I SASSOLINI DALLA SCARPA fnas.it spaziopubblicodalvivo.it
1 Impatto 2 Resistenza&Resilienza 3 Opportunità 4 SOS 6 IN PRIVATO
di Federico Toso direttore FNAS La narrazione dell’era Covid inizia a Carnevale e nessuno di noi poteva immaginare la portata dell’azione che ne sarebbe derivata, né il cambio dei paradigmi conosciuti: lavoro, benessere, diritti civili, fiducia, coraggio, progettualità. Tutto è stato messo in discussione, in crescendo. Come quando nel cerchio della piazza peschi il volontario sbagliato, quello esuberante che ti ruba la scena e mette a rischio gli istanti cruciali che tengono con te il pubblico. Covid-19 è stato esattamente questo: il volontario sbagliato.
Nel frattempo, lo spettacolo è andato avanti. Abbiamo imparato cose nuove e abbiamo avuto conferma di cattive abitudini che nemmeno l’emergenza, l’obbligato isolamento, la perdita di date, il mancato profitto e il distanziamento fisico hanno scalfito: l’autarchia a tutti i costi, il desiderio di primeggiare, l’eccessivo intellettualismo, l’atavica frammentazione del settore, la scarsa conoscenza dei propri diritti, un’idea di professionismo casereccio, la poca volontà di riconoscersi come parte di un unico comparto di lavoratori dello spettacolo. Quello che prima c'era, dopo è rimasto. Quella che non c’era, la partecipazione attiva e diffusa, è apparsa all’inizio della crisi ed è scemata subito dopo. Mi sono chiesto, e mi chiedo, perché? Perché nemmeno una sberla così forte è stata capace di produrre una rivoluzione? In FNAS il lavoro non è diminuito e il tempo di connessione a reti e movimenti è stato continuativo. In Italia, a livello nazionale e locale, sono successe miliardi di cose. Coordinamenti, movimenti, appelli, manifesti, riunioni online fino a tarda notte, manifestazioni simboliche, incursioni in trasmissioni, tavoli improbabili, che pur confusamente, tendevano verso la medesima direzione: chiedere che la voce del settore più colpito dall’emergenza, lo Spettacolo dal Vivo, potesse avere un interlocutore politico disposto ad ascoltare.
Il limite è allora nella nostra testa, come è stato detto in uno dei tavoli. Ragioniamo su nuovi protocolli per facilitare la ripartenza dello spettacolo, quando esistono protocolli che permettono già di fare cose simili o più pericolose. Lo spettacolo nello spazio pubblico segue
Così il programma ordinario FNAS ha virato verso Spazio Pubblico dal Vivo (SPdV), promuovendo un coordinamento nazionale nato solo dopo aver partecipato ad altri movimenti in corso per coprire quel che rimaneva scoperto. SPdV è un territorio di confluenza degli operatori culturali che, nello spazio pubblico, contribuiscono a comporre le stagioni culturali che portano arte e spettacolo fin nei paesi più isolati. Tutto un mondo, spesso sommerso, che ha sempre prodotto numeri molto più grandi, in termini di attività, pubblico ed economie, di quelli che appaiono nei conteggi istituzionali. Al suo interno abbiamo incontrato qualche vecchia conoscenza, sempre agguerrita, e tanta gente nuova. È questa un’occasione inattesa di ritrovarci tutti assieme, superando le divisioni, uniti nella consapevolezza che la fragilità del sistema può essere superata, chiedendo a voce unica una riforma scritta insieme agli artisti. Queste voci dove stavano e dove stanno ora che si sta costruendo un programma politico di proposte che li riguardano? “La partecipazione è libertà”, cantava Gaber. Se la partecipazione non c’è o è spesa male duplichiamo gli sforzi per fare cose simili. Identità, manifesti, etica, sono state parole spese a profusione in questi due mesi, parole che invece di unire, hanno acuito la separazione.
33JUGGLINGMAGAZINE
2020 NUMERO87GIUGNO
dinamiche più vicine alla vita quotidiana che non a quelle dello spettacolo tradizionale. È con le prime che dobbiamo trovare le similitudini, anche nelle differenze, per non creare noi per primi (ormai convinti che lo spettacolo sia la vera causa del contagio) proposte di normazione che ci impediscano di fare l’unica cosa che vogliamo fare: andare in scena… In SPdV, abbiamo deciso di trattare l’approccio alla ripresa delle attività, non con l’ennesima scrittura normativa, ma esplicitando i principi a cui il legislatore dovrebbe ispirarsi. Così è per l’invito a non confondere tra spettacolo all’aperto e nello spazio pubblico, per la coerenza di trattare la salute pubblica come un bene comune che necessita di un’assunzione di responsabilità di tutta la filiera, pubblico compreso. L’abbiamo fatto per l’evidenza improcrastinabile di trovare soluzioni che facciano emergere il sommerso, seguendo la natura della formazione e della professionalizzazione continua come elementi fondanti di questo lavoro. In tutta questa riflessione personale, non c’è il professionista o il direttore o l’artista o l’uomo, c’è tutto questo insieme. Questa coerenza delle parti nel tutto, che ho ritrovato anche nei compagni vecchi e nuovi di cammino nonostante la fatica dell’impresa, è forse la conferma che più mi porto cara in questa era scandita da un dannato microscopico virus. Peccato non esserci tutti.