESTIVAL
Il nuovo clown nasce più o meno negli anni '70, e se vogliamo anche prima con Strehler, che fece l'Arlecchino, e Dario Fo che inventò l’arte del mimo con Lecoq. È una storia breve rispetto a quella secolare del circo classico, ma da allora in poco tempo sono emersi gli artefici della rivoluzione culturale che ancora oggi viviamo: Leo Bassi, Jango Edwards, Patch Adams, Bolek Polivka, Jean Pierre Biland, Gardi Hutter, Avner Eisemberg, Johnny Melville, e successivamente Michael Trautman, Maurizio Nichetti, Jacopo Fo, Mario Pirovano, Enrico Bonavera, Paolo Nani, Peter Shub, Donati e Olesen, Filarmonica Clown, Fratelli Caproni, solo per citarne alcuni.
A Milano, dove il teatro sperimentale è nato molti anni fa - un periodo di cui rimane ormai solo il ricordo - vi è da sempre stata un'attenzione speciale sull'arte del clown. Ed è qui che, dal 1993, attraverso la Scuola di Arti Circensi e Teatrali lavoriamo su una ricerca continua sull’arte espressiva più libera che ci sia, dedicata ad artisti, professionisti, scuole o semplici curiosi.
chiederà tempo per potersi liberare dal pregiudizio. Il mio lavoro e anche questo: liberare il clown per clownizzare il mondo! Ecco perché lavorare sul clown è una vera e propria sfida con sé stessi, che conduce al cambiamento.
nuovo che risponda all’appiattimento culturale? Da chi arrivano le idee che dovrebbero non solo divertire, ma anche far riflettere? Il clown contemporaneo è vicino alla gente, la rappresenta?
È qui che la figura del clown sembra rispondere alla necessità di innovazione propria del teatro, poiché solo passando attraverso la provocazione, la ricerca del contrasto, il sovvertire le regole è possibile percorrere una strada diversa, che porti infine al nuovo. Sorprendentemente un’arte antica come quella del clown si rivela di estrema attualità, perché parla un linguaggio semplice eppure profondo, libero ma soprattutto universale.
L’impegno della scuola sfocia nel 2025 nell’ideazione dell’Accademia del Piccolo Grande Clown, inserita all’interno di un progetto di grande rilevanza "AEIOU Circus - alfabetizzazione all'affettività", realizzato con il Patrocinio del Comune di Milano e il sostegno dell'Assessorato alla Cultura, inserito all'interno della XVII edizione del Milano Clown Festival (5/8 marzo 2025). Fondamentale anche la collaborazione con la Fondazione Fo-Rame, che continuerà nel 2026 e 2027 con un progetto molto ambizioso.
Il progetto dell’Accademia del Piccolo Grande Clown nasce anche da tante domande molto attuali: chi sono gli artisti che ancora fanno ricerca per un teatro
All’Auditorium Teresa Sarti-Strada, da gennaio a maggio 2025, abbiamo così realizzato un percorso formativo per adulti per conoscere, scoprire e sperimentare su sé stessi l'arte espressiva più sovversiva e insieme poetica di questo tempo, l'arte del clown e della Commedia dell'Arte. Insieme a importanti relatori e protagonisti del teatro contemporaneo, come Maurizio Nichetti, Enrico Bonavera, Jacopo Fo, Mario Pirovano, Miloud Oukili, Carlo Rossi, Paolo dei Giudici, I Fratelli Caproni, Compagnia Omphaloz, abbiamo accompagnato pubblico e partecipanti in un viaggio che ha approfondito tutte le forme dell'arte del clown, da quello contemporaneo a quello sociale, dal clown teatrale a quello sperimentale, passando anche per il cinema e la televisione.
Accademia del Piccolo Grande Clown
Slam Clown Poetry Festival
IL CIRCO DI SORIN SIRKUS
sorinsirkus.fi altrocirco.it
Il programma di FiX – Formazione Italiana Circo Sociale 2024/2025 – prevedeva alcuni incontri online, un modo per allargare e nutrire la prospettiva sul circo sociale condividendo le esperienze di una rete internazionale costruita da AltroCirco in 11 anni di progetti e attività. I contributi selezionati per il programma formativo hanno visto la partecipazione di Mohammad Rabah, coordinatore della Palestinian Circus School (novembre 2024), Will Borrell, coordinatore di Caravan Circus Network e Barbora Adolfova, ricercatrice sulla partecipazione giovanile di Cirqueon, Praga (febbraio 2025). Infine Katja Tuuli, producer di Sorin Sirkus (maggio 2025) che è tra le organizzazioni fondatrici di Caravan Network e una delle più importanti istituzioni per il circo educativo e sociale in Europa. Il suo lavoro è di supporto e ispirazione per tante organizzazioni che si occupano di circo sociale. È per AltroCirco un partner prezioso e una compagna di viaggi: ha partecipato e supportato Altra Risorsa 2023, ed è stata capofila del progetto CTF Advanced. Condividiamo la sua storia e alcuni dei suoi progetti, così come li ha raccontati Katja Tuuli, sperando che possano essere un’ispirazione per tutta la rete italiana.
Sorin Sirkus Nasce nel 1985 a Tampere, una città di 249 mila abitanti nella Finlandia meridionale, con l’obiettivo principale di diffondere e sviluppare lo studio del circo tra bambin3 e giovani. Dal 1993 offre corsi di circo finanziati dal governo come educazione non formale. Attualmente circa 500 studenti dai 4 ai 20 anni frequentano la scuola a cadenza settimanale.
Ogni anno Sorin Sirkus produce e ospita nel teatro interno alla scuola un Christmas Show, famoso in tutta la Finlandia e all’estero, visto ogni anno da un pubblico di oltre 10.000 persone. Lo spettacolo è realizzato dal performing group, con la regia di Taina Kopra, fondatrice e direttrice artistica della scuola. L3 giovani del performing group si allenano da molti anni e diverse ore a settimana. Per molt3 di loro, questa rappresenta un trampolino di lancio verso gli studi e la carriera artistica professionale.
Sorin Sirkus collabora inoltre da anni con l’Università di Tampere, in particolare con la Facoltà di Educazione e Cultura, sviluppando programmi pedagogici per diversi livelli di istruzione e programmi di formazione per insegnanti di circo.
Per quanto riguarda il circo sociale, Sorin Sirkus ha progetti nei reparti ospe dalieri di pediatria e psichiatria, in centri per persone rifugiate, dove il circo si ac compagna all’insegnamento del finlan dese, nelle classi cosiddette di “special education” (nel sistema scolastico fin landese l3 studenti con bisogni educativi speciali o disabilità frequentano classi specifiche).